Cibo dal mondo, quando la cucina ci fa viaggiare

Viviamo in un mondo ormai globalizzato, in cui merci e persone si spostano senza problemi su tutta la superficie terrestre e fanno viaggiare non solo l’economia, ma anche la cultura dei propri paesi. In una nazione attenta al cibo come l’Italia, ed esposta per natura a influenze culturali da più parti del mondo, è naturale che a interessare di più sia proprio l’aspetto culinario delle varie culture. Alcuni tradizionali cibi di varie nazioni, bisogna ammettere, si sono imposte a livello globale proprio per via di alcuni fattori tra cui la grande rappresentatività che fanno del loro Paese e la grande qualità e particolarità che sono in grado di incarnare.

Non è un caso, dunque, che gli italiani – soprattutto giovani e interessati ad allargare i propri orizzonti culturali con contaminazioni da tutto il mondo – abbiano pian piano volto i propri sguardi alle cucine del resto del mondo, e il fatto di cimentarsi nella preparazione di alcune specialità, è diventato di gran moda, fungendo da base fondante di molte serate in compagnia tra amici. C’è da dire che a dare ulteriore spinta a questa ondata di avventure culinarie è stata la nostra rete di distribuzione di supermercati, che, vista questa crescente attenzione verso l’estero, si è dotata di prodotti specifici, adatti a preparare pietanze straniere– esempi a tal proposito si possono ritrovare nell’anteprima del volantino Eurospin della prossima settimana

Ma quali sono allora queste culture che tanto ci appassionano? Andiamo a vederne due, le più considerate.

IL GIAPPONE

Che il Giappone sarebbe stato il primo a essere citato, era abbastanza scontato. Dobbiamo rilevare che oggigiorno quella giapponese è la cucina più diffusa al mondo. La straordinaria varietà dei piatti, l’incredibile qualità dei prodotti– soprattutto ittici, per via delle acque da cui il Paese è circondato, foriere di meravigliose specie di crostacei e di innumerevoli specie di pesci, spesso introvabili alle nostre latitudini – hanno reso quella giapponese la cultura culinaria più apprezzata a livello globale (superando, secondo alcuni recenti studi, quella italiana). Col tempo sono sorti ovunque ristoranti che offrono i migliori cibi di questa tradizione, sui quali regna incontrastato il sushi.

Per la verità, bisogna dire che in Europa e Stati Uniti siamo spesso abituati a confondere i concetti di sushisashimi. Nel primo caso si tratta di palline di riso con all’interno – o all’esterno – pesce crudo, avocado e altri ingredienti variabili. Con sashimi si intendono invece le tipiche fettine di pesce crudo da mangiare da sole, senza altri condimenti (a eccezione della salsa di soia e, per i più arditi, del wasabi, cioè una pianta tipica giapponese la cui radice tritata risulta estremamente piccante).

Al fianco dei famosi sushi e sashimi, la cucina giapponese offre anche una serie di zuppe, a capo delle quali possiamo citare il Ramen, e molti tagli particolari di carne, apprezzatissima anche nei nostri supermercati.

L’INDIA

La tradizione indiana ha impiegato più tempo di quella giapponese a imporsi anche nel nostro mercato, forse per via di un diffuso e atavico scetticismo verso la qualità e l’igiene che quelle zone del mondo esprimono. Tuttavia, col tempo e con una serie di ristoranti che da qualche anno hanno fatto da apripista a questa cucina, ci siamo accorti che in realtà è molto valida. Lo sappiamo tutti, a regnare nella cultura culinaria indiana sono le spezie, che danno un tocco inconfondibile a tutti i piatti. Su tutte, regna il famoso curry, usato in molti modi ma reso celebre dal tipico pollo al curry, accompagnato da riso basmati. Per qualche motivo questi sapori e questi profumi esotici fanno inevitabilmente viaggiare la mente verso quei paesaggi tipici indiani densi di atmosfere magiche accentuate dalla bellezza e particolarità dell’architettura moghul, rendendo dunque la cucina indiana estremamente affascinante e sempre più diffusa.

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Intervista a Sergio Ruggeri, il bullo di “Baby 2”

Sergio Ruggeri, è la new entry della seconda stagione della fortunatissima serie Netflix “Baby”, ovvero Vittorio, il bullo del liceo. Che cosa hanno in comune Sergio e Vittorio? Davvero nulla, lui, bellissimo venticinquenne romano è un vero bravo ragazzo che ti sorprende per la sua estrema educazione. Insomma, questo è solo l’inizio, lo rivedremo presto sul silver screen.

Come sei entrato a far parte della seconda serie di Baby per Netflix?

La serie di provini a cui sono stato sottoposto è stata lunga, infatti mi avevano già visto per la prima serie, poi ovviamente le cose vanno come devono andare e in quel caso la fortuna non è stata a mio favore. Per la seconda stagione le cose son andate diversamente ed è così che son diventato Vittorio.

Il tuo rapporto con la moda è cambiato dopo essere entrato a far parte nella serie più fashionable che abbiamo in Italia?

Posso dirti che mi appassiona tantissimo il mondo della moda, ambiente di cui ero solo spettatore prima, invece, ora essendo curioso per natura amo vedere il cambiamento e l’evoluzione del settore. Per adesso faccio i miei abbinamenti al meglio, poi avendo suscitato l’interesse di diversi brand tutto diventerà più facile.

Raccontami del momento più esilarante del set di Baby

Al di la del set, in primis dovrei dirti proprio il momento del provino, in quanto i due registi che sono Andrea De Sica e Letizia Lamartire, non ti chiedono di portare esattamente il copione, anzi ti lasciano la libertà di improvvisare. E questo non avere troppe indicazioni ti lascia lo spazio di fare qualsiasi cosa pur di convincerli che sei tu la persona giusta. Invece come scena recitata, senza dubbio la festa di Halloween, che si è svolta in un castello, ed eravamo veramente in tanti, tutti truccati e vestiti fino a notte fonda. È stato davvero magico.

Sei il bullo della scuola, ti è mai capitato nella vita reale di assistere a qualcosa di simile?

Nella serie il mio personaggio è davvero una persona orribile che punta l’attenzione sul terribile fenomeno del bullismo, per fortuna non ho mai dovuto assistere né come vittima né come carnefice a qualcosa di simile. Conoscendomi se mi capitasse non starei a guardare, anzi cercherei di aiutare il più debole.

Che tipo di attore sei? Hai fatto studi o è tutta farina del tuo sacco?

Inizialmente sono stato autodidatta, però per svolgere questo mestiere bisogna avere il maggior numero di strumenti possibili per andare avanti, infatti quando non sono impegnato a girare studio. Frequento una scuola di allenamento, dove mi sento libero di esprimermi al meglio e credo mi stia aiutando tantissimo.

Quanto sei consapevole dell’essere “gnocco” e quanto pensi ti possa aiutare nel tuo lavoro?

Non voglio essere ipocrita, quindi posso solo dire di essere riconoscente ai miei genitori per il lavoro svolto! Però allo stesso tempo so che questo è solo il biglietto da visita, poi ognuno di noi ci deve mettere del suo per portare avanti l’azienda.

Che cosa ti rende più felice?

I rapporti stretti con le persone che mi circondano, ho una comitiva di amici non numerosissima, ma contano davvero molto per me. E poi anche in famiglia so che quando ho bisogno posso contare su tutti. Non posso non dire però che amo viaggiare, infatti ho fatto un road trip a piedi in Malesia per un mese l’estate scorsa, solo uno zaino da quindici kg e due amici, ho avuto modo di visitare dei luoghi incredibili.

Invece che cosa ti fa arrabbiare maggiormente?

Mi altero per le questioni di principio, soprattutto con le persone che non mantengono la parola o ancor peggio, quando si prendono troppa confidenza e risultano maleducate.

Crediti foto: Ernesto S. Ruscio/Getty Images for Netflix

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Intervista a Pino Lerario, direttore creativo di Tagliatore

La creatività di Pino Lerario è alla base delle collezioni Tagliatore. Lo studio sul prodotto prima di tutto, la cura maniacale per il dettaglio , per i bei tessuti continuamente aggiornati al fit moderno, che rendono il brand un’eccellenza italiana da sempre sinonimo di eleganza.

Come nasce l’ispirazione nel tuo lavoro?
Parto sempre dai luoghi e dei paesaggi, per fortuna è facile e mi sento privilegiato, poiché tutte le mattine quando lavoro sono circondato da qualcosa di mistico che è il panorama della Valle d’Itria. Voglio trasmettere le stesse emozioni che provo quando creo i capi. Mi piace definirmi un sarto completo. Io immagino e realizzo. Parto dal disegno, faccio il modello e poi cucio e indosso. Il capo prima di entrare in produzione deve essere qualcosa di perfettamente fluido. E’ questo che mi piace del mio lavoro, avere il controllo su ogni singolo capo, per renderlo unico e speciale, come l’uomo che lo indossa.

Quale è il segreto dell’eleganza maschile oggi?
Sicuramente nelle ultime stagioni stiamo assistendo ad un cambiamento nelle vestibilità, con linee più morbide e sciancrature più armoniche. Realizziamo capi in linea con i dettami della moda, aggiorniamo i fit, pur rimanendo sempre fedeli all’immagine e all’identità del brand. L’utilizzo di materiale pregiati, i dettagli sartoriali, la vestibilità rigorosa sono gli elementi dell’eleganza.

Tre aggettivi per descrivere il tuo stile
Artigianalità intesa come utilizzo di materie prime di alta qualità e attenzione al dettaglio, Tradizione 

Il tessuto che ami di più?
Il tessuto che amo di più è sicuramente il saxony, un tessuto in lana cordata o pettinata che ottiene il suo nome dalla sua zona di provenienza ovvero la Sassonia, su cui si ottiene il Principe di Galles, elegante e senza tempo. 

I capi irrinunciabili per l’uomo questa stagione
Sicuramente le giacche. I revers molto grandi rappresentano una scuola di sartoria, difficilmente si trova una giacca così in confezione, sono il nostro DNA e ci saranno sempre. Il problema è che quando indossi una giacca con i revers normali non ti senti più a posto. Non puoi più farne a meno, come per le linee sciancrate e di carattere.

Cosa non può mancare nella tua valigia quando viaggi?
Quando viaggio, ciò che non deve mai mancare è un blazer nero. È sicuramente un capo passepartout con cui realizzare ogni tipo di look, dal denim ad un pantalone più elegante e che non deve mai mancare nel guardaroba maschile.

Libro preferito o che ci consigli di leggere?
Consiglio di leggere l’ultimo libro di Donato Carrisi, L’uomo del Labritinto. Donato è un uomo con moltissimi talenti e la sua ultima opera è un thriller psicologico che tiene il lettore con il fiato sospeso. 


Si era parlato dell’apertura di uno store a Milano, come prosegue il progetto?
L’espansione retail è sicuramente tra le nostre priorità. Milano, è la città da dove partiremo a brevissimo. 

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Arredare casa con gusto e creatività

I segreti dell’interior design a portata di mano

Tutti vogliono sentirsi a proprio agio nella loro casa. Riuscirci, per fortuna, non è una questione di dimensioni o di mezzi, ma principalmente di creatività e personalità. Non serve investire grandi somme, ma come spesso si usa dire “less is more”. Anche per quel che riguarda il portafogli. Seguendo le giuste indicazioni e tenendo d’occhio gli sconti nei negozi, è possibile arredare la propria casa con gusto senza spendere capitali.

Sempre più persone infatti comprano il minimo indispensabile e poi si danno al fai da te, creando complementi d’arredo che rendono ogni ambiente unico e personale. Questa scelta, oltre a rispecchiare il pensiero green sempre più rilevante al giorno d’oggi, è davvero azzeccata in termini stilistici. Vediamo insieme qualche consiglio su come rendere sempre più accogliente la propria casa e su dove trovare i complementi d’arredo migliori al giusto prezzo.

Una questione di colore

Scegliere i colori giusti è davvero fondamentale quando si organizzano gli spazi di una casa. Ovviamente ognuno ha i suoi gusti, ma vanno prese in considerazione soprattutto le dimensioni di ciascuna stanza. I colori chiari sono l’opzione perfetta per gli ambienti piccoli: non assorbono la luce al suo passaggio e danno l’impressione che il locale sia più ampio e luminoso. Puntare su colori neutri non è mai sbagliato, perché sono una base perfetta per altri tocchi di colore che possono essere più audaci. Infatti, avendo delle pareti a tinta neutra sarà più facile “giocare” con i complementi d’arredo, quali tende e divani colorati. Anche in cucina vige lo stesso principio: potremmo inserire alcuni elettrodomestici colorati (per esempio il frigorifero) per vivacizzare l’atmosfera. Per trovare alcune idee su utensili da cucina colorati basta navigare online, dando uno sguardo per esempio al catalogo Tupperware o alle offerte contenute nel catalogo Stanhome 2019. Questi permettono di avere sempre tutte le offerte disponibili in tasca e di risparmiare parecchio. Particolari e accessori colorati sono sempre un buon modo per donare calore e personalità ad ogni angolo della propria casa, occhio però a non esagerare! Un’accozzaglia di colori ammucchiati senza senso rischia di dare un’impressione di disordine e confusione.

Giochi di luce e spazi

Se una volta si puntava a creare case con spazi ampi e molti locali, la tendenza moderna (data anche dalla situazione economica di molte famiglie) è quella di abitare in appartamenti più piccoli. Per questo è importante fare di tutto per rendere meno opprimenti queste stanze e dare sempre l’impressione di aver più spazio. Per ottenere questo risultato si possono per esempio installare porte a vetro o intere vetrate per dividere alcuni spazi, oppure installare specchi su pareti scelte con cura. Gli specchi sono complementi d’arredo utilissimi perché uniscono tre funzioni: una pratica, una estetica e una strutturale. Alcune case, inoltre, hanno dei soffitti più bassi del normale. Per ovviare a questo problema dovremmo scegliere dei mobili bassi: in questo modo il soffitto sembrerà più alto e sarà più piacevole stare nell’ambiente.

Gli accessori fanno la differenza

A tutti piace risparmiare, perché risparmiare denaro significa spesso anche risparmiarsi sofferenze. Per fortuna non servono chissà quanti soldi per imprimere la vostra personalità alla vostra casa: bastano pochi accessori scelti con cura. Tende, tappeti, cuscini, soprammobili… tutti questi complementi d’arredo dicono molto di noi e permettono di dare un taglio personale ad ogni stanza. Non serve andare in negozi di alta fascia per trovare gli accessori perfetti per noi, ma basta un po’ di fantasia.

Per le personalità più estrose esistono interi negozi che si occupano esclusivamente di piccola oggettistica per la casa, che possono dare davvero un tocco in più a un ambiente altrimenti banale. Per trovare idee e suggerimenti da cui prendere spunto, andare su Internet e cercare per esempio: Tiger catalogo 2019. Potremmo attingere a moltissime idee senza muoverci da casa e senza usare volantini cartacei; un ottimo modo per proteggere anche l’ambiente.

Gli elementi di design vanno dosati con equilibrio. Si può eccedere un po’ magari nella stanza dei bambini, ma attenzione a non trasformare la casa in un negozietto dell’usato, riempiendolo di chincaglierie e infiniti soprammobili. Partendo da una base neutra, basta aggiungere gradualmente complementi d’arredo e accessori che rispecchiano la nostra personalità, finché non ci sentiremo veramente a casa

Contenuto sponsorizzato da Kimbino.

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Palestre Milano: gli indirizzi da scoprire

Il mese di Ottobre rende ufficiale l’autunno in città ed è il periodo migliore per sperimentare o iniziare nuove attività sportive. Tra novità e indirizzi del cuore, ecco i migliori club e discipline con cui tenerci in forma tutti i giorni.

Ceresio 7 Gym & Spa 

Un club dove l’esperienza fitness è davvero unica. Passione per lo sport, per la bellezza e per il benessere psico-fisico è esaltata dai massimi standard di qualità e assistenza al cliente. L’approccio parte dall’allenamento mirato e dall’applicazione di tutte le metodologie esistenti per incrementare la performance in qualsiasi disciplina praticata, sia a livello atletico sia amatoriale, favorendo uno stato di benessere a 360° gradi che interessa anche la bellezza e la cura della persona.

Dove: Via Ceresio 7, Milano

 Pilates Suite Brera

Un boutique studio dotato di tutte le ultime novità tecnologiche che evoca l’atmosfera accogliente e lussuosa di una suite d’hotel o di una elegante casa privata. Corsi di Stott Pilates®, approccio contemporaneo ed evoluto al metodo originale di Joseph Pilates, ma anche yoga, prepugilistica, kick boxing, ballet barre workout e ginnastica posturale. Si eseguono inoltre trattamenti terapeutici di riflessologia plantare, massoterapia, osteopatia, chinesiologia, anatomia della schiena e recupero funzionale.

Dove: via Fiori Chiari 14, Milano.

Barry’s Bootcamp

L’allenamento è basato su una combinazione efficace di un high intensity interval training, ossia 30 minuti di esercizi cardio su tapis roulant, 25 minuti con pesi liberi, bande e altri attrezzi per il corpo libero. Ogni giorno le classi ci propongono il training di un gruppo muscolare diverso. Non sono previsti costi di iscrizione o abbonamenti, ma qualora ci prendessimo gusto è possibile acquistare dei pacchetti convenienti. 

Dove: Via Senato 36, Milano.

Performante Fitness

Uno nuovo spazio a Milano dove ottenere le migliori performance per l’allenamento e gli altri sport in modo funzionale alla vita quotidiana.  Le strutture e le attrezzature sono pensati per l’allenamento funzionale anche a circuiti. Le novità per questa stagione sono gli small group, piccoli gruppi da 3-4 persone per un allenamento funzionale e coinvolgente.

Dove: Via Emilio Morosini, 32 Milano.

MÖT Studios

Uno studio con una nuova concezione di allenamento senza vincoli, né iscrizioni che ha l’obiettivo di offrire una scelta personalizzata di corsi per tutti i livelli, in un ambiente studiato nei minimi dettagli. Tra le classi prenotabili: power stretch, mat pilates, trx, yoga e MATRX un nuovo e originale sistema di allenamento che sfrutta la gravità e il peso del corpo.

Dove: Viale Francesco Crispi 3, Milano.

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“PUBLIC SPEAKING & STORYTELLING”: EVENTO SPECIALE DI BRUNO VETTORE

“Parlare efficacemente in pubblico valorizza idee, progetti e persone”, questo afferma Bruno Vettore, manager di riferimento nel real estate italiano, con esperienza trentennale al vertice di aziende come Tecnocasa, Pirelli RE, Grimaldi, Gabetti, FCgroup.

Da sempre attento studioso delle tematiche afferenti la formazione e la valorizzazione del “Capitale Umano”, è stato relatore in oltre 1000 seminari e conferenze, con circa 50.000 partecipanti ai suoi corsi ed eventi aziendali dedicati allo sviluppo del potenziale personale e professionale.

Ho sempre pensato che la capacità di comunicare possa creare empatia e coinvolgimento tra le persone e rendere più agevole il raggiungimento di obiettivi e risultati” dichiara Vettore a margine della giornata formativa “Creare e Motivare Team di Successo” tenuta recentemente a Milano di fronte ad una platea di oltre 70 professionisti ed imprenditori.

Ritengo che le aziende debbano, attraverso la formazione dei propri collaboratori, favorire processi comunicativi più fluidi ed inoltre  consiglio a coloro che hanno ruoli di responsabilità di migliorare ed affinare le proprie capacità di parlare al loro pubblico, interno ed esterno” conclude Vettore.

L’evento che si terrà il prossimo 21 novembre a Milano, “PUBLIC SPEAKING & STORYTELLING”, permetterà a manager, professionisti e imprenditori di migliorare l’approccio alla comunicazione durante un meeting, davanti ad una telecamera o semplicemente in una riunione di lavoro.

