“Lobby alive”: il nuovo concept presso l’Nh Milano Touring

Il soggiorno visto come il viaggio, esperienziale e non di passaggio. Inclusivo e conviviale. Questo è il mindset dell’Nh Milano Touring, che nasce a pochi passi da alcuni luoghi chiave come il Quadrilatero della Moda e la Stazione Centrale, e che apre le sue porte alla città meneghina, in un modo del tutto informale e convivale.

Nh Milano Touring svela il concept Lobby Alive, nato dalla volontà di NH Hotel Group di ripensare gli spazi comuni e trasformarli da luogo di transito o passaggio a punto di incontro tra le persone: una lobby dove trovare zone di co-working, scambiare quattro chiacchiere, leggere un libro o sorseggiare un drink. 



La nuova lobby di NH Milano Touring presenta inoltre una nuovissima area Food&Beverage, che prende invece ispirazione dalla “Milano da bere” per ricreare un ambiente friendly e divertente. All’interno di questa zona si trova il Camelia’s Yard – Milano Social Bistrot che comprende il Cocktail Bar e il Ristorante che si ispira a uno storytelling legato all’antico giardino milanese e propone un’offerta gastronomica unica, sia a pranzo che a cena. 

In questa zona, l’atmosfera che si respira è fresca e gioiosa: un piccolo giardino riprodotto attraverso una parete di piante verdi, una carta da parati Tropical style, comode poltroncine colorate COCO di Calligaris Contract e un grande biliardo invitano al relax e allo svago, proprio a ricordare lo spirito conviviale dei giardini condominiali milanesi degli anni ’20 e ’50, molto curati e con ampi spazi verdi, spesso nascosti e per questo molto più intimi. 



Le 282 camere dell’ NH Milano Touring permettono, inoltre, di scegliere tra un design classico o contemporaneo.

Tutte spaziose e confortevoli sono dotate di Wi-Fi gratuito. 
Alcune di esse si affacciano sul Duomo, Piazza della Repubblica e lo skyline del quartiere finanziario.

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Un weekend di Pasqua indimenticabile

Un soggiorno di 3-4 giorni per staccare la mente e dedicarsi alla cura del corpo nello Small Luxury Hotel of the World di Villa Eden di Merano (Bz). Un soggiorno all’insegna dell’esclusività e della sicurezza per il primo Covid Safe Hotel d’Europa e da sempre adult only.



Ma come arrivarci? Si può richiedere alla struttura un certificato sanitario per gli spostamenti da altre regioni, grazie ai trattamenti da effettuarsi nella Medical Spa certificata. La proposta è quella di una short Remise en forme per combattere la sedentarietà imposta dai vari lockdown. Due le proposte: o 6 ore di trattamenti individuali a scelta e su consulto medico per 3 giorni oppure 8 ore di trattamenti individuali a scelta e su consulto medico per 4 giorni. 



Ma oltre ai pacchetti si prevede un’attenzione in più a chi passerà la Pasqua in questo paradiso delle Alpi: aperitivo all’arrivo, uno spa voucher di 50 euro a persona da utilizzare a piacimento, la formula Retreat Dining, per prendersi cura di sé al Mindful Restaurant; sessioni personalizzate di yoga e personal Fitness; eventuali escursioni guidate; la serata Diamonds Dinner per la cena del 3 aprile, in collaborazione con la gioielleria “Tiroler Goldschmied”, si parteciperà a un’esclusiva cena di gala dove, tra una portata e l’altra, verranno “serviti” dei piatti particolari, con le creazioni di gioielli con brillanti e diamanti; cena di Pasqua per il 4 aprile.



Alberta Antonucci, l’avvocato degli influencer

In un mondo in costante evoluzione digitale il nuovo orizzonte della comunicazione permette a molti individui, perlopiù giovani, di ritagliarsi uno spazio. I protagonisti del web come influencer, youtuber e tiktoker, grazie alle recenti piattaforme social  hanno potuto creare delle vere e proprie professioni, riuscendo a coinvolgere famosi brand in svariate forme di collaborazioni lavorative. Se da un lato questa realtà di entusiasmo e scoperta apre porte e speranze, dall’altro nasce il bisogno di trovare una forma di regolamentazione a queste nuove figure, spesso inconsce ed inconsapevoli fino in fondo del loro potenziale potere comunicativo, nonché delle stesse piattaforme social. Abbiamo incontrato Alberta Antonucci, avvocato esperta del settore, fondatrice dell’azienda legale “On the Web Side”, che da anni fornisce assistenza e consulenza legale alle Imprese per le attività sul web ed il digital marketing.


Lei è l’avvocata delle influencer (si definisce così). Che cosa significa? Quando e perché ha scelto questa specializzazione? 

Io tutelo sia gli imprenditori digitali che i brand che lavorano nell’influencer marketing. Diversi  anni fa ho intuito che ci fosse un nuovo spazio professionale per fornire assistenza a queste nuove professionalità ed alle aziende che intendano utilizzare l’influencer marketing per la commercializzazione dei propri prodotti e servizi. Mi sono quindi dedicata in modo esclusivo al diritto del web ed alle questioni connesse all’utilizzo dei social. Mi ha appassionato la sfida di percorrere un settore del diritto ancora inesplorato, privo di regolamentazione specifica e che quindi rappresenta il miglior banco di prova per creare una nuova pratica operativa.

Fare l’influencer è diventato un lavoro a tutti gli effetti. Cosa ne pensa?

Essere un imprenditore digitale è, e sicuramente lo è stato sin dall’inizio, un lavoro vero e proprio anche se su questo va aumentata la consapevolezza non solo sui possibili guadagni ma anche sulle responsabilità ed i rischi a cui l’influencer si espone. Il posizionamento dell’imprenditore digitale nel mercato di riferimento dipende:

-dalla verticalità della figura nel singolo settore merceologico;

-dal numero di follower (effettivi);

-ma soprattutto dall’efficienza, ossia dalla capacità di penetrazione del suo messaggio e dalla sua capacità di determinare un aumento effettivo delle vendite (redemption).

Si tratta comunque di un mercato non ancora maturo dove non vi sono ancora strumenti davvero in grado di misurare in modo efficiente questi criteri. C’è ancora molto da fare e io mi sto impegnando professionalmente su questo.



Si fanno corsi per diventare influencer. Dunque, attorno al mondo delle influencer c’è un indotto economico sia nel pubblico che nel privato

Sicuramente è un mondo che deve essere conosciuto e studiato. Come per tutti i lavori non ci si improvvisa influencer. La formazione professionale è importante perché è un mestiere estremamente volatile e può esporre a seri rischi considerata la straordinaria potenza dei media. Naturalmente nei casi di successo può creare un notevole indotto economico e di immagine sia nel pubblico che nel privato: si pensi all’impiego degli influencer per favorire il piano vaccinale contro il Covid19.

Gli sponsor in base a quali criteri scelgono le influencer? 

Quelli della professionalità, credibilità, affidabilità, capacità di gestire il commento, reattività, ma soprattutto sulla loro capacità di performare.

Gli imprenditori digitali, quando pubblicizzano dei prodotti, non producono contenuti che una volta trasmessi nell’etere svaniscono. Loro lasciano una finestra aperta con i loro followers attraverso i commenti od i DM (direct message) e si espongono al giudizio dei follower senza filtri.

C’è anche pubblicità occulta sui social?

Anche sui social vige il principio della trasparenza della pubblicità. Il consumatore deve essere sempre informato se sta guardando dei contenuti che veicolano messaggi pubblicitari e quindi il contenuto pubblicitario del messaggio deve essere comunicato. Uno strumento efficace in tal senso è l’impiego del famosissimo e conosciutissimo # “adv” che sta appunto per advertisement .

Sebbene l’uso dell’#adv sia cresciuto, l’ottica dell’imprenditore digitale è quella di essere sempre sincero con i propri follower, purtroppo però qualcuno è ancora restio ad usarlo.



Social: potenziale o arma? Quanto credi siano pericolosi, soprattutto per i più giovani? 

Come per tutti gli strumenti, i social non sono di per sé né buoni né cattivi. Se usati bene non sono pericolosi, anzi. Basti immaginare come ci hanno tenuto compagnia durante il lockdown, hanno accorciato le distanze e ci hanno fatto sentire uniti. Naturalmente esistono pericoli e rischi a cui stare molto attenti. Proprio per questo ho cercato di analizzarli e di approfondire nel mio libro sulla educazione digitale che uscirà a brevissimo.

La tua suite di lusso nel centro di Milano: Allegroitalia San Pietro all’Orto

Allegroitalia San Pietro all’Orto 6 è un luxury condotel situato nel centro di Milano, capitale italiana della moda, del design e del business a due passi da Via Montenapoleone, quartiere artistico con locali e negozi di tendenza.  Una formula di ospitalità completamente nuova che unisce l’eleganza di un appartamento di lusso con la comodità dei servizi esclusivi di un hotel 5 stelle.

