Da Istanbul a Londra, la capsule di DB BERDAN x ASOS

Il brand DB BERDAN ha appena lanciato una capsule collection per la primavera/estate 2019 in esclusiva con il colosso dello shopping online ASOS. La collaborazione prende ispirazione dalle origini culturali del brand, mixate con elementi che richiamano gli anni 90.

Tra le grafiche usate per la realizzazione dei capi della collezione c’è il logo DB BERDAN ripetuto numerose volte, la riproduzione dell’opera contemporanea “Gods, Monster and Men” dell’artista turca Murat Palta e la raffigurazione della divinità Umay Ana, entità dal doppio genere sessuale, sia maschile che femminile. Umay Ana è anche la rappresentazione del dio della guerra durante le ore diurne mentre la sera è una figura materna nonché dea dell’amore. Una dualità su più fronti che richiama gli ideali del brand.

Forme e tessuti sono ispirati ai look comodi dei college. Tanto denim, cotone e nylon mischiati tra loro per creare qualcosa di diverso, in contrasto ma mantenendo una certa armonia. La silhouette è oversize su molti dei capi presentati per rispecchiare anche l’animo streetwear del brand.

La collezione del marchio è già disponibile sul sito di ASOS con prezzi che vanno dai 55€ per le gonne ai 220€ circa degli abiti.

DB BERDAN è inoltre un brand streetwear contemporaneo molto attento ai temi di attualità. La sua filosofia non si lega alle due classificazioni di genere e ha l’aspirazione di poter gestire una comunità di persone dalla mente aperta che non crea distinzioni per via del sesso, etnia o orientamento delle altre persone. L’influenza di Londra e della sue subculture si rivede nell’azioni del brand che è molto attivo per supportare le cause in cui crede. È un forte sostenitore della comunità LGBTQ e proprio quando ad Instabul fu vietato il Pride, il designer usò la propria sfilata come canale di protesta.

 

 

 

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AL CINEMA CON D-ART

Manintown collabora con D-Art per una speciale rubrica dedicata al cinema. Scopri tutte le notizie di arte, moda e attualità su d-art.it

“SUSPIRIA” di LUCA GUADAGNINO 

Una Berlino in pieno autunno tedesco con la città scossa dalle azioni terroristiche della banda Baader-Meinhof. Siamo nel 1977 e Susie Bannon (Dakota Johnson) sogna di diventare una grande ballerina: entra  a far parte della scuola di danza di Madame Blanc (Tilda Swinton), un covo misterioso fitto di antiche e oscure presenze; ma se in Dario Argento si riempiva di citazioni (come le immagini ispirate a Escher sulle pareti), in Luca Guadagnino si fanno estetizzanti, minimaliste come gli abiti indossati da Tilda Swinton, lontana dalla matrigna super accessoriata che fu Joan Bennett.
L’espressione artistica delle insegnanti (che si riveleranno essere delle streghe) cela la loro crudeltà, sono le “madri non buone” della teoria di Donald Winnicott, psicanalista britannico, quelle che portano alla creazione del “falso sé“, ex bambine vittime ma mai del tutto vittime. Sono madri generatrici di vita e di morte, ci accolgono in un nuovo mondo ma ci umiliano, ci regalano il potere dell’arte ma ci nascondono il nostro triste destino, ci amano e ci odiano e parafrasando da una scena: “hanno bisogno della colpa e della vergogna“.
Più che un horror “Suspiria” di Luca Guadagnino sembra un dramma psicologico, con un cast tutto al femminile, soffocante, materno senza vere madri, che rivelerà la natura dell’essere femminino, ma anche in questo caso Lars Von Trier rimane imbattuto con Antichrist.

ROMA di ALFONSO CUARON

“Roma” è il racconto intimista del regista messicano, una casa borghese del 1971 composta da padre medico assente, madre severa e melodrammatica, quattro figli dai cinque ai quattordici anni, una nonna presente, una tata di origine mixteca, Cleo (Yalitza Aparicio) e una domestica. Cleo, la tata, è l’esatto opposto dell’egocentrico, dell’individualista, dell’esclusivista; è invece umile, buona, rispettosa verso i padroni di casa, e sinceramente affezionata ai bambini che cura come fossero suoi fratelli minori.
Una pellicola dallo sguardo femminile dove le donne sono protagoniste perché forti, capaci di superare un tradimento (quello della madre ad esempio – il padre abbandona la famiglia senza spiegazioni per una ragazza più giovane), piene di vita, anche se alcune di queste ci lasciano per volere di Dio (Cleo partorisce una figlia morta), coraggiose nei momenti che temono di più (Cleo salva i due bambini che rischiavano di affogare travolti da una corrente). Uno specchio dall’immagine chiara e nitida di quella che era la società nei ’70 messicani, la distinzione di classi sociali così perfettamente rappresentata attraverso immagini. La raffigura la scena dell’incendio nel bosco, durante la notte di Capodanno, quando i domestici si precipitano prontamente armati di secchi d’acqua per spegnere il fuoco, mentre i padroni di casa, perfettamente habillè, sono accanto a loro, calice alla mano, pettinatura artificialmente composta, nei loro cappotti di cashmire, scambiandosi poche parole senza il minimo accenno di ansia o paura.
Quale regista è capace di tanta grazia? Truffaut, ma è più cavilloso, Fellini, che è più elegante, Visconti, che è più perfezionista. Alfonso Cuarón è nato per un nuovo genere. E’ lui a vincere il Leone d’Oro di questa 75ma Mostra di Venezia.


DOUBLES VIE di Olivier Assayas

“Doubles vies” è un film sulla conversazione, dialoghi fittissimi e ritmi serrati, quasi la sceneggiatura fosse destinata al teatro.
Quello che racconta il regista è nient’altro che quello che conosce: l’ambiente parigino, fatto di dialoghi ping-pong, calici di vino alla mano, sigarette alla bocca, salotti borghesi, cafè caotici e pasti consumati nella zona living, personaggi dall’aria noncurante tipicamente francese, il cardigan stropicciato e il capello arruffato, un dito succhiato tra un Bordeaux e una omelette, la Parigi borghese e cinica.
Lo spazio è ristretto, gli amici fanno tutti parte dell’editoria francese, ma spicca Alain (Guillame Canet), editore di successo che deve scontrarsi con l’evoluzione digitale. Questo è il tema su cui si concentrano gli infiniti dialoghi, briosi, accesi, che innescano alcuna risposta ma infinite domande.

THE FAVOURITE di YORGOS LANTHIMOS

Siamo nel 1700 nella corte di Inghilterra, Anna Stuart è la regnante dal carattere debole, incerto, capriccioso, infantile, ed è quindi facile preda delle più astute dame di corte intorno a lei, a partire da Lady Marlborough, ovvero Sarah Churchill, moglie del generale e politico John Churchill. Sarah, interpretata da Rachel Weisz, nelle notti in cui il marito è al fronte a combattere la guerra, si consola nel letto della regina, fino a quando subentra la figura dolce e premurosa di Abigail Masham, una cugina di Sarah caduta in disgrazia a causa della dipendenza al gioco del padre.
“The favourite” è un film sul potere, sulla dignità, sulla moralità. Fino a che punto siamo disposti a cedere il nostro corpo, il nostro nome, il nostro rispetto? Quando Abigail comprende che l’unico modo per uscire dalla condizione di sguattera sarà “vendersi” alla regina, dirà:

Quando sarò per le strade a vendere il culo ai malati di sifilide, di questa moralità non me ne farò niente e la mia coscienza riderà di me”

Lanthimos colora ogni personaggio con irriverenza, crudeltà, ridicolaggine; eccelsa la fotografia di Robbie Ryan che ci accompagna nel castello a lume di candela, con ritratti dal nero rembrandtiano e intensi  rallenty sulle nature morte e sui banchetti, uno stile che accentua i disgustosi i modi e le eccentricità di corte, perditempo nella corsa delle aragoste e delle oche. La scena finale è la voce della coscienza, e ci ricorda quanto sia caro il prezzo da pagare quando, per raggiungere il proprio scopo, si utilizzano ogni genere di bassezze.


CHARLIE SAYS” di MARY HARRON

Orge ogni sera, natura selvaggia, nessuna regola, droghe a profusione, sesso libero, nudismo, condivisione, le attività della “Family”, un gruppo di cinquanta ragazzi che avevano come loro unico dio Charles Manson, il macabro assassino che ha sconvolto la Hollywood degli anni ’70 con l’uccisione di Sharon Tate (allora moglie del regista Roman Polansky incinta di 8 mesi e mezzo) e quattro dei suoi amici durante una festa privata.
La storia è raccontata dal punto di vista delle tre ragazze che hanno preso parte agli eccidi di  Cielo Drive e della coppia Leno e Rosemary LaBianca: Leslie (Hannah Murray), Patricia (Sosie Bacon) e Susan (Marianne Rendón). Dal carcere e attraverso dei flashback che iniziano con “Charlie Says” – “Charlie dice“, raccontano il vivere della “Family” allo Spahn ranch di Manson, una comune che si ciba di avanzi trovati nei cassonetti della spazzatura, a cui non sono permessi giornali né orologi, dove le donne non possono avere soldi e sono destinate ai lavori più umili e devono essere pronte ai bisogni primitivi dell’uomo  senza mai controbattere la “verità” del leader, che si sente la reincarnazione di Satana e Gesu’ Cristo insieme.
Manson siede in mezzo alle sue discepole come ad un’Ultima cena, le tre ragazze sono dei docili micini quando ricordano i fatti, ma la realtà dice questo: Sharon Tate (26 anni incinta di 8 mesi e mezzo) implora ancora qualche giorno di vita, prima di morire.
Senti, tu stai per morire, e io per te non provo nessuna pietà… Ero strafatta di acido” .
Sono queste le parole agghiaccianti di Susan Atkins, che pugnala l’attrice 16 volte, poi prende uno straccio, lo intinge di sangue e scrive sulla porta la parola «pig», maiale.

THE MOUNTAIN  di RICK ALVERSON

Siamo negli anni ’50, Andy ha perso il padre, e la madre è ricoverata in un istituto psichiatrico chissà dove. A fargli da tutore il dott. Wally Fiennes, palesemente ispirato alla figura di Walter Jackson Freeman II, primo medico statunitense ad aver introdotto il metodo della lobotomia.
Andy è un ragazzo timido, apatico, silenzioso, problematico,  non esprime il minimo interesse nei confronti della vita né delle sue attività; viaggia con il dottore, da un manicomio all’altro, Polaroid alla mano, ritraendo i pazienti sottoposti allo strazio della lobotomia transorbitale, tecnica che, combinata all’elettroshock, avrebbe dovuto guarire dalle malattie mentali. Andy (Tye Sheridan) è vittima di un labirinto malato, dove la pazzia è la normalità e la sua routine. In un copione praticamente assente, volge al cambiamento quando prende coscienza della rudimentalità dei mezzi e della totale mancanza di partecipazione emotiva del dottore durante le infinite operazioni.
Pellicola pretenziosa anche se perfettamente impacchettata nella sua fotografia nostalgica alla Erwin Olaf, vellutata nei verdi, morbida come panna montata ma estremamente fredda, un corpo pallido sotto le luci di un obitorio. Un 4:3 di estrema bellezza, una bellissima donna senza contenuto.

THE SISTERS BROTHERS  di JACQUES AUDIARD

Quella del western è solo una scusa, il regista francese Jacques Audiard prende in prestito il genere per raccontare qualcosa di diverso da colpi di pistola, whisky ingollati, corse a cavallo, eroi machi e sporchi di terra.  I  “fratelli sorelle“ hanno un legame che contempla il gesto femminile di prendersi cura l’uno dell’altro (i due si tagliano vicendevolmente i capelli) e il più forbito tra i due (surreale tanta grazia per un cowboy) è Edi, cui tocca far da balia al più rude Charlie, sempre preso da alcol e testosterone.
Parodico, carico di humor e avventure selvagge, il western di Audiard ci spiazza; a volte freddi e privi di rimorsi, i personaggi si rabbuiano davanti alle loro azioni, o si rattristano per la morte del loro cavallo.
I fratelli Sisters sono la prepotenza e l’avidità. Audiard ce li presenta attraverso le proprie debolezze e i propri feticci: Eli è il romantico che chiede ad una prostituta di recitare una frase, anziché concedersi senza domande. E’ colui che piega ogni notte, prima di addormentarsi, una coperta rossa regalatogli da un’amante passata, la annusa e fantastica, per poi masturbarsi stringendola a sé. Charlie invece è istintivo e vive dell’oggi, beve con piacere e si lascia andare al vizio.
Svuotato della crudeltà del western, “The Sisters Brothers” parla di umanità e di sogni, di un’America che corre verso la ricchezza e che finisce in mano agli avidi e non agli uomini di intelletto, ma lo fa giocando ogni tanto con la pistola e con le corse al galoppo.

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LECLERC: GIOVANE STELLA FERRARI

Lo scorso 16 ottobre ha compiuto 21 anni. Composto, raffinato, elegante, con tratti fini e occhi del colore del mare sul quale ogni giorno si specchia il glamour del suo luogo d’origine: Monte Carlo. Lui è Charles Leclerc, il pilota di Formula 1 che dopo un straordinario campionato in Alfa Romeo Sauber affiancherà Sebastian Vettel in Ferrari nella stagione 2019. L’unico pilota più giovane di lui ad aver guidato la Rossa nel campionato mondiale è stato Ricardo Rodriguez, esordiente al Gran Premio d’Italia del ’61 a soli 19 anni. All’ annuncio dell’arrivo di Leclerc a Maranello non c’era persona che non ne parlasse fuori e dentro il paddock: in lui sono riposte fiducia, speranze, e il forte desiderio di riconquistare un titolo mondiale che manca da molto tempo.

Quando, da piccino, sentiva le auto da corsa passare sotto casa sua, allungava il collo per cercare con lo sguardo quella di colore rosso. Del resto, come ammette lui stesso, “La Ferrari è il sogno di tutti i piloti, anche quelli che non lo dicono.” Il ragazzo ha talento da vendere, gli addetti ai lavori conoscono bene la sua carriera. Spinto dalla passione tramandata dal padre Hervè, Charles a otto anni inizia a correre nel kartodromo di Brignoles. La sua prima volta sul kart è così elettrizzante, da non accorgersi di guidare senza casco. Il tracciato, è quello gestito dal papà di Jules Bianchi, suo fraterno amico. Nel 2015, Jules perde la vita in conseguenza di un grave incidente occorsogli in Formula 1 alcuni mesi prima, mentre il monegasco è alle prese con il campionato europeo di Formula 3. “L’ho conosciuto che ero un bambino”-ricorda Charles- “Bianchi è stato come un padrino per me, sento molto la sua mancanza. Ricordo bene ogni suo consiglio riguardo le gare, era un grande talento.”
Nonostante un backround economicamente benestante, le spese per sostenere la sua intera carriera da pilota non sono poche: per questo, a 14 anni entra a far parte della All Road Management (ARM), la compagnia di Nicolas Todt, figlio del presidente della FIA Jean, che ha lo scopo di finanziare e accompagnare giovani talenti nel complesso mondo del motorsport. Come una famiglia, l’ ARM segue Charles fino al suo arrivo alle monoposto nel 2014: un esordio in Formula Renault 2.0 e un passaggio in Formula 3 europea l’anno successivo.
Come tutte le carriere di un certo valore, anche quella di Leclerc ha una svolta importante. È il 2016, e la Scuderia Ferrari decide di inserirlo nella Ferrari Driver Academy gestendone la crescita sportiva: vince il titolo in GP3 al debutto e diventa collaudatore delle vetture di Maranello e della Haas. La Formula 2 del 2017 è un vero film dal titolo “Charles Leclerc show”. A tre gare dalla fine di un campionato segnato dalla perdita del suo amato padre, si laurea campione del mondo, conquistando il record di pole e vittorie stagionali.

Il volante in Alfa Romeo Sauber per il 2018 è suo, finalmente arriva il debutto nella massima serie che aveva tanto sognato. Una promozione resa possibile anche da alcune importanti manovre politiche. Il neo team principal della Sauber, Frederic Vasseur, blocca l’accordo per la fornitura di motori Honda e stringe un sodalizio con Sergio Marchionne, il Presidente della Ferrari che da tempo desiderava il ritorno del marchio Alfa Romeo in Formula 1.
Dopo un inizio di stagione faticoso, Charles riporta alla luce il suo talento con valide prestazioni, dalle quali emerge la grinta di un potenziale campione. Del suo primo Gran Premio, quello in Australia, racconta quanto sia stato assalito da un incredibile mix di emozioni: “Ho sempre sognato di diventare, un giorno, pilota di Formula 1. Trovarmi nella griglia di partenza di Melbourne tra tutti quei campioni è stata una delle sensazioni più belle della mia vita. Sì, ho avuto un inizio difficile, il momento peggiore credo di averlo vissuto in Cina, terzo appuntamento della stagione, per poi riprendermi la gara successiva, con il sesto posto di Baku. Quello è stato un risultato importante che mi ha motivato moltissimo.”
Nel settembre del suo anno d’esordio, Ferrari lo sceglie per il 2019. Andrà a sostituire  Kimi Raikkonen, l’ultimo Imperatore Rosso. Per la prima volta dalla sua fondazione, la Ferrari Driver Academy riesce a portare un allievo in “prima squadra”. Charles, d’altronde, l’Italia ce l’ha proprio nel cuore. Non solo per le gare di kart, anche per Giada, la sua fidanzata di origini partenopee.  Ironia della sorte, Leclerc segue quello che doveva essere il destino di Jules, indicato quale possibile successore di Kimi. Non è un’impresa semplice, le aspettative su questo ragazzo della Costa Azzurra sono alte, solo il tempo ci darà le risposte. Il giorno in cui è stata ufficializzata la notizia, Charles scrive, in un tweet, “i sogni si avverano”. E allora, che i sogni più belli diventino realtà.

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PECCO DI STILE: FRANCESCO BAGNAIA

Da Campione del Mondo la mia vita non è cambiata. Valentino? Un esempio: sarà figo sfidarlo in MotoGP

Vincere, ma con stile. Francesco Bagnaia, per tutti “Pecco”, non soltanto è l’unico motociclista italiano della velocità a laurearsi Campione del Mondo nel corso di un’entusiasmante stagione 2018 vissuta in Moto2 con lo Sky Racing Team VR46. Con il suo carattere, con i suoi modi di porsi, si è costruito un gradimento da parte del pubblico che ha messo tutti d’accordo. In pista è un pilota “camaleontico”, in grado di non tirarsi mai indietro nella bagarre, nella vita di tutti i giorni è riservato e ha avuto il pregio di restare se stesso. I successi non lo hanno cambiato: gli insegnamenti di Valentino Rossi, suo mentore e idolo, sono stati un tesoro inestimabile per crescere ed affermarsi da pilota professionista. Aspettando di sfidarlo quest’anno nell’ elite della MotoGP…

Trascorsa qualche settimana da Sepang, da Campione del Mondo la tua vita ritieni sia cambiata?

A dire il vero mi sento come sempre, pertanto direi di no. Le persone che mi vogliono bene si comportano con me allo stesso modo: orgogliose sì di quello che ho fatto, ma non direi che qualcosa sia cambiato. Ho notato più che altro un avvicinamento da parte di persone che si sono appassionate al motociclismo proprio in seguito al titolo mondiale vinto, soprattutto nella “mia” Chivasso. Questo non può che farmi piacere: mi rende felice“.

Ancor prima di esordire nel Motomondiale alle persone a te più vicine dicevi “Voglio vincere 5 titoli mondiali, a quel punto mi riterrò soddisfatto”. Adesso puoi dire di essere arrivato a 1 di 5 o gli obiettivi sono cambiati?

(Ride) Non si può mai dire! Cercherò sicuramente di vincere il più possibile, ma non sarà facile. In MotoGP il livello è incredibile. Oggi non ci penso, l’unico mio proposito è quello di crescere, imparare, avvicinarmi sempre più ai migliori… poi si vedrà“.

Quando hai davvero pensato “Sì, questo è l’anno giusto per vincere”?

In due occasioni in particolare. A Misano quando ho vinto, dominando per tutto il weekend, su un tracciato dove ho sempre fatto fatica in carriera. La svolta tuttavia a Buriram, in Thailandia: dopo la vittoria mi sono detto “OK, il titolo è nostro”. Non mi sbagliavo“.