(Per  informazioni [email protected] / 02.36566067)  

Bruno Vettore è uno dei maggiori protagonisti del real estate  italiano, con esperienza trentennale al vertice di aziende come Tecnocasa, Pirelli Real Estate, Grimaldi, Gabetti.Nell’aprile del 2011 riceve l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, conferita con decreto dal Presidente della Repubblica.Dopo l’uscita del primo libro nel 2013 “ Trent’anni di un avvenire”, nel febbraio 2017 pubblica “ I 10 pilastri della leadership”, short book sul tema della leadership applicata nel concreto.Nel dicembre del 2015 riceve il “Premio alla Carriera”, nell’ambito dei prestigiosi Real Estate Awards, importante manifestazione che premia le eccellenze del settore immobiliare nazionale. Attualmente è nel board di diverse aziende  ed a capo della sua società BV INVEST, che si occupa di consulenza strategica, formazione manageriale, network development e real estate advisory. www.brunovettore.it 

Eva Green: 9 curiosità sull’attrice di The Dreamers

Eva Green, la tanto acclamata attrice di The Dreamers, nasce a Parigi il 6 luglio del 1980, da Marlene Jobert attrice di origine algerina e di famiglia con origini ebraiche, che ora ha deciso di intraprendere la carriera di scrittrice per bambini. Il padre, Walter Green, è un dentista svedese di origini bretoni che apparve nel film “Au hasard Balthasar” nel 1966 ed è il fratello di Marika Green, attrice molto conosciuta.

Tornando alla biografia di Eva Green possiamo dirvi che ha studiato alla American School di Parigi, per poi laurearsi invece alla Saint Paul Drama School.

A soli 20 anni si trasferisce a Londra per circa 10 settimane, dove segue un corso di arte drammatica presso la Weber Douglas Academy e prosegue gli studi di regia alla Tisch School oh Arts di New York.

La sua passione non era in realtà quella di fare l’attrice ma quella di diventare una egittologa, ma una volta rientrata in Francia comincia a comparire in alcune rappresentazioni teatrali.

Sin da bambina ha vissuto in ambiente cosmopolita e multiculturale ed oggi è una grande sostenitrice dell’Unicef.

Ha una sorella gemella di Nome Joy, sposata con un nobile italiano, che Eva Green va a trovare in Normandia appena possibile.

Vi lasciamo con qualche curiosità.

9 curiosità su Eva Green

La bellissima attrice Eva Green definita da Bernardo Bertolucci, “talmente bella da essere indecente”, ha studiato intensamente per ben due mesi inglese con un insegnante privato per poter recitare la sua parte in The Dreamers, ma non finiscono qui le curiosità, eccone altre 5.

  1. Maxim nel 2006 ha collocato Eva Green al 16° posto al mondo nella classifica delle donne più hot.
  2. E’ convinta che esistano forze sovrannaturali che influenzano il nostro destino
  3. Eva green è fra le attrici più pagate d’Europa
  4. Non ama per niente lo shopping e le boutique di alta moda, preferisce andare per musei e mostre d’arte.
  5. L’attrice di The Dreamers è stata anche testimonial per Emporio Armani e Campari, due grandi Brand internazionali.
  6. Non è solo una grande attrice, ma compone anche musica e canta.
  7. Fra le sue passioni poco convenzionali possiamo citare quella di collezionare insetti e ossa.
  8. Ama passeggiare col suo terrier e cucinare.
  9. Non ama i social non ha un profilo Instagram e non parla della sua privata, che al momento è davvero un mistero.

Conoscere, capire e conquistare l’Asia

Un’analisi su come cambia il servizio al consumatore nel retail asiatico

“Investire sulle persone e sui rapporti personali e sul servizio al consumatore” è il messaggio emerso dalla Conferenza sul retail in Asia al Palazzo delle Stelline su iniziativa di Texere Advisors, azienda specializzata nell’accompagnare i marchi europei nel loro processo di espansione retail nei mercati orientali.

La tavola rotonda ha visto interventi di manager italiani e retail asiatici, tutti concordi nel sottolineare l’importanza del rapporto personale e fiduciario che è necessario sviluppare nel fare affari in Asia. Rapporto di fiducia fra partner, come hanno evidenziato Frederick Yuson, uno dei maggiori distributori di marchi di arredamento internazionale nelle Filippine, e Marianna Potocco, quinta generazione dell’omonimo marchio centenario di arredamento di Manzano.

Paolo Selva di Boggi Milano ha inoltre posto l’accento sulla formazione del personale di vendita dei negozi, che devono trasmettere l’esperienza del Made in Italy e saper interpretare le esigenze del consumatore asiatico. Al riguardo Michel Phan, docente di marketing del lusso presso la francese emlyon Business School, registra una crescente competenza dei consumatori asiatici, soprattutto cinesi, nei confronti del prodotto europeo, e come questo aumenti  le loro aspettative di customer service e esperienza nel punto vendita, sempre più un centro esperienziale dove immergersi nel lifestyle del marchio.

Nicholas Bradstreet di Savills Hong Kong ha invece spiegato l’importanza della location in Asia, e di Hong Kong come principale porta di ingresso, e la centralità dei centri commerciali rispetto ai negozi su strada, sottolineando l’importanza dei rapporti con i landlord per qualsiasi marchio interessato ad entrare sul mercato.

Entrare in Asia richiede differenti approcci, ha aggiunto Jason Ahn, noto distributore di marchi di arredamento di lusso in Corea, e il marchio europeo deve capire come affrontare i vari Paesi in base alle proprie capacità e brand awareness. Non esiste quindi una ricetta univoca, e comunque, come sostiene Qihui Huang, distributore di marchi di illuminazione in Cina,  bisogna essere attrezzati, con un prodotto che si differenzi, abbia una qualità eccellente e sia innovativo, un marchio riconosciuto con una storia da raccontare.

In definitiva, l’Asia resta una mercato strategico eppure complesso e che dà risultati nel lungo periodo. Le differenze culturali, le varie normative, la competizione degli altri marchi e la complessità dei numerosi social media e della loro gestione, lo sviluppo di piattaforme di ecommerce molto sofisticate; tutto questo, come ha concluso Andrea Bonardi, Managing Partner di Texere Advisors, dev’essere messo in conto quando ci sia appresta a sbarcare in Asia.

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La guida completa su Napoli

Quando penso alla perfezione di una lingua, ai giochi di parola, ai modi di dire più bizzarri, alle parole più bislacche, mi viene in mente il napoletano. Perchè i napoletani hanno quella capacità, quel dono di sintesi, che permette di spiegare un intero pensiero, in un solo termine; dentro quel termine, troviamo mille colori e sfumature che non solo descrivono un concetto, ma che facilitano la sua comprensione perchè è come il disegno di un’atmosfera, di un mondo. Così, “mbuttunato”, sarà quel cibo imbottito, farcito, carico di olio e insaporito, non rappresenterà un semplice ripieno, ma si vedrà comparire, al suono di quella parola già cicciotta che riempie anche le labbra, tutto il colore di un condimento, il rosso di un pomodoro, il giallo ambrato dell’olio.


I napoletani sono come le loro parole, ricchi e carichi di vita, li trovi a vendere presepi per le vie del centro, cornici di fantasiosi personaggi in miniatura intenti nei lavori più umili, pastori, massaie, tosatori, panettieri, in fila per i banconi pronti per entrare nelle vostre case, e il desiderio è quello di comprarli tutti per quella minuziosa capacità caricaturale, che trasforma una semplice casa alta due spanne appena, in un set cinematografico alla Hitchcock, dove piccole lanterne illuminano desolate case “sgarrupate”.

La via dei Presepi

I sapori di Napoli


Napoli è l’abbondanza di una frolla ripiena di crema alla ricotta e semolino (ottima alla Pasticceria Leopoldo di via Benedetto Croce, pieno centro storico); è il rito del caffè accompagnato dal babbà al bicchiere, da gustare in piedi alla Pasticceria Scaturchio, vera Mecca dei buongustai, perchè se dobbiamo concederci il rito della pausa e di una chiacchierata, non può mai mancare la leziosità di un dolcetto.

Saporita come quella fatta in casa, ma solo se avete mamma di origini partenopee, la pasta al ragù del Tandem, in Calata Trinità Maggiore 12, succosa salsa di pomodoro e carne, che ben si sposa con gli scialatielli, tipica pasta fresca della Costiera Amalfitana.
Per gli amanti della street food, la monumentale “pizza a portafoglio” da Di Matteo, una pizza piegata in quattro, servita in carta assorbente, da mangiare rigorosamente in piedi per le vie di Napoli in un meditativo silenzio: ascoltate solo le vostre papille gustative e l’estrosità dei piccoli scugnizzi che vociferano accanto (scopri di più su LiveNapoli)

Anatema per eccellenza, la devozione dei napoletani per San Gennaro non ha eguali. Ai lati del Duomo di Napoli, la cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta, una cappella custodisce le reliquie del santo patrono; è la chiesa più importante della città, che attira ben tre volte l’anno i credenti di tutto il mondo a mani giunte, nell’attesa dello scioglimento del sangue di San Gennaro.

Nella cripta, accessibile tramite delle scale semicircolari, compare protagonista l‘Oliviero Carafa in preghiera, il cardinale che nel 1497 riportò in città le reliquie di san Gennaro, fino ad allora nascoste nel santuario di Montevergine di Avellino. Il soffitto presenta 18 cassettoni raffiguranti Santi e cherubini, sono altorilievi scultorei ad opera di Tommaso Malvito; tutto l’ambiente è un’alcova marmorea dai candidi colori del Paradiso, un luogo pregno di energia e di mistero.

Il Museo di Capodimonte


Salendo verso il rione Sanità, tra viuzze che di giorno sembrano semi abbandonate, ma vive di panni stesi, si arriva al Museo e Real Bosco di Capodimonte, 15000 metri quadri di area espositiva e un patrimonio di circa 47000 opere. Immerso nel parco Real Bosco, area verde cittadina che attira oltre il milione di visitatori ogni anno, il palazzo fondato nel 1738 da Carlo di Borbone, re di Napoli dal 1734, destinato a ospitare la collezione ereditata dalla madre Elisabetta Farnese, capolavori dal 200 ad oggi di cui fanno parte alcuni grandi nomi della pittura nazionale e internazionale: Parmigianino, El Greco, Guido Reni, Raffaello, Tiziano…


Parmigianino – Ritratto di giovane donna, detta Antea – 1535

Una donna dai nobili tratti e dalle vesti alla moda di una Italia cinquecentesca, ci guarda dritto negli occhi, ci affronta senza timore. I capelli sono acconciati con una scriminatura centrale e adornati da una grossa treccia a mo’ di cerchietto da cui pende, decorandola, una luminosa perla. Due i pendenti ai lati del volto e una abbondante tunica di stoffe pregiate con sbuffi alle maniche, che ne ingrandiscono la figura, rendendola maestosa e degna di rispetto. Quasi sproporzionato il braccio destro nella sua dimensione, una forza quasi mascolina che regge una pelliccia di martora e una catena di cui non si vedono i confini. La mano sinistra gioca con una collana e il mignolo porta un anello con rubino.

Nel 1671 lo scrittore Giacomo Barri affermò che il ritratto di Parmigianino rappresentasse Antea, una cortigiana romana descritta dallo scultore Benvenuto Cellini e dall’umanista Pietro Aretino. Ma sebbene l’opera sia conosciuta con questo nome, l’ identificazione non è corretta, per gli abiti che indossa e per l’espressione fiera di una bellezza piuttosto idealizzata.

Parmigianino- Lucrezia 1539-50

Lucrezia è il dipinto della dignità, del coraggio di andarsene quando onore e orgoglio sono più importanti della vita stessa. La martire romana è spinta al suicidio dopo lo stupro subìto da un soldato etrusco; la morta diviene l’unica soluzione al disonorevole gesto.
Lucrezia appare luminosa su uno sfondo nero china, l’abito cade scoprendole il seno e regalandole una carica erotica seppure nel gesto violento di una pugnalata nel petto. Nè sangue né espressioni di dolore per il dipinto di Parmigianino, piuttosto la valorosa bellezza di una dea che si sottrae alla crudeltà umana, rimanendo pura per l’eternità.

Artemisia Gentileschi – Giuditta e Oloferne 1612-13

Con le braccia tese e la spada in pugno, l’eroina ebraica Giuditta taglia la testa del generale babilonese Oloferne. La sua serva Abra tiene ferma dall’alto la vittima, il cui sguardo già rotea, all’indietro nell’oblio. Le due hanno sorpreso il generale nella sua tenda ubriaco e inerme. Gentileschi cattura il momento saliente dell’azione, quando il sangue di Oloferne scivola via con la sua vita, macchiando le sontuose lenzuola.
Questa scena è tratta dal Libro di Giuditta dell’Antico Testamento, in cui ella salva la sua città di Betulia dall’assedio dell’esercito di Oloferne. Gli storici dell’arte ritengono che il dipinto della Gentileschi possa avere una componente autobiografica. Nel 1611, Artemisia aveva subito uno stupro da parte di Agostino Tassi, pittore apprendista nella bottega di suo padre Orazio. Il processo aveva disonorato Artemisia, mentre Tassi era stato condannato per il reato ma rilasciato meno di un anno dopo. Artemisia potrebbe essersi ritratta nella figura di Giuditta per ottenere, almeno in pittura, quella giustizia che drammaticamente le era mancata nella vita reale.

Vero fiore all’occhiello di Museo Capodimonte, la collezione De Ciccio, donata dallo stesso allo Stato italiano nel 1958 e costituita da smalti limosini del ‘500, avori, porcellane Ginori e di Messein, maioliche italiane, ceramiche persiane, tessuti e ricami, preziosi argenti, piccole sculture, leziosi ventagli, orologi, vetri veneziani, bronzetti, deliziose tabacchiere e astucci decorati a mano, piccole ampolle da profumo con decori in rilievo, eleganti porta-ciprie, una serie di galanterie da far girar la testa alle donne più vanitose.

Nella sezione di Arte Contemporanea, spicca una figura importante dell’Arte Povera: Mario Merz, con l’installazione “Shock Wawe” (Onda d’Urto – 1987)

L’artista reinterpreta oggetti prelevati dal quotidiano, realizzando installazioni multimateriche che indagano la relazione tra energie naturali e culturali. Tra le massime figure dell’arte povera, Merz mette in fila pile di quotidiani stampati e distribuiti a Napoli, su cui poggia i numeri della successione Fibonacci, in cui ogni numero è la somma dei due numeri precedenti. A sormontare i giornali, degli archi di metallo incrociati e aperti verso l’esterno, che rimandano all’energia incanalata dalle forze in campo e che evoca la struttura di un’architettura primordiale e precaria, analoga a quella dell’igloo presente in molte opere ambientali dell’artista.

L’Artemisia Domus

Punto strategico per un pernottamento all’insegna del relax, l’Artemisia Domus nel pieno centro di Napoli, tra Piazza del Gesù e Spaccanapoli, la luxury Guest House con possibilità di avere jacuzzi in camera e sauna privata.
Artemisia Domus omaggia la grande pittrice Artemisia Gentileschi, che nel 1630 visse una parentesi partenopea; è un palazzo del ‘700 ristrutturato ma che conserva il fascino del suo passato, tutte le finestre delle camere affacciano su Castel Sant’Elmo e sulla Certosa di San Martino; altissimi i soffitti sormontati da travi in legno a vista, pavimenti in parquet, letti king size e suite insonorizzate. Se le lunghe passeggiate turistiche vi affaticano, potete prenotare un massaggio privato in camera, oppure farvi consigliare dallo staff per una gita in barca, una escursione in motoscafo verso la Costiera, un tour all’insegna del gusto.


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A Roma si accende la Festa del Cinema fra grandi star, ecologia e donne di polso

Roma città del cinema di ieri, oggi e forse anche di domani, fulcro di grandi progetti di rilievo culturale e palcoscenico delle star e dei grandi professionisti del cinema. Capitale internazionale della cultura e dell’arte con tante magnifiche mostre al suo attivo, Roma è ancora la grande bellezza, con buona pace di Salvini e di Feltri.

La quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma che tiene banco fino al 27 ottobre nelle sale dell’Auditorium del Parco della Musica della capitale, entra nel vivo schierando sul tappeto rosso una parata di stelle di prima grandezza della settima arte.

Apre le danze Bill Murray, interprete di Ghostbusters e di film acclamati a livello mondiale, insignito di un premio alla carriera consegnatogli da Wes Anderson, cineasta a sua volta osannato anche nella moda (Fendi, Prada, Louis Vuitton) per il suo temperamento visionario e la surreale ironia. Insieme a lui sul red carpet anche Frances McDormand e Edward Norton.

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ROME, ITALY – OCTOBER 17: Edward Norton attends the “Motherless Brooklyn” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 17, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

L’attore di film memorabili come ‘American History X’ e ‘Fight Club’, arriva a Roma direttamente da Hollywood per presentare il suo ‘Motherless Brooklyn-i segreti di una città’, un kolossal distribuito da Warner Bros.Pictures presentato in anteprima in questi giorni a Roma e nelle sale italiane dal 7 novembre.

Un noir metropolitano sullo sfondo di una cupa Brooklyn anni’50 e tratto dal romanzo di Jonathan Lethem ambientato invece negli anni’90, scritto, diretto, interpretato (e prodotto) da Edward Norton. Vi si racconta la vicenda di un solitario detective, il timido Lionel Essrog (Edward Norton) affetto da sindrome di Tourette e alle prese con un caso spinoso di un delitto: l’omicidio del suo mentore Frank Minna (Bruce Willis) che cambia la sua vita.

Nelle indagini sulla morte di Frank lo aiuta il direttore di un giornale (Bobby Cannavale). Nel cast spiccano Willem Dafoe, Alec Baldwin e la minuta Gugu Mbatha-Raw. Un film solido con una suggestiva fotografia e un montaggio secco e scanzonato. Una storia stimolante fra corruzione, malaffare e razzismo, in cui, secondo il regista Norton, possiamo cogliere forse le tracce della situazione americana politica attuale “un’ombra sul potere che vediamo in azione anche in Europa e in America Latina” dice il cineasta.

Norton, geniale e riservato, che descrive la malattia del protagonista Lionel come ‘un anarchico dentro di me’, è stato al centro di un interessante incontro ravvicinato con il direttore artistico della festa del cinema di Roma Antonio Monda. Sul suo red carpet, il più rutilante e mondano di tutta la kermesse della festa fino ad ora, oltre alla moglie Shauna Robertson, sfilano lo scrittore Bret Easton Ellis (a sua volta protagonista di un bell’Incontro ravvicinato), Pif, Luca Barbareschi, John Turturro, Bobby Cannavale, Federica De Denaro in Gattinoni Couture, Yvonne Sciò, Lunetta Savino, Gianni Letta e signora.

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Motherless Brooklyn. PH: Glen Wilson. Courtesy of Warner Bros – All rights reserved.

E in tema di big del cinema di Hollywood presenta a Roma il suo ultimo film, il documentario evento ‘Pavarotti’, il grande regista Ron Howard. Dopo l’eclatante celebrità raggiunta con il suo ruolo in ‘American graffiti’ del 1973 e del lentigginoso Richie nel popolare telefilm ‘Happy Days’ del 1977, il cineasta passa dietro la macchina da presa firmando alcune delle pellicole più famose della storia di Hollywood: da ‘Willow’ e ‘Cocoon l’energia dell’universo’ ad ‘Apollo 13’, dal ‘Codice da Vinci’ a ‘A beautiful mind’, da ‘Splash una sirena a Manhattan’ fino al più recente ‘Rush’, solo per citarne alcuni.

A Roma Howard porta la sua ultima fatica sul grande tenore italiano che duettò con molte star del pop; il docufilm distribuito da Nexodigital sarà nelle sale solo il 28, 29 e 30 ottobre. Ron Howard sceglie un approccio intimo per raccontare la storia di Pavarotti: si è spinto oltre l’iconica figura pubblica per rivelare l’uomo.

