Uncensored performance: Jacopo Benassi

Una serie di creazioni inedite che documentano il percorso artistico di Jacopo Benassi.
Come lui stesso afferma: “Le mie performance provengono da un viaggio musicale iniziato dall’esperienza con i Btomic e i loro musicisti underground.
Da quel momento ho sentito questo bisogno di buttarmi sul palco, ci ho pensato per anni. Non sapendo suonare nessuno strumento, ho deciso di ispirarmi alla danza, che amo. Ho iniziato a fare piccole esibizioni dove suonavo con il mio corpo, o mi buttavo a terra con le chitarre, creando un suono. Mi ha molto ispirato da una frase della coreografa Trisha Brown: “cadere e anche ballare”. E così ho intrapreso questo percorso, di cui mi sento protagonista, che mi piace molto e mi fa stare sul palco. Anche se ho molta paura che la gente mi guardi, rimango calmo, voglio essere me stesso, non voglio agire”.







Cover: Brutal casual with Lady Maru 2021

Il percorso di Emanuela Rei: beniamina della tv dei ragazzi oggi protagonista a teatro

A metà tra l’adolescenza e l’età adulta, i trent’anni rappresentano un vero cambiamento. Tra i bilanci di quel che è stato e i progetti per ciò che sarà, a quest’età anche noi giovani facciamo un piccolo punto sul percorso che abbiamo intrapreso. Nel nostro dialogo, Emanuela Rei (giovane attrice romana classe 1991) ci racconta un pezzetto della sua storia: dalla passione per la recitazione e l’intrattenimento sin da piccola, un talento innato nell’imitare i personaggi famosi e poi la danza e il canto. Insomma, una bambina destinata a lavorare nel mondo dello spettacolo ma soprattutto nel teatro, primo amore che continua ad essere ancora oggi la sua più grande passione.



Quando hai realizzato che saresti diventata un’attrice?

Fin da piccola mi piaceva far ridere le persone e creavo degli sketch tutti miei. Ho iniziato a studiare recitazione e a studiare teatro. Amo la recitazione a 360 gradi, sono cresciuta a pane Verdone e De Sica.

Al momento sei in tournè con Aladin, come sta andando?

Non vedevo l’ora di riprendere dopo la pausa legata al covid e la voglia e le aspettative erano alte. Le ultime tappe sono andate bene, lo spettacolo sta funzionando nonostante alcuni membri del cast siano cambiati rispetto all’inizio, c’è un’evoluzione positiva.



Il mio personaggio, che nella nella nostra versione si chiama Aisha perchè si ispira a quello de “Le Mille e una notte” (Jasmine nella versione Disney) ha un’indole decisamente più romantica e dolce.

Un consiglio che daresti a te stessa agli esordi?

Sembra banale ma funziona sempre: non buttarsi mai giù e crederci molto, perchè la fatica e l’impegno ripagano. Il nostro è un mondo complicato e i no sono certamente più dei si. Non si molla mai però!

Il tuo pubblico è decisamente giovane, senti una sorta di responsabilità nei loro confronti?

Assolutamente si, la prendo molto sul personale soprattutto con lo sviluppo dei social. È una cosa a cui tengo molto, ho stretto un bel rapporto con molti fan e mi sono sempre posta con loro come una sorella maggiore. L’aspetto più bello di questi canali è proprio il fatto di poter essere vicino a chi avesse bisogno di un consiglio. Anche se sembra banale mi ritrovo molto spesso a mettere in guardia che la vita reale non è quella dei social, per cui è bene sviluppare una giusta capacità di discernimento.



Se avessi un tappeto magico come Aladin dove voleresti ora?

A New York, la mia città del cuore. Magari con la neve, per godermi a pieno l’atmosfera natalizia!

Come stai trascorrendo le festività?

In famiglia, a Roma con i miei cari e poi in teatro. Sono felice di lavorare in questo momento speciale, sarà una bella esperienza. Ce lo meritiamo, vorrei trasmettere momenti di vita leggeri e divertenti a tutti quelli che verranno a trovarci sul palco.



È vero che hai imparato ad apprezzare la moda con la serie Maggie e Bianca?

Devo dire di sì, la serie mi ha aiutato molto ad appassionarmi al fashion. Adesso il mio guardaroba ha preso una nuova forma e io stessa cerco di essere più attenta agli abbinamenti. Ho imparato anche qualche nozione di armocromia, anche se non mi definirei mai una fashion victim! ( ride ndr)



Quali progetti o desideri hai per il nuovo anno?

Il desiderio più grande è quello di poter continuare a fare questo lavoro per tutta la vita. Vedremo se la tournè sarà più lunga del previsto, per il resto teniamo le dita incrociate!



Credits:

Photographer Davide Musto

Video Director Federico Cianferoni

Music Iskander

Styling Andreas Mercante

Stylist assistant Federica Mele, Valentina Calicchio

Special thanks to Alfredo Fabrizio, Coho Loft

I MIGLIORI FILM DA VEDERE DURANTE LE FESTE

È tempo di vacanze natalizie e un modo per trascorrere il pomeriggio al caldo è decisamente scegliere un bel film da guardare tutti insieme. Passano gli anni ma l’emozione resta la stessa. Cosa si potrebbe guardare quest’anno? Nella gallery, una rassegna delle classiche pellicole che hanno tracciato la tradizione cinematografica natalizia. 

“Il canto di Natale di Topolino”cartone Disney del 1983 diretto da Burny Mattinson,  è un capolavoro indimenticabile che ha emozionato diverse generazioni nel tempo e riunisce ancora oggi l’intera famiglia il 25 dicembre. La pellicola tratta il tema del Natale,  raccontando in maniera semplice e molto diretta i valori che caratterizzano questo periodo dell’anno, cercando di indurre lo spettatore ad essere il più generoso possibile. Zio Paperone, conosciuto al pubblico come l’avaro “Signor Scrooge”, si scontra con gli spiriti natalizi del passato, presente e futuro, i quali lo guidano in un viaggio introspettivo per riflettere sulle proprie azioni. Il finale lascia una porta aperta per chiunque, anche per chi meriterebbe solo il carbone sotto l’albero: a tutti, compreso Scrooge, è concessa una seconda occasione per rimediare

Un altro capolavoro è “Il Grinch”, film statunitense diretto da Ron Howard. Come ne “Il canto Di Natale”, il protagonista detesta il Natale con tutto sé stesso:  si tratta di una creatura verde e riluttante che abita in cima ad una montagna, ai piedi di un paese surreale. L’odio per la tradizione deriva dal suo passato: è stato vittima di bullismo e sfregi. Solamente la piccola Cindy, dal cuore dolce e puro, riuscirà a convincere il “mostro” a riflettere sull’importanza del Natale e ad impedirgli di rovinarlo definitivamente. “Il Grinch” induce a pensare su quanto le esperienze negative vissute da piccoli possano incidere sulle scelte future ed a indurre atteggiamenti violenti a chi li ha subiti.

Non può mancare “ Mamma ho perso l’aereo”, icona natalizia che ha scandito la storia cinematografica di questa ricorrenza. Il film del 1990 scritto e prodotto da John Hughes e diretto da Chris Columbus riunisce dopo oltre trent’anni tutta la famiglia davanti allo schermo, grazie alla sua ilarità e leggerezza. Il kolossal racconta le avventure del piccolo Kevin, astuto e intraprendente, dimenticato a casa dai genitori durante le loro vacanze natalizie. La piccola peste non si lascia prendere dallo sconforto e si organizza in fretta per vivere solo, riappropriandosi di tutti gli spazi della casa e sperimentando tutto quello che gli è stato da sempre negato dai genitori. Si accorgerà però presto di quanto la famiglia siaimportante, ancor di più in prossimità del Natale…

Se amate il genere horror il film natalizio più adatto è “Gremlins”, del 1984 diretto da Joe Dante e scritto da Chris Columbus. La commedia nera racconta la storia di piccoli mostriciattoli assassini nati dall’incuria di gestire un “Mongabay”. Per una serie di eventi, Billy, al quale è stata regalata la creatura proprio per Natale, non rispetta le regole per gestire correttamente l’apparente essere innocuo e i Gremlins iniziano a scatenare panico e morte del villaggio. Alla fine tutto viene riportato alla normalità, nella consapevolezza che il mondo occidentale non sia ancora pronto per accudire queste creature. Tra ironia e scene di paura, il film fa riflettere anche su quanto sia importante il momento della scelta dei doni: il regalo sbagliato potrebbe essere letale. 

Per i più romantici infine è consigliato  “Love Actually” – “L’amore davvero”, un  cult movie di Natale del 2003 diretto da Richard Curtis. La pellicola vanta un ricco cast che vede protagonisti Hugh Grant, Colin Firth, Emma Thompson, Liam Neeson, Alan Rickman e Keira Knightley. La trama del film è sintetizzata dalla canzone Love Is All Around, e la storia è un intreccio di relazioni e di amori: dieci storie, con protagonisti molto diversi tra loro, legate dal contesto natalizio. Il film ha l’obiettivo di fare riflettere su come, alla fine, l’amore non risparmia nessuno: nel bene e nel male getta sempre tutti nel caos. La scena cult resta sicuramente quella in cui Mark si presenta alla porta della casa dei due sposi e, facendo finta di essere un cantante di strada, mostra a Juliet una serie di cartelli per dichiararle il suo amore. Il gesto di esprimere amore attraverso carta e pennarello verrà ripreso poi da diverse celebrità nel corso degli anni…

Travel inspo dagli influencer

Anche questa stagione si è rivelata difficile per i viaggi, soprattutto quelli all’estero. Così, chi per lavoro o passione una volta riusciva a viaggiare quasi tutti i mesi, oggi ha trasformato la propria anima da globe-trotter rendendola (temporaneamente) più stanziale. Come buon auspicio per l’anno che verrà alcune delle nostre più care personalità social hanno voluto ispirarci con i loro luoghi del cuore, e noi li inseriremo sicuramente nella nostra wish list per il 2022.


Dubai, credits Alessandro Magni

“Dubai per me rappresenta la metropoli del futuro e ci torno sempre con piacere perché ogni volta è in grado di stupirmi! Mi è rimasta nel cuore per l’architettura avveniristica, per le emozioni ed esperienze incredibili che offre, per l’atmosfera che si respira, il clima spettacolare e infine per la cultura e l’accoglienza delle persone”.

Trentino Alto Adige, credits Anselmo Prestini

“Amo la montagna, in particolare le Dolomiti perché mi sento a casa. Ci sono nato e cresciuto e solo qui trovo il tempo e le energie per potere ascoltare me stesso al 100%. Non c’è cosa più bella che vedere sorgere il sole da una vetta all’alba oppure ammirarlo tramontare dalla parte opposta di sera”.

Riyadh, Arabia Saudita credits Roberto De Rosa

“Uno degli aspetti che preferisco di Riyadh è la sua posizione: a pochi km dal deserto riesce ad essere una delle città più vibranti del Middle East. Attualmente ospita la Biennale, assolutamente da visitare”.

Lanzarote, credits Eros Luca

“La calma e il silenzio di quest’isola ti invitano a staccare la spina e fare il pieno di energia. È il luogo ideale per rilassarsi e passeggiare tra vulcani, grotte e spiagge incontaminate. Meta ideale anche per chi ama gli sport acquatici come il surf ma anche corsa e ciclismo grazie al clima mite che si respira tutto l’anno”.


Immagine di cover: credits Alessandro Magni

MANINTOWN EDITORIAL: We’ll always have Paris

Avremo sempre Parigi per la mole di spot che identificano nell’immaginario collettivo la città più fotogenica di tutti i tempi. La storia moda racconta gli spazi personali e il daily walking del classico clichè parigino che fa del proprio guardaroba uno status.

Les Marais day & night, la dolcezza e l’arguta sensualità si perdono nell’obiettivo di Mark de Paola, guest photographer Manintown che firma i progetti Leica a livello worldwide e che, con questi scatti segna il suo ritorno nella capitale francese nei giorni di Paris Photo Fair.

Un’esperienza visiva che ferma il tempo grazie alla sensibilità del fotografo e del suo team d’eccezione.




Total look Issey Miyake

Photographer Mark de Paola

@depaolapictures 

Styling Alessia Caliendo

@alessiacaliendo

Model

Manon Patrice with Marilyn Agency Paris

@pmanon_ @marilynagencyparis 

Hairstylist

Yumiko Hikage with Saint Germain Agency

@yumikohikage @saint_germain_agency 

Makeup Artist

Taeyoung Kim

@taeyoungkkim 

Producer

Sage Backstrom with dePAOLA Pictures

Radiografia di un cult: i mocassini con morsetto Gucci

Senza entrare nel merito dei giudizi sul chiacchieratissimo House of Gucci, drama uscito nelle sale italiane lo scorso 16 dicembre, è innegabile lo slancio dato dal film ai prodotti più esemplari del brand fiorentino; non che ne avessero bisogno, considerata la potenza di una griffe radicata come poche altre nell’immaginario comune, però fa sempre il suo effetto vederli indosso a Lady Gaga, Adam Driver, Al Pacino e al resto del cast stellare reclutato da Ridley Scott. Di uno, segnatamente, vengono tessute le lodi, raccontandone con dovizia di particolari genesi, pedigree acquisito grazie all’attrattiva esercitata sul jet set degli anni 70/80, preziosismi della lavorazione, assegnandogli perfino il compito di favorire, sotto forma di munifico cadeau, uno snodo decisivo della trama: parliamo del mocassino con il morsetto, articolo massimamente emblematico di una maison che, pure, vanta nel proprio catalogo diverse creazioni entrate di diritto nella storia della moda con la M maiuscola.
Una scarpa dal design lineare, quasi elementare nella semplicità di costruzione e forme, nobilitato dall’apposizione, sulla mascherina, della staffa metallica con doppio anello, estrapolata dal mondo della selleria e delle finiture per l’equitazione (consustanziale al marchio sin dalla nascita, nel 1921) e divenuta ormai sinonimo di Gucci tout court.



Dotati di tacco dall’altezza contenuta (meno di due centimetri), flessibili e leggeri grazie alla qualità del pellame, maneggiato ad arte dagli esperti artigiani della casa, e all’assenza della soletta, i loafer col dettaglio equestre fanno la loro comparsa nel 1953: è Aldo Gucci, negli Stati Uniti per avviare il ramo statunitense dell’impresa fondata dal padre Guccio, ad avere l’idea di stuzzicare la clientela locale, già entusiasta per l’apertura della megaboutique del brand sulla Fifth Avenue newyorchese, con una proposta a un tempo chic ed easy, che coniughi mirabilmente la comodità della tomaia senza lacci al garbo dei modelli formali, ideali per completare i suit da ufficio come gli ensemble da serata mondana.
Gli Usa, d’altronde, sono la patria del casualwear, e i rampolli della buona borghesia americana, nello stesso periodo, si prodigano per rendere aspirazionali le tenute preppy che ruotano su cardigan, pantaloni con le pinces e penny loafer, giustappunto.
La popolarità delle calzature con dettaglio horsebitcosì lo chiamano oltreoceano – cresce rapidamente oltre le più rosee aspettative, ad invaghirsene è soprattutto lo stardom internazionale: la lista di celebrità e personalità assurte al pantheon del ben vestire che le calzavano, indifferentemente, nel tempo libero o nelle occasioni ufficiali, rischia di essere chilometrica, tra attori (Clark Gable, Yul Brynner, Alain Delon, Peter Sellers, John Wayne…), registi (Francis Ford Coppola), politici (John F. Kennedy, l’allora capo della Cia George Bush senior), persino bellezze leggendarie come Sophia Loren o Jane Birkin, a riprova della natura intrinsecamente genderless dell’accessorio.



Adam Driver sul set di House of Gucci, Alain Delon, Jane Birkin, Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street


Dove non arrivano le foto paparazzate dei divi o il potere ammaliatore delle uscite sul tappeto rosso, ci pensano poi le inquadrature di film di enorme fama: i mocassini in questione, infatti, accompagnano Dustin Hoffman sul set di Kramer contro Kramer, Matt Dillon in quello di Drugstore Cowboy, Matt Damon ne Il talento di Mr. Ripley, il Brad Pitt di Fight Club, in tempi più vicini a noi i protagonisti di The Wolf of Wall Street (il “lupo” del titolo Leonardo DiCaprio li piazza sotto gessati da yuppie rampante, mentre il suo braccio destro, Jonah Hill, durante uno degli innumerevoli, orgiastici party della pellicola  li sbatte sul tavolo per richiamare l’attenzione). Non sorprende affatto, perciò, che il Met di New York, riconoscendone l’iconicità, decida nel 1985 di includerle nella collezione permanente del museo.


Il talento di Mr. Ripley

A raccogliere il testimone degli estimatori eccellenti del passato sono adesso i nuovi astri dello show business: in prima fila, i testimonial/aficionados della label, Harry Styles, Jared Leto e Dakota Johnson, quindi titani del rap (che, quanto a influenza sul pubblico, rivaleggiano ormai con le popstar) alla Asap Rocky o Childish Gambino, assi dello sport come LeBron James, gli “immancabili” attori (altro elenco potenzialmente sterminato, ci si limita a citare Jamie Foxx, Idris Elba, Shia LaBeouf e il nostro Alessandro Borghi).


Harry Styles, Jared Leto, Alessandro Borghi


Il fatto che i loafer con morsetto siano oggetto di una tale riverenza non significa, però, che il loro aspetto sia rimasto immutato, anzi: negli anni sono stati forgiati in una moltitudine di materiali, dal suède al coccodrillo, dalla tela alla vernice.
Dalla metà dei Nineties, la glamourizzazione tutta edonismo e voluttuosità intrapresa dal designer Tom Ford investe anche gli accessori, i tacchi guadagnano centimetri e le superfici lucentezza. Nemmeno i successori dello stilista texano, che lascia Gucci nel 2004 dopo averlo tramutato nel pinnacolo della coolness di fine millennio, si esimono dall’adeguare le scarpe di punta della griffe alla propria cifra creativa: Frida Giannini si dimostra rispettosa della tradizione, pur aggiungendo talvolta un frisson, coprendole di borchie, tappezzandole degli intrichi fiorati del pattern Flora o, come nella collezione celebrativa del sessantesimo anniversario, nel 2013, colorandole di tonalità glossy.


Gucci F/W 1995 (credits Condé Nast Archive), Backstage della sfilata S/S 2013


Alessandro Michele, da ultimo, le rielabora già alla prima uscita da direttore artistico del brand, lo show Fall/Winter 2015, in cui inserisce le Princetown, mules foderate di pelliccia, un feticcio delle fashion victim che ben sintetizza la sfolgorante  fase iniziale dello sua tenure. Da lì in avanti, la ridondanza di decori sarà il minimo comun denominatore della visione stratificata, proteiforme di Michele: popola dunque i mocassini di api, serpenti, tigri e altre creature di un bestiario fantasmagorico, o ancora di personaggi Disney, geometrismi, applicazioni da giardino delle  meraviglie, senza mai rinnegare l’heritage, poiché altre versioni esaltano quei lemmi che, da decenni, compongono l’alfabeto Gucci (doppie G, nastro Web, tessuto monogrammato…); è ancora disponibile, per dire, il modello sempreverde da cui tutto è partito, (ri)nominato 1953, senza fronzoli, ad eccezione – ovvio- della placchetta in metallo dorato.




Il battage mediatico che ha preceduto l’uscita del succitato biopic sulla famiglia Gucci, in ogni caso, ha lasciato il segno, specialmente nel settore dell’e-commerce: stando ai numeri diffusi dalla piattaforma di abbigliamento pre-owned Vestiaire Collective, le ricerche del marchio sono aumentate, su base annua, del +25%, il numero di pezzi in vendita sul sito addirittura del +80%. Vintage o freschi di sfilata, i loafer della maison rappresentano un bene rifugio che, a differenza dei racconti a tinte noir sulle dinastie della moda, mette d’accordo tutti da quasi settant’anni.

Irene Antonucci: l’energia positiva di un’attrice dai mille volti

Irene Antonucci è un’attrice dai mille volti. Sin dagli esordi si rivela un’ artista a tutto tondo e soprattutto amante delle sperimentazione tesa alla ricerca della vera inclinazione artistica. Il suo percorso inizia nella terra natale, la Puglia, per approdare poi sui primi palcoscenici con il canto, con la moda e poi diventare conduttrice di numerosi show live e musical. Oggi, la ritroviamo in Italia a teatro con lo spettacolo Disuniti, ma prepariamoci a vederla presto anche fuori dai confini nazionali…

Ph: Denny Mosconi Stylist e Art Director Linda Boranga- Make up Graziano Giommaroni – Hair stylist Sabrina Locci

Come inizia il tuo percorso?

Ho sempre avuto sin da piccola la propensione all’arte e con il tempo la sperimentazione mi ha dato modo di capire quale fosse la forma più adatta a me. Nel corso degli anni ho compreso che la recitazione sarebbe stata il mio futuro, l’ambito in cui mi sento totalmente a mio agio. Mi sono avvicinata allo studio in un’età più adulta, prima a Milano presso il CTA, per poi passare negli Stati Uniti, America Latina e infine tornare a Roma, città in cui vivo e riconosciuta da tutti come capitale del cinema.

Oggi quali progetti hai in corso ?

Di recente c’è stato il debutto in teatro di Disuniti, scritto diretto e interpretato da me e Domenico Palmiero, un omaggio ai grandi autori del teatro italiano.  Con questo spettacolo volevamo che l’arte e la cultura tornassero ad essere protagoniste nella vita delle persone. “L’arte deve stare nel posto in cui è nata, nei teatri e nei set cinematografici e deve essere fatta da professionisti e da persone che nutrono una passione incondizionata e dedicano la propria vita a questa grande missione”.


Ancora, progetto di portare in scena degli altri lavori come attrice e regista. L’anno prossimo uscirà un nuovo cortometraggio con nomi importanti sul panorama italiano, una sorta di ventaglio di apertura di diverse generazioni di donne. Si metteranno a confronto le diverse problematiche di una società patriarcale. Infine un progetto cinema in America latina a cui tengo molto, questo paese fa parte del mio percorso e sento che mi darà grandi soddisfazioni.

Come hai vissuto invece la recente esperienza televisiva?

Mi sono diverita molto anche se considero questo tipo di esperienza un momento di passaggio. Ho voluto sperimentare quella strada per capire cosa sentissi e provassi nel fare qualcosa di diverso, ma se dovessi immaginarmi ancora in televisione mi vedrei più nelle fiction o produzioni di serie.

A proposito di serie, cosa stai seguendo al momento?

La Reina del flow (così alleno anche lo spagnolo), sto terminando la Casa di carta e poi mi piace anche il tema action e il thriller, due generi che vorrei sperimentare anche come attrice.

Ph: Denny Mosconi Stylist e Art Director Linda Boranga- Make up Graziano Giommaroni – Hair stylist Sabrina Locci

Sei molto attiva su diversi canali social da tempo, un consiglio per avere successo?

In primo luogo un pizzico di senso civico ed etico e poi la chiave di lettura migliore è sempre quella di essere se stessi. Io li affronto come una vetrina, uno storytelling della vita professionale e meno di quella personale. Grazie ai social ho la possibilità di trasmettere energia positiva a chi mi segue, dare consigli o ispirazione, come con Youtube dove ho ideato un format dedicato agli attori, con curiosità e consigli da trasferire a chi vuole intraprendere questo mestiere.

Credi molto all’energia e all’essere positivi come stile di vita?

Io credo fortmente nella legge dell’attrazione, nella meditazione e al potere dell’ energia, che serve per alimentare le nostre azioni, solo così possiamo generare risultati. Avere un atteggiamento positivo e domandarsi se le nostre azioni possono essere di beneficio a noi e a chi ci circonda è un filo conduttore per me.

Un viaggio che ti ha colpito?

La Thailandia, dal punto di vista spirituale mi ha toccato molto l’attitudine con cui la popolazione coltiva la propria anima. Ad esempio loro pregano per te quando paghi per un bene o un servizio, hai modo di sentire tutta la loro gratitudine. Poi ho sempre in mente l’America Latina, NY Los Angeles.

Come inizierai il nuovo anno?

Spero di partire per l’America Latina con il progetto Colombia, poi il cortometraggio e nel mentre incrocio le dita per tante nuove date a teatro!

Le bottiglie più ricercate per brindare con stile

Illuminare, condividere, lasciar andare antiche abitudini per accoglierne di nuove e stimolanti. 
L’arte del bere bene si riconduce a una tradizione antichissima e non può prescindere da ricerca, disciplina e attenzione all’innovazione. Il periodo delle festività è l’occasione per lanciare sul mercato confezioni ed edizioni speciali da mettere sotto l’albero o da presentare come cadeau all’ultimo party dell’anno. Un’occasione per brindare all’anno nuovo tra aromi degni nota e la migliore compagnia, se possibile.
Dalle bollicine più pregiate con una coffret cento per cento sostenibile, al gin dai sapori mediterranei custodito dentro la lanterna bianca che ci riporta su spiagge esotiche, personalizzata con una decorazione stellata, perfetta per ricreare l’atmosfera natalizia con la luce di una candela; fino al whisky numero uno al mondo direttamente dal Paese del Sol Levante.
Le maison si rinnovano nell’outfit mantenendo lo standard qualitativo e rispettando le aspettative di appassionati e collezionisti, in un mix di joie de vivre e nuove visioni eleganti e poetiche per raccontare il mondo dei vini e dei distillati attraverso il dono dell’immaginazione.

Ruinart Blanc De Blanc “Second Skin” Magnum size. Un coffret che atteso due anni di ricerca e sviluppo per raggiungere la sua perfezione e rispecchiare lo standard qualitativo e il savoir faire del suo champagne. Una confezione realizzata al 99% in carta, riciclabile e sagomata per seguire le curve della bottiglia. La confezione “second skin” è stata sviluppata dalle manifatture partner Pusterla 1880 e James Cropper. La manifattura James Cropper è stata fondata nel 1845, sulle rive del Lake District National Park tra Scozia e Inghilterra, dove ha sviluppato il suo know-how unico.

Gin Mare è un gin mediterraneo aromatizzato con quattro botanici principali: basilico dall’Italia, timo dalla Turchia, rosmarino dalla Grecia, agrumi dalla Spagna e l’oliva Arbequina, cultivar tipica della Catalonia. Accanto ai classici ginepro, coriandolo e cardamomo questi profumi mediterranei creano un gin dai tipici sentori e ricordi delle coste mediterranee.

Yamazaki è noto agli estimatori del genere per essere uno dei miglior whisky del mondo, il Suntory Yamazaki Single Malt è un apprezzatissimo whisky giapponese torbato, dal sapore speziato e dolce. La sua distilleria si trova nella prefettura di Osaka. Il prezzo per una bottiglia invecchiata 25 anni è di oltre 400 euro, molto di più se parliamo di una limited edition o di un invecchiamento ancora più lungo.

Heritage 176 è un blend esclusivo di Belvedere Vodka Pure con un distillato di malto di segale. Con il suo carattere forte, deciso, ottimo per essere gustato liscio, on the rocks, ma anche in miscelazione. Heritage 176 è il frutto di un processo derivante dalle più antiche tecniche di maltazione e tostatura della segale, utilizzate dai primissimi rye distillers per rivelarne gli aromi più profondi e distintivi: un procedimento a fuoco creato per esaltare le caratteristiche della segale che altrimenti sarebbero rimaste nascoste o sepolte, usato nell’antichità in Polonia per raggiungere il perfetto processo di maltazione – kilning – nei forni a 176 gradi Fahrenheit, conferendo a questo distillato un profilo ricco e corposo. 

Monkey 47 Nella sua ricetta originale che risale al colonnello inglese Montgomery Collins della Royal Air Force. Un gin realizzato a mano e rigorosamente non filtrato, la cui complessità ed eleganza impareggiabili sono da attribuire alle 47 botaniche e spezie di vari continenti e all’acqua di sorgente estremamente dolce e pura della Foresta Nera.

La Box Cocktails di Natale di Nio Cocktails custodisce sei cocktail in edizione limitata, racchiusi in un packaging decorato con motivi iridescenti, perfetta da regalare o come benvenuto per i propri ospiti. Le spezie invernali e i liquori artigianali arricchiscono le ricette a base di Rum, Gin e Whisky di qualità premium.

Baileys Chocolat Luxe. Tutta l’intensità dell’Irish cream, pregiato whiskey irlandese e del cioccolato belga in un mix unico e inconfondibile, una vera icona della tradizione natalizia.

Davide Musto: inside talent scouting

Grazie al suo occhio attento ai talenti, Davide Musto è riuscito a seguire l’evoluzione e i cambiamenti di una serie infinita di giovani nomi che sono stati catturati lungo il loro percorso. La sua costante ricerca di nuovi volti si intreccia con il mondo della moda per creare uno storytelling unico.


Davide è un fotografo di Roma, specializzato nel cinema con un tocco fashion e seducente. La sua visione ricca di sensualità e contrasti affonda le radici nella sua terra natale, la Sicilia. Oltre alle sue collaborazioni con altre riviste italiane e internazionali, è stato nominato Head of Scouting per MANINTOWN.

Models to follow: Yuna Heo

Lunghi capelli corvini, lineamenti delicati, viso clean, la presenza magnetica di Yuna Heo si imprime nello sguardo, poco importa che, come nelle fotografie pubblicate qui, sia abbigliata con pizzi e merletti o mise da tomboy, tra camicioni immacolati e vistosi pendenti a croce.
22 anni, modi spigliati, basta una scorsa al profilo Instagram per capire che l’intrigante bellezza di questa ragazza sudcoreana si presta tanto ai lookbook quanto ai ritratti au naturel, agli editoriali dal tocco surreale come alle passerelle di griffe quali Gucci o Bottega Veneta, ricalcando così una naturale predisposizione al cambiamento che interessa anche il suo stile, perennemente mutevole (o meglio, «complesso, in alcuni momenti sono femminile, in altri decisamente mascolina») e considerato «un mezzo per esprimere un altro lato della mia personalità», quasi «un alter ego».



Da quanto tempo fai la modella?

Da cinque anni, ad essere precisi ne sono passati tre da quando ho cominciato a lavorare ufficialmente, da un anno a questa parte soprattutto in Europa.
Fin da adolescente mi veniva suggerito di intraprendere questa strada, perché sono alta e ho braccia e gambe lunghe; perciò ho iniziato, prendendola come un’opportunità per incontrare persone stimolanti, e spinta dalla curiosità, mi sono iscritta a un’accademia per modelle (in Corea del Sud, in genere, bisogna frequentarne una per fare questo mestiere), dove ho potuto dare forma al mio sogno, le sono davvero grata.

Il tuo paese, la Corea, è piuttosto attento alle collezioni di maison e designer europei; quali pensi siano le principali differenze tra il modo di intendere, di vivere la moda dei coreani e quello degli italiani, ad esempio di Milano, città che frequenti spesso per lavoro?

Da noi ogni fashion week estera viene analizzata e solitamente ben accolta, rendendo possibile conoscere nuovi stili o tendenze stagionali per declinarle, poi, nel proprio modo di vestire. È un discorso limitato però ad addetti ai lavori e appassionati, mi sembra che gli italiani siano più interessati alla moda rispetto ai coreani, hanno molte opportunità di entrare in contatto con gli eventi del settore e i media per informarsi sono vicini.



Colpisce, nelle immagini dell’editoriale di cui sei protagonista, il contrasto tra look mannish (camicie ampie, collane con grosse croci) e la sensualità sofisticata di body trasparenti, slip dress e calze velate, questa dicotomia maschile/femminile appartiene anche al tuo stile personale?

Il mio stile è complesso, in alcuni momenti sono femminile, in altri decisamente mascolina.

Cosa rappresenta per te lo stile, come lo definiresti a parole tue?

Come un mezzo per esprimere un altro lato della mia personalità, potrei definirlo un alter ego.



Come descriveresti i tuoi outfit più ricorrenti usando solo tre aggettivi?

Basic, neutri, colorati.

Tutti gli abiti dello shooting sono vintage, ti piace indossare pezzi cosiddetti pre-loved?

Trovo il vintage bellissimo, estremamente cool. Di solito non compro capi vintage per usarli nella vita quotidiana, mi piace indossarli sul lavoro, per un video o durante i fitting; quando guardo abiti second hand, posso percepire la vita di qualcun altro.

Un capo o accessorio che consideri un vero e proprio must-have?

I jeans, i miei essentials di stile: nel mio guardaroba i pantaloni sono per l’80% in denim, ne ho modelli di diverse forme, lunghezze e vestibilità. Sono tra le cose che amo di più.



Come vesti solitamente nei momenti off, di quotidianità? E come, invece, nelle occasioni più formali, ad esempio una serata importante o un party?

Opto per abiti basici, penso che un look, grazie all’altezza e a un fisico armonico, possa dirsi riuscito anche se indossato “normalmente”, trasmettendo così l’amore per il proprio corpo. Per gli eventi formali preferisco il total black: i vestiti neri possono sembrare noiosi, ma basta scegliere un buon design per esprimere un’attitudine habillé e un po’ sexy.

Di recente hai sfilato per brand di assoluto prestigio come Gucci (per la collezione Aria Fall/Winter 2021-22) e Bottega Veneta, prendendo parte al défilé Salon 02, cosa ricordi e puoi dirci dei due show?

Sono state due passerelle davvero fantastiche, esattamente quelle che sognavo, tanto che, a dire la verità, non sapevo se sarei stata in grado di calcarle.
Da Bottega Veneta le prove sono andate avanti fino all’una di notte del giorno stesso, ho avvertito l’immenso amore di Daniel Lee per le sfilate; il team del marchio, impegnato fino all’ultimo a modificare e sistemare al meglio i capi, è stato fantastico, alla fine ho potuto indossare outfit che mi vestivano alla perfezione, ad ora i miei migliori sul lavoro.
Il set di Gucci era fenomenale e bellissimo, senza dubbio. Gli innumerevoli flash sulla pedana, poi, hanno aumentato la mia autostima. Ha significato molto, per me, che tutte le modelle siano state insieme in hotel per due settimane, dal primo casting ai fitting, allo show finale. Ora ho dei nuovi amici e un sacco di bei ricordi, non solo del défilé.



Passerelle e campagne pubblicitarie registrano una presenza via via maggiore di modelle dalle etnie, corpi e background eterogenei, ritieni che la fashion industry stia diventando realmente più inclusiva, oppure pensi si debbano compiere ulteriori passi in questa direzione?

Credo sia già sufficientemente variegata, con i casting che spaziano sempre di più a livello di etnie, età e fisicità.

Ci sono tue colleghe, del passato oppure in attività, che consideri dei modelli cui ispirarsi? Cosa speri possa riservarti questo mestiere per il futuro?

Non vengo ispirata dalle persone, ma dai paesaggi e dalle cose belle con cui entro in contatto. Per il futuro, vorrei che questo lavoro mi lasciasse, in primis, dei soldi (ride, ndr), in secondo luogo un buon ricordo nelle persone che hanno lavorato con me, come modella vorrei essere apprezzata da tutti, in ogni senso.



In tutto il servizio, abiti vintage da PWC Milano

Credits:

Model Yuna Heo

Photographer Riccardo Albanese

Stylist Adele Baracco

Makeup artist Marco Roscino

Che cosa mettere in valigia per un viaggio senza sorprese

Quali sono gli errori più comuni di chi è sempre in viaggio? Sono innumerevoli ma in questo prontuario vi diremo di cosa non potrete mai fare a meno. Preparare la valigia non è sempre semplice soprattutto con il grande freddo invernale. Capita spesso, infatti, di trovarsi impreparati negli imprevisti che possono pregiudicare il buon esito delle ferie. Il consiglio è di prepararsi una lista degli essenziali da avere sempre con sé. Ad esempio, con il grande freddo è importante idratare bene il viso per evitare che la pelle soffra delle repentine escursioni termiche della giornata.

Nel kit di sopravvivenza non può mancare, dunque, una crema per il viso di Erbolario. Karitè Crema Viso Nutriente, questo è il suo nome, grazie alle sue proprietà dona una pelle tonica e idratata a lungo. Come ingrediente principale ha il burro di Karité dalle virtù nutrienti, protettive ed elasticizzanti. In formula anche il to- complesso antiossidante da corteccia di Magnolia e l’estratto di Boswellia con funzione lenitiva. Ideale anche per le pelli più delicate.



Un’altra insidia è il peso del trolley che influenza la scelta di cosa portare in vacanza. Viste le regole ferree disciplinate dalle compagnie aeree, il consiglio è acquistare una bilancia pesa valigie digitale di Trabo per dire definitivamente addio al peso del trolley.



Non può mancare, inoltre, un caricabatteria portatile per smartphone. Durante le ferie, infatti, il cellulare è il dispositivo più utilizzato perché consente di essere sempre connessi con il mondo. Il Cellularline FreePower Slim 10000 universale è tra i più sottili sul mercato, solo 19 mm. E’ provvisto inoltre di sistema di carica veloce simultanea e di controllo del surriscaldamento che consente di ricaricare i tuoi dispositivi in totale comodità e sicurezza.



Immancabile, inoltre, Area STERIL UV BOX: lo sterilizzatore a raggi UV con base di ricarica wireless universale per smartphone e dispositivi come smartwatch, fitness tracker ma anche piccoli oggetti. Lo sterilizzatore sfrutta la luce Ultravioletta che modifica il DNA o l’RNA dei microorganismi impedendo loro di riprodursi o di essere pericolosi. Per viaggiare in tutta sicurezza durante la pandemia.



Infine, indispensabile è la bottiglia termica in acciaio inossidabile Clima, firmata 24Bottles che mantiene le tue bevande calde per 12 ore e fredde per 24 ore.


Giorgio Avola: la vita di un’atleta ai tempi della pandemia

Per il campione olimpico di scherma Giorgio Avola non si smette mai d’imparare, ed è proprio il caso di dirlo visto che in tempi di pandemia ( dove lo sport è rimasto praticamente bloccato) lui è riuscito ad accelerare sugli esami universitari e presto raggiungerà il traguardo della laurea.

Sport e studio del resto, sono due vere palestre integrate nel suo programma quotidiano. In questi mesi hanno costituito una motivazione costante che gli ha permesso di non perdere mai la concentrazione, come ci racconta lui stesso nella nostra intervista…


È passato un anno dalla nostra ultima conversazione, come ha vissuto questo periodo uno sportivo come te?

È stato un anno molto particolare per tutti noi dello sport. Ci siamo resi conto che bisognava trovare delle vie alternative per “sopravvivere”, soprattutto noi che lavoriamo con una disciplina dove lo scontro e il contatto con l’avversario sono fondamentali. In un periodo così duro ho trovato rifugio nello studio, ho superato un bel po’ di esami e adesso sono sempre più vicino alla laurea.

Nel frattempo ho vissuto un po’ a Milano, frequentato ambienti diversi e scoperto mondi nuovi. Nel complesso posso dirti che è stato un periodo comunque produttivo.


Che ricordi hai dell’ultima olimpiade?

Non nego che aleggi ancora oggi un po’ di amarezza, la scherma ha sofferto molto, non siamo riusciti a vincere una medaglia d’oro e l’essere stati fermi due anni è stato determinante in questo. L’Italia in particolare ha subito maggiori chiusure prima di altri paesi quindi era inevitabile arrivare meno preparati di altri, ad ogni modo nessun rammarico, ho dato tutto.

Parlando di esperienze extra sportive, come ti trovi sul set?

Cambia la location ma l’emozione è la stessa. Sei comunque sotto i riflettori e cerchi di fare la migliore performance possibile. Ho avuto diverse esperienze anche sul set ed è andata sempre bene. Questo tipo di attività mi ha fatto scoprire lato diverso della mia personalità.



Sei un po’ schivo nei confronti dei social, come mai questa scelta?

C’è stato un momento in questi mesi in cui ho cercato di produrre dei contenuti diversi, nuovi e di qualità. Ma sono rimasto più volte deluso dai perché ho trovato una realtà molto finta. Senza volerlo i social mi davano degli stimoli sbagliati, quindi è stata una relazione po’ univoca. Per trovare qualità in questo ambito bisogna scegliere bene ed essere molto selettivi.



Che tipo di allenamento che hai seguito in questi mesi per non perdere la forma?

Ho lavorato molto in palestra con allenamenti di forza o a corpo libero, senza mai tralasciare l’aspetto cardiovascolare. Quando invece mi sono riavvicinato alle gare si puntava sulla forza veloce e/o forza esplosiva. Il fatto di dover mantenere lo stato di forma è risultato una grande motivazione nei mesi di lockdown.


Ti manca viaggiare? 

Molto, gli anni scorsi andavo spesso negli Stati Uniti tra Texas e California. Mi mancano i miei periodi a Los Angeles, le amicizie che ho costruito lì e vedere i gruppi live dei miei cantanti preferiti.



Progetti per il 2022?

A Gennaio si parte con la gara di Coppa del mondo, sono molto felice di questa nuova ripartenza per vedere i risultati del grande lavoro dei mesi scorsi . A seguire la laurea a Marzo alla Luiss in Economia e management, poi l’inizio di un Mba ad Aprile. Ho grandi aspettative dal 2022, sarà l’anno del raccolto.



Photography: Davide Musto @davide_musto

Styling: Rosamaria Coniglio e Alfredo Fabrizio @rosamaria_coniglio, @alfredofabrizio_aeffe

Ph Assist: Dari Tucci, Valentina Ciampi @dariotucciph e @valeciampi

Grooming: Asia Morales @asiamorales_makeupartist

Location @thehoxtonhotel

Aladin, il Musical Geniale

In un momento di forte insicurezza, una certezza per le feste di Natale ce l’abbiamo, ovvero Aladin, il musical geniale al Teatro Brancaccio a Roma fino al 9 Gennaio.

Iniziamo a dire che il cast è rinnovato, e lo spettacolo è fresco e ricco di emozioni da condividere la famiglia.

Quante volte in Italia capita che un musical venga stravolto e cambiato senza per forza proporre la stessa minestra ma in italiano?

Rarissimamente, ma dopo il successo della stagione 2019-2020 ALADIN il Musical Geniale prodotto da Alessandro Longobardi per OTI Officine del Teatro Italiano loro ci sono riusciti in maniera egregia.



Più di un family show, il musical, liberamente ispirato ad una delle più celebri novelle orientali de Le mille e una notte, ripercorre le avventure di Aladino e del genio della lampada, in un sontuosa ambientazione medio-orientale con alcune contaminazioni in stile Bollywood nelle musiche originali, negli arrangiamenti musicali, nelle coreografie e nei costumi.

Nella grande città di Baghdad vive in una piccola bottega di stoffe, insieme a sua madre Kamira e la sua fedele scimmietta compagna di avventure Coco, Aladin, un giovane ragazzo pieno di sogni.

Una mattina, insieme al suo migliore amico Abdul, elabora un piano per conoscere la Principessa Jasmine, venuta al mercato accompagnata dalle guardie e dalla sua fedele ancella Aicha.

Durante questo incontro si innamora perdutamente di lei.

Jafar, il gran Visir del Sultano, arresta i due ragazzi e, su consiglio del suo fedele servitore Skifus, rinchiude Abdul nelle prigioni del palazzo ricattando Aladin: soltanto se avesse recuperato per lui una semplice lampada ad olio nascosta nella caverna del cobra avrebbe rivisto vivo il suo migliore amico.

Per una serie sfortunati eventi, Aladin rimane imprigionato all’interno della Caverna ma grazie ad un semplice anello, chiesto in pegno a Jafar, scopre il segreto della Leggenda del deserto incontrando Nello, il genio dell’anello e Thor, il genio della lampada.



I due geni, grazie a desideri buoni e  altruisti, aiuteranno Aladin a liberare il suo amico e incontrare la sua principessa.

I due protagonisti sono: Emanuela Rei che è un’affascinante Jasmine, in apparenza indifesa, nella realtà ribelle e indipendente, pragmatica e risoluta. Attrice in numerose serie tv per ragazzi, è protagonista della popolarissima serie tv “Maggie & Bianca Fashion Friends”.

Giovanni Abbracciavento che debutta nel ruolo di Aladin, ladruncolo scansonato, furbo, coraggioso e affascinante. Attore e ballerino, già interprete in numerosi musical come “La Febbre del Sabato Sera, Sette Spose per Sette Fratelli, Priscilla-la regina del deserto, Flash dance e We Will Rock You.

MANINTOWN EDITORIAL: THE MODERN DANDY STYLE

Stella Bonasoni e Fabio Mercurio interpretano un’idea di eleganza dandy, ma contemporanea.




Shirt Asos, coat Dries Van Noten, trousers Dolce & Gabbana, shoes Matié



Crediti:

Fotografa: Stella Bonasoni

Model: Aurelio Baiocco @urbanmodels

Concept and styling: Fabio Mercurio

Grooming and hair: Isabella Sarti

Location manager: Costanza Camiz

Thanks to:

Palazzo De Rossi, Sasso Marconi, Cristiano Marchese

Cover look: shirt Asos, coat Dries Van Noten, trousers Dolce & Gabbana, shoes Vic Matié

I look e le tendenze hair secondo il nostro Beauty Editor Claudio Furini

Un percorso nella moda in cui ha avuto l’opportunità di fare esperienze professionali altamente formative dal punto di vista tecnico e creativo al tempo stesso. Claudio Furini, oggi, vanta una fruttuosa e lunga collaborazione con le più importanti  realtà del fashion a livello internazionale e oggi ci racconta come nasce la sua passione per l’hairstyling e il beauty, svelandoci in tempo per le festività i trend da seguire e i look di alcuni personaggi.

Com’è nata la tua passione per hair&make up e beauty in generale?

La mia passione è nata con mia mamma. Era una donna dalla cura e dall’aspetto impeccabile, capelli con un taglio long bob biondo miele, pelle molto chiara, indossava sempre rossetto rosso e mascara, unghie nude e ballerina di Chanel. Io ero sempre affascinato quando la accompagnavo nei suoi momenti dedicati al beauty.

Quali consideri i tuoi maestri e le persone che sono state fondamentali nel tuo percorso?

All’ inizio della mia carriera, è stata fondamentale la mia insegnante della scuola di acconciatori. Sognavo già il mondo del fashion, lei ha compreso questa mia passione insegnandomi tanti segreti del mestiere.

La tendenza hair per lui e per lei e i personaggi che meglio la rappresentano?

In questi ultimi anni abbiamo assistito a diverse tendenze: capelli con onde con taglio lungo, corto, frangia con ogni taglio e colore. In questa immagine possiamo vedere Francesca Rocco all’evento di Natale per Dior, abbiamo realizzato un look glamour con onde lunghe e morbide, dando un effetto sofisticato ed elegante.



Parlando di tendenze hair uomo, troviamo il modello Marco Bellotti. Abbiamo studiato un look versatile, sia per il giorno durante il lavoro che per la sera nei momenti di svago; in entrambi i casi, il capello è diventato un accessorio da cambiare a seconda della serata, dell’evento o dell’umore. In fondo, il bello è potersi divertire con la propria immagine.



Il modello romano Edoardo Sebastianelli è il perfetto esempio di come un taglio maschile leggermente lungo, ma ben calibrato sia una soluzione molto cool e interessante, che permette cambi strategici di look. Strutturati per essere più corti nella parte inferiore ma non rasati, i capelli hanno in questo caso nella parte superiore maggiore corpo, che rende la chioma morbida e scompigliata. Ma ci vuole poco per trasformarla: basta una pasta modellante per spostarla completamente all’indietro e creare un effetto elegantissimo, che può essere più o meno “rigido” a seconda dell’occasione.



Il classico look easy-chic: così potremmo definire lo stile dell’influencer Francesca Rocco, che sa come esaltare al massimo i suoi lunghi capelli castani in maniera contemporanea ed elegante. Infatti, sceglie un taglio medio-lungo pari ed esattamente come vogliono i trend, la chioma ha un colore pieno, senza schiariture né variazioni di colore, ma è luminoso e tridimensionale. Un hairstyle versatile che Francesca porta con la riga centrale, perfetto sia con una piega liscia da tutti i giorni, che mossa per un look più particolare e raffinato.

L’ispirazione è sicuramente anni ’90, ma l’applicazione è totalmente moderna: il look del modello Marco Bellotti è una delle proposte più cool di stagione. Il capello ben sfumato è lasciato più lungo nella parte superiore, dove può essere libero e spettinato, oppure disciplinato per un effetto più elegante e in un certo senso vintage. Una versatilità che lo rende perfetto sia per coprire leggermente la fronte oppure per lasciarla completamente libera, il tutto senza sforzo. Un taglio perfetto per chi ha i capelli mossi e cerca qualcosa che sappia esaltare le onde ma che sia anche facile da gestire. E che in un attimo passi dal casual allo chic.

Last but not least un personaggio affascinante e un po’ misterioso, tra bellezza e talento: Nima Benati è più che una fotografa, un vero talento e un’ispirazione, oltre a essere una delle media personality più seguite. Nata nel 1992 a Bologna, è decisamente eclettica: sa stare sia davanti che dietro l’obiettivo con grande naturalezza, protagonista o fotografa che firma campagne, sempre mantenendo il suo stile unico.



Il suo nome ha ormai da tempo valicato i confini ed è una star internazionale. Nima è una vera e propria diva e il suo hair look riflette alla perfezione questo suo ruolo: i suoi capelli sono lunghissimi e ondulati, degni di una sirena, che porta tagliati pari e con la riga centrale per lasciare il suo bellissimo viso completamente scoperto. Naturalmente mora, ha scelto di schiarire la chioma in maniera graduale partendo alcuni centimetri dopo le radici per ottenere un effetto più morbido, ideale per esaltare le lunghezze. Il risultato è un look sofisticato, elegante e che rappresenta al massimo la sua femminilità, con la quale ama giocare e sperimentare. Non è raro vederla con acconciature dal sapore vintage, che la rendono ancora più glamour.

Hai lavorato con tanti personaggi, raccontaci qualche aneddoto curioso

Tempo fa ero stato chiamato per un lavoro con un personaggio internazionale talmente importante che non potevano dirmi chi fosse fino al mio arrivo in hotel nel centro di Roma. Ero molto teso e poco prima di salire nella sua suite mi dissero: “Signor Furini, la signora Charlotte Casiraghi la sta aspettando”. Ero molto emozionato, nel momento in cui mi aprì la porta, tutta la mia ansia scomparve, poiché la sua gentilezza ed eleganza mi avevano subito messo a mio agio.

Quali sono i personaggi con cui vorresti lavorare nel futuro?

Nel corso della mia carriera, mi piacerebbe molto poter lavorare con nomi della musica italiana come Baby K, Annalisa, Marco Mengoni, Mahmood e Gaia; sarebbe interessante realizzare videoclip musicali dove vi è la possibilità di creare look molto creativi.

