REIGNING MEN: IL MENSWEAR IN UNA RETROSPETTIVA DAL 1715 AL 2015

Reigning Men non è solo una mostra: è un excursus sulla storia della moda maschile a partire dal XVIII secolo fino ad oggi.
Un percorso che fa chiarezza sulle convenzioni sociali e culturali dell’abito maschile, ripercorrendone fedelmente le tappe a partire dal 1700, quando gli uomini aristocratici indossavano abiti a tre pezzi, di stile opulento come quelli femminili, fino al XIX° secolo, coi look “Dandy” segno distintivo di Savile Row, i famosi Carnaby Street Style degli anni ’80, e i capi sartoriali, di taglio skinny, del giorno d’oggi: abbinamenti contrastanti, versatili, trame e fantasie che ridefiniscono il concetto di mascolinità fra l’urban 2.0 e il casual chic.
Moda che è rivoluzione, evoluzione, che attraversa gli stimoli del tempo, recependoli, e ne decreta le vittorie o talvolta, le sconfitte.
L’esposizione del LACMA, visitabile fino al 10 Agosto a Los Angeles, mette in luce le connessioni tra storia e alta moda, ripercorre le influenze culturali nel corso dei secoli, esamina come gli elementi dell’uniforme hanno profondamente modellato e vestito l’abbigliamento maschile, e sdogana alcuni luoghi comuni, come ad esempio quello sull’usanza di imbottire il corpo come appannaggio del costume femminile.
La mostra presenta 200 sguardi differenti, pezzi iconici, abiti storici, celebra un passato di splendore, un presente in continuo divenire e suggerisce continuità, unione.

www.lacma.org/ReigningMen

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WORLD PRESS PHOTO ’16: PHOTOGRAPHY AND JOURNALISM

Presso la Galleria Carla Sozzani in Corso Como 10 a Milano è in corso l’esposizione del World Press Photo Contest che raccoglie le fotografie più significative dell’anno 2015, vinta da Warren Richardson, fotoreporter australiano, con uno scatto che immortala un rifugiato mentre tenta di far passare un neonato attraverso il confine di filo spinato fra Horgos (Serbia) e Roszke (Ungheria).
Il Contest, diviso in otto categorie e presieduto da una giuria di altissimi professionisti, ha visto la partecipazione di 41 fra i più importanti fotografi di tutto il mondo ed è in assoluto uno dei premi principali del foto-giornalismo contemporaneo.
L’esposizione, che passa attraverso 100 città in 45 paesi nell’arco dell’anno, sarà presente a Milano fino al 5 Giugno ed è visitabile ogni giorno, dalle 10.30 alle 7.30 e il mercoledì e il giovedì con orario prolungato fino alle 21.30.

www.galleriacarlasozzani.org

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A CANNES IL FESTIVAL DEL GLAMOUR PREMIA L’IMPEGNO E IL GRANDE CINEMA

Courtesy of Sony Pictures

Un festival che si esprime con la testa ma soprattutto di pancia, sa lanciare provocazioni e appelli ed esprimere tutta la gamma delle passioni umane da qualunque parte del mondo provengano. Mai viste così tante star del firmamento hollywoodiano in un festival, quello di Cannes che normalmente più francese ed eurocentrico non si può: prossima alla celebrazione del suo Settantesimo anniversario questa grande kermesse di cinema e mondanità stellare ha portato alla ribalta il meglio del grande cinema. Sulla Croisette hanno sfilato fra gli altri Robert De Niro, Ryan Gosling e Russell Crowe (protagonisti di ‘The nice guys’), Mel Gibson, Woody Allen, Sean Penn, Charlize Theron e Julia Roberts, protagonista accanto a George Clooney di ‘Money Monster’ un bel thriller di Jodie Foster sul potere malefico e fallace dell’alta finanza in America. La giuria internazionale composta da Kirsten Dunst, Vanessa Paradis ineffabile icona Chanel, Valeria Golino splendida in Gucci e Valentino, Donald Sutherland e Mads Mikkelsen elegantissimi in Brioni e presieduta dall’australiano George Miller, il regista che ha diretto la tetralogia di Mad Max, ha decretato la vittoria della denuncia sociale e dell’impegno civile di Ken Loach. Già premiato a Cannes con ‘Il vento che accarezza l’erba’, con ‘I, Daniel Black’ Loach si è aggiudicato un meritatissimo Palmarès: il film è incentrato sui nuovi poveri, sulle crepe del modello neoliberale e sulle disfunzioni del sistema sanitario. La pellicola definita dai giurati ‘bella e semplice nella sua intensità’ in Italia sarà distribuita da Cinema di Valerio De Paolis. Il regista francese enfant prodige, amatissimo da Louis Vuitton e già famoso per ‘Mommy’, Xavier Dolan, ha portato a casa il gran premio della giuria con il bellissimo film ‘Juste la fin du monde’ distribuito da Lucky Red con Gaspard Ulliel, Lea Seidoux, Marion Cotillard, Vincent Cassell e Nathalie Baye in cui il giovane e geniale cineasta cattura l’anima dei personaggi, familiari di un giovane drammaturgo in fin di vita che torna nel grembo della famiglia dopo anni di assenza. Il pregevole film ‘The salesman’ dell’iraniano Asghar Farhadi e distribuito sempre da Lucky Red, liberamente ispirato alla pièce ‘Morte di un Commesso viaggiatore’ ha conseguito un bis di riconoscimenti: il premio di migliore attore per Shahab Hosseini e quello per la miglior sceneggiatura. Si sono divisi ex aequo il premio per la miglior regia il film ‘Baccalaureat’ di Cristian Mungiu distribuito da Bim, sulla paternità e le grandi scelte, e la pellicola ‘Personal Shopper’ con una Kirsten Stewart (che a Cannes si è presentata sul red carpet vestita Chanel anche come parte del cast di attori del film di Woody Allen ‘Café Society’ con Blake Lively e altri titani) che è un po’ personal shopper e un po’ necromante, capace di mettersi in contatto con le anime dei defunti. Nella sezione ‘Un certain regard’ in cui ha trionfato il film ‘Hymyilevä mies’, storia vera ispirata alla vita del pugile Olli Mäki, spicca il premio alla regia per Matt Ross che ha portato a Cannes ‘Captain Fantastic’ con un convincente Viggo Mortensen, commedia basata su un anticonformismo parossistico di una stramba famiglia di ragazzi geniali retta da un sistema patriarcale. Il gran premio alla giuria di ‘Un certain regard’ è andato al film d’animazione ‘The red turtle’ distribuito anch’esso da BIM. Delusione invece per il cast del pirotecnico ‘Ma Loute’ diretto da Bruno Dumont con una magistrale Valeria Bruni Tedeschi già distintasi nel film ‘La pazza gioia’ che Paolo Virzì ha presentato con successo alla Quinzaine des réalisateurs’, selezione parallela a quella ufficiale del festival, e una straordinaria Juliette Binoche che sul red carpet della Croisette ha fatto qualche capriccio da diva, il film non si è aggiudicato nessun premio come pure Julieta di Pedro Almodovar, giustamente molto atteso. E lo scandalo come in ogni festival non poteva mancare: stavolta ci ha pensato Paul Verhoeven, già regista di Basic Instinct, che ha diretto Isabelle Huppert nella pellicola ‘Elle’ un film che probabilmente non piacerà alle femministe. Glamour, colpi di scena e risate assicurate nella beffarda commedia ‘The nice guys’ distribuita da Lucky Red piena di gag alla Starsky e Hutch e di colori psichedelici in perfetto stile Seventies.

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INK HUNTER, L’APP PER PROVARE I TATUAGGI IN REALTÀ AUMENTATA

I tatuaggi sono per sempre. E’ per questo che o li si ama, o li si odia. Per non parlare del fatto che non si sa mai quale risultato potrebbero avere sulla nostra pelle. Sarebbe stato più bello su un’altra parte del corpo? Ink Hunter nasce proprio per questo. L’applicazione sviluppata in Ucraina, disponibile al momento solo per iOS ma presto anche per dispositivi Android e Windows Phone, offre la possibilità di simulare un tattoo sulla nostra pelle per vedere l’effetto che potrebbe avere. Il disegno è completamente personalizzabile: oltre a quelli di default, è possibile caricare quelli che si preferisce grazie alla fotocamera.