Grazie all’accesso esclusivo agli archivi di famiglia e al vasto materiale musicale ripreso dal vivo, il documentario fa emergere la storia personale dell’artista: dalle sue umili origini nel Nord Italia (era figlio di un fornaio) fino allo status di superstar mondiale, amico di Gianni Versace e della Principessa Diana.

Attraverso le immagini e la musica di ‘Pavarotti’ gli spettatori conosceranno meglio il cantante come marito e padre, filantropo e artista sensibile, che ha avuto una relazione complessa con il suo talento e con un successo senza precedenti.

Anche Ron Howard ha partecipato, in veste naturalmente di protagonista, all’incontro ravvicinato con il pubblico della Festa, nel quale il grande cineasta, che ha militato anche per Barack Obama, ha ricordato i momenti magici della sua strepitosa carriera.

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Foto Emanuele Manco / Fondazione Cinema per Roma

E passiamo a Martin Scorsese, 76 anni, premio Oscar per ‘The departed’ e 12 nomination all’Oscar, che a Roma presenta il suo nuovo, epico film sulla mafia dagli anni’50 fino a oggi, l’attesissimo ‘The Irishman’ reso possibile da Netflix come tiene a sottolineare il regista di ‘Taxi driver’ e tratto dall’omonimo romanzo di Charles Brandt.

Il film sarà nel cinema dai primi di novembre e dalla fine di novembre anche sulla piattaforma Netflix. Protagonisti tre giganti del grande schermo riuniti insieme dopo anni, Robert De Niro nei panni del gangster e sindacalista Frank Sheeran, Al Pacino (che potrebbe avere un Oscar per la sua magistrale interpretazione di Jimmy Hoffa, il sindacalista dei camionisti colluso con la mafia) e Joe Pesci (Russell Bufalino, che nella storia è il mentore e l’amico fidato di Frank).

Il film, che ha attratto anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella presente alla prima romana alla Festa insieme a Maria Elena Boschi avvolta in lungo di pizzo nero, riunisce anche De Niro e Scorsese 20 anni dopo ‘Casinò’. Una vicenda avvincente di tre ore e mezza di durata che ripercorre oltre cinquant’anni di storia americana, evidenziando le connessioni fra la criminalità organizzata e i palazzi del potere, soprattutto all’epoca dei Kennedy e di Nixon.

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THE IRISHMAN (2019): Ray Ramano (Bill Bufalino ) Al Pacino (Jimmy Hoffa) and Robert De Niro (Frank Sheeran).

Nel cast troviamo nuovamente Bobby Cannavale, stavolta nella parte del macellaio malavitoso Skinny Rasoio (questo è il terzo film che l’affascinante attore italo-americano presenta a Roma in questa edizione della Festa, dopo ‘Jesus Rolls’ e ‘Motherless Brooklyn’), Harvey Keitel nei panni del boss Angelo Bruno e Anna Paquin che nel film è la figlia di Frank Sheeran, Peggy.

Il veterano del cinema a stelle e strisce spezza una lancia affilata a favore di Netflix e gli effetti digitali CG che gli hanno consentito di ‘ringiovanire’ artificialmente i suoi ‘amici’ attori senza dover ricorrere a interpreti giovani per interpretare i personaggi chiave del film contestualizzati nel passato. A chi lo accusa sottilmente di maschilismo il regista replica seccamente:“Forse non lo ricordate, ma ho diretto molte donne nella mia carriera, da Liza Minnelli in ‘New York New York’ a Michelle Pfeiffer e Winona Ryder in ‘L’età dell’innocenza’”.

Le donne sono vere e proprie eroine della Festa di Roma numero 14. Tanto per cominciare alla Festa del Cinema sono presenti con i loro film 19 registe. In attesa del premio alla carriera a Viola Davis e dell’ultimo film di Cristina Comencini ‘Tornare’ con la grande Giovanna Mezzogiorno, sul red carpet sfila l’elegantissima Fanny Ardant, 70 anni portati splendidamente e protagonista, insieme a Daniel Auteuil e Guillaume Canet, del film ‘La belle époque’ di Nicolas Bedos, film romantico e ben strutturato sulla nostalgia e il desiderio, sull’amore e la vita, sul raporto fra sogno e realtà.

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Festa del Cinema di Roma 2019 – Red Carpet La belle epoque | foto Luca Dammicco / Fondazione Cinema per Roma

‘Je ne regrette rien’ dice l’attrice ironica alla fine dell’intenso incontro ravvicinato con il pubblico, in cui ha rivelato il suo rapporto con François Truffaut dal quale ha avuto una figlia Joséphine, Gérard Dépardieu, che è anche attore del film da lei diretto ‘Il divano di Stalin’-l’attrice è oggi principalmente una regista e ha già diretto tre film- Vittorio Gassman che la Ardant definisce ‘fragile e uomo di grande cultura’ e il grande Franco Zeffirelli che l’ha diretta in ‘Callas forever’.

Fra i film culto della festa del cinema di Roma versione 2019 svetta anche ‘Judy’ distribuito da Notorious Pictures che sarà nelle sale da gennaio, giusto in tempo per i Golden Globe. E c’è da credere, vedendo questo biopic intenso e vibrante pervaso da una sottile malinconia, che Renée Zellweger, che il regista Rupert Goold, di estrazione teatrale, ha scelto per interpretare Judy Garland, possa ambire sicuramente, se non a un Oscar ( e perché no?) almeno a un Golden Globe.

Il film affronta il tormentato rapporto della Garland con lo star system di Hollywood che fin da quando aveva 2 anni le ha imposto un prezzo altissimo da pagare per la celebrità: a 16 anni Judy non poteva né mangiare né dormire e lavorava senza sosta anche per 18 ore di fila per il produttore Louis B. Meyer che la danneggiò gravemente, le venivano somministrati farmaci da cui divenne dipendente nella sua maturità, venne costretta dall’ex marito Sid (Rufus Sewell) a vivere lontana dai figli più piccoli (due, la più grande, la terza figlia primogenita, é Liza Minnelli che compare nel film) per poter guadagnare il denaro che le avrebbe dovuto consentire di vivere con i suoi bambini.

Ma purtroppo non fu così. La diva morì all’età di 47 anni. Judy Garland fu anche un’icona gay: già dai tempi in cui a 16 anni interpretò Dorothy Gale nella trasposizione cinematografica de ‘Il mago di Oz’ si sentiva diversa dagli altri e voleva distinguersi perché destinata a far sognare la gente in preda alla crisi.

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Renée Zellweger as Judy Garland in Judy. Photo credit: David Hindley – Courtesy of LD Entertrainment and Roadside Attractions

E in quanto diversa si sentiva perseguitata così come i suoi fan londinesi, una coppia gay che ha subito l’umiliazione del carcere per atti osceni che nel 1965 ancora vigeva in Inghilterra. Da segnalare fra i film che esaltano la forza delle donne, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, rilettura in chiave attuale del dramma di Sofocle, una pellicola interessante per il contesto contemporaneo in cui è calata: la protagonista è una studentessa modello, immigrata a Montreal che si vede sottratti improvvisamente i due fratelli.

Il film racconta la sua lotta per la libertà nel segno di una feroce critica della società e del sistema della giustizia. Film molto al femminile è anche ‘Drowning’ che vede come protagonista anche la bella Mira Sorvino, premio Oscar per il film ‘La dea dell’amore’ di Woody Allen, che calca il red carpet fasciata da una sinuosa robemanteau di velluto di seta firmata Giorgio Armani.

Il film di e con Melora Walters, proiettato a Roma in questi giorni in anteprima mondiale, rappresenta il dramma esistenziale, trattato con uno sguardo minimale e intimista, di una donna depressa attanagliata dai rimorsi per la depressione della figlia aspirante artista e per la partenza del figlio arruolato al fronte in Iraq.

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Mira Sorvino in Drowning

Ruota intorno alle donne anche il bellissimo ‘Downton Abbey’ distribuito da Universal Pictures in cui giganteggia la novantenne Maggie Smith (altra sicura candidata all’Oscar) che nella saga dei Crawley spicca come ‘La guardiana del faro’, depositaria della tradizione e del blasone della storica casata inglese, al cinema dal 24 ottobre.

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ROME, ITALY – OCTOBER 19: attends the “Downton Abbey” red carpet during the 14th Rome Film Festival on October 19, 2019 in Rome, Italy. (Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF)

Degno di nota il bell’affresco corale al femminile ‘Military wives’ di Peter Cattaneo con una Kristin Scott Thomas in stato di grazia, nel ruolo di Kate, moglie di un colonnello distrutta dalla perdita del figlio in guerra, un dolore che esorcizza con un ferreo e repressivo autocontrollo.
La vita delle mogli dei militari al fronte può essere ingrata.

Separate dai mariti, vivono nell’ansia e nella solitudine, affrontando silenziosi sacrifici con mite coraggio, mentre vivono con il terrore che un giorno qualcuno bussi alla porta con una notizia fatale. Ma Kate sopporta tutto con grazia e fermezza, anche grazie alla libertà che trova nel canto, e riesce a convincere un gruppo di donne nella sua stessa situazione a formare il primo coro composto da mogli di militari. Tratto anche questo da una storia vera.

Opera da prima da segnalare l’intenso film di Filippo Meneghetti ‘Deux’ con Barbara Sukowa (la musa tedesca di Margarethe von Trotta e di Fassbinder) e Martine Chevallier, storia poetica di una relazione saffica fra donne mature e in pensione. E approda alla Festa del Cinema di Roma anche il divertente e illuminante film ‘Hustlers-le ragazze di Wall Street’ di Lorene Scafaria con Jennifer Lopez, distribuito da Lucky Red che ha colpito di nuovo nel segno.

Una gustosa commedia ispirata a una storia vera in cui un gruppo di avvenenti spogliarelliste capitanate da Jlo si improvvisa banda criminale di rapinatrici per derubare i suoi clienti, per lo più broker di Wall Street. “Presentiamo un mondo che magari si è già visto in tanti film e tante serie tv, ma lo facciamo da una prospettiva diversa, quella delle ballerine –spiega la regista– È una combinazione di un poliziesco, un film drammatico e una storia di spogliarelliste, ma anche un’analisi della crisi economica che ha sconvolto le vite di tante persone, comprese quelle dei nostri personaggi”.

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Jennifer Lopez stars in Hustlers

Nel film, Destiny fa la spogliarellista per provvedere a sé stessa e alla nonna. La sua vita cambia quando fa amicizia con Ramona, la stella del locale. Destiny impara da Ramona come conquistare il pubblico maschile, soprattutto la clientela di Wall Street, e che, quando si fa parte di un sistema corrotto, bisogna sfruttare piuttosto che farsi sfruttare. Destiny, Ramona e altre ballerine che si uniscono a loro, escogitano un piano per cambiare le regole del gioco, ma la situazione sfuggirà al loro controllo.

Riflettori puntati sulla liaison fra cinema e politica e anche cinema e storia: alla festa approdano ‘Where is my Roy Cohn’ di Matt Tyrnauer, lo stesso regista che ha realizzato il film di successo ‘Valentino the last emperor’, stavolta impegnato nel docufilm incentrato sull’uomo che ha fatto da burattinaio della peggiore politica americana da Mc Carthy a Trump, e dei suoi loschi traffici, e ‘438 days’ di Jesper Ganslandt, stimolante ed efficace riflessione sulla libertà di parola e di stampa.

Deludente e molto debole a livello di sceneggiatura ‘Il ladro di giorni’ con Riccardo Scamarcio, mentre brilla per acume, penetrazione psicologica, pathos e intensità emotiva ‘Honey boy’ di Alma Har’el in cui l’attore Shia Laboeuf porta in scena la sua vita e il suo sofferto e travagliato con il padre alcolista e tossicodipendente, applauditissimo in sala.

Infine un gioiello, il film ‘Waves’ di Trey Edward Shults in cui la vita di un giovane afroamericano aspirante campione di Wrestling viene sconvolta da una tragedia. Fra guerra e pace, diversità e inclusione, drammi familiari e grandi passioni, la Festa a Roma continua in omaggio alla magia del cinema.

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Belei: la prima skincare di Amazon

Si chiama Belei ed è la prima linea beauty di Amazon, che ci propone una skincare di alta qualità per la cura della pelle dedicata a differenti tipologie di epidermide realizzata con ingredienti di comprovata efficacia come i peptidi, l’acido ialuronico, la vitamina E e il carbone.

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I prodotti sono in tutto 19 , dalla crema idratante viso 24h per pelli ultra sensibili al siero vitamina booster fino alle creme detox giorno e notte, per aiutarci ad affrontare i problemi più comuni legati alla cura della pelle, come la comparsa di linee sottili e rughe, macchie scure, disidratazione e opacità. Il plus: una formulazione senza parabeni e formaldeide, inoltre non sono stati effettuati test sugli animali in fase di creazione della linea.

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Alessandro Maestri, responsabile della categoria Beauty di Amazon.it commenta: “Abbiamo adottato un approccio semplice e senza fronzoli durante la creazione di Belei, sviluppando prodotti con ingredienti che hanno dimostrato sia di dare ottimi risultati sia di garantire ai nostri clienti un’ottima qualità spendendo meno tempo e denaro”.

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Arriva a Roma John Travolta, il bello che balla

John Travolta, interprete poliedrico, cantante, ballerino e grande attore di Hollywood, calca con nonchalance e argento vivo addosso il red carpet della Festa del Cinema di Roma edizione 14 per presentare il suo ultimo film, ‘The fanatic’, diretto da Fred Durst e prodotto da Oscar Generale. Ed è subito evento, bagno di folla, e tifo da stadio, meritatissimi.

Nella sala Sinopoli dell’auditorium del Parco della Musica di Renzo Piano, il divo, radioso nel suo abito scuro corredato da mocassini senza calzini e con la testa completamente rasata, 65 anni ma non sentirli (e non dimostrarli), due figli e tanti film di successo alle spalle, ha ricevuto dalle mani del direttore artistico della Festa Antonio Monda il premio speciale per il suo ultimo film, che è un po’ anche un tributo alla sua sfolgorante carriera costellata di grandi successi.

‘The fanatic’ è una storia interessante e un po’ da brivido, che parla di un’ossessione, di una passione, quella per il cinema e i suoi protagonisti che fa vibrare tuttora l’attore di ‘Staying Alive’, ‘Grease’ e ‘Pulp fiction’, arrivato a Roma con il suo aereo privato. “Ho sempre amato il cinema di Fellini, e star come Sofia Loren e Jim Cagney perché sapeva ballare e cantare, sono innamorato del cinema e dei suoi miti e di film come ‘Il padrino’ di Coppola e ‘Cabaret’, e anche se non sono stato mai perseguitato dai miei fan con i quali ho un rapporto idilliaco direi, capisco perfettamente il protagonista del mio ultimo film Moose, patito di cinema che fa di tutto per avere un incontro privato con il suo idolo, l’attore Hunter Dunbar”.

Il film, che sarà proiettato nel calendario della Festa del cinema di Roma il 27 ottobre, è un evento molto speciale. “È forse il ruolo che ho amato di più nella mia carriera-dichiara Travolta-con Oscar Generale formiamo un team affiatato, lui ha prodotto altri miei film, e ora sono felice di essere invitato a Roma per introdurre la mia ultima fatica. E poi amo le sfide e i personaggi bizzarri, datemene uno e lo farò”.

L’attore, alla conferenza stampa in chiodo e lupetto neri e poi all’incontro con camicia con volant da dandy si concede con generosità al suo pubblico e ai suoi fan, Oscar Generale (che è anche marito di Denny Mendez, una bellissima ex Miss Italia ora madre felice di una deliziosa bambina già diva in erba), schiva le domande scomode e inopportune, e Travolta da parte sua risponde a tutto con gentilezza e grande stile, poco divo diciamo e molto star alla portata del pubblico così come deve essere.

E dopo aver introdotto il suo ultimo film, un thriller attesissimo alla festa del cinema di Roma, il divo ripercorre la sua carriera. “Sono approdato al cinema perché i miei lavoravano nello showbiz, sia nel cinema che nel teatro, e quindi mi hanno sempre incoraggiato, mia madre era un’attrice bella e di talento e anche un’ottima regista (si tratta di Helen Cecilia, nata Burke e di origini irlandesi, Travolta nasce nel New Jersey nel 1954 da una famiglia di origini siciliane e il nonno arrivò negli Stati Uniti nella prima decade del Novecento per poi sposare sua nonna che era di Napoli n.d.r.), in famiglia con gli altri miei cinque fratelli guardavamo sempre film tutti insieme, l’entertainment era nel mio sangue e sono stato educato a lavorare bene e a dare del mio meglio in questo lavoro, non ho rimpianti tranne forse ‘Chicago’ che ho rifiutato per tre volte perché quando lo vidi a teatro, dal momento che sono cresciuto in un’epoca in cui le donne amavano gli uomini, lì invece avevo percepito un’insolita rabbia delle donne verso gli uomini, avrei dovuto parlare con il regista del film, lo so ma lì ho sbagliato io” dice Travolta sorridendo.

Il divo ha iniziato a danzare prendendo lezioni di tip tap dal fratello di Gene Kelly “ora la danza mi manca un po’ ma potete vedermi ballare il tango nel video ‘3to Tango’ del rapper mio amico Pitbull, guardatelo su Internet”. È diventato un’icona glamour di Hollywood a partire da ‘la febbre del sabato sera’ del 1977 che gli valse una candidatura all’Oscar permettendogli di cavalcare l’onda lunga della disco della fine degli anni’70.

Nel 1978 è Danny Zuko in ‘Grease’ un altro eclatante successo mondiale, il musical degli anni’80 con una colonna sonora cult che ricevette cinque nomination ai golden globe nel 1979, e nell’agosto del 1983 all’epoca di ‘Staying alive’ di Sylvester Stallone’ sequel de ‘La febbre del sabato sera’, Richard Avedon lo immortalò con il suo fisico cesellato e madido di sudore in una posa trionfante e di scultorea bellezza per la copertina di Rolling Stone che lo consacra sex symbol degli anni’80.

“Potevo essere io la star di ‘American gigolò’ ma ebbi una lite con il regista Paul Schrader e rifiutai come ho rifiutato anche ‘Ufficiale e gentiluomo’ e ‘i giorni del cielo’ ma Richard Gere non mi ha mai detto grazie in realtà” sfuma con un sorriso. E ancora :”Fui scartato come protagonista di ‘Jesus Christ superstar’ per il ruolo di Gesù, ma il produttore Robert Stigwood mi notò e scrisse su un pezzo di carta il mio nome per poi propormi di interpretare prima ‘la febbre del sabato sera’ e poi ‘Grease’, a volte se qualcosa va storto c’è sempre il lato positivo da cogliere nella vita, non si sa mai”.

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Photo by Vittorio Zunino Celotto/Getty Images for RFF

Il divo continua ad accarezzare il sogno americano scegliendo di interpretare due ruoli in due film cult di Brian De Palma, ‘Carrie’ in cui è il fidanzato spaccone della perfida Nancy Allen che bullizza sissy Spacek, e poi in ‘Blow out’ film memorabile in cui è un tecnico del suono che cerca di salvare, senza riuscirci, la bellissima Nancy Allen, moglie del regista nella vita fino al 1983.

Bellissima la sequenza finale con la musica struggente di Pino Donaggio girata durante la festa del 4 luglio. “De Palma era molto disponibile con me, si fidava e mi lasciava grande libertà di scelta soprattutto sul set di ‘Blow Out’ che rimanda vagamente a ‘Blow up’ di Antonioni del 1966 ed è ispirato alla vita della segretaria di Bob Kennedy” rivela l’attore.

Nel 1985, dopo il successo di ‘Staying Alive’ un film sensuale e magnetico uscito due anni prima in cui Tony Manero diventa una super star di Broadway, interpreta il film ‘Perfect’ in cui è un giornalista bello e disinvolto che incaricato dal magazine ‘Rolling Stone’ di fare un’inchiesta sul boom del fitness in California dovrà scegliere fra la verità e l’amore da una parte e la spregiudicata manipolazione della notizia dall’altra, nuovo film interessante.