Claudio Furini IG: @claudio_furini_

Inverno in montagna: 3 destinazioni per iniziare la stagione

L’inverno è ufficialmente iniziato e anche questa stagione c’è sempre un buon momento per mettersi in viaggio e visitare uno degli angoli meravigliosi del nostro paese, soprattutto quando parliamo di montagna. A ridosso delle vacanze di Natale è quanto mai sentita la necessità di prendersi una pausa dalla routine e dallo stress quotidiano alla ricerca di mete e destinazioni che combinino cibo delizioso, paesaggi spettacolari e magari anche delle spa per rilassarsi e dedicarsi ad una veloce rimise en forme. In queste settimane sono arrivate anche le prime nevicate quindi ecco pensate per voi tre destinazioni ideali per il periodo!


Un soggiorno gourmet a Villa Eden Leading Park Retreat

Villa Eden è il luogo ideale per godersi un soggiorno all’insegna della massima tranquillità e del benessere. La villa si compone di 29 suite immerse in un parco secolare situato nella zona residenziale più esclusiva di Merano.

Oltre ai trattamenti di benessere e medicali, sicuramente da non perdere le delizie del ristorante gourmet interno, capitanato dal giovane chef Philipp Hillebrand. Recentemente è stato insignito con il Premio Godio quale miglior chef dell’Alto Adige 2020 e ha inoltre ottenuto il riconoscimento “Due forchette” dalla guida Gambero Rosso e 2 cappelli da Gault Millau. L’hotel dispone inoltre di una bella terrazza panoramica, una Cheminée Lounge Bar, elegante e frizzante luogo d’incontro, 2 sale ristoranti gourmet e il Mindful Restaurant, perfetto invece per chi volesse seguire un trattamento teso al dimagrimento.


Rigenerarsi al Linta Hotel Wellness & Spa

Già celebre negli anni ’60 e ’70 in quanto alloggio preferito di star della musica, il Linta Hotel Wellness & Spa è la destinazione giusta per una vacanza in relax sull’Altopiano di Asiago. La struttura è situata in una posizione privilegiata che gli garantisce una straordinaria vista panoramica sulle montagne circostanti e sulla famosa località turistica. Inoltre sposa con eleganza una location naturale da sogno con i comfort più moderni.

Colpisce la Five Senses Wellness & Spa, un luogo dove risvegliare i propri sensi e scoprire una straordinaria esperienza fatta di colori, suoni e fragranze indimenticabili. Ci si può rigenerare grazie alle proposte di massaggi e trattamenti per la cura e l’estetica del corpo e rilassarsi nei 2000 mq di puro benessere, con sauna finlandese, bio-sauna, vasca a reazione, piscina coperta con idromassaggio a cascata, docce emozionali e vasca riscaldata esterna, ma anche un’area naturista con due saune, bagno turco, stanza del sale e cascata di ghiaccio.


Sole e sci allo Sporthotel Sonne

L’hotel è situato nella zona dell’Alpe di Siusi tra sentieri escursionistici e piste da sci. Non appena arrivati sull’alpeggio quindi meglio non fidarsi di google maps (ottimo spunto per cominciare un digital detox) ma prestiamo attenzione alla segnaletica stradale, grazie anche al permesso di transito nella valle che ci darà il privilegio unico di guidare fino all’Alpe.

Il Sonne per questo motivo è una delle mete preferite da escursionisti, sciatori e amanti del buon vivere. I piatti della cucina sono un viaggio per il palato che parte dalla tradizione per esplorare i territori del gusto e dei sapori con una proposta contemporanea e per la maggior parte composta da prodotti autoctoni.


Altro grande plus della struttura è la posizione. Si trova all’interno di un’area escursionistica spettacolare, in inverno si è direttamente sulle piste da sci mentre in estate risulta un ottimo punto di partenza per passeggiate ed escursioni. Addio auto insomma, l’unico pieno da fare è quello di energia pura e relax.

Natale 2021: le proposte beauty per i tuoi regali

Il Natale è alle porte e manca ancora qualche regalo all’appello? Per gli amanti del beauty e della skincare non c’è che l’imbarazzo della scelta: dai cofanetti natalizi in edizione limitata ai migliori prodotti in linea con la stagione invernale.

Dr.Jart+ CicapairTM Soothing Regimen kit

L’ormai celebre linea Cicapair è protagonista di una box speciale composta da te: Cicapair Color Correcting Treatment 5ml, Cicapair Tiger Grass Calming Mask 25g, Cicapair Repair Serum 15ml e Cicapair Repair Cream 5ml.

Maschera Bio-volume – Bioclin

Questa maschera è l’ideale per capelli sottili che hanno bisogno di nutrizione e volume. Ha una texture cremosa e rende i capelli morbidi e lucenti senza appesantirli grazie all’estratto di ciliegia moretta di Vignola o all’olio di lino.

Rejuvenating rituals collection – La Mer

Si tratta di una collezione con 4 prodotti che nutrono e rivitalizzano la nostra pelle. Il kit contiene: The Treatment Lotion 100ml, The Regenerating Serum 13ml, The Eye Concentrate 5ml e Crème de a Mer 60m.

Soin Sublimateur – Eisenberg

Ottimo anti-rughe, occhiaie e gonfiore perioculare. Dona una sensazione di freschezza e comfort sin dalla prima applicazione grazie alla formula in crema-gel ultra performante per il contorno occhi.

Joy gift lenitivo – Rhea cosmetics

Una proposta vegan ed eco-firendly. All’interno della trousse troviamo la LeniCream 50 ml, crema lenitiva ri-epitelizzante e ToniCream 15 ml, un tonico crema multifunzione che idrata e ossigena la pelle.

Youthcream – Glamglow

Crema ricca di peptidi per rendere subito la pelle idratata, luminosa e giovane e stimola la produzione di collagene naturale. È composta da un mix di acido ialuronico, tè verde e cellule staminali del lampone.

Show love around you – Davines

La proposta Davines riguarda un cofanetto personalizzabile: 12 caselle da “riempire” con prodotti e/o gift card per servizi in salone.

Pre-show glow instant retexturing – Fenty Beauty

Illumina, leviga e minimizza i pori, riducendo l’aspetto delle macchie scure e migliorando la grana della pelle. Inoltre, deterge e purifica in profondità grazie alla sua doppia azione esfoliante.

Bellezza della pelle – Swisse

È un integratore alimentare con acido ialuronico e collagene, ideato per agire dall’interno dell’organismo e supportare la salute della nostra pelle.

Scarpe casual alla moda per uomo: quali sono le tendenze di questo inverno?

Non è solo per le donne la moda, ma è possibile affermare che si lascia ampio spazio anche per gli uomini. Per questa stagione invernale sulle passerelle sono stati portati diversi stili: quali sono le scarpe di tendenza per gli uomini per questa stagione? Prima di rispondere a questo quesito è molto importante sapere che, con il passare degli anni, la moda ha acquistato anche i cuori del genere maschile. Molti sono coloro che non escono di casa se non perfettamente in ordine e coordinarti in ogni accessorio e dettaglio. Ed è proprio per questo che anche la moda ha voluto dedicare una linea agli uomini, a partire dall’abbigliamento fino alle scarpe e accessori vari come borselli o borse da uomo.

Moda uomo autunno/inverno 2021-2022

Per la nuova stagione sono tante le novità introdotte Per quanto riguarda la moda uomo. Diversi stili e diverse novità accomunate da due semplici elementi, ovvero la creatività e l’ottimismo. Due punti fondamentali, soprattutto considerando il periodo duro che ci siamo ritrovati ad affrontare. Quali sono le tendenze della moda maschile? Sono tanti i capi di abbigliamento che sono tornati direttamente dal passato. Tra questi c’è proprio il giubbino di jeans, una volta considerato fuori moda, che fa il suo gran ritorno. Direttamente dal passato tornano i cardigan e le maglie a costine. Spazio anche per i jeans di colori scuri. Le sneaker sempre di moda, ma ad accompagnare anche gli intramontabili stivali da uomo che possono essere acquistati su https://www.escarpe.it/uomo/scarpe-basse/da-giorno.html. Sono proprio questi ultimi elementi a dare quel tocco in più capace di distinguere un uomo attenti alla moda da quello che di feste di fretta senza pensare al giusto accostamento. 

Winter boots

Stivali da uomo

Tanti modelli e marchi differenti, ma ognuno con gran stile. Tornano in voga gli stivali in pelle dall’effetto vintage, i Beatles, perfetto da abbinare ai jeans. Prada lancia gli stivali chuncky ideali per un look più movimentato. Un Must have stagiono sono gli anfibi completamente neri e senza borchie ideali anche in ufficio. Infine, Timberland lancia gli scarponi da trekking in una versione rivisitata. Insomma tante le novità, tutte presenti nella sezione Stivali da uomo su escarpe.it. Cosa aspetti? Corri a dare un’occhiata. Potresti approfittare delle offerte e promozioni presenti sul sito e comprare gli stivali che più ti piacciono, oppure approfittare del periodo natalizio e comprare un regalo al tuo partner. I modelli sono davvero tanti, non ti resta che navigare nel sito e fare la tua scelta. Scegliendo un paio di stivali direttamente online, potrai averli a casa tua in pochissimi giorni e testare immediatamente la comodità di questi prodotti. Di sicuro si tratta di un modello di scarpe perfetto nella stagione invernale, periodo in cui si cerca di mettere ogni parte del proprio corpo al riparo dal freddo gelido. 

Gli stivali da uomo sono perfetti anche per chi ama passare inosservato, per chi desidera farsi notare evitando così di confondersi tra la folla. Con un apio di stivali, non solo avrai sempre i tuoi piedi al caldo, ma porterai avanti quello stile che tanto cerchi di seguire. 

Musica, psicologia, fiction e cinema: i diversi volti di Laura Adriani

Occhi grandi, sguardo intenso, una fisicità nervosa ma con un tocco di grazia da ballerina che la rendono diversa dallo stereotipo classico su cui sono modellate la maggior parte delle attrici del cinema italiano, sempre un po’ schiave di un’idea di sensualità convenzionale: ecco Laura Adriani, che è romanissima eppure sembra un po’ certe ragazze francesi, con addosso qualcosa di irrequieto e tormentato terribilmente sexy.



Ha iniziato da giovanissima e non ha ancora 28 anni. Ha interpretato una decina di film, spesso diretta da registi di qualità come Giuseppe Piccioni in Questi giorni e Silvio Soldini nel Colore nascosto delle cose. Ma, soprattutto, Laura ha lavorato moltissimo in televisione, ruoli piccoli e medi in tante fiction, una carriera senza fiammate eppure solida, un percorso più da maratoneta che da sprinter. Cosa che risponde al suo carattere deciso, equilibrato.



L’abbiamo appena vista in Cuori, serie campione di Auditel su Rai1, la ritroviamo in A casa tutti bene, reboot del film di Gabriele Muccino, campione di incassi del 2018. Gli otto episodi, scritti e diretti dallo stesso regista, sono in onda su Sky e in streaming su NOW dal 20 dicembre. Il personaggio interpretato da Laura Adriani è Ginevra, seconda moglie di Carlo (Francesco Scianna) primogenito dei Ristuccia, famiglia di ristoratori di successo visti da fuori, famiglia altamente disfunzionale da dentro.



Un tipino appiccicoso, questa Ginevra.

“Lo è, poverina. È più giovane del marito e lui è ancora legatissimo alla prima moglie (interpretata da Euridice Axen, ndr), donna molto sicura di sé, molto centrata. Però, vedrai, nel corso della serie, Ginevra evolverà e si rivelerà molto più interessante di quel che sembra a prima vista”.

Al momento mi pare vittima di una gelosia retrospettiva terribile. Sei gelosa anche tu, nella vita?

“Non molto. Sono tollerante in generale nei confronti delle debolezze umane. I tradimenti fanno parte della vita. E dell’amore. Si tradisce se si ama, quindi tutto è molto più complicato. Non ci sono bianchi e neri. Io stessa ho tradito e sono stata tradita. Penso che, prima o poi, capiti a tutti”.



Io credo che Ginevra sia così gelosa della prima moglie di Carlo anche perché lei è stata la sua amante, prima che lui si separasse. Sa che lui è un potenziale traditore e ha paura di ritrovarsi “parte lesa”.

“Non ci avevo pensato ma credo tu abbia ragione. La verità è che questa famiglia è terribilmente conflittuale e, nel momento in cui lei ha scelto di stare con quest’uomo, si trova in mezzo a tutte le loro contraddizioni. Ma, ripeto, più va avanti la serie più sorprendente sarà l’arco narrativo di Ginevra”.

Aspetto volentieri, la serie è un family drama molto riuscito. Ma torniamo a te. Tu hai partecipato a serie popolarissime, anzi nazional-popolarissime come I Cesaroni. Che ricordo hai?

“Ero piccola, ancora poco consapevole rispetto a tante cose. Mi sono divertita, ho imparato tanto, se ci penso è stato un periodo della vita entusiasmante e soprattutto decisivo”.



Ti sei laureata in Psicologia. Deduco che se non avessi fatto l’attrice, avresti fatto la psicologa.

“Sì, penso proprio di sì. E comunque, come secondo lavoro, lo faccio già un po’, nel senso che avere studiato certe cose si è rivelato un bagaglio davvero utile nel mio mestiere di attrice”.

Il mondo dello spettacolo è pieno di nevrotici? I set sono degli psicodrammi anche fuori scena?

“Un pochino sì (ride, ndr). E poi avere un background in psicologia aiuta tantissimo a capire i personaggi, a studiare le dinamiche con gli altri, è un bagaglio davvero utile”.

Sul luogo di lavoro ognuno ha un ruolo. Tu per tanti anni sarai stata la piccolina, la mascotte. Com’era?

“Ammetto che non era sempre facile. Mi sentivo un po’ schiacciata, intimorita dalla presenza degli attori adulti. Adesso è diverso, anche perché mi capitano ruoli più rilevanti, per esempio sto girando una nuova serie con Francesco Arca che probabilmente si intitolerà L’ultimo spettacolo e qui sono la protagonista femminile. Per me quel che conta è cercare di instaurare un rapporto paritario con tutti. Una volta, sul set, schiattavamo di caldo, ho chiesto dell’acqua, qualcuno della produzione si è offerto di andarmela a prendere, io ci ho tenuto a dire che dovevano portarla a tutti non solo a me”.



Non è più tempo di divismi, insomma.

“Ma proprio no. Questo è un lavoro collettivo, nessuno deve sentirsi lasciato indietro perché ha meno battute di un altro o perché il suo nome non è in testa al titolo”.

Tu sei anche cantante, hai partecipato a Ti lascio una canzone e insegni nella scuola di teatro musicale fondata da tuo fratello Daniele, che è tenore.

“Mio fratello è un vero cantante, lui sì. Io ho solo studiato canto, non mi definisco una cantante. La scuola è ad Acilia, io ho condotto un corso di recitazione, gli allievi sono ragazzi e bambini, si mettono in scena tanti musical, è un’esperienza bellissima e molto arricchente anche per chi insegna”.



E tu, non hai voglia di buttarti nel musical?

“L’ho già fatto, in realtà. Ho interpretato un musical che si intitola Next to Normal qualche anno fa. L’ho amato moltissimo perché, dentro un genere apparentemente leggero come il musical, si affrontava il tema dei disturbi bipolari. Uno spettacolo geniale e profondo che, non a caso, in America, ha vinto il Premio Pulitzer”.

Faresti ancora un musical?

“Il problema è che in Italia, il repertorio dei musical è molto limitato. Si fanno sempre le stesse cose, raramente si rischia con testi innovativi come Next to Normal. Ce ne sarebbero tanti altri super interessanti da adattare per l’Italia ma qui si preferisce fare Grease per la milionesima volta. Niente contro Grease, ma non fa per me”.



Video director: Federico Cianferoni 

Music: Iskander

Art Director & Photographer: Davide Musto

Styling: Andreas Mercante

Styling assistant: Valentina Calicchio

Ph. Ass. Dario TucciValentina CiampagliaRiccardo Albanese

Fashion Editor: Alfredo Fabrizio 

Ass. Fashion Editor: Federica Mele

Hair e make up: Laura Casato, Eleonora Mantovani @simonebellimakeup

Location: Coho Loft – Roma

Immanuel Casto, artista dalle mille sfumature tra “porn groove”, concerti e giochi dissacranti

Parlando di attori, musicisti e altri personaggi dello spettacolo si tende ad abusare di concetti quali versatilità o eclettismo; nel caso di Immanuel Casto, però, espressioni simili sono una soluzione praticamente obbligata per provare a sintetizzare l’operato di un artista dalle mille sfumature. Manuel Cuni, questo il suo vero nome, è innanzitutto un cantautore “porn groove” – termine da lui coniato per indicare una miscela di elettropop, sonorità ’80s e testi outré anticipati da titoli come Escort 25, Tropicanal o i recenti D!CK PIC e Piena – che, muovendosi sul crinale tra camp e arguta disamina sociale, non manca di sbeffeggiare ipocrisie e storture del Belpaese, dalla mercificazione del sesso alla spettacolarizzazione della violenza. In parallelo, realizza giochi da tavolo dai nomi inequivocabili (Squillo, Witch & Bitch, Red Light – A Star is Porn), è presidente del Mensa, associazione che riunisce le persone che raggiungono o superano il 98° percentile del Q.I., è “postacuorista” (come si autodefinisce) di Gay.it.
L’abbiamo raggiunto al telefono per una chiacchierata che ha toccato diversi argomenti, dal ddl Zan alla predilezione per l’inglese “to play”, verbo polivalente che lui considera il fil rouge di una vis espressiva rara a trovarsi.



Il 6 gennaio sarai in concerto all’Alcatraz, «un ritorno ai club dove tutto è cominciato», come ti senti a riguardo, che sensazioni dà il comeback dal vivo?

La prima sensazione è di terrore, non del palco bensì dei problemi che potrebbero sorgere da qui ad allora. Come lavoratori dello spettacolo siamo stati tra i più colpiti dalla pandemia, si è parlato a lungo – giustamente – di tutte le categorie in difficoltà, di noi invece sembra non importi granché.
In uno slancio di ottimismo, abbiamo comunque messo su un grande spettacolo (mi piace definirlo tale), provo un’immensa felicità al pensiero di tornare su un palco così bello e rincontrare il pubblico, del resto è quello il vero punto di inizio.
Non so se ogni artista lo senta, ma durante gli show avverto un senso di celebrazione di valori condivisi, è davvero un momento di comunione con i fan, non vedo l’ora di viverlo.

Puoi parlarci dei tuoi ultimi singoli? Come li descriveresti a chi dovesse leggerne per la prima volta?

Stratificati, mi sembra un termine calzante. Mi piace mescolare elementi diversi, unendo un linguaggio o immagini ridanciane, ironiche, provocatorie a riflessioni più profonde; nonostante sia veramente difficile padroneggiare i due registri, mescolare tragedia e commedia è una sfida che mi ha sempre attratto; credo sia, peraltro, una delle caratteristiche più distintive del mio lavoro.
Adoro generare un po’ di straniamento, mettendomi nei panni di chi vede un mio video vorrei sentisse una sorta di shock, poi il divertimento, quindi la comprensione degli spunti che cerco di inserire, una stratificazione, appunto.



Ti sei fatto conoscere nel 2011 con Adult Music: come hai dichiarato recentemente, «un disco che resta moderno, non sento che sono passati dieci anni», cosa lo rende ancora così attuale?

Lo sforzo artistico alla base, c’è un principio junghiano per cui, quando si scava veramente a fondo, la verità che si trova è quella di tutti. Un errore in cui incappano tanti artisti emergenti (lo capisco, ci sono passato anch’io) è realizzare prodotti eccessivamente autobiografici, operazione legittima e interessante, sia chiaro, però alla lunga non risulta universale.
Da parte mia, cerco di concentrami sulla società, resistendo alla tentazione, per quanto ghiotta, dei riferimenti nominali all’attualità, nonostante li comprendano tutti anzi, probabilmente prendendo il tema in trend o il personaggio del momento puoi godere di immediata visibilità; hip hop, rap e trap agiscono così, è del tutto plausibile ma trovo che abbia il problema di invecchiare rapidamente.
Raccontare un’epoca anziché un mese è difficilissimo, poi però riascolti i brani e senti di aver realizzato una foto dell’epoca.

Sei dell’idea che l’arte non debba avere nobili fini, parafrasando Wilde affermi «nasce inutile e questa inutilità va preservata»; anche in Italia si comincia a parlare di cancel culture e politicamente corretto, credi che un eccesso di controllo, seppur animato dalle migliori intenzioni, possa finire per limitare la creatività artistica?

Ne sono convinto, pur premettendo che ritengo spropositata l’attenzione riservata a un fenomeno che da noi non è ancora arrivato.
Mi piacerebbe ci fosse, in merito, un dibattito fondato sui dati, invece ognuno si concentra sui contenuti che non gli aggradano, anche per il meccanismo dei social.
Al netto dell’isteria sul politicamente corretto, le implicazioni che a me spaventano di più hanno a che vedere con il desiderio di moralizzare l’arte; si cerca da sempre di farlo, forse perché cambiare la realtà è quasi impossibile, al contrario per modificare la finzione artistica basta stabilire ciò che si può dire, quali concetti rappresentare. Per decenni lo abbiamo visto nei conservatori, ora sono soprattutto i progressisti a chiedere un controllo maggiore, con ragioni solide peraltro! È questo che rende complicata la faccenda, alla base ci sono motivazioni etiche che personalmente comprendo, in alcuni casi condivido.
Per quanto non ritenga si stia andando in quella direzione, comunque, avrei orrore di vivere in un mondo dove l’arte debba essere necessariamente morale.



Sei presidente del Mensa, com’è andata finora e quali altri obiettivi ti poni?

È stata un’esperienza davvero intensa, un’occasione di crescita personale all’interno di un contesto di circa 2000 soci.
Come associazione senza fini di lucro che raccoglie e mette in contatto persone con un elevato Q.I., gli obiettivi restano gli stessi, cioè far crescere la nostra realtà, rendendola un luogo più stimolante e fornendo così contributi interessanti al pubblico, a cambiare sono semmai gli strumenti.

Tieni la rubrica “C’è posta per Casto” su Gay.it, che quadro ne emerge, come sono messi, sentimentalmente parlando, gli utenti del sito?

Una situazione generalizzata che percepisco, specie nei più giovani, è la fame di educazione affettiva, il bisogno di parlare di questioni affettive come di quelle sessuali, una gran voglia di conoscere, confrontarsi, capire di non essere i soli a dover affrontare certi problemi, di normalizzarli.



I tuoi giochi da tavolo trattano con originalità e piglio dissacrante temi scabrosi, come è nata e si è sviluppata questa passione?

L’ho sempre avuta, il gioco per me è una palestra, anche per le emozioni “negative” quali rabbia o tensione che, nel contesto ludico, diventano sane, entusiasmanti. Se dovessi rispondere, in inglese, a una domanda su ciò che più mi piace utilizzerei il verbo “to play”, riferibile a svariati ambiti (“to play games, a song, a character…”), è un po’ il filo conduttore di tutto ciò che faccio a livello artistico.
A un certo punto, semplicemente, sono entrato a gamba tesa nel settore, privo di qualsiasi preparazione tecnica, in fondo credo che quando si ignorano totalmente le convenzioni diventi più facile romperle, almeno in linea teorica.

Ti eri esposto pubblicamente in favore del ddl Zan, impallinato dal voto del Senato a ottobre. Perché, a tuo parere, un disegno di legge che si proponeva semplicemente di contrastare la discriminazione basata (anche ma non solo) su orientamento sessuale o genere ha scatenato una tale cacofonia di polemiche, accuse, appelli e controappelli? Credi che riusciremo, prima o poi, a compiere passi significativi in questa direzione?

Penso di sì, per natura sono ottimista, credo si tenda naturalmente al progresso, purtroppo non è mai una linea retta.
Nel caso specifico, è stato orribile il livello di inquinamento del dibattito, a cominciare dai detrattori che hanno portato avanti un processo di disinformazione, mentendo letteralmente sui contenuti del testo, lasciando intendere che fosse a beneficio esclusivo di specifiche categorie, quando si trattava dell’estensione di una legge già in vigore per cui stabiliva delle aggravanti, certamente non che la discriminazione degli omosessuali fosse più “grave” di altre. L’obiezione del reato d’opinione, invece, si infrange sul fatto che la Reale-Mancino non è mai stata utilizzata per perseguire espressioni poco lusinghiere, diciamo così, nei confronti di persone di altre etnie o religiose.
C’è bisogno tuttavia anche di un po’ di autocritica, dal nostro lato ho sentito spesso affrontare l’argomento in maniera semplicistica e populista, in termini di diritti da aggiungere, cosa tecnicamente inesatta.



Due recenti singoli, il live di gennaio, e poi? Cos’hai in serbo, stai lavorando a qualche progetto di cui puoi/vuoi anticiparci qualcosa?

Ho molto materiale inedito, confido di rilasciarlo gradualmente nel 2022, per come si è strutturato il mercato discografico ha sempre meno senso pubblicare subito l’intero album, meglio piuttosto che arrivi a conclusione di un ciclo.
Per quanto riguarda la parte ludica, annuncerò presto un nuovo progetto, da lanciare tramite crowdfunding.



In apertura e nella prima foto, occhiali da sole Lanvin, camicia e pantaloni Red September, anfibi Cult, Credits:
Photographer Ilario Botti
Stylist Antonio Votta
Make-up Artist Bruno Agostino Scantamburo
Label Freak&Chic
Press Office Astarte Agency

Passeggini trio: cosa sono e a cosa servono

I neogenitori sanno bene che non tutti i passeggini sono uguali. Ne esiste un modello adatto per ogni età e per ogni circostanza. I passeggini modulari, anche chiamati duo o trio, permettono di assolvere a più funzioni. Ecco quali sono i migliori e quali vantaggi offrono

Il processo di crescita del proprio figlio impone di adattare più volte il suo ambiente circostante. Il passeggino è uno strumento fondamentale per il suo sviluppo: anche quando non sarà in grado di camminare correttamente o di affrontare lunghi tragitti, potrà scoprire il mondo circostante in tutta sicurezza. 

Per questo non esiste un solo tipo di passeggino, specialmente per i bambini più piccoli: l’auto necessita di un particolare tipo di sostegno, la passeggiata di un altro, e le lunghe gite fuori porta di un altro ancora. La soluzione ideale, per evitare di comprare più supporti, è sicuramente quella del passeggino trio: ovvero un sistema che ingloba la navicella, l’ovetto e la seduta classica. 

Componenti dei sistemi modulari: ecco quali sono

La navicella è il primo e più importante mezzo di trasporto per i propri piccoli. Fa parte del cosiddetto “Gruppo 0” di sistemi di ritenuta ed è adatto per tutti coloro che non superano i 10 kg di peso. È quindi ideale sia per far stare comodo il neonato quando si passeggia, sia per brevi tragitti in auto, a patto che si acquisti un sistema omologato.

L’ovetto è uno strumento fondamentale che accompagnerà il bambino durante i primi anni di vita. È raccomandato fino ai 13 kg e può essere utilizzato sia in auto, essendo molto resistente, sia agganciato al passeggino. Il cosiddetto “travel system” è comodissimo, per esempio, quando i bimbi si addormentano nel passeggino: si potrà accomodarli in auto senza svegliarli. Nonostante l’ovetto sia adatto anche per i neonati, consigliamo comunque di non utilizzarlo in modo prolungato. È invece perfetto per bimbi più grandi, sempre entro i limiti di peso. 

Ultimo elemento che caratterizza il “trio” è ovviamente la seduta per il bambino. Questa è perfetta per la maggior parte dei nostri piccoli. La seduta è ovviamente dotata di schienale comodo, cintura di sicurezza e cappottina per il sole e il vento. I passeggini trio hanno in genere una seduta reversibile, in modo da poter girare il bambino sia verso i genitori, sia verso la strada. Sarà lui o lei a dirvi cosa preferisce di più!

Fino a quando usare i passeggini trio?

Il passeggino trio, quindi, accompagna i genitori e i loro piccoli in un periodo abbastanza lungo, che va dalla nascita fino ai quattro anni. Si configura quindi come la spesa necessaria e ideale per i neopapà e le neomamme: si potrà garantire comfort e sicurezza al bambino senza spendere soldi per più supporti. C’è da ricordare poi che la struttura rigida del passeggino trio consente anche di alloggiare una o più sacche in cui inserire tutti gli accessori necessari per il bambino quando si è fuori casa. Non bisognerà portare con sé borse e zaini per il cambio: un modo per godersi le passeggiate in tutta serenità.

La macchina umana e la fede mutante di Arca

Corpo, mente e spirito: non è facile tracciare temi comuni nella produzione artistica e nel modus pensandi di Arca, DJ, cantante, icona fashion, produttrice venezuelana. Forse, più che di temi comuni si può parlare di linee guida.

Il ruolo del corpo è indubbiamente centrale. Corpo è tutto ciò che abbiamo alla nostra nascita; tuttavia, non è solo carne e sangue, ma anche corpo nelle sue estensioni. Nell’uomo vitruviano vinciano, il perimetro materiale del corpo umano coincideva nelle figure del cerchio (il divino) e nel quadrato (il terreno). Per Arca divino e terreno coesistono, ma la geometria è estesa, complicata. Le figure archiane rimandano esplicitamente all’uomo vitruviano: nel video di Prada/Rakata (le cui immagini vengono poi riprese anche come copertine dei suoi ultimi album) vediamo Arca in set quasi da laboratorio, con arti e teste sdoppiate, in pose che tracciano sì quadrati e cerchi, ma anche forme progressivamente sempre più complicate. Qui entra in gioco la mente, in grado di farsi portatrice di un incremento continuo del corpo: alterazioni, estensioni, duplicazioni, eliminazioni. Manifestazioni del corpo che sono tanto reali sia se su carne e sangue sia se in un video musicale, una copertina o una performance d’arte.



Arca tende a una (ri)soluzione in una serie di corsi e ricorsi vichiani, in cui persona e macchina diventano uno, si dividono, si ricombinano. Non a caso nel corso del suo ultimo progetto si presentano più volte i concetti di “prima morte” e “ultima nascita”, in un ciclo continuo di rinascita e reinvenzione. Arca è in questo senso il proprio deus ex machina: ed è qui che entra in gioco lo spirito. Se nella tragedia greca il dio portava risoluzione, qui la fede è terrena ed è una fede nel cambiamento costante, quella che Arca stessa definisce più volte una “fede mutante”. Mutant era il titolo del suo album del 2015, mentre la fede mutante appare esplicitamente per la prima volta come concetto nel suo output creativo con la residency di performance art Mutant;Faith, a New York per quattro notti nell’ottobre del 2019.

Questo credo sia uno dei fili rossi all’interno dell’ultimo ambizioso e massimalista progetto di Arca: una pentalogia di album dal titolo Kick, dal calcio prenatale, concepito come primo segno tangibile della vita di un essere umano. KiCk i ha aperto il ciclo di calci a metà del 2020, seguito poi a ruota alla fine del 2021 dalle sue iterazioni ii, iii, iiii e iiiii, rilasciate una per giorno nel corso di una settimana fra novembre e dicembre 2021. 59 canzoni in totale su cinque album, inizialmente concepiti come una trilogia, poi diventati una tetralogia, a cui è stato aggiunto un quinto pezzo a sorpresa. Solo questi dati possono dare un’idea di quanto in fieri sia la produzione dell’artista. Il processo è più importante del fine ultimo, ed è il viaggio stesso a dar senso all’esplorazione, alla sperimentazione.



More is always more per Arca. Descrivere il progetto sotto un profilo musicale non è semplice, proprio per via della sua costante mutevolezza, in cui si respira l’anelito a cercare punti fermi; questi traguardi sono tuttavia nient’altro che dei nuovi punti di partenza per un’ulteriore estensione e complicazione. Il primo calcio è l’elemento sotto un certo punto di vista più pop (non a caso, anche quello col maggior numero di artisti ospiti, come Björk, Rosalía, Sophie, Shygirl), ma anche quello che presenta la vastità e l’ecletticità degli stili presenti nei successivi quattro lavori. KICK ii parte con una serie di canzoni di stampo reggaeton, che nella seconda parte vengono dissezionate in una serie di tracce dalle atmosfere impalpabili in cui i ritmi e le melodie tendono a svanire. Il terzo volume trae invece la sua ispirazione dalla musica da club, in particolare la techno.



Le atmosfere dal primo al terzo volume tendono verso un’agitazione sempre maggiore, che va poi in qualche modo a risolversi negli ultimi due capitoli: in kick iiii Arca realizza una sorta di sintesi del suo meta-pop, in una collezione di canzoni ricca di melodie, piena di suggestioni poetiche e di manifesti di intenti. Queer è una canzone politica in cui Arca esalta la forza e il dolore della propria queerness, in lacrime che sono lacrime di fuoco, di un fuoco queer. Ospite del pezzo Planningtorock, celebre per un altro inno queer da dancefloor del 2013, Let’s Talk About Gender Baby. Shirley Manson dei Garbage (venuti al successo nel 1993 con un pezzo dal titolo Queer; un caso?) recita le parole di un altro manifesto, Alien Inside, celebrazione dell’alterità presente all’interno di ognuno, in quanto opportunità di costante rinnovamento. Il quinto e ultimo (?) calcio, rilasciato a sorpresa senza alcun annuncio, è una coda, una sorta di epilogo al progetto. Fra i cinque album è quello più nudo, in cui Arca ritrova strumenti ed elementi della musica classica che contraddistinguevano i suoi primi lavori come Xen. Al contrario dei lavori degli esordi, qui la musica è però meno claustrofobica, più ariosa, arricchita da elementi di ambient music, lasciando l’impressione di un finale aperto.



Rispetto agli esordi artistici del progetto Arca, il nuovo elemento sembra essere proprio quello di una maggiore apertura, che si respira in un afflato pop (nel senso più ampio del termine) a livello musicale, il cui riflesso è percepibile anche a livello estetico. Non è un caso che Arca da fenomeno di nicchia abbia esteso i propri tentacoli (metaforici e meccanici) nel mainstream, diventando recentemente anche una star della moda, con copertine per Vogue Mexico e campagne pubblicitarie per Bottega Veneta, e attirando l’attenzione di icone dell’arte contemporanea quali Marina Abramović e Hans Ulrich Obrist.

Con un output artistico sempre più profondo e variegato è difficile prevedere quale piega potrà prendere la carriera di Arca nel futuro. Una cosa si può però affermare con quasi totale certezza: difficilmente la vedremo fissa nello stesso punto per troppo tempo.

Arthur Arbesser X Baldinini, l’esclusiva capsule collection debutta a Pitti Uomo 2022

Tradizione e modernità nella prossima edizione di Pitti Uomo 2022 con la speciale collaborazione tra la storica griffe Baldinini e il designer viennese Arthur Arbesser.

Il ballerino della moda (così venne definito da Giorgio Armani durante i sette anni nel team creativo del gorgeous del fashion biz Made in Italy) raccoglie il testimone dell’azienda di calzature e accessori uomo, impegnata a evolvere la sua estetica e il suo mercato.

Il twist contemporaneo della collezione Arthur Arbesser X Baldinini si compone da cinque modelli maschili e altrettanti femminili che sovvertono lo storico heritage della griffe con mocassini, stringate, tronchetti d’ispirazione texana decorati da grafismi black & white e boots dalle fantasie optical.



La partnership sarà celebrata con un evento che si terrà nella meravigliosa cornice di Fortezza del Basso, il prossimo 11 gennaio 2022, a Firenze.

Il concept dello stand 1 presso le Costruzioni Lorenesi, luogo dell’evento, richiamerà le stampe vivide delle calzature, ricalcando l’atmosfera di uno studio fotografico, a conferma dell’immagine sempre più “inside fashion” di Baldinini.

Dopo lo scenario pandemico, rinnovarsi è diventata una necessità per l’azienda. Questa si è concretizzata in una strategia finalizzata sia a uno sviluppo sul territorio internazionale, avente come fulcro Pitti Uomo, sia a un’immagine più fresca e contemporanea, rafforzata dalla partnership con Arthur Arbesser. Ci aspettiamo un futuro costellato di nuovi progetti che consolideranno questa direzione”, ha detto Christian Prazzoli, AD Baldinini.
 La rivoluzione del marchio non passa esclusivamente dalla neonata partnership con lo stilista austriaco che nel 2013 ha debuttato alla Milano Fashion Week con la sue eponima collezione uomo, ma anche dal rifacimento del logo, in linea con la visione internazionale.



A incalzare l’AD Baldinini è sttao lo stesso Arbesser, che commenta: “Ho iniziato questo progetto con grande entusiasmo e curiosità. Volevo trovare un equilibrio tra l’energia del colore e della grafica che mi caratterizzano e l’eleganza delle collezioni Baldinini. Avevo come solida base l’expertise per cui l’azienda riminese è famosa a livello mondiale. È stato un processo naturale quindi traslare il nostro know how nelle stampe su un progetto che va di pari passo all’abbigliamento, come può essere, appunto, la calzatura”, ha commentato Arthur Arbesser, alla guida del brand omonimo.  

Dall’arte al cinema: a tu per tu con Emanuel Caserio

Emanuel Caserio, è un artista a tutto tondo, ha iniziato con il Liceo Artistico, di cui detiene ancora tutte le discipline, infatti ama disegnare e dipingere nel tempo libero, ma il suo mestiere è quello dell’attore.

Lo possiamo vedere tutti i giorni nella soap opera italiana che ha rubato il cuore degli ascolti nel day-time di RAI1 “Il Paradiso delle signore” con il ruolo di Salvatore.



Com’è essere in onda tutti i giorni con “Il Paradiso delle signore”?

La cosa più bella è quella di essere ricambiato di un affetto quasi familiare, anche da persone che ovviamente non ti conoscono, mi è capitato più volte di camminare per la strada e ricevere abbracci.

Una sera stavo uscendo da una pizzeria e un signore mi ha urlato: ” Salvatore!” è il nome del mio personaggio, al momento mi sono spaventato, in quanto pensavo mi volesse rapinare, invece voleva solo salutarmi, è un po’ come se ti aprissero tutti le porte di casa e tu sia un loro amico.



Hai sempre saputo di voler fare l’attore?

No, in realtà io volevo fare il pallavolista, poi per fortuna ho capito in tempo di non avere nessun tipo di talento e quindi ho iniziato a fare il mio primo corso di recitazione nella mia città, Latina, per approdare al Centro Sperimentale, e dopo di quello hanno iniziato ad aprirsi con calma le porte.

Nel frattempo, facevo il cameriere, il barman, le consegne delle pizze, ho fatto anche le pulizie dentro ad una palestra e poi piano piano è arrivato il ruolo giusto.



Quanto ti diverti ad andare in trasmissione dalla Bortone?

Sinceramente tantissimo, si balla, si scherza, e Serena è una grandissima presentatrice nonché giornalista, si è creato un ambiente goliardico e familiare anche in questo caso, c’è il vero affetto, si sta proprio al calduccio.

Un po’ come quando ti metti la coperta di Linus a casa, quando vado li sono attorniato da persone che stimo e che amo, è davvero un bell’esempio di televisione pulita.



Ti vedresti a condurre un programma?

Mi piacerebbe davvero un sacco, anche perché ad oggi non esiste più che se fai l’attore non puoi fare altro, il bello sta proprio nel saper variare e modulare il proprio lavoro comunicando con le persone con metodi differenti.

Anche perché non vorrebbe dire mancare di rispetto al mio mestiere principale che è quello dell’attore, ma anzi sublimarlo con altre cose.



Un reality lo faresti?

Non credo di essere adatto, correrei il rischio di chiudermi a riccio, e forse non funzionerei, non ti nego che farei altri progetti come Pechino, in quanto mi porterebbe a viaggiare, cosa che amo fare nella vita in generale, oppure Ballando con Stelle, dove trovo incredibile la conduzione impeccabile di Milly Carlucci, e poi sono tutte e due situazioni che non sviliscono ma anzi danno sicuramente una crescita.


Abito in velluto Grifoni

Che cosa vedi nel tuo futuro, più cinema o televisione?

Il cinema lo vedo un po’ come un amante che viene e va, non c’è sempre, solo quando vuole lui, la televisione la vedo più fedele, come un rapporto stabile, quasi un matrimonio. Sono del segno dei pesci e mi piacciono le cose tranquille, quindi proseguirei con la televisione.

Sento che potrei soffrire d’amore per il cinema.



Sei sul set quasi tutti i giorni, quando hai tempo libero che fai?

Ho fatto il liceo artistico, quindi disegno e dipingo. Mi piace disegnare col caffè che è una tecnica che ho imparato da poco tempo, nel tempo libero del lockdown, adoro stare con gli amici e mi piace un sacco cantare.



Che cosa farai per le vacanze di Natale?

Trascorrerò del tempo in famiglia con mia madre e mio padre, anche perché crescendo ti rendi conto di quanto sia importante e quanto il tempo scorra via inesorabile.

Cover look: Piumino ADD

Credits:

Photographer: Davide Musto

Styling: Rosa Maria Coniglio

Grooming: Alessandro Joubert @simonebellimakeup

Producer: Sonia Rondini

Assistente fotografico: Valentina Ciampaglia

Location: Mediterraneo al Maxxi 

I profumi “genderless” da regalare e regalarsi a Natale

Una volta si definivano unisex, ora genderless o gender fluid (probabilmente il termine più corretto per questa epoca). Tre parole per indicare un cambiamento anche nella profumeria, superata la tradizionale destinazione di genere sui flaconi.  La cosa certa è che i profumi di oggi sono pensati per le persone e si scelgono basandosi sul proprio gusto e su un dettaglio fondamentale: i ricordi personali.

Giusto in tempo per il periodo natalizio alcune novità perfette per questa stagione, ideali anche per un regalo di tutto rispetto.



Acqua di Noto – Marzamemi

Un bouquet graffiante di fiori e di agrumi con intense sfumature acquatiche che desta una sensazione di libertà e il ricordo di un luogo in cui perdersi e lasciarsi andare. Le note di testa sono il fior di limone e il bergamotto poi troviamo lavanda, mirra, foglie di tabacco e gelsomino. Come note di fondo si percepiscono la vaniglia e l’ambra.



Fenty Beauty – Fenty Eau de Parfum

Questa fragranza cattura l’essenza complessa, vibrante e sensuale della sua creatrice, Rihanna. La cantante ha selezionato personalmente ogni ingrediente per creare un profumo unico nel suo genere che combina magnolia e muschio con mandarino, mirtillo e sentori assoluti di rosa bulgara, geranio e patchouli.



Maison Tahité – Officine Creative Profumi 

Vicious cacao è una fragranza golosa, una carezza morbida ed intrigante sulla pelle. Gli ingredienti che sembrano la ricetta di una torta con aggiunta di fiori nobili e resine avvolgenti, lampone e pepe rosa, una preziosa assoluta di cacao e narciso e gelsomino, caramello salato e zafferano.



Maison Crivelli – Ibiscus Mahajad

Hibiscus Mahajád è la prima creazione della collezione di Extrait de Parfums di Maison Crivelli: si apre con una nota sfavillante con accenti fruttati di ebelia e sorprende con la sua potente firma dalle sfaccettature sgargianti.



Bond no.9 – NoMad

Il cuore di NoMad è un oud forte, sensuale e deciso, un cenno ai nomadi d’Oriente, con l’aggiunta di moderne note fruttate in testa. La pera cremosa e il ribes nero fresco aggiungono un calore gourmand, arrotondato da lussuosa ambra e legno di sandalo.



New notes – Osmanto shock

In questo profumo, l’aroma rotondo dell’osmanto regala energia e leggerezza, e lascia sulla pelle una sensazione di beatitudine infinita. Nelle note di testa troviamo il bergamotto e il mandarino giallo, in quelle di cuore il gelsomino e l’osmanto mentre in quelle di fondo le bacche di vaniglia e i semi di ambretta.




Oud ShamashThe Different Company

Questa fragranza è il risultato di un’alchimia tra l’assoluta di oud che viene esaltata da note speziate e ambrate. Oud Shamash si apre con le note uniche del pepe rosa, zafferano e cannella, esplorando le sfaccettature resinose più profonde dell’oud prima di essere sublimate dal patchouli.

Attilio Fontana, Never again Kabarett

Incontro Attilio Fontana, all’ Ellington Club, di venerdì, infatti sta per iniziare le prove per lo spettacolo della sera. Lo abbiamo conosciuto come cantante e Teen Idol negli anni 90’, per poi farsi notare come un attore veramente completo e re dei musical, insomma come ce ne sono pochi in Italia.

Come tutti gli artisti ha sofferto delle chiusure dovute alla pandemia e così adesso ha deciso di buttarsi in questa nuova avventura con uno spettacolo di cabaret a Roma assolutamente da non perdere, formato da sedici artisti, che intrattengono e stupiscono il pubblico a rotazione.



Cosa mi racconti di questa nuova esperienza?

Questa è un esperienza work in progress, nel senso che è uno spettacolo molto particolare. La storia della mia partecipazione a quest’idea nasce forse dal periodo del lockdown, momento in cui ho conosciuto Vera Dragone e l’Ellington club. Avevo la necessità di registrare un disco acustico e così ci siamo incontrati artisticamente. Vera è proprietaria insieme ad Alessandro Casella di un mondo fantastico, in quanto la prima volta che vi ho messo piede mi sembrava di essere in una scena di “C’era una volta in America”.

E com’è nata l’idea dello spettacolo?

È nata la scorsa estate; per due ore Vera mi ha parlato della sua idea dello spettacolo, nata insieme alle altre due interpreti Camilla Nigro e Miriam Gaudio. Voleva mettere insieme una serie di performer ed artisti, cosa che poi ha fatto curandone la regia. Ha creato una sorta di manifesto della libertà artisticа, dopo che siamo stati intrappolati dentro delle gabbie claustrofobiche e lo siamo ancora per certi versi.

Quindi l’idea finale era quella mettere insieme degli artisti, e come degli spettri inquieti poter abitare il palco regalando la nostra arte.

Insieme a noi ci sono anche tanti altri performer come Giuditta Sin.

Canto anche delle cover, che non è una cosa che faccio solitamente, tranne che a “Tale e Quale” ovviamente, ed in più propongo anche dei brani miei.

Siamo una sorta di nave sogno approdata al Pigneto.

Hai sofferto parecchio tu personalmente come artista per le chiusure?

Si, forse perché sono inquieto, e l’inquietudine mi porta a fare questo spettacolo, perché la mia vita è il palcoscenico.

Ci hanno messo: mascherine, distanziamento, plexiglass, sono tutte cose che remano contro l’empatia dal vivo, che è il mio nutrimento, soprattutto per me che in questi ultimi anni ho vissuto di teatro e musica dal vivo che sono le cose che amo di più fare.



A che ora inizia lo spettacolo?

Lo spettacolo inizia alle 21,30 e v avanti fino a mezzanotte, sono due ore piene, insomma una bella tirata, però siamo tanti ed abbiamo una band dal vivo di musicisti che è straordinaria, e la cosa che amo in assoluto nell’esibirmi qui è l’amore per l’arte che abbiamo tutti quanti. Siamo nell’era dei numeri, ecco noi non sopravviviamo per i numeri ma per la passione. Ci stiamo conoscendo e mescolando gradualmente, qui all’Ellington ci sono una serie di alchimie a cui sono sempre affezionato.

Stiamo vivendo un momento privilegiato rispetto a certe zone dell’Europa, come lo vivi questo momento di incertezza?

Voglio rimanere ottimista, anche perché ho combattuto con l’informazione sin dall’inizio, in quanto esercita un pressing davvero importante sulle persone.

Non entro in merito del buono o del cattivo, preferisco rimanere in una terra di mezzo e combatto con la mia positività.

Crediti:

Foto: Massimo Insabato

Location: Ellington Club Roma

Artists: Attilio Fontana con Vera Dragone e Giuditta Sin e con Camilla Nigro e Miriam Gaudio (interpreti dello spettacolo Never Again Kabarett)

Press: Ufficio Stampa Fabi Savona

Idee regalo abbigliamento da uomo per Natale 2021: le nostre proposte

Natale si avvicina e, per non ridursi all’ultimo minuto, pensare ai regali da fare alle persone più care è d’obbligo. Specialmente in caso di persone con gusti difficili i capi d’abbigliamento sono sempre apprezzati: ecco alcuni consigli per orientarsi

Come molti sanno, i giorni prima di Natale sono veramente frenetici: i negozi sono affollatissimi, i centri commerciali inavvicinabili e le strade molto trafficate. Ecco perché sono sempre più le persone che decidono di mettere i regali sotto l’albero in largo anticipo, magari anche approfittando degli sconti proposti nel mese di novembre. 

È però comprensibile che tergiversare è una delle strategie spesso adottate in caso di amici o parenti dai gusti difficili. Quando si fa un regalo il desiderio rimane sempre quello di assistere a vero stupore negli occhi del destinatario. Per alcune persone, a meno che non si abbia un rapporto molto speciale, è veramente difficile – quindi – trovare il regalo adatto. Per fortuna vengono in nostro soccorso i numerosi e-commerce con scelta vastissima. Ad esempio sono molti gli e-commerce di abbigliamento uomo donna da cui comprare un regalo alla moda. Vediamo quali sono le idee regalo più gettonate della stagione.

Cappotti e giacconi: il regalo perfetto per l’inverno

Ogni uomo ha sempre meno cappotti e giacconi di quanti gliene servirebbero. Regalare un cappotto o un giaccone nei colori della stagione sarà sempre apprezzato. Quest’anno sono molto di tendenza gli elegantissimi cappotti lunghi da uomo. Se il destinatario non è tipo da cappotto, potrete dirigervi verso la vasta scelta di giubbotti vintage presenti sul mercato. La celebre moda anni ’90 torna rivisitata in grande stile.

Borse e zaini: regalo ideale per il lavoro

In ogni ambito professionale sono state abbandonate da tempo le scomode e anti-estetiche valigette. Nuovi status symbol di eleganza professionale sono zainetti e borse da spalla. Abbastanza capienti per alloggiare il portatile e documenti di lavoro, sono ideali anche per viaggi e trasferte di lavoro. I più gettonati sono in pelle (o pelle ecologica), ma sono anche molto interessanti i modelli in tessuto.

Christmas Jumpers: la nuova moda dei social

Ricordate i famosi “maglioni della nonna”? Oggi sono ampiamente di moda. Sia per uomo che per donna, i christmas jumper sono di tendenza durante le feste di Natale. Decorati con motivi molto appariscenti e colorati, tengono caldo e procurano allegria. Esistono molti shop specializzati, ma è possibile trovarli praticamente ovunque. Affrettatevi, però, le taglie da uomo tendono spesso a diventare sold-out!

Sciarpe e cappelli: gli accessori sono sempre più apprezzati

Regalare un accessorio invernale, come ad esempio una sciarpa o un cappello, è una scelta molto intelligente. Si potrà essere sicuri di essere originali e di non regalare doppioni. Se realizzati in materiali morbidi, caldi e pregiati, gli accessori sanno essere un regalo di alto livello che verrà sicuramente apprezzato. Consigliamo, quindi, cappellini di lana o cappelli a falda larga (spesso abbinati con cappotti eleganti). Sul fronte delle sciarpe, consigliamo sciarpe lunghe a fantasie sobrie o geometriche, da evitare le tradizionali sciarpone di lana.

