ALESSANDRO SARTORI

Un marchio sinonimo di heritage e lusso maschile. Dal 1895 a oggi un percorso nel segno di una qualità assoluta, stile e saper fare che rendono personale e senza tempo ogni creazione firmata Berluti. Da bottier prima a couturier per uomo dopo, il percorso creativo del brand guidato da Alessandro Sartori è tutto nel segno della coerenza con il DNA della maison che ha puntato sulla manualità creativa con un tocco non convenzionale. Oggi Berluti festeggia il 120esimo anniversario con un libro intitolato At Their Feet (edito da Rizzoli), un progetto che narra il legame tra lo stile e il savoir faire, valori che contraddistinguono la Maison. Il libro in edizione limitata vuole essere non solo un tributo alla maison, che nel corso degli anni ha conquistato i nomi più illustri nel mondo dell’arte, della musica e del cinema, ma anche raccontare in modo ironico tramite aneddoti e foto i personaggi più emblematici testimonial dell’eccellenza Berluti. Si spazia da Andy Warhol, Dean Martin, Patti Smith, Yves Saint Laurent fino a Maurizio Cattelan o Sylvester Stallone.
Abbiamo incontrato Alessandro Sartori a Milano nella boutique in Via Sant’Andrea 16 per farci raccontare le ultime novità e avere un’anteprima della prossima collezione autunno/inverno.

Come senti l’atmosfera a Parigi dopo l’attentato?

Parigi è una città che vive di contrasti tra ricerca, radici culturali più conservative e la modernità. Si sente c’è stata una rottura, una violenza sotto tutti i punti di vista. Per giorni interi in giro per le strade si sono viste poche persone. Poi si è smesso di parlarne. La settimana della moda a gennaio sarà il primo grande evento dopo la tragedia.

I tuoi luoghi in giro per la città

Sono innamorato della fotografia e svegliandomi di mattina presto vado a fotografare i luoghi che mi interessano. Mi piace molto vivere a piedi Parigi. Mi piace la zona dell’ottavo vicino all’ufficio, il giardino delle Tuileries, la zona del Canal St Martin, l’area della Sorbonne o quella dietro a Montmartre.

Il percorso da heritage brand di calzature fino all’alta sartorialità maschile

Mi piace lavorare con i bottier e couturier, laboratori e sartorie che realizzano questi prodotti straordinari. La proprietà ha creduto nel progetto e ha investito sulla parte sartoriale, puntando sui diversi atelier del fatto a mano che abbiamo a Parigi. Il fatto di poter lavorare a stretto contatto con un atelier (per la parte moda) e un bottier di calzature è stato determinante per il mio trasferimento a Parigi. Queste realtà rappresentano le fondamenta di Berluti, che è nato come maison esclusivamente su misura e non aveva disponibili calzature pronte. Oggi il business del bespoke raggiunge il 10% del fatturato con un prodotto realizzato completamente a mano. Il disegno e il modello nascono dalla forma e desiderata del cliente sia per la calzatura, sia per l’abbigliamento. Nonostante in questo momento sia forte il trend dello sportswear, il prodotto fatto a mano e il tailoring su misura riscuotono un grande successo. Dalla scarpa classica, l’abito di cashmere fino all’intramontabile cappotto in vicugna. Questo ha imposto un aumento dell’organico nei laboratori sartoriali che porterà alla fine del prossimo anno a raggiungere 30 bottier per le scarpe fatte a mano e 25 sarti. Il fatto mettere al centro del progetto i due atelier mi ha fatto decidere di intraprendere questo nuovo percorso. La scarpa resta al centro del progetto ma con lavorazioni e colori particolari come il melanzana o il petrolio. Uno stile con un tocco ironico che gioca sui dettagli e nella parte moda si caratterizza per una silhouette decostruita, volumi importanti e sensibilità per il colore.

Come vedi evolvere il gusto dell’uomo?