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Nello stesso anno Lady Diana lo invita a ballare con lei in un party indimenticabile alla Casa Bianca. Enorme il successo al botteghino anche per la commedia brillante ‘Senti chi parla’ del 1989 in cui recita accanto a Kirsty Alley.

Ma è ‘Pulp Fiction’ del 1994, il capolavoro di Quentin Tarantino, il film manifesto dell’estetica degli anni’90, che gli vale la sua seconda candidatura all’Oscar. “Vincent Vega il mio personaggio nel film doveva avere i capelli lunghi e l’orecchino, e all’inizio Quentin non era convinto ma dopo il test prima delle riprese, dopo avermi visto scuotere i capelli approvò la mia scelta legata a un mio viaggio ad Amsterdam dove erano tutti capelloni. E poi volevo alleggerire con dialoghi spiritosi l’assassinio cruento in macchina, Vincent è un gangster ma con il cuore e l’ironia e lì improvvisai un po’”.

E a chi gli chiede cosa pensa dei nuovi film realizzati con interventi digitali e profusione di effetti speciali il divo, che ha interpretato ruoli disparati, dallo spassoso ‘Hairspray, grasso è bello’ al presidente Clinton fino al boss John Gotti, risponde così: ”Amazon e Netflix permettono di vedere i film che ho sempre amato, ciò detto resto legato al cinema attoriale e alla Hollywood dei tempi d’oro, è un mio gusto personale e credo che un film è valido se riesce a creare emozioni nelle persone che lo guardano”. Parole sante.

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Sposarsi in Puglia: le migliori destinazioni

Il mondo del wedding è in continua evoluzione ed espansione, oramai sposarsi nella chiesa più vicina e andare a pranzo nel ristorante preferito è out!

Questo lo abbiamo imparato dagli americani che per tradizione hanno sempre scelto una “wedding destination” ovvero un luogo incantevole sotto ogni aspetto che trasformi veramente il matrimonio in qualcosa di unico.

Bene, l’Italia da qualche tempo sta diventando una delle mete più ambite al mondo, ed alcune regioni come la Puglia hanno saputo cogliere perfettamente l’occasione.

Infatti, proprio i trulli, elemento abitativo conico protetto dall’UNESCO, ed un vasto territorio contraddistinto dalle pietre di Trani e di Lecce sempre più turisti e matrimoni arrivano qui.

Senza dimenticare il mare da bandierina blu, come ad esempio quello di Polignano, sembrerebbe indirizzare sempre più stranieri verso questa meta, da Indiani, Russi ed arabi, insomma il lusso è di casa qui tra gli olivi.

Ed è così che le famose Masserie Pugliesi, con i trulli, che originariamente erano deposito agricolo dove vivevano gli animali si son trasformati in Resort a 4 e 5 stelle.

Tra questi, spicca sicuramente la Tenuta Le Monacelle di Monopoli che è in grado di riprodurre lungo gli infiniti ettari di terreno un vero mercatino medioevale con tutte le prelibatezze pugliesi, catapultando l’ospite in un vero tuffo nel passato.

Puglia Promotions  e Undiscovered Italy Tours in primis, e persone come Erika Gottardi, Massimiliano Piccinno e Daniela Corti di Madreperla Event lavorano assiduamente rendendo tutto questo possibile avvalendosi della collaborazione di wedding planner di calibro mondiale come Kevin Lee, una vera super star nel settore.

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Mobilità sostenibile: electric trips

Pasquale e Alexandra sono una coppia nella vita e nel lavoro, viaggiano alla scoperta del Bel Paese (e non solo) cercando di sensibilizzare il più possibile un passaggio verso energie rinnovabili e cercando di trasmettere la sostenibilità come stile di vita​. ​La mobilità sostenibile li ha sempre affascinati, così nel 2019 è arrivato l’acquisto della loro prima auto elettrica, solo una delle tante azioni che attuano per salvaguardare il nostro pianeta.

Come vi siete incontrati tu e Alexandra? Raccontate i vostri percorsi

Ci siamo conosciuti nel 2006 a Rimini durante una stagione di lavoro estiva in riviera romagnola. Dopo gli studi in Economia del Turismo (Pasquale) e Comunicazione (Alexandra) abbiamo avuto differenti esperienze di lavoro a Bologna. Nel 2009 pur avendo un contratto a tempo indeterminato abbiamo mollato tutto e deciso di cogliere l’opportunità di dirigere in Trentino un piccolo eco-hotel nelle Dolomiti di Brenta. Ci piace regalare emozioni agli ospiti che visitano il nostro piccolo paradiso veicolando sempre la nostra sensibilità per l’Ambiente.

Cosa significa per voi uno stile di vita sostenibile?

Per noi la sostenibilità è coerenza e soprattutto una visione consapevole e responsabile del futuro. Nei piccoli gesti quotidiani è racchiuso il segreto! Ormai alcune azioni sono alla base della vita di tutti, come la differenziazione dei rifiuti, il risparmio di acqua e l’acquisto di elettrodomestici di classe A+.

Queste le regole che cerchiamo sempre di rispettare:

1. Per la nostra alimentazione acquistiamo solo alimenti di stagione a Km zero privilegiando piccoli produttori locali e la filiera corta; abbiamo naturalmente ridotto il consumo di carne

2. Due escursioni a settimana nella natura permettono di rallentare i ritmi frenetici della vita moderna e riappropriarsi del proprio tempo.

3. A casa l’energia elettrica che utilizziamo è prodotta con energie rinnovabili al 100%.

4. Per gli spostamenti quotidiani utilizziamo la bicicletta.

Come è nato Electric Trips?

La mobilità elettrica ci ha incuriosito durante il nostro viaggio di nozze nel 2016. In tutta la California vedevamo tantissime Tesla ed al ritorno in Italia siamo ritornati con il chiodo fisso di acquistarla. Viaggiare a zero emissioni rappresenta un ulteriore step verso la coerenza. Nel 2017 abbiamo preordinato a scatola chiusa la nostra Tesla Model 3 auto 100% elettrica versando 1000 dollari di cauzione ed aspettando fiduciosi l’arrivo in Europa. Sogno realizzato a Marzo 2019. Subito dopo la consegna di “Kiki” (sappiate che ogni Tesla ha un soprannome) abbiamo creato il blog https://www.electric-trips.com/ combinando la nostra passione per i viaggi in auto 100% elettrica e la voglia di un mondo migliore. Trasmettere la nostra esperienza è importante per sensibilizzare le persone a cambiare passo e comprendere che visitare il nostro bel Paese e l’Europa in auto elettrica è possibile. Siamo il presente e non il futuro!

 I vostri ultimi viaggi, cosa vi ha particolarmente colpito e perché?

Durante i nostri viaggi abbiamo un file rouge: selezioniamo solo hotel 100% green e ci fermiamo a gustare i cibi locali in ristoranti che prediligono il Km zero e l’utilizzo di prodotti stagionali. Il nostro ultimo viaggio è stato in Abruzzo meta che abbiamo scelto non a caso! E’ stata una scoperta in tutti i sensi in quanto non ci aspettavamo il calore della gente che ci ha accolto. E’ una regione bellissima ricca di storia e paesaggi diversi (dal mare alla montagna si impiegano circa 30 minuti) ma che ha un sacco di ferite dopo il terremoto e ciò che ci ha particolarmente colpito è la grinta dei giovani che abbiamo conosciuto che decidono di rimanere nella propria regione e cambiare le regole del gioco. La nostra prossima avventura sarà su un’isola del Mediterraneo! Seguiteci su Instagram e Facebook per restare aggiornati.

3 consigli per chi affronta un viaggio con Tesla

PIANIFICATE. Guidare una Tesla rende i nostri viaggi più rilassanti ma è necessario pianificare le proprie soste. Durante lunghi tragitti utilizziamo i Supercharger ovvero le stazioni di ricarica veloci per sgranchire le gambe, gustare un buon caffè o un buon pranzo/cena e fare due chiacchiere con altri owners.

RICORDATE IL CAVO DI RICARICA e LO SMARTPHONE carico di app. Alcune zone del nostro Paese come il sud non sono particolarmente coperte da colonnine di ricarica e non tutti gli hotel sono attrezzati di wall charger. Molto sta cambiando e ricordiamo che per ricaricare la nostra auto durante la notte basta una schucko. Sullo Smartphone non dimenticate di scaricare la nostra selezione delle migliori APP per viaggiare in elettrico.

VISITATE I BORGHI. Per un turismo sostenibile e consapevole dovremmo cambiare il paradigma del nostro viaggio senza aver paura delle tappe di ricarica ma non solo in autostrada o nei grandi centri! Immaginate che le colonnine siano installate in luoghi belli degni di essere visitati: i nostri Borghi! Il passaggio e la sosta delle auto elettriche nei Comuni potrebbe diventare una vera e propria opportunità. Il nostro ultimo consiglio è rivolto agli amministratori dei piccoli borghi perché la richiesta di installazione di una colonnina potrebbe generare sicuramente ricadute positive per l’intera comunità.electric tripselectric

Cosa non può mancare nella vostra valigia?

Alexandra- Un paio di scarpe da running, rossetto e occhiali da sole, la lista dei prodotti tipici da acquistare.

Pasquale – La curiosità, un bel libro, gli adesivi di Electric-Trips.

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REAL ESTATE: AUMENTA IL GRADO DI FIDUCIA DEGLI AGENTI IMMOBILIARI

Da almeno un triennio il mercato immobiliare sta gradualmente riprendendo quota e sta finalmente superando una pesante crisi. È noto che il settore sia regolato da cicli positivi e recessivi, che si alternano per periodi di almeno sei/sette anno ognuno. 

Dopo il  record del numero di compravendite registrato nel 2007/2008, superiore alle 800.000, si è precipitati nel giro di qualche anno ad un numero di transazioni addirittura inferiore alle 400.000. Le motivazioni, come noto, sono state di vario genere: alcune di tipo congiuntale, altre connesse alla brusca frenata dell’erogazione da parte degli istituti bancari dei mutui per l’acquisto immobiliare conseguente alla crisi internazionale che ha portato anche al fallimento  negli Stati Uniti di alcune importanti banche.

Il recente 2018 si è chiuso con circa 580.000 compravendite residenziali ed i principali istituti di ricerca prevedono che per entro il 2020 si possano superare anche le 600.000 operazioni di trasferimento immobiliare per ‘ambito in questione.

Migliora anche  il grado di fiducia degli Agenti Immobiliari rispetto al proprio mercato di riferimento, misurato da un sondaggio  da BV invest, società che opera nel settore della Consulenza Direzionale e Formazione Manageriale, guidata da Bruno Vettore, manager di riferimento del settore immobiliare.

Rispetto ai dati raccolti  al termine dello scorso anno, l’indice di fiducia per il futuro degli operatori, sale al 61% e conferma il trend di ripresa del mercato immobiliare, che si manifesta anche con un aumento delle compravendite ed un conseguente incremento del fatturato.

I risultati dell’indagine su un campione significativo di operatori, sono risultati i seguenti:

Per la tua attività  di agente immobiliare come sarà l’anno 2020?

  • Migliore del precedente 61%
  • Sulla stessa linea del precedente 24%
  • Peggiore del precedente 9%
  • Non sa, non risponde 6%

I dati sono  stati raccolti a mezzo survey e contatti telefonici su un panel di circa 1000 agenti immobiliari  e sono da interpretare come semplice indicazione di carattere generale rispetto all’orientamento complessivo del mercato. BV invest srl è una società che si occupa di Consulenza Direzionale e Formazione Manageriale www.bvinvest.it

I migliori outfit da allenamento

Con l’arrivo dell’autunno, insieme al cambio dell’armadio è necessario rinnovare il nostro abbigliamento dedicato alle attività sportive. Ecco svelati nella gallery alcuni capi ed accessori che non possono mancare nelle giornate in cui vogliamo stare davvero comodi oppure durante i workout in palestra. Buon allenamento!

UNDER ARMOUR

Borsone con tecnologia UA Storm, che offre una finitura altamente resistente all’acqua, e con 2 ampie tasche anteriori con chiusura a zip. Shorts della capsule Always On in tessuto elasticizzato morbido e leggero.

Canotta sempre appartenente alla capsule Always On in tessuto dotato di tecnologia UA Microthread ad asciugatura rapida.

La scarpa da training HOVR Apex è una versione versatile adatta a supportare le prestazioni degli allenamenti, garantendo comfort, stabilità e flessibilità.

REEBOK

Pratica borsa da allenamento, presenta una tasca interna in mesh per tenere in ordine i piccoli oggetti, mentre la tracolla regolabile offre comfort nella vestibilità.

Un’accattivante felpa con cappuccio da uomo perfetta per andare in palestra, ma non solo. Dotata di mezza zip e cappuccio regolabile con cordino, è realizzata in morbido fleece.

PUMA

La scarpa da training LQD CELL Tension Rave è dotata di una tecnologia d’avanguardia studiata per garantire un’ammortizzazione stabilizzata, ed è progettata per gli allenamenti ad alta intensità. La silhouette progressiva è perfetta per un training intenso che combina un design audace a colori pop.

I pantaloni aderenti dotati della tecnologia traspirante che allontana l’umidità dalla pelle e aiuta a restare asciutti e comodi, presentano delle linee ergonomiche per la massima libertà di movimento ed elementi rifrangenti per garantire la migliore visibilità in situazioni outdoor.

Gli shorts con stampa Collective, progettati per gli allenamenti ad alta intensità, sono dotati di una tecnologia che allontana l’umidità dalla pelle per rimanere sempre asciutti, e presenta la vita elastica con coulisse interna regolabile.

NORTH SAILS

Felpa in cotone con nastro logato sui lati e pantaloni in coordinato in cotone con nastro logato.

LA MARTINA

Pantalone blu in cotone con logo e felpa rossa con chiusura con zip in misto cotone.

MYPROTEIN

La nuova crema proteica, disponibile in 3 diversi gusti, è perfetta per raggiungere il fabbisogno proteico giornaliero. Realizzate con un concentrato di qualità di proteine di siero del latte, sono ideali per sostenere i nostri allenamenti.

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Allarme ricrescita: le novità per ritoccarla e avere capelli perfetti

C’è poco da fare, se c’è l’aspetto è sciatto. No, non è un indovinello, ma solo la migliore definizione per la ricrescita, l’incubo di chiunque faccia uso di tinture; che sia per coprire i capelli bianchi o il colore originale della chioma poco cambia dato che l’effetto disastroso è lo stesso. Per la salute dei capelli e del portafogli, infatti, l’appuntamento col parrucchiere per ritoccare il colore non può essere fatto con una frequenza elevata ma si deve aspettare che passino almeno tre mesi tra una colorazione e l’altra (in alternativa si può avere un meraviglioso effetto stoppa, invitante, nevvero?). Ovviamente è proprio in prossimità della prenotazione dal nostro hairstylist che si presentano le occasioni più importanti in cui vogliamo avere un aspetto impeccabile e perfetto e a rovinare le nostre elevate aspettative ci si mette lei: la ricrescita. Abbiamo trovato dei facili, rapidi, indolori e semplici rimedi per coprire la ricrescita in un battibaleno, eccoli tutti!

Lo spray per ritoccare la ricrescita dei capelli

Per eliminare l’alone bianco, o del colore originale della chioma, in prossimità delle radici puoi provare lo spray per il ritocco della ricrescita. Simile a una lacca nella confezione e nell’uso, si spruzza in prossimità delle radici e in un colpo d’occhio copre il colore in contrasto uniformandolo con quello del resto della chioma. Uno dei più quotati al momento è lo spray per ritoccare le radici l’Oréal; per un uso ottimale si consiglia di pettinare i capelli per bene e di agitare la bomboletta prima dell’uso avendo cura di spruzzare la soluzione a circa quindici centimetri di distanza dalle radici. Per un risultato perfetto occorre scegliere la gradazione di colore che più si avvicina a quella della chioma da ritoccare ma se si sbagliasse non c’è da temere, va via con uno shampoo anche se resiste a sudore, vento e pioggia.

Il mascara per coprire la ricrescita

Questa soluzione è l’ideale per chi ha pochi capelli da nascondere e la ricrescita è piuttosto limitata (quindi non va bene se la ricrescita è decisamente evidente). Il mascara consente di avere un’applicazione estremamente precisa ed è sconsigliato per i capelli molto fini o grassi (il risultato non sarebbe ottimale).

Colorazione anti-ricrescita

È una vera e propria tintura studiata appositamente per coprire la ricrescita. Ha infatti tempi di azione piuttosto limitati, bastano dieci minuti per coprire il colore delle radici e uniformarlo con quello dei capelli. Se si sceglie questa soluzione bisogna prestare molta attenzione alla gradazione di colore scelta perché altrimenti si corre il rischio di avere un bel risultato bi-color. Molto simili a questo tipo di prodotto sono anche gli shampoo coloranti che possono essere applicati solo sulle radici oppure su tutta la lunghezza per creare maggiore omogeneità; anche in questo caso occhio alla gradazione di colore.

Stick copri ricrescita

Simile a una matita per labbra o a un rossetto, lo stick per coprire la ricrescita va passato sulle zone in cui è presente l’alone. Si applica come si mette un lipstick per le labbra e ci si aiuta con le mani per stendere al meglio il colore nella zona dopodiché il gioco è fatto: ricrescita coperta!

Sebago X Pendleton: una co-lab made in USA

Sebago, il famoso marchio di calzature e abbigliamento statunitense, presenta la prima co-lab con Pendleton, il leggendario brand americano di tessuti in lana.
Questi due marchi storici lavorano insieme per una capsule collection che unisce East e West Coast esattamente come 150 anni fa, quando il tessitore inglese Thomas Kay lasciò le coste dell’Atlantico per approdare via mare su quelle del Pacifico e iniziare un’avventura imprenditoriale diventata storia.

Tremila miglia attraverso gli Stati Uniti per unire due culture geograficamente lontane, con codici e stili ben definiti, e dare vita a questo nuovo progetto.
Oggi – viaggio a ritroso – la tradizionale tessitura in lana degli indigeni torna a intrecciarsi con l’artigianalità del mocassino cucito a mano: così nascono dei modelli unici, reinterpretati con le fantasie delle coperte degli indiani d’America, disegni e colori ben saldi nell’immaginario di tutti noi.

Dal 1° ottobre, i cinque modelli di questa nuova collaborazione sono in vendita in selezionati ed esclusivi store in Italia, UK, Francia, Belgio e online sul sito di Sebago.

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Festa del Cinema di Roma, 14° edizione

Anche quest’anno dal 17 al 27 ottobre all’Auditorium Parco della Musica va in scena la 14° edizione della Festa del cinema di Roma. Tra Roma e il cinema esiste un connubio indissolubile fin dagli inizi del ‘900, quando nacque la CINES, prima casa di produzione cinematografica italiana. Da allora, con la presenza di diversi studi di produzione ne fa la mecca di registi e produttori di tutto il mondo.

La natura dell’appuntamento romano è, infatti, nella sintesi tra una programmazione di qualità e una fruizione popolare: bambini e ragazzi delle scuole, giovani in fila per gli incontri con attori e registi, famiglie che condividono il piacere di un film per tutti.

Vi sono professionisti che verificano le tendenze del settore, studenti e studiosi che scoprono qui le opere più innovative, tanti che affollano il red carpet, uno dei più suggestivi al mondo, per applaudire le star e strappare un autografo, insomma persone di tutte le età, cultura ed estrazione sociale. Questo week- end proprio sul red carpet gli ospiti sono stati tanti, anzi tantissimi. Ho avuto modo di parlare proprio con Ron Howard, regista di Pavarotti, il film documentario che racconta vita e retroscena, con il suppporto di Nicoletta Mantovani vedova del tenore.