Il procedimento è piuttosto semplice. Basta disegnare tre righe formando uno “square smile” sulla zona che vorremmo tatuare, scegliere il soggetto e provarlo così sul corpo, sempre attraverso l’uso della fotocamera del proprio smartphone. Inoltre è possibile modificare il tatuaggio in tempo reale, aumentando o diminuendo per esempio il contrasto o la luminosità.
Il risultato sarà ovviamente differente rispetto a quello reale effettuato dal tatuatore, ma comunque verosimile grazie ad alcuni algoritmi che consentono di adattare il tattoo alla tridimensionalità del corpo. Grazie alle linee di inchiostro che abbiamo tracciato sulla nostra pelle, gli algoritmi permettono infatti al disegno di seguire la forma della zona su cui abbiamo scelto di posizionarlo. Non siete soddisfatti del tatuaggio? Potete provare da un’altra parte, o cambiare soggetto.
“Non dire a tua mamma che hai scaricato quest’app!”, è lo slogan di Ink Hunter, che potrebbe permettere a qualche eterno indeciso di prendere finalmente una decisione. In una direzione, quella di non volersi tatuare, o nell’altra: quella di marchiare la propria pelle per sempre.

inkhunter.tattoo

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ALESSANDRO BORGHI

Sereno, sicuro di sé ma anche semplice e un po’ sognatore: ecco com’è il giovane attore romano. Con un passato alle spalle che lo ha visto stuntman oltre che protagonista di fiction televisive e cortometraggi, ora è sulla bocca di tutti. Il grande pubblico infatti lo ha conosciuto grazie a “Non essere cattivo” di Claudio Caligari e “Suburra” di Stefano Sollima, entrambi del 2015 ma forse non tutti se lo ricordano in Romanzo Criminale – La serie 2 o nella più recente seconda stagione di Squadra Narcotici. Alessandro vive di cinema da più di dieci anni e la sua passione si avverte in tutto quel che dice, è molto attaccato a Roma e non ha di certo paura a mostrarsi per com’è.

Un 2015 spettacolare alle spalle e un 2016 molto promettente davanti, a cominciare dagli Oscar dove “Non essere cattivo”è candidato come miglior film straniero. Come vedi l’italianità di questo film portata all’Academy?

Ammetto che ci ho pensato molto, soprattutto mentre stavamo girando. E’ vero, questo film ha una forte italianità, è uno spaccato degli anni ’90 ad Ostia, noi lo pensiamo italiano perché sappiamo di cosa si tratta. Durante la promozione fatta a dicembre, a Los Angeles o a Seattle, le reazioni che abbiamo raccolto però sono andate oltre, sono state forti ed era proprio quello che volevamo. Penso che questo film possa valere universalmente, perché è un film sull’amicizia, sull’amore quindi potrebbe essere ambientato dovunque, i valori non cambiano. All’Academy sono abituati a conoscere film italiani con grandi produzioni alle spalle e forse vedere un film così piccolo, con una produzione del genere credo li abbia fatti innamorare.

Per ora hai sempre lavorato in film piuttosto impegnati, interpretando ruoli spesso forti e difficili. E’ questo il cinema che vuoi fare o vedi anche altro nel tuo futuro professionale?

Penso di essere stato molto fortunato: interpretare questi ruoli mi è piaciuto molto e sicuramente mi continua a piacere. Ciò non toglie che io sia aperto anche ad altri generi cinematografici, a patto che ci sia qualità. Mi piacerebbe recitare in commedie, ma penso che la commedia italiana si sia un po’ persa oggi, mi piacerebbe lavorare in un progetto simile ad esempio a “Quasi amici” perché lì la commedia è nella scrittura dei dialoghi e delle scene, non nelle singole battute degli attori.

Quali sono i tuoi punti di riferimento cinematografici? Magari per stile, interpretazione, passione…

Di base sono molto curioso, amo questo lavoro e quindi osservo tanto gli altri attori per continuare a imparare e migliorare. Se devo scegliere un attore in particolare direi Leonardo Di Caprio, perché ha sempre fatto solo film straordinari e la sua recitazione è sempre impeccabile pur essendo molto diversa da un film all’altro.

Quindi ispirazione professionale ma non per lo stile…

Esatto. Effettivamente ho un mio stile che è dettato dalla necessità di essere sempre a mio agio, voglio riuscire a trasmettere chi sono io senza pensarci troppo. Se scelgo qualcosa, un abito piuttosto che un paio di scarpe deve essere perché mi piacciono.

Con quale regista ti piacerebbe lavorare oggi?

Potrei dirti alcuni grandi nomi italiani, Sorrentino ad esempio ma anche Tornatore ma sono troppo scontati. Mi piacerebbe molto poter lavorare con Virzì perché ho amato molto “Il capitale umano”, oppure, tra gli stranieri, sicuramente Derek Cianfrance, penso davvero sia eccezionale.

Progetti per il futuro?

Ho da poco nito di girare un’opera prima, “Il più grande sogno mai sognato” di Michele Van- nucci: una storia sul peso del destino ambienta- ta in una borgata romana. Il tema è quello della libertà di decidere il proprio destino a prescin- dere da quello che la vita impone: è stato molto interessante. Sto vivendo un momento molto particolare, felice ma anche di grande confusio- ne ed euforia: è da dieci anni che lavoro in que- sto settore ma è stato con questi due lm che sta esplodendo tutto. Vediamo per il 2016 cosa mi aspetta, sono molto curioso!

Photographer | Francesco Bertola
Style | Fabio Ferraris
Grooming | Grazia Carbone @Wmmanagement
Special Thanks | Hotel Majestic Roma

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NINO CERRUTI: “LA MODA, PRIMA DI TUTTO, SIA CONSAPEVOLE”

Nino Cerruti, nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica nel 2000, è uno di quei personaggi che ha letteralmente segnato la storia degli ultimi cinquant’anni della moda italiana. Dalla sua prima linea di abbigliamento, Hitman, presentata a Milano nel 1957, Nino, pur avendo ricevuto riconoscimenti internazionali, resta un uomo concreto, a capo del Lanificio Fratelli Cerruti, nel biellese, con cui continua a produrre idee, ascoltando i giovani e seguendo il loro talento esattamente come a metà degli anni ’60, quando assunse come l’allora sconosciuto designer Giorgio Armani al suo esordio nel campo della moda.

Come vede evolversi la moda oggi giorno?

Direi che c’è un sano ritorno alla normalità: finalmente il quotidiano, con ogni sua implicazione, sta tornando di moda. Gli abiti rappresentano una connessione con i messaggi e i valori che la società, di volta in volta, invia. E queste connessioni, oggi, mi paiono tornare alle basi… all’autentico.

La moda si adegua al mondo, insomma.

Assolutamente sì. Ed è cosa buona e giusta. Ho sempre trovato piuttosto presuntuosa la pretesa di certi creativi di vedersi scissi, avulsi dal contesto sociale a cui tutti apparteniamo. La moda non grida. E’ la società a farlo: i cambiamenti, le rivoluzioni, le stanchezza. La moda può assecondarle, calmarle, o farle ascoltare anche di più. Ma il cambiamento, sempre, viene dalla società.

Il Genderless ne è un esempio, non trova?

Assolutamente si: un tempo il ruolo aveva una caratterizzazione fondamentale nella vita degli uomini e delle donne: oggi la fluidità ha preso il sopravvento. Tutto pane per i denti della moda: ci si può divertire a mischiare, a travalicare i confini, ridefinirli.

Quella presente, è un’epoca fruttifera per lo stile?

Trovo che non ci sia mai stata tanta confusione, nell’abbigliamento, come nel contemporaneo. Oggi coesistono, a volte con ottimi risultati, altre volte meno, almeno quattro stili differenti: quello formale, lo sportivo, il casual e lo chic per eccellenza. E’ difficile trovare una chiave di lettura che li unisca tutti, sempre, con eleganza. Qualche esempio di eccellente risultato, per fortuna, c’é: le più sono caricature, banalità, eccessi di stupore.

Cosa ne pensa del fenomeno dei Direttori Creativi, da cui le grandi maison sembrano essere talvolta affascinate, altre quasi “impauriti”?

Un tempo i grandi produttori, spesso persone molto serie, formali direi, delegavano a questi giovani talenti creativi il compito di tradurre in eccesso e stravaganza le richieste che la società aveva: loro avevano carta bianca, se ne vedeva davvero di tutti i colori. Oggi, che la realtà si è quasi uniformata alla stravaganza – per lo meno quello della moda – tendo a diffidare un poco da tutta questa “genialità” di cui si sente parlare. Ci vuole molte componenti, ed una grandissima conoscenza, per definire qualcuno geniale.

Come riesce a mantenere la sua azienda un marchio di grande standard qualitativo e al contempo adeguarsi alle richieste del pubblico 2.0?

La mia azienda nasce con dei valori: quelli ne sono la base, l’essenza. Non si discutono. Poi riarmonizzare le esigenze e gli stili con i passi del tempo …quello è un lavoro duro ma necessario. Spesso le persone parlano di contradditorietà: io non la penso così. Rimettersi in discussione non è andarsi contro, ma rigenerarsi.

C’è tantissima velocità oggi nel fashion business: addirittura molti brand iniziano a vendere i capi direttamente dopo la sfilata. Cosa ne pensa?