Asvoff13, il Fashion Film Festival di Diane Pernet alla Casa del Cinema di Roma

Con lo stop agli eventi dal vivo dettato dall’emergenza pandemica del 2020, i fashion film hanno permesso ai marchi di mostrare le collezioni pur nell’impossibilità di organizzare i consueti défilé: da meri sostituti degli show, tuttavia, i cortometraggi (specie nelle mani di professionisti del settore e sperimentatori di rango) si sono rivelati una modalità altra, ugualmente – se non addirittura più – efficace della passerella per comunicare a 360 gradi la visione di un brand. Gli esempi sono molteplici, basti pensare all’immaginoso Le Mythe Dior di Matteo Garrone per la griffe francese, alla miniserie Ouverture Of Something That Never Ended di Gucci, alla monumentale performance Of Grace and Light di Valentino, al teatro delle marionette di Moschino per la Spring/Summer 2021… Decine di video capaci di tenere gli spettatori con gli occhi incollati allo schermo, commissionati da auguste maison come da designer indipendenti, dai potentati del lusso alla Lvmh come da label emergenti armate perlopiù di inventiva.


Diane Pernet, ph. by Ruven Afanador

A credere nelle potenzialità di un medium ora lodato in maniera pressoché unanime era stata, in tempi non sospetti, la fondatrice del festival Asvoff – A Shaded View On Fashion Film Diane Pernet, figura a dir poco poliedrica: immancabilmente vestita di nero dalla testa ai piedi, labbra infuocate, sguardo schermato h24 dagli occhiali da sole Alain Mikli, nata a Washington ma parigina d’adozione, stilista, editor, critica, fotografa, talent scout dal fiuto portentoso, soprattutto pioniera digitale (come la incoronò il Met di New York, nientedimeno) grazie al blog Asvof, aperto nel 2005, agli albori della rivoluzione che, tra social e web 2.0, di lì a breve avrebbe travolto la società, e “sdoppiatosi” tre anni dopo nella rassegna di cui sopra, un métissage unico di moda, stile e bellezza esplorate attraverso il linguaggio cinematografico che, di fatto, ha codificato i tratti fondamentali del genere.



Giunta alla tredicesima edizione, svoltasi all’inizio del mese a Parigi, la kermesse, nomade e cangiante per natura, è approdata nel weekend dal 10 al 12 dicembre alla Casa del Cinema di Roma grazie alla collaborazione con Romaison, progetto che si propone di valorizzare le eccellenze costumistiche delle tante, spesso misconosciute sartorie della città eterna che pure hanno contribuito alla riuscita di capolavori rimasti negli annali. Le sale dell’edificio ottocentesco, immerso nel parco di Villa Borghese, hanno ospitato così un fitto programma di anteprime, talk, incontri di approfondimento e la proiezione degli oltre ottanta short movie in concorso, ça va sans dire.



Ad aprire le danze, nella serata di venerdì, la presentazione del festival cui partecipano Pernet, la curatrice di Romaison Clara Tosi Pamphili e il costumista Carlo Poggioli, presidente dell’Asc (Associazione Scenografi, Costumisti e Arredatori), seguita dall’intervento di Amber Jae Slooten, co-founder e direttrice artistica di The Fabricant, marchio digital only che, nel 2019, fece scalpore (come ricorda, abbastanza divertita, la diretta interessata) per l’outfit iridescente, dalla connotazione couture epperò composto esclusivamente da byte, venduto all’asta per 9.500 dollari; una visionaria insomma, sicuramente tra le persone più adatte per confrontarsi, con Tosi Pamphili e il pubblico presente, sui punti salienti e le probabili evoluzioni di questa dimensione parallela alla moda propriamente intesa, dai contorni ancora piuttosto aleatori ma che, come certificato dall’interesse crescente di brand che creano dipartimenti dedicati al virtuale (ultimo, in ordine di tempo, Balenciaga), potrebbe conoscere prima di quanto non si creda uno sviluppo impetuoso, con abiti indossabili esclusivamente nel metaverso e avatar dal guardaroba griffatissimo seppur intangibile.

Viene quindi proiettato Saint Narcisse di Bruce LaBruce, regista habitué della provocazione col suo cinema liminare, tra indie e pornografia (nonché presidente della giuria di Asvoff 13): già incluso nella selezione delle Giornate degli Autori alla 77esima Mostra di Venezia, il film rilegge il mito di Narciso in chiave queer e compiaciutamente erotica, in un pastiche di tragedia greca, iconografia religiosa, ossessioni contemporanee, sesso spinto, illuminazione e fotografia da b-movie ‘70s.


Saint Narcisse

Sabato è il giornalista e scrittore Carlo Antonelli ad introdurre un’altra pellicola di notevole caratura, Steven Arnold: Heavenly Bodies, documentario diretto da Vishnu Dass in cui la voce d’eccezione di Anjelica Huston racconta, attraverso testimonianze e footage inediti, la fulminante parabola dell’artista californiano, stroncata a soli 51 anni dall’Aids; talento multidisciplinare, animatore della scena off losangelina negli anni ‘70 e ‘80, pupillo di Salvador Dalí che lo elesse “principe” della sua leggendaria cerchia di accoliti e muse ispiratrici, ha saputo cogliere con straordinaria incisività, e decisamente in anticipo sui tempi, il tema della fluidità di genere, componendo articolati tableau vivant i cui protagonisti erano, a seconda dei casi, adoni dalla fisicità prorompente, figure mistiche contornate da nugoli di simboli, esseri androgini sospesi in paesaggi a metà tra il surreale e l’onirico.


Steven Arnold: Heavenly Bodies

Nella giornata conclusiva, invece, si lascia spazio alla moda in senso stretto, che d’altronde è l’asse portante del festival: vengono trasmessi Cotton For My Shroud, opera di denuncia delle pratiche di sfruttamento purtroppo ancora presenti nell’industria cotoniera; Valentino Des Ateliers: Vita di Sarti e di Pittori (vincitore nella sezione Documentaries), raccolta di storie e impressioni emerse nel dialogo tra l’autore del corto Maurizio Cilli e Gianluigi Ricuperati, saggista chiamato a selezionare 17 artisti per l’iniziativa che ha unito l’opus magistrale dell’atelier, massima espressione della sartorialità intrinseca alla griffe romana, alla loro pittura, sfociata a luglio nella magnifica sfilata Valentino Haute Couture F/W 2021/22 alle Gaggiandre dell’Arsenale di Venezia, con i dipinti commissionati dal brand resi parte integrante delle mise drammatiche, da mille e una notte firmate da Pierpaolo Piccioli; A Folk Horror Tale, film di presentazione dell’ultima collezione Artisanal di Maison Margiela, in cui il making of dei capi si intreccia a una mise en scène fiabesca dai colori “impossibili”.



I cortometraggi sono, ovviamente, il cuore pulsante degli appuntamenti tenutisi nelle sale Deluxe e Volonté della Casa del Cinema; organizzati in gruppi tematici, tracciano un panorama variegato di narrazioni visive nel quale la coreografia danzata di Dance Party (che ottiene l’award per la categoria Fashion Moves, curata da Alex Murray-Leslie) cede il passo alle silhouette fluttuanti digitalizzate di Komantha, premiato nella rassegna Digital Fashion: The Fabricant, oppure alle rappresentazioni delle idee di autenticità, quotidianità e altri concetti basilari ad opera dei creativi di colore di Black Spectrum, a cura di Melissa Alibo. Una mole consistente di progetti, che lascia intuire come la moda potrà anche riprendere il solito bailamme di lanci, happening e show faraonici, ma i fashion film sono qui per restare.


Dimension by Ebeneza Blanche

Immagine in apertura: Transmotion by Ryan McDaniels

Brand alert: TEN MINUTES TO MOON

TM è un brand nato nel 2021 dall’idea di un piccolo gruppo di amici con la passione dei viaggi, delle grandi città, di tutte le culture underground e un grande amore nei confronti della luna.

Un viaggio verso il piacere, un grande avvenimento, proprio come andare sulla luna che solo in apparenza è irraggiungibile. Ten Minutes To Moon sono quei 10 minuti di attesa antecedenti a qualcosa di grande perché il conto alla rovescia è l’anticamera di un momento unico e indimenticabile. L’attesa è sempre eccitante e la si vive tutti i giorni, è il viaggio che ti porta sulla luna.

Le collezioni sono realizzate con materiali ecosostenibili, il cotone è ecologico e si tratta di una filosofia di streetwear essenziale, mai eccessiva.

Felpe dal sapore cutting edge, t- shirt dalle grafiche innovative, giacche, felpe e pantaloni, sono stati raccontati ad un pubblico di teenagers e socialite milanesi durante una serata lo scorso 30 novembre presso il Tommasi in piazza Giovine Italia, uno dei ritrovi più glamour della città.

5 cantanti da conoscere adesso

Generi, età diverse e differenti provenienze per i protagonisti della nostra review dedicata alle nuove voci da scoprire questo mese. Sono alcuni giovani artisti promettenti del momento, da ascoltare a ripetizione nelle prossime settimane e da tenere d’occhio in futuro…


MATTEO FAUSTINI

Un giovane cantautore bresciano, protagonista della 70a edizione del Festival di Sanremo nella sezione Nuove Proposte con il brano “Nel Bene e Nel Male” e vincitore del “Premio Lunezia per Sanremo” per il valore musicale e letterario del brano in gara, ha esordito al 2° posto della classifica iTunes e tra i dischi più venduti nella classifica FIMI/GfK con il suo album di debutto “Figli delle Favole”. 

Reduce dal successo dell’instore tour e dei suoi concerti sold out, a giugno 2021 è tornato in radio e in digitale con il nuovo singolo “1+1”, che ha debuttato nella top 10 della classifica Earone Airplay Radio Indipendenti e nella top 100 nella classifica generale, e solo sulle piattaforme streaming e in digital download con il nuovo ed emotivo brano “Stanco di piangere”, che verranno entrambi contenuti nel prossimo disco di inediti.

DANI FAIV

Spezzino, classe 93 è uno tra i più attivi e apprezzati rapper della scena italiana attuale. Con il singolo “Yoshi” (ad oggi certificato 4 volte platino) ha fatto numeri incredibili. Dopo l’esperienza Machete (da cui è uscito a marzo 2021) Dani è tornato a luglio con il singolo “ANNO ZERO”, brano con testo super critico nei confronti della società moderna: ci sono riferimenti all’omicidio di George Floyd, al crollo del Ponte Morandi, all’esplosione nel porto di Beirut fino al cambiamento politico del nostro paese.

Il secondo singolo “LUNA NERA” è decisamente più fresco con nuove sfumature sonore. Questo perché Dani Faiv continua sempre a mettersi in gioco, sperimentando moltissimo con la sua musica, insieme a STRAGE, fedele collaboratore.

ELLYNORA

Lei è una cantautrice urban con uno stile attuale e unico, caratterizzato sia nel look che nelle sonorità da influenze gitane. Un personaggio femminile che pian piano sta conquistando la musica italiana. Romana, con radici partenopee, ha lasciato l’Italia per inseguire il suo sogno in America, prima New York, poi Los Angeles e poi di nuovo Roma.

Gli elementi urbani, editoriali, gitani e latini si fondano perfettamente, creando un mix interessante, insolito in Italia e molto credibile. Da poco è uscito il suo nuovo singolo “Get Lost”, che segue “No Trouble”, ma all’attivo ha diversi singoli, come Nina Blanca e Zingara  (con cui ha vinto il contest Primo Maggio Next).

LA SAD

Il trio è formato da Theø, Plant e Fiks, nasce nel 2020 dall’incontro di questi artisti che decidono di unire i loro percorsi musicali per creare un nuovo collettivo, caratterizzato da sonorità e immaginario punk in chiave moderna. Theø, Plant e Fiks, che provengono da tre regioni diverse (Lombardia, Puglia e Veneto), si sono uniti grazie alla stessa passione per la musica e a un forte legame di amicizia creatosi negli ultimi anni. Sin dal primissimo singolo, “SUMMERSAD”, i tre prendono una direzione innovativa sia a livello di sound che di liriche, portando avanti tematiche legate alla depressione e a problemi di relazioni. Successivamente escono “Psycho girl”, “Miss U”, “2nite” e “Summersad 2”, altri quattro singoli che consolidano la posizione della Sad nella scena Italiana e che aprono nuovi orizzonti musicali. NIENTE X SEMPRE è il loro nuovo singolo, un brano che trova le sue radici in un turbine di sperimentazione ed energia in un susseguirsi di nichilismo, demoni del passato e amore tossico.

JIMMY SAX

Un sassofonista francese super cool che, oltre ad aver suonato in alcune delle località più di tendenza al mondo, ha uno stile anticonvenzionale e azzardato e sceglie tanto accuratamente gli outfit per i concerti, quanto la scaletta dei brani da eseguire! L’8 ottobre è uscito esce il suo disco “Jimmy” che racconta tutto il suo mondo e l’anno prossimo sarà in Italia per un tour teatrale. Un’artista in grado di far arrivare uno strumento così settoriale al grande pubblico.

Con più di 475.000 follower e oltre 150 milioni di visualizzazioni su YouTube, Jimmy ha raggiunto il successo con il singolo “No man no Cry”, ha raggiunto un platino in Francia per il singolo “Ibiza”, realizzato insieme a JUL, artista tra i più ascoltati sul territorio francese, ed è attualmente al lavoro sul suo primo vero album.

Space-Star: la scarpa dal concept unico di GOLDEN GOOSE

Golden Goose aggiunge un nuovo, entusiasmante capitolo alla sua storia e lancia una scarpa dal concept unico e innovativo.

Caratterizzata da un design inedito, Space-Star è una scarpa unisex, pensata per chi non ha paura di osare ed esprimere il suo animo più audace.

Grazie alla suola extra-cushion e a una suoletta interna in memory foam, Space-Star garantisce un estremo senso di leggerezza, consentendo a chi la indossa di evadere dalla vita quotidiana per trovare il proprio Spazio.

Foderato in morbido shearling, questo nuovo design è disponibile in un’ampia gamma di materiali: dal camoscio al nylon, dal cavallino animalier al glitter. Con l’iconica stella Golden sui lati, ogni scarpa è caratterizzata dalla firma lived-in del brand, che la rende immediatamente riconoscibile e unica.

Un primo drop della Space-Star sarà disponibile il 14 dicembre per sole 48 ore in esclusiva su https://www.goldengoose.com/it/en/space-star/space-star.html .

Il lancio ufficiale è previsto per il 13 gennaio 2022 su goldengoose.com e in store selezionati, che celebreranno il lancio attraverso installazioni immersive.

GoDaddy School of Digital: si conclude l’edizione 2021 con il decimo incontro

Nel decimo incontro di GoDaddy School of Digital una tavola rotonda di esperti si è confrontata sui temi più importanti del Digital Advertising e ha provato a delineare le tendenze del 2022: ecco come si è svolto l’ultimo appuntamento dell’anno

La GoDaddy School of Digital, ovvero il ciclo gratuito di seminari dedicati a PMI e start up, va in pausa per le vacanze natalizie dopo l’incontro che ha avuto luogo giovedì 9 dicembre alle ore 17. Come le altre lezioni, anche il decimo appuntamento è stato trasmesso in diretta sulla pagina Facebook GoDaddy e sarà consultabile anche nelle prossime settimane in streaming. 

Quest’anno sono stati trattati da esperti, imprenditori e influencer alcuni argomenti importantissimi, la cui conoscenza è richiesta a tutti coloro che si affacciano al mondo del web e non solo. I temi affrontati hanno toccato alcuni temi trasversali, fra cui e-commerce, SEO, neuromarketing e strategie omnichannel. 

Tutti gli incontri hanno permesso, grazie al linguaggio discorsivo ed esplicativo adottato, di poter formare una cultura personale su temi digital e porre le basi per un futuro apprendimento. 

Decimo appuntamento GoDaddy School of Digital: temi ed esperti

Il format dei precedenti incontri prevedeva la moderazione del conduttore e la lezione di un esperto competente. Il decimo appuntamento dell’anno, invece, ha visto alternarsi ben cinque relatori che hanno dialogato fra loro in una sorta di tavola rotonda. Sotto la moderazione di Cosmano Lombardo, Founder e CEO di Search On Media Group e del WMF, hanno discusso: 

  • Gianluca Stamerra, Senior Director Southern Europe di GoDaddy 
  • Vincenzo Ertini, Client Director di Alkemy 
  • Giorgio Taverniti, Community Manager di Search On Media Group 
  • Andrea Ciraolo, Content Creator 
  • Elisa Serafini, Giornalista e docente 

Il ruolo di GoDaddy nella formazione

Grazie a questi e altri eventi di settore, GoDaddy si afferma sempre più come leader di mercato e host di una grande community di imprenditori. Lo scopo della School of Digital è proprio quello di fornire strumenti alle piccole imprese per aumentare il proprio fatturato tramite strategie digitali. GoDaddy attualmente gestisce oltre 80 milioni di domini in tutto il mondo, venendo sempre più scelto da PMI in cerca di soluzioni per digitalizzare la propria impresa e pubblicizzarsi sul web.

L’Italia brilla nella classifica 2021 dei World’s 50 Best Bars

Si è tenuta lo scorso 7 dicembre, a Londra, la cerimonia di premiazione dei World’s 50 Best Bars 2021. Tornata a svolgersi in presenza dopo l’evento esclusivamente digitale dell’anno scorso, la 13esima edizione della kermesse (che classifica e premia i migliori cocktail bar del mondo, votati da una giuria composta da oltre 600 addetti ai lavori tra giornalisti, bartender e figure di spicco dell’industria del food and beverage) è stata particolarmente significativa, in quanto giunta al termine di un periodo a dir poco critico per il mondo della ristorazione e dell’ospitalità in generale, tra chiusure a singhiozzo, limitazioni ai viaggi internazionali e un drastico calo della clientela, internazionale e non solo.
Il Content Editor di The World’s 50 Best Bars, Mark Sansom, ha tenuto perciò a sottolineare la «resilienza e il senso di comunione» dimostrato dai locali, mentre Elisa Gregori, International Business Unit Director di Perrier – principale sponsor della manifestazione – ha posto l’accento sul fatto che il settore «ha mostrato un’incredibile capacità di recupero e ha imparato ad adattarsi alle restrizioni locali».



L’Italia ha difeso egregiamente la propria illustre tradizione in materia di drink d’autore e mixology, piazzandosi dopo Singapore, Cina (la città-stato asiatica e l’ex celeste impero vantano entrambi ben sei indirizzi nell’elenco), Usa, Australia, Messico (quattro ciascuno) e Spagna (prima nazione per quanto riguarda l’Europa con quattro venue, tra cui la terza classificata, il Paradiso di Barcellona) grazie ai suoi tre cocktail bar, stesso numero del Regno Unito, vero trionfatore di quest’anno con il londinese Connaught Bar che bissa il primo posto del 2020, aggiudicandosi pure il titolo di miglior bar del vecchio continente, e il Tayēr + Elementary, anch’esso a Londra, in seconda posizione.


Il team del Connaught Bar di Londra: al centro Giorgio Bargiani, Ago Perrone, Maura Milia

Si tratta, nello specifico, del Drink Kong di Roma (creatura del re dei barman capitolini Patrick Pistolesi, dall’atmosfera a metà tra sci-fi anni ‘80 e un raffinato nightclub, con illuminazione che più soffusa non si può, tubi al neon e l’appeal orientaleggiante della Japanese room), del milanese 1930 (speakeasy del duo Flavio Angiolillo-Marco Russo, ispirato in tutto e per tutto ai ritrovi clandestini in cui, negli Stati Uniti, ci si riuniva per bere ai tempi del proibizionismo, tanto che l’indirizzo è segreto, celato da un portone anonimo, e per trovarlo bisogna fare affidamento solo sul passaparola degli “iniziati”) e del Camparino, storica insegna del salotto buono di Milano, la Galleria Vittorio Emanuele II; se il primo è balzato dal 45esimo posto del 2020 all’attuale 19esimo, il secondo ha guadagnato rispetto all’anno passato cinque posizioni ed è ora 20esimo, mentre il terzo, new entry nell’elenco, risulta 27esimo.


Drink Kong, 1930, Camparino in Galleria


In realtà troviamo un po’ di Belpaese anche sulla cima del podio, visto che il team del Connaught, bar dell’omonimo hotel cinque stelle lusso di Mayfair, è guidato da Agostino Perrone, Giorgio Bargiani e Maura Milia, rispettivamente Director of Mixology, Head Mixologist e Bar Manager, artefici di un successo che ha il suo fiore all’occhiello nella rivisitazione in chiave moderna del classico Martini cocktail, preparato da esperti bartender servendosi di un carrello che si sposta di tavolo in tavolo.



Riconoscimenti ad hoc sono poi andati, tra gli altri, all’Attaboy di New York, vincitore del Rémy Martin Legend of The List (premio speciale che si può ottenere una sola volta, assegnato al locale che ha evidenziato maggiore costanza nelle “performance” nell’arco delle 13 edizioni del World’s 50 Best Bars), al Presidente di Buenos Aires (Nikka Highest Climber), al Re di Sydney (Ketel One Sustainable Bar Award), al Lab 22 di Cardiff (Siete Misterios Best Cocktail Menu) e all’Hanky Panky di Città del Messico, cui l’esordio nel ranking alla 12esima posizione è valso il Disaronno Highest New Entry.




Di seguito la classifica completa, che compone una sorta di mappa ideale dell’arte del bere bene.

  1. Connaught Bar – Londra
  2. Tayēr + Elementary – Londra
  3. Paradiso – Barcellona
  4. The Clumsies – Atene
  5. Florería Atlántico – Buenos Aires
  6. Licorería Limantour – Città del Messico
  7. Coa – Hong Kong
  8. El Copitas – San Pietroburgo
  9. Jigger & Pony – Singapore
  10. Katana Kitten – New York
  11. Two Schmucks – Barcellona
  12. Hanky Panky – Città del Messico
  13. Insider Bar – Mosca
  14. Baba au Rum – Atene
  15. Manhattan – Singapore
  16. Atlas – Singapore
  17. Zuma – Dubai
  18. The SG Club – Tokyo
  19. Drink Kong – Roma
  20. 1930 – Milano
  21. Presidente – Buenos Aires
  22. Maybe Sammy – Sydney
  23. Cantina OK! – Sydney
  24. Salmon Guru – Madrid
  25. Handshake Speakeasy – Città del Messico
  26. No Sleep Club – Singapore
  27. Camparino in Galleria – Milano
  28. Café La Trova – Miami
  29. Little Red Door – Parigi
  30. Dante – New York
  31. Kwānt – Londra
  32. Bar Benfiddich – Tokyo
  33. Tres Monos – Buenos Aires
  34. Attaboy – New York
  35. Lucy’s Flower Shop – Stoccolma
  36. MO Bar – Singapore
  37. Sips – Barcellona
  38. Baltra Bar – Città del Messico
  39. Sober Company – Shanghai
  40. Tjoget – Stoccolma
  41. Epic – Shanghai
  42. Charles H – Seul
  43. Tippling Club – Singapore
  44. Above Board – Melbourne
  45. Galaxy Bar – Dubai
  46. Re – Sydney
  47. Sidecar – Nuova Delhi
  48. Union Trading Company – Shanghai
  49. DarkSide – Hong Kong
  50. Quinary – Hong Kong

Nell’immagine in apertura, il team del Connaught Bar di Londra, miglior cocktail bar al mondo secondo il World’s 50 Best Bars

ASVOFF13 – A shaded view on fashion film festival

Nella prospettiva di una continua ricerca dedicata al rapporto tra moda, cinema e costume, ROMAISON, curato da Clara Tosi Pamphili, presenta a dopo Parigi, la tredicesima edizione di ASVOFF – A Shaded View on Fashion Film Festival. La manifestazione in collaborazione con Casa del Cinema è promossa da Roma Capitale con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.



I tre giorni di proiezioni e incontri, ad ingresso gratuito, dal 10 al 12 dicembre 2021, segnano l’inizio della collaborazione che proseguirà fino a gennaio 2022, con una rassegna di film dedicata a cinema e moda: una selezione di lungometraggi per scoprire inedite traiettorie di approfondimento multidisciplinare.

Ideato e diretto da Diane Pernet – leggendaria icona della moda internazionale, giornalista e pioniera digitale – ASVOFF è nato nel 2008 come una sfida ai parametri convenzionali del cinema e del video, proponendo un’indagine originale dedicata a moda e bellezza e codificando il nuovo genere del fashion film. “La nostra missione è preservare, supportare e illuminare l’aura artistica e l’unicità percettiva delle voci indipendenti nella moda e nel cinema”, dichiara Diane Pernet. Con un formato volutamente nomade e sperimentale, il festival è stato ospitato in prestigiose istituzioni e all’interno di importanti eventi e rassegne internazionali: dal Centre Pompidou al Festival di Cannes, da Art Basel Miami al Guggenheim, dal Caixaforum di Barcellona al Barbican di Londra.

Tra gli highlights troviamo: la proiezione del film Saint-Narcisse di Bruce LaBruce, iconico artista, fotografo e scrittore considerato uno dei fondatori del movimento queercore e presidente della Giuria di ASVOFF di quest’anno; la prima italiana del documentario Heavenly Bodies dedicato alla figura del leggendario fotografo e artista Steven Arnold; le rassegne Digital Fashion: The Fabricant, Black Spectrum e Fashion Moves dedicate a tracciare il futuro della moda nello scenario virtuale del Metaverso e a indagare i temi dell’identità, dell’inclusione, della rappresentazione sociale attraverso lo sguardo di artisti, attivisti, registi e il filtro sperimentale dell’immagine in movimento.

Perché la musica non può fare a meno di XFactor

A pochi giorni dalla conclusione di XFactor 2021, con una finale esplosiva e ricca di colpi di scena – compreso il suo vincitore Baltimora – possiamo affermare con orgoglio che la musica live è tornata in grande stile per il pubblico italiano. Chi ha avuto la fortuna di assistere allo spettacolo al Forum, è stato investito dall’energia del palazzetto illuminato da led fluo e animato da un corpo di ballo che tra un flash mob e l’altro ha scandito il ritmo del parterre, in un susseguirsi di duetti tra giudici e concorrenti su pedane plananti sul palazzetto e performance che ci hanno fatto rivivere il percorso degli artisti di questa controversa edizione di XFactor. Tema caldo, Ludovico Tersigni, conduttore di questa edizione che ci ha conquistato proprio per la sua capacità di sostenere sul palco le naturali imperfezioni di chi si trova su quel palco per la prima volta, accettando la titanica impresa di succedere al fenomeno Cattelan. 

Ospiti internazionali della serata i Maneskin – padroni di casa – che hanno letteralmente infuocato il palazzetto con il loro look glam-rock firmato Gucci e i Coldplay, complici ideali di un’atmosfera dai colori e sound super pop, celebrato da un arcobaleno scenografico letteralmente esplosivo.



Al di là di ogni possibile schieramento o delusione provocata dalla vittoria o l’uscita prematura dei protagonisti del talent show più amato al mondo in fatto di musica, non gli si può negare il fatto di avere riportato alla luce tutta l’energia che solo un vero live musicale può contenere nella sua complessa impalcatura. XFactor, infatti, nelle sue 15 edizioni ha sempre fatto tuonare palco e spalti senza risparmiarsi e anche quest’anno è stato fedele al suo DNA, con scenografie trasformiste di grande impatto visivo in cui ogni talent è stato raccontato da light designer, coreografi, costumisti e scenografi che hanno lavorato per mettere in scena piccoli universi ispirati nella forma e nei contenuti ai maestri dell’arte moderna e contemporanea.

Una vera boccata d’aria in un periodo storico come quello da cui siamo stati investiti, in cui l’intrattenimento televisivo e radiofonico dedica sempre meno spazio allo scouting di nuove voci, XFactor riesce a proporre sempre nuovi volti, decisamente meno mainstream – vedi Erio, Gianmaria, Fellow e i Baltimora, veri animali da palcoscenico, che speriamo di ascoltare ancora – e lo fa attraverso una spettacolarizzazione intensa e arrangiamenti un po’ più liberi dagli schemi, con tutte le carte in regola per assicurare quell’effetto “Wow” quando la tv è sempre meno in grado di stupirci.
E se ci chiediamo perché all’estero questo format ha perso credito nel settore di riferimento e interesse nel pubblico a casa, la risposta sta nel fatto che la qualità del format italiano, dal livello di spettacolarizzazione, allo scouting dei talent, non teme termini di paragone. Non sono poche le voci protagoniste del panorama musicale scoperte dentro il talent, e vale la pena di ricordare che i Maneskin, che il mondo ci invidia, non erano in cima al podio. È proprio il caso di dirlo “Italians do it better”!

Come abbinare al meglio pantaloni cargo e calzini

I cargo da uomo sono un modello di pantalone molto pratico e versatile, con una delle radici ben radicate nella storia. Nato come un modello di pantaloni per militari, fino ad arrivare ad essere un indumento tipico di alcune subculture metal e punk, i cargo sono al giorno d’oggi un elemento indispensabile nell’armadio di un uomo che può anche essere abbinato ad un blazer.

Questi pantaloni possono essere molto stilosi se sapientemente abbinati, per questo è importante conoscere il modo migliore per abbinarli e creare un look di tendenza.

Un abbinamento universale per i pantaloni cargo

Non tutti sanno come sono fatti dei pantaloni cargo ed è bene conoscerne le caratteristiche. Questo modello di pantaloni prevede nella loro versione classica delle tasche laterali all’altezza delle ginocchia che hanno sia la zip che il velcro.

Oggi è invece possibile scegliere tra un’ampia selezione di pantaloni cargo da uomo, in quanto ci sono in commercio innumerevoli modelli che prevedono anche un diverso posizionamento delle tasche. Dunque, i pantaloni cargo rappresentano ormai un must have nel guardaroba maschile a prescindere dal proprio stile casual, elegante o sportivo che sia.

Un abbinamento evergreen dei pantaloni cargo è quello con i calzini bianchi e le sneakers. È risaputo, con dei calzini bianchi e delle scarpe da ginnastica bianche non si sbaglia mai, anzi un pantalone cargo color khaki e una maglietta bianca saranno perfetti per un total look dallo stile urbano.

Con un pantalone cargo nero è possibile abbinare anche dei calzini neri e delle scarpe bianche e nere, per avere un look sportivo, ma comunque ordinato e alla moda. Un’altra idea per un look perfetto per il weekend potrebbe essere quello di abbinare un paio di pantaloni cargo militari con dei calzini neri e delle sneakers alte bianche e rosse, completando il tutto con una giacca di pelle nera che richiami i calzini.

Un cargo per un look più elegante

Sicuramente questo modello di pantalone non è propriamente adatto per un incontro d’affari o una riunione importante di lavoro. Tuttavia, se abbinati nel modo giusto, i pantaloni cargo possono essere declinati anche in una versione più elegante.

Un abbinamento molto valido in questo senso riguarda i pantaloni cargo grigio scuro che possono essere abbinati a delle sneakers nere, indossando un calzino fantasmino che lasci la caviglia scoperta, creando così un look moderno e originale. 

Un’altra idea outfit con i cargo potrebbe essere quella di indossare dei calzini che lascino la caviglia scoperta con dei mocassini, magari facendo dei risvoltini ai pantaloni.

È chiaro, dunque, che questo modello di pantalone è così versatile che può essere indossato in diverse occasioni, per farlo risultare più elegante basterà abbinare una scarpa diversa da quella sportiva. Per essere sempre al passo con la moda e non sbagliare outfit, è consigliabile cercare di abbinare la maglia indossata con i calzini.

In questo modo ogni abbinamento sarà più facile ed intuitivo, anche se l’abbinamento di calzini e pantaloni cargo più gettonato è sicuramente quello con i calzini bianchi. Ma per una personalità può decisa ed estroversa saranno perfetti anche dei calzini a fantasia, che dovranno comunque essere abbinati ad una maglia tinta unita, per non appesantire il look.

Royal Palace Luxury Suites a Torino: un nuovo hotel ricco di charme e storia

La famiglia Buratti, già proprietari e gestori del Grand Hotel Sitea, 5 stelle nel cuore di Torino, dove si trova il ristorante stellato Il Carignano, capitanato dallo chef Fabrizio Tesse, inaugurano per la stagione il nuovo Royal Palace Luxury Suites: solo 6 suites collocato proprio di fronte alla casa madre, il Grand Hotel Sitea.

Qui è possibile godere di soggiorno di extra lusso, con un maggiordomo a disposizione per soddisfare le richieste degli ospiti delle 6 camere, in una cornice da sogno, Palazzo Luserna Rorengo già di Piossasco di Rivalta, vincolato dalla Soprintendenza delle Belle Arti, soffitti affrescati e arredi d’epoca, offre in esclusiva ai propri ospiti una piccola SPA interna equipaggiata con sauna, doccia emozionale e bagno turco.

All’interno delle suites è possibile usufruire del Room Service del bistrot Carlo & Camillo e su prenotazione potrete gustare una cena con show-cooking dello chef Fabrizio Tesse, stella Michelin.

Tutte le camere hanno delle metrature importanti, situate al primo piano nobile del palazzo, dai 49 ai 83 mq, dispongono di balconcini a vista, ristrutturate con pezzi di modernariato, soluzioni creative e soppalchi d’avanguardia,  che si integrano con soffitti affrescati e cornici dorate. Le stanze condividono la sala principale della struttura con pavimento originale dell’epoca.

Osprey annuncia la sua acquisizione da parte di Helen of Troy

Osprey, l’azienda leader nella creazione di soluzioni per il trasporto innovativo di alta qualità, ha annunciato di aver stipulato un accordo vincolante per l’acquisizione da parte di Helen of Troy. Il CEO e proprietario Layne Rigney si unirà a Helen of Troy e continuerà a guidare Osprey, la cui sede rimarrà ai piedi delle montagne  di San Juan a Cortez, in Colorado.



Il design innovativo del prodotto continuerà ad essere uno dei punti cardine del brand, così come il suo obiettivo di porsi leader nei prodotti più resistenti, progressisti, trasparenti e sostenibili al mondo. La dedizione di Osprey nel creare attrezzature best-in-class, ad alte prestazioni e con forte attenzione, riflette l’amore del marchio per  l’avventura e la devozione per la  vita all’aria aperta.

Scott Pfotenhauer, Chief di Osprey, dichiara: “Helen of Troy sa che per costruire un brand  solido e resistente è necessario un buon rapporto con i propri clienti, i dipendenti, la comunità e il pianeta. Infatti la combinazione di queste aziende sarà una forza nel settore  outdoor per gli anni a venire“.

Dopo 47 anni di progettazione di zaini, il fondatore, comproprietario e direttore  dell’innovazione di Osprey, Mike Pfotenhauer insieme a sua moglie Diane Wren, comproprietaria e membro del consiglio di amministrazione, hanno deciso di ritirarsi e  vendere l’azienda. “Non ci saranno cambiamenti radicali. Osprey continuerà a fare ciò che meglio sa fare: progettare e costruire prodotti eccezionali per i prossimi 50 anni e oltre“.

Inoltre, Mike Pfotenhauer e Diane Wren sono convinti che Helen of Troy condivida la loro cultura e i loro valori, in particolare l’impegno nei confronti dei propri dipendenti e dell’ambiente: Helen of Troy promuove un ambiente di lavoro inclusivo e diversificato e valorizza un sano equilibrio tra lavoro e vita privata.

Dior Homme, a Londra si scende ‘Sulla strada’ con Jack Kerouac

Culture e sottoculture giocano un ruolo da protagonista nella collezione Dior Homme  fall/winter 2022 firmata da Kim Jones. Lo stilista inglese torna Sulla strada proponendo un progetto inclusivo e artisticamente complesso.

“Le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce…”. È un passo del celeberrimo romanzo firmato dallo scrittore, poeta e pittore americano Jack Kerouac, padre del movimento Beat degli anni ‘50.

Lungo la passerella fatta allestire all’interno dell’Olympia London sfilano cinquanta look che uniscono alla naturalezza della gioventù una storia che segue un filo conduttore ben più preciso; perché il passato non si dimentica. La pedana, che per l’occasione diventa un dattiloscritto digitale, unisce la storia della griffe francese alla Beat Generation attraverso una data ben precisa: il 1957. Quell’anno, infatti, il 24enne Yves Saint Laurent, nel fiore della sua carriera artistica, disegna una collezione ispirata alla Beat; contemporaneamente, sugli scaffali delle librerie di tutto il mondo, arriva On the road: il libro autobiografico di Jack Kerouac.


Ph. Isidore Montag/Gorunway.com


Kim Jones dedica questa collezione alle nuove generazioni di uomini che si affacciano nella società così come negli anni Cinquanta i giovani rivoluzionari, coraggiosamente, si facevano portavoce di un unico slogan: droga, sesso e alcol. Contrariamente alla sfacciataggine dell’epoca, però, il progetto creativo di Dior Uomo autunno/inverno 2022 è politicamente corretto ma non muta nella sua sovversione libertina.


Ph. Isidore Montag/Gorunway.com


Il pubblico che ha assistito alla sfilata (celebrities, addetti ai lavori e giovani studenti) si è relazionato con una collezione ibrida, dove diversi stili ed epoche ostentano una concordanza estetica. Un pasticcio? L’eleganza dei cappotti in tweed si abbina a maglioni e berretti Fair Isle; le cravatte che puzzano di naftalina per la loro essenza vintage trovano spazio in un guardaroba composto da camicie disegnate da strisce di glitter e Toile de Jouy, scarponi da hiking, t-shirt serigrafate, shorts, jeans comodi e pullover: in un pasticcio, ritorno a dire, dove il forzatamente vintage (o Beat), vuole parlare alle nuove generazioni in un linguaggio tutto da svecchiare.


Ph. Isidore Montag/Gorunway.com


Per l’immagine in apertura, credits: ph. by Brett Lloyd

I gioielli che piacciono (anche) alla Gen Z da scoprire ora

Quello secondo cui l’orologio è l’unico gioiello da uomo è stato a lungo un assioma incontrovertibile o quasi, cui derogavano solo personalità del mondo dello spettacolo, rapper ed eccentrici di professione; erano ammesse eccezioni per gemelli e fermacravatta, accessori però più funzionali che decorativi. Dogmatismi simili erano destinati inevitabilmente ad incrinarsi, e adesso la Generazione Z (termine che, come precisa la Treccani, indica i «nativi digitali nati tra il 1997 e il 2012»), stando alle ricerche la più inclusiva e libera da preconcetti di sempre, appare determinata a frantumare convenzioni percepite come insensati anacronismi da boomer, giustappunto.


Harry Styles, Timothée Chalamet, Damiano David


Da esibire “IRL” o negli spazi ormai onnicomprensivi del web, tra dirette streaming davanti al pc, selfie e video su TikTok, con bracciali, catenine, necklace, bijoux vari ed eventuali i Gen Zers procedono anzi per accumulo, perché rappresentano uno strumento per raccontare qualcosa di sé, definire il proprio personaggio (reale o virtuale, poco conta), lanciare messaggi attraverso scritte oppure, in maniera più soft, scegliendo pietre, forme o tipologie di monili considerati per molto (troppo?) tempo appannaggio esclusivo delle donne.

Basta volgere lo sguardo alle star elette dai giovanissimi a role model, del resto, per rendersi conto di come impilare orecchini, braccialetti & Co., meglio ancora se mutuati dalla gioielleria pour femme o genderless, sia diventata la norma: Harry Styles innanzitutto, che fa suoi con assoluta noncuranza ornamenti reputati femminili (di nuovo, etichette di dubbia sensatezza), infilando abitualmente grappoli di anelli sulle dita e fili di perle al collo, mentre Timothée Chalamet, arbiter elegantiae contemporaneo di cui appositi account Instagram provvedono a passare ai raggi X ogni outfit, ha un penchant per collane (compatte oppure a maglie sottili), spille (spesso vintage) e rings in metalli preziosi. Damiano David dei Måneskin, invece, da buon epigono del glam rock qual è, ricorre volentieri a pendenti elaborati, da portare su entrambi i lobi, choker e altri fronzoli ora a modino, ora dal retrogusto fetish. L’importante, alla fin fine, è mettere da parte inibizioni e (presunte) regole effettivamente stantie in nome di un solo, sacrosanto principio, ovvero il proprio gusto.


Gucci Link to Love


I brand, da parte loro, fiutando lo Zeitgeist vengono incontro alle mutate esigenze dei clienti, giovani o meno, con linee di gioielli prive di connotazioni di genere o, nel caso queste vengano nominalmente mantenute, ampliano il range di taglie, così da renderli adatti a uomini e donne. In vista delle festività imminenti, si possono perciò vagliare le collezioni di numerose griffe, per regalare – o regalarsi – un prezioso up-to-date.
I suddetti Styles e David, ad esempio, sono fan devoti degli accessori di Gucci, e osservando la gioielleria del marchio fiorentino è facile capire il motivo: la collezione Link to Love, in particolare, rispolvera geometrie Eighties in purezza, sulle quali interviene però montandovi gemme preziose o semipreziose, dai diamanti alle tormaline; soprattutto, si invita la clientela a creare i propri set, sbizzarrendosi con finiture, nuance e combinazioni, affiancando magari volumi netti e spigolosi ad altri più delicati.


Swarovski Collection II, ph. by Mikael Jansson


Anche la storica maison di cristalleria Swarovski, su spinta della Global Creative Director Giovanna Engelbert, adotta un approccio il più inclusivo possibile, evidenziando le potenzialità del cristallo «come strumento di espressione della propria individualità»: così la fashion icon a proposito della Collection II disegnata per la griffe austriaca, un caleidoscopio di luccichii all’insegna del more is more, tra brillanti “tuttifrutti” tagliati in un’infinità di modi (dai classici cushion e pear a quelli che ne aguzzano la silhouette) e linee accentuate, qua aspre, là sinuose.


Tom Wood


Da Tom Wood rigore e minimalismo, connaturati a una label scandinava (nata a Oslo, nel 2013, da una manciata di anelli con sigillo realizzati dalla fondatrice Mona Jensen), vengono sfumati dall’incontro con pietre quali onici, granati, opali e ametiste, oppure da levigature e cesellature che ingentiliscono il risultato finale, nella gran parte dei casi unisex.


Jiwinaia


Apprezzatissimi da nativi digitali e millennial sono poi gli accessori ludici e irriverenti firmati Jiwinaia, marchio con base a Milano della creativa coreana Marisa Jiwi Seok (indicata, poche settimane fa, dal Financial Times tra i giovani capifila del «fashion renaissance» italiano), un calderone in cui si mescolano senza soluzione di continuità attitudine playful, kitsch, nostalgia per i ninnoli dell’infanzia e divertissement che fanno il verso al surrealismo; ne escono, tra gli altri, orecchini-emoticon, faccine o frasi ironiche riprodotte su massicce perle (finte), cerchi tempestati di zirconi, clip a forma di ragnatela.


Timothée Chalamet con una collana Vita Fede; alcuni gioielli del brand; Kendall Jenner con gli orecchini Milos


Ambisce a delineare, coi suoi gioielli fatti a mano in Italia, un’estetica globale e però unica nel suo genere la founder di Vita Fede Cynthia Kozue Sakai, che infonde un mix di ispirazioni asiatiche, americane ed europee in oggetti dalle proporzioni fluide, armoniose, che si sono guadagnati il favore di idoli della Gen Z come il citato Chalamet e Kendall Jenner. Di tutt’altro segno le creazioni outré di Alan Crocetti, designer brasiliano con studi alla Central Saint Martins (fucina dei migliori talenti della moda made in Uk), intenzionato col suo brand a stravolgere la nozione stessa di gioielleria, sfocando i confini tra maschile e femminile attraverso anelli, ear cuff, collane e face jewels che lui considera estensioni del corpo, e sviluppa ibridando forme anatomiche e influenze artistiche in arditi ornamenti, come il “cerotto” per il naso d’oro o argento 925 (indossato anche dall’attore Omar Ayuso nel video di Juro Que, singolo di Rosalía), che hanno subito trovato ammiratori d’eccezione, da Lady Gaga a Mahmood, da Miley Cyrus a Luke Evans.


Alan Crocetti, ph. n 1 by Gorka Postigo, nell’ultima foto Mahmood con una creazione del designer


Inequivocabile, infine, il claim della collezione XX/XY di Eva Fehren («Per lui. Per lei. Per loro. Per noi»), dai tratti slanciati come quelli dei grattacieli di New York, dove vive e lavora la direttrice artistica Eva Zuckerman, che trasla i profili tesi e scattanti dell’architettura della metropoli su gemelli, broche, rings e monili in oro 18k, talvolta incastonati con diamanti dal taglio angolare.


Eva Fehren collezione XX/XY, ph. by Herring & Herring


A prescindere dai singoli nomi, è bene comunque ricordare che, come riassunto da Jensen al Guardian l’anno scorso, «poiché le idee tradizionali su ciò che è femminile e maschile vanno sfumandosi […] uomini e donne vestono allo stesso modo, e i gioielli in quanto accessorio chiave seguono naturalmente questa tendenza». Difficile, se non impossibile, darle torto.

Da Bergen a Skjervoy, le meraviglie della Norvegia

Fiordi infiniti, tramonti infuocati, piccoli villaggi sul porto e l’aurora boreale che illumina la notte: la Norvegia è famosa in tutto il mondo per i suoi paesaggi unici. Questo itinerario vi permetterà di conoscere i luoghi più ameni e caratteristici della nazione da svolgere in soli nove giorni.

Il viaggio inizia da Bergen, la seconda città più popolata dopo Oslo, denominata anche città della pioggia. In questo borgo rimarrete colpiti dal porto, che di sera si illumina con le luci dei mercatini di Natale e delle casette che lo circoscrivono. Si può salire sul monte Floyen, alle spalle del porto, a circa 300 metri d’altezza per poter ammirare la città che risplende come un presepe. Nelle vicinanze si può visitare il mercato del pesce, una crocevia di sapori, profumi e persone. Non può mancare la classica degustazione del salmone, cucinato in diversi modi, uno migliore dell’altro.



A sole due ore d’auto da Bergen, il viaggio prosegue verso Bakka, paesino tipico della Norvegia costruito sulla riva del fiordo Nærøy. In poche ore, si può raggiungere una sommità panoramica che offre una meravigliosa vista sulla vallata. I colori nei mesi di fine autunno sono le mille tonalità del verde e degli arancioni ma le cime delle montagne vantano già almeno mezzo metro di neve. Con un colpo di fortuna è possibile anche incrociare camosci, stambecchi e mucche norvegesi. Per un pernottamento in questa zona il Moxy hotel è perfetto, caratterizzato da uno stile moderno adatto ai giovani viaggiatori.



L’avventura prosegue verso Tromso dove le temperature si fanno più rigide grazie alla prossimità del circolo polare artico. Questo paesino, in cui le nevi sono perenni, è meta di numerosi sciatori che riescono a sfruttare la morfologia e il clima del territorio per divertirsi sugli sci tutto l’anno: unica è l’emozione che si prova a sciare sulle creste innevate fronte mare.

L’ultima destinazione vede Skjervoy come protagonista, l’isola più vicina al polo nord. Qua il sole non sorge mai, ma c’è solo un’alba continua tra le dieci e le undici del mattino. La caratteristica principale del posto è la modesta presenza di orche e balene, in caccia continua delle aringhe che popolano quei mari. Nonostante le rigide temperature è possibile infatti osservare diverse specie animali, non solo mammiferi marini ma anche l’alce norvegese e l’aquila reale. Regina indiscussa delle terre del nord è l’aurora boreale. I più fortunati potranno vedere il cielo tingersi di verde nelle ore più fredde della notte quando la luce emessa dalla luna è ancora tenue.

Crediti foto: Anselmo Prestini

Anima Autentica, ecco come scoprire le meraviglie di Reggio Calabria

Anima Autentica è un claim che racconta la crescente esposizione al mondo della città Metropolitana di Reggio Calabria: centro nevralgico del turismo calabrese. Una città che si affaccia forte e orgogliosa sul mare, nel quale oggi emergono tesori rimasti nascosti a lungo tempo e che reclamano attenzione.

Nella splendida cornice di Duomo 21 a Milano, lo scorso 29 febbraio 2021 si è dibattuta un’importante campagna marketing sulla centralità di Reggio Calabria, sempre più protagonista del flusso turistico che interessa il sud Italia. La serata, insomma, è stata l’occasione per esibire le meraviglie di una città che fiorisce. A presenziare all’evento, il Vice Sindaco metropolitano Carmelo Versace, il Consigliere metropolitano Delegato alle attività produttive Domenico Mantegna, il Consigliere metropolitano Delegato alla cultura Filippo Quartuccio, il Vicedirettore generale e dirigente del settore Sviluppo Economico della Città Metropolitana, Giuseppina Attanasio.



Riveliamo l’unica Anima della nostra Città Metropolitana”, afferma il Vice-Sindaco metropolitano Carmelo Versace “perché le differenze, le peculiarità e le specificità di ciascuna parte del territorio, meravigliose singolarmente, insieme divengono straordinarie. La campagna promozionale che prende avvio in questi giorni è l’apice di una strategia di marketing sulla quale lavoriamo da diversi mesi, per definire e tracciare un nuovo percorso nel quale ogni elemento contribuisca a dare un’immagine unica e positiva del nostro territorio”. Il Vice- Sindaco sottolinea che: “Sono immense le potenzialità in ambito turistico, grazie alla ricchezza in termini culturali e naturalistici. Oggi inauguriamo una stagione nella quale l’attenzione alla narrazione del territorio in ogni suo aspetto e nella giusta prospettiva, sarà centrale nella nostra politica di sviluppo e crescita, per restituire una corretta proiezione dell’immensità del patrimonio che la Metrocity custodisce e il giusto ruolo di centralità nell’ambito del Mediterraneo. Siamo pronti a nuove sfide, orgogliosi della nostra storia e della nostra umanità e ripartiamo da questo per presentare la Destinazione Turistica Città metropolitana di Reggio Calabria”.



Perché Reggio Calabria ha un potenziale che se ben sfruttato potrà portare risultati entusiasmanti in brevissimo tempo?  È un racconto in video a esporci le incredibili meraviglie di una città metropolitana che sente l’esigenza di esibire, al resto del mondo, l’immagine rassicurante di sé; la sua cultura culinaria e vinicola, i suoi paesaggi sconfinati, i suoi sapori e i colori decisi di una natura che il resto del pianeta ci invidia.

 Anima Autentica non è solo una semplice campagna marketing ma un impegno profuso nei mesi da chi crede fortemente nel suo sviluppo, con interventi che si prodigano a valorizzare il tessuto socio-economico di Reggio Calabria, incrementando i flussi turistici, massimizzando la visibilità anche in relazione alle attività fieristiche e, non di meno, supportando lo sviluppo economico del territorio.