Non succede spesso tra i piloti, ma prima di parlare di te dopo la vittoria mondiale hai voluto tributare un sincero ringraziamento a tutto lo Sky Racing Team VR46. “Insieme” è stato il termine che hai utilizzato di più…

Sì perché è un successo di tutti. Non è solo il pilota che vince: se non hai una moto ed una squadra di livello non puoi ottenere simili risultati. Mi è successo in passato e proprio da queste esperienze difficili mi sono reso conto di quanto sia fondamentale l’apporto della squadra. Per questo è giusto e doveroso riconoscere il merito di tutti: del team, della Academy, di tutte le persone che mi sono state vicine e che ho voluto ringraziare una per una dopo il successo mondiale“.

Adesso la MotoGP con il team Pramac e contratto diretto Ducati per i prossimi 2 anni. Hai detto che vuoi crescere, imparare, ma due obiettivi realistici possono essere il titolo rookie e qualificarti direttamente al Q2?

Sì, questi possono essere due traguardi da raggiungere. Cercherò di essere il miglior esordiente dell’anno e come performance rientrare nel Q2 (seconda sessione di qualifiche, ndr). A partire da che gara? Da subito, dal Qatar. Sarà difficile, considerando il livello della MotoGP, ma ci proverò“.

Lo scorso anno avevi due offerte (Pramac Ducati e Tech 3 Yamaha) per correre in MotoGP, ma hai fortemente voluto restare in Moto2 e posticipare l’esordio nella top class di una stagione. Cosa ti ha dato la forza, in quel momento, di dire no alla MotoGP?

La spinta più grande è dovuta al fatto che avevo una concreta possibilità di vincere il titolo mondiale in Moto2. Era la prima volta in carriera che potevo, pronti-via, giocarmela per il campionato. Salire in MotoGP affrettando i tempi non è mai una cosa buona. Inoltre mi sarei “incasinato” con i contratti: da una parte volevo onorare l’impegno preso con lo Sky Racing Team VR46, dall’altra il mio ipotetico accordo con un team MotoGP sarebbe scaduto un anno prima rispetto ai contratti siglati dagli altri piloti della categoria…

Nel calcio spesso alle presentazioni dei nuovi calciatori dicono “Ho sempre sognato di indossare questa maglia”. Nel tuo caso, per davvero, sei sempre stato un Ducatista, volevi proprio correre con questa moto…

Assolutamente sì. La Ducati è una moto e un’azienda che mi sono sempre piaciute tantissimo. Un po’ meno diciamo dal 2010 al 2013 in MotoGP, ma nei successivi anni ho visto un grande cambiamento. Sono tutti molto, molto motivati a vincere, lavorano tantissimo e non si risparmiano mai. Inoltre sin da bambino volevo correre con una Ducati…

Ducati ha scritto pagine di storia del motociclismo anche in Superbike: se ti chiedessero di correre qualche gara in questo campionato l’anno prossimo? Ai Ducatisti piacerebbe…

Extra-MotoGP in particolare vorrei correre in un prossimo futuro in Giappone, alla 8 ore di Suzuka. Una gara che mi ha sempre affascinato per l’atmosfera, per tutto il contorno, ma non solo. Mi piacerebbe molto correrci con Ducati, ma al momento non prende parte all’evento: in futuro, chissà…

In Ducati sembrano già pazzi di te, anche perché vogliono dimostrare che un “deb” possa andare subito forte con una moto finora ritenuta difficile…

“Sono dell’idea che sia più complicato per un pilota passare da un’altra MotoGP alla Ducati, rispetto che per un rookie salire per la prima volta in sella alla Desmosedici. Me ne sono accorto nei primi test: la Moto2 è una moto che praticamente “non frena”, non curva velocemente, ha chiaramente dei limiti. In sella ad una MotoGP tutto ti sembra più grande e… migliorativo, dove hai sempre un gran margine per andare più forte. Forse per questo mi sono trovato subito bene con la Ducati, non avevo pregressi riferimenti in sella ad una MotoGP. L’attenzione che ripone in me la casa madre? Chiaramente è positivo e ne sono onorato, me lo hanno dimostrato sin dal primo giorno. Poter lavorare con Christian (Gabarrini, capo-tecnico) e Tommaso (Pagano, telemetrista) è il massimo. Mi sono trovato subito bene con loro, si sono interfacciati con me con umiltà, senza impormi nulla, trovando insieme la strada per migliorarci. Davvero il top!

Quest’anno correrai anche contro Valentino Rossi, il tuo idolo, il tuo mentore. Hai detto che non sarà propriamente un avversario…

Confermo che sarà difficile vederlo un avversario come tutti gli altri piloti. Di certo sarà una cosa fighissima: io sono nato nel 1997, l’anno in cui ha vinto il suo primo titolo mondiale in 125cc. Per me è un esempio, per la forza che ci mette per continuare a correre ad alti livelli e migliorarsi di continuo. Sarà qualcosa di incredibile gareggiare insieme a lui…

Tra gli avversari ci sarà anche Franco Morbidelli, altro pupillo della VR46 Riders Academy: la stampa probabilmente ne parlerà di un dualismo tra voi su chi potrebbe diventare l’erede di Rossi. Sei della stessa opinione?

Non proprio. Io e Franco siamo amici, ci rispettiamo, poi chiaramente in pista vogliamo stare davanti. Non ci scanneremo in gara, ma non ci tireremo dietro se ci fosse l’opportunità di sorpassarci…

Di nuovi avversari hai già avuto modo di superare pronti-via Jorge Lorenzo nel corso della prima giornata di test a Valencia…

“Sì, ma solo perché è andato largo alla prima curva (ride, ndr). Per me è stato bello vederlo guidare così da vicino, ti lascia a bocca aperta”.

Dicono che hai uno stile di guida molto simile a lui…

“Lorenzo ha uno stile che privilegia molto la velocità in curva, ha delle linee molto tonde in percorrenza e nel contempo stacca forte. Vero, su diversi aspetti abbiamo una guida similare, ma ad oggi ho ancora tanto, tanto margine soprattutto in fase di staccata

A proposito: dovessi paragonare la guida di una MotoGP a qualcosa nella vita di tutti i giorni, cosa penseresti?

“Non ne ho idea. La MotoGP è assurda: frena troppo, viaggi ad oltre 300 orari, in curva sembra non avere limite. Non saprei a cosa paragonarla: è qualcosa di unico”

Da pilota professionista sei un giramondo: molti tuoi colleghi si sono trasferiti ad Andorra o Lugano, tu pensi vivrai ancora a lungo in Italia?

Si dice “mai dire mai nella vita”, ma non credo. Sono dell’idea che vivere in Italia sia il massimo: come si sta qui non ha eguali

Sei comunque legato alla tua Chivasso e a Torino, dove sei nato. A proposito, la sindaca Chiara Appendino ti ha dedicato un tweet “Hai portato Torino sul tetto del mondo”. In molti hanno risposto “Beh, almeno lui”, in riferimento alla mancata candidatura olimpica della città…

“Non so cosa sia successo al riguardo e non ci ho fatto caso a questo tweet. So solo che sono molto orgoglioso di aver portato la mia città, Chivasso, così in alto. Non era mai successo prima, penso sia positivo per tutti e anche per il motociclismo…”

Di questo sport ultimamente si è parlato a lungo per la vicenda di Romano Fenati. Sei stato suo compagno di squadra, qual è la tua opinione su quanto è accaduto?

Posso dire che Romano è un pilota che va molto forte ed è un gran talento. Anche al suo esordio in Moto2 lo ha dimostrato, ritrovandosi subito in Qatar là davanti. Parliamo di un pilota istintivo, che alle volte diventa incontrollabile, su questo certamente dovrà lavorare. Romano è un ragazzo che, quando è tranquillo, ci ridi e scherzi insieme. Giusto dargli un’altra opportunità? Per me sì. Ha compiuto un brutto gesto, così come brutta è stata la reazione della gente nei suoi confronti. Un’altra possibilità non si nega a nessuno, anche se per lui credo sarà davvero l’ultima…

Un magazine francese ha scritto che tu sei un po’ la sua “nemesi”, anche per via del tuo carattere. Sei un ragazzo tranquillo, riservato, educato… La definizione di “pilota della porta accanto” ti piace?

“Mi sembra un appellativo un po’ “moscio”… Però sì, mi piace. Sono fatto così, anche in queste ultime settimane ho cercato di essere disponibile con tutti, mi sembra doveroso”.

Al Ranch ti chiamano “Lewis” riferendosi ad Hamilton…

“Adesso un po’ meno! (ride). Inizialmente sì, perché mi vestivo con qualche felpa piuttosto appariscente, un po’ come Hamilton”.

Di recente è anche salito in moto e dovrebbe essere ospite al Ranch prima o poi…

“Pare di sì, ma credo non a breve. In moto sì, ho letto e ho visto le sue foto. Dicono che ha girato a 7″ dai migliori della Superbike? Nel caso è andato davvero troppo forte. Vedendo qualche foto di lui in sella mi sembra comunque un po’ strano…”

Diventare un pilota professionista richiede impegno, sacrifici, anche tanti rischi. Di questi tempi, ti ritieni comunque un privilegiato?

“Assolutamente sì e so perfettamente di esserlo. Per questo ringrazio sempre la mia famiglia per i loro sacrifici di questi anni, così come la VR46 e Sky per dove mi hanno portato. Ci penso sempre”

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STAY HEALTHY, STAY COOL

L’allenamento inizia a tavola
Fare attività fisica è molto importante per il nostro benessere, ma mangiare i cibi giusti prima e dopo un allenamento in palestra lo è ancora di più. Infatti con cibi sbagliati o in eccessiva quantità, si corre il rischio, quando si fa sport, di trovarsi o troppo stanchi o troppo pieni a metà dell’allenamento, vanificando così il lavoro fatto. «Innanzitutto – dice Flavia Correale, medico endocrinologo e dietologo – occhio alle quantità, non esagerate con le porzioni e soprattutto calcolate i “tempi giusti” fra i pasti così da far lavorare in modo corretto l’apparato digerente e non appesantirvi». Detto questo, l’ideale, come dimostrato da recenti studi scientifici, sarebbe impegnarsi nell’attività fisica la mattina presto a digiuno e, dopo l’allenamento, fare una colazione completa con yogurt e cereali, pane tostato integrale con marmellata e frutta per assicurare il recupero del glicogeno muscolare. A pranzo pieno di proteine (carne bianca, legumi, ricotta fresca, salmone fresco o affumicato) per ripristinare le miofibrille muscolari. A cena invece via libera ai carboidrati complessi (pasta, riso o farro integrale) e verdure di stagione per approvvigionarsi di vitamine e sali minerali indispensabili per migliorare le performance sportive.

«Se l’allenamento è nel pomeriggio – continua la dietologa – calcolate di dover pranzare almeno tre o quattro ore prima. L’alimentazione pre-palestra deve includere carboidrati come riso, pasta integrale, orzo, farro e proteine come carne di pollo o tacchino o del pesce e accompagnare il tutto con verdure fresche o cotte ma di stagione. Nella dieta non devono mancare le erbe aromatiche, un trucchetto che può aiutare a ridurre di molto le quantità di sale».

Infine per chi va in palestra o in piscina solo dopo il lavoro l’indicazione è di non dimenticare di fare merenda, da una a tre ore prima dell’allenamento, con uno yogurt con cereali o una banana o un panino integrale piccolo con ricotta fresca o frittata o tonno sgocciolato. In questo caso la cena deve prevedere una minestra di legumi, oppure pasta o riso, e un secondo a base di carne bianca o pesce cotti senza l’aggiunta di grassi accompagnati da verdure e, per concludere, un frutto di stagione.

Attenzione agli energy drink!
Durante lo sport si perdono, attraverso il sudore, tantissimi liquidi (oltre 500 ml ogni ora di attività) e minerali. Per ripristinare i liquidi, al di là della sensazione di sete, la raccomandazione è di bere almeno un litro e mezzo di acqua lontano dai pasti mentre per reimmettere i sali minerali sono indicati estratti di frutta e verdura freschi a base di carota, mela, sedano, ananas e arance.

«Occhio agli energy drink – avverte la dottoressa Correale – a base di caffeina, taurina e D-glucuronolattone perché devono essere assunti con precauzione in base all’età o altri problemi medici. Infatti una lattina da 250 millilitri di queste bevande contiene la dose di caffeina equivalente a cinque tazzine di espresso». Una ricerca dell’Università canadese di Waterloo condotta su oltre 2000 consumatori di bevande energetiche ha dato risultati allarmanti. Il 24,7% del campione osservato ha manifestato alterazione del ritmo cardiaco, il 24,1% ha sofferto di insonnia o disturbi del sonno, il 18,3% ha lamentato emicranie ricorrenti, il 5% nausee o problemi gastrointestinali e in rari casi si sono registrati dolori acuti al petto e attacchi cardiaci.

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INTERVIEW: INFINITY INK

 

Infinity Ink è un progetto nato grazie all’unione di Ali Love e Luca Cazal, amici da ormai 20 anni e collaboratori da 8. Il duo ha lavorat con pezzi grossi del panorama musicale urbano, e hanno registrato il loro album presso vari studi di Londra, Ibiza e Toronto. In occasione del rilascio di House of Infinity, qui in pre-order , li abbiamo intervistati.

Com’è nato il progetto Infinity Ink?
Abbiamo iniziato a fare musica insieme intorno al 2001, praticamente appena ci siamo conosciuti. Il sound era abbastanza diverso a quel tempo, era più un pop orientato all’italo/synth, abbiamo affrontato diverse incarnazioni della band e abbiamo anche continuato i nostri progetti personali fino al 2009, quando abbiamo poi iniziato a farci conoscere come Infinity Ink.

Come descrivereste il vostro sound e le vostre influenze?
Crediamo che il nostro sound sia un mix di diversi stili come House, Disco, Funk, Soul ecc. Ciò che ci differenzia dagli altri gruppi del nostro genere è che spesso ci approcciamo alla musica da un punto di vista di scrittura, invece che da quello di un DJ/Producer, grazie anche al nostro passato da musicisti.

Avete registrato House of Infinity a Londra, in Canada e ad Ibiza, quanto sono state importanti queste tre città per il vostro background?
Londra è la città dove ci siamo incontrati e dove è iniziato il progetto Infinity Ink. Per quanto mi riguarda, è la città più attiva e con più ispirazione del mondo per la musica elettronica, è dove abbiamo incontrato la maggior parte dei nostri colleghi e conosciuto i primi contatti che abbiamo nel mondo della musica. Solamente uno di noi due vive ancora li, ma è dove il progetto ha sede.
Entrambi partecipavamo a dei rave ad Ibiza, prima che nascesse Infinity Ink, quindi quando le cose sono iniziate ad andare bene e ci hanno chiesto di tornare, era come un sogno che diventava realtà.
Siamo stati i primi a fare unvocal setlive aDC10 e abbiamo avuto una residenza al Paraside dal 2011.
Luca si è trasferito definitivamente lì nel 2016 e ha dato vita a uno studio dove si sono svolte molte registrazioni. Ibiza è la nostra seconda casa, abbiamo una connessione profondissima con l’isola e chi ci abita.
Toronto occupa una posizione più recente nella nostra storia, la fidanzata di Luca è di lì e negli ultimi anni ci ha passato sempre più tempo, conoscendo produttori locali e lavorando in studi fantastici che hanno rappresentato gli ultimi ritocchi all’album che abbiamo registrato.

Uno di voi due è italiano, quando è stata importante la musica italiana nel vostro sound?
Una delle prime cose che ci legava era l’amore per i dischi italiani degli anni settanta e ottanta. L’Italia a quel tempo stava producendo musica che è diventata un’influenza importante negli anni successivi, diciamo che senza l’Italo Disco, l’House sarebbe completamente diversa oggigiorno. Il sound italiano era molto più fruttuoso prima rispetto ad ora, ma è comunque stata una grandissima ispirazione.

Avete suonato in grandi eventi come Glastonbury, CRSSD Festival and DGTL. Vi vedremo in altri grandi concerti, magari in Italia?
Luca si è ritrasferito in Italia e abbiamo spostato il nostro studio nella provincia di Alessandria, quindi registreremo sicuramente nuove tracce li, mentre per quanto riguarda gli eventi non ne abbiamo ancora programmati in Italia.

House of Infinityvanta collaborazioni con dei pezzi grossi delNYC underground comeMr. V and eLBee BaD, come descrivereste queste collaborazioni?
Quando abbiamo iniziato a realizzare l’album mi sono messo in contatto con alcuni artisti con cui avremmo voluto collaborare. Dato che siamo stati dei fan della loro musica per moltissimi anni, ho contattato Victor ed Elbee, a loro è piaciuta l’idea, ho mandato dei pezzi e abbiamo realizzato le tracce molto velocemente, è stato un onore avere le loro voci nel nostro album.

Quali sono i vostri progetti?
Stiamo producendo un nuovo singolo e un remix di House of Infinity, che includerà dei remix realizzati da alcuni dei nostri artisti preferiti. Ci saranno inoltre dei progetti autonomi da parte di entrambi.

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GENOVA IN 24 ORE: LA MARINA, I CARUGGI E BOCCADASSE

Conosciuta anche come “La Superba”, Genova è una città affascinante, custodita tra la montagna e il mare, frammentata tra passato e presente e crocevia di popoli e culture diverse. Famosa per essere la città natale di Cristoforo Colombo, si trova splendidamente posizionata al centro del golfo del Mar Ligure. La città ha un passato legato alla marineria e al commercio, è stata capitale per otto secoli dell’omonima Repubblica e ancora oggi ospita uno dei porti più importanti a livello italiano ed europeo. È inoltre una delle zone marittime per eccellenza da chi proviene dalla grandi città del nord Italia come Milano. Sebbene sia molto apprezzata per la sua comodità con le altre spiagge della Liguria, il capoluogo ligure offre davvero tanto da visitare e risulta  perfetta per una fuga di 24 ore.

Soggiornare all’interno del Porto Antico

Il porto non è solo un luogo di arrivi e partenze, ma può diventare la base della vostra vacanza. Al suo interno sorge l’hotel NH Collection Genova Marina, situato a breve distanza dal centro storico e a due passi dall’Acquario e dal Museo del Mare. La struttura si trova in un’area che vanta mille anni di storia e oltre venti anni di nuova vita, grazie all’intervento di riqualificazione ad opera dell’illustre architetto genovese Renzo Piano. Tra i punti forti, spicca senza dubbio l’atmosfera affascinante e suggestiva del Porto Antico che si respira dalle prime luci del giorno fino alla sera, dove presso il ristorante dell’hotel, Il Gozzo, è possibile cenare con deliziosi piatti liguri a base di pesce rivisitati in chiave moderna con contaminazioni partenopee. Il ristorante, caratterizzato da elementi in legno e colori caldi, richiama l’interno di un veliero e dispone di due terrazze perfette per le prime giornate di sole.

Ristorante Il Gozzo
NH Collection Genova Marina

 

L’Acquario di Genova

Il più grande in Italia e primo in Europa per specie animali (oltre 400 per più di 150000 animali), l’acquario di Genova, il quale vanta anche un progetto di  Renzo Piano, offre un percorso che si snoda per 70 vasche e si configura come la più grande attrazione del capoluogo Ligure. Perfetto per una visita con i bambini, ma anche per gli adulti appassionati delle meraviglie subacquee, all’interno del complesso è possibile ammirare la vasta biodiversità acquatica che lo rende un luogo unico, ma soprattutto un motivo di vanto Italiano.

Il centro storico

Con oltre 113 ettari di superficie il centro storico di Genova è uno dei centri medievali più estesi di Europa, qua è possibile perdersi nei caratteristici vicoli (Carruggi) che spesso si aprono su piccole piazzette regalando ai visitatori un’esperienza mozzafiato. Genova è un luogo dove sapori e culture si incontrano, proprio come i diversi stili architettonici del passato che si intersecano squisitamente con quelli del presente. Il giro per le botteghe storiche è obbligatorio, qua infatti è possibile imbattersi in una vera e propria celebrazione dell’artigianato made in italy e della grande cultura enogastronomica Ligure, tra fugasse, pesti e vini.

Boccadasse

Il più celebre tra gli antichi borghi dei pescatori, Boccadasse è un piccolo gioiellino tutto all’italiana. Il fascino fuori tempo di questo borgo lo ha reso, nel tempo, il luogo più amato da Genovesi e turisti. Dopo la graziosa Promenade di Corso Italia, gremita di localini e stabilimenti balneari, Boccadasse appare in tutto il suo splendore con le case colorate tipiche della tradizione Ligure, e i vicoli pittoreschi. Proprio qui era solito trascorrere del tempo e scrivere alcune delle sue canzoni il celebre cantautore Fabrizio de Andrè, ma anche Gino Paoli, il quale ha dedicato un’intera canzone a questo romantico paesino.