Quando gli domando se fosse la sua prima volta al festival mi dice con rammarico di si, in quanto tante altre volte avrebbe dovuto esserci ed invece alla fine non è riuscito per motivi di lavoro. Ci tiene a sottolineare la sua vicinanza alla famiglia, quindi la voglia ed il dovere di essere presente alla proiezione.

Tanti se lo ricordano come Ricky Cunningham della fortunatissima serie televisiva “Happy Days”, beh di strada ne ha fatta il ragazzo. Tra gli altri ospiti super attesi ci sono stati i protagonisti di “Downtown Abbey” che dalla serie ne hanno tratto un film, molto suggestivo il red carpet che con centinaia di figuranti in costume rigorosamente anni 30’ ci hanno riportato indietro nel tempo.

Il regista Michael Engler non si è sentito di fare l’intervista in italiano, anche se avrebbe potuto, ma per pudore di sbagliare ha preferito proseguire in inglese. La sua vicinanza con il bel paese è davvero forte, infatti i suoi studi cinematografici li ha svolti proprio a Roma, ed ogni occasione di vacanza per lui è sempre una buona occasione per tornarci. Per Michael infatti essere nella città eterna a presentare il suo film con un connubio di arte e storia pensa essere l’occasione perfetta.

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Cinecult: ‘Jesus Rolls – Quintana è tornato’ di John Turturro

Una luce in fondo al tunnel c’é. È la luce della libertà e della felicità. E se ti cali le braghe e te la godi potrai cogliere il meglio della vita. Il messaggio di ‘Jesus Rolls – Quintana è tornato’ è eloquente e vibrante.

E va bene così, perché se passi due ore a farti delle sane risate riflettendo anche sul senso della vita, allora forse una svolta c’è e la crisi te la scordi in nome di un epicureismo autoironico.

Il film, distribuito da Europictures, presentato in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma come film di preapertura, diretto e interpretato da John Turturro, 62 anni portati splendidamente, racconta un viaggio un po’ pazzerello, surreale ed esilarante e se ne vedono tante di cose. Ce n’è per tutti i gusti.

Il sesso è vissuto in maniera libera e giocosa così come dovrebbe essere, senza tabù, sembra di stare nell’eden. E non a caso perché il film, una commedia ironica e un po’ grottesca che parla di libertà, un road movie che è lo spin-off de ‘Il grande Lebowski’, è tratto da un romanzo del 1974 di Bertrand Blier, ‘I santissimi’ da cui è stato tratto un film godibilissimo.

E ricorda maledettamente, ma in versione coloratissima e rocambolesca, le avventure filosofiche di ‘Jules et Jim’ di Truffaut. E perché no? La sceneggiatura riprende un po’ Tarantino, un po’ i fratelli Cohen ma senza velleità né pretese.

La coppia Turturro- Cannavale è sexy e ludica allo stesso tempo, ha ritmo e irresistibile vis comica. Il film conta tanti cammei brillanti e ricchi di verve: Jon Hamm è il parrucchiere bello e vanesio che per certi versi rifà il verso a Warren Beatty in ‘Shampoo’, Sonia Braga, che ricordiamo in ‘Il bacio della donna ragno’, è una splendida maitresse che filosofeggia in spagnolo, Susan Sarandon è Jane, una ex galeotta ansiosa di godersi la vita con pienezza e un filo di naiveté.

Interessante la visione dell’identità maschile filtrata dall’ottica dei due simpatici protagonisti: una coppia di accattivanti balordi (in senso buono però) che sanno trascinarti nel loro pazzo mondo, dove l’unica regola è che non ci sono regole.

Queste due disincantate canaglie non disdegnano qualche digressione nel territorio dell’omosessualità, perché oggi tutto è fluido, tutto è viola come in una canzone di Prince. E il viola non fa più così paura se Jesus lo sfoggia con coraggio e disarmante spontaneità.

La gigioneria dei due protagonisti-mattatori è contagiosa e non può che suscitare empatia soprattutto se nel loro sodalizio entra la francesina shampista Marie interpretata dalla scanzonata e irriverente Audrey Tautou.

Questa commedia sbottonata con una risata vi seppellirà. La fotografia e i costumi sono azzeccati e la musica curata dalle brava e bella Emilie Simon ti fa volare. Bella la fotografia. Da vedere.

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Capelli fini: come aumentare il volume

Per le giornate di pioggia, una serata speciale oppure per le chiome più ribelli al mattino presto. Questa gallery è dedicata a chi non può rinunciare a capelli voluminosi e ad una tenuta impeccabile.

LABEL M MIRACLE FIBER

Una texture da città, dona sostegno flessibile ad ogni look e ad ogni lunghezza. Addolcisce e protegge, dando al capello un tocco glamour e volutamente “sfatto” senza appesantire.

LA BIOSTHETIQUE VOLUMISER

Riempie le zone danneggiate del capello, rinforzandolo. Inoltre, si adagia sullo stesso come una guaina protettiva, attenuando l’impatto negativo di agenti esterni nocivi quali spazzolate troppo vigorose, phon o raggi solari.

SUSANNE KAUFMANN SHAMPOO FOAMER VOLUME

La miscela con ingredienti efficaci come trigonellina e cheratina di fieno greco e germe di grano rafforzano in particolare la struttura del capello e ne rivitalizzano l’elasticità, rendedoli più folti e pieni.

DAVINES ESSENTIAL HAIRCARE VOLU HAIR MIST

Spray volumizzante senza risciacquo con una formulazione che dona sostegno alla base. Non appesantisce i capelli e li lascia morbidi e lucenti. Contiene cheratina, che aiuta a riparare le doppie punte.

BIOPOINT ROCK CRYSTAL TECHNOLOGY

Un gel solido che si trasforma in una texture ultra fine, per un nuovo approccio allo styling. Leggero e piacevole al tatto, crea un effetto bagnato di tendenza assicurando un fissaggio e una tenuta perfetti.

HEMP CARE MATTE HAIR WAX

La sua formula, arricchita con Olio di Cannabis Sativa Italiana Bio, Burro di Karitè Bio, Estratto di Semi di Lino, Olio di Cocco Bio e Glicerina vegetale, nutre il capello e gli dona forza e lucentezza. Adatto a chi ama un effetto naturale senza senza residui.

& OTHER STORIES LOS ANGELES ATELIER HAIR CARE FULLNESS SHAMPOO

Shampoo volumizzante che apporta volume e leggera idratazione. Privo di solfati, deve essere massaggiato sui capelli umidi, focalizzandosi sulle radici.

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Food talk: Ettore Bocchia parla della cucina molecolare

È stato definito un rivoluzionario che ha ribaltato l’approccio alla cucina. Eppure Ettore Bocchia, fondatore e autorità massima della cucina molecolare, è una persona dallo charme discreto che riesce a spiegare anche concetti complessi ma in modo semplice e diretto. Dalle sue parole emerge la grande passione per la ricerca dei migliori ingredienti, frutto di lunghi viaggi alla scoperta delle eccellenze produttive. Lo abbiamo incontrato nel suo regno, il ristorante stellato Mistral con vista mozzafiato sul lago di Como. Un posto speciale all’interno del Grand Hotel Villa Serbelloni di Bellagio, una struttura unica per atmosfera e stile, risalente al 1873 quando fu trasformata da casa privata in hotel di lusso.

Quando hai capito saresti diventato uno chef?

Ho iniziato in questo settore a dodici anni e poi a ventisette ho deciso di mettermi a studiare e lavorare duramente per raggiungere determinati risultati

Quali sono state le esperienze per te veramente importanti?

Sicuramente quando ho investito per studiare a quella che è considerata la scuola di cucina più importante al mondo, l’Ecole Lenôtre di Parigi. Lì ho potuto studiare e apprendere l’impostazione francese e alcuni importanti concetti. Ho dedicato molto tempo nelle scuole e in quelli che erano i miei hobby: fare ricerca del prodotto e capire quale era la filosofia dei miei colleghi, anche quelli delle generazioni precedenti alla mia. Per diletto o per studio ho iniziato a viaggiare venticinque anni fa. Ho conosciuto molti colleghi e ho continuato a viaggiare per assaggiare e capire la cucina del mondo.

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Quindi sei sempre stato un viaggiatore curioso?

Sì. Sono stato e sono tuttora una persona curiosa. Per me è importante anche confrontarmi con i giovani. Hanno una prospettiva completamente diversa della cucina, più stilistica. È uno scambio molto interessante e reciproco. Mi fa piacere notare che hanno molta attenzione nei confronti del prodotto, perché un piatto non è mai fine a se stesso e conta la qualità degli ingredienti.

Lo scorso hanno hai festeggiato i cento anni del Grand Hotel Villa Serbelloni. Che cosa avete realizzato per l’occasione?

La proprietà ha richiesto un determinato stile per il menù del centenario: i classici della cucina francese. In determinate cucine si parla ancora questo linguaggio. La cucina francese ha dettato legge per oltre un paio di secoli, dalla fine del 1700 ai primi anni 2000.

Quali piatti consiglieresti a chi mangia per la prima volta al tuo ristorante Mistral?

Sono stato il primo in Italia ad applicare la scienza alla cucina. Consiglierei il menù di cucina molecolare che varia i suoi prodotti seguendo il ciclo delle stagioni. La cucina molecolare ha cambiato il linguaggio culinario.

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Com’è nata l’esigenza di scrivere un libro?

Volevo puntualizzare e rendere noto quelli che sono stati i miei anni di carriera e dove mi trovo in questo preciso momento. L’ho fatto più per me stesso. Non volevo farmi conoscere al grande pubblico, piuttosto certificare quello che ho fatto e come è partito il mio viaggio nella cucina molecolare.

Qual è secondo te il fraintendimento più comunque riguardo alla cucina molecolare?

Si parlava di questa cucina intesa solamente come piatti che prevedono un alto tasso tecnico che è importante, ma non deve sminuire quella che è la qualità del prodotto, il focus di ciò che si mette nel piatto. Non voglio fare una cucina che diventa uno spettacolo fine a se stesso. La cucina molecolare ha rimesso in discussione tutte quelle che erano le preparazioni delle ricette tradizionali.

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Come hai sviluppato le competenze scientifiche che applichi alla tua cucina?

È stato un percorso lento, un passo alla volta, fatto assieme a fisici e chimici, docenti universitari con cui ho studiato i processi di cottura degli alimenti e la loro struttura.

Di quale prodotto sei particolarmente orgoglioso?

La sfida è oggi avere prodotti di eccellenza. Sono molto orgoglioso di avere il fegato grasso d’oca di Aleandro Sousa, un foie gras etico in quanto l’animale non ha un alimentazione forzata, ma si ciba naturalmente. Un ingrediente introvabile e realizzato in quantità limitatissime, che è diventato tra i protagonisti di un piatto signature.

Cosa ne pensi dei numerosi programmi televisivi a tema food?

È stato positivo. Hanno messo una lente di ingrandimento sulla figura dello chef. Un tempo ci si vergognava di fare il cuoco, oggi è un lavoro cui si ambisce ed è molto apprezzato. Tutto questo lo si deve anche alla televisione, che ha reso spettacolare quello che facciamo.

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Walt Cassidy, New York: Club Kids

Damiani Editori, l’importante casa editrice che da Bologna propone pubblicazioni internazionali dedicate all’arte e alla fotografia, sempre importanti, all’avanguardia e cool, ha mandato alle stampe un libro davvero interessante, sia per chi ama lo stile, sia per chi è incuriosito da come certi fenomeni abbiano influenzato una generazione e più, non certo solo da un punto di vista di immagine. Il libro “New York: Club Kids: By Waltpaper” di Walt Cassidy, con prefazione di Mark Holgate. I Club Kids di della scena notturna newyorchese anni Novanta sono stati forse l’ultimo fenomeno underground, l’ultima vera subculture a diventare qualcosa di riconoscibile e creativamente stimolante.

Saliti alla ribalta grazie anche al film “Party Monster” con Macaulay Culkin, che si sofferma di più su spiacevoli fatti di cronaca che coinvolsero soprattutto uno dei club kids, ovvero Michael Alig, nel libro di Walt Cassidy si torna a puntare l’accento sull’importanza mediatica, culturale e creativa di quel gruppo di ragazzi. E Walt lo sa bene, visto che il creativo, realizza gioielli, elementi di moda, quadri, murales, era uno degli elementi di spicco di quel gruppo di ragazzi da cui uscirono anche figure come Amanda Lepore e l’ormai personaggio iconico Ru Paul. Da ragazzino Cassidy era Waltpaper, una figura quasi genderless, da look alieno, e il libro ci riporta nelle notti di quegli anni Novanta che sembrano ispirare ancora così tanto stilisti, registi, pittori dei giorni nostri il libro quindi è ben più di una semplice cronaca del passato, come spiega bene Walt nell’intervista esclusiva che ci ha concesso.

Quando hai deciso di creare questo libro e perché? Quale è, secondo la tua opinione, l’importanza e l’eredità del periodo di cui parli?

NEW YORK: CLUB KIDS inizialmente cominciava con un editoriale di 40 pagine che avevo realizzato nel 2015 per Candy Magazine, dove avevo selezionato cinque fotografi che avevano documentato splendidamente i Club Kids e la vita notturna di New York negli anni ’90. Le immagini scorrevano con un piccolo testo biografico riguardante delle mie riflessioni personali su quel periodo.

Sono sempre stato attento a non eccedere con la nostalgia. Spesso le persone rimangono ancorate al passato, ma io sono più interessato al presente quindi nonostante le molte richieste di raccontare la mia vita a quei tempi, mantengo le mie energie focalizzate sulla mia vita attuale.

Con il passare del tempo, purtroppo alcune delle figure chiave della scena originale sono venute a mancare e sono innervosito dal fatto che alcuni importanti archivi fotografici possano correre il rischio di venire persi per sempre.

Non sono soddisfatto dell’interpretazione che i giornalisti hanno dato alla nostra scena, dopo 25 anni dal suo tramonto. Nessuno sembra in grado di comprendere e trasmettere la creatività e l’inventiva che i Club Kids hanno rappresentato.

C’erano moltissime idee e concetti che si intersecavano a New York in quel momento, ma molti di questi non sono ancora stati affrontati. Ho capito che quello era un lavoro che poteva svolgere soltanto una persona che ha vissuto la scena dall’interno, ed io ero l’unica persona che poteva mettere insieme un libro che potesse rappresentare in modo adeguato quei 10 anni.

C’è una fotografia in particolare che ti fa venire la pelle d’oca, che ti ricorda un momento particolare? Ti va di condividerlo con noi?

Il processo di realizzazione del libro è stato incredibilmente catartico e intenso. Avevo bisogno di elaborare tutti i sentimenti che avevo, nonché assorbire le energie e i pensieri di tutti i fotografi e soggetti rappresentati nel libro. Mi sono sentito responsabile for ogni persona coinvolta, nonostante sia una storia riguardante il mio personale punto di vista.

Inoltre, dovevo mettere insieme degli archivi molto frammentati e danneggiati, che avevano bisogno di un lungo restauro: infatti il libro ha avuto bisogno del lavoro di quattro graphic designers differenti. Ogni immagine evoca in me il ricordo di un momento preciso.

Da quando diverse persone citate non sono più con noi, si è aggiunto un nuovo livello di responsabilità. Ho raccontato la storia del mio primo amante a New York, che si chiamava Donald ed era un famoso imbroglione e probabilmente è morto di AIDS.

Nonostante la sua reputazione era molto protettivo nei miei confronti, anche perché avevo solo 19 anni ed ero nuovo in città, oltre che abbastanza innocente. Era un angelo dalle ali spezzate, ed è stato la mia introduzione alla vita di New York. Credo che lui mi osservi ancora ogni giorno.

Quale è stato il momento più difficile nella stesura del libro?

Scrivere l’ultimo paragrafo è stata la parte più difficile non solo perché dovevo trarre delle conclusioni riguardo come mi sentivo, ma anche perché dovevo assicurarmi del fatto che il libro avrebbe avuto una qualche utilità per i quindicenni che avrebbero scoperto questa cultura per la prima volta, oltre che per le persone della mia generazione che avrebbero riflettuto sui tempi passati scorrendone le pagine.

SKID, Waltpaper, Nocturnal Oddities at Willow Gallery, 1992. Copyright SKID. All Rights Reserved.
 

Eravate tutti molto creativi nel vestirvi, ti ricordi l’ouitfit più oltraggioso che hai indossato? Salveresti qualche outfit del tempo? Ne hai conservato qualcuno?

Non ho conservato nessun outfit. Una cosa particolare e che ci ha contraddistinto è che ci approcciavamo alla moda come se fosse usa e getta, la maggior parte dei nostri abiti erano fatti per essere indossati una notte soltanto.

Nel libro ho usato la metafora della “decostruzione”, come un concetto che ha definito gli anni ’90. Lo puoi vedere nella musica, nei vestiti e nelle droghe. Invece di conservare i vestiti, ho tenuto tutte le mie foto e i miei editoriali, che insieme hanno creato le fondamenta del libro.

In che modo pensi che i Club Kids di oggi possano essere differenti da quelli della tua generazione? E, in generale, com’è cambiata New York secondo te?

L’energia e le dinamiche della cultura giovanile sono sempre cicliche e giocano sugli stessi concetti ricorrenti, ma parlano delle politiche e delle tecnologie di un determinato periodo di tempo. Al centro della nostra storia e della nostra esperienza ci sono immagini e parole. Questo è l’essenza di tutto.

Come catturiamo le nostre esperienze e come parliamo di esse è ciò che distingue i diversi periodi e le diverse generazioni. Tutto ciò risale ai disegni rupestri e ai primi esseri umani, e la mia eccitazione deriva dal vedere come queste cose cambiano e si evolvono. La cultura umana scorre e si declina tra liberale e conservativo, e la città di New York ha sofferto delle politiche comunali conservative, così come l’agenza finanziaria ed edilizia sin dagli ultimi anni ’90.

Sento che siamo sulla cuspide di un periodo più positivo ed eccitante, non solo a New York ma in tutto il mondo. Al momento siamo nella stessa posizione in cui ci trovavamo a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, o tra gli anni ’50 e gli anni ’60. I conservatori hanno avuto a lungo il controllo, ma presto questa storia finirà. Sono entusiasta della Generazione Z e dell’idea che questi giovani stiano iniziando a farsi strada.

Cosa hai imparato su te stesso o su quel periodo mentre preparavi il tuo libro?

È importante presentarsi e partecipare alla vita, anche se non sei stato invitato. Specialmente se non sei stato invitato.

Sei una persona molto diversa da quella che eri al tempo, o almeno questo è quello che possiamo cogliere dall’esterno. Cosa è rimasto di quel giovane?

Sono sempre la stessa persona che si muove attraverso questa vita, raccogliendo nuove esperienze ogni giorno che passa. Credo che l’essenza della vita sia la fluidità quindi permetto a me stesso di rimanere in un flusso, e di poter costantemente cambiare ed evolvermi. Credo che sia un grande errore convincersi dell’idea che sia possibile trovare la felicità inseguendo una singola esperienza o identità.

La paura è ciò che guida il desiderio di aggrapparsi a una cosa, e ciò non porterà mai alla libertà e alla gioia. Il mondo non è piatto, e nemmeno l’esperienza umana lo è. Siamo degli esseri multidimensionali, e questo aspetto dovrebbe sempre essere ricordato.

Hai molti progetti, ci puoi raccontare di cosa ti stai occupando al momento?

Sono un artista multimediale, quindi per tenermi impegnato navigo su vari mezzi. I miei gioielli ed opere d’arte sono disponibili su www.waltcassidy.com. Il mio focus primario al momento è il lancio del libro.

Stiamo collaborando alla cerimonia d’apertura del negozio, e abbiamo creato una piccola capsule collection ispirata al libro, che verrà presentata a metà novembre e coinciderà con l’evento di lancio del libro. NEW YORK: CLUB KIDS è pubblicato da Damiani ed è già disponibile per il pre-order online, e sarà presente a livello internazionale a partire da Ottobre.