Lina Wertmuller, la regista con gli occhiali bianchi.

Oggi 9 Dicembre 2021 ci ha lasciato Lina all’età di 93 anni.

L’abbiamo conosciuta come Lina Wertmuller, ma il suo vero nome è Arcangela Felice Assunta Wertmüller Von Elgg Spanol Von Braueich, la regista più amata dagli attori, che come tutti i grandi si affezionava ai suoi talenti e li faceva crescere con lei, sicuramente i più amati sono stati Mariangela Melato e Giancarlo Giannini.

La Wertmuller era riuscita a strappare la Melato al teatro in quanto non riusciva a vedere i suoi film senza di lei, per poi tornarci terminate le riprese con lei.

Insieme hanno creato film memorabili come: Mimì metallurgico ferito nell’onoreFilm d’amore e d’anarchia e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.

Proprio negli anni della rivoluzione sessuale, del manifesto del femminismo, arrivò lei, Lina, che con i suoi iconici occhiali bianchi ci spiegato ed ha fatto capire che cosa stesse succedendo in Italia negli anni 70’ dove le classi lavorative erano in subbuglio.



Quando sei geniale, prima o poi ti viene riconosciuto, ecco a lei è successo quasi subito, è stata adulata da Madonna, che innamoratasi di: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, lo volle replicare nei primi anni 2000, con un disastroso risultato, perché è molto difficile fare un remake quando impresso negli occhi di tutti vi è un film scolpito nella memoria di tutti.

Ha avuto anche l’onore di essere stata la prima donna della storia ad essere candidata all’oscar dall’Accademy Awards come miglior regista nel 1977 con Pasqualino sette bellezze, senza vincere in quell’occasione, ma come disse lei, erano solo un gruppo di giovani italiani all’avventura, non avevano fatto le centinaia di proiezioni per arrivare al risultato.

Per poi ricevere un Oscar alla carriera nel 2020 citando: “per il suo provocatorio scardinare con coraggio le regole politiche e sociali attraverso la sua arma preferita: la cinepresa”.

Proprio in quell’occasione i suoi collaboratori a Los Angeles ricordano quanto fosse tranquilla, quasi senza emozioni perché cosciente del lavoro svolto, amava circondarsi di persone che le regalassero attenzioni, la mitologia narra che fosse molto severa sul set, ma come si dice la carota non ha mai aiutato nessuno.

Perdersi e ritrovarsi nel Labirinto di Arianna

Il filo unisce e separa i due protagonisti della storia moda coinvolge in versione inedita una delle dodici meraviglie della Fiumara d’Arte.



Misticismo e devozione guidano il percorso curvilineo dei factotum nel raggiungere un tassello del museo a cielo aperto agli argini del fiume Tusa. E come ogni storia d’amore che si rispetti la tormenta coglie di sorpresa, ma ritrova la strada in un esito impattante, rivoluzionandone i piani iniziali. La scultura che la ospita rappresenta un simbolo archetipo scelto per raccontare il percorso fisico e interiore in una scena atemporale. L’ignoto, la scoperta, la sorpresa. In esclusiva su Manintown.



L’affascinante storia editoriale valorizza il progetto dai futuri riscontri presso la Fiumara d’arte. Una visione nata nel 1982 dall’estro del mecenate di origini messinesi Antonio Presti con l’intento di omaggiare la memoria del padre. Il primo tassello fu l’enorme scultura in cemento armato accessibile alla collettività realizzata da Pietro Consagra. La materia poteva non esserci, è composta da due elementi inclinati e paralleli, uno bianco e uno nero, che si innalzano al cielo. Gli ambiziosi intenti di Presti fanno diventare il sogno molto più ampio dando vita a un parco di sculture contemporanee eretto lungo il fiume Tusa.



Una curva gettata alle spalle del tempo, a cura di Paolo Schiavocampo, consiste in un monolite di cemento armato e ferro.  L’anno seguente viene realizzata una terza opera dall’artista Tano Festa: Monumento per un Poeta Morto conosciuta ai più come “Finestra sul mare”, viene dedicata dall’artista al fratello poeta prematuramente scomparso. In quello stesso anno Presti bandisce un concorso di scultura riservato ad artisti under 40. Molte le adesioni internazionali ma le opere selezionate e realizzate sono solo due, quelle di Antonio Palma edi Italo Lanfredini : Energia mediterranea e Labirinto di Arianna.



Nello stesso anno venne prodotta da Hidetoshi Nagasawa, l’opera  Stanza di Barca d’oro. Una curiosità che la riguarda è quella che è nata per essere chiusa per cento anni essendo stata sigillata dopo la sua inaugurazione con una porta,per far si che essa potesse vivere “solo attraverso l’energia mentale della memoria”. 

Vari provvedimenti giudiziari per abusivismo edilizio e occupazione del demanio marittimo ne bloccano il completamento fino al 2006 quando, a seguito dell’intervento dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, viene riconosciuto il Parco di Fiumara d’arte.



Risalgono a quel periodo l’Atelier sul Mare e l’allestimento dell’opera decorativa Arethusa degli artisti Pietro Dorazio e Graziano Marini che, tramite un ’installazione di ceramiche policrome, hanno cambiato il volto della caserma dei Carabinieri di Castel di Lucio. 



L’Atelier sul mare di Castel di Tusa è un albergo-museo d’arte contemporanea unico al mondo le cui camere sono state realizzate da artisti internazionali e dove, come afferma Presti, «alberga l’utopia dell’arte». 

Il 21 marzo 2010 viene inaugurata la scultura Piramide – 38° parallelo, realizzata dallo scultore Mauro Staccioli in acciaio Corten, posta su una leggera altura a Motta d’Affermo, le cui coordinate geografiche centrano esattamente il trentottesimo parallelo. 



Nell’estate 2020, nel pieno del disorientamento pandemico, viene inaugurata l’ultima opera della Fiumara: Il cavallo eretico, di Antonello Bonanno Conti. La scultura, posta sul lungomare di Tusa, invita ad aprirsi alla ricerca del vero, del bene e del giusto senza timore di essere eretici. 



Non tutti sanno che il musicista Mahmood ha omaggiato Fiumara d’arte e le sue opere è scegliendole come set per il videoclip della canzone Klan.



Photographer and art director Domenico Petralia  @Productionlink agency

Styling & Production Alessia Caliendo

Make up Eleonora Juglair 

Hair Florianna Cappucci using R+CO

Filmaker and editing Marco Mezzani @Simple_ag

Sound design Space Hunter

Photographer Assistant Laura Juvancic

Alessia Caliendo’s assistant Andrea Seghesio

Models: Alessia @fabbricamilano

Vania @urbanmodels

Beauty Icona Milano: Eyebrow design 02, Crystal lips transparent lipgloss, CC Icona CC the multitasking cream

Special thanks to

Hotel & Ristorante La Playa Blanca

Creperia & More Santo Stefano di Camastra

Le opere di Banksy in Milano Centrale con la mostra The World of Banksy

Le sue opere sono messaggi ben precisi, che colpiscono subito il segno. Una complessa visione artistica, con l’obiettivo di smuovere la coscienza della società comporanea, spesso figlia del male. In questa ottica, in Centrale Milano arrivano le opere del discusso artista inglese Banksy, con la mostra The World of Banksy – The Immersive Experience” presso Galleria dei Mosaici, lato IV Novembre, sino al 27 febbraio 2022.

Dopo le fortunate esibizioni itineranti nelle principali capitali europee di Parigi, Bruxelles, Barcellona e Praga, e nella cosmopolita Dubai, Banksy fa tappa in stazione, tra il viavai di pendolari e turisti in un contesto urbano identitario, razionale e storico. La forza delle sue opere, dissacrante e diretta, giunge ancora una volta tra la gente; sono 130 (di cui 30 le nuove opere), quelle in esposizione in “The World of Banksy – The Immersive Experience”: i visitatori della mostra potranno vedere, per la primissima volta, “Ozone Angel”, “Steve Jobs” “Napoleon” e “Waiting In Vain”, che vanno ad aggiungersi a lavori e murales realizzati da giovani artisti anonimi di tutta Europa. 



Il mondo di Banksy, che mira a denunciare le malefatte dei politicanti e delle cattive abitudini della società, sempre più dipendente dal consumismo, invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche scoscese, o meglio sugli atteggiamenti da umanoide che la gente assume soggiogata dal potere.

Dopo l’esordio nella sua Bistrol, la street art di Banksy ha raggiunto milioni di persone nel mondo. Nonostante la sua notorietà, l’artista è stato condannato da una fazione di critici che lo hanno definito un sottoprodotto del populismo estetico. Eppure, nel 2018 il suo dipinto autodistruttosi dopo essere stato battuto all’asta per oltre un milione di sterline in un’asta di Sotheby’s a Londra, ha raggiunto le copertine dei maggiori quotidiani internazionali, innescando un meccanismo mai collaudato prima. La popolarità dell’artista corre in parallelo con il successo delle sue opere.



La mostra, che presto potrebbe far tappa in altre stazioni italiane, esibisce anche Flower Thrower” e “Girl with Balloon: due opere che meglio rappresentano l’arte denuncia dell’artista inglese.

I biglietti sono acquistabili sul sito ufficiale della mostra theworldofbanksy.it o su www.happyticket.it www.ticketone.it e  www.vivaticket.com

Date e orari

STAZIONE di MILANO CENTRALE

Galleria dei Mosaici, lato IV Novembre

dal 3 dicembre 2021 al 27 febbraio 2022

da Martedì a Venerdì: dalle 11 alle 20 (ultimo ingresso ore 19)

Sabato e Domenica: dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso ore 19)

Chiuso il Lunedì

Aperture straordinarie: Lunedì 6 Dicembre 2021, Lunedì 20 Dicembre, 2021, Lunedì 27 Dicembre 2021, Lunedì 3 Gennaio 2022.

Chiusure straordinarie: Venerdì 24 Dicembre 2021, Sabato 25 Dicembre 2021, Venerdì 31 Dicembre 2021

Prezzo

Dal martedì al venerdì: 14.50€ – ridotto da 7€ a 10€ – minori di 6 anni ingresso gratuito

Fine settimana e festivi: 16.50€ – ridotto da 8€ a 12€ – minori di 6 anni ingresso gratuito

Coho Loft: dove le tue idee prendono forma

Molto più di uno spazio ma un grande contenitore di idee che ospita uffici di creativi, shooting di moda, set cinematografici, workshop, eventi aziendali e feste. E’ un hub di creatività non lontano dal centro di Roma e a pochi passi dalla fermata della metro B di Pietralata e Monti Tiburtini.

Oggi parliamo con Andrea Audino, il proprietario nonché scenografo, designer, e ideatore del Coho Loft e grazie al quale i professionisti che vivono di giorno lo spazio e gli ospiti che popolano gli eventi serali, sono accolti e avvolti da un’elegante atmosfera newyorkese, ispirata al design industriale.

Quando e come nasce il Coho Loft?

Il Coho Loft è uno spazio multifunzionale che nasce all’interno di un’ex fabbrica di lavorazione del legno degli anni ’50. Nel 2009 il vecchio opificio è stato riportato in auge realizzando un’importante opera di valorizzazione urbana.

E’ una realtà sicuramente diversa dal solito, cos’è esattamente il Coho Loft?

Oggi il Coho Loft è un edificio di circa 3000 metri quadri dove artisti, creativi e professionisti di ogni genere si incontrano dando vita a sinergie lavorative sensazionali. Il nostro spazio ospita uffici, shooting di moda, eventi privati, set cinematografici, workshop e molto altro, è uno spazio in continuo evolversi.

L’obiettivo del Coho Loft è quello di coniugare la bellezza e l’eleganza con l’estro e la forte personalità. L’idea di partenza del brand è infatti quella di promuovere le idee; che siano eccentriche, nuove, coraggiose, rivolte al futuro o ispirate dal passato.

So che tu disegni e realizzi personalmente molti dei complementi d’arredo?

Sì, realizzo personalmente molti dei complementi d’arredo. Nasco come scenografo il che mi ha dato modo di imparare a ideare, realizzare e curare ambienti per le più disparate esigenze. Devo dire che comunque molti degli oggetti di design provengono anche da designer internazionali. 

Avete in programma nuovi progetti?

Abbiamo recentemente preso uno spazio, adiacente al Coho Loft, di circa 400 mq che si suddivide in quattro aree che si distinguono per particolare altezza e larghezza e per una naturale esposizione alla luce solare, si presta a diventare il luogo in cui ogni genere di

creazione artistica può prendere forma. Il nuovo spazio, noto come Coho Studio, è in fase di ristrutturazione, e si presta a diventare il luogo in cui ogni genere di creazione artistica potrà prendere forma. Coho Studio aspira infatti a diventare un nuovo modo di supportare e valorizzare l’arte e la creatività, offrendo servizi di supporto per set fotografici, tra cui scenografie, catering per servizi fotografici, casting e location scouting mettendo a disposizione del cliente uno staff tecnico che si occupa di gestire tutti gli aspetti della produzione, rendendo il processo creativo molto più rilassante ed efficiente.



Oggi il Coho Loft è un edificio dove artisti, creativi e professionisti di ogni genere si incontrano dando vita a sinergie lavorative sensazionali.

Vi aspettiamo!

Coho Loft – Via Vertumno 2C – +39 3883646081

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Attore in carriera, attore sulla difensiva. In dialogo con Francesco Cavallo

Nel provino finale per il ruolo di Gianni Guido, uno degli assassini del massacro del Circeo nel film La scuola cattolica, Francesco Cavallo ha dovuto fare una cosa abbastanza sconvolgente anche per attori più navigati. Il regista Stefano Mordini gli ha chiesto di leggere ad alta voce la dichiarazione in tribunale di Guido, in pratica la confessione delle peggiori sevizie. “Era un test, per vedere se ce l’avrei fatta, per capire se riuscivo ad arrivare al bordo del burrone” racconta.

Francesco ce l’ha fatta alla grande. Casertano, 24 anni ha girato due film quasi in contemporanea, saltando da un set all’altro negli stessi giorni, un po’ come Isabelle Huppert in un famoso episodio della serie Chiami il mio agente. I due film sono appunto La scuola cattolica, che ha partecipato all’ultimo festival di Venezia ed è poi uscito in sala e Mio fratello, mia sorella che è su Netflix. E questo già sarebbe un record, perché nel primo è uno dei protagonisti, nel secondo un ragazzo autistico con tante scene molto impegnative. C’è gente che ci mette anni a conquistarsi ruoli così. Francesco lo sa.



Solo in apparenza svagato e leggero, il ciuffo che gli balla sugli occhi, non ha paura del successo ma sa di essere in uno di quei momenti della vita dove ogni scelta è un dilemma e bisogna stare attenti a dove si cammina.

Quando lo intervisto, ha appena finito di girare la prima serie della sua vita. Si intitola Vincenzo Malinconico avvocato e lui interpreta il figlio del protagonista (Massimiliano Gallo). Andrà probabilmente in onda sulla Rai nel 2022 ed è tratta dai romanzi di Diego De Silva.  

E poi?

“Ancora non lo so”.

Come? Non sei stato inondato dalle offerte?

“Qual è il parametro di un’inondazione di copioni? (ride, ndr) Vabbè, qualcosa è arrivato. Due cose, in particolare, davvero belle, di quelle che se me le avessero predette un anno fa sarei impazzito e, in effetti, sono impazzito. Ma ancora non ne posso parlare”

Attore in carriera, attore sulla difensiva.

“Più che sulla difensiva, mi sembra di avere bruciato delle tappe canoniche e in certi momenti mi sento un po’ impreparato. Non vorrei spostarmi troppo dal centro della questione”.

Che sarebbe?

“Fare il mestiere che ho scelto”.

Quando lo hai scelto?

“In realtà, lo ha scelto mia madre per me. Mi ha iscritto a un corso di teatro, quando avevo sette anni. Ero molto irrequieto, cambiavo sport di continuo. Tre mesi di scherma, poi mi stufavo. Poi tre di nuoto, poi tre di basket. A un certo punto lei ha avuto questa intuizione: il corso di teatro. E lì è iniziato tutto. Ho fatto molti spettacoli amatoriali ma anche una tournée con la compagnia di Giulio Bosetti: Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello”.



Però.

“A 17 anni sono andato a Roma e mi hanno preso al Centro Sperimentale, la strada era segnata. Mi sento completamente cambiato da quando faccio questo mestiere, perché non è solo una professione ma proprio un modo di vivere, un’idea dell’esistenza.  Fare l’attore porta a farti milioni di domande, al momento non riesco ancora a dividere la mia persona dall’attore che vorrei essere”.

E che attore vorresti essere?

“Proprio una di quelle domande da un milione di dollari. Se avessi la risposta, avrei risolto tutti i miei quesiti. Un giorno mi piace quel film, il giorno dopo mi piace l’opposto. Di sicuro so che sono stato fortunato a debuttare in un progetto come La scuola cattolica, con un regista che ha curato tantissimo il lavoro di noi attori. Non vorrei calare l’asticella”.

Modelli di attori?

“Sean Penn. Ralph Fiennes. Luca Marinelli. Isabelle Huppert. Tutti grandi trasformisti. So che sto dicendo una banalità, ma a me piacciono quelli che sanno cambiare così, radicalmente, mettendosi al servizio di storie crude, di un cinema autoriale. Nel cinema italiano non è così frequente. In quello francese già di più. Infatti, sto studiando il francese e vorrei tentare di fare qualcosa lì”.

Vaste programme, come dicono loro, appunto. Che ne pensa tua madre, adesso?  Lei che ha avuto l’idea a Caserta.

“Esatto, dice questo, che lei ha avuto l’idea e lo rivendica sempre! (ride, ndr).  Mia madre è un personaggio, una caratterista nata. Fa la professoressa di matematica e ha sposato un ingegnere, cioè mio padre, ma è l’opposto dello stereotipo: va a scuola con calze verdi, gonne lunghe fatte con le cravatte, è istrionica, fantasiosa, difficile da inquadrare. Mio padre, invece, è esattamente come ti immagini sia un ingegnere”.

Che ne pensano loro della tua carriera?

“Sono contenti perché hanno capito che faccio sul serio e si stanno godendo il sogno con me. Ma io li tengo all’oscuro dei momenti difficili, della parte tormentata, dello sforzo che si fa nell’accettare i provini non andati in porto. Ho imparato che bisogna avere la consapevolezza che non si potrà mai andare bene per tutti i film e per tutti i ruoli. Noi attori siamo destinati a ricevere più no che sì. Ma è giusto, è parte del gioco. Solo che se non lo capisci scivoli, ti butti giù, è molto pericoloso”.



Luca Marinelli, invisibile sui social media versus Alessandro Borghi, 847mila follower. Tu?

“Mah. Sono consapevole della potenza dei social ma mi sembrano una delle tante cose che ti fanno perdere il centro, quel centro di cui parlavo all’inizio: il mestiere che ho scelto. In sintesi: i social media mi stressano, anche se so che è utile starci. Anzi, mi stressano proprio perché so che è utile starci”.

Quanto utile? Se vai a un provino competi anche con chi ha più follower di te?

“Sì. Oggi è così. Giusto o sbagliato non importa, ormai indietro non si torna. Un profilo social è un elemento di potere contrattuale”.

E il rapporto con i brand come lo vedi? È un altro aspetto di cui oggi un attore fatica a fare a meno.

“Al contrario dei social con cui ho un rapporto un po’ conflittuale, la collaborazione con i brand io la trovo un’esperienza molto positiva. Al festival di Venezia ci sono andato con Valentino, abbiamo fatto diversi fitting, mi sono divertito e poi, soprattutto, una volta sul tappeto rosso, ero a mio agio. Il fatto di indossare qualcosa di pensato e adattato per me, ha anche aiutato a togliere la pressione del momento, sono stato benissimo”.

Total look: Valentino

Photography Davide Musto

Stylist Francesco Mautone

Make Up Marialivia Igliozzi

Hair Cristian Vigliotta

Location Teatro Brancaccio Roma

Stylist’s Assistant Federica Pennetti

Photography Assistant Valentina Ciampaglia

Mahmood e Blanco in gara al 72° Festival di Sanremo

MAHMOOD – uno dei maggiori e più originali esponenti del cantautorato urban pop italiano con 12 dischi di platino e 9 dischi d’oro in Italia, 6 dischi di platino e 3 dischi d’oro all’estero e quasi 1,5 miliardi di streaming totali all’attivo – e BLANCO – voce tra le più dirompenti del panorama nazionale e rivelazione musicale del 2021 che ha collezionato in meno di un anno 27 dischi di platino, 6 dischi d’oro e oltre 640 milioni di streaming totali- parteciperanno in gara insieme nella categoria Campioni al 72° Festival di Sanremo (1 – 5 febbraio 2022).

‘On the Road’, l’epopea dei tour musicali nel Calendario Pirelli 2022

Dopo lo stop per la pandemia del 2020 (evento piuttosto raro nella storia della pubblicazione, interrotta, ad eccezione della sospensione nel periodo tra il 1975 e il 1983, solamente nel ‘67), il Calendario Pirelli torna in forma smagliante e rilancia, potremmo dire, con packaging e un brano concepiti appositamente, entrambi a firma di Bryan Adams, cantautore dal fulgido cursus honorum musicale – oltre 100 milioni di dischi venduti, tre nomination agli Oscar, cinque ai Golden Globes, 15 (con una vittoria) ai Grammy – che, dagli anni Novanta, ha abbracciato una carriera fotografica altrettanto fruttuosa, scattando cover ed editoriali per magazine quali Harper’s Bazaar, Vogue, Vanity Fair, L’Officiel e Zoo.



On the Road, questo il titolo di The Cal 2022, dà il nome perciò anche alla canzone dell’artista canadese, un’anticipazione del suo nuovo album So Happy It Hurts, in uscita il prossimo marzo. Sul calendario poi, custodito in una confezione quadrata tipo LP in vinile, accanto alla scritta con la caratteristica iniziale allungata della multinazionale dei pneumatici, campeggia un logo ad hoc, celebrativo del 150esimo anniversario dell’azienda.



Il filo conduttore dell’edizione di quest’anno è, dunque, il viaggio, declinato in un omaggio per immagini all’epoca, per molti versi lontana e irripetibile, dei grandi tour musicali, microcosmi a sé stanti con i propri riti, luoghi e tempistiche, nei quali la celebrity di turno si rifugiava al di fuori del concerto, tra pause relax in suite maestose (come quelle dello Chateau Marmont, buen retiro dei ricchi e famosi di Hollywood, location degli scatti patinati insieme al Palace Theatre, sempre a Los Angeles, e all’hotel Scalinatella di Capri), sessioni di trucco e parrucco, momenti di concentrazione nel backstage, enormi set di bagagli, spostamenti in limousine, studi di registrazione avveniristici.



Per interpretare un tema così composito, sospeso tra solitudine e vitalismo, atmosfere intimiste e cenni all’iconografia della rockstar, l’autore ha riunito dieci nomi di prima grandezza, tra i più rappresentativi della musica internazionale dai Sixties in avanti: in copertina (oltre che nella foto di febbraio, dove posa in déshabillé, illuminata debolmente dai raggi filtrati dalle veneziane) St. Vincent, performer camaleontica e restia alle classificazioni, qui con bob platinato, che nel fare la linguaccia all’osservatore mostra un plettro marcato Pirelli. A seguire Kali Uchis, fasciata in un abito (quasi) adamitico, con calze a rete e lingerie da femme fatale in vista; Cher, assorta in chissà quali pensieri davanti agli specchi a tutta parete del camerino; Iggy Pop, a torso nudo (e come, sennò?) e ricoperto di polvere argentata, pronto per una delle sue leggendarie esibizioni da istrione del punk; Rita Ora, che posa languida nella vasca da bagno con un dress in maglia metallica; la teatralità del rapper Bohan Phoenix, in piedi sul pianoforte vestito di pantaloni cargo, anfibi e guanti da opera silver. Il cast all star si completa con Grimes, Jennifer Hudson, Normani e Saweetie.



Chiude la carrellata, idealmente e non, lo stesso Adams, fotografato nelle pagine di dicembre a bordo di una classica auto americana, mettendo la parola fine all’itinerario on the road fra topoi musicali e divismo old school. Un tour visivo che merita di essere approfondito visitando il sito www.pirellicalendar.com, dove scoprire retroscena, filmati, testi inediti e interviste ai protagonisti del 48esimo The Cal.




Week-end natalizio in montagna o in città? Ecco le idee regalo per lui

Comodità e praticità anche nella valigia preparata per un lungo fine settimana in montagna o in città. Se non hai ancora le idee chiare su cosa regalare a Natale, sfoglia la nostra gallery sui capi outdoor di tendenza per l’inverno 2021/2022. Il trend predominante della stagione in corso è sicuramente l’outdoor che ha dominato la scelta dei look maschili. Se un tempo il tessuto tecnico era riservato esclusivamente per uso agonistico, oggi è tra i più richiesti per le sue altissime performance in tenuta e in tempo.



Il marchio Add propone un parka in tessuto tecnico impermeabile dall’aspetto opaco con imbottitura in piumino multitasche. Il capo spalla è composto da due elementi: uno con  stampa digitale e l’altro con trapuntatura orizzontale. Entrambi dotati di cappuccio fisso, possono essere indossati separatamente oppure insieme per una maggiore tenuta termica.



Sembra una giacca sartoriale, invece è un caldo piumino con quattro tasche. La jacket Field, la proposta di Colmar per questa stagione, è un evergreen nel guardaroba maschile. Realizzata in tessuto monoelastico anti-piuma e imbottita in piuma naturale, questa giacca da uomo è sportiva e comoda allo stesso tempo. Un capo versatile, da indossare in qualsiasi momento della giornata.



La superficie della giacca firmata Outhere ha un particolare effetto vitreo grazie al suo spazzolato con uno smalto superiore. Le maxi zip in dettaglio, la sfumatura della tinta e il cappuccio, la rendono adatta per un dopo scii in baita.



Il prezioso velluto a coste della giacca multitasche Field, firmata MCS, rende omaggio al tradizionale modello militare con comode e ampie tasche a soffietto davanti e cerniere in metallo con finitura in prezioso oro anticato. Il caldo giubotto è interamente imbottito con ovatta pressata e presenta una comoda apertura con zip e bottoni.



La giacca unisex Titan 3 di Arena, realizzata in collaborazione con il marchio milanese di streetwear Dolly Noire, ha una stampa ispirata ai disegni tecnici di una navicella spaziale, e prende il nome dal vettore utilizzato per il programma spaziale Voyager. Confezionata in 100% poliestere riciclato nel pieno rispetto dell’ambiente, presenta un cappuccio con coulisse e due tasche con zip. Il numero ’89’ stampato sul retro si riferisce all’avvistamento di Nettuno da parte della Voyager 2 nel 1989.



Furrerunner 55, il nuovo orologio di Garmin, segna il tempo e registra, monitora e analizza i dati relativi alle proprie prestazioni. Un orologio completo che diventa un vero coach durante gli allenamenti. Infatti, potrai farti aiutare dal programma di allenamento Garmin Coach con vere e proprie tabelle direttamente sul running watch e Garmin ConnectTM, per prepararsi in modo adeguato a correre le distanze di 5, 10 o 21 chilometri.

Questo smartwatch con GPS integrato consente di monitorare le proprie statistiche e proseguire obiettivi di fitness. Puoi controllare tempo, distanza, andatura e velocità; inoltre, indica la frequenza cardiaca al polso e altre funzioni che ti consentono di monitorare il tuo stato di salute e benessere generale. Ulteriore punto di forza è la batteria: la sua autonomia dura sino a due settimane con tutto il vantaggio di non doversi preoccupare di ricaricarlo spesso.

4 indirizzi beauty da conoscere (o riscoprire)

Il miglior momento per rilassarsi è quando non abbiamo neanche un attimo per farlo. E se invece avessimo a disposizione almeno un’ora? Di seguito alcuni indirizzi da scoprire adesso per dimenticare in una sola sessione di bellezza una settimana di stress e portare benefici visibili al nostro corpo ( e alla mente). Provare per credere!

Un massaggio speciale da You Off

In uno spazio nuovissimo dove si respira armonia e bellezza potete sperimentare un massaggio speciale (la particolarità è che è l’unico trattamento previsto sul listino insieme allo scrub) nato dopo dieci anni di esperienza e ricerca continua. Si tratta di una sequenza unica di movimenti intensi ispirati a culture diverse e integrati in un unico trattamento. Sono tecniche vigorose e dinamiche che mirano a modellare il corpo, ossigenare i tessuti, migliorare la circolazione e il metabolismo linfatico e venoso.

La Clinica Milano

Nel centro di Milano sorge La Clinica Milano Skin Lab, un luogo dedicato alla persona specializzato in trattamenti di medicina e chirurgia estetica. L’obiettivo è quello di valorizzare la bellezza grazie all’ ampia gamma di protocolli altamente personalizzati e macchinari di ultima generazione utilizzati con tecniche all’avanguardia. I trattamenti sono efficaci, sicuri e si possono classificare in base a tre criteri: zona da trattare, obiettivo da ottenere, metodologia da utilizzare tramite un accurato screening delle esigenze del cliente. Ottima soluzione per chi cerca risultati visibili uniti a momenti di relax.

Un rituale viso da Comfort Zone Space

Comfort Zone è ormai consolidato e apprezzato nell’universo del benessere e della bellezza, soprattutto dall’uso di ingredienti naturali e dal concetto di ”rituale” (ogni trattamento si trasforma, grazie a piccoli gesti e attenzioni, in una seduta da spa). Situato in via Brisa 7, lo spazio è un elegante salotto vintage della vecchia Milano dove scoprire tante opzioni per prendersi cura della pelle del viso/corpo riossigenare, purificare i tessuti oppure i trattamenti antiage.

Barba (e non solo) da Bullfrog

L’ormai iconico barbershop si arricchisce della nuova Bullfrog Grooming Lounge, un luogo ideale per concedersi una pausa rilassante e prendersi cura della pelle, delle mani e dei piedi, scegliere tra una gamma di servizi di altissima qualità per ritrovare, anche in poco tempo, benessere ed energia. Oltre ai trattamenti, la possibilità di scegliere i prodotti Bullfrog: cosmetica, fragranze e piccoli accessori per prolungare l’esperienza anche a casa.

Johnny Do, Il viaggio che rifarei

Definire Johnny Do solo un appassionato di viaggi sarebbe quasi riduttivo, la sua è una vera cultura del saper viaggiare. Il suo libro “Il viaggio che rifarei” si è subito posizionato tra i primi dieci posti nella sezione travel di Amazon, proprio a confermare quanto tutti noi abbiamo bisogno di prendere una valigia e partire. Ecco se leggete il libro è proprio quello che penserete.

Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro?

Le emozioni dei primi viaggi le scrivevo già adolescente, poi ho iniziato a vivere e lavorare viaggiando, è diventata un’abitudine vivere in hotel, traslocare da una nazione all’altra, cambiavo isole e continenti come fossero quartieri della stessa città arrivando al punto di non aver più avuto il tempo di scrivere.

Ho cercato il posto più bello dove vivere e ho cercato di immagazzinare nella memoria più emozioni possibili. Internet ha permesso l’espandersi del fai da te anche nei viaggi, nell’ultimo decennio, anno dopo anno, il lavoro è sceso sempre più: nella gestione delle stagioni come per i grandi accompagnamenti. Qualche anno fa, durante una cena in un famoso ristorante di Ibiza, una cara amica con il suo compagno, sentendomi raccontare alcuni aneddoti di viaggi e di turisti mi hanno proposto l’idea, con Salvatore ho iniziato un percorso quasi psicologico per scardinare ricordi ed avvenimenti che, in realtà erano semplicemente catalogati in una parte del cranio, poi è arrivata la pandemia e ho avuto il tempo di cercare tutto ciò che mia sorella aveva ordinatamente conservato in cantina e cosi in ordine cronologico ho iniziato a riordinare tutto. Saltando qualcosa, unificando qualcos’altro è arrivato il libro.  

Il viaggio più bello?

La bellezza di un viaggio è direttamente proporzionale all’ entusiasmo e alle emozioni che ognuno ha in quel determinato momento, il viaggio più bello nel mio caso è lungo una vita, potrebbe essere solo un sorvolo della Polinesia, la prima volta a New York, Rio a Carnevale o le indimenticate grandi amicizie di Tenerife o di Mykonos, gli altipiani della Tanzania e del Kenya, il salto nel tempo di Cuba o chissà dove. Per avere una risposta più chiara bisognerebbe cercarla nel libro.

C’è un viaggio che non rifaresti?

Alcuni viaggi li ho fatti con l’incoscienza della giovinezza, adesso non li rifarei per pericolosità dei luoghi o delle situazioni. Non ho amato il secondo periodo da manager in Egitto, penso per l’incarico; avrei lasciato la nave rompighiaccio il secondo giorno di navigazione, per la noia; col senno di poi mi preparerei meglio ad affrontare i primi lunghi periodi in estremo oriente, mi sentivo un extraterrestre.

Vivi ad Ibiza da vent’anni (credo) che futuro avrà secondo te.

Ibiza ha un’anima unica, si rigenera e genera e rigenera mode e usi. Sicuramente gran parte dello spirito che l’ha resa esclusiva ormai da sessant’anni si è dissolto già da qualche anno, si è globalizzata cercando di offrirsi sempre più ad un pubblico simile a quello di Dubai, che ha tolto personalità anche a luoghi come Mykonos e Miami rendendoli tutti simili per un pubblico internazionale. La bellezza dell’isola unita all’unicità delle feste continuerà ad essere la carta vincente per un futuro glorioso ma con una personalità sicuramente meno eclettica e più simile ad altri luoghi nel mondo. 

Il party più lussuoso dove lo hai visto.

Diversi, non solo uno, nei primi anni Novanta a Ibiza ricordo il party sullo Yacht di Gaultier, a Mykonos nella villa di un amico, a Miami nella Villa Casuarina (casa Versace), a Bermuda nella villa invitato per un week end da un amico, a Mauritius nella casa della fondatrice di un importante marchio di gioielli, poi il primo periodo a New York praticamente ogni settimana.

Trafficante di Virus, TFF39, da non perdere.

È stato presentato al Torino Film Festival “trafficante di Virus”, ed ora visibile su Amazon Prime Video, il film liberamente tratto ed ispirato dal libro di Ilaria Capua, la virologa interpretata da una sempre insuperabile Anna Foglietta, appassionata di scienza e di ricerca sin da bambina, che con l’esplodere dell’influenza Aviaria nel 2006 si ritrova ad individuare e sequenziare il vaccino per contrastarla.

A sua insaputa e del tutto innocente si ritrova coinvolta in un’inchiesta, che la accusa di aver diffuso il virus per poi trarne vantaggio vendendo il vaccino.

Ne verrà assolta, ma nel frattempo si vedrà costretta a trasferirsi negli Stati Uniti per poter continuare a svolgere la propria professione, segnando per sempre la sua vita e quella dei suoi famigliari.



«Nella mia vita non mi sarei mai immaginata di essere a un festival di cinema – ha detto Capua in collegamento dalla Florida, durante la presentazione alla stampa del film – L’arte fa da anello di congiunzione tra la realtà e la comprensione di determinate vicende che devono essere raccontate. Questa è una storia molto femmina, che mostra le contraddizioni che ci sono tra una donna che si impegna tutti i giorni per ottenere dei risultati e tenere sotto controllo alcune malattie, che deve gestire superiori e collaboratori e che deve occuparsi, da madre, di una bambina piccola». Per la virologa i messaggi di “Trafficante di virus” sono molti: «Nella vita succedono cose brutte, ma i momenti difficili possono essere trasformati in qualcosa di utile. Io ho subito un processo sui giornali. Però bisognerebbe pensare prima di sbattere il mostro in prima pagina e distruggere vita, rispettabilità e reputazione delle persone». Il film mostra, però, anche «la bellezza della ricerca, la magia e la passione di un gruppo che lavora affiatato per una scoperta scientifica», e che «la leadership femminile può esistere».

Drumohr – Quel filo di cashmere di quarta generazione

È noto ai più con l’appellativo di biscottino. L’inconfondibile motivo “razor blade” diventato famoso per le sue infinite combinazioni cromatiche e che prende il suo nome da una battuta di Gianni Agnelli che trovò in quel disegno un’incredibile somiglianza con un “pavesino”. Un battesimo fortunato che ha dato il nome a un tema iconico che ha conquistato il guardaroba dei reali d’Inghilterra e di volti noti come quello di Audrey Hepburn, e ha contribuito al successo di quella pregiata fibra di cashmere, una delle più riconoscibili a prima vista, sotto il marchio di fabbrica Drumohr, fiore all’occhiello del Made In Italy dal 2006, la cui trama custodisce una storia legata alla tradizione tessile, lunga più di un secolo.
Filippo e Michele Ciocca rappresentano la quarta generazione di un’impresa che incarna tutti gli aspetti legati all’eccellenza del nostro Paese nel mondo. Il gruppo Ciocca, con più di 100 anni di storia alle spalle, raggiunge il successo nel settore delle calze, implementando sempre di più le tecniche di produzione e realizzando le collezioni dei brand più famosi del lusso: da Gucci a Celinè, a Paul Smith, solo per citarne alcuni.

L’azienda nasce a Milano, ma il bisnonno decide al momento giusto di spostare il suo headquarter in Franciacorta, a Quinzano D’Oglio, dove l’impresa di famiglia si rinnova, di generazione in generazione,  con progetti sempre nuovi, diversificando il prodotto grazie all’instancabile visione del papà Luigi e dei figli Michele e Filippo che hanno avuto il merito di credere, prima di tutto, come il nonno, nel più grande valore della famiglia Ciocca, quella di tutte le persone che hanno contribuito al suo successo e che hanno popolato la cittadella dalle sue origini.
Agli esordi i collegamenti con la città erano molto difficili, e fu quella la prima grande visione del nonno, che ha tirato le fila dell’azienda per 60 anni, riuscendo a mettere insieme i migliori operai, i pochi e più qualificati – per lo più cecoslovacchi – a far funzionare le macchine industriali dell’epoca.
Scopriamo le loro attività e il loro senso di appartenenza, attraverso momenti di aggregazione, come i campeggi organizzati tra le famiglie del luogo – con tanto di lambrette, fisarmoniche e sassofoni – per condividere un tempo libero di qualità, documentato dagli album fotografici d’epoca. Dai registri antichi, scritti con penna e calamaio, con una grafia impeccabile di chi non contrattava il fascino delle parole con la velocità d’archiviazione di un personal computer, scopriamo i bilanci del 17 ottobre 1912, in cui l’azienda partiva da 15.000 lire. Una storia che risuona come una favola perché rappresenta uno dei più grandi esempi di italianità e d’impegno costante volto a raggiungere quella soglia d’eccellenza che contraddistingue l’autenticità del Made In Italy a livello internazionale.
La stessa che entra a far parte di una pagina di storia della nostra società, quando si facevano strada i primi esempi di vera emancipazione femminile, che con eleganza e portamento entrava nelle fabbriche, concorrendo alla realizzazione della nuova generazione di donne. Dai racconti di papà Luigi, appassionato d’arte, man mano che ci addentriamo nel cuore pulsante dell’azienda, scopriamo le opere commissionate ad artisti del panorama contemporaneo, per raccontare l’universo della calza in una visione sempre inedita.



Tradizione e innovazione: una storia d’amore senza fine che richiede attenzione ed equilibrio reciproco. L’azienda ha visto diversificare la sua produzione – per impulso di Filippo e Michele – attraverso l’acquisizione di marchi come Drumohr, Rossopuro, Dalmine, Sozzi, Gian Marco Venturi e Stefano Ricci, creando un prodotto variegato in grado di rispondere alle diverse esigenze del mercato internazionale.
Abbiamo cercato sempre nuovi progetti satelliti per mantenere questo dinosauro in via d’estinzione e Drumhor é uno di questi” racconta Michele Ciocca, parlando dello storico brand di Drumfries (Scozia), in un mix di amore e profondo rispetto per l’azienda di famiglia che – in una visione che fa da trade-union tra tradizione, evoluzione stilistica e tecnologica – non perde occasione per avviare nuovi e ambiziosi progetti in grado di tradurre il know-how del gruppo Ciocca in una risposta coerente con la richiesta del mercato. Come il total look di Drumohr, che nel colore e nelle rifiniture impeccabili – come il pantalone con doppia pences e cimosa interna con l’istituzionale fantasia biscottino – offre alla clientela di nuova generazione un’eleganza Made in Italy aggiornata e sostenibile nella produzione.  È lo stesso Michele, infatti, a illustrarci l’obiettivo dell’azienda di raggiungere un piano di produzione a zero emissioni, grazie all’introduzione di macchinari e sistemi energetici sempre più sostenibili.
L’introduzione del total look, arriva in seguito all’impegno dell’azienda in periodo covid che ha introdotto nuovi macchinari per la produzione dei camici, attività di grande rilievo che ha messo in luce il grande senso civico delle imprese nostrane che in casa Drumohr si è poi trasformata in un progetto più ampio, col rientrare dell’emergenza.
Dai laboratori, in cui l’umidità deve mantenersi costante per evitare sbalzi nel trattamento dei filati, al magazzino pieno di bobine, Michele racconta dell’importanza del lavoro di ricerca delle materie prime e della precisione di ogni fase della tessitura che inizia tutte le mattine alle 6, in un ambiente rigorosamente privo di finestre, per mantenere alti gli standard di qualità e l’elasticità della trama identica in tutti i periodi dell’anno, nel corso del quale vengono prodotte circa 200 mila maglie. Ogni esemplare attraversa dai 2 ai 3 passaggi per raggiungere lo standard desiderato, le trame più sottili e pregiate subiscono un prestiro, due lavaggi e un’altra passata di stiro.

Una moda etica quella di casa Drumohr, fatta di filati cashmere seta, del famoso garzato, di lino stretch, e del neoarrivato total look, tagliato e prodotto interamente tra le mura dell’azienda, in maniera quasi autosufficiente, attraverso pannelli fotovoltaici di ultima generazione e l’obiettivo ambizioso di arrivare a zero emissioni.



Una produzione completa e complessa nella selezione di materiali e trame originali in cui le sovrapposizioni di righe orizzontali e verticali sulla maglieria rigorosamente in cashmere 100% e cotone cashmere, si combinano in un equilibrio grafico e cromatico rinnovato, raccontando la nuova attenzione per un’eleganza casual di altissima qualità da parte delle nuove generazioni.  I tagli sono comfort – nelle giacche sfoderate che prendono ispirazione dalle worker jacket – e la vestibilità impeccabile, complice una selezione di tessuti piacevoli al tatto che si sovrappongono in un mix and match di righe, leitmotiv della collezione che lascia grande spazio a una nuova creatività dedicata alla donna.
Il brand è presente oggi nei migliori department store del mondo come Lane Crawford Hong Kong, Le Bon Marché, Beams, Barneys New York ed Excelsior Milano, oltre ai 3 negozi monomarca in Italia, a Milano, Alassio e Torino e i 350 rivenditori multimarca nel mondo.

CANADA GOOSE RIDEFINISCE LA TRADIZIONE NELLA NUOVA COLLEZIONE CON CONCEPTS E BAPE®

Canada Goose e il brand di streetwear di Boston Concepts proseguono la propria lunga collaborazione unendosi ancora una volta per la loro ultima collezione; quest’anno, con l’aggiunta del rinomato marchio di moda giapponese A BATHING APE® (BAPE®). Fondata nel 1993, BAPE® è specializzata in streetwear e lifestyle per uomo, donna e bambino. Con il suo mix di street e sportswear americano importato e street wear giapponese pionieristico, il brand è noto per il suo caratteristico motivo BAPE® Camo che è stato integrato in questa nuova partnership.

La nuovissima collezione di questi tre marchi iconici rivela un approccio moderno all’ispirazione che sta alla base degli stili tradizionali di Canada Goose, arricchita dagli elementi stilistici caratteristici di Concepts e BAPE® per creare la prossima generazione di icone.



La collaborazione porta lo streetwear a nuovi livelli. Traendo ispirazione dall’Expedition Parka di Canada Goose, dal Chilliwack Bomber e dalla Felpa Crofton, questa collezione è una vera e propria celebrazione dell’esperienza del marchio nel proteggere dai climi più rigidi della Terra. In tutta la collezione, la firma ABC CAMO di BAPE® è modellata insieme alla Snow Camo di Canada Goose, guidata dalla traduzione del marchio nel performance luxury e nella protezione dalle intemperie estreme. L’ABC CAMO di BAPE®, il singolare motivo riconosciuto in tutto il mondo, è stato introdotto per la prima volta nel 1996, lo stesso anno in cui è stato fondato Concepts.

Questa collezione presenta tre modelli di capispalla unisex costruiti per la protezione dal freddo e che garantisco un calore ottimale. L’Expedition Parka per Concepts x BAPE® (€ 1.495) è una reinterpretazione dell’iconico Expedition Parka di Canada Goose, originariamente sviluppato per gli scienziati che lavorano in Antartide. Rifinito con la firma ABC CAMO di BAPE® e disponibile in bianco e nero, questo parka combina il calore estremo con la resistenza tecnica e un distinto stile street. Le caratteristiche includono anche un cappuccio riempito di piuma, un cordoncino in vita per personalizzare la vestibilità e un lembo antineve elasticizzato in nylon a scomparsa per una maggiore protezione dagli elementi. Il Chilliwack Bomber per Concepts x BAPE® (€ 1.095) si ispira al Chilliwack Bomber di Canada Goose, creato inizialmente per i bush pilots nel nord del Canada. Oltre ai marchi di fabbrica di Concepts e BAPE®, questo bomber è disponibile in nero, ABC Camo e ABC Snow Camo, e mantiene gli elementi originali di protezione e mobilità di cui i piloti avevano bisogno quando lavoravano sulle piste artiche. Le caratteristiche includono anche gomiti rinforzati per una maggiore durata nelle aree ad alta abrasione, cinghie interne per il trasporto a mani libere e cinque tasche esterne per riporre qualunque cosa. Infine, la Felpa Crofton Shark di Concepts x BAPE® (€ 895) è una compagna ideale e leggera, perfetta per essere indossata come strato e per i viaggi. Caratterizzata dal logo Shark di BAPE sul cappuccio e da ABC CAMO, questa giacca è reversibile, realizzata con il tessuto Recycled Feather-Light Ripstop di Canada Goose: 100% Nylon riciclato con una finitura resistente all’acqua. Le caratteristiche includono anche maniche preformate e soffietti sotto le ascelle per migliorare la vestibilità e la libertà di movimento, la cerniera mostra l’iconico design Shark di BAPE® sul cappuccio regolabile imbottito in piuma, e un cordoncino sull’orlo per intrappolare il calore e mantenerlo a contatto con il corpo.


Inoltre, la collezione presenta anche tre versatili accessori unisex: una toque, una sciarpa imbottita di piume e una coperta imbottita di piume. La toque reversibile di Concepts x BAPE® (€ 225) è realizzata in lana Merino a doppio strato per un maggiore calore. Disponibile in rosso, bianco, blu pacifico e nero è

Canada Goose x Concepts x BAPE® sarà disponibile a partire dal 4 dicembre 2021 in negozi selezionati al dettaglio Canada Goose, Concepts e BAPE® e online su canadagoose.com, cncpts.com e bape.com. La felpa Crofton Shark sarà in vendita esclusivamente presso Cncpts in colore Red e esclusivamente presso BAPE in colore Pacific Blu.

Passione a ritmo di danza: il percorso di Alessio La Padula

Un corpo statuario temprato da una disciplina, la danza, che richiede una dedizione fisica e mentale  pressoché assoluta, oltre a una miriade di tatuaggi: questi i tratti che caratterizzano Alessio La Padula, visto attraverso l’obiettivo di Davide Musto. Nato a Eboli 25 anni fa, lascia casa quand’è ancora un adolescente per inseguire il sogno di diventare ballerino, cominciando presto a ottenere riscontri importanti; viene selezionato 14enne dal Russian Ballet College di Genova per poi diplomarsi al Conservatorio Nazionale Superiore di Musica e Danza di Lione.


Tornato nel nostro Paese, non smette più di danzare, e il trampolino di lancio definitivo è rappresentato da Amici: partecipa da concorrente al popolare talent Mediaset nel 2016 e, tre anni dopo, entra a far parte del corpo di ballo del programma.

L’innegabile talento, assieme a un look decisamente strong che contrasta con le pose, i gesti e le movenze armoniose di chi ha consacrato la propria vita all’arte di Tersicore permettono ad Alessio di collezionare ruoli di spessore, collaborando con direttori creativi e coreografi del livello di Luca Tommassini e Giuliano Peparini, dividendosi tra il palco di Amici, videoclip (tra i più recenti quello del singolo Venere e Marte di Takagi & Ketra, Marco Mengoni e Frah Quintale), concerti (è stato in tour con Alessandra Amoroso) e spettacoli teatrali, come l’acclamato musical Romeo e Giulietta – Ama e cambia il mondo, del 2018.

Tra i suoi sogni per il futuro è quello di diventare un coreografo, mentre per quanto riguarda le sue passioni, Alessio ama l’arte contemporanea (dipinge e si diletta anche con i tatuaggi), i viaggi e, soprattutto, perdersi in montagna con la moto.


Nell’editoriale in black&white in esclusiva per MANINTOWN lo vediamo interpretare con la sua esuberanza istrionica, camicie, blazer e pantaloni sartoriali tutti firmati Dsquared2.

Photographer: Davide Musto

Styling: Francesco Mautone

Make up: Noemi Auetasc

Hair: Alessandro Firenze

Location: NHOW Milano

Total Look Dsquared

Radiografia di un cult: la sciarpa check di Burberry

I best seller di un marchio che affonda le sue radici e resta legato a doppio filo con uno stato, il Regno Unito, dal clima notoriamente freddo e bizzoso, non possono che essere proposte adatte alle rigide temperature d’oltremanica: se infatti si pensa a Burberry, griffe britannica fino al midollo, subito dopo il trench in gabardine affiora, quasi certamente, l’immagine di una stola tramata di quadri multicolor.
Nonostante la storia più che cinquantennale alle spalle, la sciarpa di cachemire col peculiare motivo check occupa tuttora un posto d’onore nel catalogo degli accessori invernali dell’azienda, che nel frattempo si è trasformata da produttore di outerwear dalla sobria compostezza borghese a brand globale di prêt-à-porter, tenuto dal creative director Riccardo Tisci in sottile equilibrio tra aplomb da gentiluomo londinese e pulsioni underground.