I Rolli Days

Dal 3 al 5 maggio 2019 riapriranno le porte gli straordinari palazzi dell’aristocrazia genovese, che dal 2006 sono Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Per un fine settimana, sarà possibile visitare gratuitamente molti degli palazzi che Rubens definì “un esempio di bellezza e magnificenza per tutta Europa”, le loro splendide decorazioni affrescate, le loro straordinarie architetture, le collezioni d’arte. Un racconto che raggiunge la Valpolcevera, un asse viario strategico e vitale per il benessere della città di Genova fin dai tempi della romana Via Postumia; un collegamento fra Genova e il Nord Italia che da sempre rappresenta un’arteria fondamentale per la città.

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IL VALORE DEL CROSSFIT SECONDO STEFANO MIGLIORINI

Ho sempre amato la competizione, sfidare i miei limiti per raggiungere degli obiettivi mi fa sentire vivo anche se la strada per raggiungerli non è mai semplice. L’insegnamento più grande che il crossfit mi ha regalato è quello di essere resilienti, nello sport e nella vita di tutti i giorni. Le gare in ambito internazionale a cui ho partecipato mi hanno insegnato a reagire sempre con lo spirito giusto e questa è una delle abilità fondamentali da coltivare. Avere la possibilità di essere di aiuto agli altri, trasmettendo la mia esperienza come coach, mi motiva a fare sempre meglio e a spingermi sempre oltre. Questo è il vero motivo per cui continuo a fare questo lavoro.

Come è iniziato il tuo percorso atletico e nel CrossFit?

Ho iniziato a fare Crossfit nel 2011, con Ernest Briganti che è tuttora il mio coach, cercavo uno sport che mi desse la possibilità di mettermi alla prova fisicamente e mentalmente, misurandomi con altri atleti.

Quali le difficoltà che hai incontrato nel tuo percorso?

Oltre alle scontate difficoltà che può incontrare un atleta nello sport in cui compete,relativamente all’impegno fisico giornaliero, le difficoltà maggiori sono state fronteggiare mentalmente tutte le sfide che si sono poste di fronte in questi anni di competizione.

Quali i momenti e traguardi che hanno segnato la tua crescita ?

Ogni situazione di difficoltà mi ha fatto maturare, rendendomi più resiliente.

Come si svolge la tua giornata tipo?

In genere divido la giornata in 2/3 sessioni di allenamento, intervallate dal lavoro come coach nel box Reebok Crossfit officine in cui passo l’intera giornata.

Quali esercizi non mancano mai nel tuo workout ?

Il bello dello sport che faccio è la costante varietà degli esercizi.

Seguo un programma di allenamento personalizzato dal mio coach sulla piattaforma di BHT LAB, dunque non mancano mai esercizi sulle mie weaknesses

La tua routine alimentare

Seguo un regime alimentare bilanciato e studiato su di me che ammonta a circa 4000kcal al giorno e che è in grado di sostenere il volume dei miei allenamenti.

Quali sono gli stereotipi e luoghi comuni legati al CrossFit 

Il luogo comune chi non conosce questo sport è che non è adatto a tutti. In realtà è perfettamente adattabile e scalabile a qualsiasi livello.

Foto di Stefano Facca

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UNA QUESTIONE DI SCHIENA: ANGELO BONOMELLI

Quella di ANGELO BONOMELLI, surfer italiano che vive in Costa Rica e che si batte per entrare nel gotha del settore, la World Surf League, proprio grazie alle sue manovre in back side. E a un’alleata potentissima: la poesia sussurrata dal mare.

«Sai qual è la verità? Che la paura del mare non te la togli mai ed è questo il bello». Come se la ride Angelo Bonomelli, 27 anni, quando gli spiego che per la prossima oretta lo tartasserò di domande su cosa si prova a fare surf perché io ho troppa fifa per farlo.

Nato in Italia, dalle parti di Varese, in realtà sulla tavola Angelo ci è salito per la prima volta in Costa Rica, dove la sua famiglia si era trasferita quando era piccolo. «Avevo sui dodici anni, ero in spiaggia con i miei amici e a un certo punto abbiamo iniziato a giocare con le onde. Tutto è cominciato per puro divertimento», spiega Angelo con dolcezza, «poi verso i sedici anni ho iniziato a fare sul serio, grazie anche a un allenatore da paura come Didier Piter (per i non esperti, un mostro sacro del surf francese, ndr)». Da lì, un crescendo di successi fino ad arrivare al titolo di campione italiano nel 2017 e campione del Costa Rica nel 2018, mentre ora è intento a gareggiare per garantirsi l’accesso alle World Qualifying Series, ovvero le qualifiche da superare per conquistare un posto nel circuito della World Surf League, la lega più importante nel settore, quella per intenderci in cui è entrato Leonardo Fioravanti. Quando non è impegnato con le competizioni in giro per il mondo, Angelo si divide tra il Costa Rica, dove passa i mesi invernali e la stagione calda, con base in Europa. E oltre ad allenarsi per vincere il più possibile, è attivo come istruttore.

In Italia il surf sta diventando più popolare, anche grazie alle sue imprese, ma forse cè una visione un po’ stereotipata del settore, un immaginario fatto di mare, sole e gran feste sulla spiaggia di sera intorno a un fuoco: è davvero tutto così idilliaco?

«Questo è un ambiente rilassato, il che non significa che non ci si debba mettere d’impegno. Io mi alleno almeno tre o quattro ore al giorno e le sensazioni sono sempre diverse. C’è la volta in cui tutto fila liscio, ti rilassi e pensi solo a essere con l’onda, ma capitano anche i momenti no. La mia fortuna però è che, anche se il surf per me è diventato un lavoro, non ho perso la poesia. Quanto ai surfer italiani, hanno tutto il mio rispetto».

Perché?

«In Costa Rica il mare è sempre caldo ed è facile avere le condizioni giuste per salire sulla tavola. In Italia bisogna essere dei veri appassionati per sopportare la calma forzata dell’estate e il freddo dell’inverno: ci vuole fegato per buttarsi in acqua quando il termometro va verso lo zero, ma ne serve ancora di più per uscire fuori, con l’aria che ti gela le mani. Credo che “Non mollare mai” possa essere il loro motto».

In Italia dove ha trovato le onde più belle? E allestero, invece?

«Lungo tutta la costa sarda ci si può divertire, mentre uno dei miei posti preferiti nel mondo è l’Australia, se si tralascia il piccolo dettaglio che mentre sei in acqua tu, ci sono pure gli squali. L’Indonesia è un altro luogo particolare, anche perché spesso la gente del luogo non parla inglese, quindi bisogna trovare il modo per comunicare. Io mi sono arrangiato benissimo con le mani».

Qual è laspetto più faticoso del suo mestiere?

«Spostare le tavole! Detta così sembra una battuta, ma non è per niente semplice volare da un continente all’altro con tutto l’armamentario al seguito. E anche una volta arrivato, magari ti tocca di camminare per lunghi tratti con la tavola in mano, la logistica di un surfer è una faccenda complicata».

Cosa si prova a competere con i più forti?

«Il bello delle gare di alto livello è che puoi incontrare i big names e chiacchierarci. Uno dei momenti più gratificanti è quello del free surf, quando si entra insieme in acqua per riscaldarsi, poi però arriva la gara e in quei venti minuti non fai sconti a nessuno. Certo se sai di essere primo, ti puoi permettere di aiutare un amico, ma altrimenti devi mettere in atto tutte le tue tattiche».

Cè una situazione in cui si sente davvero un drago?

«Con le manovre di schiena direi che me la cavo alla grande, sono i voli che a volte mi fanno un po’ penare, ma si può sempre migliorare».

A parte i casi disperati, come il mio: paura atavica di non riuscire a ritornare in superficie. Per gente come me il surf resterà sempre e solo un sogno.

«In Costa Rica si fa pratica con onde di mezzo metro e con la tranquillità di poter sempre mettere i piedi a terra, se le cose proprio girano male. Sono convinto che nel posto giusto, tutti abbiano la chance di prendere confidenza con la tavola e di godersi le sensazioni incredibili che il mare regala. Niente è impossibile».

 

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BEAUTY TIPS: LA CURA DELLA BARBA

Ora che il grooming – la cura di barba e capelli per l’uomo – ha rotto il taboo per cui la bellezza sia di esclusiva pertinenza femminile, anche gli uomini hanno iniziato davvero a prendersi cura del proprio aspetto, partendo dalla base: creme per il viso, tagli innovativi o vintage, barba hipster o rasata ogni giorno. Lo sa bene Sali Avdija, che da anni cura l’estetica maschile nell’angolo barberia di Merci à Vous, l’hair boutique di Mayra Cassano, nata con una duplice identità: salone di bellezza, per la tipologia di servizi offerti, che esplorano il benessere in tutte le sue forme, ma anche club, grazie al proposito di proseguire la tradizione storica del salotto meneghino di fine Ottocento, rispondendo all’esigenza di socialità e arricchimento culturale di tutte le persone che vi transitano. Sali pratica la rasatura con il rasoio a lama singola, coccolando i clienti con panni caldi, oli essenziali e l’insaponatura a pennello, per far riscoprire l’antica tradizione artigiana della barberia da cui ha appreso la propria arte. Ecco i suoi consigli!

THE RIGHT TOOLS

Il migliore alleato per una barba perfetta è ovviamente il rasoio. Va scelto di ottima qualità e con più pettini a disposizione, così da poter regolare ogni parte nel modo più idoneo. Soprattutto durante i cambi di stagione, quando la barba tende a essere più crespa, è poi consigliabile pettinarla con una spazzola di seta per renderla più morbida, distribuire l’eventuale olio utilizzato su tutto il pelo e massaggiare la cute.

BE PATIENT

Far crescere la barba non è semplice come sembra. Si ha bisogno di molta pazienza per farla arrivare alla lunghezza desiderata e per superare le scomode vie di mezzo. Il segreto è pulire la barba più spesso, soprattutto durante il primo mese. Avere la barba lunga non significa infatti abbandonare qualunque visita dal barbiere: va regolata di tanto in tanto per mantenerne la forma ed evitare l’effetto crespo.

TAKE CARE

Durante il giorno la barba tende a diventare oleosa e ad assorbire alcuni cattivi odori, come il fumo. L’ideale è lavarla almeno un paio di volte al giorno: in casa, al mattino e a sera, con l’aggiunta di uno scrub apposito e in ufficio, magari in pausa pranzo, con della semplice acqua tiepida.

THE BEST PRODUCTS

Per la rasatura quotidiana è consigliabile utilizzare saponi da barba professionali, distribuendoli con un pennello capace di ammorbidire il pelo e la pelle, per facilitare il passaggio della lama e prevenire le irritazioni. Un piccolo trucco è idratare la barba con una semplice crema idratante neutra, per eliminare il crespo e renderla più morbida, a cui si possono aggiungere poche gocce di oli essenziali per profumarla, come la lavanda, il sandalo o il lemon grass.

 

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Test antidroga dei capelli: tempistica e livelli di cut-off

I test antidroga dei capelli sono tra le principali metodologie di analisi scelte per appurare la presenza o meno di sostanze stupefacenti nell’organismo umano. La loro efficacia arriva al 100%.  È noto, ormai da tempo, che le sostanze stupefacenti e i loro metaboliti si incorporano nella matrice cheratinica durante il processo metabolico e ivi permangono per lunghi periodi di tempo.

Data la stabilità con cui le droghe si depositano nel capello, un abuso di sostanze stupefacenti ed anche di alcool può essere rilevato anche molto tempo dopo, proporzionalmente alla lunghezza del capello stesso. La lunghezza del capello condiziona, infatti, il tempo passato a cui si può risalire: ogni centimetro di lunghezza corrisponde ad un periodo di circa 30 giorni. L’esame del capello è anche molto sicuro perché non esiste possibilità di adulterazione del campione.

Come si esegue l’analisi del capello?

L’analisi del capello viene effettuata su di una ciocca di capelli del diametro di circa 0,3 cm prelevata possibilmente dal vertice superiore della nuca, avendo cura di posizionare le forbici il più possibile vicine al cuoio capelluto. È indispensabile che l’esame del capello venga eseguito con metodiche di cromatografia accoppiate a spettrometria di massa. È inoltre possibile effettuare un’analisi porzionata dei capelli prelevati, al fine di descrivere con maggiore precisione la storia di abuso del soggetto sottoposto all’esame.

Con il test del capello si possono evidenziare tracce delle seguenti sostanze illegali: marijuana, cocaina (incluso crack), oppiacei (inclusa eroina, morfina e codeina), ketamina, anfetamine, metamfetamine e MDMA; vengono verificati anche gli abusi di alcool. Il test consiste nell’analizzare una ciocca di capelli, polverizzata e sciolta in solventi, attraverso la già citata Gas Cromatografia/Spettrometria di Massa.

A richiedere il test antidroga del capello sono diverse fasce sociali e lavorative: dagli accertamenti medico-legali quali commissione medica per patenti, casi di adozione o per l’acquisizione del porto d’armi, a genitori preoccupati per i propri figli. Il campione di capelli viene considerato positivo per la sostanza ricercata se la concentrazione di quest’ultima risulta superiore allo specifico valore di cut-off di seguito indicato:

  • Cocaina: 0.2 ng/mg
  • Benzoilecgonina: 0.05 ng/mg
  • Oppiacei e metaboliti: 0.5 ng/mg
  • Cannabinoidi: 0.1 ng/mg
  • Amfetamine e analoghi: 0.5 ng/mg
  • Metadone e metaboliti: 0.5 ng/mg
  • Buprenorfina: 0.05 ng/mL.

 

Un esame sicuro ed efficace quello del capello, che permette, con massima efficacia, di accertare l’uso e l’abuso di sostanze stupefacenti.

THOM BROWNE: LO STILISTA DELLO SPORT

E’ un legame forte e autentico quello che lega Thom Browne al mondo dello sport. Dopo aver vestito il cestista statunitense LeBron James e la squadra dei Cleveland Cavaliers, ora il designer è impegnato nella realizzazione delle divise formali della squadra di calcio del Barcellona.Inoltre di recente ha anche lanciato una capsule collection dedicata al golf, che sviluppa la serie a tema sportivo introdotta per la prima volta dalla Collezione Tennis.
Come racconta lo stesso Thom Browne: “Vengo da una grande famiglia in cui tutti sono stati coinvolti nello sport. E’ stato da sempre parte della mia vita. Quando eravamo piccoli, i miei fratelli e sorelle giocavano a basket e a baseball. Io e mia sorella praticavamo il nuoto. Io stesso corro ogni giorno. Lo sport è parte della mia vita. Gli atleti professionisti sono per me una grande fonte di ispirazione. Aspirano tutti a essere la versione migliore di loro stessi, come ad esempio LeBron James o Rafael Nadal. Il percorso di coloro che riescono a diventare veri campioni è davvero stimolante “.

Thom Browne

Il marchio è cresciuto molto negli ultimi anni grazie a una direzione molto precisa che ha ridefinito il codice dell’eleganza maschile con nuove proporzioni: maniche della giacca e rever più corti del solito, slim fit, shorts al posto dei pantaloni sartoriali per confezionare un completo elegante, orli e pieghe dei pantaloni stranamente alti. E poi le collaborazioni dedicate allo sport unite a un linguaggio spesso di rottura, come si vede nei suoi show spettacolari. Dal 2016 Rodrigo Bazan è diventato CEO di Thom Browne, sviluppando una strategia che ha portato il brand a crescere sui mercati internazionali tanto da diventare appetibile per un gruppo come quello di Ermenegildo Zegna, che ha di recente acquistato la quota di maggioranza della società all’85%, con Browne come unico shareholder. Bazan, nato in Argentina da padre spagnolo e madre italiana, vanta un percorso davvero importante in aziende del Gruppo Gucci, poi come direttore finanziario di McQueen, a Londra (a soli 27 anni) fino ad arrivare a dirigere gli affari europei di Marc Jacobs e alla direzione nel 2010 di Alexander Wang. Per Thom Browne ha creato una strategia di espansione che vede al centro il collegamento diretto con il consumatore. Oggi grazie alla sua esperienza il marchio è disponibile in 300 punti vendita nel mondo per l’uomo, e 200 per la donna. In termini di negozi, tra flagship store e concessioni in Giappone o in Corea, l’azienda conta ora ben 29 monomarca.

Rodrigo Bazan

“Il successo di Thom Browne raggiunto nei primi dieci anni ha lasciato tutti senza parole, non si faceva altro che parlare di lui. La creatività, l’artigianato, l’alta qualità del prodotto, la consistenza. Tutti messaggi molto chiari. Ho trovato una situazione unica da cui partire. Per crescere ho pensato a un sistema direct consumer tramite negozi monomarca e online store. Una strategia omnichannel capace di preservare le caratteristiche del prodotto. Abbiamo imparato molto dal retail. Creatività, espressione del marchio e prodotto sia nell’ uomo che nella donna. Ora l’obiettivo è portare i fatturati uomo e donna allo stesso livello. E poi ho implementato la comunicazione con forte attenzione al digital, un altro pilastro molto importante“ ha dichiarato Rodrigo Bazan.

E sulle diverse collaborazioni con il mondo dello sport spiega lo stesso Bazan: “Thom nutre una grande ammirazione per gli atleti, che per lui sono quasi più importanti delle celebrities. Quando facciamo loro indossare il completo sartoriale Thom Browne nasce un contemporary look dal risultato perfetto. Lo stesso quando abbiamo vestito i giocatori del Barcelona. Per noi vestire gli atleti è stata la dimostrazione che i capi andavano oltre ciò che si vede in sfilata. Le collaborazioni sportive di non sono guidate da un marketing plan. Nel caso di LeBron James tutto è nato da un incontro con l’NBA. Nel caso del Barcellona ci hanno contattati loro perchè erano alla ricerca di un partner. E la loro cultura di vincere come team è molto simile a quella di Thom. Ci interessava dare priorità ai giocatori e alla squadra.Oggi i giocatori li vestiamo anche nella vita privata. E gli atleti sono perfetti ambassador. Per quanto riguarda il golf e il tennis, sono due sport molto cari a Thom. Per il Salone del Mobile aveva creato una collezione capsule da tennis che ha avuto un enorme successo. Poi da un viaggio in Corea è nata l’idea del golf”.

Oggi il brand, grazie all’acquisizione del Gruppo Zegna, che sostiene a pieno la strategia sviluppata da Bazan, ha tutte le carte in regola per conquistare il mercato menswwear, anche grazie al distillato equilibrio tra sportswear e tailoring di nuova generazione.

 

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VELOCE COME TORTU

Veloce, corre veloce Filippo (Pippo per gli amici), lo capisce anche chi non segue l’atletica o non legge dei suoi record (da leggenda) a 20 anni. Lo capisce chi lo guarda in quello “scatto” armonioso della campagna pubblicitaria di Fastweb. Nessun italiano è oggi più “fast” del brianzolo che è stato anche eletto uomo dell’anno agli Awards 2018 della Gazzetta dello Sport. Pippo, velocista azzurro è stato il primo italiano a correre sotto i 10 secondi i 100 metri piani, con 9’99 lo scorso giugno a Madrid ha battuto il record da sempre proprietà di Mennea. Atleta delle Fiamme gialle, in dicembre ha fatto incetta di premi e riconoscimenti. Ma sarà il 2019 l’anno della sua conferma, tra gare indoor, Mondiali di staffetta di Yokohama, Golden Gala e soprattutto i Mondiali di Doha ad ottobre.

Hai avuto un fine anno intenso, tra riconoscimenti, premiazioni e serate di gala, ma senza abbandonare la pista, avverti di più l’adrenalina quando sali su un palcoscenico per essere premiato a quando sei in gara?

In entrambi i casi, anche se sono due cose diverse. L’adrenalina che si sviluppa in gara è decisamente dovuta ad una grande sensazione di incertezza, non sai come andrà a finire. Quando invece ricevi un premio quella sensazione scaturisce dalla soddisfazione, che si trasforma in orgoglio per quello che ti viene riconosciuto.

Ti senti uno da “gran serata”? Come gestisci questo tipo di eventi?

Amo molto lo sport in tutti i sensi per cui mi piace vedermi sullo stesso palcoscenico insieme ai grandi campioni, mi piace sentirmi uno di loro.

Se ti chiedessero di scegliere tra l’andare in un ristorante stellato o una semplice pizzeria per quale opteresti?

Con gli amici assolutamente la pizzeria, mentre con la famiglia scelgo il ristorante stellato, i miei sono amanti della cucina raffinata.

Il tuo look preferito?

Sono uno dai gusti classici, mi trovo bene in giacca e camicia oppure con magliette semplici, jeans e scarpe sportive. Non sento il bisogno di essere sempre alla moda, non mi piacciono maglie lunghe e pantaloni strappati, non me li sento proprio.