Non credo siano queste le eccezioni che possono determinare l’andamento di un mercato: sono messinscena per scaldare gli animi, per catturare l’attenzione e l’appeal del pubblico sulle nuove collazioni. Ma credere che oggi siano tutti ad aspettare il giorno dopo la sfilata per comprare i capi … mi pare un filo irrealistico (ride ndr)

Nino, come vede e sente il futuro delle aziende tessili?

Diciamo che lo sforzo massimo dev’essere quello di non restare indietro ma nemmeno correre troppo avanti: la base di ogni mestiere è quello di conoscerlo, innanzitutto, alla perfezione. I materiali, la loro lavorazione, il modo in cui reagiscono: sono componenti fondamentali per un professionista di questo campo. Non ci si improvvisa, anzi: non si smette mai di fare ricerca e di imparare. Il tessile è un settore antichissimo, deve impegnarsi a fare innovazione ma con equilibrio. Mostrare continuità, rispettando il passato e la sua tradizione, e poi aggiungere un pizzico di divertimento e bizzarria, ben consapevole che di quella si tratta.

L’ultima domanda: che consiglio dà ai giovani che si approcciano al mondo del fashion design?

Se davvero hanno deciso di intraprendere questa strada… la scelta l’han già fatta (ride di nuovo, ndr). La moda è un mondo che si conosce man mano che lo si vive, ha un forte equilibrio fra aspetti positivi e quelli negativi. Bisogna non lasciarsi tentare soltanto dai primi, e farsi le ossa per sopportare i secondi. E soprattutto rimanere coi piedi per terra, smettendo di confondere il lusso con ciò che è raro. Il vero lusso, credo io, è tutta un’altra storia.

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ITALIANI TRIONFATORI DA CANNES ALLE SALE SUL GRANDE SCHERMO

Fuga per la libertà, per esprimere il proprio lato migliore, alla ricerca di una nuova identità sociale e personale. La grande evasione che il cinema italiano persegue da sempre oggi torna di urgente attualità in un mondo, quello della società 2.0 in fondo così digiuno di poesia. Al Festival di Cannes n° 69 e quasi in concomitanza nelle maggiori sale italiane il nuovo cinema tricolore ha issato con orgoglio il suo stendardo per far sentire sempre più forte la sua voce e il suo messaggio di un mondo più tollerabile e tollerante raccontando storie vere, appassionanti e plausibili. Fra le sbarre di un carcere minorile sboccia il ‘Fiore’ di un amore contrastato, elegiaco e molto intenso fra la giovane Dafne detenuta per piccoli furti e rapine e Josh, interpretato da un giovane attore che nella sua vita personale ha affrontato egli stesso il dolore del carcere mentre Dafne nella vita fa la cameriera. ‘Mi sembra di vivere una favola magica’ ha commentato la giovane attrice circa la sua presenza a Cannes. Il regista del film ‘Fiore’ distribuito da Bim e presentato nella sezione di Cannes ‘Quinzaine des réalisateurs’, Claudio Giovannesi, memore a nostro avviso della lezione di certi capolavori dedicati al disagio giovanile diretti da Gianni Amelio e Aurelio Grimaldi, è riuscito a cogliere tutta la disarmante, e realistica autenticità di un rapporto assoluto e paradigmatico perché comprende tutto ciò che Dafne non ha mai avuto: tenerezza, romanticismo, la prospettiva di una vera famiglia e di una vita migliore altrove, lontano da tutto e da tutti e da un padre assente Ascanio (Valerio Mastandrea) che si è rifatto una vita con una giovane rumena ed è agli arresti domiciliari. Lo stesso Mastandrea è stato scelto da Marco Bellocchio per interpretare il protagonista di ‘Fai bei sogni’ presentato sempre nella ‘Quinzaine des réalisateur’ e tratto da un toccante romanzo di Massimo Gramellini in cui l’espressivo attore romano, affiancato da Bérenice Bejo, si cala nel personaggio sofferente e disagiato di un uomo che lotta per affrontare il trauma infantile della perdita di una tenera madre. Altra perla del cinema nato nello stivale per rendere lustro alla nostra capacità di fare arte con la settima arte è ‘La pazza gioia’ del grande Paolo Virzì, che nel suo film distribuito da ‘01. Distribution’ e ‘Rai Cinema’ ha trionfato nella ‘Quinzaine des réalisateurs’ rivisitando per certi aspetti il rocambolesco road movie ‘Thelma e Louise’ con il suo tocco magico e la sua sapiente e invincibile forza creativa che sa trasformare una magistrale pellicola, per usare le parole stesse del cineasta toscano, in un ‘film terapia’ dove le due protagoniste Donatella (Micaela Ramazzotti) e Beatrice (Valeria Bruni Tedeschi), condividono avventure, esilaranti peripezie e un’irragionevole euforia che sembra rievocare la ‘divina manìa’ di Platone e ‘L’elogio della follia’ di Erasmo. Le due donne fuggono dalla clinica psichiatrica in cui sono state ricoverate per recuperare i legami con un passato irrisolto e carico di rimpianti e dolore, per esplorare emozioni vere, precluse dalla loro coatta detenzione, anch’esse alla ricerca di sé stesse e di una dimensione più umana e umanizzante. Il tutto condito con umorismo raffinato e arguto che a volte sfuma nel surreale. E infine nella sezione ‘Un Certain régard’ ha svettato il suggestivo film‘Pericle il nero’ di Stefano Mordini, distribuito da BIM e prodotto e interpretato da Riccardo Scamarcio nel ruolo di un killer della Mafia che a un certo punto cerca di sottrarsi al circuito criminoso in cui ha vissuto la sua intera vita affrontando una serie di esperienze spesso pericolose e dagli accenti molto ‘noir’, alla ricerca di una via di scampo e di una autentica redenzione. Fra i produttori del film oltre ai fratelli Dardenne e Alain Attal compare anche Valeria Golino, splendida ambasciatrice del gusto e della bellezza del nostro paese come membro della giuria principale presieduta da George Miller, in questa appassionante 69esima edizione di un memorabile Festival di Cannes.

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L’UNIVERSO DEL FASHION ACCOGLIE RON ARAD

Anche chi non è un gran appassionato di design non può non aver mai sentito parlare di Ron Arad. Annoverato tra i designer più influenti dei nostri tempi, Ron Arad si distingue per la sua irrefrenabile curiosità verso ogni forma di innovazione e per la sua incredibile versatilità. Un artista talmente eclettico a cui è bastato indossare il suo cappello magico (nel vero senso della parola, dal momento che non si separa mai dall’inconfondibile cappello che lui stesso ha disegnato) per creare una speciale collezione di occhiali da vista e da sole per il brand PQ EYEWEAR.
Nel corso degli anni Arad ha realizzato una serie estremamente ricca e variegata di oggetti innovativi, spaziando dall’arredamento, con sedie e poltrone, al design di spazi unici, eterei o digitali, in grado di trasmettere sensazioni fisiche e tattili. Dotato di un’immaginazione che non conosce limiti, il designer crede che il suo segreto sia la noia. Perché? Per il semplice motivo che la noia è la madre di tutte le invenzioni, perché quando sei annoiato non fai altro che pensare e ripensare, lasciando libera la mente ed abbandonandosi alla propria pulsione creativa. Ed ora Arad è pronto a calarsi e a cimentarsi anche nel mondo della moda, che di noioso non ha proprio nulla.

Come è iniziata questa collaborazione?

Tutto è iniziato quando ho incontrato Assaf Raviv, proprietario dell’azienda italiana produttrice di occhiali PQ e stimato conoscitore dell’industria. Ha insistito parecchio con me, perché all’inizio ero molto titubante. Si è addirittura presentato più volte nel mio ufficio e non sapevo se considerarlo un sogno o un incubo. Credevo che entrare nel mondo degli accessori significasse introdursi anche nel mondo della moda, il che avrebbe comportato circondarsi di un team di designer competenti, devoti ed appassionati, lavorando alle collezioni stagione dopo stagione. Ma alla fine eccomi qui, con un modello facile da indossare, estremamente funzionale, che credo rappresenti un delle più alte realizzazioni artistiche.

Cos’è che rende questa collezione di occhiali così unica e speciale?

Innanzitutto la novità delle forme sia in termini di estetica che di funzionalità, le quali ritengo debbano sempre andare di pari passo. La forma rotonda della collezione D-FRAME, la stanghetta che riproduce la spina dorsale e la flessibilità delle tempie, permettendo in tal modo un movimento naturale simile a quello delle articolazioni. Non ci sono viti, la montatura è leggera, totalmente flessibile. Quello che può apparire come un semplice dettaglio fashion, in realtà è un attributo che assicura comfort a chi li indossa. Abbiamo inoltre realizzato la collezione da vista A-FRAME, con l’idea di eliminare il fastidioso problema dell’occhiale che scivola sul naso. Dovevo trovare un modo originale ed efficace tenendo conto che la distanza naso-occhi varia da persona a persona. Da qui ha avuto origine la caratteristica “A” che compare sul ponte dell’occhiale. Ho appena scoperto che anche Oprah Winfrey ne indossa un paio, probabilmente perché ama quel semplice sistema di regolazione del ponte che le evita di andare dall’ottico ogni volta. Voglio dire, penso sia una donna molto impegnata con mille altre cose da fare, non crede?