Gli ingredienti, al netto di piccoli aggiustamenti, restano più o meno gli stessi: le misure (168 centimetri di lunghezza per 30 di larghezza) sono abbastanza contenute, lontane sia dagli eccessi dei modelli voluminosi in cui imbacuccarsi tipo bozzolo, sia dalla funzione meramente scenica delle sciarpine da annodare alla bell’e meglio; i bordi sono sfrangiati; il filato è quello caldo e nobile per eccellenza, affidato alle cure premurose di due mill a Elgin e Ayr, cittadine della Scozia dall’impareggiabile expertise laniera (entrambi in attività da oltre 150 anni), dove viene sottoposto a lunghi procedimenti articolati in decine di step, tra cui tintura di sei ore, che garantisce la vividezza del colore, cardatura per separare i fili, spazzolatura, intessitura su telai tradizionali, lavaggio nelle acque sorgive del luogo, rifiniture finali a mano (Burberry, inoltre, ha avviato partnership con ong e associazioni come la Sustainable Fibre Alliance, per assicurarsi che il cachemire utilizzato sia sostenibile da ogni punto di vista, produttivo ed etico); infine il check, firma grafica del marchio, una fantasia che, a differenza dei loghi “urlati” con iniziali a caratteri cubitali o nomi delle label ribaditi qua e là sui prodotti, basa la propria unicità sulle tonalità del tartan (il classico finestrato a quadri e linee incrociate, usato originariamente dai clan in cui erano suddivise le principali famiglie scozzesi che, per distinguersi gli uni dagli altri, ricorrevano a precisi accostamenti di colori) adottato, cioè rigature bianche, nere e rosse su fondo beige. Un motivo discreto insomma, tanto più che, alla sua comparsa negli anni ‘20 e per le successive quattro decadi, viene impiegato esclusivamente nelle fodere dei capispalla, configurandosi dunque come un piccolo piacere privato, che gratifichi solo chi effettivamente li indossa.



Le cose cambiano nel 1967: l’aneddotica vuole che il direttore del negozio di Parigi, volendo dare un twist inaspettato ai trench esposti, ne risvolti l’orlo, mettendo in bella vista l’house check, come viene chiamato internamente all’azienda; una trovata assai apprezzata dai clienti, che iniziano a chiedere articoli arricchiti dal pattern in questione, venendo accontentati con ombrelli e sciarpe, simili in tutto e per tutto a quelle in vendita oggi nelle boutique e sull’e-shop ufficiale. Oltre ad averne notevolmente ampliato la gamma cromatica (pur non discostandosi troppo, in linea di massima, dalle nuance misurate storicamente associate alla griffe, nei toni del marrone, blu, grigio, bianco e borgogna), Burberry offre adesso la possibilità di personalizzarle, ricamandole con un massimo di tre lettere.



L’unico, vero momento di crisi della stampa a quadri risale al periodo tra gli anni ‘90 e i primi ‘00, quando la sua popolarità cresce in misura inversamente proporzionale al crollo del prestigio di cui godeva presso gli happy few, venerato com’era da chavs (termine equivalente grossomodo a buzzurro, che secondo il dizionario Collins denota «i giovani della working class i cui gusti, sebbene a volte costosi, sono considerati volgari») e casuals, gli hooligan che, per passare inosservati dentro e fuori gli stadi di calcio, tenevano un basso profilo, vestendo brand ricercati alla Burberry, appunto; gruppi sociali bersagliati in modo feroce, nel primo caso apertamente classista, dall’opinione pubblica inglese.
Il marchio deve correre ai ripari: nel 2001 il neodirettore artistico Christopher Bailey (rimasto in carica fino al 2017) riduce al minimo sindacale la presenza della fantasia incriminata (alcuni pezzi, come il cappellino logato all-over, vengono addirittura cassati). Già nel decennio seguente, tuttavia, nelle campagne natalizie riprendono a fioccare scarf finestrate, preferibilmente al collo di star nazionali di primaria grandezza, tra cantanti, top model e attori/attrici (Sir Elton John, James Corden, Sienna Miller, Cara Delevingne, Naomi Campbell, Rosie Huntington-Whiteley, Romeo Beckham adolescente che sfoggia un modello en pendant col trench khaki). D’altra parte si rischia di perdere il conto delle celebrità, di ieri e oggi, fotografate con addosso la sciarpa a scacchi della maison, dai “precursori” David Niven e Michael Jackson alla papessa dell’editoria modaiola Anna Wintour, e poi Jared Leto, Susan Sarandon, Andy Garcia, Robbie Williams, Liam Payne, Matt Smith, Blake Lively, Rita Ora


London Fashion Week Autumn/Winter 2018 – J.W Anderson – Outside Arrivals Featuring: Anna Wintour Where: London, United Kingdom When: 17 Feb 2018 Credit: Lia Toby/WENN.com

Qualche concessione al pubblico più sensibile alle sirene dei trend, a dire la verità, c’è stata: Bailey, con la linea Prorsum, ha variato anche di parecchio le dimensioni dell’accessorio, pompate per farne un poncho da drappeggiare sulle spalle (collezione Fall/Winter 2014) o viceversa rimpicciolite a mo’ di cache-col, lasciato distrattamente slacciato (F/W 2013), e ancora ha moltiplicato le frange, dandogli le sembianze di uno scialle (F/W 2015), oppure lo ha cosparso di cuoricini o pois, mixati al check in un pot-pourri di fregi e sfumature.
Nella capsule per la stagione F/W 2018, invece, Gosha Rubchinskiy (aedo di quel “post soviet style”, alquanto rude e spiccio, che impazzava fino a non molto tempo fa) ha congiunto nello stesso filato la quadrettatura canonica e il Nova Check, leggermente più grande e chiaro rispetto all’originale, strizzando così l’occhio alla fregola cumulativa dei citati chavs, che spargevano ovunque potessero il pattern di Burberry.
Tisci, da ultimo, ha pensato a modelli reversibili, limitando a un solo lato (dove concentra il monogramma con le T e B intrecciate del fondatore Thomas Burberry, introdotto al suo arrivo nel 2018, oppure inserti recanti le coordinate geografiche della sede principale del brand, a Westminster) la verve esornativa.
L’opzione privilegiata, va da sé, rimane la sciarpa a scacchi tradizionale: a dispetto degli anni che passano, non ha perso un grammo dell’appeal very british degli inizi, il che, nonostante la Brexit, non guasta mai.



Tintura della pelle homemade: tutto quello che c’è da sapere

La tintura della pelle è una fase fondamentale del processo sia creativo che di rifinitura di un prodotto. Ma in cosa consiste, e si può fare a casa? 

Quello del tintore non è un ruolo semplice. Bisogna conoscere alla perfezione la tipologia di pelle che si vuole colorare, le tinte, le dosi che si vogliono utilizzare e ovviamente le tecniche. Come in tante professioni artigianali, sono necessari anni e anni di pratica ed esperienza per diventare dei veri e propri tintori della pelle, ma oggi è possibile tingere la pelle, soprattutto piccola pelletteria, anche a casa. Molto fa la scelta delle tinte che compriamo. 

Quali vernici per la pelle scegliere 

La scelta del colore per la pelle è un elemento fondamentale. A prescindere dalle tonalità, che variano a seconda della moda e dei gusti della persona, le tinte che vi consigliamo di acquistare per effettuare una buona verniciatura anche a casa sono quelle a base d’acqua come le vernici angelus, molto semplici da utilizzare, elastici, resistenti ai graffi ma soprattutto ideali per la salute tua e dell’ambiente. In commercio sono disponibili diversi kit adatti alla tintura della pelle e li potete facilmente trovare in negozi specializzati, di bricolage o da calzolai. Se avete scelto ad esempio di tingere delle scarpe, troverete sicuramente disponibili molti colori per scarpe e diverse tipologie di tinture in base al tipo di pelle.

Come tingere la pelle 

Per tingere la pelle serve procurarsi un spazio di lavoro che vi permetta di procedere senza sporcare troppo in giro. In seguito, dopo aver scelto la pelle o l’oggetto da tingere, bisogna pulirlo molto bene con un panno o una spazzola morbida e dei detergenti per la pelle. Se volete tingere delle scarpe o degli stivaletti, ricordatevi prima di togliere i lacci, se invece dovete tingere il cinturino di un orologio, ricordatevi di pulire molto bene anche punzoni e tutti i bordi. Dopo la pulizia, è il momento di utilizzare un aggrappante per aprire i pori della pelle facilitando così la tintura e la tenuta del colore. Infine, si applica il colore con una spugna o un tampone della misura adeguata all’oggetto che state tingendo. È molto importante che applichiate il colore con dei gesti regolari, rapidi e circolari in modo da rendere il tutto molto uniforme. 

Insomma, tingere la pelle a casa non è poi un processo così complicato. Grazie a tutte le tinte disponibili, potete cambiare il colore e dare nuova vita a scarpe, giacche, portafogli, borse e perché no, piccoli arredi per la casa. Pronti a dare libero sfogo alla vostra creatività? 

L’astro coach di Massimo Giannone – Dicembre 2021

Un appuntamento per entrare in connessione con noi stessi attraverso la lettura del movimento degli astri e dell’influenza che possono avere sulle nostre vite. È questo il nostro obiettivo per i mesi che verranno, insieme alla guida di Massimo Giannone, percettivo e astrologo da più di vent’anni, dotato di eccezionale sensibilità, nel leggere con occhio metodico e nell’interpretare, poi, con il dono dell’intuizione e di un cuore aperto alla realtà circostante e al lato umano di questo mondo che somiglia sempre di più a una matassa inestricabile.

Ha letteralmente conquistato tutta Italia, partendo da Milano, capitale della moda e dell’editoria, con i suoi appuntamenti fissi sul Il del Sole 24 Ore e su Gioia, e dando vita agli astrococktail e le astrocene: dei format unici (anche perché unico è proprio lui), tra i ristoranti e i locali più apprezzati dai protagonisti della vita notturna meneghina.
Il suo metodo ha conquistato anche brand di moda e di beauty d’alta gamma, che l’ha portato ad essere protagonista di eventi moda, anche in tour per tutto lo stivale con nomi come Maliparmi e la Prairie.

“Il mio oroscopo segue un percorso rivoluzionario, realizzato, accogliendo gli insegnamenti dei pianeti che, se seguiti, aiutano a migliorarci e ad affrontare le problematiche con una nuova consapevolezza, trasformando così le energie e migliorando il nostro quotidiano.
Se cogliamo le vibrazioni archetipiche degli aspetti che consideriamo avversi, come un suggerimento, si ha la possibilità di attenuare gli effetti negativi, ad esempio, Urano in cattivo aspetto è un monito alla velocità: è un avviso a prestare attenzione, a non correre, bisognerà moderarsi e non avere fretta, perché questa, spesso, può non essere una buona alleata.
Non c’è cosa più difficile che andar contro se stessi, contro le proprie abitudini, ma un “IO “che non vuol cambiare ha la tendenza a farsi male, finendo così per sentirsi vittima degli eventi. Dobbiamo imparare, invece, a non combattere queste vibrazioni astrali.
E allora, armonizziamoci con gli astri in un’orchestra che vibra d’informazioni, dove il suono nel Macro vuol amorevolmente insegnarci a come vivere nel Micro in una perfetta sinfonia che sarà il nostro nuovo quotidiano”.

Il suo approccio, tutt’altro che generico, entra nell’aspetto psicologico e animico delle personalità legate al segno zodiacale, con una chiave interpretativa percettiva, volta a fornire un consiglio per rinascere, ricostruirsi.
Perché “le esperienze sono insegnamenti, se impari a cogliere le sue direttive, la tua vita può cambiare completamente” dice Massimo Giannone.
@massi_e_l_astrologia

Artwork a cura di Maria Angela Lombardi @_mariaalombardi_



ARIETE

AMORE- Marte nel segno vi infonderà ulteriori energie, il vostro fascino aumenterà e non sarà difficile per voi conquistare le nuove conoscenze. I primi quindici giorni saranno ricchi di novità e sorprese e le coppie consolidate vivranno momenti di intensa armonia e passioni. Approfittate di questa fase per esaudire un desiderio.

LAVORO- Avvertirete una grande esigenza di novità: Marte vi donerà la carica giusta e Mercurio vi stimolerà nelle relazioni professionali per dare il meglio di voi. Ottima questa fase per firmare nuovi contratti, per avanzare e crescere nel proprio settore e per trovare un nuovo lavoro. Evitate soltanto di ostinarvi ad imporre le vostre necessità. Attenzione anche ai nervosismi.

IL PERSONAGGIO – TOMMY HILFIGER 24 MARZO 1951, stilista statunitense. Con Marte in Ariete, Giove in Pesci e Saturno in Vergine, Tommy risulta essere una persona determinata e coraggiosa: le energie sono amplificate da Marte e si è inclini ai lavori creativi ed indipendenti. Giove gli conferisce una grande generosità d’animo, gli dona la tendenza a prendersi cura degli altri attraverso le sue creazioni. Saturno gli dona precisione e rigorosità: nulla è dettato dal caso, ma, attraverso una profonda visione, crea bellezza e perfezione. Aspetti astrali che vibrano per un grande personaggio che attraverso la sua visione e creatività ha segnato un’epoca. Inizia la sua carriera negli anni 70 fondando una catena di negozi di jeans chiamata Peaple’ s Place. Dieci anni dopo introduce l’abbigliamento femminile ed articoli di lusso e profumi, che contribuirono sempre più al suo successo. Nel 2006 ha venduto la sua azienda per 1, 6 miliardi di dollari. Complimenti Tommy, un grande visionario.



TORO

AMORE- Marte opposto è indice di un calo energetico e motivazionale, Urano vi metterà fretta. Stanchi della solita routine, non accetterete gli atteggiamenti non chiari di chi vi ama, ma, sarete in grado di sostenerli comunque con gentilezza e vicinanza. I single vivranno invece un periodo fantastico, una nuova conoscenza vi metterà di buon umore, non fatevi vincere però dalla pigrizia.

LAVORO- Le opportunità saranno ottime, ma il vostro umore potrebbe mettere a rischio il buon esito dei vostri affari. Si esige un elevato controllo emozionale, e soprattutto di non far scattare gli accumuli di tensione che, per un disaccordo con un collega, potrebbero trasformarsi in rabbie e litigi. Rimandate ad altri momenti le decisioni importanti.

IL PERSONAGGIO – AMBRA ANGIOLINI 22 APRILE 1977, attrice e conduttrice televisiva. Con Giove natale in Gemelli, Saturno in Leone, ed Urano in Scorpione, Ambra ha i favori delle stelle in ambito comunicativo e letterario, Giove vibra successo, per i suoi valori e per la capacità di traferire emozioni al pubblico già da giovanissima, un enfant prodige. Saturno gli dona uno spirito combattivo e forte ma anche enormi ambizioni. Urano conferisce ad Ambra dignità, volontà ferrea, non si amano le persone che impongono un loro volere. Esordisce in Bulli e Pupe, un programma estivo di canale 5 che ebbe un enorme successo. Bellissima la sua interpretazione come attrice in Saturno Contro, diretto da Ferzan Ozpetek, per il quale vince il David di Donatello e diversi altri premi. Stimo molto Ambra per la sua grande professionalità e la sua grande dote di trasferire emozioni.



GEMELLI

AMORE- In questo vostro intenso mese, la sopportazione risulta essere il valido suggerimento degli astri, seguitelo! Nel rapporto di coppia, divergenze di veduta ed incomprensioni potranno essere sanate attraverso una grande pazienza. Cercate di mettere al centro dell’attenzione la persona amata malgrado il momento no: questo atteggiamento calmerà gli animi e vi farà riavvicinare.

LAVORO- Molto favorevole questa fase, finalmente il vostro lavoro torna a fluire nella maniera migliore. Tanti gli impegni ed i progetti da seguire, cercate di non oberarvi e concedetevi del tempo per voi. Una grande rinascita è in arrivo, raccogliete i frutti migliori, e lasciate perdere il futile. I giovani del segno avranno gratifiche impensate.

IL PERSONAGGIO – MIKE BONGIORNO 26 MAGGIO 1924 Conduttore televisivo. Con Marte in Acquario, Giove in Sagittario, e Saturno in Bilancia, Mike vibra energia di enorme volontà originalità, intelligenza brillante ed una grande tendenza innovativa. Giove gli dona generosità e quella parola che lo ha reso celebre “Allegria”, un uomo leale amante delle libertà. Le energie di Saturno gli conferiscono invece la grande personalità artistica ed un’immensa capacità di gestione delle relazioni, elementi fondamentali per un uomo della storia della televisione italiana. E’ stato fra i padri fondatori della televisione italiana; era soprannominato” il re dei quiz”. Trasmissioni come “Lascia o raddoppia?”, “Rischiatutto” hanno intrattenuto per tanti anni il pubblico televisivo italiano. Che bei ricordi le serate con Mike e la mia mamma che cercava di indovinare i quiz, nella mia memoria è rimasta la signora Longari, una concorrente preparatissima.


Oroscopo settimanale per il segno del Cancro

CANCRO

AMORE- L’opposizione di Plutone è un monito: bisogna fare tutto con calma e con una sorta di dolcezza nei confronti della persona amata onde evitare critiche nei vostri confronti. Siate vicini anche alla famiglia che in questo momento necessita un’attenzione da parte vostra. I giovani del segno nel periodo natalizio faranno una conoscenza intrigante

LAVORO- È necessaria una grande visione prima di apportare dei cambiamenti nella vostra professione. Siate cauti dinanzi alle nuove iniziative, cercate di rivedere più volte la mansione che avete svolto onde evitare errori che potrebbero mettervi in difficoltà con un superiore. Molto positiva la parte finale dell’anno.

IL PERSONAGGIO – SABRINA FERILLI, 28 giugno 1964, attrice, doppiatrice e conduttrice televisiva italiana. Con una Venere natale in Gemelli, Giove in Toro e Saturno in Pesci, la Venere di Sabrina suggerisce una personalità socievole e divertente con un fascino ed una grazia unica nel suo genere, ma anche un controllo delle emozioni. Giove gli infonde una grande sensualità, la predispone al successo ed alla grande protezione delle persone amate, ed in più popolarità. Saturno gli dona un grande spirito di sacrificio e bontà d’animo, un mix davvero vincente per un grande personaggio come Sabrina. Grandi doti di empatia ed elevato intuito. Si è divisa fra cinema, teatro e televisione, la sua carriera è ricca di grandi interpretazioni, ha vinto sei Nastri d’argento, un Globo d’oro ed ha avuto 4 candidature ai David di Donatello. Nel 2013 è stata una delle grandi interpreti del film di Sorrentino “La grande Bellezza”, Oscar come miglior film in lingua straniera. Chapeau dolce Sabrina!


Le previsioni zodiacali della settimana per il segno del Leone

LEONE

AMORE- Concluderete quest’anno in maniera positiva, l’opposizione di Giove e Saturno ha messo tensione anche nel vostro ambito affettivo e vi ha resi particolarmente nervosi nella gestione del vostro quotidiano familiare. Migliorano le condivisioni, e la possibilità di fare una breve vacanza vi stimolerà al meglio, anche fra le lenzuola.

LAVORO- Migliora anche il settore professionale, ambito in cui si attenuano le difficoltà e finalmente avrete una nuova visione che vi metterà di buon umore. Vi manca però qualcosa per soddisfare le vostre necessità: cercate di essere ottimisti a prescindere e raggiungerete la realizzazione dei vostri desideri.

IL PERSONAGGIO – NANNI MORETTI 19 AGOSTO 1953, attore regista e produttore italiano. Con un Marte natale in Leone, Giove in Gemelli e Saturno in Bilancia, Nanni necessita di continui riconoscimenti, le vibrazioni astrali suggeriscono una volontà ferrea, una grande ambizione e tanta generosità.  Giove gli dona una visione ampia ed un’apertura mentale tendente al nuovo, con un forte desiderio di conoscere sempre più il mondo che lo circonda. Saturno gli conferisce grandi capacità artistiche e la forza di fronteggiare ostacoli immensi, ed in più stimola la fantasia e la creatività. Il padre era uno storico, la madre un insegnante di lettere. L’8 marzo 1978 esce “Ecce Bombo” che raggiunge un grande successo di pubblico. Nel 19891 vince il David di Donatello come miglior attore protagonista con il film “ Il portaborse”. Tanti film impegnativi che toccano argomenti sociali e politici, un grande regista italiano con una cultura elevata.


Vergine: le previsioni astrologiche della settimana

VERGINE

AMORE- Nettuno in opposizione e suggerisce una sorta di tristezza dell’animo o qualcosa che i vostri sogni di coppia non hanno realizzato. Per ottenere il raggiungimento del vostro scopo, bisogna anche andare però incontro al nostro partner. I single potranno rimanere delusi da una nuova conoscenza che si rivelerà opportunista.

LAVORO- In questo ambito tante le difficoltà da fronteggiare, ma voi, con la vostra profondità, sarete in grado di trovare la soluzione giusta al momento giusto: ogni ostacolo sarà trasformato in opportunità. Prima di prendere decisioni importanti, pensateci più volte.

IL PERSONAGGIO – TIM BURTON 25 AGOSTO 1958, regista e produttore cinematografico statunitense. Con Marte in Toro, Giove in Bilancia e Saturno in Sagittario, Tim vibra una grande tenacia che gestisce con un’innata pazienza un carisma che dosa le energie attraverso un controllo delle emozioni. Giove gli dona un grande talento ed una predisposizione sul senso dei ritmi della vita, e lo predispone al successo ed alla popolarità per il suo fascino e per la tendenza a conquistare gli altri. Saturno in Sagittario innalza gli ideali e la morale, e conferma la predisposizione al grande successo. Le ambientazioni dei suoi film sono incentrate sulla favola e su argomentazioni come l’emarginazione. Nel 2007 ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera. E’ stato candidato all’Oscar per “La sposa cadavere” nel 2005.I suoi film hanno incassato oltre 4 miliardi di dollari che dire, complimenti Tim.



BILANCIA

AMORE-Un ottimo mese per ritrovare l’intesa persa di recente: alimentando la comprensione di ciò che necessita la persona amata, avrete la possibilità di vivere un mese all’insegna della gioia e di momenti ricchi di emozioni. Prestate attenzione ad un’amicizia invidiosa del vostro rapporto affettivo. I giovani del segno vivranno un mese all’insegna dell’eros.

LAVORO- Un’elevata vivacità mentale vi farà mettere in atto delle opportunità di crescita professionale .Date il meglio di voi nelle relazioni e porterete a termine un progetto o un desiderio lungamente desiderato. Ottima fase anche per chi è alla ricerca di un nuovo lavoro.

IL PERSONAGGIO – BRUNO MARS 8 OTTOBRE 1985 cantautore americano. Con Marte in Vergine, Giove in Acquario, e Saturno in Scorpione, Bruno ha grandi capacità di analisi ed è predisposto alle attività che hanno a che fare con il pubblico, le vibrazioni astrali suggeriscono un elevato senso critico ed ingegno. Giove in Acquario, suggerisce un elevato intuito ed una predisposizione a trovare le soluzioni ad ogni cosa. Saturno in Scorpione alimenta la perseveranza, il coraggio il fiuto per gli affari. Ispirato da Michael Jackson, i critici lo indicano come il suo erede. Fra i suoi brani che preferisco “Talking to the Moon” e “Leave The Door Open”, ha vinto il Grammy Awards nel 2014 come miglio album Pop. Secondo Bild Board, Mars è il dodicesimo musicista più ricco al mondo. Meraviglioso Bruno Mars.



SCORPIONE

AMORE- Con Marte nel segno la vostra carica vitale sarà particolarmente elevata: avrete energie da vendere e ne beneficerà il rapporto affettivo. Evitate di pensare al passato e vivete il presente con dinamismo e benevolenza verso chi vi ama. Per avere la fiducia altrui, bisogna anche donarla. Meno pensieri e più azioni, abbracci, sorrisi, ed il mese sarà indimenticabile.

LAVORO- Una sorta di insoddisfazione e mancanza di gratifiche: cercate di non farvi vincere dallo stress. Non togliete il solito aiuto che avete dato ai vostri colleghi, sarete un po’ stanchi e un po’ demotivati perché non ricambiati con la stessa moneta. Utilizzate la vostra creatività per soddisfare il vostro io.

IL PERSONAGGIO – RICCARDO SCAMARCIO 13 NOVEMBRE 1979, attore. Con Giove natale in Vergine, Saturno in Vergine ed Urano in Scorpione, Riccardo beneficia di una grande efficienza in ciò che ama fare. Saturno in Vergine, gli dona uno spirito logico, grande precisione e nulla è dettato dal caso ma da una profonda analisi, con un senso del dovere spiccato. Urano gli dona caratteristiche anticonformiste ed una predisposizione a sperimentare: queste energie nel loro insieme infondono in Riccardo un’ingegnosità, una curiosità ed un gusto che affascina gli altri. Inizia nel 2001 a partecipare ad una mini serie tv, si comincia a far notare con il film “La meglio gioventù”, il suo primo film da protagonista è “Prova a volare” del 2003, ha recitato anche in molti video clip: è rimasto nel cuore quello del 2008 dei Negramaro, “ Meraviglioso”. Un Uomo di grande fascino e bravura, adoro Riccardo.


Sagittario: oroscopo della settimana

SAGITTARIO

AMORE- Con Mercurio nel segno i primi giorni del mese sarete in grado di trasferire le giuste e valide emozioni alla persona che amate: cercate di infondergli sicurezza e calma attraverso un atteggiamento dolce e sensuale. Approfittate di questa fase positiva per voi, poche chiacchiere e tanti fatti.

LAVORO- Con molti pianeti che vibrano favorevolmente per voi, vincerete le vostre incertezze ed affronterete le spese che vi hanno causato qualche ansia, con estro e determinazione. Aumentano le entrate, forse si tratta di un aumento di stipendio, o di un livello, o di un bonus. Bene anche per i giovani del segno che vivranno una fase ottimale.

IL PERSONAGGIO – SUSANNA TAMARO 12 DICEMBRE 1957, scrittrice italiana. Con una Venere natale in Acquario, Giove in Bilancia, Saturno in Sagittario, si deduce che Susanna non ama i legami opprimenti, è attratta soltanto dalla gentilezza e dalle cose belle. La Venere inoltre gli dona originalità e gran desiderio di realizzazione. Giove in Bilancia ha a che fare con i talenti ed indica il successo nelle attività col pubblico. Si attirano gli altri. Saturno in Sagittario alza la morale ed il senso critico, gli idealismi e dona indicazioni di grandi successi professionali. Da parte materna le sue origini sono ebraiche, nel 1976 prende il diploma magistrale e vince una borsa di studio per frequentare Il centro sperimentale cinematografico. Si diploma in regia con il cortometraggio “L’origine del giorno”. Nel 1989 partecipa ad un’iniziativa della casa editrice Marsilio ed esordisce nel mondo della letteratura con il suo primo romanzo “ La testa fra le nuvole”. Nel 1994 pubblica “Va dove ti porta il cuore”, un grande successo, vende più di 15 milioni di libri. Ho amato tanto Anima Mundi un altro suo best seller.


Oroscopo settimanale per il segno del Capricorno

CAPRICORNO

AMORE- Se siete alla ricerca di una nuova conquista amorosa, questa fase risulta essere tra le migliori dell’anno. Con Mercurio e Marte favorevoli che vi infondono le energie necessarie per conquistare, e, per alimentare il fascino, sarete in grado di apportare delle grandi novità nella gestione dei vostri sentimenti.

LAVORO- con un carisma elevato sarete in grado di portare armonia al vostro team e a dare degli input di crescita ad ogni collaboratore. Evitate però di eccedere con la critica ed accettate anche il giudizio altrui. Una volontà ferrea caratterizzerà questa vostra fase. I giovani del segno dovranno essere umili nel percorrere un nuovo sentiero lavorativo.

IL PERSONAGGIO – MARCO MENGONI 25 DICEMBRE 1988, cantante italiano. Con Venere natale in Sagittario, Giove in Toro e Saturno in Capricorno, Marco tende a vivere i propri sentimenti con profonde passioni e li esprime con enfasi. Giove gli dona stabilità e profondità, amore per la vita ed i suoi piaceri. Saturno in Capricorno gli conferisce calma, prudenza e tenacia            nell’ottenere gli obiettivi prefissati. Inizia la sua scalata al successo vincendo X Factor nel 2009 e firma un contratto con la SonyMusic. Nel 2013 vince Sanremo con “L’essenziale”. E’ il primo artista italiano a vincere il Best European Act agli Mtv. Ed è anche il primo artista italiano ad esibirsi al Bilboard film di Los Angeles e che dire del tormentone estivo del 2021 “ Ma stasera”! Adoro la tua meravigliosa voce Marco.


L'oroscopo della settimana per il segno dell’Acquario

ACQUARIO

AMORE-Saturno non rende facile questa vostra fase, siete stanchi del ripetersi di tante situazioni. Vi sentirete un po’ soli, o non compresi da chi vi amate. Adottate un atteggiamento sereno e comprensivo nei confronti delle persone che vi circondano, spesso sarete voi stessi ad allontanare le persone che non si adegueranno a voi.

LAVORO- Grandi responsabilità ed impegni da portare a termine durante questo periodo: siete stanchi della solita routine e necessitate di qualcosa che soddisfi il vostro io. Dedicatevi ad un hobby che vi dia la possibilità di trovare nuovi percorsi e conoscenze.

IL PERSONAGGIO – PHIL COLLINS 30 GENNAIO 1951 cantante. Con Giove natale in Pesci, Saturno in Bilancia ed Urano in Cancro, Phil risulta vibrare generosità e compassione, e avverte nel suo animo la necessità di prendersi cura degli altri. Saturno in Bilancia gli conferisce enormi qualità artistiche, con un’immensa fantasia e creatività. Urano gli dona originalità e amore per il nuovo. Che dire: un mix astrale perfetto per un grande artista. Noto sia come solista che come componente dello storico gruppo dei Genesis, fra i suoi brani ho amato “In the Air Tonight “ed “One more Night”. È uno degli artisti che ha venduto più copie di tutti i tempi. Che voce melodiosa la sua, mi incanta sempre ed è sempre attuale.



PESCI

AMORE-Mese un po’ alter altalenante per le vostre emozioni: la prima fase sarà intensa e ricca di soddisfazioni, nella seconda la delusione potrebbe nuocere alla serenità del rapporto affettivo. Attraverso un atteggiamento coerente sarete in grado di andare incontro alla persona che amate. Fantastico il fine anno per i single.

LAVORO- Una grandissima ispirazione dell’animo vi condurrà a realizzare dei progetti importantissimi, a raggiungere un ideale lungamente atteso. Ottimo questo vostro periodo, ricco di piacevoli sorprese e di grandi opportunità di crescita professionale. I giovani del segno riusciranno a realizzare un obiettivo che gli stava a cuore.

IL PERSONAGGIO – RIHANNA 20 FEBBRAIO 1988, cantante barbadiana. Con Marte natale in Sagittario, Giove in Ariete e Saturno in Capricorno, Rihanna vibra energie intense, attive e frenetiche; ha una grande determinazione nell’imporre le sue idee. Giove gli conferisce una potente fortuna nel realizzare i suoi sogni. Saturno gli dona prudenza ed ambizione. Ha debuttato nel 2005 a 17 anni con l’album “Music of the Sun”, raggiungendo subito prestigio e successo. Ho amato tanto il singolo “We Found Love” con Calvin Harris, che poi è stato fra i brani più venduti. Nella sua carriera ha accumulato nove Grammy Awards 13 American Music Awards e tanto, tanto altro.  Straordinaria Rihanna: dal 2018 anche ambasciatrice del suo paese.

Triennale di Milano rende omaggio a Giovanni Gastel con un doppio appuntamento

Sono due le mostre ospitate da Triennale di Milano per omaggiare uno tra i più influenti fotografi dei nostri tempi, Giovanni Gastel. Dal 1 dicembre 2021 al 13 marzo 2022 sarà possibile visitare The People I Like – in collaborazione con il MAXXI Museo Nazionale delle arti del XXI secolo – e I gioielli della fantasia – in collaborazione on il Museo di Fotografia Contemporanea.



Sentimento, purezza, minimalismo ed eleganza: la fotografia di Giovanni Gastel, che tanto amava la ritrattistica, è arte che rimarrà lungo i tempi. L’artista del bianco e nero su diapositiva, durante la sua lunga carriera ha catturato espressioni uniche e naturali, privando i suoi scatti di artifizi manipolatori. Un mestiere che impara in un seminterrato qualunque, in una Milano sempre più aperta ad accogliere nuove mentalità artistiche.Il successo di Gastel arriva durante il boom del Made in Italy; il fotografo non perderà certo l’occasione per esibire i suoi lavori nelle maggiori redazioni italiane, lavorando per “Annabella”, “Mondo Uomo” e “Mondo Donna”. Sviluppa campagne pubblicitarie per le più prestigiose case di moda italiane tra cui Versace, Missoni, Tod’s, Trussardi, Krizia e molte altre. La sua fotografia sarà ammirata anche dalle più importanti griffe parigine come Dior, Nina Ricci, Guerlain.



Il suo nome è talmente altisonante che ben presto sarà affiancato a mostri sacri del settore come: Oliviero Toscani, Giampaolo Barbieri, Ferdinando Scianna e di leggende internazionali come Helmut Newton, Richard Avedon, Annie Leibovitz, Mario Testino e Jürgen Teller.

Giovanni Gastel è stato un sofisticato ritrattista del mondo. Non solo visi, ma corpi, mode, gioielli, tessuti, ambienti. Con un sorriso, faceva sembrare facile il gesto infallibile e preciso di un grande fotografo. Il suo lavoro si è intrecciato più e più volte con i percorsi di Triennale, cui aveva regalato idee, progetti e ispirazioni. Con queste due mostre la nostra istituzione rende il primo doveroso omaggio a questo genio generoso e scanzonato che Milano e l’arte hanno perso, troppo presto”, ha dichiarato Stefano Boeri, presidente di Triennale Milano.



The Peolple I Like a cura di Uberto Frigerio con allestimento di Lissoni Associati, presenta oltre 200 ritratti di personaggiche hanno avuto l’onore di posare davanti al suo obiettivo: pose, volti, legami con la moda e con l’arte nella sua totalità.Tra i personaggi ritratti: Barack Obama, Marco Pannella, Forattini, Ettore Sottsass, Germano Celant, Mimmo Jodice, Fiorello, Zucchero, Tiziano Ferro, Vasco Rossi, Roberto Bolle, Bebe Vio, Bianca Balti, Luciana Littizzetto, Franca Sozzani, Miriam Leone, Monica Bellucci, Mara Venier, Carolina Crescentini. I ritratti hanno lo scopo di indagare sul valore interiore del soggetto; la luce teatrale, il chiaroscuro dei suoi bianco e nero, spettacolarizzano la fisionomia del protagonista, cogliendone i tratti della sua anima. Nella parte finale del percorso espositivo trovano spazio 80 immagini della serie dei colli neri, dei ritratti ai margini della spiritualità dell’anima.



In parallelo, Triennale di Milano ospita la mostra I gioielli della fantasia, realizzata in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea. Il legame tra Giovanni e il gioiello viene celebrato con 20 immagini di un più ampio progetto commissionato all’autore da Daniel Swarovski Corporation nel 1991 per l’omonimo libro, tradotto in quattro lingue, e la mostra di gioielli del XX secolo, entrambi curati da Deanna Farneti Cera.

Le fotografie in mostra sono state donate da Lanfranco Colombo a Regione Lombardia e sono conservate presso il Museo di Fotografia Contemporanea. I Partner Istituzionali Eni e Lavazza, l’Institutional Media Partner Clear Channel e il Technical Partner ATM sostengono Triennale Milano anche per questo progetto espositivo.

La Svolta, fuori concorso al Torino Film Festival

Oggi verrà presentato in anteprima Fuori concorso alla 39a edizione del Torino Film Festival il film La Svolta, esordio al lungometraggio di Riccardo Antonaroli con, tra gli altri: Andrea LattanziBrando PacittoLudovica Martino,Max MalatestaChabeli Sastre GonzalezFederico TocciTullio SorrentinoCristian Di SanteAniello ArenaGrazia SchiavoClaudio Bigagli, con la partecipazione straordinaria di Marcello Fonte e un brano scritto e interpretato appositamente da Carl Brave.


La Svolta, prodotto da Rodeo Drive e Life Cinema con Rai Cinema, è un racconto intimo e delicato di due solitudini che si incontrano: Ludovico (interpretato dal talentuosissimo Brando Pacitto in un ruolo insolito), che vive rintanato nel vecchio appartamento della nonna ed è troppo spaventato dalla vita per uscire fuori nel mondo e mostrare se stesso, e Jack (l’ottimo Andrea Lattanzi) che invece ostenta durezza e determinazione.

La convivenza forzata dei due protagonisti, però, si trasforma man mano in un vero e proprio percorso d’iniziazione all’età adulta, alla scoperta dei rispettivi veri caratteri, in un’alternanza di comico e drammatico, di gioia e di dolore. E quando la realtà dura che li bracca spietata arriva a presentargli il conto, dovranno affrontarla, forti di una nuova consapevolezza e di un insperato coraggio.



L’alternanza dei registri del film è accompagnata anche da una cifra stilistica che si muove con abilità fra inquadrature statiche e composte, che ritraggono una suggestiva location come lo storico quartiere popolare di Roma Garbatella (in cui il film è interamente ambientato), e una dimensione estetica più “sporca” e mobile, in cui a soffermarsi sul volto dei due attori è una macchina a mano.

La Svolta è un film che gioca con i generi, presentandosi come una sorta di “road movie da fermo” ma è anche un omaggio al cinema di genere (e non solo). Per l’intero decorso narrativo, infatti, si colgono numerose citazioni e ispirazioni – da quelle più esplicite come il celebre film di Dino Risi Il Sorpasso, a quelle più estetiche che si rifanno all’immaginario letterario del comics.

Il tutto viene accompagnato dalle note e dalle parole di Carl Brave, uno dei rapper più noti e acclamati della scuola romana, che per il film ha scritto e interpretato l’omonimo brano musicale La Svolta.

40 anni positivi. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free

Sono passati quarant’anni dalla pubblicazione sul New York Times di un articolo che documentava l’arrivo di una nuova e sconosciuta malattia poi identificata con AIDS, acronimo di “Sidrome da Immunodeficienza Acquisita”.  Per celebrare quattro decenni di battaglie nei confronti dell’infezione da HIV, la Galleria dei Frigoriferi Milanesi Milano ospita, dal 12 novembre al 5 dicembre 2021, la mostra “40 anni positivi. Dalla pandemia di AIDS a una generazione HIV free”.

La rassegna presenta documenti d’archivio, manifesti, opere d’arte, campagne pubblicitarie che raccontano la grande rivoluzione della cura e dello sviluppo della ricerca scientifica che ha visto radicalmente modificato il proprio corso a cambiare l’approccio verso una medicina partecipata e di prossimità. 

Il percorso espositivo si apre proprio con la copia del quotidiano newyorkese da cui si snoda una narrazione attraverso materiali d’archivio provenienti della Fondazione Corriere della Sera e da quelli delle associazioni milanesi particolarmente attive nella lotta contro l’AIDS. 



Farà da cerniera alla sezione della mostra una galleria con i volti di personaggi che hanno contribuito a definire un salto verso l’autodeterminazione e verso l’abbattimento dello stigma che ancora oggi pesa sulla vita delle persone che vivono con HIV.

Qui si trovano i ritratti dell’artista americano Larry Stanton realizzati nel 1984 poco prima della sua morte o Last Night I took a man di David Wojnarowicz, vera e propria poesia visiva con un forte impatto di denuncia politica e di rivendicazione corporea, o ancora “AIDS: You Can’t Catch It Holding Hands” di Nikki de Saint Phalle. 



Anche la comunicazione visiva si fa coinvolgere con le campagne pubblicitarie di Benetton, dedicate all’AIDS, firmate da Oliviero Toscani e con la fotografia di Therese Frare scattata all’attivista David Kirby, che si rese disponibile a essere immortalato negli ultimi momenti della propria vita come estremo gesto politico.

Particolarmente toccanti sono le immagini scattate da un autore anonimo all’Ospedale Sacco di Milano che documentano la dimensione intima della cura all’interno del reparto di malattie infettive, negli anni più bui della pandemia. 



Uno spazio particolare è dedicato all’installazione immersiva del Names Project AIDS Memorial Quilt (La coperta dei nomi). ll progetto, nato da un’idea di Cleve Jones, prevedeva la realizzazione di pannelli di stoffa su cui erano impressi pensieri e disegni per commemorare amici e familiari scomparsi che, proprio perché morti di AIDS, avevano difficoltà a ricevere i funerali.  



La rassegna prosegue con la documentazione della performance I Miss You di Franko B, e si chiude con una sezione dedicata alla rappresentazione visuale degli studi scientifici Partner 1 e 2, che dimostrano quanto il rischio di trasmissione nei rapporti sessuali non protetti con persone HIV positive in trattamento sia ZERO.

“40 anni positivi” propone anche uno spazio sonoro, realizzato attraverso due opere audio e la composizione dei diversi documenti audio-video, come i preziosi documenti provenienti dall’Archivio GLBT Historical Society.  

La sera dell’inaugurazione, tre attrici – Federica Fracassi, Alessia Spinelli e Lucia Marinsalta – leggeranno testi particolarmente significativi nella lotta contro la malattia, come i Principi di Denver, Last Night I took a man di David Wojnarowicz e una rielaborazione degli studi Partner.

Il Christmas beauty day di Simone Belli

Anche quest’anno è tornato l’evento dedicato al beauty e al benessere ormai diventato un appuntamento glamour e imperdibile per le celebrities del panorama cinematografico e musicale italiano. Per la prima volta l’evento si è svolto all’interno di Palazzo Nainer in un’atmosfera magica e accogliente, a due passi da Piazza del Popolo. Ieri, domenica 12 dicembre Simone Belli ha accolto le celebrities a lui più affezionate per regalare loro un percorso esclusivo dedicato alla bellezza, all’insegna delle tendenze più cool e i must have del Natale e capodanno 2019/2020.

Le prime ad arrivare: Emma Marrone, Luisa Ranieri, Margherita Buy. Non sono mancate le presenze internazionali Tom Arnold, William Baldwin e Elva Trill. A seguire Laura Adriani, Alan Cappelli Goetz, Carlotta Antonelli, Euridice Axen, Tania Bambaci, Demetra Bellina, Valeria Bilello, Carl Brave, Cristina Buccino, Maria Teresa Buccino, Giusy Buscemi Maria Pia Calzone, Cristiana Capotondi, ValentinaCervi, Barbara Chichiarelli, Francesca Chillemi, Ludovica Coscione, Andrea Delogu, Tosca D’Aquino, Elisa D’Ospina, Mariana Falace, Sarah Felberbaum, Isabella Ferrari, Anna Ferzetti, Francesca Figus, Elia Fongaro, Angela Fontana, Iaia Forte, Ludovica Francesconi, Leo Gasmann, Claudia Gerini, Maria Chiara Giannetta, Matilde Gioli, Beatrice Grannò, Lia Grieco, Jun Ichikawa, Sabrina Impacciatore, Samuel Kay, Alessio Lapice, Sara Lazzaro, Antonia Liskova, Valentina Lodovini, Catrinel Marlon, Giulia Michelini, Eliana Miglio, Bianca Nappi, Elisabetta Pellini, Samuel Peron, Nina Pons, Luisa Ranieri, Alba Rohrwacher, Nicoletta Romanoff, Federica Sabatini, Fabrizia Sacchi, Elena Santarelli, Sara Serraiocco, Yvonne Scio, Carolina Signore, Margherita Tiesi, Federica Torchetti, Eleonora Trezza, Paola Turci e Francesca Valtorta.

Simone Belli si conferma anche quest’anno un innovatore di idee e del senso estetico Dopo l’edizione digital 2020, che ha ottenuto un grande successo sui social network, quest’anno il set scelto per inaugurare l’inizio delle festività natalizie è stata l’esclusiva location di Palazzo Nainer: un design moderno e glamour, che racconta un luogo straordinario. Forme e colori studiati per rilassare lo sguardo e accarezzare il cuore. Spazi di charme e servizi attenti, dove ogni ospite è unico e speciale. Cinque piani riservati alla bellezza e al benessere permeati da un’avvolgente atmosfera magica tipica dello spirito natalizio daranno vita ad un vero e proprio beauty hotel. Simone ha puntato sull’emozione e sul desiderio di condivisione per far vivere un’esperienza unica nel suo genere a tutte le celebrities sue ospiti.

Fondazione Sozzani, in arrivo l’attesissima mostra World Press Photo 2021

Fondazione Sozzani ospita, dal prossimo 5 dicembre sino a domenica 8 gennaio 2022, la mostra World Press Photo 2021 dedicata a uno dei più prestigiosi premi di giornalismo visivo mondiale. Giunto alla sua 64° edizione, l’evento riconosce al fotogiornalista vincitore la capacità di sviluppare un progetto di forte rilevanza giornalistica o scatti che abbiano immortalato momenti di straordinaria importanza storica.

Per questa edizione sono state esaminate ben 74.470 fotografie scattate da 4.315 fotografi provenienti da 130 Paesi. I fotografi premiati sono stati 45 e 8 sono le diverse categorie suddivise tra “Foto dell’anno” e “Storia dell’anno” in Attualità, Notizie Generali, Spot News, Ambiente, Progetti a lungo termine, Natura, Sport e Ritratti.



Il concorso internazionale ha già decretato i suoi vincitori. A vincere i due premi più importanti, il “World Press Photo Story of the Year” e il “World Press Photo of the Year” sono stati: Mads Nissen che ha vinto la “Foto dell’anno” con The First Embrace  (l’immagine immortala un’anziana abbracciata per la prima volta dopo cinque mesi attraverso una tenda di plastica durante la pandemia da Coronavirus) e l’italiano Antonio Faccilongo che ha ricevuto il premio “Storia dell’anno”.

La giuria, presieduta da NayanTara Gurung Kakshapati (fondatrice e direttrice della piattaforma photo.circle in Nepal), ha visto impegnati Ahmed Najm di Metrography Agency, prima agenzia fotografica Irachena; Andrei Polikanov, visual director del giornale online russo “Takie Dela”; Kathy Moran, vicedirettrice della fotografia del “National Geographic” (USA); Kevin WY Lee, fotografo e direttore creativo di Singapore; Mulugeta Ayene, fotografo etiope; Pilar Olivares, fotografa peruviana dell’agenzia Reuters. A causa della pandemia, la valutazione si è svolta online.

Gli scatti vincitori

Mads Nissen, Danimarca. World Press Photo of the Year – Primo premio. La fotografia immortala una donna abbracciata da un’infermiera dopo cinque mesi di cure in ospedale. Un’immagine che racconta la solitudine di quei lunghi giorni trascorsi a lottare tra la vita e la morte, rincuorati dal sostegno di un sanitario.



Antonio Faccilongo, Italia. World Press Story of the Year – Primo premio. Lo scatto è la storia in diapositiva di una donna che attende il proprio marito dopo una lunga detenzione in un carcere israeliano. Nella camera da letto dove la donna conserva ancora i beni affettivi dell’uomo, il tempo sembra sospeso. Iman Nafi è il palestinese che detiene il triste primato per la detenzione più lunga nelle carceri israeliane.



 Maya Alleruzzo, Stati Uniti. Attualità – Secondo premio. Layla Taloo posa per un ritratto nella propria casa a Sharya, in Iraq, il 9 settembre 2019, con il velo integrale e l’abaya che ha indossato come schiava di militanti dello Stato Islamico per due anni e mezzo.



Ralph Pace, Stati Uniti. Ambiente – Primo premio. Un leone marino si avvicina pericolosamente ad una mascherina sanitaria presso il sito di immersione Breakwater a Monterey, California, USA, il 19 novembre 2020.



Ami Vitale, Stati Uniti. Natura – primo premio. Protagonista dello scatto è una giraffa di Rothschildche  viene tratta in salvo grazie a una chiatta su misura dall’isola allagata di Longichoro, sul lago Baringo, nel Kenya occidentale, il 3 dicembre 2020.



Luis Tato, Spagna. Natura – terzo premio Storie. In primo piano l’agricoltore Echom Ekiru immortalato in un campo di mais a fare i conti con i danni recati dal passaggio delle locuste del deserto, a Kalemngorok, contea di Turkana, in Kenya, il 3 giugno 2020.



Roland Schmid, Switzerland. General News – Secondo premio, Storie. Josephina di Arbon, svizzera, e Josef di Singen am Hohentwiel, tedesco, sono una coppia da 30 anni. Ora gli innamorati si incontrano tre volte alla settimana al confine chiuso tra Kreuzlingen, in Svizzera, e Costanza in Germania, per potersi almeno vedere. 30 marzo 2020.



Nadia Buzhan, Bielorussia. Spot News – Secondo premio. La donna impugna un mazzo di fiori davanti a una porta, non una qualsiasi. Olga Sieviaryniec, infatti, aspetta il marito Paval fuori da un centro di detenzione in via Akrestsin, Minsk, Bielorussia, il 22 luglio 2020.



Alisa Martynova, Russia. Ritratti – Secondo premio, Storie. Il protagonista dello scatto che immortala un viso in penombra è Christ, nato in Gabon e giunto in Italia per studiare economia all’università, a Firenze, in Italia, il 13 giugno 2020.



Fereshteh Eslahi, Iran. Sport – Terzo premio, Storie. Saeed e la moglie Maedeh tornano a casa dopo aver visto l’allenamento di motocross a Gachsaran, in Iran, l’11 dicembre 2020. Maedeh è un motociclista.



Lorenzo Tugnoli, Italia. Spot News – Primo premio, Storie. La foto immortala un momento concitato nel quale i vigili del fuoco tentano di spegnere il vasto incendio scatenatosi all’interno dei i magazzini a Beirutt, Lebanon, il 4 agosto 2020, dopo un’intensa esplosione nel porto. Dieci vigili del fuoco sono rimasti uccisi.



Gabriele Galimberti, Italia. Ritratto – primo premio, Storie. Torrell Jasper (35) posa con le sue armi da fuoco nel cortile della sua casa a Schriever, Louisiana, USA, il 14 aprile 2019. Ex marine statunitense, ha imparato a sparare da suo padre da bambino.


Cover: Tatiana Nikitina

Teodoro Giambanco, la poliedricità come cifra attoriale (e artistica)

Da ex bambino fissato con l’osservazione degli altri, per Teodoro Giambanco quello per la recitazione è stato «un amore a prima vista», sbocco naturale della precoce inclinazione ad assimilare gesti, comportamenti e storie altrui, facendone la base su cui costruire interpretazioni fuori dagli schemi (vedi quelle di Riccardo va all’inferno o Cobra non è) sviluppate meticolosamente, curando ogni aspetto.
Impegnato attualmente sul set di Màkari, il 30enne attore romano metterà presto alla prova il suo talento multiforme col canto (tra i suoi progetti una serie di live con la band Superfluuuo), sogna – non a caso – un musical e si dichiara pronto ad accogliere tutto ciò che questo mondo, lavorativamente parlando, potrà offrirgli, segni del tempo inclusi, perché rappresentano «un’opportunità per sperimentare con personaggi inediti».



Hai girato da poco una serie, in uscita il prossimo anno, cosa puoi anticiparci?