Visto che Manintown ha un particolare focus sui viaggi, ci puoi dare qualche consiglio riguardo New York, come ad esempio i posti che ti piacciono di più? E un paio di posti dove mangiare/bere/divertirsi?

Amo i parchi di New York City… Central Park, Prospect Park e Hudson River Park in particolare. Recentemente ho scoperto Dekalb Market Hall a Brooklyn, che ha un’ampia scelta di posti dove mangiare. Lo stand Wiki Wiki Hawaiian food è il mio preferito.

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Parata di star a Roma per la Festa del Cinema 2019, il ‘festival delle donne’

John Travolta, Edward Norton, Bill Murray, Ron Howard, Olivier Assayas, John Turturro, Bobby Cannavale, Benicio Del Toro. Questi gli uomini prodigiosi della quattordicesima edizione della Festa del Cinema di Roma. Ma non dimentichiamo loro, le donne, che al cinema si sa, hanno una marcia in più.

Ed ecco sfilare sul tappeto rosso Fanny Ardant, Lucia Bosé, Mira Sorvino, Giovanna Mezzogiorno, Viola Davis, Kristin Scott Thomas. E poi c’è lei, la divina, l’unica, la maliarda androgina Greta Garbo. Una donna ancora una volta è l’epitome del glamour del cinema, messaggera di bellezza e charme, di talento e magnetismo legati a doppio filo alla settima arte.

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Perché a Roma il cinema, che dal 17 al 27 ottobre tiene banco portando nella capitale negli augusti saloni dell’Auditorium del Parco della Musica progettato da Renzo Piano le star più osannate del firmamento mondiale della settima arte, ama le donne.

E lo dimostra non solo con le 19 registe presenti con i loro film alla manifestazione, ma anche celebrando la sublime creatività delle regine della moda: una per tutte Laura Biagiotti, la dama bianca scomparsa nel 2017, la prima che nel 1988 mise piede in Cina con le sue romantiche bambole in cachemire e taffetas.

A lei Rai Tre ha dedicato un intenso docu-film che sarà presentato in anteprima a Roma il 19 ottobre. Una donna ancora una volta, Laura Delli Colli, giornalista arguta e figlia di Tonino Delli Colli, è il nuovo presidente di Fondazione Cinema per Roma.

Parte in questi giorni la maratona della Quattordicesima edizione della festa del cinema di Roma con due grandi preaperture: ‘l’uomo senza gravità’ di Marco Bonfanti con Elio Germano, e ‘Jesus Rolls. Quintana è tornato!’ di e con John Turturro, interpretato da Bobby Cannavale, Audrey Tautou e Susan Sarandon. Due film top ai quali si affianca ‘Anni amari’ sulla storia tormentata dell’attivista omosessuale coraggioso e intrepido Mario Mieli, un paladino dei diritti LGBT morto suicida negli anni ottanta.

Ma veniamo ai numeri, snocciolati con un filo di orgoglio dal direttore artistico della Festa Antonio Monda, che è al suo quinto anno della festa: “Nella sezione retrospettive abbiamo selezionato 25 film, alla Casa del Cinema vanno in scena sette film che vedrete a rotazione nella clip che introduce ogni film in programma nel calendario della festa, abbiamo 18 luoghi del cinema sparsi in tutta la città, 14 preaperture, 18 prime italiane, 37 prime mondiali, 18 prime italiane, i film selzionati provengono da 25 paesi diversi, inoltre ci saranno tre mostre d’arte parallele alla festa, Valerio Berruti, Altan e le Ragazze di Lucianella Cafagna senza contare la mostra e il docu-film sulla storia dei Cecchi Gori che sarà inaugurata il 17 ottobre”.

Ma non è tutto: “la festa è interdisciplinare e quindi fra sport, moda e architettura e musica-molti i film musicali da Judy ai tre documentari su Bruce Springsteen, Kurt Cobain e Michael Hutchense degli INXS- alcuni critici si sfideranno a duello al Maxxi e al Macro confrontando opinioni divergenti su temi legati al cinema e ai film, mentre nella sezione ‘fedeltà e tradimenti’ grandi intellettuali commenteranno le trasposizioni cinematografiche di grandi opere letterarie divenute film come ‘il dottor Zivago’ e Anna Karenina’” anticipa Monda.

Quest’anno la festa dalla doppia anima, curiosa come Alice nel paese delle meraviglie (Alice nella città è una delle sezioni più interessanti della Festa), ma anche fatale come Greta Garbo, propone ai suoi fedelissimi alcune chicche: nella sezione ‘Riflessi’ troveremo ‘That click’, il docufilm di Luca Severi su Douglas Kirkland, fotografo famoso per i suoi scatti su Marilyn, ‘Bar Giuseppe’ di Giulio Base con Ivano Marescotti, film introspettivo e interessante.

Ma veniamo ai film della selezione ufficiale, quelli che si contenderanno il premio del pubblico: a Roma approda ‘The Irish man’, l’attesissimo film storico di Martin Scorsese sulla malavita americana con Robert de Niro, Joe Pesci e Al Pacino (Monda prevede che quest’ultimo si aggiudicherà un Oscar), e poi altro titolo attesissimo ‘Motherless Brooklyn’ di e con Edward Norton. ‘Downton Abbey’ di Michael Engler è distribuito da Universal Pictures, sulle vicende di una dinasty aristocratica anglosassone, ‘Deux’ con Barbara Sukowa, ‘Trois jours et une vie’ con Sandrine Bonnaire e Charles Berling (lo abbiamo visto nel 1997 in ‘Nettoyage à sec’ accanto a Miou Miou), ‘Drowning’ con Mira Sorvino’, ‘Military wives’ con Kristin Scott Thomas, ‘The aeronauts’ con Felicity Jones e Vincent Perez, un ‘Gravity’ sulle mongolfiere, ‘Antigone’ di Sophie Deraspe, ‘Pavarotti’ di Ron Howard, ‘Nomad’ di Werner Herzog, ‘Santa subito’ di Alessandro Piva.

E nella sezione ‘tutti ne parlano’ troveremo fra gli altri, ‘Belle epoque’ di Nicholas Bedos con Fanny Ardant che troveremo in un incontro ravvicinato con il pubblico. “ la nostra è una festa non un festival, primo perché non esiste una giuria ma è il pubblico a decretare il vincitore, secondo perché i grandi registi e le star che sbarcano a Roma da noi lo fanno per condividere con i loro fan nella città del cinema la loro passione per la settima arte e non per promuovere il loro film; questa kermesse ha portato fortuna a ben tre film che negli anni, prima di vincere l’oscar, sono passati da questa manifestazione che oggi gode il supporto delle più alte istituzioni italiane. E non a caso, rispetto all’anno scorso, la festa del cinema ha registrato un incremento delle vendite al botteghino del 20%, e scusate se è poco”.

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Antony Morato: la nuova campagna social dedicata all’uomo metropolitano

Le nuova campagna social di Antony Morato si chiama All the way up ed è tutta dedicata al prossimo inverno con suggestioni che ci raccontano lo spirito streetwear del brand in cui il gioco delle prospettive integra elementi artificiali, come l’acciaio e il cemento ma anche la purezza del cielo e degli elementi naturali.

Il protagonista è l’uomo metropolitano, rappresentato libero da convenzioni e canoni imposti dalla società che interpreta il suo modo di essere sfidando gli ostacoli del mondo urbano. Proprio per questo sceglie uno stile grintoso e audace, mentre nei suoi occhi leggiamo un costante atteggiamento di sfida.

L’atmosfera è ovviamente quella urbana: dal cemento alle architetture severe, passando attraverso dettagli rigorosi e strutture militari. Riprendono questo mood anche i toni dei capi, grigio e nero sui giubbotti imbottiti ma anche giallo e bianco sui pantaloni sportivi e per le felpe oversize.

I materiali tecnici sono mixati tra loro come il nylon con il neoprene da abbinare a cotoni spalmati. Un effetto di sovrapposizione di texture sottolineato anche dai dettagli patch di feltro e dalle applicazioni in velcro che ricordano i gradi delle divise militari.

Sponsored content by Antony Morato

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Festival international Des Jardins

Tra gli Chateaux e i Domaines della valle della Loira in Francia, iscritti nel patrimonio mondiale dell’UNESCO, il Domaine di Chaumont-sur-Loire si distingue da sempre per l’arte dei giardini. Da 28 anni infatti all’interno del parco del Domaine è organizzato il Festival International des Jardins. Il presidente della giuria (il principe Amyn Aga Khan) ha selezionato una serie di progetti sul tema di quest’anno: i giardini del paradiso. Il festival è uno dei più importanti a livello internazionale e pota al Domaine de Chaumont-sur-Loire paesaggisti, designer, scenografi, architetti e urbanisti da tutto il mondo. Lo scorso anno hanno partecipato oltre 500mila visitatori (430mila nel 2017).

L’edizione 2019 che termina il 3 novembre è una delle più internazionali, con la presenza di team da Stati Uniti, Giappone, Corea, Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio, ma anche dal Vietnam. 

I giardini del paradiso

Tra le 24 proposte di giardini effimeri, studiati esclusivamente per il Festival troviamo utilizzi inusuali e interessanti dei materiali, come il pizzo metallico cesellato da un paesaggista-gioielliere, un cielo surrealista di piume bianche, sedute di corda intrecciata, sculture create con fiale di profumi, finora mai viste nei giardini. I team hanno anche inventato strutture, forme e scenari, come il ponte giallo che attraversa un giardino, offrendo una visione alternativa del paradiso. O ancora un giardino sospeso che utilizza materiali industriali e di recupero. Per quel che riguarda le piante, in scena nei giardini ci sono magnifiche collezioni di orchidee, strelitzia, euforbie a candelabro. Come ogni anno, fuori concorso, sono invitate personalità del mondo del paesaggio o del giardino. In contemporanea ai 24 giardini del paradiso è stata data carta bianca (verde in questo caso) a grandi paesaggisti come il sudafricano Leon Kluge, John Tan di Singapore, Bernard Lassus, Philippe Collignon, David Bitton e Pierre-Alexandre Risser.

Le novità 2019

Tra le molte novità 2019 c’è l’apertura anche di una nuova serra che ospita inattese collezioni vegetali e inedite associazioni di piante che cambiano con il passare dei mesi. In programma anche workshop e corsi di giardinaggio destinati al grande pubblico. Questi corsi sono tenuti da Pierre Nessmann, maestro giardiniere, diplomato in coltura ortofrutticola, orticoltura, architettura paesaggistica, arboricoltura ornamentale e fruttifera da oltre 35 anni. Nessmann, noto anche in ambito tv e stampa, tratterà del giardino, la sua storia e la sua configurazione, la conoscenza e l’utilizzo dei vegetali, le tecniche di giardinaggio, ma anche l’orto, il frutteto e l’ambiente.

Info www.domaine-chaumont.fr

Come raggiungere il Festival International des Jardins

La via più rapida è da Parigi, collegata a tutti gli aeroporti italiani da moltissimi voli giornalieri. Poi dalla stazione di Parigi-Austerlitz si arriva a Onzain / Chaumont-sur-Loirre in circa un’ora e 40 minuti con treno Intercity (orari e biglietti su oui.sncf). Fino al 3 novembre una navetta collega la stazione di Onzain / Chaumont-sur-Loire e il Domaine, in coincidenza con un treno (provenienza e destinazione Parigi) la mattina e a fine pomeriggio. Su presentazione del biglietto del treno SNCF, timbrato il giorno stesso, è possibile beneficiare di una tariffa preferenziale. 

Dove alloggiare

A Onzain vi consigliamo il Domaine Des Hauts De Loire (www.hautsdeloire.com), circondato da un parco di 70 ettari che comprende anche un laghetto per la pesca. Il ristorante (guidato dallo chef Rémy Giraud) ha ricevuto 2 stelle Michelin. In alternativa, il Bistrot offre un menu più semplice ma sempre studiato dallo chef stellato che organizza anche corsi di cucina per gli ospiti dell’hotel. All’interno della struttura ci sono campi da tennis, palestra attrezzata, piscina scoperta e l’esclusiva spa by Clarins. 

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E-commerce nelle industrie della moda, il caso di R.A. Boutique

Solo dieci anni fa molti nel settore della vendita al dettaglio non credevano che i consumatori avrebbero mai preso in considerazione l’idea di acquistare la moda da indossare online. Quanto si sono sbagliati. Non solo sono nate le vendite al dettaglio online che offrono articoli di moda a tutti i prezzi, ma i rivenditori di alta moda hanno scoperto che la percentuale delle vendite passa attraverso il loro sito Web in maniera crescente di anno in anno.

Un e-commerce di moda deve essere accattivante e chiaro nel messaggio

Gli acquirenti nel campo della moda sono alla ricerca di idee che possano farli apparire e sentire meglio. Il sito per questo non deve essere solo migliore dei competitor, ma eccellente. Ciò richiede che tutte le foto e le immagini siano lusinghiere, chiare e informative. Non deve mancare la funzione di zoom per una visione chiara. È una buona idea avere solo una foto nel catalogo principale del negozio online, ma una volta selezionato un prodotto, il potenziale cliente deve essere in grado di visualizzare altre immagini. Gli acquirenti che visitano uno store online si aspettano di essere sedotti dalla bellezza del sito Web e delle collezioni. Questo è il motivo per cui i rivenditori suscitano emozioni con straordinarie immagini di alta qualità e alta risoluzione. Design, usabilità, contenuto e personalizzazione richiedono tutti un’attenzione significativa per offrire un’esperienza online ricca, coinvolgente e intuitiva. E tutto questo RA Boutique lo sa e lo mette a disposizione dei suoi clienti nel suo sito creato a favore delle donne che lo visiteranno. Stessa attenzione e cura dei contenuti vale anche per le pagine social dell’azienda, Facebook e Instagram.

Un’industria nel mercato online in costante crescita

Pre-ordini, capsule collection, merce di fine stagione, fuori stagione: i cicli di prodotto nella moda sono molti e le finestre sono brevi. Una vetrina su tutti i capi aperta su un dispositivo tecnologico, sempre alla portata di cliente, con molte più offerte rispetto alla vendita al dettaglio. Questa era l’idea iniziale che nel 2015 dei due fondatori fortemente appassionati di moda. Attualmente RA Boutique l’e-commerce specializzato in abbigliamento, scarpe e accessori donna conta dei volumi di crescita sensazionali. Il consolidamento dell’uso di internet in ogni aspetto della quotidianità e la crescente fiducia dei suoi utenti nell’effettuare transazioni online, grazie ai regimi di sicurezza del sito, hanno portato la popolarità dell’e-commerce a non smettere di aumentare.

Punti di forza dello store online

Molti sono i punti di forza di questa boutique online, sicuramente primo fra tutti il numero di articoli presenti e costantemente disponibili, se ne contano oltre duemila, variabili per stagionalità e tendenze del momento. Quella delle tendenze è un mantra per la società. Uno dei limiti più sottolineato e lamentato dagli acquirenti nel mercato del web è la lentezza o l’eccessiva esosità delle spedizioni. RA Boutique ha superato tutto ciò rendendo queste spese competitive e veloci, con soli quattro euro la consegna è prevista in 24/48 ore, gratis per gli acquisti oltre i 59 euro. Possibilità di reso.

Donne nude: 7 fotografi che hanno reso celebre le foto di nudo

Il nudo in fotografia è comparso per la prima volta intorno alla metà dell’Ottocento, quando venne coniato il metodo Daguerre.

Il Daguerre prevedeva di fotografare donnenude e inviare le foto a pittori che così potevano riprodurre l’immagine su tela senza avere davanti a sé la modella in carne e ossa. I primi fotografi di nudo furono degli ex pittori Eugène Durieu, Felix Jacques Antoine Moulin, Vallou de Villeneuve e Auguste Belloc.

Le prime cartoline con nudo femminile comparvero in Francia nella seconda metà dell’Ottocento ed ebbero non poche critiche, oltre ad essere censurate i molti paesi.

Passano gli anni e si arriva al primo Novecento dove le donne nude in fotografia diventano una forma d’arte grazie a movimenti artistici quali: Surreliasmo, Dadaismo e Avanguardie.

Le foto di donnenude sono diventate così molto celebri e non più censurate grazie a fotografi che hanno reso questo genere fotografico una vera e propria forma artistica. Negli anni quaranta viene poi coniata la parola pin up, che rappresentava le donne in costume da bagno, presenti su calendari e riviste. Nasce nel 1953 negli Stati Uniti la rivista Playboy con la comparsa anche di Marilyn Monroe e a seguire negli anni sessanta nasce anche Penthouse, rivista erotica-pornografica.

7 Fotografi che hanno reso celebre le foto di nudo

Edward Weston e Imogen Cunningham

Ritraevano le donne nude in forme geometriche, il primo non mostrava i loro volti, mentre il secondo le ritraeva senza arti.

Horace Roye

Rappresentò, dopo la seconda guerra mondiale, con l’avvio di una nuova sperimentazione di rappresentazione di donnenude, un nudo femminile steso su di un crocifisso con una maschera antigas. Opera fotografica che porta il nome di Tommorow’s Crucifixion.

Jan Saudek

Altro fotografo che rese celebre le foto di donne nude, amava invece fotografare donne di ogni forma fisica ed età… senza distinzione alcuna.

Joel Peter Witkin

Questo fotografo rappresentava nudi femminili in atmosfera macabre.

Jeanloup Sieff

Fotografo che ha lanciato il primo profumo maschile Yves Saint Laurent aggiungendo agli scatti il nudo maschile, ma non nella forma già vista sino a quel momento, ma rappresentando l’omosessualità.

Helmut Newton

Fotografo di fama mondiale, rappresenta nelle sue fotografie le sfaccettature del mondo femminile. Per questo grande fotografo la donna è androgina e non ostenta a metterlo in risalto nei suoi scatti. Non finisce qui: su Newton dobbiamo anche dire che è stato il primo fotografo di donnenude a riuscire tramite le foto stesse e i corpi delle modelle nude a trasmettere il senso della moda senza mostrare gli abiti stessi. Un fotografo che ha rivoluzionato il mondo fotografico anche della moda.

Donnas Summer: chi era la regina della disco anni 80

Gli amanti di Donnas Summer e chi ha vissuto negli anni 80 la sua musica, senz’altro conoscono tutto della regina della disco di quel tempo, ma chi ancora non lo conoscesse e volesse saperne di più, può continuare a leggere questo articolo pieno diu curiosità sulla sua vita e i suoi riconoscimenti musicali.

Chi era Donnas Summer

E’ nata a Boston il 31 dicembre del 1948 e il suo vero nome era LaDonna Andre Gaines. Era la terza di sette figli, amante della musica e fin da piccola inizia a cantare nel coro della chiesa da quando a soli 8 anni. Nel 1968 abbandona gli Stati Uniti per trasferirsi in Germania, qui viene accolta molto bene al punto da essere scritturata per il musical Hair. Si sposa poi con Helmut Sommer austriaco conosciuto a Monaco di Baviera, da cui, dall’unione, nasce Mimi Sommer, la figlia.

Donnas Summer è deceduta il 17 Maggio del 2012 a Naples, in Florida, a causa di un cancro ai polmoni.

Donnas Summer la carriera

Riesce a diventare una star di successo europeo solo quando nel 1974 con la collaborazione di Giorgio Moroder incide il suo primo LP Lady of the Night con The Hostage. Con questo album però non raggiunge il successo negli Stati Uniti. Per raggiungere la fama anche negli USA dovrà attendere il lancio dell’album Love to Love You Baby, con la title track lunga ben 17 minuti.

Il successo mondiale arriva con l’incisione nel 1977 di I Feel Love, rimasta nella top ten per 18 settimane e quinto singolo più venduto dell’anno.

Nel 1979 vince il Grammy come miglior cantante rock donna col pezzo “Hot Stuff”. Non fu l’unico Grammy vinto, ma ne vinse ben 5 Grammy Award, 24 dischi d’oro e di platino negli Stati Uniti, 19 dischi d’argento in Gran Bretagna, 6 American Music Awards e nel 1994 Hollywood Walk of Fame.