La collezione è unisex?

Non ci sono confini. È una collezione all’insegna della libertà, che rifiuta ogni convenzione. Alcuni modelli possono attrarre ed essere più indicati per un pubblico femminile, ma a parte questo, la collezione è stata concepita per essere indossata da tutti, è democraticamente e stilisticamente corretta.

Qual è la tua forma preferita?

Amo le curve, sia quelle più tondeggianti che quelle più lineari. La forma degli occhiali è rotonda, così come quella del occhi e del volto, ma deve esserci qualcosa che spezza dando equilibrio. Amo il modo in cui gli opposti si attraggono. Lo stesso nome “pq” si addice perfettamente ai miei gusti: due lettere che si susseguono nell’ordine alfabetico, dotate entrambe di un’asticella lineare e con la stessa forma rotonda che, messe insieme, riproducono un paio di occhiali.

È il design che “flirta” con il fashion o viceversa?

Mi piace usare la parola “flirtare” applicata in ambiti diversi rispetto alle relazioni personali. Direi che è il fashion a desiderare maggiormente il design, anche se il design fa già parte del suo mondo, in quella sorta di “tecnologia” che sta dietro alla creazione di capi e scarpe per dotarle di forma e comfort. Anche il design ha molti aspetti che possiamo definire “fashionable”: ci sono mode anche in questo ambito, ma non mi piace esserne ossessionato. La mia insaziabile curiosità mi spinge ad essere sempre aperto a nuove sfide, ecco perché collaborerò anche con il brand Flip Flop.

Come definiresti il tuo stile e cosa consideri “stylish” in una donna?

Tutto e niente. Penso di non rientrare in nessuna particolare definizione. Amo indossare questo cappello che ho realizzato per Alessi molto tempo fa con una giacca, un maglione (a cui ho fatto qualche buco con un paio di forbici), una T-shirt (preferibilmente a righe), una sciarpa, scarpe comode e mai e poi mai una cravatta! Non ne ho mai indossata una in tutta la mia vita. Rinnego il conformismo e sono allergico a tutto ciò che è considerato un “must have”. Era più facile quando ero un hippy, quindi forse sono rimasto tale, almeno nello spirito.
Lo stile in una donna è il modo in cui si muove, entra in una stanza e il modo in cui parla. Certamente ciò che indossa la rende più attraente e piacevole da guardare, ma è senza dubbio un plus a coronamento della suo comportamento e della sua personalità.

Come e da cosa trai ispirazione?

Sono le persone ad ispirarmi, così come la noia, madre di tutte le più grandi invenzioni. Cerco di incoraggiare le persone ad annoiarsi reagendo: questo è all’origine della mia creatività. Design significa esplorare e dar vita a cose che prima non esistevano. Prendi le valigie ad esempio: sono decenni ormai che ci accompagnano nei nostri viaggi, eppure qualcuno non molti anni fa ha pensato di aggiungervi le ruote. Lo stesso accade per gli occhiali. Ora sto lavorando ad un paio che non possa mai essere perso o rotto. Le migliori idee sono spesso le più semplici; talmente semplici che spesso non ci accorgiamo di averle sotto il naso.

Un oggetto che avresti voluto inventare?

La matita, senza ombra di dubbio. Sarei stato un genio se fossi stato io ad inventarla.

 pqeyewear.com

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A TU PER TU CON THE GENTLEMAN BLOGGER: MATTHEW ZORPAS

Gentleman di nome e di fatto, è considerato uno dei più importanti web influencer del momento. Non posta e basta, racconta storie di stile, dispensa consigli su come comporre i look, attraverso i suoi viaggi ispira un seguito di followers da tutto il mondo. Parliamo di Matthew Zorpas, blogger e fondatore di thegentlemanblogger.com. Furla ha pensato a lui e ad altri 4 blogger e digital artist come Adam Katz Sinding, Nabil Quenum, Roberto De Rosa e Paris Seawell, per presentare il progetto “the modern man” a Pitti. Creativi 2.0 che hanno interpretato attraverso cinque shooting, 5 modi di vivere la “MODULAR BAG2 la nuova borsa componibile pensata da Furla per tutti i globetrotter di oggi. Matthew, perfetto manintown, ci racconta il progetto attraverso il suo punto di vista e molto di più, ad esempio la sua passione per l’immaginario Felliniano.

Dove hai scattato le foto del progetto themodernman per Furla?

Ero a Rio, mia patria da qualche tempo e ho deciso quindi di ambientare il tutto lì. I colori e le atmosfere di questa città carioca, in piena espansione, mi sembravano ideali per rappresentare una nuova visione di uomo contemporaneo, anche se non volevo del tutto far percepire dove fossi, doveva poter sembrare anche in Grecia o in Italia. Un uomo che viaggia, che si muove, che è elegante ma non troppo, che punta sugli accessori “giusti”, esteticamente belli e soprattutto funzionali. La location, io e il fotografo Jeff Porto, l’abbiamo trovata per strada girando per le strade del centro, nella parte più vecchia della città, sfondi di un giallo accesso, in cui la borsa blu spicca e il look è idealmente a metà strada tra estate e inverno.

Quale rapporto c’è tra l’uomo e gli accessori, in particolare le borse?

Penso molto stretto ormai. Dalle classiche valigette alle messanger bags, le grosse pochette in versione maschile, portadocumenti, porta pc o tablet che siano, ogni uomo ha almeno uno di questi accessori. Per me è elemento chiave di ogni look, ho sempre una borsa con me, a volte dà il twist in più al mio look, per forma, colore o materiale.

Quali sono le caratteristiche che consideri “stilose” in un uomo?

Non ci sono più delle regole secondo me. Io credo che debbano essere tocchi naturali, spontanei, non forzati. Per me è naturale, apro l’armadio e scelgo cosa indossare, per altri occorre trovare ispirazioni e consigli da altri. Sono stato influenzato dallo stile, dalla personalità, dalla cultura e dal lavoro di alcuni personaggi illustri del passato e no, primo fra tutti Federico Fellini ad esempio e se devo pensare a qualcuno di contemporaneo direi Tom Ford. Stile non è solo moda, infatti sono spesso le persone che incontro nei miei viaggi o in giro per strada a darmi energia e ispirazione per il mio lavoro.

Cosa comprano i gentleman di oggi?

Secondo me di tutto, dal formale allo sportivo, l’uomo ha voglia di curare il suo look, non ancora ai livelli della donna, ma è sicuramente un uomo più attento e capace di sperimentare dal papillon ai cappelli, dalle calze colorate alle borse, dalle camicie alle cravatte. Non c’è un bisogno, c’è il desiderio di vestire bene e in maniera democratica, mischiando vari stili dal Brasile a Londra il gentleman si globalizza e il risultato è relaxed, rilassato.

Finirà mai l’era dei blogger?

Ci sarà un’evoluzione, cambieremo piattaforma, cambieremo modo di definire questa abilità di raggiungere la gente comune, e di agire nell’era digitale. I blog, quelli di qualità, sono qui per rimanere.

Se non fossi stato un blogger cosa avresti fatto?

C’è un atteggiamento molto snob a considerare in maniera negativa il lavoro dei blogger, solo perché portano via terreno (e potere) in uno spazio piuttosto circoscritto che è la moda. Per me è un job title che funziona anche per definire il mio stile di vita. Ho un passato nel mondo della comunicazione ma l’attività di blogging è davvero la mia passione, lo considero qualcosa di creativo che non posso fare a meno di realizzare, è come l’aria che respiro, non mi vedrei fare nessun’altra cosa. Oltre al blog sto lavorando ad altri progetti di branding personale, è ancora tutto top secret.

Film, libro e musica preferita?

8 e mezzo di Federico Fellini, The Reader (Ad alta voce-da cui hanno tratto anche un film con Ralph Fiennes) e la band inglese The Herd.

A PROPOSITO DI FURLA-MODULAR BAG

Per il prossimo Autunno/Inverno l’uomo Furla scende in campo per suggerire un nuovo modo di vivere gli accessori e in particolare le borse. Dalle strade delle grandi città alle campagne, l’uomo business predilige ormai accessori e piccola pelletteria con due caratteristiche: pratici e discreti.
 La modular bag si trasforma facilmente da messenger bag in sacca da viaggio, adattandosi dall’agenda lavorativa al weekend, ideali quindi per ogni occasione, anche simultaneamente o all’ultimo minuto. La Furla Modular Bag può essere assemblata in negozio grazie a un set che comprende due manici, due lati sacca e due laterali per espanderla che sono completamente intercambiabili, con colori e materiali assolutamente personalizzabili.