La struttura si compone di 10 Suite di lusso uniche, da 40 a 140 mq, arredate col design e lo stile italiano inconfondibile di ARMANI/CASA. Tre di esse hanno veranda privata e work space per i propri momenti in smart. Infatti, tutte sono dotate di docking station con connessioni USB e HDMI, domotica Touch-Screen, aria condizionata, luci e oscuranti, angolo cottura attrezzato e filodiffusione.


Manintown sceglie le Suite Fashion arredate su scale di colori cromatici dal testa di moro al grigio perla e dotate di pavimento in rovere scuro. Le stesse dispongono di un’ampia cabina armadio e sala da bagno rivestita in pregiati marmi. 

Il servizio di conciergerie di Allegroitalia San Pietro all’Orto 6  offre assistenza alle prenotazioni di musei, visite guidate, shopping tour, walking tour, servizi transfer oppure al servizio di colazione, pranzo e cena direttamente nella propria suite.

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Grace Wales Bonner, giovane talento della moda brit che alterna sfilate, mostre e co-lab d’eccezione

È disponibile dal 26 marzo la collezione Adidas Originals by Wales Bonner, una selezione di abiti e accessori – in cui spiccano due sneakers storiche del brand tedesco, Samba e Nizza – di ovvia matrice sportiva, infusi però di note tailoring e vibrazioni cromatiche che rimandano alla scena dance giamaicana degli anni ‘80, tra volumi distesi, fit accoglienti e toni energici di giallo, rosso, verde smeraldo o viola. Ad unire sportswear e spigliatezza da discoteca antillana ha provveduto la designer Grace Wales Bonner, alla seconda capsule collection con il marchio del trifoglio dopo quella per l’Autunno/Inverno 2020.


Central Saint Martins BA Fashion Show 2014 in the West Handyside Canopy at King’s Cross

Questa 29enne londinese di ascendenze caraibiche (suo padre è un immigrato della cosiddetta generazione “windrush”) in una manciata di anni – sette per la precisione – è riuscita a emergere come una delle newcomer più talentuose e ponderatedella moda brit, convincendo uno stuolo di critici, buyer e insider del settore grazie a un singolare métissage di raffinatezza sartoriale, suggestioni artistiche e ispirazioni colte; le collezioni dell’omonima label includono infatti una molteplicità di riferimenti alla black culture, dal lavoro di figure seminali dell’arte afroamericana quali Jean-Michel Basquiat, Jacob Lawrence e Kerry James Marshall alle gesta dell’ultimo imperatore etiope Hailé Selassié, dal fervore che negli anni ‘20 caratterizzò il Rinascimento di Harlem alle riflessioni di scrittori neri come James Baldwin, Ben Okri o Ishmael Reed.

Una personalità sfaccettata, praticamente impossibile da incasellare in una categoria specifica, e in effetti lei stessa, all’inizio della carriera, ha dichiarato a Vogue di vedersi come un direttore creativo che prova a tenere insieme interessi variegati, dalla moda alla letteratura, alla musica. Il terreno d’elezione è il menswear perché, come rivelato in un’altra intervista, è convinta «di poterlo utilizzare come un contenitore in cui esplorare il mio heritage», colmo di possibilità da esplorare, e motiva il pallino della sartoria spiegando che «si può essere dirompenti anche restando all’interno di una cornice contraddistinta da regole e limiti».


WALES BONNER Fall Winter 2018 London Menswear Fashion Week Copyright Catwalking.com ‘One Time Only’ Publication Editorial Use Only

Nel 2009 Wales Bonner si iscrive quasi per capriccio alla Central Saint Martins, riverita scuola britannica che annovera tra i suoi ex allievi nomi dello spessore di Alexander McQueen, John Galliano, Kim Jones e Riccardo Tisci. Ne uscirà nel 2014 con una graduation collection dal titolo paradigmatico di ‘Afrique’, dove fantastica sul clash tra l’eleganza rigorosa dei tailleur alla Chanel e l’ornamentalismo di numerose tradizioni africane, che le vale il premio L’Oréal Professionnel Young Talent Award.
Nella successiva stagione A/I 2015 viene selezionata dalla piattaforma Fashion East e può così presentare, durante la settimana della moda di Londra, la collezione ‘Ebonics’, in cui fonde look dai tratti retrò (vita altissima, linee svasate, velluto dai riflessi cangianti, denim impunturato eccetera) e orpelli generalmente appannaggio del womenswear, tra gioielli vistosi, texture incrostate di Swarovski e bordure in conchiglie e cristalli. Una visione trasognata dell’abbigliamento maschile, che le consente tra l’altro di esporre le sue creazioni nella rassegna ‘Fashion in Motion’ del Victoria & Albert Museum.
A coronare la traiettoria ascendente arriva, a novembre, il riconoscimento come miglior designer emergente per l’uomo ai British Fashion Awards 2015.

Cominciano a delinearsi quei leitmotiv che finiranno con l’identificare il ready-to-wear della griffe: la sartorialità old school, edulcorata da forme suadenti e linee allungate; una certa leziosità, esemplificata da mise ingioiellate di tutto punto, tra brillanti, perline, charms, spille e fronzoli di vario genere; un quid intellettuale conferito dalle citazioni letterarie e artistiche, e frammisto a un senso di etereo romanticismo.
Il sincretismo estetico ritma quindi l’intera produzione di Wales Bonner, in cui si passa dalla collezione ‘Des Homme et Des Deux’ A/I 2018, a tema marinai creoli (concretizzato in proporzioni che vanno dilatandosi dall’alto al basso della silhouette, con capispalla smilzi e pantaloni fluenti, tessuti traboccanti di colore grazie alle stampe pittoriche, fodere con quadretti gingham) agli stilemi dell’abbigliamento cubano di metà Novecento in ‘Mambo’ (P/E 2020), una successione di sahariane, bluse guayabera, ampi colletti a punta, canotte a rete e superfici soffuse di fiori acquerellati, pois e minuscole ruches; per finire con la trilogia costituita dagli ultimi tre défilé, il cui filo conduttore è l’analisi dei possibili collegamenti culturali e stilistici tra Regno Unito e Caraibi, che conduce a un pot-pourri di categorie e codici vestimentari, per cui l’aplomb di trench, giacche in tweed, pants con la piega e gilet in lana è ibridato con copricapo rasta all’uncinetto, maxi cappelli e tute in nuance sature (‘Lovers Rock’, A/I 2020), mentre la compostezza di blazer avvitati, sciarpe a righe, camicie inamidate e altri must del preppy style da college d’élite viene scombussolata dall’innesto di pattern esuberanti, voluminosi risvolti in shearling, tracksuit, disegnature paisley, orli esageratamente lunghi che occhieggiano qua e là (‘Black Sunlight’, A/I 2021).



La stilista, nel frattempo, continua a riscuotere consensi tra gli addetti ai lavori, inclusi mostri sacri come Karl Lagerfeld, Phoebe Philo e Marc Jacobs, membri della giuria che, nel 2016, le assegna il LVMH Prize for Young Fashion Designers, e nel giro di tre anni si aggiudica infine il BFC/Vogue Designer Fashion Fund, assicurandosi 200mila sterline e un supporto annuale personalizzato.
Tra i suoi estimatori vi sono poi colleghi come Stephen Jonesdominus della modisteria più eccentrica e preziosa – e Manolo Blahnik, santo protettore delle fashionistas devote allo stiletto sin dai fasti di Carrie Bradshaw in ‘Sex and the City’. Quest’ultimo sigla le calzature del marchio in diverse occasioni, alternando mules guarnite di piume, stivaletti in pellami dalle cromie e texture differenti, sandali cut-out e altre creazioni flamboyant a modelli più tradizionali come le brogue in pelle.
Anche Maria Grazia Chiuri, creative director della donna chez Dior, fa squadra con Wales Bonner per la sfilata Cruise 2020 e le affida il compito di rivisitare la Bar Jacket, icona sempiterna della maison cui viene donato un tocco folk attraverso le applicazioni in rafia multicolor ricamata.
È un capitolo a sé la liason con Adidas, avviata nel 2020 con la collezione ‘Lovers Rock’, in cui fanno capolino dolcevita, magliette da calcio, top e pantaloni con le caratteristiche three stripes sferruzzate e i profili a costine “maggiorati”, trovate d’antan analoghe a quelle delle trainers Samba e SL72, che esibiscono strisce crochet, linguette over e tonalità dalla vibe vintage (amaranto, rosa antico, crema, verdone e via discorrendo). La collaborazione prosegue quindi con la suddetta limited edition per la primavera 2021, appena arrivata negli store, e nel corso dell’anno si arricchirà di ulteriori novità, anticipate dallo show A/I 2021 della creativa anglogiamaicana.



Tra una collezione e l’altra, la designer trova anche il modo di partecipare a progetti nei quali trasferire la sua vena artsy, come la mostra ‘A Time for New Dreams’, allestita nel gennaio 2019 negli spazi della Serpentine Gallery londinese – un’indagine sulle declinazioni della spiritualità e del simbolismo di origine africana, oppure la serata-evento del ‘Devotional Sound’ ospitata nello stesso anno dalla St. Peter’s Church di New York, con la performance di nientemeno che Solange Knowles.