Hai chiuso il 2018 capeggiando un bel numero di giovani atleti in molte discipline

Si, ci stiamo muovendo bene, ci sono molti giovani bravi. Una su tutti sicuramente Simona Quadarella, (argento 800sl campionati del mondo vasca corta ndr), ha ottenuto risultati stratosferici. Credo sia l’inizio di una nuova era di sportivi, senza togliere nulla a campioni come Nibali, per citarne uno.

Ma i record sono ormai tutti dei giovanissimi…

Speriamo

Il 2019 è pieno di aspettative?

Direi di obiettivi, che non mi mancano. Sono concentrato ed ho molta voglia di gareggiare. Farò qualche gara indoor tra gennaio e febbraio e poi a maggio inizierà la stagione vera e propria, ci sarà la staffetta in Giappone. Sarà un anno particolare con i campionati del mondo ad ottobre a Doha che è l’appuntamento clou. Confesso che ho molta voglia di affrontare soprattutto i 200 mt che torno a correre dopo lo scorso anno. I più faticosi sono sempre i 100 mt, ma ora sto preparando tutti e due e la fatica va avanti di pari passo. Sto rafforzando quanto fatto lo scorso anno puntando a mantenere stessa forza e potenza sia a destra sia a sinistra, a non creare scompensi.

A giugno scorso i giornali recitavano: “Filippo Tortu ‘9 99 nei 100, batte Mennea: è il più veloce nella storia italiana”. Come vivevi Pietro Mennea prima di batterne il record?

Come continuo a viverlo anche ora: esempio e leggenda dello sport. E poi, naturalmente, sapendo che lui aveva preso anche 4 lauree. Io sto frequentando la Luiss, l’università dove c’è una borsa di studio intitolata a lui. Per me un modello da seguire non solo in pista.

Come te la cavi tra studi e allenamenti?

Quando aumentano gli impegni è sempre più complicato studiare ed essere in giro per gareggiare, ma con uno sforzo maggiore si può fare. Sono iscritto ad Economia, non ho dubbi laurearmi è una cosa cui tengo.

Tra gli atleti del passato e del presente chi ti appassiona di più?

Livio Berruti per il passato, per il modo in cui intende lo sport, lo viveva in maniera spensierata ma professionale, in modo da divertirsi in tutto quello che faceva. Sebbene la mia generazione sia profondamente diversa io mi sento più simile a loro, a Berruti in particolare. Poi di oggi mi piacciono Armand Duplantis (18enne prodigio svedese) oro nel salto con l’asta, lui è un fenomeno mondiale.

E sui 100 mt avverti rivali?

Non sento rivali e quando sono in pista penso solo a me stesso ed ai miei risultati, e non presto attenzione agli altri, li guardo e non provo rivalità, mi piace l’agonismo.

Ti allena Salvino, tuo padre, non sempre avere un familiare stretto come allenatore è cosa semplice, come funziona il vostro rapporto?

Ci rapportiamo in maniera diversa, quando siamo sulla pista oppure quando siamo a casa. In pista io sono atleta e lui allenatore, riusciamo a interagire molto bene, senza sforzo in maniera naturale. Ma anche fuori abbiamo un bel dialogo. Sono fortunato a poter passare tanto tempo con mio padre ed è un ottimo tecnico dal punto di vista professionale, ho fortuna doppia.

Entrambi siete dei grandi consumatori di sport…

Beh la passione l’ho presa da lui, pensa che siamo appassionati anche di freccette. Ci piace vederne il livello di preparazione, osservare la tecnica e rispettare il talento di tutti gli sportivi. Ogni disciplina richiede competenza e sforzi.

La musica è una delle tue passioni e Patty Pravo, non è un mistero è il tuo mito. Da dove nasce?

Ascolto musica italiana da quando ero piccolo, e da adolescente mi è piaciuto approfondire alcuni cantautori italiani, infatti Lucio Battisti è il mio preferito. Hanno fatto pezzi che mi emozionano ogni volta che li ascolto, e seppure non sembrano brani che possano caricare io li sento prima delle gare e mi fanno un gran bene. Ascolto anche il rock, adoro i The Struts.

 

 

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LA STORIA DI UN CAMPIONE: ANDREW HOWE

Andrew Howe, atleta statunitense naturalizzato Italiano ed appartenente all’Aeronautica Militare, nasce a Los Angeles per poi arrivare in Italia con la mamma che lo allenerà sin da piccolo nella città di Rieti. Come dice lui non conosce la fatica, i traguardi raggiunti lo hanno portato ad un considerevole numero di medaglie, che ne fanno un vero e proprio orgoglio nazionale. Le sue doti non le dimostra solo in campo, infatti abbiamo imparato a conoscerlo meglio nelle sue apparizioni televisive dove carisma e humor lo hanno contraddistinto sin dal primo momento.

 

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Sei nato a Los Angeles e poi sei arrivato in Italia, com’è andata.

Mia madre, atleta anche lei, sognava ancora le olimpiadi di Barcellona, quindi non a caso, ha preceduto il mio arrivo a Rieti per fare un sopralluogo, e poi l’ho raggiunta anch’io. La città non è stata scelta a caso in quanto desiderava trovare un’atmosfera dove si potesse respirare l’atletica, avevo solo tre anni e mezzo, e ricordo ancora quanto mi mancasse il sole della California all’inizio. Il primo ostacolo è stata la barriera della lingua, ma piano piano mi sono inserito. Sin da piccolo ho imparato ad essere poliedrico nello sport, quindi ho provato un po’ tutto, poi la vita mi ha portato a scegliere l’atletica leggera passando dalla 100×1000 alla 100×300 e tante altre.

Invece tuo padre l’hai conosciuto quando eri già grande.

Avevo sedici anni quando ho incontrato mio padre, anche lui atleta, eravamo in contatto, ma internet non aveva ancora preso il sopravvento delle nostre vite, quindi era molto più complicato anche solo il sentirsi. Mia madre è stata davvero una donna eccezionale. In quanto è sempre stata molto onesta con me, ed altrettanto lui, nonostante io sia stato cresciuto dal suo secondo marito Ugo Besozzi, anche lui atleta, devo dire, che alla fine sono davvero uguale a mio padre caratterialmente. Il DNA non mente mai. 

La tua specialità in questo momento è?

Nella vita di uno sportivo ci sono sempre tanti cambiamenti, ad esempio quando ho avuto la frattura del tendine nel 2011, sono stato obbligato a modificare alcune cose, oltre allo stop obbligatorio per un certo periodo. E poi sono fermamente convinto che cambiare faccia bene quindi quest’anno mi sto dedicando ai 200 ed i 400 mt, vedremo che succederà.  

Che cos’è la fatica per te? 

Posso dire in tutta sincerità che io amo la fatica, quando sento le persone lamentarsi continuando a ripetersi che non ce la fanno, io non li capisco davvero, per me non esiste, so solo che per me è uno stimolo a fare meglio. Anzi se non la sento, mi dico che forse c’è qualcosa che manca.

La sfida più difficile che hai dovuto affrontare nella tua vita qual è stata?

Sicuramente è stato due anni fa, quando andai ad allenarmi in Svezia, dopo un periodo in cui stavo pensando seriamente di smettere. Tante situazioni non andavano per il verso giusto in quel momento, ma quando sono rientrato in Italia ed ho messo piede sul campo mi son detto: “Ma chi me lo fa fare di smettere, io voglio solo correre!” Devo ringraziare Fabrizio Donato, che mi ha allenato per due anni, e mi ha trasmesso stimoli nuovi, soprattutto nella dieta, che è sempre stata alla base per me, ma con lui l’ho potuta portare a livelli altissimi. Mi confessa che il “Kinder Bueno” purtroppo non rientrava nel regime alimentare.

Ti sei mai detto questo è impossibile non ce la posso fare davvero. 

Non l’ho mai fatto e non lo farò mai, mi hanno insegnato che se credi di poterlo fare, lo fai e basta, senza precluderti mentalmente con un’idea negativa.

Il momento più bello della tua carriera qual è stato?

Ce ne sono stati tanti, ma di sicuro il secondo posto ai campionati del mondo ad Osaka, o vincere i 200 mt al Golden Gala, ma poi alla fine siccome non ho ancora finito di correre voglio pensare a tutti quelli che arriveranno.

Come tutti i lavori agonistici non sarà per tutta la vita, hai già un piano B per cosa farai dopo?

Ho tante idee, forse troppe, non saprei nemmeno dire se possa essere un bene o un male, sicuramente allenare ed aiutare lo sviluppo di nuovi talenti, oppure cambiare radicalmente e buttarmi nel mondo della televisione, in quanto mi sono sempre divertito tantissimo in tutte le esperienze che ho fatto come ad esempio “Ballando con le stelle”. È un mondo che visto dall’esterno sembra gigante ma in verità è piccolissimo e tutti mi conoscono, però non nascondo che mi affascina.

Secondo te qual è la tua forza più grande?

Il mio sorriso in qualsiasi momento, anche i più brutti.

 

 

Ph Davide Musto 

Stylist Stefania Sciortino

Assistente fotografo Federico Taddonio 

Assistente Stylist Rosamaria D’Anna

Grooming Chiara Tipaldi per Simone Belli agency

 

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10 PARCHI DA SCOPRIRE IN ITALIA

Nel 2050, secondo le stime dell’ONU, il 68% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Tra i motivi di questo spostamento verso le grandi città ci sono le opportunità in ambito formativo e professionale, l’offerta culturale e le numerose attività dedicate allo svago. Una vita urbana non presenta però solo vantaggi. Il ritmo frenetico e lo stress quotidiano possono scaricare velocemente le energie. Per questo motivo Holidu, motore di ricerca per le case vacanza, ha analizzato le recensioni di Google al fine di individuare la top ten dei parchi urbani sul territorio italiano, il posto ideale per staccare la spina dalla vita frenetica della metropoli e dedicarsi ai propri hobby, lo sport oppure una semplice passeggiata. Ecco la classifica dei più belli del nostro Paese.

  1. Giardino degli Aranci, Roma

Il Giardino degli Aranci può avvalersi di un’area verde di circa 7.800 m² impreziosito da numerosi alberi di arancio profumati. Si trova sul colle Aventino e percorrendo il viale in mezzo al parco, si raggiunge il belvedere dove è possibile meravigliarsi con la vista del panorama sulla capitale.

  1. Parco di Monza, Monza

Il Parco di Monza, situato a nord della città, rappresenta uno dei maggiori parchi storici europei e il più grande circondato da mura. Il parco, realizzato per volontà dal figlio di Napoleone come riserva di caccia, nel corso degli anni è stato più volte ampliato e ad oggi è circondato da 14 km di mura.

  1. Real bosco di Capodimonte, Napoli

Motivo di orgoglio per la città di Napoli, Il Parco di Capodimonte vicino all’omonima reggia offre ai visitatori ben 124 ettari di verde e svariati edifici che in passato vennero utilizzati da principi e re.

  1. Parco degli Acquedotti, Roma

Secondo parco in classifica per la nostra capitale. Il Parco degli Acquedotti deve il suo nome ai sette acquedotti risalenti all’epoca dell’Antica Roma. La bellezza di questo parco è stata apprezzata e utilizzata anche in campo cinematografico, ad esempio appare come set nel film La dolce vita.

  1. Parco di Villa Ghigi, Bologna

Anche se lontano dal centro di Bologna, il parco attrae molti visitatori. Dal Parco di Villa Ghini si gode di una vista molto suggestiva ed è possibili osservare una grande varietà di flora, anche esotica.

  1. Parco della collina di Superga, Torino

Il Parco naturale della collina di Superga è stato istituito nel 1991 per promuovere il territorio attraverso la valorizzazione, a livello turistico, della floristica e delle strutture architettoniche che contiene.

  1. Parco del Gianicolo, Roma

Questo parco, posto sull’omonimo colle romano, è famoso per la sua Passeggiata. Presente anche una statua dedicata a Giuseppe Garibaldi che si trova nella piazza (a lui dedicata) adiacente al parco e il Cannone del Gianicolo, che ogni giorno alle ore 12:00, spara un colpo.

  1. Parco Giacomo Leopardi, Torino

Probabilmente è il parco meno conosciuto rispetto agli altri in classifica. Il Parco Giacomo Leopardi ha la caratteristica di contenere tra la sua natura anche dei rifugi antiaerei che risalgono alla Seconda Guerra Mondiale.

  1. Parco Sempione, Milano

Famosissimo invece è Parco Sempione. Prende il nome dal corso Sempione e si trova poco distante dal Castello Sforzesco, rendendolo una frequente meta turistica milanese. La flora del parco è molto variegata e valorizzata attraverso alcuni percorsi botanici.

  1. Parco del Valentino, Torino

Ultimo dei parchi in classifica. Il Parco del Valentino di Torino, chiamato anche semplicemente “Il Valentino”, è una bellissima area verde che ospita al suo interno il Castello dei Savoia, certificato come patrimonio UNESCO.

 

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A NEW RISING STAR: MAX IRONS

Trentatré anni, figlio del Premio Oscar Jeremy Irons e una carriera avviata come attore. È Max Irons, attore britannico formatosi alla Guildhall School of Music and Drama, il cui debutto professionale in “Wallenstein” di Friedrich Schiller al Chichester Festival Theatre gli è valsa la nomination al prestigioso Ian Charleson Award. La sua carriera da attore è costellata di successi internazionali, come “Red Riding Hood” a fianco di Amanda Seyfried e Gary Oldman, il suo ‘Tommy nel thriller “The Runaway” nominato agli Emmy, o il suo ruolo come re Edoardo nella serie televisiva della BBC/STARZ “The White Queen” candidata ai Golden Globes, solo per nominarne alcuni. Tra gli ultimi progetti ricordiamo la serie spy “Little Drummer Girl” basata sul romanzo di John le Carré, dove Max interpreta Al, sotto la regia di Park Chan. Quest’anno sarà protagonista in “Condor”, una serie drammatica di dieci episodi, in cui il personaggio del giovane attore è ispirato al ruolo iconico di Robert Redford nel thriller politico “Three Days of the Condor” del 1975, su cui si basa la serie, in uscita a giugno negli Stati Uniti. Comparirà anche in “Terminal”, un thriller noir scritto e diretto da Vaughn Stein, prodotto e interpretato dalla candidata al Premio Oscar Margot Robbie, in cui Max è il sicario Alf. Ad agosto negli USA, Max è apparso come David Castleman nel film indipendente “The Wife”, scritto da Jane Anderson e basato sul romanzo omonimo di Meg Wolitzer, dove recita al fianco di Glenn Close, Jonathan Pryce e Christian Slater. Ha inoltre prestato il suo volto per marchi come Burberry e Mango. Personaggio affascinante e molto riservato, Max Irons non è un fan dei social network e si dichiara molto geloso della sua privacy. In questa intervista esclusiva scoprite i suoi prossimi progetti e l’editoriale scattato nella sua amata Londra.

Quando hai deciso di diventare attore?

Ho deciso di diventare attore quando frequentavo la scuola d’arte drammatica.  Ho diretto e recitato in un piccolo lavoro teatrale chiamato Gaggle of Saints, che è un atto unico del drammaturgo Neil LaBute. Ho quindi insegnato teatro per un anno e da lì ho avuto la conferma che era quello che volevo fare. Inoltre, se riesci a superare i tre anni di scuola di recitazione e ti diverti ancora, allora stai facendo la cosa giusta.

Come è stato il tuo percorso di formazione alla scuola di arti drammatiche Guildhall?

Intenso, terrificante ma illuminante allo stesso tempo.

Come è andata la tua prima esperienza e apparizione come attore?

Esilarante e spaventosa in egual misura.

Chi sono i registi che ti hanno maggiormente ispirato? Con chi ti piacerebbe lavorare in futuro?

Steven Soderbergh, Francis Ford Coppola, David Fincher, Christopher Nolan, Mike Nichols, Martin Scorsese e Stanley Kubrick, giusto per citare qualcuno.

Ti dividi tra serie tv e cinema, come selezioni i tuoi progetti?

Non c’è una formula fissa, valuto caso per caso. Dal cast coinvolto, la sceneggiatura, la storia della parte, è una combinazione di una serie di cose.

Quest’anno hai interpretato Joe Condor nel film Condor e il tuo personaggio si basa sul ruolo di Robert Redford. Come ti sei preparato per questa parte e quale è stata la tua esperienza?

 Fare una parte resa famosa da Robert Redford è una cosa che può intimidire, ma è anche un onore essere invitato a farlo. Tuttavia, anche se è importante rispettare ciò che è venuto prima, bisogna prendere e imparare quello che puoi e rielaborarlo perché che non ha senso cercare di emulare una determinata performance. Il fatto stesso che sei tu a interpretare la parte lo rende diverso e quindi ti permette di ampliare la tua comprensione del personaggio liberamente. Inoltre, lo scenario della nostra versione di Condor è diverso a causa dell’ambiente geo-politico estremamente mutevole in cui ci troviamo.

La tua performance in The Riot Club ha avuto grande successo ma allo stesso tempo ha creato scalpore, come descriveresti questa esperienza?

 The Riot Club è stata un’esperienza fantastica su più livelli. Lavorare con un giovane cast di attori inglesi e avere Lone Scherfig, una regista danese che racconta un inglese è stato molto entusiasmante.

Hai recitato anche il ruolo chiave di Edoardo IV nella serie storica The White Queen. Com’è lavorare su personaggi storici?

 The White Queen è ambientato durante il periodo storico della Guerra dei Roses, un momento affascinante e ricco di storia. Un’enorme quantità di risorse da cui attingere.

Esaminando la tua carriera, e tra i numerosi ruoli recitati quali sono per pietre miliari per te? Quali sono i film o le serie che rappresentano i punti di svolta per la tua crescita come attore?

 Farragut North, una commedia che ho fatto al Southwark Playhouse e al Riot Club

Quali sono i luoghi in cui ti rilassi e ti ricarichi?

Mi piace andare in bici, ma amo anche l’arrampicata. Mi piace molto anche la Grecia.

 

Il tuo ultimo viaggio che hai nel cuore?

Visitare Maiorca in bici

L’ultimo film che hai visto e ti ha ispirato?

Hereditary. Mi piacciono i film di paura e questo è estremamente bello.

Vivi a Londra o New York?

Londra, mentre prima vivevo a New York.

Hai un forte legame con Londra, quali sono i tuoi luoghi  preferiti della città?

Mi piace andare ad Hampstead Heath e al Borough Market

Raccontaci come è stato l’anno scorso e cosa c’è nel tuo futuro.

Il 2018 è stato un anno molto intenso, sono usciti al cinema ben due film: Terminal e The Wife. Ho recitato anche nella serie della BBC/AMC The Little Drummer Girl basato su un racconto di John Le Carrè. Nel 2019 tornerò a recitare nella seconda stagione di Condor. Non vedo l’ora!

Quali sono i piani per la tua carriera?

Continuare a lavorare, imparare da chi mi sta intorno e non perdere la prospettiva, cercando di divertirmi sempre mentre lo faccio. Il segreto è tutto lì.

 

 

 

 

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TAGLIO DI STAGIONE

Archiviata quasi definitivamente la moda del look hipster con barbe extra folte da curare e ciuffi scolpiti con rasature vertiginose, diamo il benvenuto alle colorazioni per barba e capelli (ovviamente senza esagerare) con tonalità naturali per nascondere i primi capelli bianchi oppure per intensificare il proprio colore naturale. Le fiale anti-caduta invece, si rinnovano trasformandosi in rituali per purificare ed esfoliare il cuoio capelluto. Insomma la scelta è ampia, ma  l’importante è rispettare  la tempistica. L’uomo sempre di corsa non ha tempo di attendere che la colorazione faccia il suo effetto e vuole che il trattamento sia veloce ed efficace. Ecco tre nuovi indirizzi da provare subito:

 

Essenza minerale da Marchina Hairstyling

Presso lo storico salone milanese situato in Corso Venezia nel centro pulsante della città, scopriamo un trattamento cosmetico completo a pH 4.5 adatto a tutti i tipi di capelli e cute in grado di annullare l’effetto elettrostatico e ristrutturare gli steli, eliminando il fastidioso prurito causato da agenti atmosferici e chimici come colorazioni e decolorazioni. Un rituale detossinante in fiale, formulato con Magnesio e Zinco, che purifica in profondità e aiuta la cute a ritrovare il giusto equilibrio, per capelli leggeri e luminosi. La chioma resta lucente e morbida anche i giorni successivi al trattamento.