Negli anni 80 fu poi accusata di essere omofoba e di odiare i gay, cosa non vera e per dimostrarla sostenne e appoggiò la Gay Men’s Health Crisis di Carnegie, per tutto il resto della sua vita.

Nel 1989 riprende il suo successo rientrando in classifica con “This Time I Know It’s for Real”.

Donnas Summer ha venduto cento milioni di dischi, ha duettato con nomi importanti come Andrea Bocelli, Lisa Minelli e Barbra Streisand.

Fu così famosa e popolare che le sue canzoni vennero anche ricampionate da cantanti come Madonna nel live “Futers Lovers” che scelse I Feel Love durante il Confessions Tour, o ancora da Beyonce.

L’ultimo album inciso da Donnas Summers fu Crayons nel 2008 e per ironia della sorte al suo interno si trova un pezzo dal titolo “The Queen is gone”.

I “jeans look” da avere adesso

Il jeans non conosce stagione, per questo anche in autunno un look con capi in denim è un must have che non può mancare nei nostri armadi. Ecco una selezione tutta a tema con le ultime novità del momento.

DIESEL

I capi della limited edition Red Tag x Readymade sono una giacca con colletto western, una borsa da viaggio e un cappellino da baseball, ricavati da avanzi di denim. Il tessuto vintage è stato rilavorato e riprodotto in pezzi interamente nuovi.

LEVI’S

Giacca denim chiara Trucker Jacket Levi’s, Red Tab WaterLess® e giacca Denim scura Sherpa Trucker Jacket Levi’s, Red Tab WaterLess®.

ROY ROGER’S

Il Cult Edge Pasadena è un denim stretch che presenta il tipico colore del puro indaco anni 80 con un tono molto scuro ma declinibabile in toni più chiari. La vesitibilità è regolare.

La Jacket Norway è una giacca di manifattura italiana in denim con lavaggio scuro, colletto in shearling e chiusura sul fronte con bottoni logati.

DSQUARED2

Jeans effetto delavè con logo e denim Jumpsuit con logo.

ACNE STUDIOS

Pantaloni cargo in denim lavaggio effetto marmo, con toppe stampate e applicate su tasca laterale e posteriore, e coulisse alla caviglia.

BOGGI MILANO

Il pantalone è in denim stretch, lavaggio scuro, dalla vestibilità slim con chiusura a zip e bottone e con tasche frontali diagonali. La camicia è in denim western dalla vestibilità slim fit con collo chiuso, polso singolo e con dettaglio doppie tasche frontali.

SANDRO

Jeans slim fit slavati con lavorazioni effetto strappato.

TEETOPIA

Il giubbino in jeans con scritte e patch fa parte della capsule collection “Ghiaccio” realizzata in collaborazione con la cantautrice romana Machella.

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La donna vincente di Smarteez

Si chiama SMARTEEZ la collezione di abbigliamento femminile disegnata da Marta Forghieri per Plissé e punta tutto sull’identità della sua donna, che ha la peculiarità di essere determinata e indipendente, forte e decisa.

Il focus è sempre più sul design e sulla lavorazione che donano un’allure segnata da un’elegante disinvoltura, da un atteggiamento dégagé, sempre contemporaneamente smart e glam.

Celebrando la femminilità e la libertà delle donne di oggi attraverso l’amore per la donna del passato e riprendendone la forza e la sicurezza. La collezione si ispira a due donne bellissime, famose ma soprattutto impegnate socialmente: Dora Bouchoucha Fourati e Natalja Vodjanova.

L’autunno/inverno 2020 è  quindi un trionfo di colore, dal blu al verde pavone, dal viola melanzana al giallo ocra, dal grigio perla mélange al bianco latte sino al color cipria. Tra le stampe spicca untartan “trasfigurato”. Capispalla caldi, leggerissimi e avvolgenti come una copertina, e grande profusione di gonne da giorno e da sera. Dettagli specchiati e abbondanza di zip di metallo che girano su tutta la collezione per un effetto leggermente rock.

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Tattoo d’artista con Luigi Marchini

La storia di Luigi Marchini, classe 1972, è un mix tra genuina umanità e dedizione al suo lavoro, che ama e alimenta giorno dopo giorno con la stessa passione con la quale ha iniziato, oltre trent’anni fa. Dal lavoro con il padre alle lunghe serate passate con l’ago tra le mani sin dall’età di 16 anni fino ai suoi tangibili successi, in Italia ed Europa. 

La sua grande ispirazione arriva dagli intensi ed espressivi scatti di Gian Paolo Barbieri, maestro della fotografia di moda internazionale, con “Thaiti TatoosI e II edizione”, importanti volumi che lo avvicineranno alla cultura polinesiana, che lo sorprendono così tanto da diventare uno dei simboli della sua arte, tra storia e significati legati alle origini e alle credenze del popolo. 

Oltre 40 i premi ricevuti in campo nazionale e internazionale, vinti in categorie come “best in black” e “best tribal”, alcuni orgogliosamente esposti nella sua personale zona tatto dello studio insieme ad oggetti, stampe e tracce concrete del suo affascinante percorso. Una vetrina di vita che rispecchia il suo DNA. 

Il 12,8% della popolazione italiane è tatuata, specialmente gli adulti dai 18 ai 44 anni, in linea con la media europea. Spesso si tende, per scarsa conoscenza e giudizi affrettati, a sottovalutare il tatuaggio polinesiano vedendolo come un disegno geometrico statico, “copiato e incollato” sulla pelle senza conoscerne, tradizioni, principi e valori che, seppur lontani nel tempo, vivono tutt’oggi con un’aurea dal sapore intramontabile su migliaia di corpi in tutto il mondo, al di là delle tendenze del presente. Uno stile coraggioso dai tratti spirituali, profondi, introspettivi ed eterni. 

Offrire un’esperienza unica all’insegna della professionalità. Questo l’obiettivo principale di Luigi che ci spiega quanto importante e fondamentale sia per lui “mettere a proprio agio il cliente e farlo sentire accolto al meglio instaurando con lui un rapporto”. Le linee dei suoi tribali, maniacalmente precise, catturano l’attenzione di un pubblico ben variegato, tra cui personaggi dello spettacolo, cantanti e showgirl come Paola Barale.

Il suo primo studio nel capoluogo lombardo risale al 2004, poco più di dieci anni dopo, nel 2017, nasce Hive Tattoo Art Gallery, gioiellino d’avanguardia 250mq a pochi minuti dal centro di Milano (in via Pirano n.9). Un grande progetto, realizzato in società con Andrea Lanzi. Gli spazi di Via Pirano hanno la magia di far immergere il cliente in un altro mondo. Lo studio si divide in ben otto postazioni tattoo, una zona dedicata ai piercing, una vetrina dove tutti possono vedere la maniacale cura per l’igiene e la pulizia degli strumenti di lavoro usati, un corner dedicato al merchandising e, per finire, una vera e propria Galleria d’arte contemporanea.  

Marchini, con il suo team, seleziona accuratamente proposte di artisti emergenti che vogliono esporre le proprie opere. Il risultato è la nascita di un colorato, divertente e interessante percorso espositivo. 

Amanti o meno dell’arte del tatuaggio, non vi resta che fare un salto nello studio milanese per conoscere più da vicino la storia di Luigi e la tradizione polinesiana che si respira tra colori, forme e suoni al suo interno.

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Imitatio Vitae, un omaggio a Venezia da Gucci, Marina Cicogna e da Alessandro Michele

“Nel Trecento, lettura e scrittura erano privilegio di pochi. Dimentichiamo poi fotografia, o cinema; e pensiamo piuttosto che questi artigiani potevano raccontare animali, guerrieri, dame, segni zodiacali, uomini di altre culture e religioni, ma anche ceste di fiori, frutta, verdura, lavorando semplicemente una pietra. Come non restare estasiati?”.

Con queste parole Marina Cicogna, produttrice cinematografica, fotografa e sceneggiatrice, introduce il prezioso volume ‘Imitatio Vitae’, un nuovo raffinato progetto editoriale nato dalla sensibilità per l’arte antica di Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci in tandem con Marina Cicogna.

Il libro, presentato l’altra sera alla Biblioteca Angelica di Roma a pochi passi da Piazza Navona per un pubblico di pochi intimi (Ginevra Elkann, Pierluigi Pizzi, Liliana Cavani, Franco Nero, la principessa Maria Pia Ruspoli, Francesca Lo Schiavo, Mattia Sbragia, Alessandro Michele e altri ospiti illustri), rilegato in blu e oro con sofisticate pagine in seta marezzata e in sottile carta rossa, e racchiuso in un prestigioso involucro, esplora alcuni reperti artistici di inestimabile valore scoperti dal grande costumista, regista e teatrale e scenografo Pierluigi Pizzi e che raccontano un glorioso passato, quello della Serenissima nel basso medioevo.

Realizzati da anonimi straordinari maestri, i bassorilievi dei capitelli trecenteschi, paiono sollevarsi e proiettarsi verso di noi, eternamente emozionanti, reificando un passato lontano, che appare tuttavia vivace, avvincente, minuziosamente descritto e a noi vicinissimo.

Nel libro, le foto di capitelli trecenteschi scattate anche dalla stessa Cicogna che riproducono immagini vividamente realistiche, quelli dei capitelli delle colonne del portico e del loggiato del gioiello dell’arte gotica, il Palazzo Ducale di Venezia, si alternano a commenti lasciati, come impressioni in un grande album di ricordi solitamente compilati e vergati dai turisti nei luoghi d’arte nel mondo, da grandi personaggi protagonisti dell’arte e della cultura come anche della moda e del costume e del cinema: Valentino, Lina Wertmuller, Jeremy Irons, Vanessa Redgrave, Martin Parr, Alessandro Michele, Ginevra Elkann, Rupert Everett, Giuseppe Tornatore, e molti altri illustri rappresentanti dell’arte e della cultura internazionale.

Il libro, prodotto da Gucci ed edito da Marsilio, è già disponibile nelle migliori librerie italiane, e all’estero dal 2020.

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Cinecult: Tutto il mio folle amore di Gabriele Salvatores

Il rapporto padre-figlio, l’evoluzione di un’identità maschile ormai in crisi, la diversità e l’integrazione, e sullo sfondo una storia intensa e commovente on the road che lega e intreccia vari destini sulle note di una colonna sonora straordinaria. Tutto questo e altro ancora nell’ultimo, acclamato film di Gabriele Salvatores ‘Tutto il mio folle amore’ distribuito da O1 Distribution Rai Cinema.

Vincent (interpretato dal bravissimo Giulio Pranno, una rivelazione, per la prima volta sul grande schermo) è un ragazzo di sedici anni molto speciale, vive in una sua dimensione come in una bolla di vetro e ha dei contatti particolari con il mondo esterno a causa della sua malattia, l’autismo, da cui è affetto fin dalla nascita.

A prendersi cura di lui sono la madre Elena (una strepitosa e bellissima Valeria Golino) e Mario (Diego Abatantuono, pregnante ed efficace), facoltoso editore. Un giorno il padre Willy, cantante alla deriva senza bandiera e playboy ribattezzato ‘il Modugno della Dalmazia’ (Claudio Santamaria) che ha abbandonato moglie e figlio prima che Vincent nascesse, si presenta dalla ex moglie e decide di conoscere Vincent.

Fra i due, inseguiti da Elena e Mario nel cuore dei Balcani, nasce un’ imprevedibile intesa basata su un autentico scambio umano e una profonda condivisione. E tutti scoprono che la normalità non esiste e che, dopo aver fatto i conti con noi stessi, il cemento di tutto è l’amore.

L’odissea esistenziale dei quattro protagonisti li porta a contatto con il tema delle migrazioni e perfino i rom diventano attraenti (ma guarda un po’, con buona pace di Salvini…). Film godibile di ampio respiro valorizzato da una suggestiva fotografia e impreziosito da immagini curate meticolosamente.

Salvatores non delude e anzi si conferma con questo film, con cui torna al suo vecchio amore, il road movie, uno dei più sensibili e acuti interpreti della scena cinematografica italiana. Si ride, si riflette, ci si pone delle domande sulla vita in questo bel film tratto dal romanzo di Fulvio Ervas ‘Se ti abbraccio non aver paura’ e ispirato a una storia vera.

Una curiosità: ci fu un regista americano, Barry Levinson, che nel 1988 diresse un film, ‘Rain man’ in cui Tom Cruise portava a spasso il fratello autistico in giro per gli Stati Uniti e sullo sfondo campeggiava una allora quasi debuttante Valeria Golino che in ascensore suggellava con un bacio la sua accettazione della diversità di Raymond, interpretato dal geniale Dustin Hoffman. E qui il cerchio, cari cinefili, pare chiudersi perché la bella Valeria interpreta oggi una storia che ha degli indiscutibili punti di contatto e delle palesi analogie con il film americano.

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REAL ESTATE, TRAINING & CONSULTING

Bruno Vettore è un manager completo con competenze ed interessi che svariano dal settore immobiliare a quello della formazione commerciale, sino alla consulenza organizzativa e direzionale.

Ma come si riescono a gestire attività, impegni e relazioni in ambiti e con interlocutori diversi? Lo abbiamo chiesto al manager, a margine dell’ultima sessione formativa con oltre 100 partecipanti tenuta presso la Camera di Commercio di Salerno.

La gestione di  attività così impegnative  deve prevedere una perfetta organizzazione del lavoro ed una eccellente pianificazione del tempo. Ovviamente la passione e l’entusiasmo per tutto ciò che si fa è un ulteriore ingrediente fondamentale” afferma Vettore.

Serve essere costantemente alla ricerca di una crescita professionale e personale, a prescindere dall’età anagrafica o dall’esperienza maturata, e bisogna porsi nei confronti degli interlocutori  dimostrando grande professionalità, forte etica ed una deontologia rispettosa di aziende e persone” conclude il manager.

Prossimo appuntamento di rilievo il 16 ottobre a Milano con una SPECIAL EVENT sul tema della “Creazione e motivazione del team di lavoro”. Un appuntamento imperdibile dedicato a professionisti ed imprenditori desiderosi di migliorare le capacità di gestione delle loro squadre di lavoro.

www.bvinvest.it

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Cinecult: Martin Eden di Pietro Marcello

Segni particolari bellissimo: ci riferiamo al film ‘Martin Eden’ diretto da Pietro Marcello distribuito da 01 Distribution Rai Cinema e interpretato da Luca Marinelli, vincitore, e a ragionissima, della coppa Volpi di Venezia 76 come migliore attore protagonista.

Il film che racconta la emancipazione grazie alla cultura di un uomo povero e umile ma molto fiero, è uno dei più belli che chi scrive abbia mai visto.

Quanto all’ottimo Marinelli, lui è uno che spacca l’obbiettivo e conquista lo schermo. Carismatico ambasciatore dell’eccellenza italiana nell’acting nel mondo, è sicuramente uno che ha la stoffa e non solo per i suoi film precedenti (non ha perso mai un colpo da ‘Tutti i santi giorni’ a ‘il padre d’Italia’ fino a ‘Lo chiamavano Jeeg Robot’) ma anche per la formidabile capacità di sviluppare un personaggio, e quello del protagonista dell’omonimo romanzo di Jack London era assolutamente stimolante e in parte anche complesso e tormentato.

Dice il regista Pietro Marcello: “Martin Eden racconta la nostra storia, la storia di chi si è formato con la cultura incontrata non in famiglia, o a scuola, ma lungo la strada; è il romanzo degli autodidatti e di chi dalla cultura in parte è rimasto deluso.

Oltre una prima lettura, però, Martin Eden non racconta solo la storia di un giovane proletario che, per amore di una ragazza altolocata, ambisce a diventare scrittore: è anche il ritratto di un artista di successo –un autoritratto a tinte fosche dello stesso Jack London – che smarrisce fatalmente il senso della propria arte”.

Il personaggio si dibatte in un dilemma pirandelliano fra forma e vita, fra il successo e la sua crisi d’identità, fra ambizioni e rimpianti, si direbbe un ‘soggetto sbarrato’ come l’uomo tratteggiato dal filosofo Jacques Lacan.

Interessante l’ambientazione: una Napoli degradata, umiliata e offesa ma orgogliosa e dignitosa alla quale è bello tornare dopo vicissitudini in mare.

Ci sono tanti buoni motivi per andare a vedere questo film: per chi ha letto il romanzo di Jack London del 1908, per chi ama i film dai grandi ideali come ‘Novecento’ (e questo film é carico di vibranti ideali), per chi ama i film storici, per chi si vuole emozionare per una storia che racconta come eravamo e come siamo tuttora, per chi ama coniugare romanticismo e lotta di classe.

Un film ambientato nel passato ma rivolto al futuro: il fulcro é un umanesimo vitalistico. L’impianto drammaturgico é molto pregevole, la fotografia curatissima, il cast del tutto interessante (ci sono Chiara Francini e Giordano Bruno Guerri accanto a Carlo Cecchi che nel film è Russ Brissenden, colui che nel film inizia Martin Eden al socialismo dal quale però il giovane scrittore prende presto le distanze) e si percepisce un certo gusto neorealista che riecheggia il Pasolini migliore (Teorema ad esempio), con uno spleen di fondo che avvolge uomini e luoghi.

La fotografia esprime un’idea di vintage, di già vissuto ma mai trito, anzi. Le immagini sembrano parzialmente sgranate come alla luce di un color seppia, ma molto attenuato. Tanti i bellissimi primi piani, il regista è un virtuoso della macchina da presa.

E dulcis in fundo, Giorgio Armani non poteva resistere a vestire questo incredibile attore, dato che a cominciare da Richard Gere ha segnato l’ascesa professionale dei più grandi attori di Hollywood. Onore al merito anche a lui per l’outfit blu e nero che Marinelli sfoggiava alla cerimonia di premiazione di Venezia 76 quando ha oltretutto dedicato il film a tutti i migranti. Anche per questo davvero un bellissimo film. Non perdetelo.

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Tastiere emoji: come scoprire la tastiera segreta su iPhone

Le emoji tanto amate dai più giovani, ma non solo… per inviare messaggi tramite gli smartphone sono divenute sempre più utilizzate come icone testuali nel comunicare qualcosa, appunto tramite messaggio, al punto che nel 2015 la Oxford Dictionaries – organismo britannico che si occupa di rintracciare l’evoluzione della lingua in ogni sua declinazione- ha eletto la faccina che piange dalla gioia la parola dell’anno.

Le tastiere emoji sono oggi utilizzate per le chat in ogni forma e permettono di comunicare anche fra persone di lingue diverse, essendo quello dei simboli un linguaggio universale, dietro cui vi è la Unicode, organizzazione no profit che si occupa proprio della codificazione del linguaggio universale, fra cui le tanto amate emoticon.

La Unicode si occupa della conversione delle faccine in numeri, gli sviluppatori devono poi decidere se utilizzare o meno quel carattere. Ad esempio quando si trovano quadrati bianchi o caratteri strani in un testo, vuol dire che le regole dell’organismo internazionale non sono state rispettate.

Il linguaggio emoticon prevede che vengano utilizzate le tastiere emoji e per chi ha un iPhone, forse non è così immediato perché si tratta una sorta di tastiera segreta.

Niente paura amici di Apple, non dovete scaricare nessun software aggiuntivo, nè installare App a pagamento, ma solo sbloccare la keyboard e avere così a disposizione oltre 100 emoticon, cosiddette segrete, visibili subito sulla tastiera emoji e inviare il vostro messaggio tramite chat in pochi secondi.

Se non sapete come fare ve lo spieghiamo subito, è semplice e non richiede dimestichezza particolare dell’iPhone e una volta attivata la tastiera segreta sarà sempre a vostra disposizione quando comporrete un nuovo messaggio, non servirà attivarla ogni volta.

Ora vi spieghiamo come scoprire la tastiera segreta di emoticon su iPhone.