A nemmeno trent’anni, il curriculum di Wales Bonner è insomma già ricco di riconoscimenti e nomi di assoluto rilievo, e appare pertanto del tutto irrealistico il timore, confessato al Guardian qualche tempo fa, di risultare una «sciocca» in quanto «fashion designer che si dedica all’arte»: il binomio, nel suo caso, funziona eccome.

Himorta, la cosplayer più seguita d’Europa, presenta il suo primo fumetto “La carta del fuoco”

HIMORTA“LA CARTA DEL FUOCO”

Una passione per i fumetti e per i travestimenti, Himorta, la cosplayer più seguita d’Europa con oltre 1 milione di follower su Instagram, presenta il suo primo fumetto “La carta di fuoco” edito da Mondadori Electa.

La storia è quella di Antonella, famosa cosplayer che una mattina riceve, tra gli innumerevoli regali dei suoi fan, una carta stropicciata con un biglietto allegato: “Fanne buon uso”, firmato: “Il fan”.
E’ una carta da gioco con una fiamma disegnata sopra. Una cosa di poco conto, di cui si dimentica in fretta. Almeno fino quando, la sera, mentre racconta il fatto a un’amica, succede qualcosa di imprevisto, qualcosa che in breve porterà Antonella a indossare un costume mai visto prima, a fare i conti con dei poteri spaventosi e le responsabilità che ne derivano.”

Nel fumetto Antonella Arpa, alias Himorta, interpreta se stessa e racconta un mondo oggi in grande espansione, quello dei travestimenti, un sogno che è divenuto realtà, il mondo fantasy che si intreccia con la vita vera:

“Sono orgogliosa di poter presentare questo fumetto – dichiara Himorta – per me è un sogno che finalmente si realizza, un’emozione unica e un regalo che voglio dedicare prima di tutto ai mei fan. Non avrei mai pensato un giorno di diventare la protagonista di un fumetto, questo mi riempie il cuore di immensa gioia. Nel corso negli ultimi 6 anni ho interpretato innumerevoli personaggi ma in “la carta del fuoco” per la prima volta sono veramente me stessa. Oltre alla supereroina troverete molto di me e delle mie passioni quotidiane, dai miei adorati e inseparabili cani sino alla passione per il mondo dello sport, gli eventi e la musica”

Himorta è riuscita a conquistare l’affetto del grande pubblico di tv e social vestendo i panni di oltre 200 personaggi tra videogames, manga, serie tv, cartoni animati e personaggi cinematografici e dei fumetti. Dal 2016 è la Manga di Avanti un altro, game show in onda su Canale 5 condotto da Paolo Bonolis, dove interroga i concorrenti proprio sul mondo fumettistico.

Grande amante dei manga, sei anni fa Antonella decide di rendere omaggio ad una delle sue opere giapponesi preferite: One Piece. Veste i panni di Ace Pugno di Fuoco e si innamora perdutamente del mondo cosplay tanto da diventarne in breve tempo un’icona di stile e originalità. E proprio il mercato dei fumetti e dei manga, che Himorta ama e rappresenta, è cresciuto, e non solo in Italia, nell’ultimo anno di oltre il 100% ed è diventato capace di esprimere ed occupare i posti più importanti tra i bestseller dell’intero panorama librario.

Canali ufficiali Himorta

Instagram: https://instagram.com/himorta

Tiktok: https://vm.tiktok.com/ZMeMnv8Ry/

Youtubehttps://youtube.com/c/Himorta

Twitch: https://www.twitch.tv/himorta

Faces: Cosimo Longo

Ph: Davide Musto

Ass. ph: Emiliano Bossoletti

Total look: Manuel Ritz

Cosimo Longo è un giovane attore pugliese. Ha debuttato sullo schermo nel 2020 con Mental, serie che affronta il tema dei disturbi psichici tra gli adolescenti, accolto con favore da critica e pubblico.
Cosimo intende ora continuare a studiare e migliorarsi in vista dei prossimi set, e spera di potersi mettere alla prova con ruoli musicali oppure “estremi”, come quelli legati al mondo delle droghe.



Raccontaci del tuo percorso, chi è e cosa fa Cosimo Longo?
«Vengo da San Vito dei Normanni, vicino Brindisi. Dopo il liceo ho iniziato un percorso di recitazione frequentando la Roma Film Academy, poi sono stato preso dalla mia agenzia, la LinkArt, e ho sostenuto il provino per Mental; sono stato fortunato, è andato bene».

Come ti sei avvicinato al cinema?
«Ho sempre desiderato fare l’attore, già da bambino mi affascinavano le persone che interpretavano personaggi disparati vivendo tante vite diverse. Una passione che, crescendo, si era affievolita, l’avevo messa da parte finché, in quinto superiore, mi sono trovato a decidere sul mio futuro e ho avuto una specie di illuminazione».



Sei nel cast del serial Mental, incentrato sulle malattie mentali dei giovanissimi. Un argomento che, sotto certi aspetti, può ricordare Euphoria, credo che faccia presa sul pubblico anche per il momento storico che viviamo. Ti va di parlarci di quest’esperienza?
«Hai nominato Euphoria e in effetti noto anch’io delle somiglianze, la differenza secondo me è nella chiave di lettura, quella scelta da Mental è un po’ più leggera, simpatica se vogliamo, per cercare di stemperare la pesantezza del tema.
È stato il mio primo progetto professionale, un debutto decisamente positivo sia per il lavoro sul set, sia per i riscontri che stiamo avendo; è tutto strapositivo, ancora non ci credo, mi arivano messaggi di ragazzi che si complimentano, che ci ringraziano per il modo in cui abbiamo reso determinati aspetti».

Parliamo del tuo personaggio, Daniel, ragazzo logorroico e bipolare, spesso preda della paranoia.

«Daniel è un personaggio davvero particolare, forte, energico, simpatico, l’unico suo problema è l’estrema suscettibilità: lo vediamo passare da fasi di grande eccitazione e felicità a momenti in cui non riesce a muoversi né parlare. Credo che la parte che più apprezzo di lui – e il motivo per cui gli sono affezionato – risieda nel fatto che ciò che vediamo di Daniel (parlare velocemente, rompere le scatole ecc) è come una maschera per ciò che prova effettivamente; è assai intelligente, quindi sa che certe cose, come l’essere spiato, il tentativo di incastrarlo e così via, non sono vere, ma pensarla così gli fa comunque meno male dell’affrontare la realtà».



Ci sono registi con cui ti piacerebbe lavorare? Hai preferenze a livello di ruoli o generi?
«Un regista che apprezzo molto è Genovese, mi piacciono i personaggi dei suoi film, sarebbe interessante lavorare su uno di loro.
Per quanto riguarda ruoli e generi sinceramente non faccio distinzioni, mi piacerebbe in particolare fare qualcosa nell’ambito della musica, oppure interpretare personaggi legati al mondo delle droghe, le vedo come parti intense, sfidanti; ogni ruolo lo è a modo suo, e presenta mille sfaccettature, ma penso che in questi ci sia qualcosa in più».

Che rapporto hai con i social?
«Li uso, anche troppo per la mia opinione. Ho solo Instagram, vorrei utilizzarlo di più per il lavoro, rendendolo una pagina che mi racconti a livello professionale».



Che rapporto hai con la moda? Come ti approcci agli outfit sul set e cosa pensi della relazione tra ruolo e costumi di scena?
«Penso quest’ultimo elemento sia davvero rilevante, i vestiti giusti mi aiutano a creare l’atmosfera giusta (mi riferisco ad ambientazione, compagnia, abbigliamento ecc), a credere in ciò che dovrò fare. Trovo che gli abiti di scena fossero adatti all’unico personaggio interpretato finora, mi sono trovato bene da quel punto di vista, anche perché Daniel indossava capi oversize, simili a quelli che uso anch’io.

Per quel che riguarda il rapporto con la moda, la seguo nel senso che mi informo, osservo, però sto ancora cercando di definire un mio stile, prendendo spunto da tanti input in ambiti diversi, dal cinema alla musica. Secondo me l’abbigliamento è il miglior biglietto da visita di una persona, attraverso il modo in cui vesti rappresenti ciò che sei, perciò devi sempre esserne fiero. Non sono granché d’accordo sul cambiare spesso look per adeguarsi al contesto, lo stile è personale e deve rispecchiarti ovunque».



Quali capi non potrebbero mancare nel tuo guardaroba?
«Senz’altro le scarpe giuste: ne ho tante, soprattutto sneakers di Jordan, il mio brand preferito».

Desideri e progetti per il futuro?
«Ho in ballo un progetto che inizierà a breve, poi ho intenzione di continuare a studiare, sono consapevole di dover lavorare ancora molto in questo senso. Per il resto, aspetto che mi offrano una parte musicale o che abbia a che vedere con le droghe, alla Breaking Bad insomma (ride, ndr)».