Un tocco di colore da Gum Salon

Da sempre molto amato dal pubblico maschile, il salone ci propone nuove combinazioni di colori naturali per nascondere i primi capelli bianchi, oppure per  intensificare il proprio colore naturale:

MAN SINGLE COLOR : L’applicazione di colore semipermanente che colora leggermente in modo naturale, senza coprire totalmente. Sfuma dopo una ventina di lavaggi, evitando l’effetto “ricrescita” e senza tirar fuori riflessi rossicci

MAN DAFT COLOR: Tonalizzante che va a spegnere il giallo dei capelli bianchi, per ottenere un effetto naturale sale e pepe

BEARD COLOR: Applicazione di colore semi permanente sulla barba, che colora leggermente in modo naturale. Questo servizio è consigliato per chi vuole coprire i capelli bianchi, ravvivare il colore naturale della barba o neutralizzare il giallo causato dal fumo.

 

Un taglio “trap” da Orea Malià

Precursore tra i parrucchieri più innovativi della città, è famoso per aver curato l’immagine di numerosi artisti. Vanta la collaborazione con il mondo del cinema, della televisione e con varie istituzioni accademiche quali il DAMS di Bologna o la Statale di Milano. Nello store di via Marghera, troviamo un corner interamente dedicato all’uomo per la cura di barba e capelli. I più audaci possono sperimentare le nuove proposte firmate da Marco (fondatore e titolare di Orea Malià) che si ispirano ai look dei cantanti del rap e del trap.

 

 

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VIVIENNE WESTWOOD: LA DAMA RIVOLUZIONARIA.

Iconica, punk, rivoluzionaria e controcorrente, nel corso degli anni Vivienne Westwood ha dato vita ad uno stile unico che si sposa perfettamente con il suo attivismo. Lo scorso 20 febbraio è uscito nelle sale cinematografiche “Westwood. Punk. Icona. Attivista” diretto da Lorna Tucker e distribuito da Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema, un intimo ritratto dell’iconica designer britannica. Ma perché Vivienne Westwood è così importante?  Ecco i cinque motivi per cui designer britannica è diventata un’icona destinata a rimanere per sempre tra i nomi che hanno rivoluzionato la moda.

Ha lanciato lo stile Punk nella moda.
Proveniente dalla Working Class Inglese, Vivienne arriva a Londra all’età di 17 anni, la sua vita prende una piega inaspettata quando incontra Malcom McLaren, impresario e manager dei Sex Pistols: insieme aprono un negozio a Kings Road lanciando il genere punk,  che di lì a poco diventerà poi una vera e propria sub-cultura dal respiro rivoluzionario.

Ha attuato una rivoluzione sessuale
Dalla metà degli anni 70, il negozio assume un’identità ancora più forte, attraverso design perversi destinati a prostitute e personaggi eccentrici della movida londinese, viene esplorata la sfera sessuale e trasferita direttamente sui capi. La coppia più eccentrica di Londra aveva come obbiettivo quello di scioccare le persone e rivoluzionare l’opinione pudica di quegli anni, pertanto, vennero istallati dei graffiti pornografici nelle pareti interne del negozio.Westwood e McLaren arrivarono persino a includere nelle loro collezioni delle scarpe che ricordavano atti sessuali espliciti.

L’impegno politico
Le battaglie politiche sono fondamentali nella storia della Westwood. Nel 1983 appare in copertina per la rivista Tatler vestita e pettinata come Margaret Thatcher, allora primo ministro del Regno Unito:  l’immagine era accompagnata dalla scritta “THIS WOMAN WAS ONCE PUNK” Il completo indossato da Westwood nell’immagine era stato ordinato dalla Thatcher. Tra i suoi appoggi a questioni civili ricordiamo quello al gruppo britannico per i diritti  National Council for Civil Liberties nel 2005 dove lanciò una serie di capi che includevano lo slogan “I am not a terrorist, please don’t arrest me” durante la battaglia per la salvaguardia della libertà individuale che vige nel Regno unito. Il gesto più anticonformista rimane però il suo incontro con la Regina Elisabetta II in occasione del ricevimento del titolo di dama dell’ordine dell’impero britannico, Vivienne da sempre ostica alla Gran Bretagna fece ruotare l’ampia gonna, mostrandosi con addosso soltanto delle collant senza biancheria intima.

La battaglia ambientalista
Da sempre un’attivista molto sensibile a tematiche ambientali, Vivienne promuove nelle sue creazioni una moda sostenibile e cruelty free. Dalla linea di borse e accessori creata per l’Ethical fashion Africa project,  fino al suo sostegno per la campagna Save the Artic con lo scopo di fermare le trivelle e la pesca industriale nell’artico, passando per le t-shirt in collaborazione con Marie Claire e People Tree volte a salvaguardare le tribù indigene della foresta pluviale. La sua battaglia ecologica va a pari passo con quella politica, ricordiamo il famoso aneddoto del natale 2014 quando regalò al primo ministro inglese David Cameron un pacco contenente amianto per protestare contro la pratica del fracking.

E’ una stilista da Museo
Vivienne Westwood ha da sempre avuto un profondo rapporto con il mondo dell’arte tanto da dare vita ad una concezione di moda che è un punto d’incontro tra arte e design. Alcune delle sue creazioni sono diventate fondamentali per la storia del costume, tanto da essere esposte nei musei come delle vere e proprie opere d’arte, è il caso della collezione Pirate in mostra al Victoria and Albert Museum di Londra.
Proprio lo scorso dicembre è stata annunciata la sua collaborazione con il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, per l’occasione, la dama della moda Inglese ha disegnato le divise del personale, andando così a solidificare il suo legame con le istituzioni museali.


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QUANDO LA BICICLETTA DIVENTA SUPERCOOL, INTERVISTA A LORENZO MARTONE

Una nostra chiacchierata con Lorenzo Martone, da pr a fondatore della linea di bici design Martone Cycling Co.

Originario di San Paolo in Brasile, classe 1979, Lorenzo Martone si occupa di pubbliche relazioni fra New York e Los Angeles, personaggio piuttosto noto, anche perché spesso seguito dai paparazzi per la sua vita sentimentale passata, Martone ha deciso di intraprendere un percorso più personale, rimanendo sempre nel settore lifestyle che lui conosce bene, e dopo aver fondato la sua agenzia The Creative NYC, aver disegnato nel 2010 una collezione di swimwear, dal 2013 ha lanciato Martone Cycling Co, una linea di biciclette colorate e dal design accattivante.

Figura solare e carismatica, Martone ha un notevole following sui social e il suo esperimento nel mondo delle bici, nato perché non gli piaceva come questi comodi mezzi di trasporto apparivano una volta appesi al muro della sua casa fra una biciclettata e un’altra, sta facendo il giro del mondo, e i prodotti sono stati venduti in posti cool come Colette a Parigi e Saks Fifth Avenue.

Incuriositi dal personaggio di ‘self-made man’ dalle tante idee, lo abbiamo raggiunto per farci raccontare meglio la sua avventura con la linea Martone Cycling Co e più in generale nel mondo del lifestyle. Ecco la nostra chiacchierata.

 

A chat we had with Lorenzo Martone, who founded the bicycle line Martone Cycling Co.

Born in 1979 in Sao Paolo, Brazil, Lorenzo Martone handles public relations between New York and Los Angeles and is known mostly because of his private life, which lead paparazzi to follow him around. Martone decided to take on a more personal project, staying in the lifestyle field that he knows very well, by founding its agency  The Creative NYC and designing in 2010 a swimwear collection. In 2013 he created Martone Cycling Co, a line which featured colored bicycles with a catching design. 
Being a cheerful and charming figure, Martone has a great success on social media and its experiment in the bicycle world is becoming more and more famous all over the globe, since it’s being sold in cool spots like Colette in Paris and Saks Fifth Avenue. This project was born because Martone wasn’t very enthusiastic about the fact that these comfortable means of transport were hang on the wall after using them.

We were very curious to meet this ‘self-made man’ full of new ideas, so we decided to reach him and let him tell us his adventure with Martone Cycling Co and his view of lifestyle in general. Here is our chat with him.

Seguendoti sui social media, mi è chiaro che ti occupi di diverse cose. Prima di tutto sei un PR. Con l’avvento di Instagram e dei social, quanto è cambiato lo scenario in cui lavori negli ultimi anni?

I social media hanno avuto un successo travolgente. La maggior parte delle persone, di diverse età e con interessi diversi fanno tutte parte di questo mondo, ora le carriere si basano solamente sull’uso di Instagram. Questo è ciò che interessa ai giovani, perché non vi sono filtri ed è tutto estremamente rapido.
Credo che i social media sono qui per rimanere, e tra dieci anni potrebbe anche non trattarsi più di Instagram o di Twitter ma addirittura di qualcos’altro; un’unione di tutto ciò che le persone amano: immagini, musica, messaggi, news, ricerca di attenzione e di seguito! E’ la combinazione perfetta.

Hai poi deciso di dare vita ad una linea di biciclette. Quando e come hai deciso di intraprendere questo business?

Sono il fondatore di Martone Cycling Company. Abbiamo iniziato 6 anni fa e ora abbiamo un ufficio a New York e uno a Parigi. Realizziamo biciclette locali e ciò che ci rende più famosi è la Gold bike.
L’ispirazione per la gold bike è arrivata dall’ottone e dall’idea di una bicicletta appesa in salotto come parte dell’arredamento, quasi come fosse una scultura.

 

Following you on socials it is clear to me that you do a lot of things. First of all you are a pr. How do you think has changed the scenario in which you are working in the last few years. For example how much are important things like instagram and socials?

Social media has taken the world by storm. The majority of people, all ages and interests are part of it – people build careers nowadays only using their Instagram. It’s what young people pay attention to, because it has no filter, it’s fast and furious . I believe social media is here to stay. And in 10 years it might not be about Instagram or twitter but something else, it’s a combination of all things people love: Images, music, messages, news, attention seeking and validation! It’s the perfect formula.

Then you decide to create a line of cycles. When and where did you decide to create this business?

I’m the founder of Martone Cycling Company. We started 6 years ago and now have one office in NY and one in Paris . We make commuter bikes and we are famous for the all Gold bike . Talk about attention seeking ! The gold bike was inspired by brass and the idea of hanging  a bike in the living room like part of the furniture – almost sculptural.

Quanto è importante l’aspetto ecologico nel tuo approccio su questo mercato?

Ciò che amo del ciclismo e delle biciclette è la vasta gamma che ricopre. E’ molto utile, ti porta dappertutto e non usa alcun tipo di petrolio o gas, il che è ottimo per l’ambiente e rappresenta anche un’opportunità per fare esercizio. E’ fondamentale per la salute e il benessere. Amo ciò che faccio per questo motivo.

Quali sono i tuoi progetti per Martone Cycling Company?

Il progetto è quello di continuare ad espandersi, abbiamo prodotto accessori, caschi e altri articoli ispirati al ciclismo, ma il piano sarebbe di inserire biciclette elettriche e active wear.

 

How much is the ecological aspects of cycling important in your approach with this business?

What I love about cycling and bicycles is the range it covers. It’s useful as it takes you from A to B, doesn’t use any oil / gas ( good for the environment) and also its an opportunity to exercise while commuting . It plays on good health and well being . I love what I do because of that. 

And which are your plans related to that?

The plan is to continue expanding – we launched accessories, helmets, locks and other cycling inspired items but the plan includes electric bikes and active wear.

Sei diventato piuttosto famoso tanto da essere seguito dai paparazzi. Come hai gestito la tua vita privata e quanto questa notorietà ti è tornata utile per il tuo lavoro?

Sono stato seguito dai paparazzi solamente quando mi frequentavo con Marc Jacobs e ho continuato la mia vita come se nulla fosse, non è stato così fastidioso. Vivere sotto i riflettori significava dovermi comportare in un certo modo davanti al pubblico, ma da subito ho capito che potevo essere me stesso. Ho una forte personalità e non ho filtri, dico ciò che voglio e faccio ciò che penso. Non tutti sono d’accordo ma ho scoperto che l’autenticità è rara e devo semplicemente essere me. Il mondo si abituerà.

Ci daresti le tue definizioni di eleganza e bellezza?

La bellezza e l’eleganza vengono da dentro. A mio parere non tutto gira intorno all’apparenza, a come sei fisicamente o i vestiti che indossi, ma a come ti comporti, alle parole che scegli, il punto di vista che hai rispetto al mondo. È questo che definisce un uomo. Come diceva Coco Chanel “la moda passa, lo stile resta”, e penso che il linguaggio del corpo, il sorriso e perfino il modo in cui ci si scambia una stretta di mano dicano di più di una persona rispetto a ciò che indossa.

 

Since we are a life style magazine. Can you tell me which is your definition of elegance? And which is the definition of beauty?

Elegance and beauty come from the within. For me it’s not about physical attributes – not the way you look or what clothes you buy. But how you behave. The words you choose to use .  The point of view you have about the world . That defines someone to me. As Coco Chanel use to say, fashion fades, only style remains . I think people’s body language, smile and even the way they shake your hands says more about them then what they wear .

You became quite known in the media, thanks also to paparazzi following you around. How did you manage to continue your normal life and how this notoriety became useful for your job?

I was only followed by paparazzi while I dated marc jacobs and I continued to live my life the same way and it wasn’t that disturbing . Living under the microscope meant I had to behave a certain way publicly but soon enough I found out I should just be myself . I have a strong personality and I use no filter – I say what I want and do what I think . It doesn’t please everyone but I found out that authenticity is rare and I should just be me. The world does adjust.

 

Parlando di lifestyle, ti sei recentemente trasferito da New York a Los Angeles, perché? E in che modo queste due città si assomigliano e differiscono?

Dopo 13 anni a New York ho deciso di dare un’opportunità anche alla West Coast. Quando avevo 20 anni, qualcuno mi ha detto “Devi vivere almeno una volta a New York, ma non per troppo tempo, così non diventi troppo duro. Vivi almeno una volta in California, ma non per troppo tempo, così non diventi troppo debole.” Mi sono sentito troppo duro e volevo calmarmi un po’, ma sempre sotto il migliore sole. Sembra scontato, ma il sole e il tempo sono metà della mia felicità. Magari troverò anche l’amore? Chi lo sa.

Un film, un libro o un musicista, daresti ai nostri lettori dei consigli su cosa leggere, vedere o ascoltare?

Ho visto tutto ciò che ha visto partecipe  Timothee Chalamet perché penso che sia un grande talento. Sono un grandissimo fan dei suoi film. Ascolto i The XX e inoltre una nuova scoperta di quest’anno al Burning Alan è stato un compositore, produttore e musicista berlinese di nome Monolik, che produce il sound più bello che io abbia sentito da tanto tempo.
Ho letto i libri di Yuval Harari “Sapiens” e “Homo Deus” che trattano della storia dell’umanità. Uno parla del passato, la rivoluzione agricola (è anche il libro preferito di Obama) e l’altro parla del futuro: la rivoluzione tecnologica.Onestamente la mia raccomandazione è quella di trovare artisti interessanti e libri che trattano di come vivere al meglio. A quasi 40 anni la mia esistenza è diventata una questione filosofica. Quindi voglio leggere di più su questo argomento.

Seguendoti su Instagram, ci è chiaro che sei un appassionato di arte. Sei anche un collezionista? Quanto è importante l’arte nel tuo lavoro?

Per quanto riguarda l’arte, ero solito dire che ero un “ giovane collezionista” poiché cercavo di comprare e supportare artisti emergenti. Ora non sono più così giovane ma mi piacciono comunque i giovani che realizzano arte insolita. Non sono sicuro di come poter classificare questa cosa ma un artista a cui mi sono appassionato è Austin Young. Sono totalmente ossessionato dal modo in cui rappresenta la critica alla società.

Talking about lifestyle, you recently left New York for LA. Why? And in which way do you think the two cities are similar and in which ways they are different?

Lifestyle is a word that has been overused but I try to imagine that a “good lifestyle “ includes you doing things that please you. And if that includes buying designer fashion than you should dress in couture all the time . People should be free to do whatever makes them excited . Fashion is self expression. Sadly he world has been pretty boring lately. 
After 13 years in NY u decided to give the West Coast a shot . When I was 20 years old, someone told me: “live in NY once, but not for too long so you don’t become too hard”. Live in California once, but not for too long so you don’t become too soft. I have been feeling to hard. I want to soften up a bit . But always best under the sun. It sounds basic but the sunshine and the weather are half of my happiness . Maybe I will find love there too?! Who knows .

A place, a drink, a movie, a book ? Give our readers some tips about your fave things to do, read, see, listen?

I have been watching everything that Timothee Chalamet is involved because I think he’s our great next star. I’m a huge fan of his work and craft.  I listen to The XX and one new discovery this last year at Burning alan was a German composer / Producer / musician from Berlin, his name is Monolink and it’s the most beautiful sound I have heard, in a long time . I have been reading both books by Yuval  Harari “SAPIENS” & “HOMO DEUS” both address the history of humanity. One talks about the past, it’s  about the agricultural revolution ( also its Obama’s favorite book of all Times ) and the other one talks about the future: the technological revolution.
Quite honestly my recommendation is to try to find interesting artists and books that address things in living thru. At almost 40 my existence on Earth became a philosophical question. So I want to read more about that. 

Following you is it clear also that you are a lot into art. Are you a collector? How much art is important for your jobs?

About art. I use to say I was a “young collector” because I was filling emerging artists and trying to buy things here and there. Now I’m not so young anymore but still I gravitate towards young people doing crazy art . Haha so not sure how to classify this but the artist I have been into is Austin Young . I’m obsessed about how critical and observant of society he is .

Una frase che ti rappresenta?

Una frase che mi rappresenta? Less is more, il troppo stroppia.

Progetti futuri?

I miei progetti futuri includono sistemarmi a Los Angeles e diffondere Martone Cycling in California. Trovare un partner ed avere dei figli. Molto semplice!

 

Personal motto/quote that represents you?

A quote that represents me ? “Less is more”

Plans for the future?

my plans for the future include adapting to LA and expanding Martone Cycling in California . Finding a partner in crime and have a kid ! Simple ! 

 

 

 

 

 

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BEAUTY ENERGY

L’esplosione cosmica all’inizio del tempo ha avuto origine da un grumo di energia. L’incessante trasformazione di questa energia primordiale, il suo continuo disperdersi e riaggregarsi costituiscono a tutti gli effetti la storia dell’universo. L’energia è LUCE ed è massa, è movimento ed è calore, è elettricità ed è vita. I fisici definiscono l’energia come capacità di compiere un  “lavoro meccanico”, ma è molto di più: un pallido riflesso dell’energia primordiale muove le nostre vite, illumina e riscalda le nostre notti, alimenta l’economia del pianeta e con essa la speranza di miliardi di individui.

Come aumentare la propria energia vitale?

Iniziamo a pensare in questi termini. Tutto è energia e vibrazione. Ripristinare la nostra energia psico-fisica attraverso integratori energetici è un passaggio importante. Oggi il mercato offre molteplici possibilità anche se personalmente preferisco avvalermi di prodotti biologici certificati, vegan and cruelty free. Di seguito alcune suggerimenti per ritrovare un’energia che sprigiona benessere e bellezza.

NAROSAN RED BERRY multivitaminico ricco di elementi naturali: sciroppo con calcio e magnesio, bacche aromatiche, lampone, aronia, melograno ed estratto di germe di frumento, adatto per una grinta in più nell’attività fisica.

TERRANOVA CORDYCEPS (fungo puro) la sua peculiarità è quella di produrre energia, è una pianta adattogena capace di produrre un generale miglioramento delle condizioni psicofisiche, incrementando la resistenza alla fatica e allo stress, quindi eccellente per la resistenza fisica.

VEGAVERO BIO MACA polvere di quattro radici di maca peruviana (giallo rossa, nera e viola) utilizzata già duemila anni fa nella cultura Inca come energizzante e afrodisiaco. E’ ricco di aminoacidi essenziali e contiene tutti i tipi di vitamine, in particolare quelle del gruppo B. Ottimo per prestazioni di lunga durata.

B E C  PERFOR MAX  integratore di vitamine e sali minerali con estratti vegetali, magnesio ossido, spirulina, ginseng, rosa canina, olio essenziale di menta e di limone, tutti elementi che supportano l’organismo nella stanchezza e nello condizioni più stressanti.

 

 

 

 

 

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UNA STELLA ITALIANA: EDUARDO VALDARNINI

E’ la nuova rivelazione del mondo dell’acting italiano e spazia fra il cinema e la televisione. Su Netflix Eduardo Valdarnini nato in Francia nel 1991 e cresciuto a Roma, segno zodiacale Vergine, ha interpretato il giovane Lele nella prima e nella seconda stagione di “Suburra-La serie” quest’ultima in arrivo sugli schermi italiani nei primi mesi del 2019. Un personaggio ambiguo e scaltro. Figlio di un poliziotto, spaccia stupefacenti nei party della Roma bene fino a fare i conti con Samurai, boss della criminalità capitolina. Con imprevedibili evoluzioni nella seconda serie in cui entrerà in polizia, con un ruolo più attivo rispetto alla prima stagione della serie in cui subiva gli eventi.