 In equilibrio perfetto tra forma e funzione, ci sono tutte le esigenze dell’uomo contemporaneo in una.

eu.furla.com

www.thegentlemanblogger.com

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FASHION CREATIVES BY MERCEDES: IL QUINTO EPISODIO CON JUSTIN O’ SHEA COME PROTAGONISTA

Per sostenere il suo impegno nella moda globale e dei talenti emergenti, Mercedes-Benz lancia in esclusiva il nuovo episodio di Fashion Creatives: protagonisti il nuovo direttore creativo di Brioni, Justin O’Shea, e la consulente di moda, influencer e stilista di Los Angeles Jayne Min. Il film è stato proiettato durante la Mercedes-Benz Fashion Week Australia – il primo evento moda promosso dalla casa automobilistica.
Nel nuovo episodio della serie Mercedes-Benz Fashion Creatives, l’australiano Justin O’Shea recita a fianco di Jayne Min, la giovane influencer di Los Angeles, in un cortometraggio che rappresenta una parodia della ‘cultura del selfie’, vero e proprio trend della generazione contemporanea, al limite fra edonismo social, ossessione e puro divertimento.
L’episodio è stato presentato insieme al lavoro dello stilista Toni Maticevski durante l’evento tenutosi a Sydney domenica 15 maggio alla presenza di Justin O’Shea, che ha fatto il suo ingresso nell’hangar alla guida della sua Mercedes AMG G 63, la stessa vettura protagonista apparsa del film. Maticevski ha sfilato con la sua collezione Cruise 2016, un tripudio di abiti dalla delicata e straordinaria fattura, dimostrazione della sua attenzione al dettaglio e dell’abilità nel vestire le forme.
www.mercedes-benz.it
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ADDICTED TO SNEAKERS: I MODELLI ‘MUST-HAVE’ DI STAGIONE

Ancora indecisi nella scelta della vostra “best ones of the season” preferita? Eccovi il sequel della nostra selezione.

Con l’hashtag #roperevolution L4K3 (Lake), la Fashion Factory che propone accessori che traggono ispirazione dalla tradizione dei maestri cordai del Lago d’Iseo, o meglio di Monte Isola, lancia le nuove sneakers che scelgono proprio la corda come protagonista indiscussa della collezione, nei toni dell’azzurro lago o del giallo limone.
Sport nell’estate 2016 è sinonimo di Giochi Olimpici che, arrivati alla 31° edizione, si tengono a Rio e Santoni, marchio nato nel 1975 e simbolo nel mondo dell’eccellenza italiana nelle calzature, ha scelto la sua Clean Icon per celebrarli. La sneaker si tinge dei colori vibranti e accesi del Brasile e del logo delle Olimpiadi, andando ad incarnare perfettamente lo spirito di positività e concordia promosso da questo importate evento.
Ultra leggera, caratterizzata da una tomaia Flyknit alla quale aderisce una gabbia in TPU per conferire al piede un supporto ideale, è la nuova Nike Air Presto Ultra Flyknit by Nike Sportswear. Torna così a sedici anni dal suo lancio nel 2000 la Nike Air Presto, scarpa che per fit ottimale, comfort e traspirabilità, ha rivoluzionato il design del footwear running, divenendo con la sua silhouette uno dei punti di riferimento dello stile sportivo.
In esclusiva da Foot Locker e in 4 varianti di colore. Sono le adidas Climacool Retro, che sfruttano una tecnologia moderna e innovativa che permette l’eliminazione attiva dell’umiditá e del sudore. Total Red per i più audaci, ma c’è anche una versione bianca e rossa, dove le classiche tre bande tipiche del marchio sono nere. Un modello a metà strada fra il futurismo e l’immaginario retrò come vuole il nome.

Anche il brand francese Le coq sportif torna alle origini proponendo una versione rivisitata dei modelli Quartz e Wendon, inizialmente utilizzati in via esclusiva dagli atleti e ora presentati nella collezione lifestyle. È la Quartz, che festeggia il suo 35° anniversario, la più adatta al guardaroba maschile, con una silhouette più spigolosa e meno affusolata dell’altra, nei tradizionali colori del brand, blu, bianco, rosso.

Made in USA Distinct collection: Explore by Sea. Nome che racconta già una storia quello delle sneakers New Balance per la s/s 2016. Quattro classiche silhouette del brand, 997, 998, 1300 e 1700, riviste in una capsule che rende omaggio alla scoperta del mare attraverso dettagli ispirati ai viaggi marittimi e ai velieri antichi.

Le novità della collezione Converse per la p/e 2016 sono le versioni monocolore della Auckland Racer, ispirata al mondo running. Le tinte sono ipervitaminiche, come il verde brillante, il giallo, il rosso e il blu elettrico, e ricoprono interamente la sneaker donando vivacità e joie de vivre alla scarpa e a chi la indossa.

Chiudiamo la nostra carrellata sulle sneakers della stagione p/e 2016 con un modello Lotto Leggenda. La sneaker Tokyo Shibuya Natural Esotic è ricoperta da una stampa leaf, il cui rimando tropicale, stemperato dal bianco e nero, la rende perfetta anche per chi rimarrà in città e non partirà per destinazioni lontane.

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#POLOSTORIES: LA MARTINA E MASERATI

E’ un ambizioso progetto di social storytelling quello promosso da Maserati e La Martina per affiancare il Maserati Polo Tour 2016: dietro l’hashtag #Polostories si raccolgono, infatti, i retroscena del “Gioco dei Re”, le origini, i segreti e i legami di uno sport che è la massima esaltazione di eleganza e potenza, competitività e stile.
La Joint fra Maserati e La Martina nasce dalla condivisione del medesimo codice genetico, la passione per lo sport e l’eccellenza nelle prestazioni: lo step social usato per questo nuovo progetto è la testimonianza di voler evolvere la proficua collaborazione ad uno step successivo.
La Martina, già fornitore ufficiale dell’equipaggiamento tecnico del team Maserati, ha dedicato una serie di polo in edizione limitata di 300 pezzi: queste serviranno per celebrare le singole tappe del Maserati Polo tour, saranno indossate dai Top Polo Player che, come in un set cinematografico, ad ogni tappa riveleranno nuove prospettive del fil rouge che unisce i cavalli da corsa e la potenza delle auto.
Ogni torneo, ogni location, ha un valore e un passato da condividere: l’essenza del polo è creata dalla passione e dal duro allenamento, linee guida perfetta della filosofia di Maserati e La Martina.
www.maserati.it
www.lamartina.com
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Casentino: un tessuto antico per una nuova moda

Il doppio petto in versione bordeaux

Sin dall’etichetta si intuisce di cosa si tratta, perché è intinta nel brillante arancione tipico del Panno Casentino. Poi, però, si scopre che gli Opifici Casentinesi sono andati ben oltre il mero discorso cromatico. Questo nuovo marchio, è nato nel 2015, valorizza e attualizza sia il pregiato tessuto sia il territorio di produzione, concentrato, appunto, dove sorge il distretto Casentino, in provincia di Arezzo. Da lì, dal cuore della Toscana, parte questo progetto di moda ideato da Giorgio Permunian e Milena Motta. Se Permunian ha alle spalle lo sviluppo e la distribuzione di prestigiosi marchi del fashion system, Milena è una designer che, nel corso degli anni, ha prestato la sua raffinata matita a numerosi brand internazionali. Ai due si è unito Francesco Occhiolini, proprietario della Casentino Lane, filatura d’eccellenza per il Panno. Dal loro incontro professionale sono scaturiti gli OC, con l’impegno di organizzare l’intera filiera produttiva, dal fiocco di lana al capo finito, e con l’intento di creare un lifestyle che mantenga ben viva la tradizione e la proietti verso le nuove esigenze del fashion system. Questo programma estetico e concettuale ha regalato una vivace personalità alle creazioni declinate nello storico e riccioluto panno. Alleggerito nei pesi, rigenerato nel design e attualizzato nelle cromie – ci sono anche un profondo nero e un vellutato aubergine colori impensabili fino a qualche tempo fa – il tessuto si presenta, ora, in una nuova veste sartoriale e diventa protagonista di impeccabili over a doppio petto, di scattanti peacot e parka e, persino, di cinture intarsiate con la pelle. Il vero colpo di fulmine, però, è per i pantaloni, dove il panno viene proposto nella versione Light Flat, ottenuta pressandolo fino a farlo diventare ultra leggero. Sicuramente fa un certo effetto pensare che, prima di oggi, abbia ammantato Dante Alighieri, mentre componeva i versi della Divina Comedia e abbia tenuto ben caldo Filippo Brunelleschi, quando si issava sui ponteggi della sua cupola di Santa Maria del Fiore, a Firenze. Sì, perché il Casentino si affaccia dai guardaroba di tutto il mondo da più di ottocento anni ed è uno dei tessuti italiani più antichi ancora in auge. Rinvigorito di moderna creatività continuerà a solleticare i palati più esigenti della moda, sia maschili che femminili.