Si intitola Più forti del destino, uscirà su Canale 5 nei primi mesi del 2022; è un adattamento della miniserie francese Le Bazar de la Charité, ambientata anziché a Parigi a Palermo, nel 1886, dove un incendio scoppiato durante l’Esposizione Nazionale provoca decine di vittime, in gran parte donne. La trama si concentra proprio sulle figure femminili, affrontando anche il tema delle difficoltà sociali con cui devono fare i conti le protagoniste, un argomento purtroppo ancora drammaticamente attuale.
Il mio personaggio sarà presente in tutte le puntate, è stato stimolante poter lavorare su un ruolo inquadrato in un arco narrativo lungo e ben definito.

Hai esordito in SMS – Sotto mentite spoglie 14 anni fa, a seguire numerosi altri ruoli tra cinema, tv, teatro, videoclip. Come riassumeresti il percorso compiuto finora, sotto il profilo sia professionale che umano?

Come un continuo arricchimento, in entrambi i sensi. Ogni esperienza, positiva o negativa, ha rappresentato un’occasione di crescita, è come nella vita, si impara di più dai momenti difficili. Questo percorso è stato una grande scuola, credo che l’esperienza sul campo sia la più efficace, senza nulla togliere alla costante ricerca e all’approfondimento, cruciali nel nostro mestiere, né alla cura del corpo, lo strumento principale per un attore, da allenare continuamente, anche e soprattutto a livello mentale ed emotivo.

Hai trascorso un periodo a Los Angeles per studiare recitazione, quali sono secondo te le principali differenze tra la scena attoriale americana e quella italiana? Pensi ci siano elementi che il mondo dello spettacolo nostrano dovrebbe “rubare” alla controparte Usa?

Frequentando vari corsi e laboratori a Los Angeles ho avuto modo di lavorare perlopiù con giovani attori, una cosa che ho notato è il livello di preparazione, mediamente davvero alto, probabilmente perché negli Stati Uniti produzioni e investimenti sono ingenti, la visibilità è maggiore e così le possibilità.
L’invito che mi sento di fare al nostro settore è rivolgersi a un pubblico più ampio, allargare i confini attraverso storie nuove, personaggi eterogenei e inclusivi; sono dinamiche a dire il vero già in atto, diversi film o serie italiane stanno avendo un ottimo riscontro all’estero.


Total look: Alexander McQueen

Denoti una certa attitudine al trasformismo, alcuni personaggi da te interpretati risultavano d’impatto anche sul piano visivo, con chiome ossigenate e costumi a dir poco elaborati (penso a Riccardo va all’inferno, Alice e il Paese che si meraviglia, Cobra non è), prediligi le parti che richiedono cambiamenti radicali?

Più che prediligerle penso di attrarle, alla fine non è questione di scegliere quanto di esser scelti, sicuramente sono nelle mie corde. La trasformazione, radicale o meno, è in fondo l’essenza della recitazione, i personaggi da interpretare sono in genere lontani dalla propria personalità. Adoro il trasformismo “estremo” perché trovo mi dia grande libertà di espressione, così facendo riesco cioè a muovermi in uno schema ampio, giocando e variando di più.

Quali sono i ruoli che ti hanno segnato, che ti porti dentro?

Sono particolarmente legato a quelli di Riccardo va all’inferno, Alice e il Paese che si meraviglia e Cobra non è, perché mi hanno permesso di esprimermi a 360 gradi.

Hai dichiarato che per te è fondamentale l’osservazione degli altri, cerchi di coglierne determinati dettagli per utilizzarli poi in scena. Come ti approcci in genere al tuo alter ego sul set?

L’approccio parte sempre da un’analisi iniziale dei vari elementi, comincio così a formarmi delle idee, delle intuizioni sul personaggio, da sviluppare in seguito attraverso una ricerca sia emotiva che espressiva, che mi porti a elaborare tutta una serie di emozioni, stati d’animo, relazioni che potrebbero instaurarsi.
Sono piuttosto preciso, penso che la metodicità, lo studio approfondito su più livelli mi consentano di esprimermi al meglio, paradossalmente persino di improvvisare.

Avendo interpretato ruoli esteticamente impattanti, appunto, penso tu abbia dimestichezza con make-up e outfit, quanto conta secondo te il look del personaggio?

È fondamentale, è proprio durante le prove con trucco, parrucco e costumi che lo vedi prendere vita per la prima volta. Tengo molto al look del personaggio, mi rasserena che abbia un’esteriorità che mi piace e sia in linea con quanto immaginavo.



A livello personale, che rapporto hai con la moda, ti incuriosiscono o piacciono dei brand in particolare?

Sono attratto dalle mode di ogni epoca, le ritengo una forma di espressione personale, un mezzo di comunicazione a misura del singolo individuo. Non saprei indicare marchi specifici, non riuscirei nemmeno a categorizzare il mio stile, riflette il mio essere poliedrico, costantemente mutevole.
Inoltre avendo avuto a che fare da subito con costumerie e sartorie, per via del lavoro di mio padre, apprezzo particolarmente questo lato se vogliamo artigianale, di pura creazione del cinema che, in quanto settima arte, le comprende tutte.

C’è un ruolo o genere con cui vorresti metterti alla prova?

Direi un personaggio realmente esistito, così da avere riscontri tangibili, immediati. Per ciò che riguarda il genere, invece, un musical, lo adoro in quanto unione di tre discipline (recitazione, canto e danza) che mi affascinano enormemente.

Scorrendo il tuo profilo Instagram, mi ha colpito la ricercatezza delle immagini, sei un appassionato di fotografia?

Con un papà scenografo e una mamma libraia, sono cresciuto tra centinaia di libri fotografici e mi è rimasto un senso della forma, della composizione, in generale estetico molto forte, quasi una “condanna”, nel senso che ogni volta studio con estrema attenzione ogni scatto o immagine da pubblicare.



Hai progetti work in progress di cui puoi svelarci qualcosa? Come ti immagini tra dieci anni?

Sono sul set della seconda stagione della serie Màkari, in questo momento mi trovo in Sicilia, nella Valle dei Templi, posto meraviglioso.
Un progetto musicale cui tengo molto, che dovrebbe partire a breve, è Superfluuuo: mi ha coinvolto un mio caro amico, Edoardo Castroni, e stiamo organizzando dei live per i prossimi mesi. Sarà una prima volta, più che cantare interpreterò dei brani, vivendo insomma un nuovo ruolo; credo che il canto sia affine alla recitazione, ti viene fornito l’equivalente di un copione e sta a te farlo vivere.
Tra dieci anni mi vedo, per l’appunto, con dieci anni in più sulla spalle, il mestiere dell’attore cresce con te e sono curioso di vedere cosa accadrà. Non temo di invecchiare, anzi, lo considero un’occasione, le rughe rappresentano un’opportunità per sperimentare con personaggi inediti, a cui prestare un bagaglio di esperienza più ricco e sfaccettato; tanti attori, con l’età, hanno raggiunto un successo ancora maggiore, spero di fare altrettanto.

In apertura, total look: Alexander McQueen

Photographer: Maddalena Petrosino

Art Director: Davide Musto

Ph. Assistant: Valentina Ciampaglia

Grooming: Marta Ricci x @simonebellimakeup 

Location: Teatro Brancaccio

FAB 5, i cinque più scaricati dalle piattaforme

Partiamo dal fatto che sono ancora troppo poche le persone che prendono il loro tempo per andare in sala a vedere il film in uscita al cinema, già eravamo un popolo di pigri prima della pandemia ed ora che i contagi risalgono, il flusso di capienza è sempre più basso.

La soluzione delle case di produzione e del pubblico sono state e rimangono Netflix, Sky ed Amazon Prime Video che ogni settimana ci offrono prodotti diversi con cui intrattenerci tranquillamente a casa. Ecco i 5 Best della settimana.

  1. Strappare lungo i bordi, disponibile su Netflix dal 17 Novembre è la serie animata di Zerocalcare che ha conquistato sin dai primi giorni di uscita il cuore degli spettatori e quello dei contenuti.

Nonostante la polemica su dialetto romano troppo accentuato ed a tratti forse non comprensibile a tutti, posso dire che anche se mi son perso un paio di parole, il risultato non cambia, è un lavoro pazzesco, che fa breccia dove vuole mirare.

Un vero spaccato sui nostri ragazzi Millenial di oggi, che non hanno idea di cosa fare del loro futuro, si laureano, fanno master per poi rimanere disoccupati, e l’unico vero lavoro è quello di mandare curriculum.

  • Squid Game, sempre su Netflix, diventato popolare in pochissimi giorni, in tutto il mondo, si può tranquillamente definire il fenomeno dell’anno, abbiamo visto ragazzi vestiti con i costumi della serie ad Halloween, insomma proprio come era successo per la casa di carta.


La serie si rifà a questo gioco mortale che dilaga tra i ragazzi, insomma non un esempio ma uno spaccato della realtà.

La parte drammatica è arrivata la scorsa settimana con il rientro di un o studente in Korea del Nord, il quale avendo introdotto nel paese una chiavetta USB con la serie TV, e dopo averla fatta vedere ad alcuni amici, la ha venduta ad altri.

Tutto questo è proibito nel regime del Nord, pena la fucilazione, era solo un ragazzo del liceo.

  • Vita da Carlo, su Amazon Prime Video, che è la rappresentazione della vita di Carlo Verdone, uno degli attori comici italiani più amati dal pubblico, che credo davvero sia valsa la pena di raccontare, perché quando si è così popolari la sottile linea del “sei uno di famiglia” e il “non ci conosciamo” è davvero molto sottile.


Quindi la richiesta ostentata dei selfie in qualsiasi momento anche il più intimo e privato, dove però Carlo cerca sempre di esimersi dal dire di no.

Arrivando a qualche anno fa quando era girata la bufala, che poi tanto bufala non era che Verdone si volesse candidare sindaco, anche se non lo ha mai pensato si è ritrovato a rifletterci per qualche giorno per come smentire la notizia.

  • Un castello per Natale, su Netflix, è si i film con tematica Natalizia si avvicinano, e questo sembra raccogliere ottimi feedback da ogni parte, sarà forse anche la presenza della nostra amata Brooke Shields, che per chi è stato un ragazzo negli anni 80’ ha rappresentato una vera icona di bellezza per un paio di decenni, partendo da quella pubblicità di jeans per Calvin Klein che recitava così: “sotto i miei Calvin? Niente!”.


Un castello per Natale è un film di Mary Lambert con Cary Elwes, Brooke Shields, Vanessa Grasse, Suanne Braun, Lee Ross. La sceneggiatura è stata scritta da Kim Beyer-Johnson, Ally Carter. I produttori esecutivi sono Steve Berman, Brad Krevoy. Montaggio a cura di Suzy Elmiger. La colonna sonora è stata composta da Jeff Rona.

In fuga da uno scandalo, la scrittrice Sophie è in Scozia, quando si innamora di un antico castello e decide di acquistarlo. Ma l’attuale proprietario, il riottoso Duca di Myles, non intende vendere a una straniera.

  • Tiger King, è arrivata la seconda stagione su Netflix di questi pazzi proprietari di Zoo negli Stati Uniti, che se non fosse un docu-film, sembrerebbe una sceneggiatura Hollywoddiana, invece è tutto vero.


Sono allevatori di animali selvatici come leoni e tigri che negli anni passati si erano guadagnati il cuore della middle class americana offrendo delle vere e proprie experience in zoo privati. La verità è che maltrattamenti, mafia, persone sbranate, droga ed alcool erano all’ordine del giorno per tutti quelli che lavoravano in quel circuito.

Cover: Strappare lungo i bordi

Nasce la collezione TOILETPAPER BEAUTY: l’incontro tra LA BOTTEGA e TOILETPAPER

La sperimentazione di TOILETPAPER, il progetto editoriale di sole immagini a firma di Maurizio Cattelan e Pierpaolo Ferrari, si conferma ancora una volta senza confini, presentando una collaborazione con LA BOTTEGA, azienda italiana da oltre quarant’anni leader di mercato nel settore cosmetico per hotel di lusso, la collezione TOILETPAPER BEAUTY.

L’irriverente e sempre originale immaginario di TOILETPAPER contamina così il mondo del beauty, dando origine a una serie di prodotti Made in Italy – per ogni angolo del corpo e della casa –, frutto della consolidata expertise de LA BOTTEGA, azienda che fornisce i più prestigiosi hotel del mondo, quali Four Seasons, The Peninsula, Mandarin Oriental, St. Regis, J.K. Place, Faena, Rocco Forte, con linee cosmetiche personalizzate e sartoriali.



La collezione, che si distacca radicalmente dalla tradizionale estetica del settore, si pone come uno “statement” inaspettato, un invito a prendersi cura di sé con divertimento e ironia, lasciandosi trasportare in un mondo estatico, profumato e surreale, capace di coinvolgere tutti i sensi e stimolare l’immaginazione.

Creatività olfattiva e narrazione visiva infatti caratterizzano tutti i prodotti, la cui specificità è raccontata attraverso lo studio di ogni elemento, il design, la fragranza, il packaging: le immagini oniriche e spiazzanti evocano usi improbabili, situazioni enigmatiche e visionarie, trasformando i prodotti della collezione in veri e propri oggetti del desiderio.




La rivoluzionaria collezione si compone delle linee per la cura della persona, della casa e del tempo libero: HAIR per i capelli (shampoo e conditioner), BATH&BODY per coccolare e viziare il corpo (shower gel, body lotion, body oil, body scrub, saponi e balsamo per labbra), HANDS per curare le mani (sapone mani, gel detergente, spray detergente, crema mani).                                            
L’esperienza di TOILETPAPER BEAUTY si estende anche alla casa con la linea HOME per profumare gli spazi domestici con fragranze e diffusori, ma anche per lavare le stoviglie con l’inaspettato sapone per i piatti. 



E ancora, la linea LEISURE WEAR che comprende abbigliamento e accessori (tra cui pigiami, vestaglie, calzini) per contaminare a tutto tondo i momenti di relax con lo spirito irriverente del magazine.

Irresistibili i kit che mixano i vari prodotti della collezione: HAIR&BODY, HOME, SOAP, HAND, SOLID COSMETIC con il loro packaging da collezione sono l’idea regalo perfetta per una sorpresa fuori dagli schemi.

Perché Virgil Abloh è stato una figura fondamentale della moda

Con la scomparsa, a soli 41 anni, di Virgil Abloh, fondatore di Off-White nonché direttore artistico del menswear di Louis Vuitton, il fashion system perde una figura assolutamente centrale, di cui è impossibile sopravvalutare l’operato.
In nemmeno un decennio di carriera, infatti, questo creativo di origini ghanesi nato a Rockford, nel Midwest americano, ha innescato – quando non plasmato – dinamiche diventate una consuetudine per la moda tutta, dall’attesa smodata dell’ennesima capsule collection in edizione – ovviamente – limitatissima al culto per prodotti (sneakers in primis, ma anche felpe, t-shirt, cappelli e altri capi/accessori mutuati dallo sportswear) un tempo marginali e innalzati, ora, allo status di sacro graal dei fashionisti 2.0, dal fenomeno del resell (per cui gli oggetti del desiderio di cui sopra vengono rivenduti sulle piattaforme dedicate) alla contaminazione tra forme di creatività e input provenienti da ambiti quali musica, entertainment, arredamento, showbiz… Soprattutto, è stato il demiurgo dell’ibridazione, ormai pienamente compiuta, dell’abbigliamento urban con la moda racé, spinta ad un livello tale per cui è spesso difficile capire dove cominci l’uno e finisca l’altra; se, insomma, l’espressione luxury streetwear oggi risulta persino banale, e certo non suona più come un ossimoro spericolato, il merito va attribuito in gran parte proprio ad Abloh.



Architetto di formazione, con tanto di master conseguito all’Illinois Institute of Technology, e outsider per vocazione, come ribadirà lui stesso più volte, per la sua carriera è determinante l’incontro con Kanye West nel 2003: per il rapper (e produttore, imprenditore, ex marito di Kim Kardashian e, come dimostra il caso in questione, formidabile talent scout) sarà una sorta di factotum, occupandosi di art direction degli album (cura ad esempio la cover di Graduation, insieme alla superstar dell’arte pop Takashi Murakami, mentre Watch the Throne gli vale una nomination ai Grammy del 2011, nella categoria “Best Recording Package”) come pure del merchandising e dell’immagine dei tour di Ye, fino ad essere nominato alla guida di Donda, l’agenzia creativa di West.
Dopo la parentesi di Pyrex Vision, nel 2012, il salto di qualità avviene l’anno successivo con Off-White, label che lo proietterà nell’olimpo dell’industria fashion, dove si premura di abbattere steccati e distinzioni effettivamente fruste a colpi di pezzi easy e appariscenti, marchiati con segni grafici trasformatisi, in men che non si dica, in sinonimi della visione esuberante, costantemente mutevole di Abloh: virgolette tautologiche, che esplicitano natura o funzione d’uso del capo, frecce divergenti, strisce diagonali (attinte dalla segnaletica stradale), tag dai colori sparati a mo’ di cartellino antitaccheggio.


Backstage at Off-White Men’s Fall 2019

Ridurre a pochi, precisi tratti l’estetica di Abloh è però alquanto complicato, considerato che, da buon dj (altra attività cui presta occasionalmente il suo talento multitasking), campiona di continuo spunti disparati, passando dal rileggere da par suo dieci scarpe paradigmatiche di Nike (nella limited edition The Ten, nel 2017) ai capolavori di Leonardo o Caravaggio replicati sulle magliette, dai cut-out di fontaniana memoria alle linee sempre un po’ sbilenche degli abiti. Per descrivere il suo modus operandi, un iperattivismo che va ben oltre la moda in senso stretto, si potrebbe forse scomodare la Gesamtkunstwerk, il concetto di opera d’arte totale teorizzato da Richard Wagner, sostituendolo con quello di un design totale e totalizzante, da mettere al servizio del ready-to-wear come dei complementi d’arredo in tandem con Ikea, al solito in bilico tra boutade e pura funzionalità, delle automobili (ossia la versione “scarnificata”, di un bianco abbacinante, della Mercedes-Benz classe G, la «scultura di una macchina da corsa» nelle parole dell’autore), delle sveglie Braun ideate dal guru della progettazione industriale Dieter Rams (tinte di arancione o in una pallida tonalità di azzurro), del packaging delle bottigliette d’acqua Evian, e via così.
Il numero di collaborazioni accumulatesi negli anni è sterminato: nell’elenco, per forza di cose parziale, figurano marchi quali Moncler, Rimowa, Jimmy Choo, Chrome Hearts, Timberland, Vitra, Gore-Tex, Moët & Chandon, McDonald’s, e si potrebbe andare avanti.



I riscontri fenomenali delle collezioni di Off-White, idolatrate specialmente da Millennials e giovanissimi della Gen Z, preludono alla definitiva consacrazione di Abloh tra i big del fashion, che arriva nel 2018, annus mirabilis in cui finisce nella classifica delle 100 persone più influenti al mondo del Time e approda alla direzione della divisione maschile di Vuitton, primo afroamericano a capo dell’ufficio stile di una storica maison di lusso. Per l’uomo della griffe sforna a raffica tormentoni dal côté immaginifico, spargendo a piene mani, su pelletteria e abbigliamento, il celebre monogramma, piegato ai suoi capricci e umori del momento, reso ora olografico ora fluo, smaterializzato in nuvolette à la Magritte oppure inserito in “colature” di canvas nelle borse Louis Vuitton X NIGO
Piaccia o meno, la frammentarietà della moda odierna, un magma dai mille rivoli che si riversano anche (e soprattutto) nella dimensione digitale prediletta dalle nuove generazioni, negli ultimi anni ha trovato il suo massimo interprete in uno stilista “per caso”, la cui storia è destinata – a ragione – ad essere raccontata nei libri del settore.



Per l’immagine in apertura, credits: ph. by Peter White/Getty Images

I piatti dello Chef stellato Paolo Griffa sono la dedica di Ruinart al mondo dell’arte

Una cena stellata ad alta quota firmata dallo Chef Paolo Griffa che ha celebrato uno champagne con una lunga tradizione e allo stesso tempo estremamente innovativo nella suggestiva cornice alpina del ristorante Petit Royal all’interno del Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur.

Un menù ispirato alle opere dell’artista David Shrigley – ultimo di una lunga serie di artisti a cui la Maison si accosta nel rispetto di una tradizione legata al binomio champagne – cultura, al quale viene data carta bianca per creare delle opere d’arte che sappiano interpretare lo spirito di Ruinart: un percorso di contaminazione ambizioso che non a caso prende il nome di Carte Blanche.
Una storia d’amore tra Maison Ruinart e il mondo dell’arte che ha inizio durante il regno di Luigi XIV, quando Dom Thierry Ruinart, lo zio del fondatore diventa “Master of Art” nel 1674. Da allora, la storia di questo champagne è andata di pari passo con la missione di supportare le nuove generazioni dei talenti creativi che si sono succedute nel tempo.



David Shrigley, visual artist dotato di una vivace ironia, è riuscito a tradurre la filosofia del brand attraverso una serie di opere riunite sotto il nome di “Unconventional Bubbles” che attraverso la matericità della scultura e la potenza visiva delle arti visive ha interpretato il processo di vinificazione di Ruinart, presentato al pubblico in occasione del Miart a a Milano.

Paolo Griffa, stella Michelin dal 2019, da quest’anno all’interno del circuito Ruinart Assemblage 1729, il network della più antica Maison de Champagne che include selezionati ristoranti italiani, ha disegnato un percorso di gusto caratterizzato da una visione estetica di grande impatto visivo, ispirato alle opere di Shrigley che ben interpretano le bottiglie e il processo di vinificazione della Maison e dal concept disruptive come l’universo poliedrico di Ruinart.
Dal mosaico di verdure ispirato all’opera d’arte “Thousands of bottles of champagne! In a giant hole in the ground” ai bottoni ripieni di patate, erbe e funghi, che evocano l’immagine, vista dall’alto, delle bottiglie che riposano nelle cave in attesa di raggiungere il livello di perfezione richiesto dalla qualità della Maison Ruinart e della diversa personalità che ogni bottiglia è in grado di custodire nel suo processo di vinificazione che anche di David Shrigley ha rappresentato nel suo “Each bottle is the same and Each Bottle is different”. Fino alla sua “Break Second Skin”, che nasconde una faraona cotta con foglie di fico e spinaci, servita insieme a un martello per vivere insieme una vera esperienza “di rottura” e di stupore, nel sapore e nell’estetica. La Second Skin di Ruinart, unicamente in carta riciclabile va a sostituire i vecchi coiffeur in versione gioiello senza impattare l’ambiente, da un mese disponibile nel suo formato magnum.
E infine, “upside-down” un dessert coperto da una cloche che quando viene alzata il piatto rimane apparentemente vuoto, in quanto il dolce rimane nella cloche. Si tratta di una cheescake alla vaniglia, pan di spagna al miele d’acacia e tè al matcha. Per completare il dolce fragoline di bosco, fragole, lamponi, mirtilli e un gel di yuzu che dono al piatto una nota acida e agrumata.



Ogni piatto pensato a regola d’arte dallo chef stellato Paolo Griffa sono le tappe di un percorso gastronomico che, come un sottofondo musicale, sono stati accompagnati da Ruinart Blanc de Blancs, Ruinart Vintage 2011,  Ruinart Rosé, Ruinart Rosé, sapientemente raccontati da Silvia Rossetto, senior Marketing Manager della Maison Ruinart.


Bagheria direzione Bologna : il gran bazaar musicale firmato Gen Z è Giuse The Lizia

Novembre 2021. Incontro sotto i portici bolognesi il giovanissimo palermitano Giuse The Lizia all’alba della pubblicazione del suo primo EP, Come Minimo. Un progetto musicale che nasce nel segno della contaminazione e dei generi che lo rappresentano rap, hip-hop, synth pop, indie e punk rock. 

Hai soli 19 anni e un a dir poco recente approccio allo strumento che, nella tua terra d’origine, ti ha portato a suonare in una cover band degli Strokes. Un carico indie rock così importante ha influenzato le tue attuali scelte stilistiche?

Sicuramente si. Ho ascoltato indie rock per tutto il periodo selle superiori e le influenze si sentono. In generale, ogni volta che mi metto a scrivere o a suonare prendo ispirazione da ciò che fa parte della mia memoria musicale.

Bagheria direzione Bologna,il confronto con un tessuto universitario ricco di stimoli adesso è parte della tua quotidianietà. Come minimo di sei visto proiettato in un ambiente totalmente diverso. Raccontaci le tue giornate tra lezioni , sessioni e una massima cura dei dettagli nel panorama social (Giuse ha un volto attoriale che su Instagram viene enfatizzato da scatti analogici che rispecchiano anche i suoi sound).

Le giornate passano sempre molto veloci, provo ad incastrare tutti i miei impegni e la sera sono distrutto. Quando sono libero scrivo o ascolto nuova musica.



Come Minimo, è anche il titolo del tuo primo EP, recentemente pubblicato, nato dalla collaborazione con il tuo amico Mr Monkey. Hai raggiunto dieci tracce ed è stato anticipato da ben 3 singoli. Affermi che si tratta di un brano “onesto” nato dall’emotività pandemica che ha profondamente segnato la Generazione Z. Quanta introspettività è presente nell’EP e come pensi si evolverà il tuo stile di produzione in futuro?

L’introspezione è presente in tutti i pezzi, ogni volta che scrivo qualcosa racconto di me al 100%. Tento di non essere troppo didascalico perché mi piace pensare che chi ascolta possa rivedersi nei brani. In Come Minimo mi metto particolarmente a nudo. Del resto, stavo veramente male e serviva una canzone che fissasse il sentimento.

Lo stesso EP è un gran bazaar di generi che si contamina e si fonde con ispirazioni indie, rap, hip-hop, synth pop ed un leggerissimo punk rock. Mi viene voglia di chiederti la tua playlist Spotify.

Ne ho diverse! Sono tutte molte contaminate, dal cantautorato all’indie rock, passando per il rap ed ultimamente anche un pò di trap! Ascoltare tanto aiuta ad essere elastici anche nel produrre la propria musica.

Quali sono gli obiettivi che ti sei prefissato per i prossimi mesi?

Tanti concerti e tanta musica. No spoiler ma voglio assolutamente far conoscere l’EP in giro per l’Italia. Stay tuned!

Cover: Stefano Bazzano

Hockerty, incrementa del vendite del +70% e lancia una collezione esclusiva

La startup di abbigliamento su misura online ha registrato un incremento delle vendite pari al +70% nel 2021.

Hockerty, a startup che sta rivoluzionando il mondo della sartoria, ha annunciato di raggiungere $20 milioni di vendite entro la fine del 2021. Nonostante la difficile situazione globale causata dalla pandemia di Covid-19, le vendite di abiti su misura sono aumentate del +70%. L’aumento delle vendite è connesso anche al lancio di nuovi prodotti e servizi, tra cui calzature su misura e jeans su misura . Inoltre, Hockerty ha appena concluso acquisito della società spagnola altamente innovativa, Bullfeet, che offre sneakers personalizzate realizzate con pelle vegan. 

La Collezione Limitata

Hockerty festegga la sua crescita e sceglie il campione olimpico spagnolo Saúl Craviotto, cinque volte medaglia d’oro in kayak, come Brand Ambassador. Dalla partnership con Saúl nasce una collezione esclusiva in edizione limitata che si compone di camicie sui toni dell’azzurro con impercettibili trame a l’elemento del plurimedagliato: l’acqua. La collezione si compone poi di capi perfetti per le festività natalizie, come lo Smoking nero pura lana o l’abito con gilet di Lana Merino.

In un’epoca in cui il futuro della moda è sempre più connesso al digitale, il punto di forza di Hockerty è proprio il suo essere digital native e servire clienti in tutto il mondo. Dalla sua fondazione, Hockerty è cresciuta in modo significativo, espandendosi in tutta Europa e negli Stati Uniti, ad oggi il suo principale mercato per fatturato, seguito da Germania, Francia, Regno Unito e Australia. 

Alla base della crescita una chiara filosofia: un guardaroba per tutti, indipendentemente dall’età, dallo stile o dalla taglia. Perché la moda non deve dividere, non deve classificare, ma deve essere un mezzo per esprimere se stessi. Per questo non esistono taglie standard: tutto è fatto su misura per abbracciare tutti i gusti e tutti i corpi.

Una produzione solamente su ordinazione significa anche allontanarsi dagli stock e dall’invenduto del fast fashion. In Hockerty non vi è nessuna giacenza, nessuno spreco.

“C’è una vera mentalità zero waste dietro i nostri metodi di produzione.” – Alberto Gil, Co-founder 

Il co-founder di Hockerty, Alberto Gil, afferma: “I nostri prodotti sono realizzati solamente su richiesta, il che significa che c’è una vera mentalità zero waste nei nostri metodi di produzione. Nessun magazzino, prodotti extra o sovrapproduzione” .  Non solo, i metodi si produzione si avvalgono di tecnologie tali per cui l’impatto ambientale è minore. Ad esempio, i jeans sono realizzati generando un risparmio pari a: -80% di acqua,-60% di energia elettrica, -55% di prodotti chimici, rispetto a un jeans standard.
 

Christiane Filangieri, bella ed austera con un’ironia da 10 e lode.

Christiane Filangieri, che per esteso fa: di Candida Gonzaga, ma come si definisce lei la cosa che conta è essere nobili d’animo, il resto non ha importanza, vale solo l’educazione che hai ricevuto, e che lei riconosce a suo padre, gentil uomo napoletano.

Segni particolari, bellissima, un percorso artistico iniziato tanti anni fa con Miss Italia, per autodefinizione, non ha mai ambito al primo posto, preferisce la sua zona di comfort che le permette di vivere la sua vita e la sua famiglia come vuole.

Ora in onda nella fiction di RAI1 con ascolti record “Un professore” per la regia di D’alatri ed al fianco di Alessandro Gassman.

Christiane Filangieri di Candida Gonzaga, mi dici a quale punto sei nobile così capisco come posso pormi?

Sono nobile d’animo, questo è quello che desidero essere il messaggio, mio padre è stato un grandissimo signore fino alla fine, non si è mai dimenticato di dire grazie a nessuno, il vero napoletano elegante, quindi, questo ho imparato da lui.

Della nobiltà che ce ne “import” (alla napoletana).

Sei super amata e super talentuosa, un successo dopo l’altro, “Mina settembre” prima e ora “Un Professore”, cosa mi dice quest’ultima fiction?

Partiamo dalla regia di D’Alatri che è una persona dedita al suo lavoro e di una umanità incredibile. Lo avevo conosciuto qualche anno fa per un provino e vidi proprio l’amore del regista per il lavoro dell’attore, che non è mai così scontato.

Alla fine, non andò in porto quel progetto, ma come dico sempre nella vita non si sa mai, alla fine i provini sono sempre delle lezioni.

E poi proprio per la stima reciproca mi ha chiamato per “Il commissario Ricciardi”.

Ed ora mi ritrovo nuovamente sul set con lui, accanto ad Alessandro Gassman, che è sempre vero e naturale senza troppe smorfie e soprattutto credibile anche nel ruolo del professore nonostante lui dica di essere sempre andato male a scuola.

Parlami del tuo personaggio nel ruolo di Floriana, chi è?

Anche qui sono nuovamente una donna del mistero, si vedono dei flashback, non è chiaro ancora, infatti ho tutti gli amici che fanno ipotesi, ma io non dico nulla, devono vedere tutte le puntate!

Mi divertiva l’idea di esserci poco ma che comunque dalla scena iniziale si è intuiva che il loro matrimonio è finito per un motivo X, e poi si scoprirà con tutto l’amore, la dolcezza e la tristezza che ci può essere stata in un rapporto.



Tu riesci a vivere una vita serena senza social, spiegami il tuo segreto?

Più vado avanti e più ci credo che la mia scelta di astenermi sia stata quella giusta per me, tutti voi state impazzendo e io no, alla fine che bisogno c’era di vivere così dicendo tutto quello che un fa o non fa.

Io devo conoscere e coltivare quello che conosco, mi piace avere le chat con le amiche di sempre quello si, ma il bisogno di esternare come fanno quasi tutti i miei colleghi attori io non ce l’ho.

A me l’idea che tutti abbiano sempre qualcosa da dire un po’ mi spaventa.

Non ti viene mai neanche la curiosità di dire provo, o ti è venuta in passato?

Assolutamente mai, il mio ufficio stampa oramai ci ha perso le speranze, sono una causa persa.

Ho un figlio che a breve molto probabilmente mi chiederà, ed a questo mi preparerò, in quanto non sarò io a privarlo di una cosa che può fargli piacere, anche se non farò un controllo da Polizia, ma un certo tipo di vigilanza ci deve essere per forza per un teenager.

Lasciare un ragazzino da solo con uno smartphone come si vede spesso in giro lo trovo un abomino.

Tanto sto facendo talmente tanti ruoli di mamme di adolescenti con problemi che mi sento preparatissima.

C’è qualcosa che non rifaresti nel tuo percorso artistico?

Direi di no, mi son sempre detta provo a fare cose diverse senza andare contro la mia natura, quindi mai volgarità o mai scene di sesso, questa sono io ed ho sempre incontrato registi che mi hanno capita e non le ho fatte. Sarebbe stato un po’ come fare una violenza su me stessa.



Quando una arriva terza a Miss Italia, la sua voce interiore che dice?

Ci pensavo ieri, in quanto sono ricominciate le riprese per Mina Settembre ed ho incontrato una ragazza con cui ho fatto il concorso, e così abbiamo rivissuto dei momenti insieme, ma sai, quando sei giovane le cose le fai senza pensarci.

Mia madre mi aveva iscritto e l’ho fatto.

La realtà è che io avrei voluto fare l’accompagnatrice turistica, quindi per me era solo un’esperienza da fare, nel messaggio che le sei finaliste devono dire, io dissi: “vorrei arrivare seconda o terza, non prima”, quindi era il mio destino, zero autopromozione da parte mia.

Ti si vede praticamente solo in TV, non sei mondana, lo sei stata e non lo sei più dopo l’avvento della famiglia?

No, non lo sono mai stata mondana, sono fatta così, certo ora si sono ridimensionati anche gli eventi, però ogni tanto mi piace andare magari un’oretta ad un opening per vedere qualche amica e collega.

Poi sono un’antidiva per eccellenza, non mi so vestire non so fare shopping, insomma un disastro.

Quale ruolo ti manca che vorresti interpretare, sai parlandone lo mettiamo nell’universo?

In passato ho sempre detto che mi sarebbero piaciuti dei ruoli più ambigui, magari più dark o la principessa, ora ho fatto la principessa Garibaldina, poi quella degli anni 30’ che avvelena ed uccide il figlio, insomma mi reputo soddisfatta, il mio lato della pazzia l’ho dato.

Photography: Francesco Guarnieri

Look: Due tappe

Press: Lapalumbo

Timeless destinations

Nella zona del Lago di Como abbiamo esplorato lo storico Grand Hotel Tremezzo, il moderno rigore del Sereno, il classicismo di Villa Lario e il raffinato design di Villa Peduzzi. Sul Lago di Garda, il classico incontra l’esotico al Grand Hotel Fasano, mentre silenzio e semplicità sono di casa al Forestis sulle Dolomiti.

Questa sezione è un viaggio tra destinazioni affermate e conosciute ma con uno sguardo diverso sul lifestyle, luoghi che si distinguono per la loro bellezza nascosta.


Villa Peduzzi – Pigra (CO) 

Un raffinato esempio di architettura Art Nouveau perfettamente integrato con le strutture moderne. La Villa gode di una delle più belle viste in Europa poiché situata al di sopra il lago di Como. Il suo panorama abbraccia il lago, le valli e le montagne.


Grand Hotel Tremezzo – Tremezzina (CO) 

Inizia la sua storia nel 1910, nel cuore della Belle Epoque. Un luogo incantevole, con una spettacolare vista panoramica su Bellagio, la Riviera delle Azalee e sulle splendide vette rocciose delle Grigne.


Villa Lario – Pognana Lario (CO) 

Questa tenuta rappresenta il connubio perfetto tra l’architettura classica italiana e i moderni standard di lusso. Le 18 suite del complesso sono dislocate in quattro diversi edifici: Il Palazzo, Villa Bianca, il Padiglione e la Garden Suite, immersi in due acri di verde privato.


Il Sereno – Torno (CO)  

La sobrietà stilistica si rispecchia sul silenzioso lago circostante: l’armonia delle forme riconduce ad un senso di pace ed elegante tranquillità. Progettato da Patricia Urquiola si distingue per il rigore e per la semplicità costruttiva, cardine di ogni creazione dell’archi-star iberica.


Grand Hotel Fasano & Villa Principe – Gardone Riviera (BS) 

Tradizione e modernità si combinano armoniosamente all’interno di questa oasi di pace. Un hotel di lusso ideale per rilassarsi nel fascino di una dimora storica che mixa atmosfere nostrane e suggestioni esotiche.


Forestis Dolomites – Bressanone (BZ) 

Un rifugio baciato dal sole e immerso nel silenzio dei boschi di Plancios, dove riscoprire i valori del tempo, della semplicità e della naturalezza, immersi in un luogo energetico dalle straordinarie caratteristiche naturali.

I designer portoghesi da conoscere

MODALISBOA festeggia 30 anni di creatività interrogandosi sul proprio futuro



Il Portogallo si conferma un Paese ricco di tradizioni e importanti manifatture, ma anche fucina di una nuova generazione di designer portoghesi che lavorano sull’innovazione sostenibile. Proprio questo 2021 ModaLisboa ha festeggiato 30 anni di attività a sostegno della creatività portoghese. E lo ha fatto con un calendario in presenza su 4 giorni con 34 designer e 21 presentazioni divisi tra due location l’Estufa Fria magnifico orto botanico e il Capitólio.



Proprio pensando agli importanti cambiamenti nel fashion system di questi ultimi due anni la campagna di ModaLisboa, guardando al proprio passato, si interroga sul presente e futuro con la domanda: and now what?  (e adesso?). Una domanda profonda, che lascia poco spazio alle risposte, ma che d’altra parte lascia tanto spazio per la libertà, specialmente quella espressiva.


Constança Entrudo

Questo senso di libertà e voglia di sperimentare si coglie specialmente nelle nuove generazione che hanno partecipato al contest Sangue Novo che hanno visto partecipare: AMOR DE LA CALLE , ANVI, CAROLINA COSTA, FILIPE CEREJO, IVAN HUNGA GARCIA,  MARIA CLARA,  MARIA CURADO, REIMÃO, SOUSA e VEEHANA.



Tra i designer da tenere d’occhio che giocano su sostenibilità, sperimentazione tessile e colori è Duarte, designer con un’anima da illustratrice, che ha fondato le sue collezioni sulle sue grafiche esclusive. Il suo streetwear pieno di energia e la capacità  di unire allo storytelling uno story-making virtuoso la rendono uno dei nomi più interessanti della moda portoghese.



La sua collezione ‘Reef’, richiama l’attenzione sull’emergenza legata alla barriera corallina al largo dell’Australia, ad alto rischio di sbiancamento, rappresentando gli esemplari marini – attraverso le sue grafiche stilizzate – su parka, tute e varsity jacket. Ovviamente prodotti con filati tecnici come il neoprene, ricavate dal riciclo di plastiche e cotoni riciclati.



Sempre nel segno della sperimentazione materica e sostenibile è il lavoro di Constança Entrudo, fino a tutta una nuova generazione di nomi che fanno della moda genderless il loro baluardo come Cravo Studios, Filipe Augusto, Fora de Jogo, João Magalhães, Luís Carvalho e Ricardo Andrez. Nomi che da Lisbona stanno gradualmente facendosi conoscere anche nel resto dell’Europa e che speriamo riescano a farsi conoscere anche nelle altre fashion capital.


Cover: Constança Entrudo

Imàgo e Salon, un incontro d’autore all’Hotel Hassler

Il 26 novembre, all’interno dell’hotel Hassler di Roma (di proprietà del General Manager Roberto Wirth), il ristorante Imàgo ospita un evento unico: l’incontro tra le pregiate bollicine di Salon e l’arte culinaria dello chef stellato Andrea Antonini.

Una serata che si annuncia indimenticabile, quella che si terrà nel ristorante Imàgo all’interno dell’esclusivo Hotel Hassler, che si  affaccia sulle meravigliose Trinità dei Monti e Piazza di Spagna. Lo champagne Blanc de Blanc, molto apprezzato dalla critica enogastronomica internazionale, incontra la cucina eclettica dell’Executive Chef Andrea Antonini, una stella Michelin nonché vincitore del riconoscimento Miglior giovane talento per Identità Golose 2021. 

“Sono molto fiero che una prestigiosissima casa di Champagne come Salon abbia scelto Imàgo come location di questo bellissimo evento, riconoscendo il grande impegno che, giorno per giorno, impieghiamo per ricercare l’eccellenza assoluta nella proposta gastronomica e nell’accoglienza dei nostri ospiti”, racconta Roberto Wirth, proprietario e general manager dell’Hotel Hassler.



La storia centenaria di Salon ci porta nella Francia del 1905, anno di fondazione della casa vinicola per volontà dell’imprenditore Eugène-Aimé Salon. La crescita del brand è lenta ma ben consolidata: è nel 1920 che la casa vinicola promuove le sue bollicine nel mondo, esportanto il sapore intenso del suo Blanc de Blanc, oltre confine. I grappoli d’uva maturano ne “Il giardino del Salon” che si estende per un ettaro di terra e in altri diciannove piccoli appezzamenti a Le Mesnil-sur-Oger selezionati da Eugène-Aimé all’inizio del XX secolo. L’esclusività dello champagne Salon è raccontato dalle annate prodotte: solo 37 nel XX secolo.

Le prelibatezze dai sapori mediterranei, cucinate da chef Antonini, saranno accompagnate da due bottiglie del 2004, due bottiglie del 2006, due bottiglie del 2007 e una magnum del 2008. A guidare la degustazione sarà l’head sommelier Alessio Bricoli dell’Hotel Hassler che abbinerà le bollicine a un menù ricco di sapori. 

S’inizierà con un Crudo misto di mare per continuare con un Carciofo e animelle, si passerà agli Scampi e cime di rapa in raviolo, Riso acido con spugnole nocciole e fegatini di pollo e cacao e Pollo alla cacciatora, per finire con un omaggio alla Francia con una Tarte Tatin e camomilla.

“Siamo stati contattati dal sig. Ceretto per conto di Didier Dupont per organizzare una degustazione dei suoi vini con i miei piatti. – rivela lo chef Antonini – Sono stato onorato di sapere che avrebbe avuto il piacere di gustarli nella loro autenticità, senza alcuna modifica. Questa richiesta mi ha riempito d’orgoglio. Ho scelto, dunque, tra i piatti del menu attuale di Imàgo, quelli più adatti a esaltare le caratteristiche organolettiche degli champagne”.

Il beauty eco-friendly

È ormai innegabile che per mantenere la pelle in salute è buona regola introdurre nei nostri rituali quotidiani anche qualche prodotto “al naturale”. Se siete amanti del genere apprezzerete le novità beauty anche in questo campo. Sempre di più i piccoli brand ma anche le grandi aziende continuano a proporre cosmetici green, realizzati con metodi di produzione eco-friendly, packaging riciclabili e formulazioni a base di ingredienti botanici e possibilmente biologici.

Ecco allora qualche consiglio per una beauty routine che rispetta la pelle abbinata ad uno sguardo attento all’ambiente.

Honieh – The Routine

Honieh The Routine è il kit perfetto per gli amanti della skincare naturale. Comprende i prodotti più iconici del brand per creare una beauty routine completa, in grado di lenire, illuminare e nutrire la pelle.

Clarins – Shampoo solido

Il nuovo shampoo solido di Clarins è formulato con l’87% da ingredienti di origine naturale e bio, perfetti per prendersi cura dei capelli in modo naturale, nutrendoli, sublimandoli e lasciandoli puliti, morbidi e lucenti. Questa nuova formula combina olio di argan e olio di camelia che sono noti per le loro proprietà nutrienti. Il sentore di cocco avvolge la chioma lasciando un delicato e piacevolissimo profumo.

Colekt – Relive face mist

Relive face mist fa parte della wellness collection nata dalla collaborazione tra Polite Worldwide e Colekt. Il duo ha immaginato il trattamento di bellezza di una spa e di conseguenza ha creato una limitata wellness capsule per vivere questa esperienza ogni giorno. Questo spray attivo anti-pollution vegano rilascia un’idratazione istantanea e pulita per proteggere la bellezza del viso in ogni momento della giornata.

YASAE – Skin Booster Serum

Un siero anti-age ad azione rigenerante e lenitiva in grado di nutrire e tonificare la pelle. Grazie alla vitamina B3 rafforza la barriera cutanea e stimola la produzione di collagene, l’acido ialuronico la idrata in profondità, mentre l’acqua essenziale di cetriolo, ricca di antiossidanti, ne migliora l’elasticità donandole un aspetto più luminoso e uniforme.

Beauty thinkers –  Antioxidant Boost e Antioxidant Cream

La linea BT si contraddistingue grazie a un composto chimico antiossidante, l’idrossitirosolo, ricavato dalle foglie e dall’acqua di spremitura delle olive centenarie di Monte Vibiano. La straordinaria azione antiossidante dell’idrossitirosolo induce il progressivo aumento del collagene, dell’elasticità e dell’idratazione della pelle e allo stesso tempo riduce gli effetti irritanti dei prodotti chimici e dei raggi UV. Gli attivi sono potenti, botanici, sostenibili e limitati nel numero.

Reinventarsi è arte: lo spazio vendita polifunzionale Dover Street Market

Agli albori del department store, il CEO di Dover Street Market, Adrian Joffe, e marito di Rei Kawakubo, mente geniale di Comme De Garçons, si interrogava:  ‘Dover Street Market può lasciare Dover Street?’. La risposta fu sì e, a distanza di anni, è presente a Londra, New York, Tokyo, Singapore, Los Angeles, Pechino e nella capitale francese.

Dove, rientrando nel piano di rinnovamento della città dettato dal governo francese, ha deciso di sperimentare un nuovo format con ‘3537’, piattaforma polifunzionale il cui nome deriva dall’indirizzo dell’headquarter in città presso l’Hôtel de Coulanges al civico 35-37 di Rue des Francs Bourgeois. Il progetto include attività di intrattenimento che si fondono con shopping experience mirando ad ospitare concerti musicali, mostre, balletti e proiezioni cinematografiche.

Il pensiero radicale fa da sempre parte del modus operandi del duo. 

Basti pensare di come, nel 1999, scelse di aprire uno store nella zona Chelsea di New York, quando solo poche gallerie erano alle prese con la colonizzazione dell’area. 



Rei Kawakubo ha fondato Comme des Garçons nel 1969 e la sua prima sfilata parigina, nel 1981, ha rotto tutti i canoni dell’estetica contemporanea in un tourbillon di chaos e creation. Sudafricano di nascita, Adrian Joffe, è parte dell’evoluzione del brand. Mentre era alle prese con la ricerca di una nuova location per il monomarca Comme des Garçons, Joffe si è imbattuto in Dover Street, in quella che una volta ospitava la sede dell’Istituto di Arte Contemporanea. L’idea iniziale era quella di acquisire solo il piano terra ma “perché non prendere l’intero edificio e ospitare una grande community di creativi?”. Proprio come Kensington Market il luogo del cuore londinese della Kawakubo, nel quale ebbe modo di imbattersi per la prima volta negli anni ’60. Un bazaar di contaminazioni inedite che ha alimentato la cultura underground londinese nei decenni antecedenti. Nominato “The Best Shop in the World”, DSM è stato il punto di svolta della loro carriera. Quattro i nomi che per il lancio del concept store hanno aderito alla creazione di prodotti esclusivi  Hedi [Slimane], Raf [Simons], Alber [Elbaz] e Azzedine [Alaïa]”.  Negli annali sono segnati l’approdo dell’ iconica collezione Céline di Phoebe Philo nel 2009, la prima collezione di Nicolas Ghesquière per Louis Vuitton, nel 2014, così come le fresche visioni di Alessandro Michele per Gucci nel 2015. Solo alcune delle tappe che si aggiungono al salto che nel 2021 vede l’apertura su nuovi panorami.

“Diamo alle persone la libertà, ma con una certa quantità di regole”, ha affermato più volte Joffe. 

La supervisione in ogni punto vendita è maniacale. Rei si occupa di tutta l’immagine, delle aree comuni e dei marchi Comme, delegando a Adrian le altre responsabilità. “Se l’approccio avvenisse unicamente verso le cose che le piacciono, non avremmo niente. Rei ama le persone che lavorano sodo e che hanno qualcosa da dire. Questo è l’unico criterio di selezione”. Un department store che mette al centro del suo universo il ruolo del venditore e la sua filosofia formativa. La struttura aziendale è orizzontale, strategicamente illuminata e mira ad una crescita sostenibile.

“E questo lavoro lo trova divertente?” “Divertente non è proprio la parola giusta.” Risponde Joffe.  “È eccitante. È quello che faccio. C’è soddisfazione nel lavoro. Ci sono un sacco di problemi – con i designer e loro ego, le dinamiche con Rei. È un incubo, davvero, ma è ciò che ci spinge ad andare avanti. Non c’è progresso senza lotte. Se fosse facile, lo farebbero tutti. È anche pensare al futuro. Ci sarà un giorno in cui lei non ci sarà più. Dobbiamo pensarlo… Ma questo è un altro discorso”. 

Palais Galliera celebra Alber Elbaz con una retrospettiva unica nel suo genere

Love Brings Love, The Alber Elbaz Tribute Show: la celebrazione a uno dei più influenti designer contemporanei, che ci ha lasciato in eredità un’estetica equilibrata, innovativa e tradizionale. La mostra, dal format innovativo, andrà in scena dal 5 marzo al 10 luglio 2022, presso Palais Galliera.


Prima che morisse, Alber Elbaz fonda la sua fattoria di creativi, soprannominata  AZ Factory. Lo scopo primario è quello di porsi a istituzione per i nuovi creativi, dando loro una vetrina sul mondo. La sua morte, avvenuta il 24 aprile 2021, lascia nello sconforto l’intero fashion biz perché durante la sua carriera, lo stilista di origini marocchine ha arricchito gli archivi della moda anziché sottrarre stile e innovazione. Ed è proprio questo il motivo che spinge, quarantasei creativi di fama internazionale, a rendergli omaggio.


Love Brings Love (questo era il motto di Alber) è un collettivo di designer e marchi di moda che hanno prestato la loro arte per realizzare un’esposizione unica nel suo genere. Ognuno di loro, infatti, è stato chiamato a disegnare abiti fluidi con lunghi strascichi, abiti corti con balze o grandi fiocchi, abiti stampati con disegni e ritratti di Alber Elbaz. Gli stilisti interpretano, così, lo stile gentile dello stilista dall’aspetto minuto, che in Yves Saint Laurent prima e in Lanvin dopo, ha vestito con vigore il jet set internazionale.