Come scoprire la tastiera segreta su iPhone

Prendete il vostro iPhone e aprite le impostazioni generali, ora cliccate dove indica tastiera, a seguire cliccate su tastiere.

Dovete ora aggiungerne una nuova e scegliere la Kana, quella giapponese.

Il gioco è fatto: ora se andrete a scrivere un messaggio, non dovrete fare altre che scorrere le tastiere a disposizione, tramite il tasto a forma di globo, e quando vedrete gli ideogrammi giapponesi, cliccate sull’icona a forma di faccina ecco che le tastiere emoji sono li a vostra disposizione con centinai di emoticon fantastiche con cui sbizzarrirvi per mandare messaggi ai vostri amici o alla vostra fidanzata/o.

Eugenio Franceschini, acqua e sapone

E’ da poco diventato padre di Argo al quale dedica tutte le sue più amorevoli cure. Questo per sottolineare che Eugenio Franceschini, veronese, classe 1991, segno zodiacale Vergine, è un uomo semplice dall’animo gentile e pieno di talento, che non si prende troppo sul serio.

Equilibrato, cordiale ma timido, è figlio d’arte: suo padre é l’attore Gianni Franceschini che gli ha trasmesso la passione per il teatro dove ha anche recitato nel 2015 accanto a Leo Gullotta in ‘Prima del silenzio’, dramma di Giuseppe Patroni Griffi con un’elegiaca storia romantica a sfondo queer che è stata anche la sua prova attoriale più dura, come ci rivela lui.

Appassionato di rugby che pratica con gli amici, Eugenio ha vinto il nastro d’argento nel 2018 per tre sue interpretazioni, e per un artista della sua età non è poco.

L’attore, che ricordiamo soprattutto per ‘Una famiglia perfetta’, ‘Fango e gloria la grande guerra’ e ‘Una vita spericolata’, è attualmente sul piccolo schermo con la fiction ‘La strada di casa 2’ prodotta da Luca Barbareschi per Rai Fiction in cui Eugenio si cala nel ruolo avventuroso di Lorenzo Morra, fratello di Fausto, interpretato da Alessio Boni e affiancato nel cast da Sergio Rubini e Lucrezia Lante della Rovere.

La serie televisiva per la regia di Riccardo Donna ruota intorno alla cascina Morra di Torino avvolta in un fitto mistero. Ce ne parla Eugenio Franceschini in questa intervista.

Come si evolve il personaggio di Lorenzo dalla prima stagione della fiction a oggi?

Premesso che avevo già lavorato con Alessio Boni in ‘Maldamore’ prima di approdare a questa serie di successo, trovo che stavolta nella seconda stagione il plot sia più stimolante e i personaggi, soprattutto il mio, sono più definiti, più strutturati anche sul piano drammaturgico.

Tutto è più realistico e Lorenzo ha un ruolo più sfaccettato che lo porterà a Praga. Ma non vi svelo troppo. Lorenzo ha perso la sua ragazza sull’altare, la sua amata è sparita nel nulla e il mio personaggio tende un po’ a trainare la storia.

Che ne pensi delle nuove opportunità espressive offerte da Netflix?

Lo trovo stimolante, dipende dal ruolo ma mi piacerebbe lavorare con una produzione Netflix. Rispetto alla televisione (che ha dato anche il successo a Eugenio Franceschini: ‘i Medici’ e ‘Grand Hotel’ sono le serie in cui ha avuto maggior risalto n.d.r.) Netflix richiede tempistiche più accettabili.

Se per esempio al cinema in un giorno giri due scene al massimo, mentre in televisione ne puoi realizzare almeno sette, Netflix è un buon compromesso fra queste due prospettive, fra cinema e piccolo schermo. Comunque devo ammettere che anche la televisione dà un’ottima visibilità e lo conferma la mia partecipazione a ‘La strada di casa 2’.

Che differenza intercorre per te fra cinema e teatro?

Il cinema è magia, il teatro è come un concerto live. Il teatro è più prevedibile, si tratta spesso di ripetere lo stesso copione ogni sera, la messinscena teatrale presuppone un pubblico ‘vivo’.

Prima hai proposto la similitudine del concerto live. Che ne pensi della musica?

Mi piace molto, la seguo, in famiglia siamo tutti un po’ con il pallino per la musica, non a caso i miei cugini fanno musica anche loro.

Parlaci del tuo guardaroba. Com’è Eugenio Franceschini allo specchio?

Diciamo che non ho grande interesse per la moda, quando devo calcare un red carpet mi metto in smoking e mi piace ma in generale non sono un tipo glamour. Il mio guardaroba si compone di indumenti basic: una maglia, una giacca classica, niente di eccentrico.

Sicuramente la presenza non ti manca. Quanto ti ha aiutato nella tua carriera?

La bellezza è perfettibile e può decretare il successo di un artista come me ma dipende sempre dal percorso che intraprendi. Marlon Brando era famoso per la sua bellezza imperfetta e lui citava sempre un macchinista che dietro le quinte di ‘Un tram chiamato desiderio’ gli aveva sferrato un pugno sul naso perchè senza quel pugno probabilmente non sarebbe stato il divo che è stato in effetti.

Su Instagram e in alcuni tuoi film sei apparso anche nudo. Ti sei sentito a tuo agio recitando senza veli?

Non fa molta differenza per me. Certo, quando ero nudo sotto la doccia sul palco accanto a Leo Gullotta in ‘Prima del silenzio’ un po’ di imbarazzo l’ho provato ma poi svanisce. Vedi, io quando ero più giovane svelavo il lato B in modo goliardico come si fa con gli amici per tifoseria. In generale non sono un esibizionista ma sono a mio agio con il mio corpo.

I prossimi progetti?

Ho appena fatto un provino con un famoso regista ma non chiedermi di più. Girerò ‘Nero a metà’ con Marco Pontecorvo come regista e nel cast c’è Claudio Amendola. Il mio sogno è realizzare uno spettacolo teatrale partendo dal testo di ‘Film d’amore e d’anarchia’ di Lina Wertmuller che amo molto.

Adoro il cinema politico e di denuncia sociale, quello tosto e impegnato, il mio film preferito è ‘La classe operaia va in paradiso’ di Elio Petri. I miei cineasti del cuore sono Marco Tullio Giordana, Paolo Virzì e Matteo Garrone. Ma amo molto anche Wes Anderson e Alice Rohrwacher per i loro mondi favolistici, di reverie.

Che ne pensi dei social e degli influencer?

Tutto sta in come gestisci la tua immagine. Non ho una vera e propria opinione al riguardo. Uso i social per il mio lavoro ma non sono un fanatico di Instagram. Gli influencer sono delle figure di marketing, ognuno vende la sua immagine come meglio crede.

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Pelle grassa maschile, come curarla

La pelle grassa nell’uomo presenta senza dubbio indizi molto riconoscibili a partire dal colorito che risulta spento, l’aspetto è molto spesso lucido e untuoso e infine la presenza evidente di inestetismi. I più giovani poi, aggiungano anche acne o antiestetici foruncoli. Come intervenire? Fondamentale una buona detersione ma anche ripristinare la capacità rigenerativa della nostra pelle tramite l’uso di prodotti specifici.

Korff Purifying

Dalla texture nera fondente, permette un’efficace detersione del viso e la rimozione dei residui di make up. Perfetto per purificare le pelli miste e impure, pratico da utilizzare e poco schiumogeno, lascia la pelle piacevolmente morbida ed è adatto anche alle pelli sensibili.

URIAGE Hyséac 3-regul Trattamento Globale

Trattamento “3 in 1” che favorisce l’eliminazione delle imperfezioni (brufoli, punti neri, eccesso di sebo) e lascia la pelle opacizzata. Leggera e non grassa, si assorbe facilmente.

Kiehl’s Oil eliminator 24 hour anti-sjine moisturizer

Fluido idratante per il viso, dalla texture ultra-leggera. Contiene Aerolite™ che, grazie alla sua avanzata tecnologia, aiuta istantaneamente ad assorbire il sebo in eccesso e a bilanciare la sudorazione cutanea. Regala alla pelle un aspetto mat, libera dall’effetto lucid per 24 ore. La pelle è opacizzata all’istante, mentre nel tempo il prodotto svolge un’efficace azione sebo-equilibrante.

Collistar Idratante Viso Opacizza&Purifica

Formula viso multifunzione che all’istante opacizza e protegge, mentre nel tempo svolge un’efficace azione sebo-equilibrante. Contiene il complesso Mat-Perfect Men Collistar®,associato a VitamineFe B6 normalizzanti e protettive, Acido Ialuronico idratante, Vitamina E anti-radicali liberi e polveri ultra-micronizzate, che assorbono l’eccesso di sebo per un immediato effetto anti-lucido.

Foreo Luna 3

Con l’ultima innovazione di FOREO LUNA 3, questa spazzola per la pulizia viso rimuove fino al 99,5% di sporco e sebo prevenendo l’accumulo di batteri e fornendo risultati visibili in pochi minuti: pelle sana e più luminosa.

Ren Clarimatte™ T-Zone Control Cleansing Gel

Equilibra la produzione di sebo, purifica e limita gli sfoghi e arrossamenti, soprattutto nella zona T. L’olio essenziale di cipresso è utile a lenire e calmare, l’estratto di salice invece serve a minimizzare l’aspetto dei pori.

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5 quartieri hipster a Milano

Chi l’ha detto che essere una delle maggiori capitali della moda al mondo debba fare necessariamente a pugni con uno stile di vita più alternativo o addirittura hipster? Milano, la città fiore all’occhiello del nostro Paese, è una metropoli piena di sfaccettature. HomeToGo, il più grande meta-motore di ricerca per case e appartamenti vacanza, ha analizzato quali sono le zone più hipster della città meneghina e noi siamo andati a scoprirle dal vivo.

È ormai almeno un decennio che la capitale economica del nostro Paese è in continua ascesa nonché in un processo di inarrestabile evoluzione: la vocazione della Milano odierna sta nel reinventare zone urbane in passato simbolo finanche di degrado, trasformandole, al contrario, in aree attrattive di aggregazione sociale con bar, negozi, ristoranti, cinema d’essay e centri yoga e sportivi. A ciò si aggiunge l’attitudine alla contaminazione di zone storicamente appartenenti alla Milano bene tramite un deciso tocco alternativo e, a tratti, anticonformista.

In cima alla classifica vi è sicuramente Porta Venezia, la zona più LGBT-friendly di Milano (con tanto di bandiera arcobaleno nella metro a sottolinearlo). Porta Ticinese, guadagna il secondo posto, e si distingue per i suoi celebri negozi di dischi.

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Motion Blur Milan tram Street at Night

Un gradino più in basso troviamo Isola, che da area periferica è sbocciata in tutto e per tutto, confermandosi un punto di riferimento assoluto per il panorama hipster milanese. Questo quartiere, che comprende anche la zona Garibaldi e Paolo Sarpi, si distingue in particolare per brunch, aperitivi e scuole di yoga.

Porta Genova si piazza al quarto posto con un punteggio particolarmente alto per quanto riguarda i negozi di tatuaggi mentre, a pochissimi punti di distanza e in quinta posizione troviamo NoLo ( North of Loreto). Sulla scia di Isola anche questa zona, un tempo periferia, è sempre più attrattiva in particolar modo per i più giovani, mentre Milano Ovest continua ad avere tratti più residenziali.

Anche qui troviamo diversi centri yoga e negozi di tatuaggi degni di nota, a corredo di una zona che sta vivendo una vera e propria rinascita.

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(c)GettyImages/HomeToGo

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Cinecult: Joker di Todd Phillips

Una risata vi seppellirà. Dopo ‘IT’e ‘IT 2’ e il Joker di Tim Burton interpretato da Jack Nicholson in ‘Batman’, arriva sugli schermi italiani il nuovo attesissimo, irriverente, visionario capitolo dedicato a uno dei più grandi cattivi della DC comics che esplora il lato dark dell’umorismo e della comicità analizzando l’efferatezza metaforica del pagliaccio nella società postmoderna.

Leone d’oro alla mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia 76, ‘Joker’ di Todd Phillips e distribuito da Warner Bros.Pictures viene da molti considerato il film dell’anno.

Film complesso, inquietante e alquanto cupo, ma destinato a lasciare il segno nello spettatore, è un’opera di indubbio spessore e valore artistico incentrata su un’acuta e graffiante critica sociale dove la struggle class si intreccia inestricabilmente con la visione cruda e surreale del perfido Joker, antieroe beffardo e disadattato con gravi alterazioni psichiche che combatte quotidianamente contro la barbarie e l’inciviltà di una società in disfacimento che condanna l’individualità e la diversità.

Joaquin Phoenix, candidato per tre volte all’Oscar, stavolta potrebbe vincerlo davvero con un’interpretazione straordinaria, magnetica e coinvolgente. L’attore dimostra di essersi calato magnificamente nel personaggio e di viverlo come se fosse un suo gemello.

Nel film Phoenix è Arthur Fleck. Arthur indossa due maschere. Una se la dipinge per svolgere il suo lavoro come pagliaccio durante il giorno. L’altra non se la può mai togliere: è la maschera che mostra nell’inutile tentativo di sentirsi parte del mondo che lo circonda, che nasconde l’uomo incompreso che la vita sta ripetutamente abbattendo.

Senza un padre, Arthur ha una madre fragile, Penny Fleck (la brava Frances Conroy) probabilmente la sua migliore amica, che lo ha soprannominato ‘Felice’, un appellativo che ha generato in Arthur un sorriso che nasconde una profonda angoscia interiore. Il tutto sullo sfondo una città brulicante e ostile, degna della New York anni’70 di Scorsese in ‘Taxi driver’.

La Gotham City rappresentata nel film potrebbe essere una qualunque metropoli decadente di oggi: afflitta dal problema della mancanza di igiene e dello smaltimento dell’immondizia, attanagliata dalla piaga della disoccupazione, una città in ginocchio sull’orlo del baratro in cui divampa la rabbia sociale a causa della esponenziale proletarizzazione del ceto medio.

Un tycoon candidato sindaco, Thomas Wayne (il padre di batman) che definisce ‘pagliacci’ i suoi concittadini meno fortunati fomentando un clima di tensione e l’odio e Joker, letteralmente il buffone, che diventa il simbolo della ribellione contro la tirannide del privilegio.

Gli spunti di critica sociale disseminati nel film vengono sublimati dalla definizione del personaggio, con una grande ricchezza di introspezione psicologica laddove il disagio psichico del protagonista che ride e fa ridere ma non certo per allegria, si riverbera esteriorizzata nella sua struttura fisica quasi deforme, in perfetto stile Egon Schiele: la sua risata è il frutto di una patologia neuro-cerebrale che in presenza di un forte choc emotivo viene fuori irritando le persone adulte ma suscitando l’ilarità dei bambini.

Bullizzato, pestato, emarginato da tutti per la sua innata stranezza, umiliato e offeso da un sistema spietato, cinico e plutocratico e cinico, Arthur Fleck saprà prendersi la sua rivincita in uno storytelling serrato e vibrante.

Accanto a Phoenix giganteggia Robert De Niro, rutilante e pieno di verve, lui il vero comico amato dall’establishment, il conduttore televisivo Murray Franklin che in una scenografia che rifà il verso allo studio del celeberrimo ‘Johnny Carson Show’ mette in scena il dramma di una comicità dal risvolto patetico un po’ come in ‘re per una notte’.

La costruzione del personaggio Joker è affidata non solo al talento recitativo di Phoenix (che peraltro a Toronto si è aggiudicato già il ‘tribute actor award’) ma anche all’abilità del costumista Mark Bridge che ha lavorato molto bene in passato con Phoenix in altri due film.

Arthur punta più alla praticità che allo stile. Veste capi comodi, e si vede che li ha da molto tempo, inoltre ha un vago aspetto infantile, alternato a quello di una persona anziana. Il completo ruggine che costituisce nella sceneggiatura la ‘divisa’ di Joker è stato studiato con proporzioni vagamente anni settanta calibratissime, con un notevole accordo di colori rispetto al gilet (giallo) e alla camicia.

Onore al merito alla truccatrice Nicki Lederman che ha realizzato esasperandolo il make-up di Joker utilizzando a piene mani il verde e il rosso della maschera del clown.

In copertina: Ph: Niko Tavernise – Copyright © 2019 Warner Bros.Entertainment Inc. All Rights Reserved © DC Comics

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Le sneakers da avere questo autunno

Non ne abbiamo mai abbastanza e da quando sono state sdoganate anche in ufficio, da indossare con il completo al posto delle classiche stringate, le sneakers le indosseremmo ovunque, forse anche per andare a letto! Sì, perché siamo ormai tutti degli sneakers-freak, pronti ad innamorarci di un nuovo modello, di un colore inaspettato, di un mix and match di tessuti all’avanguardia. Per questo ci fa piacere condividere con voi una piccola ricerca di quelli che sono i modelli che più ci sono piaciuti in questo inizio di autunno. Una sneaker tira l’altra!

SAUCONY 

Lanciato nel 1988 e diventato subito leggenda, il modello Throwback con Azura è oggi l’essenza della leggerezza e della tecnologia. La lineup di Saucony Originals si arricchisce di due nuove colorway per il modello Azura, il must have del momento in tutto il mondo Originals.

PREMIATA

Drake, il nuovo modello della linea Sizey è un modello esclusivo che traccia un nuovo orizzonte nel mondo delle chunky sneaker. Una scarpa sofisticata e, grazie ad una produzione di alta gamma, estremamente leggera, presentata in quattro modelli per genere, in otto differenti make-up, dal total white al glitter e al laminato.

SANTONI

Sneaker bassa total white realizzata in morbida pelle bianca con suola in gomma dal profilo a cassetta. Il design destrutturato e flessibile rifinito con cuciture a vista sulla tomaia e lacci in tessuto tono su tono, rendono questo modello moderno e versatile. Un’eleganza classica dal carattere casual chic.

GUCCI 

Caratterizzata da un mix di pelli e materiali diversi, modello Ultrapace si ispira alla classica scarpa da corsa. Inoltre, elementi distintivi della Maison, come il ricamo Gucci, l’etichetta con logo vintage e il dettaglio GG in gomma, completano il modello. 

MARNI

Un’originale silhouette la cui forma accentuata evoca una banana ispirata alla Pop Art. Ancora una volta, Marni reinterpreta gli archetipi, combinando una struttura in maglia tecnica stretch dal design minimalista con una distintiva suola amplificata che offre comfort.

PRADA

Le Cloudbust Thunder, iconica silhouette delle sneakers Cloudbust, evolvono verso volumi più complessi, grazie a una tecnica esclusiva e a un design esplosivo. Si caratterizzano dal contrasto tra il finish opaco e lucido dei vari elementi che le compongono.

PUMA 

Progettate per resistere alle condizioni più impegnative, le Trailfox Overlandoffrono al contempo comfort e stabilità per il trail running,  rinnovando il loro aspetto con una nuova tomaia in tessuto con occhielli rinforzati in nabuk, dettagli blu in rete per ottimizzare la traspirabilità, la suola antiscivolo in gomma, l’intersuola ammortizzata in EVA a compressione e il sistema di allacciatura cord lock lacing system, ispirata dal trail running per una calzata ottimale. 

CONVERSE X PIGALLE

La Converse Chuck 70 è disponibile in due colorazioni: una gioca sulla classica gamma di tonalità e l’altra ha i colori in gradiente. Entrambe sono realizzate con la tecnica della pellicola TPU applicata alla tela, un elemento di design che conferisce alle scarpe un mix di futurismo tecnologico e stile classico. 

FILA

Il modello V94M d’ispirazione chunky sneakers è realizzato in camoscio con inserti in mesh e pelle a contrasto di colore. Sono leggere e flessibili con suola in gomma, l’ideale per un look sporty-chic.

SANDRO

Le sneakers ATOMIC ton sur ton in pelle sono realizzate in camoscio e rete, con suola spessa e logo stampato sulla linguetta.

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