Evocativa, autentica e deliziosa: la Polpetteria e la gastronomia di quartiere

Nata nel 2014 come formula itinerante per i vari Eataly d’Italia, la Polpetteria vive grazie all’estro della campana Roberta Lamberti che nella vita ha sempre voluto “fare le polpette”.


Sin dai suoi esordi il successo ha decretato la formula vincente di un progetto nato intuitivamente homemade ed esploso in tutta Italia grazie ai food truck.

Un exploit che ha condotto Roberta in ogni angolo della Penisola tanto da pensare di concretizzarlo in un temporary.

Dopo un anno di ricerche la Polpetteria ha piantato le basi in quel del quartiere Isola di Milano con il suo inconfondibile stile campano contaminato dalla buona cucina regionale.


La pandemia non ha fermato la sua evoluzione ed è stata in grado di reinventarsi grazie all’ampliamento della proposta gastronomica virandolo ai must della cucina italiana in chiave gourmet.

Roberta spinge l’accelleratore verso idee sempre nuove come il Brunch di quartiere di cui è promotrice coinvolgendo varie attività local come:

Fiuri Milano per la caffetteria, Artico per i gelati, l’Ile Douce per la pasticceria e Cru come l’enoteca naturale.

Ordinando il brunch collettivo su www.lapolpetteria.it la consegna avviene direttamente a casa grazie allo scooter o alla Panda ibrida gialla di Tatta la Polpetteria.

E per Pasque e Pasquetta in da house?

Tatta ha studiato un menù ad hoc ordinabile entro Venerdì 02 Aprile e disponibile per la consegna anche nell’hinterland milanese.

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Tricopigmentazione: cos’è e quando conviene farla

La tricopigmentazione è una tecnica avanzata che permette di contrastare a livello estetico gli effetti di calvizie e alopecia. Ecco in cosa consiste e quando è consigliata.

La tricopigmentazione è una tecnica avanzata che interviene sul piano estetico per attenuare gli effetti della perdita dei capelli. Attraverso la tricopigmentazione si può ricreare in modo molto realistico la presenza di capelli anche nei casi più avanzati di calvizie e alopecia. In sostanza, è come se si disegnassero, utilizzando speciali pigmenti colorati, i capelli che sono caduti simulandone così la presenza. In questo articolo approfondiamo l’argomento: scopriremo in cosa consiste esattamente la tecnica di tricopigmentazione e in quali situazioni è consigliata.

Che cos’è la tricopigmentazione

La tricopigmentazione consiste nella pigmentazione del cuoio capelluto: tramite questa tecnica, un pigmento colorato viene inserito nello strato superficiale del derma, andando a ricreare l’effetto della capigliatura in modo molto naturale e realistico. I pigmenti di color cenere vengono inseriti sotto la pelle come si fa per i tatuaggi, anche se l’effetto finale è completamente diverso: si ottiene infatti un effetto rasato, ad oggi l’unico raggiungibile con questa tecnica.

Per realizzare la tricopigmentazione serve un macchinario e un ago specifico per il cuoio capelluto, chiamato taper. La superficie liscia dell’ago crea un micro foro nella cute mentre la struttura ruvida dell’ago trattiene il pigmento colorato e non lo lascia scivolare via: in questo modo, grazie al movimento costante, viene rilasciata sempre la stessa quantità di pigmento per avere un effetto uniforme e naturale. Il deposito del pigmento avviene ad una profondità costante di 0,5 mm.

A chi è adatta la tricopigmentazione?

La tricopigmentazione è un trattamento assolutamente non invasivo e non doloroso, non è necessaria nessuna anestesia e, una volta terminato, si possono riprendere tranquillamente le proprie attività senza limitazioni. Il trattamento dura circa due ore ma è bene ricordare che non si tratta di una soluzione definitiva: proprio come succede per il trucco permanente, la tricopigmentazione dura dai 6 ai 12 mesi ed è consigliato effettuare trattamenti periodici di richiamo, per evitare uno sgradevole effetto sbiadito.

Quando è consigliata dunque la tricopigmentazione? Con questa tecnica si può dare l’impressione di avere capelli molto corti e, se bene eseguito, il trattamento simula una maggiore densità e copre le zone di diradamento del cuoio capelluto.

È utile anche per coprire le cicatrici, tuttavia esistono situazioni in cui non può essere eseguita. 

Quando non si può fare la tricopigmentazione

La tricopigmentazione non è un trattamento adatto a tutti. In presenza di particolari problematiche a livello di cuoio capelluto, ad esempio dermatite seborroica o follicolite, il risultato finale sarebbe inevitabilmente alterato e quindi viene sconsigliata. Così come viene sconsigliata a chi ha i capelli bianchi, biondi chiari o rossi. Prima di sottoporsi a questo trattamento è dunque indispensabile sottoporsi ad un controllo delle caratteristiche del cuoio capelluto, per poter valutare se ci sono le condizioni ideali per procedere.

Tricopigmentazione o trapianto?

Si tratta di due tecniche molto diverse tra loro, che rispondono ad esigenze diverse. Con la tricopigmentazione si crea un effetto rasato temporaneo, quindi è una soluzione adatta agli uomini che vogliono minimizzare i loro problemi di calvizie. Sottoporsi ad un trapianto di capelli significa invece poter recuperare una piena capigliatura o quantomeno riavere in parte i propri capelli ed è quindi una tecnica adatta a uomini e donne, per contrastare qualsiasi problema di calvizie senza altri tipi di rimedi e senza essere costretti a camuffare il diradamento.

L’astro-coach di Massimo Giannone – Aprile 2021

Un appuntamento per entrare in connessione con noi stessi attraverso la lettura del movimento degli astri e dell’influenza che possono avere sulle nostre vite. È questo il nostro obiettivo per i mesi che verranno, insieme alla guida di Massimo Giannone, percettivo e astrologo da più di vent’anni, dotato di eccezionale sensibilità, nel leggere con occhio metodico e nell’interpretare, poi, con il dono dell’intuizione e di un cuore aperto alla realtà circostante e al lato umano di questo mondo che somiglia sempre di più a una matassa inestricabile.

Ha letteralmente conquistato tutta Italia, partendo da Milano, capitale della moda e dell’editoria, con i suoi appuntamenti fissi sul IL del Sole 24 Ore e su Gioia, e dando vita agli astrococktail e le astrocene: dei format unici (anche perché unico è proprio lui), tra i ristoranti e i locali più apprezzati dai protagonisti della vita notturna meneghina.
Il suo metodo ha conquistato anche brand di moda e di beauty d’alta gamma, che l’ha portato ad essere protagonista di eventi moda, anche in tour per tutto lo stivale con nomi come Maliparmi e la Prairie.

“Il mio oroscopo segue un percorso rivoluzionario, realizzato, accogliendo gli insegnamenti dei pianeti che, se seguiti, aiutano a migliorarci e ad affrontare le problematiche con una nuova consapevolezza, trasformando così le energie e migliorando il nostro quotidiano.
Se cogliamo le vibrazioni archetipiche degli aspetti che consideriamo avversi, come un suggerimento, si ha la possibilità di attenuare gli effetti negativi, ad esempio, Urano in cattivo aspetto è un monito alla velocità: è un avviso a prestare attenzione, a non correre, bisognerà moderarsi e non avere fretta, perché questa, spesso, può non essere una buona alleata.
Non c’è cosa più difficile che andar contro se stessi, contro le proprie abitudini, ma un “IO “che non vuol cambiare ha la tendenza a farsi male, finendo così per sentirsi vittima degli eventi. Dobbiamo imparare, invece, a non combattere queste vibrazioni astrali.
E allora, armonizziamoci con gli astri in un’orchestra che vibra d’informazioni, dove il suono nel Macro vuol amorevolmente insegnarci a come vivere nel Micro in una perfetta sinfonia che sarà il nostro nuovo quotidiano”.

Il suo approccio, tutt’altro che generico, entra nell’aspetto psicologico e animico delle personalità legate al segno zodiacale, con una chiave interpretativa percettiva, volta a fornire un consiglio per rinascere, ricostruirsi.
Perché “le esperienze sono insegnamenti, se impari a cogliere le sue direttive, la tua vita può cambiare completamente” dice Massimo Giannone.
@massi_e_l_astrologia

Artwork a cura di Maria Angela Lombardi @_mariaalombardi_



ARIETE

La canzone ha un dono comunicativo immenso, trasmette emozioni intense attraverso parole, suoni, ritmi.

La canzone “Scrivi qualcosa per me “di Alex Baroni è un invito a una comunicazione, a manifestare le proprie emozioni attraverso una parola scritta, una lettera, un messaggio nel testo che così dice:

“Scrivi qualcosa per me/Scrivi una frase per me/Quando saremo soli poi/Io la canterò vedrai/ Scrivi le cose che non mi dici mai/…”, una bellissima canzone d’amore che è anche un invito a essere una sola cosa, attraverso parole che spesso si fatica a pronunciare, per pudore o per paura.