Questa mostra, unica nel suo genere, ricreerà lo spettacolo tenutosi il 5 ottobre scorso in onore di Elbaz, immergendo i suoi visitatori nell’esperienza completa della passerella, gli effetti, la musica e le luci che hanno reso la serata un momento indimenticabile della storia della moda.


L’esposizione, resa possibile grazie alla partecipazione di AZ FACTORY e al supporto di RICHEMONT, è organizzata da Alexandre Samson: curatore delle collezioni di haute couture e design contemporaneo del Palais Galliera, assistito da Juliette Chaussat.


L’elenco degli stilisti e delle griffe che hanno partecipato al progetto:

ALAÏA, Pieter Mulier / ALEXANDER MCQUEEN, Sarah Burton / AZ FACTORY, Alber Elbaz / BALENCIAGA,  Demna Gvasalia / BALMAIN, Olivier Rousteing / BOTTEGA VENETA, Daniel Lee / BURBERRY, Riccardo  Tisci / CASABLANCA, Charaf Tajer / CHLOE, Gabriela Hearst / CHRISTIAN DIOR, Maria Grazia Chiuri / CHRISTOPHER JOHN ROGERS, Christopher John Rogers / COMME DES GARÇONS, Rei Kawakubo / DRIES  VAN NOTEN, Dries Van Noten / FENDI, Kim Jones / GIAMBATTISTA VALLI, Giambattista Valli / GIORGIO ARMANI,  Giorgio Armani / GIVENCHY, Matthew M. Williams / GUCCI, Alessandro Michele / GUO PEI, Guo Pei / HERMES,  Nadège Vanhée-Cybulski / IRIS VAN HERPEN x ADOBE, Iris Van Herpen / JEAN PAUL  GAULTIER, Jean Paul Gaultier / LANVIN, Bruno Sialelli / LOEWE, Jonathan Anderson / LOUIS VUITTON,  Nicolas Ghesquière / MAISON MARGIELA, John Galliano / OFF-WHITE, Virgil Abloh / RAF SIMONS, Raf  Simons / RALPH LAUREN, Ralph Lauren / RICK OWENS, Rick Owens / ROSIE ASSOULIN, Rosie Assoulin /  SACAI, Chitose Abe / SAINT LAURENT, Anthony Vaccarello / SCHIAPARELLI, Daniel Roseberry / SIMONE ROCHA,  Simone Rocha / STELLA MCCARTNEY, Stella McCartney / THEBE MAGUGU, Thebe Magugu / THOM BROWNE,  Thom Browne / TOMO KOIZUMI, Tomo Koizumi / VALENTINO, Pierpaolo Piccioli / VERSACE, Donatella Versace  / VETEMENTS, Guram Gvasalia / VIKTOR & ROLF, Viktor Horsting & Rolf Snoeren / VIVIENNE WESTWOOD,  Vivienne Westwood & Andreas Kronthaler / WALES BONNER, Grace Wales Bonner / Y/PROJECT, Glenn Martens.

C’è un soffio di vita soltanto, Lucy la transessuale più longeva d’Italia.

Daniele Coluccini e Matteo Botrugno sono i registi di “ C’è un soffio di vita soltanto” che verrà presentato alla 39° edizione del Torino Film Festival il 29 Novembre e poi in sala il 10 Gennaio ed a seguire su RAI e SKY.

Questo fenomenale documentario che racconta la storia di Lucy, la più longeva transessuale d’Italia o forse d’Europa.

È molto difficile risalire all’anagrafe, perché molte di loro hanno mantenuto il nome di battesimo maschile sul documento.

Nata nel 1924 a Fossano, provincia di Cuneo, poi deportata a Dachau come disertore dell’esercito, ed una vita rocambolesca, insomma una storia che andava assolutamente raccontata.

Come siete venuti a conoscenza con la storia di Lucy

Hai presente quando scorri Facebook, ecco noi ci siamo imbattuti in questa breve intervista a Lucy che ci ha colpito e ci siamo detti, ma tu guarda che storia incredibile! Così tramite un giro di conoscenti siamo riusciti a metterci in contatto con lei, e dopo il primo incontro conoscitivo, siamo tornati a Bologna ed abbiamo fatto un’intervista di tre giorni, molto emozionante sia per lei il ripercorrere la sua vita che per noi ad ascoltarla.



Quanti anni ha Lucy?

Ne ha 97 e ne farà 98 il prossimo anno, abbiamo fatto un po’ di ricerche, sicuramente è la donna trans più longeva d’Italia ma abbiamo ragion di credere che lo sia anche d’Europa, in quanto ne parlavamo con Vladimir Luxuria che presenterà la serata al Festival di Torino, ed anche lei ci ha confermato che non ce ne sono molte della sua età in giro.

Sicuramente tra le incredibili storie che ha raccontato c’è quella della deportazione a Dachau.

Certamente, li vi era stata deportata in quanto disertore dell’esercito, aveva diciannove anni e avrebbe dovuto essere arruolata per la guerra, ma era poco prima dell’armistizio del 8 Settembre 1943 e così lei è scappata nella confusione dello scioglimento dei plotoni.

Dopo una serie di vicissitudini rocambolesche lei è stata chiamata per diventare un militare dell’esercito tedesco, ma anche in questa occasione lei è riuscita a scappare, una volta trovata a Bologna è stata condotta prima in un campo in Austria, e poi a Dachau.

Quindi tecnicamente come prigioniero politico, come dice lei stessa è stata fortunata in quanto vi è rimasta pochi mesi, in quanto poi la guerra finì e si salvò, a differenza di tutti quelli che da quel campo di concentrazione non sono mai usciti.



Il suo percorso di transizione quando lo ha iniziato.

Parlando con lei capisci che non c’è neanche mai stato, in quanto si riferisce a lei come donna da sempre, poi in realtà la transizione l’ha fatta negli anni 80’ quando medicina e chirurgia lo hanno permesso a tutti gli effetti, ed aveva già sessant’anni, quindi molto tardi.

Se ci pensiamo all’epoca sua la parola transessuale non esisteva ancora, definirsi in un certo modo era veramente difficile.

È stata davvero una pioniera dell’identità di genere, ovvero con quello che oggi viene definito non binary, anche perché transitava nel vestire dal maschile al femminile per varie necessità della vita.

Una battuta che racchiude la sua essenza nel film è: “il mio nome è prezioso in quanto me lo hanno dato i miei genitori, è sacro, solo che una donna non può chiamarsi Luciano”

Voi che l’avete conosciuta è stata una donna felice.

Non proprio, con sprazzi di felicità si. Ci ha raccontato di qualche suo fidanzato, oppure di quando faceva gli spettacoli di cabaret en travesti nel dopoguerra, e poi parla con una certa gioia/tristezza di una bambina torinese rimasta orfana e da lei adottata, tanto che lei crescendo l’ha sempre chiamata mamma, la vita però se l’è portata via a soli cinquantotto anni prematuramente.

In qualche modo nella sua vita complicata è riuscita anche ad abbracciare la sfera della maternità.

Lucy, a 97 anni è di una lucidità ed una simpatia allucinante, arricchisce chiunque ha la possibilità di incontrarla.


Rosana Auqué, l’artista del cielo e dei fiori

Rosana Auquè è una giovane artista di origine colombiana che scopre la passione per l’arte sin da bambina, avvicinandosi alla pittura all’età di 11 anni per poi proseguire gli studi d’arte al liceo e all’università, tra Cambridge, Colombia e Italia. 

Il risultato di questa lunga formazione emerge nelle sue opere che risentono fortemente delle ispirazioni della sua terra di origini e dell’Italia, due culture che continuano ad avere un grandissimo influsso sulla sua creatività, abbinate poi all’ispirazione dei maestri del Rinascimento e dell’arte moderna come Monet e Klimt. Il risultato sono opere colorate, gioiose e piene di gratitudine verso la natura.

Com’è nata la tua passione per l’arte e quando hai capito avresti voluto diventare un’artista?

Il mio interesse per l’estetica e per le cose belle della vita è nato da bambina, penso che la missione più importante di un’artista sia quella di cercare e di creare bellezza e così è stata la mia mentalità sin dagli inizi. Come diceva Dostoyevski “la bellezza salverà al mondo”, ed io ci credo profondamente.

Quando avevo 11 anni, ho cominciato a dipingere sistematicamente e a maturare la mia passione per l’arte, ho scoperto da quel momento che sono nata per fare l’artista.  Oggi, 19 anni dopo, continuo a creare la mia arte. Nel corso di questi anni ho lavorato sulla creatività e sul particolare interesse per il colore, esplorando nuove forme e tecniche posso dire che finalmente ho trovato il mio linguaggio artistico, quello che mi fa sentire a casa e in piena autenticità: la natura astratta.  



Parlaci della tua formazione…

Nel 2002, quando andavo al Liceo in Colombia, ho iniziato a frequentare delle lezioni extrascolastiche con dei maestri d’arte che venivano ogni settimana a casa. Ricordo che mio papà mi aveva destinato uno spazio speciale a casa vicino alla biblioteca per studiare, dove trascorrevo quasi tutti i giorni. Dopo essermi diplomata, mi sono trasferita in Inghilterra, per iniziare a studiare arte e pittura all’università di Cambridge; in quel periodo, ho passato due anni magnifici, per poi ritornare in Colombia e concludere la laurea in arte a Bogotà, all’Università De Los Andes.

Nel 2017 sono venuta in Italia per frequentare un Master all’Istituto Marangoni focalizzato sulla moda, e ad oggi continuo a vivere a Milano, una città che mi ha accolta e che mi nutre molto di cultura.

Ti dividi tra la Colombia e l’Italia, due paesi ricchi di arte e contrasti. Che influsso hanno queste due nazioni nel tuo lavoro?

Entrambe le culture, sia quella colombiana sia quella italiana, hanno un grandissimo influsso sulla creatività. Il mio più grande interesse, che si evidenzia in ogni creazione, è quello di trovare l’equilibrio tra il colore e la forma.  L’attrazione per il colore viene senz’altro dalle mie radici colombiane. La felicità che ti fa sentire il colore è unica! E questa gioia e libertà cromatica sono caratteristiche del folklore colombiano, così come l’accoglienza e la libertà in senso generale, tutti valori con cui sono cresciuta. Dell’Italia ho colto sicuramente la forma: l’interesse concettuale per quello che sto dipingendo, il fatto di approfondire l’argomento di mio interesse e creare una forma sistematica e disciplinata.

Il lasciarmi ispirare dai grandi artisti Italiani che più ammiro, dai maestri del Rinascimento ma anche quelli moderni e contemporanei, sentendo in ogni momento la presenza di una grande storia, o meglio, la più affascinante storia dell’arte nel mondo.



Le tue opere partono spesso da ispirazioni musicali, come è nato e come hai sviluppato questo legame musica-arte?

In realtà questo legame è nato in maniera organica. Da piccola i miei genitori mi hanno inculcato la passione per la musica. Ascoltavamo musica di ogni genere assieme e questa è una passione che ho continuato a coltivare negli anni.  Ho cominciato a dipingere i paesaggi dopo aver ascoltato “La Primavera” di Vivaldi, e da quel momento è stato inevitabile non immaginare la natura mentre ascolto la musica classica. Quando chiudo gli occhi, le immagini vengono a me: i campi di fiori colorati, la composizione e dimensione di ogni pittura. Senza alcun pensiero specifico, si tratta solo di sentire.

Sei stata definita l’artista del cielo e dei fiori. Come è nata questa passione per la natura e i colori?

Penso che questa passione sia stato il risultato di tante cose. Principalmente perchè mi piace guardare il cielo e i fiori. Tant’è che le persone più vicine a me, ogni volta che vedono un tramonto mozzafiato, delle belle nuvole o dei fiori particolari, mi inviano sempre una foto o mi chiamano; questa è una cosa bellissima perché così si crea un legame umano basato sull’ammirazione della bellezza della natura! Prendersi del tempo per ammirare quello che vedi, il sentirti grato di essere al mondo, capire che siamo tutti qui per goderci il nostro viaggio e che la vita ci regala tante cose belle come il cielo e i fiori, è tutto per me.



Raccontaci dal lato tecnico. Come lavori e impreziosisci le tue opere?

Ogni opera comincia da una spinta: dalla musica, da un concetto particolare, oppure da un sogno che ho fatto mentre dormivo. L’importante è avere sempre un’idea di base e una direzione iniziale, anche se durante la realizzazione dell’opera le cose possono un po’ cambiare. Come materiali, lavoro principalmente con l’olio e con l’acrilico su tela. In più, mi piace utilizzare metalli preziosi come l’oro e il bronzo per accentuare dei dettagli nell’opera e renderla più ricca ed interessante. 

Le tele che utilizzo sono principalmente quadrate (non rettangolari), ma di recente preferisco quelle rotonde, soprattutto per la serie dei cieli che sto dipingendo perché la forma circolare dona un senso di infinità e che il paesaggio si spande al di là del quadro. 

Quali sono le opere che hanno rappresentato per te un passaggio importante nel tuo percorso?

Sicuramente il lavoro di Monet ha influenzato molto il mio lavoro. I suoi paesaggi mi hanno colpita significativamente, in particolare la serie di “Water Lilies”. Penso sia affascinante che prima di dipingere questa serie, Monet abbia piantato e coltivato a casa sua quel giardino che ha poi ritratto sulla tela; è come pensare che prima di avere il pennello in mano, lui ha creato un capolavoro con i fiori veri, il processo creativo è nato da molto prima!

Un altro artista che ha avuto e continua ad avere un grande effetto su di me è Gustav Klimt e il suo utilizzo dell’ornamentazione e dell’oro nelle opere, trovo particolarmente meravigliosi i suoi dipinti di fiori e paesaggi pieni di dettagli e di colore.

Quali sono i tuoi luoghi preferiti in Colombia e in Italia che ti ispirano e ti ricaricano?

Il mare e i suoi paesaggi mi fanno sentire a casa, danno un senso di quiete che mi ispira. È un’esperienza che coinvolge tutti i sensi: il tatto della sabbia scaldata dal sole, l’aroma di freschezza, la musicalità delle onde. È un ambiente che non pretende niente da te, lì c’è solo pace e luce. Sicuramente i luoghi che più mi ricaricano di energia sono Santa Marta in Colombia e Napoli in Italia.

Quali sono i prossimi progetti e sfide per il futuro?

Continuare a dipingere è la mia più importante missione. Voglio fare questo, continuare nella mia crescita e ricerca pittorica. In più, voglio portare questo mio mondo ad altre situazioni e oggetti di uso quotidiano, creando la possibilità di vivere l’arte e la bellezza a 360°. 

Al momento sto lavorando per creare una fondazione d’Arte in Colombia, dove tutti i bambini possano avere accesso alla migliore educazione artistica, avendo l’opportunità di scegliere l’arte come un percorso reale di vita. Penso che una società che pone al centro la cultura e l’amore per la bellezza sia destinata al successo e ad un futuro più inclusivo. Questo nutrimento verso la cultura spero porti consapevolezza ad ogni persona della responsabilità che ha nella società, e la spinga a creare un mondo migliore in cui vivere. Infine vorrei portare ottimismo e ispirare le persone a nutrire la propria anima come solo l’arte sa farlo.

Photographer: Riccardo Albanese

Boiler Room e Valentino, la moda incontra la musica con una live performance dedicata ai giovani talenti

Bree Runway, Ichon, Claire Laffut, Woo e Blanco sono i nuovi artisti della seconda live performance che vede protagonista Maison Valentino e la trasmissione musicale online Boiler Room, dopo l’avvincente debutto di dicembre 2020. Ciò conferma che la contaminazione tra musica e moda è sempre più in fermento e che la scena musicale internazionale pullula di nuovi volti e voci su cui puntare.

Valentino, così, gioca un ruolo fondamentale nella promozione dei giovani talenti, ricoprendo il ruolo di stylist. Tutti gli artisti, infatti, indossano la collezione Valentino ACT, la linea uomo autunno/inverno 2021-22 (disegnata da Pierpaolo Piccioli per Valentino) e la linea di make-up della griffe.



Ogni cantante (tra cui Blanco, il cantautore italiano che risponde al nome Riccardo Fabbriconi) si esibisce in una struttura in continua evoluzione e ultraterrena, creata in 3D dall’artista Masha Batsii.

Conosciamo gli artisti.

Bree Runway, all’anagrafe Brenda Wireko Mensa ha lo stesso temperamento e carisma di artiste internazionali del calibro di Lil Kim e Missy Elliott, con la quale ha avuto modo di collaborare. La cantante inglese è tra le rapper più stimate del panorama R&B mondiale tanto da annoverare, tra le sue ammiratrici, l’ex first lady statunitense, Michelle Obama.

Il cantante Ichon, che ha ottenuto un forte successo con lo straordinario LP “Pour de Vrai”, è tra gli artisti più promettenti del panorama musicale francese. Diverse sono le sue collaborazioni con rapper influenti come Hamza e Myth Syzer. Nel suo curriculum sono stati annotati anche i suoi lavori con le griffe Maison Margiela, Pigalle e Weston.

Il rapper sudcoreano Woo Won-Jae è diventato famoso nel 2017 dopo la sua apparizione nel popolare

spettacolo hip-hop, Show Me The Money. La sua partecipazione lo porta a firma un contratto discografico con AOMG di Jay Park. Woo Won-Jae è tra i giovani artisti hip-hop più rispettati della scena musicale sudcoreana ed è un esempio per la Gen Z per antonomasia: abbraccia le sue lotte, affronta i suoi demoni e rimane fiducioso per il futuro.

Claire Laffut, tra i nomi della scena musicale pop di ultima generazione da tenere sott’occhio, incarna perfettamente il ruolo della popstar 3.0. Immagine calameontica, la cantante dalla voce naturale e fresca s’ispira alla cantautrice e compositrice Lizzy Mercier Descloux. “Canto, racconta, perché mi sembra di trovare la verità nelle note, nelle melodie e nelle parole. Mi fa sentire bene”. Dopo il suo primo EP Mojo (autunno 2018) e i singoli composti subito dopo, Claire Laffut ha fatto strada nella musica, partecipando a diversi eventi.

Tra i nomi che partecipano all’iniziativa di maison Valentino e Boiler Room c’è anche l’italiano Blanco, classe 2003. Dopo essere stato notato da Eclectic Music, ha pubblicato sotto l’etichetta Island Records, molti singoli, come “Notti In Bianco” e “LA CANZONE NOSTRA” con Mace e Salmo, che è stato certificato triplo disco di platino. Nel febbraio 2021 pubblica il singolo “Paraocchi” e dopo il brano “Tutti Muoiono” feat. Madame; il 17 giugno dello stesso anno l’artista lancia il nuovo singolo “Mi Fai Impazzire” con Sfera Ebbasta. La canzone ottiene un forte successo, raggiungendo il primo posto nella Top 50 di Spotify con più di 20 milioni di stream.

Occhiali da sole, le novità dalle collezioni di griffe e produttori specializzati

Da inforcare «per avere più carisma e sintomatico mistero», come cantava Battiato in Bandiera bianca, o più prosaicamente schermare gli occhi da raggi UV, polvere e impurità, gli occhiali da sole sono tra i pochi accessori che è appropriato definire indispensabili; considerata l’ovvia importanza di proteggere la vista dalle suddette radiazioni solari, è fondamentale non lesinare sulla qualità delle lenti, e scegliendo i modelli siglati da fashion house o produttori specializzati si può unire l’utile al dilettevole, divertendosi – perché no? – a variare i sunglasses come si fa con altri capi basilari del vestiario.

Per una panoramica delle ultime novità in materia, così da adocchiare i modelli già disponibili o in arrivo negli store a breve, basta sbirciare le collezioni Spring/Summer 2022 delle principali griffe, un nutrito assortimento di stili e combinazioni cromatiche che riuscirà a soddisfare i gusti più diversi. Raggrupparli per macrocategorie aiuta ad avere un quadro d’insieme: la prima è individuabile nel filone battuto, in tempi recenti, da un numero crescente di marchi che, preso atto dell’entusiasmo per i trend “di ritorno” da un passato variamente lontano (dagli anni Settanta a quelli Zero o “Y2K”, come da gergo tiktokiano), riesumano le parole d’ordine dell’occhialeria che fu, ovvero dimensioni abbondanti se non esagerate, linee marcate, una boldness generale perfetta per chi non abbia alcuna voglia di passare inosservato: ecco dunque, chez Balenciaga, i dettagli vistosi degli occhiali Xpander in bioplastica iniettata, con lenti attaccate sulla montatura e logo stampigliato, in rilievo, sull’asta sinistra, oppure la silhouette spropositata dei Mask, una lente ricurva che fascia occhi e sopracciglia, celandoli completamente; il carattere strong dei sunglasses Alexander McQueen, sintesi della dicotomia tra romanticismo e spirito punk radicata nel Dna della maison, tra mascherine puntinate di borchie (che svelano nella sottostruttura un teschio 3D), scritte tipo graffiti, lettering o colorazioni contrastanti a rifinire ampi modelli squadrati, dai profili netti; l’occhiale Cassio di Tom Ford Eyewear, una mascherina unisex dal flair anni Settanta, che gioca con curve e spessori; le reminiscenze dei rave party dei Nineties da Dunhill, con lenti gialle inserite in frames rettangolari dai bordi smussati, le cui finiture riprendono la zigrinatura degli accendini del marchio.


Da sinistra: Balenciaga, Alexander McQueen, Tom Ford Eyewear, Dunhill


Ritroviamo forme decise e appeal vintage, con il plus non indifferente della sostenibilità, in numerose montature firmate Police X Lewis Hamilton, frutto della partnership tra il brand del gruppo De Rigo Vision e il sette volte campione del mondo di F1, come i Lewis 31 dai volumi “importanti” in bioacetato effetto marmorizzato, arricchiti da decorazioni premium, oppure i Lewis 44, realizzati con materiali riciclati o di origine naturale (fibre d’erba, riso, grano).


Police X Lewis Hamilton: Lewis 31, Lewis 44


Le silhouette avvolgenti, dalle proporzioni tendenzialmente generose, sono una costante anche negli occhiali sportivi, ormai ampiamente adoperati nei contesti più disparati, compresi quelli à la page: in prima fila i nomi di punta dello sportswear, da Adidas Originals (per la S/S 2022 il colosso tedesco presenta il modello più sostenibile della gamma, in poliammide iniettato di plastica quasi interamente riciclata, con lenti in policarbonato composto da materiale di scarto e aste dal rivestimento granuloso) a Puma, che propone modelli quali gli Evostripe, dalle linee scattanti, esaltate da clash di texture e note di colore acceso, oppure mascherine monolente, in cui trattamenti e tonalità sgargianti evocano il dinamismo cromatico dei capi della label.
Da Prada Linea Rossa Eyewear, al solito, il lato fashion e quello sporty si bilanciano, per cui montatura in fibra di nylon, lenti idrofobiche e gommature fanno il paio con forme pulite e misurate, in maniera simile Moncler Lunettes armonizza la tecnicità di un accessorio pensato per gli alpinisti, ergo munito di spoiler in pelle rimovibili, con un je ne sais quoi che piacerà agli amanti degli occhialoni vintage.


Da sinistra: Adidas Originals, Puma, Prada Linea Rossa, Moncler Lunettes


L’intramontabile forma pilot, poi, si conferma tra le più gettonate nell’occhialeria maschile: Barton Perreira, Lozza, Cartier e Bottega Veneta si attengono alla tradizione, cioè lenti arrotondate, ponte in metallo e stanghette sottili, il twist lo danno i particolari, rispettivamente i contorni tartarugati, la costruzione ultra leggera che sfina ulteriormente i profili dello Zilo (modello signature del più antico marchio di eyewear italiano), le minuterie ispirate alle viti fissate alla lunetta dell’orologio Santos, le lineette grintose sulle aste dell’aviator total gold.


Da sinistra: Barton Perreira, Lozza, Cartier, Bottega Veneta



Sempre in tema di revivalismo, va segnalata infine la ritrovata fortuna delle montature a cerchio – o comunque tonde – dalle misure contenute, che d’altra parte contano una schiera di ammiratori illustri (qualche nome? John Lennon ovviamente, ma pure, per restare all’oggi, Robert Downey Jr., Kit Harington, Pharrell Williams, Bradley Cooper, Mahershala Ali…), come testimoniano gli occhiali senza fronzoli di Saint Laurent (la versione in acetato giallo fluo, però, si concede una punta di leziosità), la classica struttura pantos degli Zilo Bold 3 di Lozza, la proposta lineare di Polo Ralph Lauren, disponibile in nuance quali blu navy o rosso, per un tocco brioso di colore.


Da sinistra: Saint Laurent, Lozza, Polo Ralph Lauren


Per l’immagine in apertura, credits: ph. by Gareth Cattermole/Getty Images

Oggi il vino è ancora più green, a Querceto di Castellina l’azienda biologica a basso impatto ambientale

Querceto di Castellina è il riflesso dello spirito e della passione della famiglia Di Battista per i vini che esprimono un forte carattere territoriale, la cucina Toscana e l’ospitalità.



«La personalità dei vini di Querceto di Castellina nasce da un terroir naturalmente predisposto alla viticoltura: l’eredità genetica migliore. Questo favorevole contesto ci ha consentito di impostare da subito il lavoro in vigna e in cantina secondo i principi dell’agricoltura biologica e dell’eco-sostenibilità.  Ci troviamo su un territorio di confine tra Castellina in Chianti e Radda, un luogo ricco di biodiversità, un patrimonio ambientale provvisto di un suolo dalle caratteristiche incredibili. Vogliamo produrre vini territoriali, riconoscibili, onesti, eleganti, che abbiano una forte personalità, per questo cerchiamo di preservare il frutto originario durante tutto il processo di trasformazione dell’uva, amplificando l’intensa percezione del luogo di origine, toccandone le corde più intime. 

La nostra è una famiglia unita che collabora per trasmettere l’importante eredità di una delle più rinomate e affascinanti regioni vinicole: il Chianti Classico».

Jacopo Di Battista



Arrivando a Querceto di Castellina si ha l’impressione di essere giunti in un luogo remoto e ovattato, dove il tempo scorre lento. Incastonato in un paesaggio di grande fascino, tra le morbide colline toscane, circondato da boschi di cipressi, querce, lecci e olivete, sorge un piccolo borgo quattrocentesco, sapientemente ristrutturato, che ospita il cuore della struttura ricettiva.

Querceto di Castellina è un’azienda biologica certificata a conduzione familiare, che si estende per cinquanta ettari in totale, di cui circa undici virgola venti vitati nel cuore della DOCG Chianti Classico.

 La sostenibilità e il basso impatto ambientale sono sempre state priorità, interpretate come una responsabilità indeclinabile al fine di preservare questo microcosmo di rara bellezza, incontaminato e salubre.  Non appena i vigneti nuovi sono diventati produttivi (2009) è iniziata la conversione all’agricoltura biologica. 

Il segreto in vigna è conservare la fertilità del terreno e mantenere le piante in salute affinché siano in grado di resistere agli attacchi di parassiti e possano reagire alle malattie senza aiuti esterni. Eliminando tutti gli interventi in vigna e in cantina che, in un modo o nell’altro, possono alterare l’espressività del vino, si producono alimenti di qualità superiore e con un forte carattere territoriale.

La tenuta è completamente isolata e non ci sono altre aziende nelle immediate vicinanze, questo assicura che non ci siano potenziali interferenze esterne nell’equilibrio dell’ecosistema viticolo, preservato da agenti chimici.



«In cantina lavoriamo per preservare l’integrità degli aromi del frutto originario e rispettare al massimo le caratteristiche proprie del vino – continua Jacopo– per l’affinamento utilizziamo solo botti grandi di legno francese: da 500 litri per il Sangiovese, Viognier e Roussanne e da 225 litri per Merlot e Cabernet Franc».

Querceto di Castellina è anche un luogo dove poter trascorrere del tempo alla scoperta delle tradizioni e della cultura enogastronomica di una delle più affascinanti e rinomate regioni vinicole. 

Il borgo quattrocentesco che ospita la struttura agrituristica è dotato di nove appartamenti, una suite (per un totale di quaranta posti letto) e una splendida piscina dalla quale si gode di un panorama mozzafiato.



L’accoglienza in azienda è una parte fondamentale del progetto, un potente strumento esperienziale attraverso il quale immergersi totalmente in un luogo dalla bellezza emozionante, respirando uno stile di vita sano che rinsalda il forte legame con la natura, le stagioni, i prodotti della terra ed enfatizza le tradizioni del territorio e i valori dell’ospitalità. 

Ogni estate, ormai da 5 anni, si organizzano delle cene in vigna che sono diventate un appuntamento irrinunciabile per gli amanti del cibo e del vino.

New collab d’autore e a ritmo di musica per sneakers da collezionare

Nuove irresistibili collaborazioni dall’universo delle sneakers. I brand che hanno fatto la storia dello streetwear, cercano sempre nuove strade per contaminare la propria tradizione estetica e sperimentare vesti inedite, raccontandosi attraverso l’ispirazione di artisti, icone della musica e fashion designer provenienti da mondi e culture a volte opposte. Un approccio sempre più comune nel processo creativo, ma mai uguale a se stesso, perché una collab per definizione rivoluziona la visione del brand, per dar vita a collezioni completamente rinnovate e, nella maggior parte dei casi, in edizione limitata, da aggiudicarsi in tempo record e collezionare.  

Ultima proposta dal mercato delle collab arriva da Saucony, che firma con Trinidad Jame$, il rapper multi-platino nato a Trinidad e di base ad Atlanta, un’interpretazione in limited edition dell’iconica Jazz 81. Si chiama Jazz 81 Saucony x Hommewrk e sarà disponibile per gli amanti del brand dal 26 novembre, con una versione multivitaminica per celebrare il paese d’origine dell’artista. Le diverse tonalità di rosso intenso tipiche della Sorrel, la famosissima bevanda dell’isola caraibica, realizzata con petali di ibisco essiccati, sono state riprodotte sulla pelle bottalata e sulla tomaia in premium suede di questo accattivante modello, tra dettagli in TPU rosa semi-trasparente sul puntale, sul rinforzo del tallone e sull’iconico logo del brand.



Anche PUMA e il brand californiano di skateboard Santa Cruz hanno unito le forze per creare una collezione completa che irrompe nei codici stilistici di PUMA, con l’estetica street appartenente all’universo degli skater di Santa Cruz, che dagli anni 70 incarna l’essenza del lifestyle californiano.
All’interno della collezione PUMA x SANTA CRUZ prende vita una delle grafiche più iconiche della library di Santa Cruz, Screaming Hand di Jim Phillip, in una palette di colori accesi e appariscenti, su tutti gli articoli della collezione. 

In qualità di leader nel mondo dello skate, Santa Cruz aggiunge il suo tocco alla classica PUMA Suede che si presenta con una tomaia nera con formstrip verde lime e la grafica “Shark Dot” di Santa Cruz sul lato.  La versione femminile presenta la suola platform e due colorazioni monocromatiche: nero e verde lime, entrambe caratterizzate dalla grafica Santa Cruz Dot Reflection stampata su tomaia e intersuola.



Q-ART code è l’ambizioso progetto NFT di Moaconcept per supportare gli artisti emergenti. Questo perché il suo fondatore, Matteo Tugliani, vive l’arte come una vera filosofia di vita e nel DNA delle sue Moaconcept, create nel 2015, abita il costante desiderio di promuovere l’arte e la creatività dei giovani artisti indipendenti, legando la loro opera alla riqualificazione di ambienti urbani, come avvenuto recentemente a Montevarchi dove 5 artisti hanno realizzato opere d’arte in diversi luoghi della città. Questa stagione, attraverso la tecnologia NFT (Non-Fungible-Token) che coinvolge in prima persona il cliente, ancora una volta il brand devolverà parte del ricavato delle sue sneakers per supportare la realizzazione di un’opera creativa di riqualificazione urbana. La semplice scansione del QR code permette ai clienti di scegliere un’opera e diventare titolari del certificato NFT che ne attesta ufficialmente il supporto.
I soggetti dei primi NFT di cui i clienti potranno diventare titolari sono le opere di create a Montevarchi, realizzate durante il recente Moaconcept Tribute.


Al via la 39° edizione del Torino Film Festival

Dal 26 Novembre al 4 Dicembre riparte il Torino Film Festival giunto alla sua trentanovesima edizione, nato come Festival di cultura per i Torinesi appassionati di cinema, che sono davvero tantissimi, ora da svariati anni è un festival internazionale. 

Infatti, quando si guarda il botteghino insieme a Milano e Roma vi è sempre compreso il capoluogo Sabaudo per capire le vendite dei biglietti come siano andate nella settimana o il weekend.

Possiamo aggiungere che dopo lo scorso anno passato in sordina forse anche più di altre manifestazioni in quanto nel fulcro della cosiddetta seconda ondata di pandemia, erano stati costretti allo svolgimento non in presenza, con la kermesse di quest’anno si torna tutti in sala.



Il TFF si è sempre distinto per sobrietà e assenza di glamour, pochi anzi pochissimi ospiti, il red carpet non è mai stato considerato, quest’anno sembra che stia cambiando qualcosa, infatti i nomi annunciati sono tanti.

Tra i vari premi che verranno assegnati durante il corso del festival, il Premio Stella della Mole per l’Innovazione Artistica 2021 verrà consegnato aMonica Bellucci.

Da tenere sempre in considerazione la qualità dei film in concorso a questo festival, e soprattutto di quelli fuori concorso tra gli altri, Bangla – La serie di Phaym Bhuiyan e Emanuele Scaringi, Blood on the crown di Davide Ferrario, It snows in Benidorm di Isabel Coixet, Il pranzo di Francesco di Pasquale Scimeca, Quattordici giorni di Ivan Cotroneo, Re Granchio di Zoppis e Rigo de Righi, Trafficante di Virus di Costanza Quatriglio. Nella sezione L’Incanto del Reale figurano anche C’è un soffio di vita soltanto di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, Esterno Giorno di Luca Rea, Il tempo rimasto di Daniele Gaglianone, Tonino De Bernardi: Una ricerca senza confini, Return to Paestum di Pappi Corsicato.


Taxi B: la promessa musicale della GenZ

TAXI B è senza dubbio uno tra i più giovani e promettenti della GenZ. ll suo percorso inizia come membro del collettivo di culto FSK, che ha ridefinito i confini della musica urban italiana distorcendoli, allargandoli e trasformandoli, con un linguaggio inedito e visionario e sonorità sperimentali.




Lui appartiene alla classe del 1998 e la sua musica raccoglie e unisce tutte le influenze del mondo del rap più hard-core e del punk, in un connubio inconfondibile, scandito dalla voce graffiante, a tratti urlata a tratti sussurrata, che riesce a raccontare ad ampio spettro e con cruda autenticità tutta la complessità dello sguardo sul suo mondo. All’attivo un album e diversi singoli certificati platino che portano la firma di FSK, ma conviene aspettare per riuscire ad afferrare il meglio che Taxi ha da offrire seguendo il suo percorso solista.



Cover look: Shirt | Dhruv Kapoor, Skirt | A Better Mistake, Tie | Caflor Due Vintage, Shoes | Marsèll

Taxi B

Creative & Fashion Direction Francesco Mautone

Photography Ilaria Ieie

Make Up Vanessa Icareg @blendmanagement

Hair Marco Minunno @blendmanagement

Set Design Edith Di Monda

Videomaker Alessio Esposto

Styling Assistant Maria Alessia Simonte

Make Up Assistant Noemi Auetasc

Location Daylight Studio

ITS annuncia i vincitori dell’edizione 2021

ITS – International Talent Support- svela i vincitori della 19° edizione di ITS Contest – il premio internazionale dedicato al talento e alla creatività nella moda e nel design.

L’edizione 2021 di ITS Contest ha raccolto oltre 530 iscrizioni provenienti da tutto il mondo, 60 le nazionalità rappresentate, oltre 80 le scuole di 30 paesi. Una nuova generazione di talenti che ha imparato a superare le barriere, comunicando la creatività con strumenti innovativi, con una visione del mondo dalle molteplici declinazioni, capace di tradurre il contemporaneo e anticipare il futuro.


Questi i designer emergenti premiati:

Aitor Goicoechea Abruza e Adam Elysasse (ex-aequo): ITS Responsible Creativity Award by Allianz
Hua Hui: ITS Digital Fashion Award
Tae Choi: OTB Award

Mohammed El Marnissi: Swatch Art Peace Hotel Award Qingzi Gao, Tomer Stolbov, Hadar Slassi: Lotto Sport Award Hadar Slassi: ITS Fondazione Ferragamo Award
Tianan Ding: Vogue Talents Special Mention

Un panel internazionale di giurati ha esaminato i progetti dei designer, andando a scandagliare le ispirazioni dei singoli portfolio e la trasformazione dei concept in abiti, accessori, gioielli.



Mika – Cantante e Artista
Renzo Rosso – Presidente OTB
Carlo Giordanetti – Management Swatch International
Aitor Throup – Stilista e Direttore Creativo
Stefania Ricci – Direttrice Museo Salvatore Ferragamo e Fondazione Ferragamo Sara Sozzani Maino – Deputy Editor in Chief di Vogue Italia, Head of Vogue Talents Barbara Franchin – Fondatrice e Direttrice ITS

Sono otto i progetti straordinari che fanno il giro del mondo. Sorprende la responsabilità narrativa sempre presente e la preponderanza di un’urgenza di discutere, contestare e stabilire il concetto di identità, elemento che è stato davvero presente in tutte le creazioni e che i designer hanno affrontato in modi completamente diversi. Osservando i loro progetti, si intuisce che stanno cercando di farsi un’idea di chi sono, guardando al loro passato, o ai loro genitori, per proiettarsi nel futuro. La nostalgia futura è menzionata in modo abbastanza esplicito, ma ci sono anche molte talenti che hanno rivalutano tessuti, silhouette e forme tradizionali. E non è solo questo. C’è anche un senso di magia, di fantasia, di fiaba. In tutta la sua pericolosità, in tutta la sua giocosità e poesia allo stesso tempo.

ITS 2021 Building the Ark è stata realizzata con il patrocinio di Vogue Italia, Camera Naziona- le della Moda Italiana, Pitti Immagine e Fondazione Ferragamo.

Handpicked rende omaggio al Made in Italy attraverso un viaggio tra le città

Memore e consapevole del suo primo viaggio all’interno di un orizzonte naturale, fatto di valori e consapevolezza oggi Handpicked approda in un contesto urbano. L’elemento naturale si ricongiunge alla vita di ogni giorno, per vestire lo scenario metropolitano con l’attualità di capi rifiniti con maestria sartoriale e cromie in sintonia con una nuova idea di città.

Tutti i capi, dai pantaloni ai capispalla, hanno nomi di città italiane, ricche di storia, dal punto di vista culturale e artistico, che sono però meno conosciute fuori dall’Italia. Il brand vuole rendere omaggio all’eccellenza del Made in Italy anche attraverso l’arte di queste città.



Nella collezione FW21/22 presenta una varietà di tele denim, tra cui Kurabo, stretch e super stretch, che vanno dal deep blue allo stone washed, fino ad arrivare a tessuti con rotture e schizzi di vernice realizzate a mano. Oltre al denim troviamo cotone, denim in felpa con effetto jersey touch, flanella, velluto millerighe e costa francese e naturalmente le lane, tra cui quelle pregiate di Vitale Barberis. Molto ricercata è la lana effetto stone dalla mano calda e morbida. Immancabili le stampe classiche come check, Principe di Galles e pied de poule.

In collezione troviamo anche il mood Eco, caratterizzato da lavaggi e trattamenti eco-sostenibili, in cui non vengono utilizzate sostanze chimiche pericolose e gli accessori sono realizzati con materiali e processi ecologici; il mood Studios ha due nuove vestibilità young: Milano slim fit e Imola baggy. Immancabile un’ampia selezione di chino con e senza pince dalle vestibilità comfort o slim fit. Grande attenzione va al mondo casual con la proposta di felpe girocollo e con cappuccio da abbinare a pantaloni della tuta con coulisse. 



Nei top c’è una diversificata proposta di capi in maglia, camicie in denim, flanella o velluto. Per l’outerwear troviamo la sahariana e la tracker jacket in denim, il montgomery con alamari nella versione corta e lunga con bretelle interne per poterlo portare a spalla e il bomber lana, con stampa esterna e interna in check o in panno blu tinta unita.

Ugly but cool: Mariano Franzetti

Sulla contaminazione arte-moda si potrebbe scrivere un intero libro, partendo da grandi maestri come la Felt Suit di Joseph Beuys alle opere di Flavio Lucchini; gli esempi potrebbero essere tantissimi, fino ad arrivare a tempi più recenti in cui, soprattutto la moda, ha guardato all’arte. In un momento storico in cui è radicalmente evoluto il concetto di bellezza e di identità.



Il lavoro di Mariano Franzetti, artista e creativo eclettico di origini argentine, ha ripensato all’estetica dell’ugly (il brutto) in chiave ironica, per trasformarla in qualcosa di contemporaneo e cool. Dopo gli iniziali studi di architettura, Mariano si trasferisce a Buenos Aires per dedicarsi completamente alla sua passione, la pittura, che coltiva fin da piccolo, studiando i pittori rinascimentali e l’arte in generale.



Si trasferisce poi in Italia nelle Marche, iniziando subito a lavorare come artista in collaborazione con un laboratorio di architettura e interior design. Dopo essersi trasferito a Milano, sviluppa ulteriormente la sua carriera di artista e direttore creativo. Sin dagli esordi, le sue opere si caratterizzano per la ricerca cromatica, i toni brillanti e audaci, le immagini e i motivi grotteschi. Un universo costituito da fantasie apparentemente giocose, narrative stravaganti, atmosfere inusuali, che lasciano un segno sui fruitori, suscitando emozioni e stati d’animo differenti. Incuriosito dall’essere umano, dalle sue vicende e della sue svariate sfaccettature, all’interno delle sue opere si trovano spesso personaggi eccentrici, “diversi”, deformati, non solo per l’abbigliamento modaiolo e le sembianze, ma anche per lo stile di vita e la personalità.



Scoolture, dipinti e arazzi: la mostra a Bologna “PUTTY TOYS TRICKY, LORO”

Mariano Franzetti ha presentato a Bologna i giorni scorsi per la prima volta il suo nuovo lavoro artistico, che sviluppa il tema dell’Ugly but Cool tramite media diversi, dalle scoolture (come le definisce lui), gli arazzi, fino ai dipinti. Il tutto all’interno della cornice rococò di Palazzo Hercolani di Bologna, all’interno degli spazi di Zefyro e Silaw Tax & Legal, merchant holding indipendente fondata da Alessandro Tempera, che ha supportato il progetto. Questa mostra segna un importante sviluppo nel suo percorso creativo, che senza rinunciare alla dimensione pittorica e neofigurativa, si declina ora verso una tridimensionalità materica ricca di contrasti. Protagonisti assoluti di questa nuova mostra sono una strana e grottesca community di personaggi che indossano abiti iconici di importanti maison della moda, come Saint Laurent, Celine, Prada, Bottega Veneta, tanto per citarne solo alcune.



Inizialmente, queste piccole sculture in stucco erano state pensate per sostituire i modelli nell’impossibilità di realizzare servizi fotografici per la moda durante il lockdown del 2020 e hanno colmato le giornate dell’artista. Si sono nel tempo moltiplicate, trasformandosi in personaggi grotteschi, dai volti deformi con pochi capelli colorati e arruffati, ma dai look super cool. In modo spontaneo è nata un’intera generazione di questi personaggi che esplorano il dualismo costante tra realtà e voglia di apparire. Quella di Mariano è la ricerca di una bellezza non canonica come quella imposta dalla moda; da questa idea nascono questi Beautiful Loser, che riflettono bene le contraddizioni della realtà che ci circonda. Così spiega lo stesso Franzetti: “I personaggi di Putty Toys Tricky riflettono bene i contrasti del nostro tempo. Sono brutti ma cool o forse troppo cool ma brutti? Una strana e deforme comunità di individui che, pur indossando abiti delle più prestigiose griffe di moda, si atteggiano in posizioni anomale, parlano un linguaggio incomprensibile, muovendosi in modo strano e bizzarro. Ma è proprio nella loro diversità e nella loro distanza che questi personaggi vivono e comunicano.” Queste “scoolture” di improbabili fashion victims, vanno poi a comporre dei veri e propri tableaux vivant, scene che rimandano a note iconografie sacre o alla cantiche della Divina Commedia. Un’attrazione verso l’arte sacra che l’artista ha tratto dal suo retaggio e formazione in Italia, durante i quali ha visitato in modo capillare le chiese e abbazie tra le Marche, l’Umbria e l’Emilia Romagna.


I

Maria Chiara Giannetta è Blanca, quando una disabilità diventa un super potere

Maria Chiara Giannetta è Blanca nella nuova e attesissima fiction di RAI1 che la vede protagonista nei panni di un’esperta in dècodage, ovvero l’ascolto analitico dei materiali audio delle inchieste, grazie alla sua cecità che la rende estremamente sensibile ed attenta diventerà il suo super potere.

La sua grandissima popolarità è arrivata con Don Matteo, e ultimamente l’abbiamo vista anche in Buongiorno Mamma, insomma come dice lei, ha girato tra un set e l’altro negli ultimi anni senza mai fermarsi.

Sei tornata al cinema da quando hanno riaperto le sale?

Sto cercando di vedere più film che posso in questo periodo tra le pause delle varie riprese, diciamo che cerco di recuperare le cose che mi son persa e quelle in uscita, l’ultimo film che ho visto è stato Freaksout.



Come è nata la tua passione per la recitazione.

Devo dire un po’ per caso, nel senso che sin da piccola facevo parte di questa compagnia teatrale del mio paese, soprattutto in estate facevamo molti spettacoli, ma era un gioco per me, non mi sarei mai immaginata che potesse diventare la mia professione.

A un certo punto mia madre mi ha chiesto di scegliere un’attività pomeridiana, la palestra mi annoiava e quindi è stato spontaneo scegliere il teatro.

Dopo la scuola ho scelto di rimanere a Foggia e fare lettere, e poi ad un certo punto ho tentato il provino al centro sperimentale, mi hanno presa, e di lì è cominciato il mio percorso.

La tua popolarità è arrivata con Don Matteo, come ti sei sentita ad entrare in un grande cast come quello?

Si, assolutamente è stato così, la prima persona che ho conosciuto è stato Nino Frassica al provino, e devo che mi ha insegnato cose come nessun altro, il set con lui era magico, speciale, in quanto stimolante la sua capacità di improvvisazione.

Anche perché in una macchina da guerra come Don Matteo, dove magari ci sono tanti interrogatori, quindi tante scene da imparare a memoria, ecco Nino ha la capacità di stravolgere tutto in cinque minuti.

Inoltre, devo ammettere che è stato molto interessante avere sempre tanti attori nuovi in ogni episodio come protagonisti di puntata, ti da veramente l’impressione di una grande famiglia che accoglie tutti i nuovi arrivati.



Sei richiestissima, ti capita a volte di rifiutare un copione e perché?

La verità è che se ho detto qualche no fino ad ora è semplicemente perché ero già impegnata quindi non avevo il tempo materiale per farlo, calcola che Blanca, Buongiorno Mamma e Don Matteo, sono serie TV che ho girato no stop una dopo l’altra, tutto l’anno per tutti gli anni.

Comunque credo i provini bisogna farli tutti, per il semplice motivo che leggendo un copione magari ti fai un’idea sbagliata e non lo senti nelle tue corde, poi invece ti confronti con il regista e scopri un mondo diverso.

Sta per uscire Blanca, attesissima fiction che ti vede protagonista, che mi dici del tuo ruolo in una persona non vedente?

È stato molto bello perché in quanto conoscevo il romanzo che avevo letto in tempi non sospetti, e poi son venuta a sapere del progetto televisivo, però, tra le altre cose le riprese sarebbero dovute iniziare proprio mentre ero ancora sul set per “Buongiorno Mamma”, quindi non era assolutamente in cantiere.

Poi come spesso succede la produzione era in ritardo e son stata chiamata al provino, sono stata felicissima anche perché il ruolo di una non vedente quante volte ti può capitare durante la carriera attoriale, è molto raro, e allora ci ho messo tutto quello che avevo pensato anche durante la lettura del libro.



Come è stato il tuo approccio al ruolo?

Ho provato a vedere le cose come le vede Blanca, cosciente del fatto che io la vista ce l’ho, per me è stato molto importante lo studio dell’ambiente per capire dove potevo inciampare o dove potevo sostenermi, ogni giorno sul set è stato stimolante.

Purtroppo, eravamo nel secondo round di zona rossa ed avrei preferito andare in giro e provare il mio ruolo in luoghi pubblici magari bendata con qualcuno che mi sosteneva, ma non è stato possibile.

Ho avuto l’onore di fare incontri singoli con Andrea Bocelli, Maria Ligorio che è una campionessa para olimpionica di corsa e Veronica Tartaglia che è una campionessa para olimpionica di scherma, insomma ho avuto l’onore di conoscere delle vere e proprie eccellenze italiane.

Invece il tuo tempo libero come lo occupi?

La dura verità è che non ce l’ho, cerco di ritagliarmi un po’ di tempo il sabato e la domenica, però il mio lavoro è la mia dedizione, vado a dormire presto e cerco mangiare sano per avere più energie possibile da utilizzare sul set.

Ho una prerogativa che mi rende famosa: il mio super mega zaino da due tonnellate, di color rosso e blu in tal modo da poterlo vedere sempre, dentro ho tutto ciò che mi serve per sfruttare i tempi morti del set.

Photography: ROBERTA KRASNIG

Hair & Make up: CONCETTA ARGONDIZZO

Press: LAPALUMBO

MAISON RUINART 1729: UN’ESPERIENZA IMMERSIVA PER LA PRIMA VOLTA A MILANO NEGLI SPAZI DI IDENTITÀ GOLOSE

Identità Golose Milano, il primo Hub Internazionale della Gastronomia nato nel 2018, è lo scrigno di Maison Ruinart 1729, un’esperienza immersiva e multisensoriale che la più antica Maison de Champagne ha fatto vivere ad appassionati del bon vivre, per tre giorni di assoluta eccellenza.
Dal 19 al 21 Novembre, Ruinart ha svelato la sua storia centenaria di savoir-faire attraverso tre cene esclusive che in Maison Ruinart 1729 si sono trasformate in un vero e proprio viaggio onirico animato dalla virtual reality Petit R: ogni cena è diventata infatti un’esperienza immersiva realizzata attraverso un videomapping in 3D e il concetto dell’anamorfosi, dove i disegni dell’artista giapponese Kanako Kuno hanno preso vita sulla tavola della sala, mettendo in scena la storia e il ricchissimo patrimonio di Maison Ruinart.