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Baku, la signora dei venti

Un territorio ricco di climi e panorami diversi, dove religioni e culture si sono amalgamate creando qualcosa di magico. Terre desertiche, foreste e montagne oltre 4.000 m, passando da città dal fascino antico come Sheky o Baku, nuovo emblema di crescita architettonica e culturale. Abbiamo chiacchierato con Andrea Vigna e Marco Catelani, due giovani enologi italiani che hanno aperto una start-up proprio qui, a Baku, una città che corre più veloce delle città europee alle quali guarda e che non perde il fascino orientale che la contraddistingue. A Baku, che siate turisti, viaggiatori o che vogliate fermarvi, sarà inevitabile innamorarsi dello skyline che si fonde con antichi edifici e subirete il fascino di così tanta cultura nascosta ad ogni angolo. Una meta irrinunciabile.

Raccontateci la vostra storia…

L’azienda vinicola per la quale lavoravo mi ha proposto quest’avventura: trasferirmi in una terra lontana e creare un’azienda da zero. Avevo 28 anni e mi è sembrato un sogno e ho deciso che Marco che conoscevo dall’università era il compagno migliore. Oggi dopo sei anni, Fireland Vineyards è cresciuta moltissimo e siamo produttori di 19 etichette, da vini base a vini di alta gamma.

Difficoltà e vantaggi vivendo qui?

La lingua, le differenze culturali, i ritmi lavorativi diversi sono difficoltà che diventano vantaggi per chi è capace di adattarsi a un paese molto diverso dal proprio. Baku dà un ritmo unico a chi ci vive: per noi giovani, le città che crescono si adattano alla forza e alla flessibilità di cui abbiamo bisogno. Per questo mi piace vivere qui!

Qualche consiglio turistico?

Baku è un mix continuo fra modernità ed antico. Il lungo mare è bellissimo, ma anche la collina che sovrasta la città, dove ci sono le Flame Towers è mozzafiato. Poi la città antica, con la Torre della Vergine, le vecchie strade…Ciò che amo di questa città è la fusione fra il mondo islamico e quello russo, nello stile e nelle tradizioni.

Ristoranti o locali: dove andare?

La città vecchia, per i ristoranti tradizionali come il Tendir. Qui la domenica si va a mangiare l’omelette e pomodoro, con il pane tipico, appena sfornato dalle donne anziane della città…una delizia! Per un ottimo bicchiere di vino, al Baccanale, in Port Baku o il mercoledì al piccolo Room in centro.

DA NON PERDERE:

  • Città Vecchia (Icheri Sheher) patrimonio dell’UNESCO
  • Palazzo degli Shirvanshah
  • Torre della Vergine, chiamata così perché pare mai conquistata con la forza
  • Flame Towers
  • Skyline
  • Lungomare
  • Karavansara, ristorante, un tempo frequentato da antichi viaggiatori lungo la Via della Seta
  • Yashil Bazaar o Taza Bazaar
  • Centro culturale Heydar Aliyev, firmato dall’archistar Zaha Hadid
  • Fountain Square

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Quando meno e più

È uno dei fotografi più famosi al mondo, un editore di magazine di successo da Dazed and Confused ad Hunger, amante dei cani, del cinema e innamoratissimo di sua moglie, la top model Tuuli. Rankin, all’anagrafe John Rankin Waddel, ha raggiunto traguardi di successo ineguagliabili dagli anni 90 ad oggi, delineando uno stile sperimentale, diretto e riconoscibile. Eppure ci dice che è alla scoperta di una nuova forma di fruizione della fotografia, quella che punta sulla spontaneità e sull’impatto che ha sugli occhi di chi la scopre. Ha infatti inaugurato a dicembre una delle sue mostre più radicali: Less is more. Curata da Ulrich Ptak alla Kunsthalle Rostock e concepita come una retrospettiva dei suoi lavori più sperimentali e controversi stampati in maxi scala, la mostra vuole prima di tutto scuotere lo spettatore, costringerlo a riflettere su quello che sta vedendo. Sia che lo ami o che lo odi. Per Rankin non ci sono mezze misure, né mezze emozioni, né mezze risposte. Ecco cosa ci ha detto.

Ci racconti il concept di Less is More?

Il significato è alla base di tutto, si riesce a vedere di più vedendo di meno. Una riflessione sul modo in cui consumiamo immagini ogni giorno, bombardati dai click e condivisioni, dove vedere meno per un attimo può evocare emozioni e significati più profondi. Ho scelto di far stampare le immagini su grande scala in modo che chi entrasse nello spazio avesse la sensazione di essere in presenza di un’installazione. Volevo il fattore “wow”, creando qualcosa che sa magico, che ti rimane impresso.

Cosa ne pensi di tutta questa voglia di apparire?

La trovo davvero una cosa noiosa. È come se tutti volessero creare il brand di noi stessi. Lo trovo davvero triste.

Cos’è secondo te la vera bellezza?

Non ho dubbi: mia moglie.

Cosa ne pensi del fenomeno curvy?

Non penso che sia un fenomeno, forse se ne parla di più oggi ma esiste da un bel po’. Tutto quello che posso dirti è che amo donne e uomini di ogni taglia e forma. La bellezza è negli occhi di chi la guarda.

Qual è la parte del tuo lavoro che ami di più?

Mi piace proprio l’atto in sé, è quello che mi dà la carica, è la mia visione sul mondo.

Quali sono i segreti di un bravo fotografo?

Non rubare l’anima di nessuno. Mi piace giocare con chi ho di fronte all’obbiettivo ma non voglio cambiare l’attitudine di nessuno. La foto è un’espressione di se stessi, deve essere scattata con serietà e allo stesso tempo non va presa con serietà. Ogni scatto deve essere spontaneo, seguo il mio istinto e documento la mia impressione di chi ho di fronte. L’energia di ognuno deve essere percepita in ogni foto.

Qualcuno che non hai ancora fotografato…?

Barack Obama, salterei di gioia se avessi l’opportunità di potergli scattare un ritratto.

A parte la fotografia quale altre passioni hai?

Mi piacciono molto i cani, ho una vera passione per questi animali incredibili. Trovo incredibilmente rilassante guardare film.

Se non fossi stato un fotografo cosa avresti voluto essere?

Un editore di riviste, sono riuscito a fare anche quello!

Less is more curata da Ulrich Ptak, fino al 28 Febbraio 2016 presso il Kunsthalle di Rostock – Hamburger Str. 40, 18069 Rostock, Germania.

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VIAGGIO, DUNQUE SONO

Cover Ermenegildo Zegna vest | Tommy Hilfiger shirt & jeans

Se ci avessero detto qualche anno fa che l’ultimo trend in fatto di viaggi sarebbe stato quello di andare a casa di sconosciuti non vi avremmo creduto. Eppure tutti, praticamente tutti, usiamo airbnb, il portale di ricerca alloggi online globale. Tutto parte nel 2007 a San Francisco, quando due compagni di stanza ventiseienni, Joe Gebbia e Brian Chesky freschi di studi alla Rhode Island School of Design, ricevono una richiesta di aumento del 25% sull’affitto del loro appartamento. Per non perdere la casa decidono di affittare un air bed, un letto gonfiabile per dormire a casa loro, creando un sito web per ricevere e le richieste di prenotazione con Nathan Blecharczyk. Originariamente il nome del sito era Airbedandbreakfast.com, ma nel marzo 2009 venne accorciato in Airbnb.com, in Italia apre le porte nel 2011 ed è stata recentemente definita la migliore azienda dove lavorare nel 2015 da Glassdoor.
Abbiamo incontrato Andrea Crociani, Marketing Manager di Airbnb Italia che ci racconta com’è cambiato il modo di viaggiare, proprio grazie a un’intuizione semplice, eppure nel suo piccolo, straordinaria.

Come è cambiato il mondo di viaggiare grazie ad Airbnb?

Ci sono viaggiatori che cercano un’esperienza più autentica, a contatto con le persone del luogo, che ha in un certo senso il sapore della scoperta. Amano soggiornare in spazi unici, in luoghi unici, spesso fuori dalle tradizionali rotte turistiche. In tutto questo credo che Airbnb stia avendo un ruolo fondamentale.

Come realizzate le ricerche delle case più spettacolari?

Le persone riconoscono in noi una piattaforma affidabile con una vetrina globale importante, dunque abbiamo la fortuna di non dover cercare le case più belle, semplicemente i proprietari di casa scelgono di inserire il loro annuncio su Airbnb. Per darvi un’idea, parliamo di circa 1.600 castelli, più di 600 case sull’albero e 3.000 imbarcazioni presenti su Airbnb.

Come è il rapporto con i vostri consumatori?

I nostri consumatori sono la nostra vera forza. Dedichiamo molto del nostro tempo a incontrarli ed ad ascoltare i loro suggerimenti.

Avete mai pensato di passare anche al business di affitto per le location commerciali? (per eventi e feste?)