L’uomo ha più voglia e necessità di personalizzare il proprio guardaroba perché c’è molta più conoscenza e cultura di quello che sta bene. Chi entra nelle nostre boutique ha le idee chiare su forme e tessuti, oltre una certa educazione all’abbigliamento. Questo cluster di persone ha portato alla crescita di questo tipo di prodotto. Mi piace vedere però che anche giovani di 25 anni chiedono prodotti su misura. L’ironia è una chiave di lettura per l’uomo Berluti ed è sempre presente nel DNA della maison. Olga Berluti stessa aveva sempre un tocco di eccentricità. Una caratteristica che si ritrova sempre nelle collezioni attuali.

Un’anteprima sulla prossima sfilata

Il brand è pronto per un cambio di passo. Per il prossimo autunno/inverno stiamo lavorando su colori, stampe e grafiche più forti grazie alla collaborazione con un artista americano con cui ho avviato una collaborazione per una serie di prodotti unici. Questi saranno poi personalizzabili nel servizio bespoke con le grafiche e i colori preferiti dal cliente. E’ un concetto forte: il catwalk arriva al bespoke in presa diretta e con il servizio di personalizzazione.

Oltre alla moda, quali passioni coltivi?

Principalmente ho due passioni: sono particolarmente interessato alla fotografia e seguo una serie di artisti contemporanei italiani e non, che sono visivamente forti e mi emozionano come Giovanni Manfredini, Roberto Coda Zabetta, Vanessa Beecroft, Candida Höfer. La seconda passione è legata alle auto storiche, tra l’altro ho una Ford mustang del 1965 e ho preso da poco una vecchissima Porsche turbo color bronzo.

Segui qualcuno su Instagram in particolare?

Seguo parecchi fotografi anche non conosciuti, tra cui alcuni nomi interessanti dalla Turchia come Mustafa Seven, che ha circa 1 milione e mezzo di followers. Tra gli altri nomi per me interessanti sono: Daniel Arsham, una ragazza messicana Adriana Zehbrauskas, che ha vinto tra l’altro un premio di recente o anche Aaron Brimhall, un ragazzo che fotografa soprattutto paesaggi, motociclette e auto. Vista la mia passione, mi piacciono le applicazioni per per modificare le foto scattate su camere digitali.

Quando viaggi cosa non manca nella tua valigia?

Di solito preparo sempre due borse anche per brevi viaggi. Sicuramente mi porto dietro una borsa a mano in cui metto il kit di sopravvivenza tra cui macchina fotografica con due obiettivi, Ipad, caricatori, cuffie e l’outfit per un giorno se dovessi perdere l’altra valigia.

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LA GRAFFIANTE ARTE DI BASQUIAT IN MOSTRA AL MUDEC

Uno dei più illustri e controversi esponenti del graffitismo americano degli anni ’80, Jean- Michel Basquiat è ospite al MUDEC di Milano, fino al 26 febbraio 2017, con 140 opere in esposizione. La mostra, promossa dal Comune di Milano‐Cultura e da 24 ORE Cultura – che ne è anche il produttore – è curata da Jeffrey Deitch, amico dell’autore, critico d’arte ed ex direttore del MOCA di Los Angeles, e da Gianni Mercurio, anch’egli curatore e saggista. L’itinerario espositivo è pensato come un viaggio affascinante, che segue due chiavi di lettura, una geografica, legata ai luoghi che hanno segnato il percorso artistico di Basquiat, e una cronologica. I lavori sono eterogenei e spaziano da opere di grandi dimensioni a disegni, foto, collaborazioni con l’amico Andy Warhol e una serie di piatti di ceramica nei quali, con ironia, Basquiat ritrae personaggi e artisti di ogni epoca. I segni distintivi, che caratterizzano inequivocabilmente tutta la produzione, sono rintracciabili nell’uso di materiali estremamente poveri e nelle linee grafiche nette, decise, che esprimono tutta la rabbia e lo sconvolgimento interiore verso un mondo che lo apprezzava come artista, ma che era ancora diffidente nei confronti del suo diverso colore di pelle. Una mostra che affronta temi importanti, come quello delle differenze sociali e razziali, di scottante attualità.

Jean- Michel Basquiat
MUDEC Museo delle Culture
28 ottobre 2016- 26 febbraio 2017
www.mudec.it

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