 

Eduardo quanto c’è in te di Lele?

Non molto direi. Lele è ambivalente, è un ragazzo ferito, segnato da traumi ma in fondo potrei definirlo un’estremizzazione del mio ‘io’.

Oltre al successo di Suburra, che è un progetto televisivo, ti sei fatto conoscere al cinema con il film di Cristina Comencini ‘Qualcosa di nuovo’ accanto a Micaela Ramazzotti e Paola Cortellesi. Che differenza c’è per te fra cinema e televisione?

Nessuna, in entrambi mi metto in gioco con pari professionalità. Al cinema i miei idoli sono Marcello Mastroianni e Gian Maria Volonté e mi piacerebbe lavorare con chiunque ha una buona idea.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Attualmente mi divido fra Roma e Parigi dove vivo con la mia ragazza Jeanne, che lavora nella post-produzione cinematografica, e mi sono tuffato su una sceneggiatura per un lungometraggio destinato al cinema.

Qual è il tuo rapporto con lo sport?

Ho praticato pallavolo a livello agonistico per 10 anni. Lo sport per me è un piacere ma anche una necessità, mi piace tenermi in forma. Il vero sport è quello di squadra perché sviluppa lo stesso spirito di collaborazione che poi si ritrova nell’ambiente di lavoro di un set. Mi piacerebbe recitare nel biopic di un atleta.

Oltre al lavoro, i tuoi hobby e passioni?

Mi piace stare ai fornelli e la mia specialità sono le lasagne.

Capo must del guardaroba.

Un pullover dallo scollo ad anello, prediligo un gusto casual che possa contaminarsi con il formale.

Luogo fisico e dell’anima.

La Francia, piena di posti da scoprire per la fisicità e per la mia anima Villa Ada, che rievoca la mia infanzia a Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

Photo: Roberta Krasnig

Stylist: Stefania Sciortino

Ph Assistant: Chiara Filippi

Stylist Assistant: Rosamaria D’Anna

Grooming: Silvia Magliocco per Simone Belli Agency

Tutto il servizio in CALVIN  KLEIN JEANS  SS19

 

 

 

 

 

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JACOPO VENTURIERO, QUEL BRAVO RAGAZZO DI SUBURRA 2

Jacopo Venturiero romano quasi doc, le sue origini sono campane, è davvero un bravo ragazzo al punto che anche lui ha dubitato del suo ingresso nel cast di SUBURRA 2. Invece il destino l’ha voluto li con tutto il successo che ne è conseguito. Ha iniziato a recitare giovanissimo, infatti la sua formazione Accademica è quella della Silvio D’Amico, ha fatto parte sia della fiction storica della RAI al fianco di Massimo Dapporto, sia del teatro impegnato con grandi tournee, ora per i millenials è Adriano.

Hai iniziato a recitare giovanissimo, dimmi com’è successo.

 È iniziato tutto per caso, in quanto mio padre che si occupava di musica aveva un’amica agente per Young Talent, la quale mi ha iscritto alla sua agenzia e a dieci anni ho fatto il mio primo film che si chiamava “La medaglia” al fianco di Franco Nero ed Antonella Ponziani. Correva l’anno 1997 e siamo anche andati in concorso al Festival di Venezia.

 

Vieni da un percorso formativo molto serio, teatro impegnato, doppiaggio, fiction, tutti lavori di altissima qualità.

 Beh, quasi per gioco, a diciott’anni e soprattutto senza speranze feci l’esame d’ammissione per l’Accademia Silvio D’Amico, e con mia totale sorpresa fui preso. Anche se a quel punto avevo già lavorato tantissimo con le fiction di Massimo Dapporto come “Amico mio” ed “Un prete tra noi”, erano gli anni d’oro delle serie TV RAI. Parallelamente, mia madre che è un’attrice di teatro, mi ha sempre coinvolto in tutto ciò che faceva, come ad esempio, portarmi al Festival di Todi dove l’unico mio capriccio era quello di stare in prima fila, ma ero buonissimo e venivo accontentato. Col senno di poi forse il motivo era perché non avrei visto nulla dello spettacolo se fossi stato seduto più indietro. Era ancora il periodo delle grandi tournee teatrali con maestri come Giorgio Albertazzi e Gabriele Lavia, una vita assestante che quasi non esiste più.

Cosa hai pensato quando sei stato chiamato per un provino per “Suburra”.

Il mio percorso per Suburra, si compone così: la prima volta che sono stato chiamato ero a Siracusa impegnato in teatro con le tragedie greche, quindi non sono potuto andare. Andando ancora più indietro mi avevano chiamato anche per il film, ma sinceramente mi sono sempre detto “che ci vado a fare?”, sono cosciente di avere la faccia da bravo ragazzo, che forse è anche il mio limite, e l’ha dentro non mi ci vedevo proprio. Per quest’ultima volta mi sono preparato bene e, quando ho visto che i call back iniziavano ad essere uno, due, tre, ho iniziato a crederci davvero.

 

Che effetto fa entrare a far parte di una serie TV Netflix che è un successo internazionale.

 Un piacere immenso, in quanto in Italia sia a livello produttivo che di immagini non esiste nulla di comparabile. Allo stesso tempo sento una grande responsabilità, in quanto un attore aspetta sempre un grande ruolo e quando arriva realmente, devi lavorare sodo per mantenerlo agli standard richiesti.

In realtà, tu che lo conosci bene il tuo personaggio Adriano è un buono o un cattivo?

Non so mai che rispondere a questa domanda, però posso dire che nella serie non ci sono personaggi o bianchi o neri, e forse il bello è proprio questo. Adriano lo ritengo un personaggio giusto, in quanto segue i suoi ideali e farebbe di tutto pur di realizzarli. Fondamentalmente a lui sta a cuore la sua città, che è Roma, e fa di tutto per andare contro la corruzione che la circonda.

 

 

Secondo te perché piace così tanto Suburra?

 Forse perché quello di Netflix è un prodotto talmente diverso da ciò che siamo abituati a vedere in chiaro sulla TV, che alla fine è facile innamorarsene. Il ruolo dell’attore viene messo in primo piano senza improvvisazioni e senza sbavature, non vi è nessuno che arriva da un talent solo perché ha una bella faccina. Pensiamo alla cura della libertà nel raccontare le storie che vanno dalla politica, al Vaticano, sarebbe impossibile in qualsiasi altra produzione.

 

 

Che cosa hai in comune con il tuo personaggio Adriano.

 Mi verrebbe da dire niente, invece qualcosa c’è, ovvero la rabbia nel vedere la propria città allo sfacelo, questo mi fa veramente incazzare. Credo fermamente che Roma sia la città più bella del mondo, e vedere i romani abituati ed arresi alla non curanza mi fa una rabbia incredibile.

 

Sei stato catapultato nel mondo del “Glam” con questa serie, non so se lo eri anche prima, ma che rapporto hai con la moda.

 Assolutamente zero, forse per pigrizia mentale, o forse per una questione di retaggio, non mi sento in grado di andare a fare acquisti, e quindi mi attengo al comodo, sobrio ed elegante (ndr: ride).

 

 

La cosa che diverte di più?

 Cazzeggiare con il gruppetto di amici che mi porto dietro fin dalle medie, con la libertà di fare lo stupido senza giustificare nulla perché mi sento talmente libero che non ho freni inibitori.

 

 

 Che cosa non deve mai mancare nella tua valigia prima di partire per un viaggio.

 Un libro, o vari libri, ma non è detto che li apra. È una cosa che ho sempre fatto e farò sempre, infatti anche oggi ne ho due nello zaino.

Foto: Francesco Ormando

Total look: Fifty Four

Styling: Valeria J. Marchetti

Grooming: Chiara Amodei @makingbeauty

Location: The Independent Hotel

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GIFT GUIDE PER LA FESTA DEL PAPÀ

I nostri papà, sebbene vadano celebrati tutti i giorni dell’anno, in  questa ricorrenza speciale meritano un’attenzione in più. Un regalo beauty, un piccolo accessorio o un oggetto tech per esempio, ogni spunto è buono per dimostrargli tutto il nostro affetto. Di seguito alcune idee, per ogni tipo di budget, di gusto e ovviamente di papà.

Men’s Code Cells Swiss Power

Dalla collaborazione tra Swiss Prestige Cosmetic e Lamborghini  una linea di cinque cosmetici: dopobarba idratante, il detergente viso, il siero energizzante, la crema anti age e la crema contorno occhi.  Ciò che determina l’unicità di questi prodotti è la presenza di sostanze biotecnologiche e ingredienti totalmente naturali, che formano di conseguenza una miscela di principi attivi decisamente innovativa.

Terre d’Hermès “Flacon H”  Limited Edition 2019

Firmata da Liubov Edwards, illustratrice e designer inglese, trasporta, ancora una volta, in un viaggio simbolico attraverso gli elementi.  Quest’edizione limitata si articola nelle due declinazioni olfattive di Terre d’Hermès: Eau de toilette e Parfum.

FOREO Luna 2 for Men

Questo fantastico dispositivo di bellezza garantisce una superficie di pulizia più ampia del 50%, punti di contatto il 26% più lunghi, motore due volte più potente per una pulizia ancora più efficace e un’esperienza di rasatura ultra-confortevole.

FOREO Iris Black

Pensato per agire sul contorno occhi, rimuove i segni evidenti dell’invecchiamento come linee d’espressione, zampe di gallina, borse sotto gli occhi e occhiaie. Si adatta perfettamente al contorno occhi effettuando un massaggio ringiovanente con un design smart e travel-friendly.

Braun Series 9

Realizzato con sistemi tecnologici all’avanguardia, si adatta alle caratteristiche del viso, con la speciale tecnologia intelligente SyncroSonic™, brevettata da Braun, che analizza la densità della barba durante la rasatura e la adatta automaticamente 160 volte al minuto.

Hemp Care Styling Gel e Matte Hair Wax

Il gel è adatto a chi cerca uno styling definito, mantenendo la naturale brillantezza del capello. È arricchito con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Pantenolo e Vitamina E, dalle proprietà idratanti e antiossidanti.

La cera opaca invece dona al capello un effetto naturale senza appesantirlo e senza lasciare residui. La sua formula è arricchita con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Burro di Karitè Bio, estratto di Semi di Lino, Olio di Cocco Bio e Glicerina vegetale: nutre il capello, donandogli forza e lucentezza.

SkinLabo

Una linea composta da tre prodotti dermatologicamente testati, paraben free, allergen free e gluten free. Lo shampoo fortificante anti-forfora consente di ottenere una cute sana e idratata, lo shampoo rinforzante anti- caduta trasforma i capelli in forti e vigorosi; infine la lozione rinforzante anti-caduta rinforza i capelli fragili e diradati attraverso un trattamento intensivo.

Excape Eyewear

Ispirate alle tendenze architettoniche delle metropoli moderne, forme geometriche si incontrano generando una combinazione equilibrata di vertici e linee gentili: questa è l’essenza di Excape Eyewear. L’estetica essenziale è arricchita da cromie a contrasto per uno stile contemporaneo e chic.

Cuffie Pioneer DJ HDJ-X10 C

I materiali speciali utilizzati in questo modello unico non solo vantano un look di gran pregio, ma consentono anche di ascoltare i br, anche nelle maratone di set. La fibra di carbonio negli alloggiamenti riduce le vibrazioni indesiderate, filtrando i rumori inutili, mentre la placcatura metallica aggiunta offre un suono di risoluzione superiore a frequenze più ampie.

Ingersoll

The Swing è il nuovo timepiece della collezione SS19 e si distingue per la particolarità delle anse oscillanti. Oltre ad essere un particolare meccanico della cassa, le anse facilitano la vestibilità adattandosi alla diversa grandezza dei polsi. Disponibile in due versioni, cassa placcata in oro rosa con cinturino in pelle nera o cassa e bracciale in acciaio inox. Rresiste all’immersione nell’acqua fino a 5 ATM e il suo quadrante, con indici in rilievo, è in vetro minerale antigraffio, finiture guilloché e bilanciere a vista.

Alessandro Enriquez

Una capsule speciale, pensata in collaborazione con Universal, in cui viene celebrato il famoso personaggio dei cartoon Woody WoodPecker, sottolineando nuovamente la sensibilità del designer nei confronti delle storiche property che hanno reso immortali le icone del cinema animato.

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BORN TO DARE

 

 

 

 

PHOTO: Angela Improta

STYLING : Giuseppe Ceccarelli

MUA: Claudio Furini
MUA ASSISTANT: Paola Marino

Per il make up: NARS
Per i capelli: PAUL MITCHELL

 

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HAPPY ST. PATRICK WEEKEND

La festa di San Patrizio è una celebrazione di origine cristiana che si festeggia il 17 marzo di ogni anno in onore appunto di Saint Patrick, patrono dell’Irlanda. La festa commemora l’arrivo del cristianesimo nella nazione durante il quinto secolo d.C., diffuso dal celebre vescovo. Tale ricorrenza viene celebrata anche in altri paesi del mondo, in particolar modo quelli interessati da una significativa immigrazione irlandese. La festa di San Patrizio è, inoltre, una delle ricorrenze nazionali più festeggiate al mondo e ha acquisito grande fama e interesse in tutta Europa. Nella nostra Milano moltissime vie si tingeranno di verde durante tutto il weekend con vari eventi, concerti e iniziative che rimandano alla cultura irlandese. Ecco allora alcuni appuntamenti da non perdere!

 

Da oggi 15 marzo, fino a domenica 17 presso lo Stadium si terrà il St. Patrick Street Food Fest 2019, dove si festeggerà in pieno stile irlandese, con piatti, danze tipiche e naturalmente fiumi di birra.  Anche lo Spirit de Milan ha voluto trasformarsi in Spirit of Ireland, attraverso uno spettacolo presentato da Jude Sweeney, showman e cantante irlandese.

 

Sabato 16 marzo si terrà l’immancabile Block Party di Jameson Irish Whiskey in Via Corsico sui Navigli, l’equivalente milanese del quartiere Temple Bar di Dublino, dove si esibiranno live il gruppo Irish folk Wooden Legs e Diego Montinaro. Dalle 22 dello stesso giorno si darà il via ad un grande evento gratuito ed aperto al pubblico al Superstudio, in via Tortona 27, dove si entrerà nel vivo del Jameson Neighborhood.

Tara Dance Academy, storica presenza, proporrà anche quest’anno le sue danze tradizionali irlandesi, e darà la possibilità al pubblico di imparare i movimenti e partecipare ai balli. Infine, per gli amanti del settore, ASD Rugby Nordmilano effettuerà una dimostrazione del popolare sport anglosassone. L’appuntamento è sabato 16 e domenica 17 marzo 2019. L’ingresso è gratuito.

Spostandosi leggermente fuori città,  sempre sabato 16 marzo la Contrada San Magno di Legnano si colora di smeraldo. Per tutta la serata, a partire dalle 20:30, fiumi di birra, musica irlandese e danze celtiche animeranno e coinvolgeranno il pubblico per onorare il patrono d’Irlanda. La Contrada San Magno sorge nel cuore della città di Legnano; da sempre definita “Nobile Contrada San Magno”, la precisazione deriva, per prima cosa, dalla posizione centrale che essa occupa, dalle famiglie di rilievo che vi risiedono, tra le quali le famiglie fondatrici della Contrada, e dalle opere monumentali che custodisce.

 

 

 

 

 

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FOUR SNEAKERS, FOUR MEN

Poco meno di una settimana e inizia la nuova stagione primaverile. Le temperature si fanno più calde e aumenta la voglia di nuovi abiti e accessori. Le collezioni SS2019, per la moda maschile, hanno posto l’accento sulle sneakers, sancendo ancora di più la stretta relazione tra i grandi marchi e lo street style.

Ecco le quattro sneakers che ci ispirano per l’imminente stagione e un’idea su chi le potrebbe indossare.

PER CHI NON RINUNCIA AL DIVERTIMENTO

Le sneakers in tela di Marni sono un inno vero e proprio alla primavera. La stampa a fiori colorati in rosa, azzurro e arancione, è adatta ad un uomo che ama giocare con la moda, e con la vita, chi non si prende sul serio ma non rinuncia ad un elemento fashionable all’abbigliamento casual di ogni giorno.

PER GLI HIPPIES CONTEMPORANEI

Coach 1941

La tomaia in pelle suede color cammello, adorna di frange, ricorda le calzature anni 70. Ma Coach 1941 unisce questo modello, d’ispirazione un po’ vintage, a dettagli in gomma colorata e ad una suola tipica da sneakers, alta e morbida.

PER IL BOXEUR ELEGANTE

Emporio Armani

Sneaker high top chiusura con velcro alla caviglia colore grigio chiaro ed in tessuto super tecnico. Dettagli in gomma, pelle, rete ed elastici avvolgono il piede in questa sneaker Emporio Armani. Una scarpa sportiva, che più di così sembra quasi impossibile, perfetta con un abbigliamento più elegante o uno degli iconici suits del brand.

PER IL FASHION VICTIM INARRESTABILE

Givenchy

Suola quasi carrarmato, accostamento di colori che non fanno passare inosservati, le sneakers Jaw di Givenchy riprendono in sè tutti gli elementi dell’urban style. Sicuramente destinate a solcare le strade delle nostre città, ai piedi dei più irriducibili amanti della moda street.

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MANINTOWN MEETS ARBITER: INSIDE THE WARDROBE

L’uomo Manintown incontra l’uomo Arbiter. Due visioni estetiche a confronto che si completano sotto il comune denominatore della cultura per l’Eleganza e lo Stile. Con Arbiter entriamo nel guardaroba di due personaggi tanto straordinari, quanto diversi: Giovanni Chianese, giovane avvocato e vintage addicted, e l’imprenditore e web icon Alessandro Squarzi. Due self made man che scavano nella moda del passato per trovare nuovi spunti per il presente.

Passione vintage: Dentro il guardaroba di Giovanni Chianese

«Penso che la gente si vesta come per difendersi dal prossimo e passare inosservata. C’è paura sociale di mostrarsi, di apparire e di essere. ‘Meno sono e meglio sto’, salvo poi sfogarsi diversamente. La maniera sana di vivere il contesto sociale secondo me è rispecchiata soprattutto dall’abbigliamento, ed è attualmente deviata». È tacitiano Giovanni Chianese, avvocato trentaduenne napoletano residente nel centro della capitale borbonica. È nato in campagna, caratteristica che traspare nella moltitudine di capi d’abbigliamento accumulati in una dozzina di anni e in centinaia di chilometri percorsi tra i mercatini partenopei. Capi che indossa con un portamento raro. Come sempre più appartenenti alla sua generazione, rifiuta l’imposizione di capi insignificanti e costosi e sceglie la via della ricerca, della verità, dell’economicità, dell’ecologia: il vintage. Impressionante la quantità e la qualità degli indumenti, dalle giacche in tweed alla decina di smoking, ai frac, tight, alle centinaia di cravatte, papillon, bretelle, cappotti, pantaloni in whipcord, stivali da equitazione, camicie inamidate inizio secolo, scarpe. A proposito di quest’ultime, è una delle poche persone a possedere ben cinque paia di Gatto, calzaturificio romano che fece la storia. «La mia è una raccolta non sistematica, un’accumulazione che risponde a un’esigenza di bello», racconta Giovanni Chianese. «È di fatto uno spaccato di quello che è stato creato per lo più a Napoli negli anni 60-70-80. Ci sono certe categorie di capi che si trovano spesso, mentre devi essere molto fortunato per trovare quelli più particolari, o altrimenti farteli fare. Attualmente non mi posso permettere la sartoria tanto in termini di denaro quanto di tempo. Mi riprometto di farlo in futuro per pochi capi particolari che non ho ancora scovato come la norfolk jacket o il burma. I più bei mercatini qui a Napoli fino a poco fa erano nei campi dei rom. Questo perché oggi questo genere d’abbigliamento, per quanto sia stato costoso all’epoca, bello e fatto su misura, ha valore zero». Parliamo di 50 centesimi, un euro o due per giacche in tweed. Gli stessi capi in mercatini o negozi blasonati a Londra, Milano o Firenze costano centinaia di euro o di sterline. Soprattutto le scarpe hanno prezzi più elevati, in base al ragionamento che la scarpa è la prima cosa che uno deve avere, in cui si rispecchia anche Chianese, che prosegue: «I miei riferimenti sono il mercato di Gianturco, quello notturno a piazza Garibaldi, la domenica ad Agnano, che oggi si tiene nell’ippodromo, Poggioreale ma è più antiquariato e modernariato, corso Malta e il sabato mattina a Quarto». Prediligo i tessuti invernali, ruvidi e pesanti, le giacche che stanno in piedi da sole, le fantasie a quadri, molto vistose, le righe molto larghe.