All’interno di ogni annuncio è possibile segnalare se la location è disponibile anche per eventi ed happening. Per noi non si tratta di un business ma di un’opportunità in più che i nostri host mettono a disposizione dei loro ospiti.

Ci sono servizi speciali che volete implementare?

Lavoriamo costantemente per migliorare la piattaforma. Abbiamo esteso a 15 nuovi paesi, tra cui l’Italia, il nostro programma di Protezione Assicurativa Host che garantisce una copertura fino a 1 milione di dollari agli host, in caso un ospite rimanga vittima di un incidente nell’alloggio di un host o nella zona circostante a esso. Si tratta di un passo importante che va ad aggiungersi ai tanti progetti che Airbnb sta mettendo in pratica per supportare al meglio la nostra community.

Esisterà mai una community social dedicata solo agli airbnb users?

In parte esiste già. Sulla piattaforma ci sono i gruppi, ovvero delle comunità online create e organizzate dagli host Airbnb. Questi ruotano attorno determinati argomenti o interessi. Sono il posto dove un host può cercare aiuto, condividere informazioni o collegarsi con persone simili. Qui i membri della community possono pubblicare commenti o articoli, fare domande, condividere immagini e partecipare alle discussioni. E molto spesso questi incontri virtuali si trasformano in meetup nel mondo reale.

Quali sono i paesi e i posti che hai visitato che più ami e perché?

Fino a due anni fa non ero mai stato in Asia. Dopo 3 viaggi posso dire che amo molto quella parte di mondo. Thailandia e Indonesia in particolare mi hanno lasciato una spiritualità e una voglia di pace davvero uniche per il mio stile di vita così impregnato di Europa. Ovviamente un posto importante nella mia personale classifica ce l’ha anche San Francisco, amore a prima vista, forse unica città così lontana dall’Italia in cui vivrei per qualche tempo. Città unica dove tra l’altro ha avuto inizio il progetto di airbnb.

 Ci dai i tuoi indirizzi segreti di tre destinazioni speciali?

Ne posso dare uno https://www.airbnb.it/rooms/800284
È nel mezzo della foresta pluviale di Bali ai piedi del monte Batukaru. Una casa di bamboo senza muri, in compagnia solo di un cane, due gatti e una scimmia.

Quali sono le mete del momento e secondo te perché?

L’Italia secondo me sta tornando a essere una destinazione centrale, c’è ancora molto da fare ma credo che sia comunque il meglio che il viaggiatore possa cercare. Poi passo al personale, le mie mete del mio momento, ciò che voglio assolutamente visitare, ovvero Brasile e Giappone. Ho voglia di ancora nuove culture, nuove persone e usanze, nuove immagini da tatuare nei miei ricordi.

Qual è il miglior modo per viaggiare? Quali sono i trucchi per essere pronti a tutto?

Il miglior modo di viaggiare è quello che non richiede troppi programmi. Si deve partire per trovare la trasformazione che ci manca. Io devo avere sempre voglia di scoprire, di conoscere da viaggiatore i luoghi che scelgo di visitare, rispettandoli e imparando dai locali come viverli; Airbnb in questo ti aiuta molto perché ti mette in diretto contatto proprio con le persone che vi abitano.

Nella tua valigia cosa c’è generalmente? Quali sono i pezzi chiave che porti più o meno sempre con te?

La mia valigia è sempre abbastanza piccola, amo avere lo stretto necessario. Anche d’inverno o in montagna adoro concedermi il relax in una Spa. Per questo un costume e un paio di infradito non mancano mai.

Il tuo look quando viaggi è…

Spesso molto selvaggio.

Per te viaggiare è….

Trovare me stesso ogni volta, trovare la mia trasformazione.

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Photographer | Pier Nicola Bruno
Style | Fabio Ferraris
Grooming | Valeria Orlando @Hmbattaglia
Special Thanks | Yamaha

IL MIO LATO SPIRITUALE

Portrait by Alessandromoggi.com

L’attore toscano ha talento da vendere e un animo spirituale-imprenditoriale. Non solo vanta partecipazioni a produzioni internazionali, da La fontana dell’amore a To Rome with Love di Woody Allen, oltre a incursioni televisive in serial cult come Sex and the City a Beautiful ma ha anche preso parte all’ultimo film di Guy Rithchie Operazione U.N.C.L.E., ispirato all’omonimo telefilm Anni Sessanta. Nel 2014 ha deciso di lanciare una linea di candele e profumi dal nome mistico “INSPIRITV”. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare il suo progetto olfattivo e i suoi segreti di bellezza, che includono non fermarsi mai.

Quando e come hai deciso di fare l’attore?

A 23 anni ero a New York per frequentare un master nel settore tessile, mio padre aveva un’azienda a Prato e io avevo iniziato a lavorare nel business di famiglia. Proprio nella grande mela ho scoperto la mia vocazione, frequentando l’Actor Studio e studiato anche il metodo Meisner. Mi ha affascinato molto scoprire che dalla stessa tecnica ne sono sviluppate quattro e poi non dimenticherò mai l’intervento di Harvey Keitel a lezione che ci raccontava le sue esperienze, davvero illuminante.

Dopo un’esperienza televisiva tutta italiana hai preso parte a U.N.C.L.E. di Guy Ritchie. Come è stato lavorare con lui?

È stato un riconoscimento importante. Tutto è iniziato con un self tape, un video girato da me che feci avere a Guy. Dopo averlo visto, mi ha chiesto di andare a Londra per un incontro di persona e lì ci siamo trovati subito, stavamo leggendo lo stesso libro: Il mondo nuovo di Aldous Huxley. Sul set lui ha un suo modo di fare cinema, sei molto interpellato, vuole vivere in simbiosi con il suo cast, è un regista che si vive e si lascia vivere. C’è stata molta attenzione ai costumi, lo stile italiano dolce vita anni’60. Il cast poi era stellare, (Henry Cavill, Armie Hammer, Hugh Grant) talmente bravi da rimanerne ispirato. Con Guy è nato un rapporto personale, sono stato invitato al suo matrimonio, accolto come uno di famiglia. Non mi aspettavo questa vicinanza. Sono andato con lui da New York a Londra in aereo privato.

Come mai hai deciso di lanciare una linea di profumo?

Sentivo il bisogno esprimere la mia voglia di spiritualità. Con Olivia Mariotti, mia socia e grande amica, condividevamo l’amore per le candele e la capacità di indurre a meditare. Inspiritu significa nello spirito, un bel modo di dire, una predisposizione mentale ed è una frase che ho sempre pronunciato, quasi un motto, compare perfino nel mio status del whatsapp. Essere in ascolto delle proprie emozioni non è facile. Ci viene insegnato dalla società che la felicità viene da cosa fai, da cosa compri. O sei una lavatrice e riesci a lavarti la pesantezza del mondo dalle spalle o ti addormenti in questa litania ed è un incubo. La felicità non è data dal consumo, è qualcosa che viene da dentro.

Ci parli della linea?

Abbiamo esordito l’anno scorso con una collezione di cinque candele, quattro delle quali rappresentano le virtù cardinali – Fortitvdo, Temperantia, Ivstitia e Prvdentia – mentre la quinta, Lvx, è invece la sintesi di tutta la collezione e metaforicamente rappresenta la coscienza universale. Quest’anno in occasione del Pitti Fragranze abbiamo lanciato anche i profumi. Le note olfattive scelte sono uguali per entrambe le linee e caratterizzano ogni virtù. Per Fortitvdo zafferano, acacia, legno di cedro e fieno, Temperantia profuma di gelsomino, mughetto, violetta e rosa turca, Ivstitia ha note marine oltre all’aneto, al finocchio e al vetiver mentre Prvdentia scivola in una scia floreale-fruttata di fiori di campo, peonia, ribes e bacche rosse. Abbiamo lanciato la linea da Barneys a New York, l’avventura è appena iniziata ma sta dando i suoi riscontri.

Qual è la nota della spiritualità?

L’incenso perché questo ingrediente caratterizza tutte le creazioni di Inspiritv ed è stato scelto proprio perché è presente in tutte le religioni, concilia la meditazione e la preghiera.

E tu cosa indossi?

Mi piace Fortitudo, una fragranza legnosa con tocchi più dolci di acacia, violetta, zafferano e note più profonde come cedro e legno di sandalo. Mi dà energia.

Un profumo che hai creato con un ricordo particolare in mente?

In tutti ho lavorato con delle immagini in mente. Di sicuro per Prvdentia, dove ho cercato di ricreare insieme ai nasi l’odore dei rami verdi spezzati in un giardino, un richiamo ancestrale alla natura, il ricordo di quando mi nascondevo nelle siepi di casa.

Quali sono i tuoi segreti di bellezza? Cosa fai per tenerti in forma? E per rilassarti?