Cari amici dell’Ariete, con Mercurio e Venere nel segno avrete la possibilità di vivere emozioni fantastiche nei vari settori del vostro quotidiano, basta trovare le corrette gestualità e le parole adatte, disegnerete così una nuova realtà fatta di intimità e condivisioni.

In ambito affettivo, parlate con chiarezza delle vostre necessità dei vostri intenti, ma usando il cuore. Colpirete, così, la persona amata al punto da veder assecondare le vostre necessità. I single avranno una fase di grande fortuna per le conquiste.

Nel lavoro, i liberi professionisti stringeranno dei nuovi accordi, i dipendenti avranno tanto supporto da colleghi ed il lavoro in team porterà a grandi risultati. Non temete di manifestare, sarà l’arma vincente.

“Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano”, così diceva Paulo Coelho, scrittore.

Il sentiero:

Con una capacità espressiva chiara e diretta si ha la possibilità di coinvolgere chi vi sta accanto e darvi nuovi strumenti di socializzazione, una verbalità ritrovata alimenta lo scambio comunicativo e dispone gli altri a una condivisione più profonda.

Avrete così modo di migliorare le vostre relazioni, saper comunicare bene evita malintesi, e mette nel vostro quotidiano un tassello importante, la stima e la fiducia nei vostri confronti.

Anche la gestualità sarà un mezzo importante da allenare durante questa fase, manifestata con un sorriso e con gentilezza, sarà un ulteriore aiuto alle armonie quotidiane.



TORO

Gli artigiani possiedono un carisma particolare. Con qualsiasi materiale, legno, pietra, metallo creano opere uniche, suscitando negli altri il bisogno di averle, di possederle.

Un’arte meravigliosa l’artigianato, molti mestieri si sono persi con l’industrializzazione, ma avverto nuove prospettive in arrivo, il rifiorire, il ritorno ai valori della manualità, grazie a Giove e a Saturno in Acquario.

Cari Amici del segno, un nuovo percorso si apre per voi, una dimensione di nuovi equilibri e armonie, Giove e Saturno pretendono dai voi un nuovo modo di ottenere ciò che desiderate: una sorta di scambio, attraverso la comprensione delle necessità altrui.

In ambito affettivo, gli umori non saranno dei migliori. Per volgere al meglio la situazione è necessario voltare pagina al vostro solito modo di essere attraverso una grande manifestazione e cercando di non imporvi con il vostro modo di pensare ed agire.

Nel lavoro sarà necessario reinventarsi, trovare nuovi stimoli e soprattutto imparare ad accettare che non potete far tutto voi. Renderete così il vostro quotidiano più armonico e le vostre idee saranno premiate con guadagni al di sopra della norma.

“Ciò che non si capisce non si possiede”, così asseriva Goethe, scrittore tedesco.

Il sentiero:

L’archetipo del vostro segno è il seme che ingrassa nella terra e mette sui suoi due steli per indicare che avete una natura disposta verso la conservazione, alla ricerca delle certezze, attraverso il vostro grande lavoro e la vostra grande determinazione.

Possedere per voi è molto importante, soprattutto in ambito materiale, ma bisognerà anche trovare delle vie mediane durante questa fase per non farvi vincere dalle insoddisfazioni, magari coinvolgendo chi vi sta accanto facendoli sentire speciali, con leggerezza e spontaneità. Brillerete in tal modo di una nuova energia, l’unione.



GEMELLI

Uno stato sublimale caratterizzerà questa vostra fase, un bisogno di andare oltre quelli che rappresentano vostri limiti, la necessità di vincere le paure e, attraverso questo percorso, andare oltre le vostre barriere mentali, per disporsi in uno stato di profonda riflessione sul senso di ogni cosa transitoria e raggiungere uno stato di estasi, perché la comprensione elimina ciò che non va bene in noi e ci conduce a gioie, vincendo così anche ogni sofferenza. Una guarigione dell’anima si sta attuando e di riflesso anche nel corpo.

Esistono dei piani energetici che in una condizione normale non è facile percepire dall’essere umano. Nell’antica Grecia, le Baccanti, erano delle donne in preda ad estasi, che attraverso dei rituali raggiungevano uno stato di frenesia, e si mettevano in contatto con le divinità per avere degli auspici, degli oracoli. Ancor oggi vi sono delle popolazioni primitive, come gli abitanti dell’Amazzonia, che attraverso uno stato di trance procurata utilizzando piante sacre, si mettono in contatto con piani coscienza diversi, per raggiungere il Divino.

Cari amici dei Gemelli, con il nodo nel segno e Marte, durante questa fase, le energie spirituali e profonde vi renderanno coscienti sulle cose da fare, percorsi da intraprendere per meglio operare sia nel vostro quotidiano, sia per aiutare chi vi è accanto a salire quei gradini necessari per confortare lo Spirito.

In ambito affettivo, avrete una carica enorme, e le energie da smaltire saranno elevate, tanto da stimolarvi per raggiungere un’intensità di coppia mai vissuta, che vi permetterà di camminare nello stesso sentiero, insieme.

Nel lavoro, il vostro seminato, e questa nuova profondità, vi aiuteranno a raggiungere vette da tanto desiderate. Una nuova razionalità, fusa allo spirito delle cose, vi farà valutare ogni percorso e scegliere quello più consono. Analizzate ogni cosa e il successo sarà garantito.

“Durante le estati ci si denuda per vedere l’assoluto” così diceva Alda Merini, poetessa.

Il sentiero:

Uno stato sublimale caratterizzerà questa vostra fase, che vi condurrà oltre quelli che sono i vostri normali canoni di vita, la necessità di vincere le paure. Attraverso questo percorso potreste superare le barriere mentali, per disporvi in uno stato di profonda riflessione, sul senso di ogni cosa transitoria e raggiungere uno stato di estasi. Perché la comprensione elimina ciò che non va bene in noi e ci conduce a gioie, vincendo così anche ogni sofferenza. Una guarigione dell’anima si sta attuando e, di riflesso, anche nel corpo.



CANCRO

Un incantesimo può essere anche uno stato idilliaco, come se la stessa vibrazione avesse due facce. Per gustarne i sapori migliori è necessario vincere quella parte di noi che non ci permette di andare oltre quel muro, una barriera che noi stessi creiamo per impedirci di vivere le meravigliose energie della positività.
Per andare in quel luogo incantato è necessaria tanta fantasia e volontà.

In tempi neanche tanti lontani, nelle campagne, nei luoghi isolati, nei pressi delle montagne ci sono racconti di vecchine, di sciamani, credenze popolari? O contatti ancestrali con la divinità? Chissà, ma era certo che attraverso una grande conoscenza della natura e della sua relazione con l’essere umano, ti liberavano da energie pesanti che chiamavano la serenità con cantilene, o riti propiziatori che servivano a far guarire.

Cari amici del Cancro, è arrivato il momento di liberarvi delle vostre catene mentali, le stelle sono favorevoli e vi suggeriscono che per vivere di quella serenità, di quello stato di grazia, per uscire dalla vostra gabbia bisognerà ascoltare i segnali che vi arriveranno ed applicarli al vostro quotidiano.

In ambito affettivo, un nuovo slancio verso la persona amata vi farà vivere tante dolcezze e meravigliosi momenti romantici. Per i single gli astri consigliano di abbandonare i pensieri pessimistici e tornare a desiderare.

Nel lavoro, le vostre aspirazioni saranno realizzate, dopo periodi altalenanti, lentamente si profilerà per voi una fase armonica. Allargate i vostri orizzonti e con un grande fiuto rinnoverete in meglio questo settore. Una nuova alba è in arrivo.

“E la bellezza non è un bisogno ma un’estasi. Non è una bocca assetata, né una mano vuota protesa. Ma piuttosto cuore bruciante e un’anima incantata” così sosteneva Khalil Gibran.

Il sentiero:

Ogni cosa nella nostra esistenza ha un lato positivo ed un lato negativo, una dualità, un maschile e un femminile. Molti di noi hanno la percezione dell’incantesimo, raccontato nelle fiabe, della strega cattiva che nel finale viene sconfitta con “e tutti vissero felice e contenti”. Ma per trovare quella dimensione è necessario uno sforzo: cambiare.



LEONE

Secondo Freud, neurologo e psicoanalista, l’Io è una struttura organizzatrice che ha il compito di mediare le pulsioni, una sorta di difesa nel confrontarsi con la realtà.

Per Jung invece, psichiatra e psicoanalista, bisogna scacciare l’Io e dare un nuovo senso al Se a cui l’Io sottostà.

Attraverso la volontà si possono gestire queste emozioni e volgerle verso una dimensione più consapevole, non più statico nel pensiero ma anche dinamico.

Cari amici del Leone, con Giove e Saturno ancora in opposizione, avrete una tendenza a rafforzare l’Io per difendervi dalle ostilità quotidiane.
Sarebbe necessaria una nuova consapevolezza, evitando di mettere in risalto le proprie necessità e adottando un atteggiamento di unione e non di separazione dagli altri.