 

Lezioni di stile: Il guardaroba di Alessandro Squarzi

 Alessandro Squarzi ha sempre sognato di lavorare nel mondo dell’abbigliamento. Anche quando, da ragazzo, dopo il diploma in ragioneria e il servizio militare faceva il rappresentante per prodotti di erboristeria, era malato per il vestire e andava regolarmente dal sarto a Forlì, sua città natale. Se i suoi amici compravano i jeans da Armani, lui cercava i Levi’s vintage. Ed è tuttora un cultore del vintage: a Forlì ha un capannone di mille metri quadri che ospita un archivio di capi storici con centinaia di pezzi tra cui numerosi giubbotti di pelle anni 30 e militari. Ma torniamo al sogno di Alessandro Squarzi: lavorare nell’abbigliamento. Classe 1965, ha iniziato a realizzarlo nel 1992, lavorando come commesso in un negozio a Forlì. Da commesso è diventato agente: grazie alla sua intraprendenza ha portato il fatturato dagli 8 miliardi di lire iniziali a 50 milioni di euro in 13 anni. Poi, con amici, ha dato vita al marchio di jeans Dondup. «Il jeans va preso blu scuro e indossato a lungo affinché si personalizzi, prendendo addirittura le tue forme. Cerco di trasmettere questa cultura», racconta Alessandro. «Ho sempre lavorato con grande passione, senza pensare al denaro, poi con gli anni sono arrivate anche le soddisfazioni economiche. Oggi ho anche il mio marchio Fortela, che conduco con quella stessa passione che mi anima da sempre: produco quello che avrei sempre desiderato trovare nei negozi senza mai trovarlo. Viaggiando per il mondo, vedevo che c’erano bei tessuti, ma con vestibilità sbagliate. Il nome doveva essere Tela Forte, ma non era registrabile, essendo parola di uso comune: così ho invertito i termini. È un marchio che rispecchia quello che sono io. Per i pantaloni uso tessuti giapponesi, rigorosamente rigidi e non stretch, confezionati in Italia. In Giappone hanno i vecchi telai denim americani, e non solo. I miei capispalla riportano in vita tessuti che stavano andando nel dimenticatoio». Prosegue Alessandro: «Sto usando dei copri materasso dell’esercito francese degli anni 50 nuovi, in canapa e lino: sovratingo e creo gilet e giacche. Disegno tutto io. Ho un altro marchio di sneaker che si chiama Atlantic Star, forte in Giappone e Corea. Poi produco i parka AS-65, sulla base di vecchi M-51 o M-65: lavo, sterilizzo, rimetto in taglia, rammendo e fodero con la pelliccia di visone, cincillà, coniglio, volpe, murmasky». Lui non ha dei canoni rigidi, se non di fare quello che si sente. Le scarpe sono prevalentemente Alden ed Edward Green, e soprattutto scamosciate. Due delle sue grandi passioni, per parlare di accessori, sono gli orologi e le penne. Ha una collezione di Montblanc Writers Edition: di tutta la serie le sue preferite sono l’Agatha Christie e la Hemingway. Come orologi, spaziamo nel vintage: dal Rolex Oyster Perpetual al Patek Philippe Calatrava, dall’Omega che metteva Kennedy a Cartier. Alessandro tiene a specificare che lui intende l’eleganza esclusivamente a 360 gradi: l’uomo è elegante per come si pone, per come si comporta nel mondo, per le sue movenze. Puntualizza: «Può essere elegante un muratore vestito da lavoro e può essere inelegante un uomo con la giacca. L’eleganza o ce l’hai o non ce l’hai, non puoi comprarla. Per me l’etichetta è importantissima, per esempio se in una serata è indicato un dress code va seguito, per rispetto a colui che ti invita. È questione di educazione. Io appaio come sono e sono così da sempre». Infine, per gli appassionati di vintage come lui, Alessandro ci regala alcuni consigli: bisogna andare a Pasadena, Usa, al mercato che si tiene ogni seconda domenica del mese, a Rose Bowl. A New York non si può mancare al Front General Store, un vintage molto selezionato gestito da ragazzi giapponesi, o al Quality Mending, sempre a Brooklyn. A Tokyo c’è J’antiques, a Londra Vintage Showroom, in Italia Angelo a Lugo, a Firenze Jules e Jim.

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NON SOLO CINEMA: MATTEO MARTARI

Un passato da modello, un folgorante presente da attore. A trentaquattro anni Matteo Martari, nato sotto il segno del Sagittario, si è cimentato in molti ruoli fra cinema e televisione. Un talento naturale il suo che lo fa presto notare e approdare al cinema dove debutta con la partecipazione nel film di Gianni Zanasi ‘La Felicità è un sistema complesso’. Il salto arriva quando conquista un ruolo nella mini serie di Rai1 ‘Luisa Spagnoli’ ed entra nel cast della serie televisiva di Rai3 ‘Non uccidere’, lavori che lo fanno conoscere al grande pubblico e lo porteranno a lavorare con registi come il premio Oscar Michel Hazanavicius che lo dirige nel film ‘Le Redoutable’ presentato a Cannes. Di recente lo abbiamo visto in televisione nel secondo capitolo della produzione internazionale ‘I Medici’ in cui ha vestito i panni di Francesco de’Pazzi che ne ha decretato ulteriormente il successo in un ruolo intenso e drammatico.

 

Quali sono i tuoi prossimi progetti di carriera? Più televisione o più cinema nel tuo futuro?

Nel futuro prossimo, nel 2019, andranno in onda due progetti televisivi ai quali ho lavorato: le nuove puntate di “A un passo dal cielo” e la serie “Non mentire” diretta da Gianluca Maria Tavarelli. Non è una questione di televisione o cinema, secondo me è il ruolo la giusta considerazione da fare.

Fra le tue passioni sportive spiccano i motori….

Una passione che nasce sin da piccolo, attraversando quasi tutta l’Italia tra rally con mio padre e gare di moto con mio cugino. I motori hanno sempre fatto parte della mia vita fra formula uno e MotoGP. Trentaquattro anni dopo sono cambiate tantissime cose, ma la domenica è ancora Formula Uno e MotoGP. Recentemente ho preso la licenza sportiva da pilota…ne vedremo delle belle, chissà.

Ti piacerebbe interpretare un personaggio sportivo in tv o al cinema? In caso chi e perché?

Si mi piacerebbe molto. Se facessero un film su Colin McRae, vorrei poter fare almeno il provino. È stato il più grande campione di Rally della storia (al momento).

L’esperienza più esaltante della tua vita in senso globale?

Credo sia stata la mia nascita, c’ero, anche se ho dei ricordi molto confusi a riguardo.

Capo must del tuo guardaroba?

Il cappello…

Un luogo del corpo e dell’anima.

Trovo il mio equilibrio in montagna, purtroppo però non ci vado troppo spesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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GABS X FIAT: COLORWAYS

Ai nastri di partenza la collaborazione tra GABS e l’azienda automotive simbolo dell’Italian Style per una capsule collection all’insegna del colore e dell’italianità. Sull’onda del successo ottenuto con la prima collezione, la quale comprendeva non solo prodotti ma anche uno speciale concorso concluso nel dicembre del 2017 con in palio una fiat 500, oggi le due realtà hanno deciso di riunirsi fino al 31 dicembre 2021 in una collaborazione all’insegna dell’esaltazione del prodotto Made in Italy e il design che lo rendono inconfondibile.

Grazie ad un accordo di licenza, GABS potrà utilizzare il marchio 500 per la creazione di borse dalle diverse forme, pochette, accessori e perfino trolley per soddisfare i clienti amanti del travel. La capsule comprenderà 6 artwork differenti, per un totale di sessanta articoli, caratterizzati da un mood decisamente pop. Punto di forza della collezione è sicuramente la cura dei dettagli, quali manici e tirazip, ispirata alla gamma di colori delle carrozzerie della prima serie 500. Immancabile la presenza dell’iconico logo, che sarà protagonista di una linea in vitello opaco sviluppata in 4 modelli e 8 diverse colorazioni, le quali variano dagli eleganti nero e grigio ai più vivaci rosso, rosa, giallo e verde. Grande fonte di ispirazione per la creazione di questa capsule collection è stata la community Instagram “500 Happy People”, rappresentata attraverso l’arte del cartoon con un linguaggio ironico e riferimenti al passato e al presente, che pienamente incarnano la filosofia di GABS.

New entry, per quanto riguarda il mondo del travel, è sicuramente la borsa G-Urban, nata grazie all’unione della comodità di un semplice zaino e della praticità del monospalla. con questa La partnership pone al centro della sua attenzine quelle che sono le scelte stilistiche del consumatore stesso, conformandosi quindi al fenomeno dell’User Generated Content e raccontando le esperienze di viaggio dei consumatori attraverso scatti self made con scenari tipici delle grandi città e panorami naturali.

Di fondamentale importanza è inoltre la grande attenzione che questi due brand hanno dedicato al tema della sostenibilità, sostituendo il PU al PVC come materiale di base e utilizzando materiali e manifattura italiani. L’attesa collezione sarà presente al prossimo Salone di Ginevra, evento di riferimento del settore automobilistico, che si svolgerà dal 7 al 17 marzo 2019.

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HAIR TIPS: L’ORA DEL DETOX

Parlando di cura dei capelli, una delle principali richieste del pubblico maschile è quella di formulazioni sempre più mirate a purificare e disintossicare i capelli e il cuoio capelluto. Con la primavera in arrivo, oltre che la nostra pelle, anche i capelli meritano trattamenti specifici per cominciare la nuova stagione. Ecco allora cosa scegliere a fine giornata per una perfetta azione detox, senza rinunciare a volume e leggerezza.

JOY by Supernova Natural Haircare

Shampoo in crema  molto piacevole a base di menta peperita, estratto di menta acquosa (riduzione di estratto di menta), sciroppo d’acero rosso bio, olio extra vergine d’oliva e gel di aloe vera. Perfetto per l’uso quotidiano, fornisce maneggevolezza e forza senza spellare i capelli o il cuoio capelluto, lasciandolo in questo modo pulito.

Fresh Grass by Yope

Rinfresca, regola la secrezione di sebo, idrata. Una Gamma di prodotti estremamente delicati e leggeri, che detergono e idratano perfettamente sia il cuoio capelluto sia i capelli.  Grazie alla loro composizione ricca di preziose sostanze attive, regolano in maniera rapida la secrezione sebacea senza appesantire i capelli che appariranno così, elastici, morbidi e voluminosi.

Plant & mineral Refresh by Oway

Dona nuova vita a cuoio capelluto e capelli allungando i tempi tra un lavaggio e l’altro. Rinfresca il look in maniera immediata con effetto volumizzante senza il bisogno di acqua e di strumenti a caldo utilizzati per l’asciugatura. Un blend botanico-minerale detergente al 100% composto da ingredienti di origine naturale, in grado di assorbire l’eccesso di sebo lasciando i capelli leggeri, voluminosi e delicatamente profumati.

Solu Shampoo by Davines

Ideale per tutti i tipi di capelli, la sua formulazione è indicata per detergere in profondità ed è  particolarmente indicato per chi utilizza con abbondanza i prodotti di styling. La schiuma è ricca ma ariosa e l’effetto finale è quello di un capello leggero e idratato.

Peeling Dermo-Purificante by Biopoint

Trattamento pre shampoo che pulisce in profondità il cuoio capelluto, eliminando le cellule morte e stimolando l’ossigenazione dei tessuti grazie al suo effetto detossificante e profondamente purificante che libera i pori dalle impurità, dall’inquinamento e dall’eccesso di sebo.

 

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THIS IS ENGLAND

Julien wears
Turtleneck LACOSTE
Scarf STYLIST’S ARCHIVE
Shirt CERRUTI 1881
Pants ROBERTO CAVALLI
Earrings HARPO
From left Hugo wears
Shirt CERRUTI 1881
Tank top ROBERTO CAVALLI
Pants ACNE STUDIOS
Boots DR MARTENS
Chain ROBERTO CAVALLI
From right Theo wears
Top LACOSTE
Jacket ISSEY MIYAKE
Pants ERMENEGILDO ZEGNA
Boots DR MARTENS

PHOTOGRAPHY: ALESSANRA PADOVANI
ART DIRECTION & STYLING: REBECCA MUZZIOLI

MOVIE TO WATCH: BOY ERASED VITE CANCELLATE.

Siamo stati alla prima di Boy Erased, film basato sulla storia vera di Garrard Conley e raccontata nel suo libro di memorie Boy Erased: A Memoir, pubblicato negli Stati Uniti nel 2016 e tradotto in italiano nel 2018.

Protagonista del film è Lucas Hedges, affiancato dallo stesso regista Joel Edgerton, Nicole Kidman e Russell Crowe. La pellicola si snoda sulla tormentata storia di Jared, dicannovenne proveniente da una famiglia battista dell’Arkansas che dopo aver fatto coming out con i genitori, viene costretto ad intrapendere una terapia di conversione dall’omosessualità, la cui pena in caso di fallimento sarà l’esilio dalla famiglia e dagli amici. Il percorso “riabilitativo” chiamato Love in Action, si rivela per il protagonista un viaggio nella follia di una compagnia religiosa oscurantista, un’antiterapia che si pone come obbiettivo quello di cambiare la natura dell’omosessuale sfidando i numerosi studi psichiatrici in merito. Boy Erased racconta tramite la finzione cinematografica, una realtà purtroppo ancora oggi profondamente radicata nella cultura occidentale.

Il film è ispirato da una storia vera, quella di Garrard Conley, che compiuti 19 anni subisce uno stupro, a cui segue il coming out. Da quel momento i genitori decidono di fargli seguire una “terapia di conversione” in un centro religioso specializzato per “curare i gay”, Love in Action, poi diventato Restoration Path. L’obiettivo è smettere di essere omosessuale, ma dopo due settimane Conley tenta il suicidio e si sente un errore umano. Non è l’unico ad essere stato sottoposto a programmi per adolescenti che, si legge nella descrizione del centro, “soffrono per l’attrazione sessuale verso partner dello stesso sesso, per l’interesse verso la pornografia e/o verso la promiscuità”, con risultati piuttosto rilevanti. Le terapie di conversione sono presenti anche sul territorio italiano, in epoche non troppo lontane hanno avuto anche una forte risonanza mediatica, come nel caso del controverso brano “Luca era Gay” di Povia, secondo classificato a Sanremo 2009 che ricalca la storia vera di Luca di Tolve, omosessuale “convertito” che oggi presiede anche l’associazione onlus Regina della Pace, finita negli anni scorsi nel mirino mediatico a seguito di un servizio delle Iene.

Nonostante le tematiche trattate nella storia siano ormai all’ordine del giorno, non è mai troppa l’informazione in questo senso. Se da una parte sembra che questi argomenti siano ormai permeati e metabolizzati dalla nostra società, assistiamo quotidianamente a discriminazioni che ci dimostrano il contrario. Compito principale del cinema è quello di educare, ed è giusto ricordarci di una società chiusa e bigotta nella quale la scoperta dell’omosessualità viene ancora trattata come una malattia, nonostante il DSM (manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) la abbia derubricata nel 1990.

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Credit: Focus Features

IN SVIZZERA TRA ARTE E CULTURA

Da sempre territorio di numerosi collezionisti d’arte, la Svizzera ha deciso di valorizzare il proprio patrimonio artistico attraverso la creazione di nuovi spazi espositivi attuando molti progetti promozionali. L’obiettivo è quello di avvicinare le persone all’arte coinvolgendo la stessa nella quotidianità dei cittadini inserendola anche nell’ambiente urbano. Eccovi di seguito una selezione di appuntamenti da non perdere.


Copyright by: Switzerland Tourism – By-Line: swiss-image.ch/Ivo Scholz

Tra i numerosi progetti culturali del 2019, a Zurigo riaprirà l’11 maggio il Pavillon progettato da Le Corbusier. L’edificio in questione, situato sul Lago di Zurigo, venne costruito a seguito della richiesta da parte della collezionista Heidi Weber. La struttura divenne uno spazio espositivo per opere artistiche di diverse tipologie: dai dipinti ai mobili. La particolarità del Pavillon è nella struttura che mette da parte la classica struttura in cemento a favore di vetro, metallo e pannelli di vernice.

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Ad Ascona invece, i proprietari dell’Hotel Ascona hanno portato alla luce una collezione inedita di opere di Luigi Pericle Giovannetti (1916-2001), trovata all’interno della sua abitazione. L’artista svizzero raggiunse il picco della sua carriera negli Anni ’50 dopo l’acquisto di un centinaio dei suoi dipinti da parte della famiglia Staechelin. Alcuni dei pezzi della collezione trovata, tra dipinti ad olio e disegni a inchiostro, sono conservati in ottime condizioni è attualmente è possibile ammirarli proprio nelle sale dell’Hotel Ascona.

L’Hôtel N’vY di Ginevra è il protagonista di un’opera artistica dal mood street. L’interno dell’edificio (in particolare la zona bar, alcune delle stanze e gli spazi comuni) è dove hanno espresso la loro arte il newyorkese Meres One e un gruppo di altri giovani artisti.

 

A Basilea, la città svizzera con il maggior numero di musei, l’arte campeggia anche nei luoghi pubblici. Il mediatore e promotore artistico Philipp Brogli è l’esperto del settore. Il suo lavoro è quello di mettere in contatto chi ha spazi, o per meglio dire pareti libere, con gli street artist interessati. Grazie a Brogli sono numerose le opere nate tra i palazzi.

Per potere scoprire queste opere tra le vie di Basilea è attivo il tour “UrbanArt Experience” realizzato con la partnership con l’hotel cinque stelle Les Trois Rois. Questo famoso hotel, al cui interno ospita anche un ristorante stellato, non disdegna le nuove forme d’arte e, attraverso la collaborazione con Artstuebli, organizza per i propri ospiti questo tour alla scoperta della street art locale. La particolarità: il percorso è interamente a bordo di una coloratissima Bentley ricoperta di graffiti.

Eine Gebaeude Installation im Hafen-Areal.

 

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SPRING BREAK: 24 ORE TRA LANGHE E ROERO

I professionisti delle gite fuori porta lo sanno bene, la formula weekend lungo è l’ideale per allontanarsi dalla città e concedersi una pausa ristoratrice dalla routine quotidiana. Se però, potersi concedere un giorno libero è diventato sempre di più un lusso, eccovi svelato un mini itinerario per esplorare una parte delle celebri Langhe in sole 24 ore, per chi proprio non può rinunciare ad un city break rigenerante o desidera godere di una gita all’insegna della scoperta e del buon cibo.

 

Guarene

Borgo della provincia di Cuneo, certificato a dicembre nuova località Bandiera arancione del Touring Club italiano, si trova nel Roero immerso nell’itinerario del Barocco piemontese. Qui, il protagonista è l’illustre Castello, una splendida dimora storica destinata dal 2011 a nuova vocazione: un hotel di lusso appartenente alla catena Relais e Chateaux, in grado di offrire ospitalità di altissimo livello in uno scenario mozzafiato. La mirabile struttura domina infatti dalla sua sommità le Langhe, il Monferrato e le cime delle Alpi.

La location è davvero suggestiva poiché è rimasta intatta con tutte le sue opere d’arte diventando inoltre una tappa eccezionale nei percorsi turistici della regione. Le camere da letto sono sontuose, in stile barocco con seduzioni aristocratiche. Per vivere a pieno l’esperienza, non deve mancare una pausa nella spa della struttura: dalla piscina, scavata interamente nella roccia ai percorsi di caldo e freddo, acqua e vapore, e le esperienze olfattive di profumi e di colori cromo terapici. Fiore all’occhiello, un lungo corridoio medioevale lungo 120 metri che separa i due lati della spa, e i prestigiosi rituali da cabina del brand Comfort Zone ideali per coccolarsi a fine giornata.

Infine, l’antica sapienza gastronomica del Roero e delle Langhe è il naturale riferimento della cucina del castello. I piatti della tradizione arrivano a tavola rivisitati, stupendoci per stile e delicatezza. Quanto ai vini, la cantina sfoggia l’intero repertorio dei più celebri del Piemonte, come Barolo e Barbaresco.