Un viaggio arricchito dall’arte culinaria della Chef di Maison Ruinart, Valérie Radou che, per la prima volta, ha lasciato la sede di Reims in Champagne per trasferire all’Hub Identità Golose Milano tutta la sua creatività e maestria. Resident chef dal 2018, Valérie ha saputo conquistare il pubblico con un menu esclusivo, dove ogni piatto è stato ideato per essere perfettamente abbinato alla sua cuvée: la freschezza di Ruinart Blanc de Blancs esaltata dall’ostrica, come entrée, seguita dal Rombo di Bertrand Mure (omaggio ad uno dei Fondatori di Maison Ruinart), con crema di cavolfiore, nelle sue varianti verde, arancio e bianco, a sottolineare la rotondità dello Chardonnay. Il piatto forte si fonda sui contrasti: faraona con zucca, finferli e succo di liquirizia abbinato a Ruinart Vintage 2011, la cuvée tanto attesa che da quest’anno è distribuita anche sul mercato italiano. Un Vintage che accompagna perfettamente anche il Chaource, tipico formaggio della regione della Champagne, con uva e granola. Per concludere, pera infusa con ibisco, pompelmo e rosa, aromi che ritroviamo nel Ruinart Rosé, la cuvée che accompagna appunto il dessert. Ingredienti ricercati, prodotti di stagione, creatività che, insieme ai suggerimenti dello Chef de Caves, hanno consentito a Valérie di regalare un’esperienza indimenticabile ai suoi ospiti.

Oltre alle tre esclusive cene immersive Petit R, che si sono tenute per soli 12 ospiti nella sala ovale dell’Hub, Ruinart è stata protagonista assoluta di Identità Golose Milano grazie anche alle cene a 4 mani con Valérie Radou e gli Chef del Ruinart Assemblage 1729, il raffinato circuito di ristoranti italiani selezionati da Ruinart, dove la filosofia della più antica Maison de Champagne si fonde con il ricercato senso artistico, il servizio, le proposte culinarie e culturali dei locali. In particolare, venerdì 19/11 la cena è stata firmata da Denis Pedron, Corporate Executive Chef del gruppo Langosteria che ha partecipato rappresentando Langosteria Bistrot Milano, sabato 20/11 e domenica 21/11 dallo Chef due stelle Michelin Giuseppe Mancino de Il Piccolo Principe di Viareggio. Ciascuno chef, insieme a Valérie Radou, ha realizzato un menu speciale che avrà come antipasto Branzino con sedano e olio di levistico, piatto signature di Valérie per questo autunno, accompagnato da Ruinart Blanc de Blancs.
Esperienza viti–vinicola, tradizioni familiari, savoir-faire e art de vivre consapevole: la Maison Ruinart ha scritto il suo destino per quasi tre secoli con questi valori, diventando un riferimento di eccellenza, eleganza e innovazione nel mondo dello Champagne. Oggi, la Maison Ruinart, fiore all’occhiello del gruppo LVMH, è una realtà di riferimento per una clientela internazionale di intenditori, appassionati d’arte ed esteti informati e consapevoli

Weekend in spa: destinazioni da scoprire questa stagione

Impacchi che stimolano il metabolismo, saune meditative al fieno di montagna abbinati a rituali per rilassarsi e lasciarsi andare. Dalle Dolomiti in Alto Adige alle colline del centro Italia, una piccola selezione di strutture di spicco a tema spa, dove provare una nuova dimensione del tempo, nel silenzio e nella bellezza della natura.

Palazzo di Varignana 

L’esclusivo resort e azienda agricola immersa nei colli bolognesi sono perfetti per un weekend fuori porta. Strutturato come un antico borgo, il resort si sviluppa su sei diversi complessi perfettamente integrati nella collina, richiamando il moderno concept di ospitalità diffusa. Un lounge bar di design con affaccio sui colli circostanti e due ristoranti si compensano in gusto ed estetica. La struttura al suo interno accoglie un oliveto di 150 ettari, il più grande dell’Emilia Romagna, a cui si aggiungono vigneti, frutteti, orti e una rara produzione di zafferano, che danno vita a materie prime di altissima qualità, genuine e ricche di proprietà benefiche.

Queste materie primi si ritrovano nei nuovi trattamenti spa ed esprimono tutto il profondo legame con il territorio, combinando ingredienti naturali a cosmetici ecologici di altissima qualità. Nei trattamenti, i principi attivi delle materie prime sono amplificati dalla tecnica di massaggio, per regalare dei preziosi momenti di benessere all’interno di Varsana SPA, un’oasi di benessere che si articola tra piscine interne ed esterne e zone umide.

Credits: Luca Postacchini

I programmi per il benessere psico-fisico sono combinati inoltre a menu studiati ad hoc, con la consulenza di una nutrizionista, dagli chef creativi del ristorante Aurevo, in cui la cucina ci propone ricette che privilegiano i prodotti dell’azienda agricola di Palazzo di Varignana e i suoi sani prodotti del territorio, primo tra tutti l’ olio extravergine di oliva per passare poi alle  marmellate, al miele e ai succhi di frutta, rigorosamente a km 0.


Manna Resort

Completamente immerso nel silenzio e nella natura è un nuovo luogo d’eccezione che si candida ad essere il nuovo hot-spot delle Dolomiti.  Nato sulle ceneri di una vecchia segheria, l’esclusivo resort è perfettamente inserito nell’habitat alpino/mediterraneo, in completa armonia con ciò che lo circonda, secondo un progetto a basso impatto ambientale che utilizza rame, ottone, legno e pietra locale nel pieno rispetto della natura e del luogo. 

La sua spa è un ambiente raffinato, ispirato dall’amore per la Thailandia, con forti richiami all’Oriente: dagli arredi ai profumi, dalle musiche alle tecniche di massaggio ai trattamenti eseguiti da un beauty team in parte originario. Un menù spa che mette al centro la persona e si prende cura del corpo e dell’anima con massaggi Thai, programmi Ayurvedici, trattamenti specifici che si avvalgono di moderne tecnologie abbinate a prodotti dai principi attivi più funzionali


Renaissance Tuscany il Ciocco Resort & Spa

Non c’è luogo migliore della Media Valle del Serchio per tuffarsi nella natura e apprezzarne i colori. Perfetto per andare alla scoperta del territorio garfagnino e della Valle, tra foreste incontaminate e vette che superano i 2.000 metri, borghi e riserve naturali che si rivestono di calde tonalità date dal foliage, lo splendido spettacolo delle foglie che cambiano tonalità e lasciano andare il verde intenso dell’estate.

Una volta rientrati in hotel dopo una giornata in pieno stile autunnale, è stupendo lasciarsi coccolare nella Beauty Spa del Resort che dispone di piscina interna e bagno turco oppure, per rilassamento e rigenerazione totale, provare uno degli esclusivi trattamenti proposti a base di vinacce di produzione locale.  


Hotel Lamm

Circondato dall’incomparabile scenario delle Dolomiti l’Hotel Lamm di Castelrotto è un piccolo diamante incastonato alle pendici dell’Alpe di Siusi, al centro di un paesino medievale. Dopo un attento restyling che ha saputo conciliare il fascino della tradizione con un design moderno, elegante e unico, l’hotel, la cui struttura risale al 1670, è diventato una meta prediletta per gli amanti del relax e della vita attiva di montagna. 

All’ultimo piano dell’hotel si trova una spettacolare oasi spa: un’ampia e raffinata area wellness con sauna finlandese, biosauna, bagno turco, docce esperenziali, zona relax con lettini di cirmolo indoor e outdoor, e un ampio menù di trattamenti benessere per ritrovare l’armonia di corpo e mente, recuperare le energie e la forma fisica, depurarsi, o semplicemente regalarsi qualche coccola tutta per sé e lasciare liberi i pensieri.  Inoltre, dalla spa una scala in pietra conduce sulla terrazza dove si apre una grande piscina a cielo aperto con temperatura constante di 30°, affacciata sui tetti di Castelrotto e sulle splendide cime dolomitiche.


Bonfanti Design Hotel 

L’hotel si trova a Chienes, in Val Pusteria e si presenta con un look tutto nuovo con il quale è pronto a inaugurare l’inverno. Un abito progettato e ridisegnato per regalare a tutti un’esperienza unica fatta di emozioni, comfort, relax e buon gusto.

Anche il centro wellness indoor ha effettuato un restyling, con tre nuove sale e cabine beauty e un’accogliente zona relax con tanto di caminetto. Sono state rinnovate le piscine, le saune, il bagno turco, le vasche whirpool, il percorso Kneipp, e la sala fitness. La novità assoluta è l’esclusiva snow room, un luogo speciale dove lasciarsi avvolgere dalla magia dei paesi nordici ricreata grazie alla neve (vera), che ricopre pareti e pavimento e scende a fiocchi leggeri leggeri, e alla temperatura che può raggiungere anche i -10°. È l’alternativa soft al bagno di reazione freddo dopo la sauna.

Da non dimenticare anche il bellissimo ed esclusivo laghetto balneabile, un’oasi di benessere di 300 mq immersa con una vista privilegiata sulle cime e il cielo azzurro. Accanto, una spettacolare sauna esterna che lascia davvero a bocca aperta.


Immagine di copertina: Palazzo di Varignana

Gli accessori tech da avere adesso

Il mondo delle cuffie è sempre più in evoluzione, soprattutto negli ultimi anni, portando ad una differenziazione di questi accessori in diverse sottocategorie, sintomo che le esigenze degli utilizzatori finali sono sempre più specifiche. Accessori leggeri, wireless, con ottima autonomia e sempre più funzionali, senza però rinunciare al design ergonomico e un’esperienza d’ascolto più lunga possibile.


HONOR – Earbuds 2 Lite

Un nuovo modello di auricolari dal design ergonomico che offrono un’esperienza d’ascolto senza interruzioni grazie a una durata della batteria fino a 32 ore, capacità di ricarica rapida e alla cancellazione attiva del rumore.



Custodia BOUNCE per Airpods 3 – Cellular Line

Una custodia perfetta per aggiungere un tocco di stile, con i suoi 4 colori – nero, rosa, blu (in foto) e rosso – e il morbido silicone soft touch particolarmente piacevole al tatto e alla vista. È di facile accesso al connettore ed è dotata di un pratico gancio che permette di fissare il case alla borsa, allo zaino o ai passanti dei pantaloni, oltre ad essere compatibile con la ricarica wireless MagSafe.



Auricolari Lisbon – Urbanista

Gli Urbanista Lisbon uniscono funzionalità e personalità, oltre ad essere eleganti, compatti e, soprattutto, funzionali. Hanno una custodia di ricarica portatile e pesano solo 4 g ciascuno. Si adattano comodamente e in modo sicuro per un’esperienza di ascolto quasi impercettibile e offrono ben 9 ore di riproduzione. Sono disponibili in una gamma di cinque colorazioni.



Cuffie Los Angeles – Urbanista

Sono le prime cuffie autoricaricabili al mondo, alimentate a energia solare, wireless e dotate di sistema attivo di cancellazione del rumore. L’app dedicata, sia su Android che su IOS, fornisce informazioni su come ottenere il massimo dal tempo di riproduzione del prodotto, comprese indicazioni visive sui livelli di carica solare e di utilizzo, oltre ad offrire la possibilità di personalizzare i controlli delle cuffie. 

Models to follow: Aurelio Baiocco

22 anni, romano, occhi bruni, lineamenti taglienti, capello fluente che ricorda un po’ i beauty look di star del passato come Robert Redford o Alain Delon, entrate di diritto nell’empireo della mascolinità più charmant e carismatica, Aurelio Baiocco fa il modello da circa tre anni.
In un lasso di tempo relativamente breve, considerato anche lo stop della pandemia, ha dato prova di un certo camaleontismo, risultando convincente nei panni (attillati) del freak edonista tutto make-up, pelle e ammiccamenti al bdsm (in un editoriale pubblicato su GQ Brazil nel dicembre 2020) come nei capi tailored di Tod’s, indossati nella presentazione della collezione Fall/Winter 2020 del brand, imbevuta di rimandi al dress code dei Seventies; mood che gli calzava a pennello, poiché i suoi outfit hanno un debito evidente nei confronti dei codici del decennio: lo si evince dalle foto a firma di Riccardo Albanese che corredano l’articolo, dove sfoggia soprabito in nappa, vecchi Levi’s scovati in un marché aux puces, stivaletti, polo a manica lunga, cintura adorna di occhielli e applicazioni, a puntellare mise dall’aria vissuta, segnatamente retrò.
L’intervista che segue è utile per capire come un insider abituato a fitting, prove in showroom & Co. intenda – e declini a modo suo – concetti quali fashion o stile, mai così diffusi e però sovente abusati, ridotti a poco più che etichette da utilizzare ad libitum. Lui, tra l’altro, predilige capi vintage o second hand, ne fa una questione di sicurezza, di sentirsi a proprio agio, perché «la moda non riguarda esclusivamente l’estetica, ha a che vedere piuttosto con consapevolezza e comodità».

In tutto il servizio, abiti e accessori model’s own



Come ti sei approcciato a questo lavoro, e da quanto tempo lo fai?

Faccio il modello da tre anni, nel 2020 però sono stato fermo per mesi a causa del Covid, non abitandoci era praticamente impossibile raggiungere Milano, perciò considero quello in corso il mio secondo anno nel settore.
L’inizio in realtà è stato casuale, una ragazza di Roma con cui mi frequentavo lavorava come modella e mi ha spinto a provare, così ho fatto dei casting per delle agenzie romane per poi passare a quelle milanesi, trasferirmi in città e cominciare a tutti gli effetti.

Modeling a parte, cosa ti appassiona, quali sono i tuoi interessi?

Adoro il cinema, la mia passione più grande, spero davvero di potermi prima o poi inserire in quel mondo; le altre sono legate allo sport, che ho praticato per anni, seguo il calcio (o meglio, la Roma) e la Formula 1. Inoltre studio storia dell’arte all’università.

Qual è stata, finora, l’esperienza lavorativa che reputi più importante?

La presentazione, nel gennaio 2020, della collezione Tod’s T Club, sia per l’evento in sé, sia per la rilevanza del marchio; senza contare che era la mia prima partecipazione a una fashion week e da novellino, diciamo, mi sono trovato a fianco di colleghi ben più conosciuti ed esperti.

Sogni di collaborare con qualche brand o stilista in particolare?

Tom Ford, Prada e Bottega Veneta, a livello di moda maschile sono quelli che mi attraggono maggiormente, per quanto difficili da raggiungere. È anche una questione di gusti e inclinazioni personali, trovo ad esempio che il menswear di Ford sia iconico e al tempo stesso contemporaneo.



Moda e stile: cosa ti fanno venire in mente queste espressioni che, nonostante il loro (ab)uso, sono assai meno scontate di quanto non appaiano?

Penso vadano di pari passo, la moda secondo me è un mezzo con cui una persona, attraverso ciò che indossa, può sentirsi a suo agio; non credo che seguire alla lettera le tendenze equivalga ad avere stile, si tratta più che altro di riuscire – o provare a – essere sicuri di sé e dell’outfit, senza ostentarlo.
Ricorro spesso al vintage o all’usato, non sempre i capi più nuovi sono quelli che ti fanno apparire al meglio, la moda non riguarda esclusivamente l’estetica, ha a che vedere piuttosto con consapevolezza e comodità.

A giudicare dallo shooting, sembri attingere a piene mani dagli anni ‘70, preferisci i look retrò? Ci sono capi o accessori che credi esprimano appieno il tuo stile e altri, al contrario, che non indosseresti mai?

Gli abiti dello shooting, guarda caso, erano tutti vintage o second hand, a partire dal cappotto, trovato in casa, che apparteneva a mio padre, i Levi’s li ho presi invece in un mercatino di Roma; sono pezzi cui sono legato, non in senso materiale ma emotivo se vuoi.
Per quanto riguarda il capo specifico sceglierei i Levi’s 504 delle foto, a vita leggermente bassa e svasati al punto giusto, comodissimi, del resto se c’è una cosa che proprio non riesco a vedermi addosso sono i jeans stretti e in generale gli skinny pants.

Per quale look opteresti in tre contesti diversi come, per esempio, un evento formale, un’uscita pomeridiana, una serata di relax con gli amici?

Se parliamo della stagione attuale, solitamente vesto con pantaloni ampi, boots o mocassini, un giubbotto da aviatore sul dolcevita.
Per un’ipotetica serata di gala credo non ci sia nulla di meglio di un completo Tom Ford nero, pensando a un’uscita rilassata, invece, direi sneakers (ultimamente uso spesso un paio di classiche Nike, con swoosh bianco su base nera), pants comodi e un pullover girocollo in tonalità scure o neutre.


Tra i tuoi colleghi ce n’è qualcuno che può in qualche modo ispirarti?

Siamo ovviamente tutti diversi, i parallelismi si possono fare ma fino a un certo punto, detto ciò mi piace Parker van Noord, sta portando avanti un tipo di percorso cui ambisco anch’io.
Parlando di modelli di riferimento, allargherei poi lo sguardo agli attori, citando innanzitutto Marcello Mastroianni (attore immenso e icona di stile insuperata) e Brad Pitt, lo ammiro, oltre che sul piano attoriale, per i modi e l’eleganza che trasmette; mi colpì soprattutto nella cover story di GQ Italia di qualche tempo fa, tra l’altro ero presente in un servizio interno di quel numero.

Ci sono progetti in arrivo che vuoi anticiparci? Dal punto di vista lavorativo, cosa speri ti riservi il futuro?

Ho capito che in questa professione non c’è mai nulla di certo, magari puoi ottenere un lavoro e poi perderlo perché l’outfit non ti sta bene.
Il mio obiettivo principale, come modello, è viaggiare, visitare posti nuovi, incontrare persone, fare più esperienze possibili. Il sogno, invece, resta quello di lavorare nel cinema, non so nemmeno come, ci penserò nel caso a tempo debito.

Photographer: Riccardo Albanese

Model: Aurelio Baiocco @URBN Models

La guida perfetta per 3 giorni in Alto Adige

Poche volte i luoghi non ancora visitati, ci appaiono esattamente come li avevamo sperati, talvolta le aspettative superano la realtà; l’eccezione si chiama Alto Adige, terra di eleganti paesaggi, di vini e di buon cibo, di disciplina e condivisione, meta perfetta di chi ama allontanarsi dal caos e godere delle eccellenze del territorio.

In 3 giorni riuscirete a scoprire l’impegno e l’attenzione che in questa terra meravigliosa mettono i propri abitanti; qui una guida tra cantine, hotel, ristoranti, che vi farà venire voglia di ritornarci.

GIORNO 1

PARK HOTEL LAURIN

Dal 1910 è il Grand Hotel di Bolzano, stile classico e ampia scelta di camere business e suite con vista panoramica. La cucina gourmet offre rispetto per la tradizione con sorprese nelle reinterpretazioni dei piatti; da provare l’uovo del contadino cotto a bassa temperatura, crema di zucca Hokkaido e champignon, da abbinare ad un Arunda Brut Rosè metodo classico Talento, e le tagliatelle ai tartufi estivi con un Sudtirol St. Magdalener Vigna Rondell del 2018, che combina forza ed eleganza rispettando il piatto. Un vino autoctono classificato tra i migliori vini rossi italiani  insieme al Brunello, è versatile e si avvicina molto al Pinot Nero. Da non perdere il dessert cremoso variazione di pistacchio con nota croccante di nocciola.



KOFERERHOF CANTINA

In Val d’Isarco, nel comune di Varna ai piedi delle Dolomiti, una visita alle cantine Köfererhof, il cui vignaiolo appassionato nobilita nome e vino. Gunther produce dalle 70 alle 90mila bottiglie l’anno, su vigneti che raggiungono gli 800 mt e che per escursione termica, tipologia di suoli e posizione, donano grande carattere e complessità ai vini; non a caso Kofererhof è considerato uno dei migliori bianchisti d’Italia. Conversione diretta principalmente sui bianchi, Riesling, Sylvaner, Muller Thurgau, Kerner, Gewürztraminer, la famiglia Kerschbaumer si dedica anche all’accoglienza nel ristorante sopra la cantina gestito dalla madre Erika, una dolce signora in abiti tradizionali che vi porterà nella storica Stube, il tepore del legno, una sensazione di pace e di “casa”, e l’affaccio sulla vallata che sembra disegnata da un maxi rastrello dalle punte verdi.



EISACKTAL CANTINA VALLE ISARCO

130 i soci di questa cooperativa formata da piccoli viticoltori, premiati con la medaglia d’oro al Concorso Internazionale di Muller Thurgau con il loro vino nel 2020.
11 in totale i comuni di produzione dai terreni sabbiosi, sassosi e in pendenza e dalle altitudini importanti (1000 mt per il Muller Thurgau e il Kerner); una grande selezione di vitigni dalla cifra stilistica elegante, fresca, più spinti verso l’acidità meno in grassezza.
Il 97% della produzione è destinata al bianco, diviso in 2 linee di cui Aristos rappresenta la selezione dei miglior vigneti; l’obiettivo è “portare l’uva in bottiglia”, motivo per cui si investe molto nei macchinari di ultima generazione e in risorse sempre aggiornate.

KIRCHERHOF RISTORANTE

Per una cena all’insegna della tradizione, il ristorante Kircherhof sito ad Albes propone tagliatelle di Schuttelbrot fatte in casa con agnello nostrano brasato, formaggio di malga ed erbe del loro orto; in perfetto abbinamento uno Schiava Mediaevum 2020 Gump Hof e un Sylvaner 2020 Strasserhof. Piatto migliore il filetto di salmerino dalla Val Passiria con grano saraceno, zucca e barbabietole abbinato ad un Alto Adige Valle Isarco Sylvaner 2020 cantina Kuenhof e a chiudere un sorbetto di mele fatto in casa con cioccolato croccante, mele marinate e noci. www.kircherhof.it



HOTEL SPITALERHOF

Dormire in una botte oggi si può, non sarà piena di vino ma è certamente un soggiorno speciale. La camera è interamente in legno, bombata, accogliente, con box doccia a pioggia, e una jacuzzi esterna riscaldata. Le due botti della struttura si affacciano sulla piscina esterna e sulla vallata. Nella botte niente angoli o spigoli, c’è quasi il rischio di ritrovarsi sottosopra.
https://www.spitalerhof.it



GIORNO 2

E-BIKE TOUR ALTA BADIA

Non c’è niente che combina avventura e contatto con la natura, di un e-bike tour; salendo con l’ovovia si arriva in Alta Badia, a Corvara, dove il verde acceso lascia spazio a degli spruzzi biancheggianti che si intravedono sulle montagne; qui la scena paesaggistica si avvicina alla poesia e fa esplodere in tutti un grande sentimento di coesione con la natura stessa, soprattutto in chi ha dimenticato questa gioia abitando in città.
Dal cielo alle casette in legno tutto sembra disegnato, i ciclamini come delle pennellate d’estro e l’azzurro terso sopra la testa come uno spruzzo denso di tempera; non sono delle sdolcinerìe, qui realmente si può sentire quell’energia che arriva da non sappiamo dove, ma che ci ricongiunge con la natura, nostra prima grande madre.



UTIA DE BIOCH

Sul punto più alto dell’Alta Val Badia, come in una caccia al tesoro, troverete il rifugio alpino Utia de Bioch, tappa obbligata se volete scoprire che tradizione è sinonimo di qualità, una cucina d’eccellenza e un servizio accogliente che avrebbe da insegnare a molti nel resto dello stivale. La baita riceve lo speciale “premio per la cultura del vino in Alto Adige”, per l’impressionante selezione di etichette (1031 per la precisione) e l’impeccabile gusto negli abbinamenti.
E’ Markus Valentini, titolare dell’Utia de Bioch che ci regala le grandi sorprese del gusto, arrivano dalla sua profonda passione per il vino e per la competenza degna di lode. Il Premio sottolinea la differenza tra chi fa e chi ci mette il cuore; da provare la costoletta di Mangalica alla brace, salsa al miele e limone, cipolla fondente e insalatina di erbe firmate da Nicola Laera, un piatto in collaborazione con gli chef stellati; una crema di patate con erbe di montagna fresche e polline, per comprendere quanto la semplicità talvolta sia di gusto superiore alla complessità, abbinata ad un Kerner Pacher Hof 2018 (ne vorrete una cassa intera); a chiudere un krapfen del contadino dalla forma allungata ripieno di mele, gelato allo yogurt e miele caramellato abbinato ad un Passito Comtess St Valentin 2018, una vendemmia tardiva, i grappoli rimangono sulla pianta fino alla fine dell’anno, il risultato è un Gewurztraminer elegante, intenso, cremoso, dalle note esotiche e mielate.
Una volta stati qui, avrete il mal di Utia de Bioch, quella nostalgia lasciata dai luoghi del cuore, dove siete stati felici, dove vi sentite a casa, e vorrete tornarci, spesso.



RISTORANTE TURMWIRT
In un piccolo villaggio di nome Gudon, di quelli che sembrano esistere solo nelle fiabe, si trova il ristorante Turmwirt, materie prima acquistate dai contadini locali, produzioni proprie di succhi e grappe e grande rispetto per la tradizione.
Qui da non perdere la sella di cervo con crosta di noci, cavolo rosso, frittelle di patate (per dare più sapore ai piatti semplici in passato i contadini hanno sempre usato friggere i cibi) abbinata a un Cabernet Sauvignon Riserva Freienfeld 2018 della cantina Kurtatsch, barricata francese, tostatura leggera, grande ricchezza di note fruttate e morbida struttura tannica che ti porta ad una bevuta lunga e piacevole.



Piatto forte il risotto di zucca con salmerino marinato, abbinato a un Gewurztraminer Auratus 2020 della tenuta Ritterhof, dove “auratus” sta per dorato che coincide col colore luminoso e intenso giallo paglierino; un vino prezioso e pluripremiato con “3 bicchieri” dal Gambero Rosso dal 2014, il vino del cuore della cantina perchè coltivazione della prima generazione Ritterhof, una gestione che mixa egregiamente modernità e tradizione, la direzione oggi seguita da Eva, terza per generazione che porta dal mondo saperi per elevare il gioiello di famiglia.
Perfetto invece come aperitivo il Pinot Bianco Berg 2019 della Cantina Colterenzio prodotto nella zona di Eppan Berg, luogo storicamente riconosciuto per la produzione di Pinot Bianco; vinificato 100% in legno, grande affinamento sui lieviti e, i tempi in questo caso, come succede per alcuni profumi, regalano grande grazia ed armonia.

GIORNO 3

PATAUNER RISTORANTE

Qualsiasi fotografo impazzirebbe dai giochi di luci ed ombre che crea il pergolato di questo ristorante; sotto l’ombra delle piante verdeggianti, le tavolate del Patauner dove i canederli sono i veri protagonisti; quello ripieno di barbabietola non dovete farvelo scappare; ma anche la tartare di manzo dal Gerberhof di Nova Ponente con pane del contadino tostato e burro e il semifreddo di canapa caramellati con cioccolata calda.



CANTINA NALS MARGREID

Se avete voglia di una degustazione con i fiocchi e avete bisogno di rifornimento per la vostra cantina privata, Nals Margreid fa al caso vostro: 160 ettari di terreno, 14 zone di coltivazione, 120 vignaioli, 25 etichette, 1 agronomo, 70% di bianco e 30% di rosso, 1 milione di bottiglie vendute, solo per darvi alcuni numeri.
Lo spazio destinato all’accoglienza oggi è moderno e all’avanguardia, un’architettura firmata da Markus Schrerer con grande terrazza panoramica e legni che si armonizzano col luogo, premiato nel 2013 alla Biennale Architettura di Venezia. Arredato internamente in stile classico con Chesterfield cuoio e nero, adornano le bottiglie pluripremiate come il Pinot Bianco Sirmian 2012 quale “Bianco dell’anno” dalla più famosa ed influente guida italiana ai vini edita da Gambero Rosso; “3 bicchieri” vinti 7 volte consecutivamente che vien subito voglia di fare una verticale a cena con gli amici più esperti.



Un vino espressione delle infinite potenzialità del terroir altoatesino, porfido, marmo, calcare e terreni morenici, estati fresche e autunni miti, vendemmia tardiva, siamo sulle pendici di Nalles a ovest dell’Alto Adige; il 2019 è un bouquet di fiori con note di ananas, mela, agrumi, ma quello che rimane, come un atteso “arrivederci” di un romantico appuntamento, è la straordinaria mineralità e freschezza, un finale persistente come il “suo” profumo.




Filippo Contri: the intimate performer

Filippo Contri sembra essere nato per stare sul palcoscenico. Un performer che non sente il bisogno di urlare, ma la cui presenza basta a riempire lo spazio circostante, scavando e restituendo il senso ad ogni parola detta, andando a riscoprire il valore profondo di ogni sentimento nei cassetti dei ricordi, con il favore del tempo. Dopo gli esordi dentro una vita apparentemente destinata a una strada diversa, è stato scelto per stare davanti alle telecamere, perché quella vocazione, che era nella sua stessa natura, qualcuno l’aveva vista con chiarezza, illuminandogli la strada. E quando appartieni a qualcosa, non ti resta che assecondarla e iniziare a crederci davvero.
Lo vediamo in questi giorni su Prime Video nella serie Vita da Carlo in cui interpreta Giovanni, il figlio di Carlo Verdone. Ci ha raccontato salite e discese che l’hanno portato fin qui e i progetti collaterali, tra cinema, laboratori e teatro, figli di una personalità forte e volitiva, e di una sempre maggiore consapevolezza di se stesso, misto a una buona dose di autoironia.



Filippo, passione per il cinema fin da piccolo. Ti sei avvicinato al mondo dello spettacolo in svariati modi e fasi differenti, proviamo a raccontare tutto dalle origini?

È una passione tramandata dai miei genitori, con i quali passavo il mio tempo libero andando spesso al cinema, ma anche tra le mura di casa – ricordo che eravamo pieni di dvd – se non dalle scuole elementari, dove seguivo con entusiasmo il laboratorio teatrale, che poi ho continuato con sempre maggiore interesse. Solo che col passare degli anni l’impegno si fa più intenso e io come tutti i ragazzini, volevo uscire con le ragazze e giocare a calcio. Intorno ai 14 anni il mio interesse matura, perché sento di essere perfettamente a mio agio quanto mi trovo in mezzo alla gente. Riesco a percepire il fascino di poter trasmettere qualcosa al pubblico con la sana esuberanza che mi contraddistingue.
A 14 anni mia madre mi manda a studiare cinema e confesso che all’epoca io andavo a imparare a fare i monologhi per conquistare la ragazza di cui andavo matto.
Nel 2009 ottengo una parte in Amore 14 di Federico Moccia. Fatto sta, che la mia percezione di questa professione rimane ancora relegata tra quelle destinazioni lontane e troppo difficili da raggiungere. Perciò, finisco gli studi, mi laureo in economia e inizio a lavorare all’estero. Tornato a Roma avvio una discreta carriera in Deloitte, rifiutando occasioni che mi si sono presentate per strada, come il corto della Campari di Sorrentino per la quale sono stato fermato per strada per fare un casting serissimo che era andato bene perché in effetti il giorno dopo mi è arrivata la notizia che ero stato preso, era il 2016 e non mi sentivo a mio agio nel fare un’esperienza sapendo che non avrei avuto modo di approfondire questa strada.

Un paio d’anni dopo, una ragazza mi chiama per chiedermi di girare un video per il Grande Fratello e dopo un po’ di tempo mi chiamano da Cinecittà e mi ritrovo di fronte a una decina di autori che vogliono conoscermi, così tra un provino e un mucchio di risate mi chiedono di partecipare al reality. In quel momento la mia personalità era centrata ma temevo che potesse trattarsi dell’ennesima illusione.



Però non lo è stata…

No, pare, perché quando sono uscito dal Grande Fratello, ero a tavola con Enrico Lucherini e Barbara D’Urso, a un certo punto, proprio Enrico – dall’alto della sua esperienza – si alza da tavola e mi dice che io dovevo fare l’attore. Questa cosa mi ha dato una carica incredibile che mi ha spinto a studiare e a tirare fuori tutta l’energia che avevo dentro. Dunque, cercai il corso più adatto a me, il migliore a cui potessi accedere e lo trovai nella formazione di Alessandro Prete: iniziai a studiare, lasciandomi trasportare dal mio sesto senso e dagli eventi.

Entri in una nuova fase. Che cosa cambia?

Mi rendo conto che la recitazione può insegnarmi a essere me stesso: può sviscerare le mie emozioni, e può rendermi libero di prendermi sul serio o di far finta, posso sognare mettendoci tutta la mia creatività, lavorando approfonditamente su questo e arrivare a sentirmi migliore. La pratica della recitazione mi ha permesso di riportarmi indietro nel tempo, a quando avevo 15 anni, imparando a conoscermi meglio, facendomi delle domande sulla mia vita personale.

Una sensazione profonda che sentii quando, nel 2019, presi parte al cortometraggio Happy Birthday, di One More Pictures con Rai Cinema, presentato alla 76° mostra del Cinema di Venezia, in cui viene raccontata la personalità degli Hikikomori, insieme a Genny De Nucci e Fortunato Cerlino, per la regia di Lorenzo Giovenga. Lì il mio principe azzurro non era altro che un avatar del padre e quello che ho sentito quando ho interpretato quel personaggio è stato il senso di responsabilità nel non potermi permettere lo stupore per non deludere mia figlia.



Ogni esperienza è un tassello in più non tanto nella tua formazione, ma nel raggiungimento di una nuova consapevolezza personale.

Si è sicuramente un settore difficile, è innegabile, ma se lo affronti con convinzione e passione, lavorando su te stesso, sicuramente quell’energia ti porta da qualche parte. Dico questo perché, una delle cose che mi ha dato più fastidio in questi anni è stato l’atteggiamento di molti, quasi a volerti scoraggiare a fare questo lavoro. Nella vita, come per tutte le scelte che un individuo fa, le possibilità sono bassissime, ma se lavori con dedizione qualcosa si muove, ed è quello che fa la differenza. Nulla è casuale e nulla è impossibile.

2020 l’anno della svolta “in tutti i sensi”

Il 2020 è stato l’anno in cuiho preso un piccolo ruolo con il regista Riccardo Antonaroli – ne La Svolta con Ludovica Martino e Andrea Lattanzi.

Ho avuto l’onore di fare la pubblicità per la BMW (mondo) diretto ma soprattutto doppiato da Jan Wentz!


Maglia LES HOMMES

E poi arriva Carlo Verdone…

Si, è il momento in cui stai veramente iniziando ad appassionarti a quello che si prova quando riesci a sentire dentro la recitazione, il gusto di un jeans non troppo largo, ma neanche troppo comodo, il ricordo dietro un bacio, imparare a rimanere calmo e insistere.

Un giorno, mentre facevo le prove di Nero a Metà, in cui ero protagonista in una puntata con Gobbo Diaz e Claudio Amendola, mi arriva una telefonata in cui mi comunicano che ho preso la serie di Carlo Verdone in cui interpreto la parte del figlio. Un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Avevo solo il pensiero di fare bene quello che stavo facendo, entrare in quella realtà e godere di quello che avevo tra le mani e così è stato. Dopo che fai un’esperienza del genere, tutte le altre ti sembrano molto più piccole, anche se le altre sono ugualmente grandi.



Come dicevi prima, quando hai la possibilità di farti conoscere, arrivano anche i provini e altre opportunità. La perseveranza paga?

Sicuramente! Infatti, subito dopo è arrivata un’altra opportunità con la serie Impero per la regia di Fabio Resinaro e Nicolò Marzano che ruota attorno all’universo del calciomercato e dei procuratori sportivi, con Francesco Montanari, e ti rendi conto che le cose sono cambiate. Ti sembra di essere arrivato a quello che desideravi, lavorando duro tutti i giorni, ma soprattutto rischiando, abbandonando anche un lavoro certo che mi avrebbe portato successo.

Ma meno male che siamo abbastanza matti da assecondare il sesto senso e cambiare strada! Adesso quando vedo uno in giacca e cravatta non vedo l’ora di metterla “in scena”

Cosa che ho fatto durante un’esercitazione teatrale molto personale:
Ho iniziato ad aprire i regali che mi avrebbe fatto mio padre dall’anno in cui è mancato, ad oggi.



Ce li racconteresti questi regali che parlano di te e di lui?
È stato interessante immaginare come mi potrebbe vedere mio padre in questa rivoluzione che sto vivendo, mi sono chiesto se mi avrebbe appoggiato e come lo avrebbe fatto. Ignorandomi e facendo finta di niente o sostenendomi e accompagnandomi a vedere dei film, come “Favolacce”, da un consumatore vecchio stampo.

Mi è piaciuto immaginare una serie di regali: da un paio di scarpe belle alla locandina di The Disaster Artist in cui James Franco è produttore, regista e attore. Una delle mie pellicole preferite in cui risuona il mantra “Non permettere mai a nessuno di dire che non puoi fare una cosa”.
Ma anche un completino di calcio della Roma, per non dimenticare la tua tradizione, il gioco, il divertimento e le tue origini – una serie di messaggi che lui mi avrebbe voluto mandare visti in maniera più intima e profonda.
Una pistola perché quand’ero bambino mi piaceva giocare con le pistole giocattolo, dunque sono andato a creare dei presupposti per ritornare a giocare. Una volta giocai carte con lui. Tutto questo vestito con i suoi abiti da lavoro, proprio quelli, giacca e cravatta.



Cosa vorresti suggerire a chi desidera seguire il tuo stesso percorso?

È la libertà che ti può condurre alla felicità, a volte non ce ne rendiamo conto. Adesso sono cosciente che ho raggiunto un livello autocoscienza che prima non avevo, è una costante ricerca di qualcosa che ci fa stare bene, che basta a me, senza doverla necessariamente divulgare.

Per fare questo ho iniziato a sperimentare, a scrivere insieme a un gruppo di amici. Sfruttando anche quello che ho imparato dal mio primo lavoro – “Faccio delle presentazioni che neanche Elon Musk” – stiamo realizzando un lungometraggio sul tema della cancellazione dei colori in politica. “PUTSCH” – seguaci – scritto da Costanza Bongiorni, diretto da Marco Armando Piccinini e soggetto ideato da me, parla di un giovane influencer che crea un partito politico insieme ad altri influencer, sotto il nome di Nuovo Mondo, basato su dei valori più nobili di oggi: ecosocialismo e retaggi culturali della nostra nazione, presentato da un trailer già pronto di grande impatto.
Un progetto ambizioso, scritto in due anni, con l’intento di promuovere volti nuovi attraverso un tema di grande attualità.
Questo è solo uno degli ultimi progetti che rappresentano la somma di tutte le esperienze condivise con le persone che incontri in questo meraviglioso percorso.

Look cover: canotta e pants LES HOMMES

Photographer and art direction: Davide Musto

Styling and interview: Rosamaria Coniglio

Production: Alessia Caliendo

Location: Coho Loft Roma

Food: Avocado Bar Roma

L’esclusiva collezione di Giorgio Armani x 10 Corso Como

Giorgio Armani presenta in anteprima esclusiva la collezione Giorgio Armani – 10 Corso Como. Sintesi di uno stile inconfondibile, in iconico bianco e nero, l’inedita collaborazione con 10 Corso Como crea una collezione senza tempo, composta dal lessico coerente e costantemente rinnovato del racconto armaniano.

Blazer dalle linee esatte, mono o doppiopetto, lunghi cappotti e caban, pantaloni fluidi, pullover morbidi, accessoriati da stringate basse o décolletés, e due borse, una ampia e avvolgente e La Prima nella sua versione classica. La contrapposizione di maschile e femminile è risolta in un segno leggero e incisivo e la scelta del bianco e nero conferisce una visione grafica, sottolineata dai motivi delle righe jacquard. I materiali sono naturali e preziosi: lane, sete, velluti, cashmere e una felpa che gioca ironicamente con il volto stilizzato di Giorgio Armani.

La collezione, con un packaging dedicato, sarà disponibile dal 18 novembre presso 10 Corso Como di Milano e online, e successivamente anche nei negozi Giorgio Armani di Milano, New York Madison Avenue, Tokyo Ginza Tower e Shanghai.

5 storici brand di maglieria da (ri)scoprire

Si scrive autunno, si legge maglieria: con le temperature che si abbassano sempre di più, bisogna attrezzarsi con i pullover, da preferire in filati caldi e cozy, lana über alles. Le opzioni sono praticamente infinite, tra nuance evergreen quali blu navy, nero e grigio oppure eye-catching, texture a prova di gelo o finissime, quasi impalpabili. È bene ad ogni modo andare sul sicuro, rivolgendosi a quei marchi dall’heritage pluridecennale che è garanzia di qualità e un certo blasone, come i cinque a seguire.

Missoni

Dici knitwear e subito il pensiero corre a una delle dinastie più rappresentative della moda italica, i Missoni: per la maison fondata quasi settant’anni or sono da Ottavio e Rosita, partner sul lavoro e nella vita, è sempre stata il cuore di un’impresa dalla forte connotazione familiare, il viatico per un successo capace di attraversare i decenni e relativi cambiamenti di usi e consuetudini vestimentarie. Grazie ai maglioni straripanti di cromatismo ed estrosità, infatti, negli anni ‘70 esplode la Missoni-mania, al di qua e al di là dell’oceano: impossibile ignorare i pattern fiammati, variopinti, ipnotici che zigzagano sui capi usciti dal laboratorio di Sumirago della coppia di stilisti-imprenditori, un sincretismo gioioso di sfumature, punti e motivi battezzato dagli americani “put-together”.
Incoronata nel 1971 «migliore al mondo» nientemeno che dal New York Times, la maglieria vale al brand il Neiman Marcus Award del ‘73, per avere «osato nuove dimensioni e rapporti di colore». Peculiarità che contraddistinguono tutt’oggi le collezioni della griffe; non fa eccezione quella per l’Autunno/Inverno 2021, in cui il fervore espressivo missoniano irrompe su golf, pull a collo alto e cardigan dai revers sciallati attraverso la consueta ridda di linee, arzigogoli e trame grafiche, tra screziature, chevron ingigantiti, righe dall’effetto optical e cromie digradanti dallo scuro al chiaro, o viceversa.


Credits foto 1: ph. by Oliviero Toscani


Ballantyne

Assurto a grande notorietà negli anni ‘50 grazie al “Diamond Intarsia”, tecnica che permetteva di tracciare sulle maglie i tipici rombi allungati che hanno fatto la fortuna del marchio scozzese, Ballantyne celebra quest’anno il traguardo dei cento anni.
Tra gli ammiratori della trama a diamante dei suoi pullover si contano teste coronate, star di Hollywood e jet-setter di fama mondiale (da Alain Delon a Jacqueline Kennedy, passando per James Dean e Steve McQueen), perfino Hermès e Chanel, colpite dalla capacità della label di trattare a regola d’arte le fibre più nobili, le affidano la propria maglieria; nel 1967 è invece Her Majesty ad onorare il knitwear d’autore di Ballantyne col Queen Award.
Al timone dell’azienda vi è ora l’ex direttore artistico Fabio Gatto, che per riportarla agli antichi splendori affianca ai maglioni intarsiati con l’inconfondibile argyle proposte in pesi e finezze assortite, in grado di accontentare gli amanti dei sottogiacca dalle consistenze ultralight come i patiti dei pullover avvolgenti, oltre alle capsule collection della linea Lab, nelle quali il virtuosismo produttivo della casa incontra la visione fresca dei giovani designer selezionati volta per volta.



Drumohr

Con le radici ben salde in Scozia, terra d’origine di questa griffe centenaria (in attività dal 1770), Drumohr parla italiano dal 2006, da quando cioè è stata acquisita dal gruppo Ciocca.
L’azienda del Bresciano ha trasferito la produzione dal Regno Unito all’Italia, prestando però la massima attenzione a mantenere intattto quel saper fare artigiano che, per tutto il Novecento, aveva conquistato attori, aristocratici e modelli assoluti di chicness, dal Re di Norvegia al principe Carlo, da James Stewart a Gianni Agnelli; è quest’ultimo, nume tutelare dell’eleganza maschile eternamente imitato (con scarsi risultati, va da sé), a rendere un must il “razor blade” Drumohr rinominato “biscottino”, motivo che consiste di piccoli rettangoli profusi ritmicamente su lana o cashmere.
Conciliando know-how artigianale e ricerca continua, le collezioni includono oggi giochi di color block, intarsi micro o macro, lavorazioni in rilievo e puntuali rielaborazioni del pattern caro all’Avvocato, che non disdegnano scelte cromatiche piuttosto audaci, accostando per esempio il blu al pistacchio, l’arancione al bordeaux, il turchese al vinaccia.



Malo

Una storia prossima al traguardo del mezzo secolo; una manifattura interamente italiana, concentrata negli stabilimenti di Campi Bisenzio e Borgonovo Val Tidone; un’idea di lusso understated, che lasci parlare la qualità di capi dai filati pregevoli, di squisita fattura. Sono questi gli assi portanti di Malo, brand nato come produttore di maglieria in cashmere nel 1972, quando il dominio scozzese sul settore sembrava inscalfibile, eppure riuscito ad affermarsi grazie alla ricca, vibrante palette dei pull, costruiti alla perfezione, bien sûr.
La parabola dell’azienda raggiunge l’acme a cavallo degli anni ‘90 e 2000, poi il declino interrotto, nel 2018, dal terzetto di imprenditori (Walter Maiocchi, Luigino Belloni, Bastian Mario Stangoni) che ne rileva la proprietà, restituendo una centralità assoluta all’artigianalità dell’offerta, imperniata sul cashmere proveniente dalla Mongolia, mescolato alle volte con materiali altrettanto preziosi, dall’alpaca alla seta, alla vicuña, soprannominata “vello degli dei”.
Le fibre deluxe sono, ovviamente, il fulcro della collezione A/I 2021 Boulevard, in cui nuance, architetture e suggestioni dei grandi boulevard metropolitani – appunto – vengono traslate su lane dalla morbidezza extra, in colori freddi (su tutti i diversi punti di grigio, vero passe-partout della proposta) oppure vivaci, intarsiate di minuti rilievi geometrici o a trecce leggermente distorte, a coste o compatte, per capi dai volumi misurati e clean, che la griffe definisce «timeless e urban-chic».



Pringle of Scotland

In tema di maglieria di alto profilo, grazie a tradizioni secolari ed eccelse varietà di lana, la Scozia non teme confronti, e questo vale a maggior ragione per un marchio che fa riferimento al genius loci del Paese fin dal nome, Pringle of Scotland.
Fondato nel 1815 da Robert Pringle negli Scottish Borders, gli vanno riconosciuti almeno due “brevetti” destinati a incidere in profondità sulle sorti dell’industria laniera: negli anni ‘20 del secolo scorso, idea infatti il pattern argyle, l’iconica – possiamo dirlo – fantasia a losanghe prontamente adottata da Edoardo VIII, il duca di Windsor, elegantone impenitente e sommo arbitro del buon gusto maschile del tempo, subito imitato dagli aspiranti epigoni dell’high society internazionale. Altro fiore all’occhiello dell’etichetta è il twin-set, la combo di maglioncino girocollo e cardigan ton sur ton divenuta un cardine dello stile bon chic bon genre. Un autentico orgoglio nazionale insomma, e non stupisce che la regina Elisabetta, insigne cliente del maglificio, lo abbia premiato nel 1956 col Royal Warrant, onorificenza che certifica lo status di fornitore ufficiale di casa Windsor.
Realizzati tuttora nella fabbrica di Hawick, i capi Pringle of Scotland si possono acquistare comodamente da casa sull’e-shop ufficiale, scegliendo tra una discreta gamma di modelli dal fit rilassato, dai sempiterni maglioni a rombi ai golf dall’appeal vintage, con il leone (simbolo ripescato dagli archivi) intessuto sul petto.



Per l’immagine in apertura, credits: Tassili Calatroni for Crash

Nel cuore della Milano finanziaria, la cucina creativa di Desco

Desco inaugura a Milano, in via Bassano Porrone 8, e si aggiunge alla mappa dei ristoranti da non perdere del capoluogo lombardo. Merito di un concept moderno, che si traduce in uno spazio conviviale ed elegante, caratterizzato da una proposta gastronomica che reinterpreta la tradizione, donandole un twist contemporaneo. La cucina creativa del nuovo brand si distingue per i giochi di contrasti e la forte contaminazione esotica, con l’obiettivo di far vivere agli ospiti un’esperienza unica e coinvolgente.

Il giovane chef Roberto Godi, a capo di una altrettanto giovane brigata, esprime la Milano di oggi a tavola attraverso un approccio all’avanguardia, con piatti divertenti e gustosi dove l’alta qualità delle materie prime si fonde con la profonda conoscenza della cucina italiana e gustose incursioni nella cucina asiatica. 

“Vogliamo stupire la clientela garantendo un’esperienza gastronomica di alto livello, ricercata e aperta alle contaminazioni, ma che mantenga tutto lo stile e il gusto italiani”, raccontano il marketing manager Emanuele Sala e il designer Pasquale Di Meglio, fondatori del nuovo brand. 



Dal lunedì al sabato Desco propone un menù vario che abbraccia anche la cucina vegana. La proposta per il pranzo è gustosa e bilanciata: con Hummus, tahina e arachidi con bacon di cocco si viaggia lontano, per poi tornare ai profumi di casa con Desco n° 5, il delizioso spaghettone trafilato al bronzo ai cinque pomodori. Tra i secondi, la Skirt di manzo alla brace servita con purè di patate e burro fermentato si fa apprezzare per la ricercatezza degli abbinamenti. 



Il menù serale “à la carte” è affiancato dalla proposta, ancora più sperimentale, Desco Lab: una selezione di piatti ad alto tasso di creatività, come il Risotto alla milanese rana e piccione e l’Anatra, alghe e katsuobushi di manzo. La proposta beverage si distingue per la continua ricerca delle migliori etichette vinicole italiane e francesi, a cui si aggiunge un’ampia offerta di cocktail, dagli iconici ai signature.



Lo spazio, che ospita fino a 60 coperti, è perfetto per concedersi una pausa tra gusto e relax, dal pranzo alla cena, passando per l’aperitivo. “Desideriamo che Desco diventi un punto di riferimento in città, uno spazio in cui rifugiarsi per staccare dalla frenesia della vita metropolitana, gustando la migliore cucina in un ambiente sofisticato e giovane”, continuano Sala e Di Meglio.

Il concept brand degli interni porta la firma dell’architetto e designer Paolo Albano ed è impreziosito dalle illustrazioni di Simone Massoni e Maria Chiara Fantini.

Sito: https://descomilano.it

IG: @descomilano

Uncensored//bodies#2: Tommaso Montefiori by Davide Musto

Una rubrica che esplora pensieri e visioni sulla sensualità e sull’eros, ma con un twist sempre artistico. Modelli, artisti, creativi, performer e new faces mostrano il lato più sexy e misterioso tramite la finestra di UNCENSORED //BODIES. Protagonista di questa settimana è il modello Tommaso Montefiori.

Photography: Davide Musto

Model: Tommaso Montefiori

Agency: Independent Model Management

Styling: Alessia Caliendo

Make up: Federico Donati @ Simone Belli Agency

Wardrobe:

Claudia Baldazzi

Maison Dressage

Moscot

Paul Smith archive

Romeo Gigli archive

Virili