In ambito affettivo è consigliabile un modo di porsi comprensivo e dolce, ma soprattutto tollerare ciò che non accettate della persona amata. Basate tutto sulla fiducia e vedrete che le incomprensioni svaniranno.

Nel Lavoro, alcuni timori rischiano di farvi commettere degli errori, la tendenza ad isolarvi non è la strada migliore, cercate sempre un compromesso e magari aiutate i vostri partner se lo necessitano.

“Ognuno vede quel che tu pari, pochi sentono quel che tu sei”, così diceva Niccolò Macchiavelli, storico e filosofo.

Il sentiero:

Trasformare l’IO in NOI,  aiuta a combattere molte cose che non vanno nel nostro essere, perché centrare tutto su di sé esclude gli altri, impedisce una buona socialità.

È necessario separare l’Io dallo spirito profondo che è in noi, e affidarsi al rispetto, comprendendo che tutto è collegato da fili fragili e sottili. Le buone energie non possono essere escluse dal nostro quotidiano, devono farne parte, avviandoci ad essere meno presuntuosi e più sensibili. Renderemo sicuramente meno banale la nostra vita.



VERGINE

Nella poesia di Leopardi, “Il passero solitario”, ad un certo punto dice:

“…Ed erra l’armonia per questa valle”, qui Leopardi descrive la vita del passero solitario, che canta nella campagna finché non si conclude la giornata, e nel suo errare dona armonia alla valle che percorre.

Un canto di solitudine del poeta che si sente escluso dalla società, un modo di identificarsi al passero, con tristezza e malinconia che potrebbe essere combattuta godendo la bellezza della gioventù.

Cari amici della Vergine, per far brillare di meraviglie il vostro quotidiano è necessario un atteggiamento armonico con quello che vi circonda, le incertezze vi dispongono verso vibrazioni non armoniche, mentre è preferibile un lasciar fluire, il tempo metterà ordine.

In ambito affettivo i pianeti sono benevoli, ma sarà necessaria una vostra armonia interiore per superare le incomprensioni o le ostilità di coppia. Potete credere in un futuro migliore, è molto vicino basta avere gli stimoli giusti.

Nel lavoro continua la fase positiva, molte le cose da fronteggiare ma anche tante soddisfazioni renderanno questa fase al top. Basta avere le idee chiare e non fondere le emozioni degli altri settori della vostra vita con la vostra professione.

“Le cose sono unite da legami invisibili. Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella”, così sosteneva Galileo Galilei, fisico, matematico ed astronomo.

Il sentiero:

Trovare gli equilibri nel nostro quotidiano non è facile, bisogna mettere in accordo le nostre polarità, spesso l’ostinazione o eccessiva convinzione ci conducono ad atteggiamenti eccessivi o drastici, è preferibile in genere trovare un modo di mediare, di andare incontro con saggezza e profondità d’animo.

Rendendo così gradevole sia la nostra vita che quella di chi ci sta accanto.



BILANCIA

In una poesia di Octavio Paz, poeta e premio Nobel per la letteratura, “Non solo anime”, in alcuni versi dice: “I miei occhi ti scoprono/ nuda/ e ti coprono/ di una calda pioggia /di sguardi.”

Anime che amano, attraverso queste percezioni, rendono vivi i corpi con la sensualità di uno sguardo, un tocco magico che le emozioni suscitano, e fondono l’erotismo all’animo in un’unione meravigliosa.

Cari amici della Bilancia, Saturno e Giove continuano a stimolare il meglio di voi e a condurvi verso emozioni e sensazioni indimenticabili. Gustate di ogni cosa senza chiedervi il perché, siate liberi dai freni che vi limitano e raggiungerete intensità emozionali idilliache. Siate dolci, romantici e disponibili con tutto ciò che vi circonda, sarete non solo ricambiati, ma anche aiutati in qualsiasi necessità.

In ambito affettivo, una sensualità accentuata, e un sex-appeal stimolerà il partner ad assecondare i vostri desideri. Evitate, però, di pensare troppo e cercate di non imporre: tutto deve accadere spontaneamente. I single conquisteranno con grande facilità le attenzioni delle nuove conoscenze.

Nel lavoro, una marcata predisposizione ad aiutare le persone in difficoltà, vi metterà in buona luce con le persone che collaborano con voi. Chi di voi ha vissuto difficoltà in questo settore troverà la via delle soluzioni.

“L’eros è un programma che si svolge nei grovigli elettronici della mente”, Italo Calvino scrittore.

Il sentiero:

Connettersi ai piaceri, sia come fatto erotico che come gusto, dona agli individui una sensibilità e una sensualità che condurranno a gioie impensate.

Una leggerezza dell’animo aiuta a trovare nuove opportunità in ogni settore della nostra vita, come un accordo con le armonie che ci ricambiano, grazie al fatto di aver compreso l’insegnamento che le stelle ci danno, con le loro vibrazioni

È necessario un percorso di scarico, attraverso tecniche di respiro o pratiche similari per raggiungere queste armonie.



SCORPIONE

Oggi la società ci predispone verso l’efficienza nel settore che occupiamo: è necessario essere produttivi al massimo, essere immediati e solutivi, perché tutto si evolve rapidamente e quello che andava bene oggi è già superato domani.

In questo nostro mondo che cambia così velocemente, bisognerebbe associare anche il rispetto per l’ambiente che ci circonda, essere efficienti e sostenibili, nel rispetto della natura, da cui traiamo benefici e sostentamento.

In ognuno di noi dovrebbe esserci una Greta Thumberg, attivista svedese per la salvaguardia dell’ambiente: un essere che oltre a guardare il proprio sé, si renda efficiente e rispettoso dell’ambiente.

Cari amici dello Scorpione, è giunto per voi il tempo dell’efficienza, Urano esige un cambiamento veloce, e in più Mercurio vi darà gli strumenti per operare al meglio nelle comunicazioni.

In ambito affettivo, il vostro istinto vi aiuterà a mediare e a evitare le tensioni con chi vi ama, trovando le parole giuste e soprattutto stimolando al meglio, al fine di mettere i sentimenti al centro di ogni cosa.

In ambito lavorativo, bisognerà chiarire con i vostri partner o colleghi. Una sorta di malcontento si potrebbe generare in voi e nell’ambiente, ma se evitate l’ostinazione, la situazione volgerà al meglio. Investite sulla qualità.

“Il problema dei nostri tempi consiste nel fatto che gli uomini non vogliono essere utili ma importanti”, disse Sir Winston Churchill, Politico e storico britannico.

Il sentiero:

Agire dinanzi alle situazioni sfavorevoli con un atteggiamento adeguato, aiuta a essere efficaci e pronti nelle reazioni, meditando ogni passo si avrà una visione migliore e senz’altro si sceglierà il percorso più consono.

Operare nel tempo, dona più chance all’individuo, la fretta e l’impulso mettono in pericolo le nostre sicurezze e si rischia di essere inefficaci.



SAGITTARIO

La monotonia tende a deprimere i soggetti, le cose che si ripetono stancano ancor più degli eventi stessi da fronteggiare.

In ogni ambito del nostro quotidiano, i migliori esperti di life coaching, pongono l’attenzione su quanto sia importante cambiare e migliorare la nostra vita.

I comportamenti rispettivi sono ormai all’ordine del giorno, perché è necessario conformarsi alle necessità delle stesse società, per avere un guadagno, un lavoro, per pensare ad un futuro stabile.

Per Aristotele, filosofo greco, ognuno di noi ha un” hexis”, e un “ethos”, ossia le caratteristiche durature di un soggetto e le sue visioni morali e intellettuali. L’insieme di queste caratteristiche forma il carattere di una persona. Per migliorare entrambi secondo Aristotele bisogna coltivare le virtù e la morale.

Cari amici del Sagittario, gli aspetti astrali sono favorevoli, ma il vostro stato d’animo risulta essere un po’ piatto e apatico, è necessario trovare nuovi stimoli per vincere la routine quotidiana.

In ambito affettivo, Nettuno in Pesci, confonde l’animo e non gli dona la visione chiara su come agire con la persona amata. Per ritrovare gli equilibri gli astri consigliano trasparenza e chiarezza.

I single possono rimanere delusi da una nuova conoscenza.

Nel lavoro, sarà necessario conformarsi alle direttive e ciò vi suggerirà una sorta di tensione, per vincerla, nessuno limita i vostri sogni, approfondite gli argomenti, formatevi di più e le opportunità necessarie arriveranno.

“Se pensi che l’avventura sia pericolosa, prova la routine. È letale.” asseriva Paulo Coelho, scrittore e poeta brasiliano.

Il sentiero:

Lo spirito di ognuno di noi necessita di novità, di visioni differenti, di opportunità e di affrontare nuove esperienze per così vincere la routine.

Per vincere le ripetitività è necessaria una nuova visione che permetta di osservare il domani con stimoli e ritmi differenti, che diano anche la possibilità di creare una nuova dimensione, attraverso una ferrea volontà in grado di vincere i blocchi e l’apatia.