 

Barbaresco

Fondamentale per tutti gli appassionati dei vini piemontesi, il borgo sorge sotto l’imponente Torre che separa le Langhe dal Roero. Dalla terrazza panoramica è possibile ammirare un panorama mozzafiato, mentre all’inerno della struttura è stato allestito un piccolo museo per conoscere le storie di uomini, luoghi ed etichette che hanno contribuito a rendere il Barbaresco un vino conosciuto su scala mondiale. Terminata la visita, potete esplorare una delle numerose cantine presenti nel paese, da completare per i più golosi con una food experience presso la prestigiosa osteria Campamac.
Osteria Campamac

 

Alba

La città, storicamente romana e punto di riferimento per tutti gli amanti del tartufo è anche la capitale enogastronomica delle Langhe. Nel capoluogo piemontese è possibile visitare l’imponente duomo in stile gotico realizzato con i tipici mattoncini rossi. La città medioevale crebbe sui resti di quella romana, chiamata Alba Pompeia ed è oggi visitabile grazie al tour Alba Sotterranea, un percorso guidato da un archeologo professionista che si snoda su tre tappe principali e si conclude presso il museo archeologico di scienze naturali.

 

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DOVE GUSTARE LE MIGLIORI PIZZE GOURMET A MILANO

La pizza, che sia la tradizionale napoletana con cornicione alto, o sottile e croccante come si usa nella capitale, è sempre stata la regina indiscussa del panorama culinario italiano.  Ciò che differenzia le pizzerie italiane però, è l’approccio alla tradizione, in quanto il trend della pizza gourmet sta diventando sempre più diffuso, con una particolare attenzione alla creatività e all’innovazione. Eccovi allora una selezione delle migliori pizzerie da degustazione a Milano.

 

Pizzium

Quello di PIZZIUM è un vero e proprio “viaggio” culinario della Pizza Napoletana lungo lo Stivale, alla scoperta dei sapori della tradizione italiana. Oltre che alle classiche Margherita, Marinara e Bufala troviamo pizze speciali dedicate a tradizioni, ricette, ingredienti e prodotti delle Regioni italiane. Un’esplosione di sapori che nasce dall’attenta selezione di prodotti regionali DOP e IGP provenienti da aziende locali. Per i suoi due anni inoltre, il locale propone un nuovo menu con tante pizze inedite e creative che rendono omaggio al capoluogo campano seguendo come fil rouge il viaggio tra i quartieri napoletani. Da Posillipo a Mergellina, da Vomero a Focerlla, il nuovo menù è una mappa del gusto davvero da scoprire.

Berberè
Il progetto Berberè nasce grazie alla mente creativa di due fratelli calabresi trasferitisi a Bologna per studiare economia. Matteo e Salvatore propongono una pizza artigianale da lievito madre vivo, morbida dentro e croccante fuori.  Il concetto che caratterizza la pizza Berberè è il cosiddetto sharing, attuato grazie alla creazione di otto spicchi per permettere a tutti i commensali di gustare la grande varietà di ingredienti, anche insoliti come il miele di Acacia o il cavolo nero.  Assolutamente da provare è la pizza che rappresenta appieno la Calabria, con ‘Nduja di Spilinga, fior di latte ed i classici pomodoro e prezzemolo.

 

Briscola Pizza Society
Perché accontentarsi di una sola pizza, quando se ne possono ordinare due?  Ecco la filosofia di Briscola Pizza Society, che supporta anch’essa il pizza sharing, consentendo al cliente di scegliere se optare per due pizze da 20 cm o una classica da 30 cm.  Come se non bastasse, attraverso il Pizza Profile i commensali possono comporre la pizza che più rispecchia i loro gusti, partendo da una semplice Margherita bianca o rossa e condendola con ingredienti provenienti da tutta Italia. Insomma, un’esperienza assolutamente da provare e decisamente Instagram worthy!

 

Lievità
Grazie all’utilizzo di farina semi-integrale di tipo 1 e farina integrale, Lievità intende rivoluzionare la preparazione della pizza, senza però stravolgere la ricetta tradizionale napoletana.
La pizza Lievità, vincitrice del  titolo di migliore pizza gourmet di Milano, è pensata per risultare più saporita e paradossalmente anche più digeribile, grazie all’accuratezza risposta nella preparazione dell’impasto base. Il menu vanta una varietà di accostamenti e sapori unici con ingredienti creativi e decisamente freschi, che rendono la pizza più gustosa.

 

Assaje
Se siete alla ricerca di una pizza gourmet unita a piatti tipici della tradizione napoletana, Assaje a Milano fa decisamente al caso vostro. Il brand è nato infatti grazie alla tenacia e alla passione di un team completamente napoletano, il quale ha deciso di portare nel panorama milanese i veri sapori della genuinità partenopea.  Ciò che maggiormente caratterizza Assaje è la varietà del menu, che comprende inoltre panzerotti, arancini napoletani e le “gourmissime del mese”, ovvero quattro pizze estremamente creative pensate in base agli ingredienti di stagione. Una piccola curiosità sulla pizzeria Assaje, è la partecipazione al programma “4 ristoranti” dello chef Alessandro Borghese tra le migliori pizzerie gourmet di Milano.

 

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UNA VITA A POIS, YAYOI KUSAMA APPRODA AL CINEMA CON “KUSAMA INFINITY”

Arrivata all’apice della fama nel mondo fashion grazie alla collaborazione con Louis Vuitton nel 2012, Yayoi Kusama è anche considerata una delle artiste contemporanee più importanti e quotate al mondo. Ma durante il periodo  tra il 1958 e il 1973 a New York fu una donna sul continuo orlo della miseria, nonostante le sue  intuizioni d’avanguardia siano state motivo d’ispirazione per artisti del calibro di Andy Warhol e non solo.

Le estreme difficoltà che incontrò a farsi accettare dal mondo dell’arte, la condussero alla malattia mentale poiché nessuno voleva o riusciva a capirne la sua importanza.
Conosciuta soprattutto per le fantasiose creazioni a pois, tra cui le celebri zucche colorate e le “Infinity Room”, stanze a grandezza naturale tappezzate di specchi che riflettono il pavimento e il soffitto a dismisura, in realtà il ventaglio dei suoi lavori è estremamente più ampio e complesso comprendendo dipinti, performances, installazioni scultoree all’aria aperta ecc.

Il personale immaginario artistico della Kasuma è notevolmente influenzato dalla sua storia personale che si intreccia profondamente con quella del Giappone. Crebbe, infatti, durante la Seconda guerra mondiale in una famiglia che fece di tutto per scoraggiare le sue inclinazioni creative e farla sposare. Cercò poi successivamente rifugio nella Grande Mela, metropoli in cui dovette affrontare non solo il sessismo ma anche razzismo in quanto “asiatica”, ma dove trovò la libertà di esprimersi senza costrizioni culturali preconcette.

Attualmente vive di sua volontà in un ospedale psichiatrico da cui esce solamente per recarsi al suo atelier ma, come doveroso contrappasso, negli anni passati le sue mostre personali a Città del Messico, Rio de Janeiro, Seul, Taiwan e in Cile hanno attirato più di cinque milioni di visitatori, dal 2017, inoltre, Yayoi Kusama ha aperto il suo museo personale a Tokyo.

Il 22 marzo compirà 90 anni e il 4 marzo è uscito in sala con Wanted Cinema e Feltrinelli Real Cinema  Kusama Infinity di Heather Lenz, toccante documentario ritrattistico che utilizza materiale d’archivio inedito, raccontando in maniera intima la sua storia attraverso le sue stesse parole e le interviste a direttori di musei, collezionisti, amici e collaboratori.

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6 FRAGRANZE PER QUESTA PRIMAVERA

Se la bella stagione è impaziente di accoglierci, noi non possiamo tirarci indietro. Le nuove fragranze della prossima primavera 2019 sono già disponibili, e molte di queste sembrano tematizzare l’estate in modo deciso. Evocano la brezza marina, sono leggere e ci conducono in luoghi esotici e remoti, motivo per cui è arrivato il momento di conoscerle e indossarle sin da ora.

 

BLAUER UNITED STATES EDT FOR HIM

Un sorprendente intreccio di esclusivo Cardamomo Jungle Essence, succoso Bergamotto e sensuale Noce Moscata apre una fragranza moderna e raffinata. Il cuore esplode in un virile abbraccio di Lavanda Jungle Essence, piccante Geranio e accattivante Fior d’Arancio. Il tutto si posa soavemente su un fondo di cremoso Legno di Sandalo, prestigioso Legno di Cashmere e morbido Lorenox.

SERGE LUTENS LES EAUX DE POLITESSE

Ogni fragranza di questa collezione è di un colore diverso ma tutti condividono una trasparenza relativa in una gamma di tenui pastello appena sfumati. Questa linea di 6 fragranze fresche e leggere non ha nulla da dimostrare. L’unico scopo è darti la sicurezza di affrontare il mondo, come una cortesia sociale. Chiarezza e morbidezza sono le parole chiave.

ORTO PARISI MEGAMARE

Appartiene alla nuova creazione olfattiva di Alessandro Gualtieri. Con questa fragranza il maestro profumiere sfrutta la ricchezza e l’originalità delle note marine. Gli accordi marini sanno suscitare le emozioni dall’effetto rilassante, che come il mare ti porta sulle rive di nuove terre e ti chiama per incontrarti.

PENHALIGON’S PORTRAITS COUSIN MATTHEW

Questa eau de parfum ha una costruzione abbastanza inaspettata. Il mandarino è aperto, fresco, frizzante. Il patchouli è una  base ricca e oscura. Tra i due, uno spazio luminoso, arioso e vibrante. Decisamente fresca per un uomo  informale e sicuro.

MONTBLANC EXPLORER

In testa troviamo un’esplosione di frizzanti note pervase di bergamotto italiano che rivelano il lato brillante, energico e ottimista della fragranza. Il cuore di Vetiver ci porta nella zona più remota di Haiti: nell’estremo sud-ovest dell’isola, la regione di Les Cayes, dove il vetiver più pregiato al mondo viene prodotto secondo criteri biologici ed etici. Infine il patchouli del Borneo nel cuore della foresta pluviale, più precisamente sull’isola di Sulawesi.

ABATON CHINOTTO DARK

Fragranza dal  colorito  quasi  ligneo con note   verdi  agrumate  e  leggermente  balsamiche  delle  foglie  del  frutto  del chinotto  verde  raccolto nel  mese  di  Settembre. Cuore  rotondo,  quasi  liquoroso  con  un  fondo di  assenzio,  ginepro  ed  incenso,  che  rievocano  il  gusto  che  si  prova  nell’assaporare  questa  delizia  dolce-amara. È decisamente maschile ed elegante.

 

 

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TOKYO CAPITALE GOURMET

La meta del 2019 per gli appassionati del settore “food and beverage” è soltanto una: Tokyo, Giappone. Il Paese del Sol Levante affascina sempre più potenziali visitatori e invoglia, chi già c’è stato, a tornarci per vivere nuovamente le esperienze che solo la cultura giapponese può offrire. Ad aggiungere una nuova voce alla lista di motivi validi per fare le valigie e partire verso il Giappone ci ha pensato la rinomata Guida Michelin che annualmente si occupa di stilare una raccolta dei locali enogastronomici migliori al mondo.

Tokyo, secondo la dodicesima edizione della guida citata, è la città più stellata al mondo per quest’anno. Proprio tramite l’assegnazione di stelle ai singoli locali valutati, la Guida Michelin premia quelli ritenuti migliori (considerando diversi fattori) mettendoli subito sotto i riflettori dei professionisti e degli appassionati del settore culinario. I locali di Tokyo che si sono aggiudicati almeno una stella sono ben 230 ma le stelle totali assegnate sono addirittura 308. Un risultato degno di nota che rende la capitale del Giappone anche la capitale gourmet.

In questa edizione i nuovi locali entrati in classifica sono 73 ma non tutti sono specializzati in cucina tipica giapponese come si potrebbe pensare. La metropoli di Tokyo è una delle più globalizzate e l’interesse per il cibo non asiatico è molto. Lo testimonia il ristorante L’Osier, guidato dallo chef Olivier Chaignon e ispirato alla cucina francese, che quest’anno ha conquistato la sua terza stella Michelin. Per il must della cucina nipponica, il sushi, sono numerosi i ristoranti premiati: dalla new entry Kobikicho Tomoki, con le sue due stelle conquistate in un solo colpo, a Sukiyabashi Jiro Honten, un veterano nella guida gastronomica che conferma anche questa volta le sue 3 stelle. Nell’edizione attuale sono molte le novità riguardo i Bib Gourmand, indirizzi dove è possibile assaporare ottimo cibo a fronte di prezzi moderati. I locali di questo tipo inseriti nella guida sono 44 e testimoniano il fatto che la città offre proposte interessanti e gustose per tutte le tasche.

Non finisce qui il focus su Tokyo perché dal 19 al 29 aprile 2019, tra gli spazi della Roppongi Hills Arena, verrà ospitata l’edizione annuale della Craft Saké Week. Questa fiera-evento metterà in mostra 110 aziende produttrici di saké (il tipico liquore nipponico ottenuto tramite la fermentazione del riso) provenienti da tutto il Giappone. Un’occasione imperdibile per gli amanti della cultura e della cucina locale.

 

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MARCO CASTELLI: BOXING SOUL TEAM

Marco Castelli, classe 1990  e agrigentino di origini, è uno dei tanti esempi che  tra sogni e realtà il passo è breve. Da giovanissimo comincia a lavorare per caso nella moda, diventando prima top model per le più grandi case italiane, parigine e newyorkesi, poi testimonial di campagne pubblicitarie di brand importanti. Oggi insieme all’attività di modello è anche imprenditore, con la sua collezione di moda Marco Castelli Collection, dove crea abiti per la famiglia reale di Doha o per chi desidera uno stile assolutamente unico. Con il suo viso da bravo ragazzo conduce una vita sana e mai sregolata fatta di sport, alimentazione genuina e amore per gli affetti più cari come quello verso la famiglia e la sua terra, Porto Empedocle in Sicilia.

Ed è proprio il suo territorio ad ispirarlo nella prossima sfida, un cortometraggio di prossima produzione che verrà girato nella provincia di Agrigento e alla base vedrà il rapporto tra due fratelli . I due protagonisti saranno il modello Marco Castelli e Gerlando Castelli, due fratelli che il mondo del lavoro ha trascinato a grandi distanze per poi farli rincontrare nel Mediterraneo. Punto di congiunzione di una fratellanza che rappresenta anche una profonda amicizia, è la passione per la kick boxing e l’amore per la propria terra. «Abbiamo realizzato un trailer che rappresenta il primo passo per un prossimo cortometraggio che valorizzi la nostra terra – ha spiegato Marco Castelli, ideatore del progetto e autore della sceneggiatura – vogliamo comunicare a tutti i nostri luoghi sullo sfondo del bene tra due fratelli».  (Testo a cura di Alan David Scifo)

 

 

Credits video: Elis Gjorretaj, Andrea Vanadia

 

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LONDRA, NEW YORK E MILANO: I TALENT TO WATCH DELLE FW 2019.

Delle vere e proprie vetrine volte alla promozione dei giovani talenti del panorama internazionale,  le FW di Newyork, Londra e Milano puntano anno dopo anno sulle nuove leve più interessanti del settore che , attraverso innovazione e creatività, spiccano tra le passarelle delle tre metropoli della moda.

Londra – 1×1 studio
Fondata nel 2017 e guidata dalla designer Taiwanese Yi-Ling Kuo premio FDC Young Designer,  il marchio di abbigliamento maschile di lusso propone una maglieria innovativa che fonde perfettamente artigianato e creatività, formale e casual si fondono così nella visione di Yi-ling Kuo dando vita ad un ready to wear giocoso che può essere adatto a tutti i tipi di occasione. Nelle lavorazioni di 1×1 studio vengono impiegati sempre materiali di riciclo, che fusi con le particolari trame 3d e tecniche di lavorazione innovative, permettono alla designer Yi-ling Kuo di esplorare nuovi orizzonti tessili.
1×1 studio si è distinto durante gli scorsi one to watch di Londra con una collezione che esplora la tecnologia d’avanguardia interpretando la convinzione di un futuro scientifico. La relazione tra uomo e tecnologia viene spiegata attraverso il miro di Icaro, l’idea di “non volare troppo vicino al sole” si riversa sull’atteggiamento umano verso la tecnologia e trova la sua spiegazione attraverso una collezione innovativa che ci proietta nel futuro.

Milano – Angel Chen

Dopo una formazione in Central Saint Martins Angel Chen fonda il suo brand nel 2014 a Shangai, durante la scorsa FW milanese ha presentato la sua nuova collezione, un sentito tributo all’antica tribù nomade Qiang della Cina occidentale.
Twill, denim, tessuto scozzese, montone, piume, e toni aranciati, rossi, giallo brillante e blu navy hanno dato vita ad una fall winter colorata e frizzante, la giovane designer  seminfinalista al Woolmark prize 2018/2919 è anche molto attenta all’utilizzo e all’impiego di tessuti eco-sostenibili come le pellicce di lana o il tessuto scozzese realizzato con filo ricavato da bottiglie di plastica riciclata.

Styling a cura di Giorgia Cantarini

New York- R13
Fondata nel 2009 dal designer Chris Leba R13 vuole presentare beni di lusso che richiamino lo spirito ribelle della storia Americana.
Per la FW 2019 Leba si è ispirato ai negozi dell’usato mentre visitava Austin TX, la collezione viene descritta come “un’ode alle nonne grunge” e mescola sapientemente diversi elementi vintage; bavaglini di pizzo, t shirt vintage ricamate a mano, abiti floreali anni 50, giacche adornate con braccialetti e leopardato che viene impiegato in cappelli, pantalon,  top in flanella drappeggiati e abitini stapati.
Il risultato finale è una fantasia vintage che si fa collezione attraverso il personale tocco del designer.

 

 

Quanto guadagnano gli influencer su Instagram e come

Instagram è uno dei social network più utilizzati ed apprezzati al mondo. Secondo alcune stime solo nel nostro Paese ci sono ben 11 milioni di utenti attivi ogni giorno, ovvero 11 milioni di persone aprono quotidianamente Instagram. Naturalmente l’applicazione serve a curare le proprie amicizie, conoscere cose nuove e stabilire una rete di contatto, ma non sono poche le persone che hanno deciso di guadagnare con Instagram.

Il fenomeno dei cosiddetti influencer è ormai noto a tutti. Un influencer è quella figura definita fino a poco fa come opinion leader, ovvero un utente (spesso una persona comune) che riesce a definire e consigliare i gusti del suo seguito. Va da sé che per essere influencer è necessario prima avere un consistente numero di followers attivi sul proprio profilo, ovvero utenti reali con cui si interagisce ogni giorno. In molti, quindi, si chiedono come guadagnare con Instagram e quanto guadagna veramente un influencer. Alcuni studi di specialisti in statistica e tecnologie informatiche hanno provato a quantificare il giro d’affari intorno ad Instagram.

Uno dei modi più comuni per guadagnare su Instagram è quello di stringere collaborazioni, ovvero accordi commerciali, con aziende interessate a raggiungere il vostro seguito con le loro promozioni. Più la base di followers è caratterizzata ed interessata ad un particolare tipo di argomento, più sono alte le possibilità di presentarsi ad un’azienda per stringere un accordo commerciale. Il segreto è certamente quello di studiare bene la bio di Instagram, che permette di chiarire subito (in maniera seriosa o ironica) lo scopo della vostra presenza su Instagram. Il tempo ha dimostrato che descriversi in poche frasi è un’arte e sono pochi che riescono veramente a realizzare la bio perfetta. Ad ogni modo è necessario far comparire anche il proprio indirizzo di contatto, che non sia la mail personale ma un indirizzo creato appositamente per accogliere questo tipo di richieste.

Anche se non si è intenzionati a pubblicare l’indirizzo in bio è necessario almeno possedere un indirizzo utilizzato solo per il lavoro. Molte collaborazioni nascono proprio nei DM (ovvero direct message) e presentare subito una certa professionalità è sicuramente una carta in più al vostro favore. Ma quanto sono retribuite le collaborazioni?

Sono molti i parametri che permettono di stabilire il valore di mercato di una sponsorizzazione: la frequenza di pubblicazione sul vostro profilo, l’engagement dei vostri fan, il numero di sponsorizzazioni proposte nel tempo e così via.

Ad ogni molto molti siti hanno elaborato alcune stime per chi è alle prime armi o non ha mai svolto una collaborazione con un’azienda. Secondo il Corriere della Sera, ad esempio, un influencer nella fascia bassa (100k followers circa) può guadagnare fino a 500 euro da una collaborazione più ovviamente i prodotti in omaggio, un influencer medio (500k) possono guadagnare fino a 5000 euro. Discorso a parte per i grandi influencer (quelli che possiedono più di 1 milione di followers) e in questo caso è meglio parlare di personaggi pubblici. Le trattative con i “grandi” sono spesso materia di riserbo, ma il budget deve partire almeno dai 3000 euro.