Non posso a meno di fare crossfit. Mi fa stare bene essere attivo, corro tutto il giorno e ho bisogno di scaricarmi. In generale non sono uno che riesce a stare con le mani in mano, devo necessariamente incanalare la mia energia in qualcosa. Mi piace andare a farmi barba e capelli tutte le settimane, è un piccolo vezzo a cui non rinuncio. Poi una crema idratante, quando mi ricordo di metterla.

A cosa non rinunceresti mai?

A esserci per mia figlia. Oggi sono a Milano, stasera a Roma per un evento, nel mezzo c’è la recita di Bianca e io non me la perdo!

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

In uscita c’è Framed, una co-produzione tedesco-polacca con Alessandra Mastronardi e Fabio Troiano e la fiction di Ivan Cotroneo “2 di noi”.

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Maserati Experience

Cover Paul Smith suit| Calvin Klein Collection shirt | Corneliani Pocket Square

Le persone che parlano poco, spesso, sono quelle che se stimolate, hanno più cose da dire. Ed è proprio in silenzio che avviene questo incontro per un test drive con una macchina unica. Maserati è un simbolo di eleganza e una vettura dalle prestazioni che hanno regalato grandi traguardi sportivi e diverse scariche di adrenalina a tutti i fortunati che hanno avuto modo di affondare l’acceleratore su uno dei gioielli del Tridente più famoso nel mondo.
Dopo essermi sistemato nel rifinito abitacolo che può essere personalizzato negli interni con un’infinità di varianti; stabilisco subito la distanza ottimale dal volante, seguito con grande cura da Domenico Schiattarella, pilota che mi accompagna in questa giornata e che, come la Ghibli 3000 Turbo Diesel da 275 Cv, mi osserva curioso e mi concede tutto il suo estro e talento, aprendo il gas dei ricordi e catapultandoci in un universo fatto di cuore e passioni scanditi da millesimi di secondi.

Appena partiamo, cercando di lasciarci il traffico cittadino alle spalle, mi accorgo di quanto l’impianto frenante sia speciale e capace di rispondere anche alla più lieve sollecitazione. Domenico conferma la mia intuizione. Per una macchina che sfiora i 250 km/h l’impianto frenante richiede uno studio di altissima ingegneria e quello di Maserati beneficia di una tecnica che fonde un disco in ghisa e acciaio che anche se sollecitato, non si surriscalda. Provo ad aprire un poco il gas con la scusa di familiarizzare con il cambio sequenziale al volante e mentre la turbina entra in azione appagando le orecchie con un rombo intenso ma ancora aggraziato, mentre la forza ci spinge un pochino contro i sedili. Domenico che nel frattempo è diventato Mimmo, lascia cadere una notizia per lui ovvia: i motori Maserati vengono assemblati nello stesso stabilimento di Maranello, proprio dove scalpitano i cilindri del marchio col cavallino. È a quel punto che rimpiango di non esserci diretti verso Monza e con la complicità di Mimmo, provare a fare un salto direttamente in pista.

A questo punto lo spirito della silenziosa ma sorprendete Maserati è venuto fuori, come la persona timida con cui si è rotto il ghiaccio. Ma ora non mi basta, e vorrei sapere fino a che punto può arrivare. Sulla strada del ritorno, invece di seguire l’itinerario prestabilito, mi dirigo verso un cartello verde che ho adocchiato in lontananza. Mimmo, con lo sguardo del pilota navigato, ha già compreso il lampo che mi attraversa gli occhi ogni volta che riesco a far salire di giri il motore, e prima di far scivolare lo sguardo complice fuori dal finestrino mi promette di ritrovarci presto in pista. Inizio timidamente in prima corsia ma poi, ricordandomi che il ghiaccio lo avevamo già rotto, premo il tasto che attiva la modalità sportiva e voliamo in terza corsia sognando, che questo fondo scala, non abbia mai fine.

Ernesto D’Argenio – attore Italiano

Dopo essersi diplomato nel 2013 alla scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté, esordisce nel cinema con Ettore Scola in “Che strano chiamarsi Federico” presentato al Festival del Cinema di Venezia. Nel 2014 debutta in tv con la serie Squadra Antimafia, mentre nel 2015 sulla RAI nella fiction “Grand Hotel”. Tra i lavori in uscita nel 2016 il film “Le confessioni” di Roberto Andò con protagonisti Daniel Auteuil e Toni Servillo, mentre per il piccolo schermo sarà presente nella miniserie di Rai1 “Di padre in figlia” diretta da Riccardo Milani.

Photo | Francesco Bertola
Style | Fabio Ferraris
Grooming | Marco Minunno@wmmanagement
Photo Assistant | Simona Bolchini

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MARTIN GARRIX

Per lui il 2015 è stato l’anno delle collaborazioni, e sembra proprio che anche il 2016 prosegua nella stessa direzione. Ha solo 19 anni e la sua musica ha già fatto ballare migliaia di fan: è Martijn Garritsen, in arte Martin Garrix, che dalla scorsa estate è ambassador di TAG Heuer, brand storico di orologi di lusso che ha rivoluzionato il mercato proponendo sempre le migliori tecnologie in sincronia con lo stile e l’eleganza.
“Non lavoro molto con i brand, TAG Heuer è il primo, perché non faccio mai collaborazioni se qualcosa non mi piace, ma TAG Heuer mi piace moltissimo, sono già ossessionato del Monaco V4 Phantom, lo trovo eccezionale!”
Prima di Martin si sono susseguiti altri nomi che hanno fatto proprio il motto della casa svizzera #DontCrackUnderPressure: tra i più recenti ad esempio l’irriverente Cara Delevigne, ma anche Chris Hemsworth, David Guetta e andando indietro di qualche anno, lo splendido Ayrton Senna o lo straordinario Steve McQueen solo per citarne alcuni! Il motto per Martin si può vivere anche nel mondo della musica, soprattutto come dj quando suoni per 70.000 persone e di certo non puoi crollare anche se la pressione è alle stelle!

A 19 anni sei tra i 4 DJ più influenti al mondo. Come ci sei riuscito? Cosa ti piace del tuo lavoro di DJ?
Il mio segreto è prendere energia dalla gente. Regalare emozioni e nutrirsi della loro gioia, divertirsi insieme a loro: se vedono che il DJ si diverte mentre mette i dischi saranno ancora più contenti, e io con loro. E’ una situazione win-win: io faccio felici loro, loro fanno felici me.

Qual è il segreto per affermarsi come DJ?
Mettersi sempre alla prova, reinventarsi in contesti differenti, rimanere pieno di energia e non dimenticare mai che il proprio lavoro è far divertire la gente, non prendersi mai troppo sul serio: è tutta questione di leggerezza e spontaneità.

Come era la tua vita prima di diventare DJ, che interessi avevi?
Era molto diversa: mi piaceva raccogliere conchiglie e pietre, ora ho una collezione completa [ride]. Ho sempre fatto molto sport, ho iniziato windsurf quando avevo dodici anni, e lo faccio ancora appena posso. Da quando ho iniziato la mia carriera musicale non ho molto tempo libero, soprattutto quando sono in tour, ma appena posso corro a fare windsurf.

Cosa pensi sia la cosa più importante da considerare quando crei la tua musica?
Sorprendere le persone. Se fai quello che tutti si aspettano che tu faccia, la gente si annoia. Ma se fai qualcosa che scandalizza totalmente le persone, se ne vanno dicendo “Oh, mio Dio, hai sentito quello che ha scritto Martin Garrix? Che cosa stava pensando?” Per questo ogni volta che sono in studio, cerco sempre di trovare qualcosa di nuovo e fuori dalle righe.
Oggi quale artista ti sorprende di più?
Skrillex. Amo Skrillex. Come produttore, come dj e come persona perchè è il tipo di produttore che è in continua evoluzione, ed è per questo che mi ispiro molto a lui.

Se invece potessi viaggiare indietro nel tempo con chi ti piacerebbe suonare o remixare?
Sicuramente sarebbe un sogno suonare con Michael Jackson.

Brand ambassador di TAG Heuer: cosa significa per te? Cosa ne pensi dei brand che si legano all’universo dell’EDM (Electronic Dance Music)?
Penso che sia una buona associazione perché l’EDM significa amore, energia positiva, allegria condivisa. Bisogna educare all’EDM anche le generazioni precedenti ai Millenials e un brand come TAG Heuer, di cui sono brand ambassador da agosto 2015, è perfetto!

Che progetti hai per il prossimo anno? C’è un album all’orizzonte giusto?
Lo spero. Sto facendo così tanta musica che ho da 40 a 50 le idee, ma quando ho nuove idee, sento il bisogno di fare nuova musica. E’ un processo, ci vuole tempo e non voglio correre, perché è il mio primo album e voglio che sia buono. Recentemente ho lavorato con Mike Shinoda dei Linkin Park ed è stato emozionante perché le persone come lui, che fanno questo un tipo di musica diverso, ti spingono a fare qualcosa di completamente nuovo.

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