CAPRICORNO

Una canzone di Jovanotti “Diritti e Doveri”, in una parte del testo dice: Mi sono accorto che /quello che volevo è dentro di me, e l’ho tirato fuori e l’ho fatto vedere, / a tutto il mondo tiralo fuori fallo vedere…”

La condivisione e la chiarezza sono percorsi necessari, mai tenersi dentro nulla, con saggezza e umiltà è necessario emanare, per uscir fuori dalle situazioni che altrimenti da soli, non saremmo in grado di fronteggiare, creando un equilibrio fra dovere e diritto.

Cari amici del Capricorno, con Plutone nel segno, è necessario affermarsi, avere grandi regole, rigore e dovere, ma è anche necessario armonizzarli, facendo pulizia in voi e nel mondo che vi circonda, senza estremismi, ma con la comprensione di ciò che non va in noi.

In ambito affettivo, l’eccessiva responsabilità e la non manifestazione di ciò di cui si necessita, potrebbe impedirvi di vivere con più intensità e armonia il vostro rapporto. Aprite il vostro cuore, e la fase sarà meravigliosa.

Nel lavoro, la mole di impegni sarà particolarmente elevata, la fase risulta essere molto vantaggiosa e con un atteggiamento brillante e leggero, insieme alla vostra grande serietà, vincerete ogni sfida.

“Fai ogni giorno qualcosa che non ti piace: questa è la regola d’oro per abituarti a fare il tuo dovere senza fatica”, così sosteneva Mark Twain, scrittore.

Il sentiero:

Quando si ha la necessità di fare qualcosa a tutti i costi, ci si sente in obbligo verso gli altri, si ha un forte senso del dovere, è necessario anche trovare equilibri, per non appesantire la propria coscienza, per non crearci delle ansie, per realizzare armonie e non deterrenti, sia verso di noi che verso gli altri.

In nessun campo della nostra vita bisogna esagerare, perché le ansie potrebbero avere il sopravvento. Gestire con consapevolezza le emozioni è senz’altro la via migliore, evitando così la rinuncia e, magari, anche sacrifici inutili.



ACQUARIO

Per Platone, i dialoghi presuppongono un “Io” ed un “Tu”, uno sfregamento di anime, per liberarsi da pregiudizi, da apparenze, per condurre l’animo a contemplare ciò che è bello e buono.

Cari amici dell’Acquario, attraverso il dialogo, che voi amate tanto, avrete modo di attenuare non poche problematiche e, allo stesso tempo, di rafforzare le vostre relazioni.
Con il sostegno di Giove e Saturno, la vostra visione sarà chiara, pronta ad affrontare ogni cosa, grazie alle recenti esperienze di vita.

In ambito affettivo, non mancherà qualche nota di malinconia. Non è facile per voi dimenticare, ma il perdono è una luce che possedete: attraverso esso comprenderete e agirete di conseguenza. Torna la leggerezza e il divertimento, questo sarà per voi l’anno della rivincita delle nuove opportunità. Mese per mese vi rafforzerete e vincerete le vostre fragilità.

Nel lavoro, sarete molto concentrati, tanto il carico da smaltire, ma per voi il lavoro è una sfida, amate ciò che fate, le idee sono ben chiare e anche il vostro senso di responsabilità.
Siete in grado di spogliarvi di ogni cosa pur di avere un dialogo corretto e sincero. Ottima fase, per chi di voi attende un avanzamento o un bonus aziendale.

“Contraddizione e adulazione guastano entrambe il dialogo”, così sosteneva Wolfang Goethe, scrittore tedesco.

Io aggiungerei, ogni problema è un’opportunità, la sua energia ci conduce verso un’apertura, un nuovo modo di osservare la stessa cosa, una crescita dinanzi a un’oscurità momentanea dell’animo.

Il sentiero:

Il confronto con gli altri è un percorso di crescita e di evoluzione dei soggetti. Attraverso il dialogo, le idee, i progetti assumono una nuova dimensione, più costruttiva, grazie a un aiuto reciproco.

Con il dialogo si aprono nuove scene, si evitano problematiche, c’è sempre qualcosa che non sappiamo, abbiamo sempre da imparare e l’unione fra i più, apre frontiere che da soli non saremmo riusciti a raggiungere.



PESCI

Quando non si ha una coesione di idee o si ha un comportamento incoerente, vengono a mancare gli equilibri nei rapporti interpersonali. Una mancanza di connessione logica genera alterazioni e tensioni e ci conduce a non farci comprendere dagli altri

Kairos è un antico mito greco, non molto conosciuto, rappresentava il tempo nella descrizione del momento giusto, mentre Kronos rappresentava il tempo logico.

È una contrapposizione tra il tempo qualitativo e il tempo quantitativo, che ai nostri giorni sembra aver generato le ansie, una ribellione dovuta a una difficoltà di adattamento.

Cari amici dei Pesci, Marte in Gemelli susciterà in voi una tendenza ad essere incoerenti, a entrare spesso in contraddizione, un bisogno di ribellarvi ai ritmi che vi saranno imposti.

In ambito affettivo, non mancheranno le novità anche piacevoli, ma il vostro animo vivrà una tendenza alla confusione, alla stanchezza dinanzi alle ripetitività, a un atteggiamento incoerente che potrebbe innescare tensioni e litigi.
Per vincere questa fase è necessario un grande controllo degli istinti ed un dialogo amorevole.

Nel lavoro, sarà necessario essere coerenti e uniformarsi alle esigenze aziendali o dell’ambito di cui vi occupate. Cercate un dialogo sincero con colleghi o partner e superate gli scogli di questa strana fase. I giovani del segno, prima di prendere decisioni importanti in questo settore, farebbero bene a consigliarsi con persone con più esperienza.

“Noi non siamo mai più fedeli a noi stessi di quanto siamo incoerenti”, così diceva Oscar Wilde, scrittore.

Il sentiero:

Bisogna reagire confrontandosi, soprattutto evitando l’ostinazione, valutando ogni cosa nei suoi aspetti più profondi, senza imporre la propria visione, accettando le critiche costruttive ed evitando così ansie inutili.

Alessandra Castelbarco – “Amarsi” per vocazione

Ci sono persone che hanno una particolare inclinazione nel generare buone energie e nel trasferirle nelle proprie passioni. Queste sono quelle che possiamo definire storie di successo.
È il caso di Alessandra Castelbarco, che l’impulso innato nella creazione di “fragranze sartoriali” l’ha scoperto da giovanissima, e dopo averci girato attorno, con anni di formazione e una lunga esperienza nel mondo dell’editoria della moda, non ha resistito al richiamo della nascita di una fragranza e ne ha fatto quasi una vocazione.

Spirito libero ed esteta visionaria, la sua fame di espressione è alla continua ricerca di forme e linguaggi alternativi, per dar sfogo a una personalità eclettica come la sua. Nei suoi viaggi, dall’estremo oriente al Sud America, all’atmosfera spirituale di Ibiza, a Londra, ci sono tutti gli elementi custoditi nel suo ricordo, che lei riesce a infondere nelle sue fragranze, grazie a un’innata sensibilità e a un’instancabile tensione alla ricerca di quello che lei definisce un ritratto sensoriale. Ed è nella sua tappa londinese che Alessandra affina gli strumenti del mestiere, affiancandosi ai professionisti dell’Experimental Perfume Club che la introducono al mondo degli ingredienti specifici: molecole, aromi, olii essenziali, estratti e blendings, come se tutto il bagaglio visivo e vitale della sua esistenza trovasse un alfabeto.

“Amarsi è il primo passo per amare gli altri. Ho cercato di esprimere questo movimento anche nella scelta del logo, che non evoca soltanto la piramide olfattiva, ma fa riferimento anche alla piramide egizia, detta MER, dove la M rappresenta il luogo e la R indica l’ascensione, la rinascita”. Una rinascita che parte dall’anima, passa dalla pelle e coinvolge tutti i sensi, in un rapporto di nuovo piacere con se stessi.

Cosa vuol dire Amarsi per te?
Passiamo la maggior parte del nostro tempo a cercare di essere accettati, ad assecondare un modello di bellezza dettato da un mondo dominato da un’immagine di perfezione. Amarsi è un viaggio intimo con se stessi, una fragranza per l’anima, un invito a prendersi del tempo da dedicarsi. Entrare all’interno di questa piramide ci insegna a concentraci sul nostro universo, senza lasciarci sopraffare da energie negative che non fanno altro che provocare conflitti tra noi e chi ci sta vicino.

Quando nasce questa passione irrefrenabile per il mondo dei profumi, che ha tutta l’aria di essere un dono speciale?
C’è una storia divertente, legata alla mia infanzia, che lascia intendere quello che poi sarebbe stato il mio futuro. Quand’ero bambina mia madre mi regalò un set per creare profumi. Già da piccola la mia insaziabile ricerca di sperimentare qualcosa di nuovo, mi portò a mettere insieme la cera per le scarpe e il prezioso rossetto della mamma, che chiaramente in quell’occasione non fece salti di gioia, quando scoprì il risultato del mio esperimento. Ebbene, ci sono dei momenti, mentre mi dedico a ricerca e sperimentazione, che sento ritornare alla mente l’odore di quella cera.
Perché questa è l’essenza delle mie fragranze: un viaggio nell’album dei ricordi.

Da dove arrivano gli elementi con cui componi le tue fragranze?
C’è il legno di sabina che è un pino, ha un odore molto caratteristico che ritrovi nelle finche ibizenche arse dal sole.
Ma anche pepe rosa al cardamomo, con sentori di miele, arancio, bergamotto, che ricordano luoghi lontani come i mercati indiani, i tramonti andini e le giungle amazzoniche.
Ho anche degli oli meravigliosi che arrivano da Cuba o da altre parti del mondo, ma non tutto può essere utilizzato, devi usare degli oli certificati, quindi spesso devi cercare di raggiungere l’effetto desiderato con altri prodotti consentiti.

Hai detto che ogni fragranza racconta il ricordo di un luogo o di qualche esperienza in particolare.
Si. Attraverso i viaggi e le esperienze connesse a quei luoghi si sono evolute le prime, legate all’India, ai suoi mercati delle spezie. Ma la cosa curiosa è che quando io mi trovo in un posto, creo un profumo dedicato a un luogo diverso da quello in cui sono per ricreare quel ricordo. A Ibiza ho creato London Fields, mentre a Londra è nato Ibiza Wood.

Chi si è occupato delle grafiche?
Mi ha aiutato molto il periodo del lockdown, in cui ho fatto un po’ di prove. Mi sono ispirata a Matisse. Arrivata a Milano, ho spiegato la mia idea a un grafico bravissimo, Massimiliano Minorini che in meno di un’ora ha capito il genere che intendevo raggiungere.

Dove possiamo trovare le tue fragranze?
Ho scelto delle profumerie di nicchia o concept store, ma stiamo lavorando anche per creare una selezionata rete di vendita online, che passa anche attraverso i social, con l’aiuto di un discovery kit, utile a scegliere la propria fragranza, tra Illegal Honey, London Fields, Ibiza Wood, Co Co Violet , Blue Sacra, Saffron Madness e Naked Rose.

Social lunch: a pranzo con Berberè

Indirizzo tra i più cool di Milano, Berberè è un’ insegna di pizzerie fra le migliori in Italia e nasce dall’idea di due giovani imprenditori con una sola grande passione: quella per una pizza buona, artigianale, realizzata da lievito madre vivo e con prodotti biologici selezionati, servita rapidamente a prezzi accessibili. L’insegna di pizzerie creata nel 2010 a Bologna da Matteo e Salvatore Aloe in 10 anni è divenuta una realtà di successo riconosciuta dal pubblico e dalla critica enogastronomica. Oggi proprio attraverso la pizza propone una vera rivoluzione della cultura gastronomica fondata sull’artigianalità.

Se il 2020 sarà anche ricordato come l’anno del Food Delivery, anche l’inizio del 2021 conferma l’ascesa di questo trend. Il confinamento in casa, e la seguente chiusura al pubblico dei ristoranti, hanno favorito la diffusione delle principali piattaforme d’asporto e una crescente passione per il delivery. 

La ricetta per fare impresa passa anche dalla capacità di adeguarsi alle situazioni, senza mai arrendersi e per essere più vicini alla propria clientela, Berberè ha ideato l’iniziativa Divano Pizza Film a.k.a la Tripletta perfetta. Se la Margherita fosse un film quale pellicola sarebbe? Si è partiti proprio da questo gioco per abbinare ogni pizza ad una selezione di film, fra nuove uscite e grandi classici. Per creare questi accoppiamenti è stato coinvolto Marco Lombardi, autore, giornalista e conduttore di Come ti cucino un film, in onda su Gambero Rosso HD ed esperto di Cinegustologia®. Lombardi si è divertito a creare una selezione di pellicole da godersi insieme alla pizza su alcune delle piattaforme on-demand più famose (Netflix, Prime Video, Rakuten, Sky, ecc).

Le pizze Berberè che dovete provare assolutamente? La Margherita si aggiudica il podio, a seguire la Diavola con salamino piccante e un classico del menù del locale, la pizza con Prosciutto crudo di Norcia, burrata, rucola, fiordilatte, olio all’arancia. Quando? tutti i giorni a pranzo o a cena!

Henry Lloyd-Hughes Genio british per un inedito Sherlock Holmes

Interview: Rosamaria Coniglio
Photographer  Joseph Sinclair
Stylist         Manny Lago
Grooming    Shamirah Sairally

Fascino e savoir-faire britannico, dotato di grande talento, non solo davanti alla macchina da presa, ma anche sul capo di cricket, a cui dedica parte del suo tempo libero da più di 10 anni. Ha interpretato così bene ruoli drasticamente lontani, al punto che non abbiamo ancora la certezza di quale sia il personaggio che più gli si addice. E forse non lo ha ancora deciso neanche lui, perché quando si parla del suo talento, preferisce non concentrare troppo l’attenzione su stesso. Sarà questa elegante modestia che lo rende così speciale?

Il nostro paese l’ha già apprezzato per la sua interpretazione di Alfred Lyttelton nella serie Netflix “The English game”, ambientata nel tempo in cui il calcio è ai suoi esordi e, tra giochi di potere e colpi bassi, iniziano ad affermarsi i primi giocatori professionisti, non senza polemiche, accese più da interessi di classe che da questioni morali. E se vi consigliamo di non lasciarvi scappare l’occasione di vederlo nei panni di un ricco uomo d’affari che antepone i propri interessi personali davanti a un’apparente solida amicizia e a una moralità utile alla conservazione del potere e di uno status sociale, è la sua interpretazione di Sherlock Holmes la vera notizia. Nella nuovissima serie “The Irregulars” in uscita oggi su Netflix, scoprirete una versione irriverente, brillante e del tutto lontana da tutto quello che avete visto fino ad ora sul detective più famoso al mondo, descritto dalla penna di Tom Bidwell.

Una versione distopica della Londra di Sherlock in cui certezze e valori vengono sostituiti da orribili crimini ed eventi soprannaturali, tocca i nervi scoperti di una società come la nostra, completamente stravolta dalle condizioni dettate da una pandemia che ha investito ogni settore e che da più di un anno ci ha costretti a vivere una nuova realtà.

Protagonisti e vittime allo stesso tempo, di una decadente Londra vittoriana, sono degli adolescenti in difficoltà che vengono manipolati per risolvere i crimini per il sinistro Dottor Watson e il suo misterioso socio in affari.  Bisognerà attendere qualche puntata per scoprire cosa è accaduto a Sherlock Holmes in tutti questi anni. E qui si nasconde la grandezza di questo personaggio che ci svela di sé quello che non abbiamo mai saputo: il prima e il dopo.

Scopriamo il giovane Sherlock brillante e intraprendente, guidato dall’impulso energico della giovinezza e da un’autostima incalcolabile che sarà la sua fortuna, ma probabilmente anche la sua più grande debolezza. E la sua maturità, un uomo svuotato dal suo ego, che ha visto crollare i suoi punti di forza, logorato dal senso di colpa? Dal dolore? lo scoprirete insieme a tutti quegli aspetti di un inedito Sherlock che Henry Lloyd-Hughes riuscirà a trasmettervi nella sua straordinaria interpretazione.

Una chiave psicologica inaspettata, svelata a piccole dosi.
Tracce di elementi personali legati al suo personaggio, attraverso il dono dell’attesa, rendono un atto immorale o un gesto romantico portato all’estremo, una rivelazione che il suo volto non lascia trapelare neanche pochi minuti prima.
E quando gli abbiamo chiesto quanto sia potuto risultare difficile mettere in mostra due lati diversi di una personalità così complessa, dal metodico, spiritoso e sicuro di sé, all’altro distrutto dal dolore e privo di ogni motivazione, la sua risposta ha completamente sorvolato sulla propria interpretazione, spendendo tutte le sue parole sui grandi meriti del costume designer e della makeup artist. Un vero gentleman.
 “Volevamo davvero spingere entrambe le versioni il più lontano possibile. Raccontare il più possibile la storia di chi è assente da 15 anni. Attraverso la fisicità e il look, con la premio Oscar Lucy Sibbick e i costumi di Edward K. Gibbon, è stato un esperimento emozionante, vedere fino a che punto potevamo spingerci pur assicurandoci che sembrasse lo stesso personaggio”.

Credo che il suo fascino risieda nella profondità con cui riesce a entrare in connessione con i suoi personaggi. È lui stesso, infatti, a confermarci che l’aspetto del personaggio di Sherlock che lo ha attratto maggiormente è “La sua vulnerabilità, e il suo ego perforato e rotto”.

Uno scambio intimo e profondo, quello tra Henry e i suoi personaggi. Se la sua grande capacità introspettiva riesce a darci una versione unica del suoi detective, da quello che ci racconta, ogni personaggio entra nel suo universo in modo un po’ speciale. “Dipende sempre da dove ti trova nella tua vita. Incontri un determinato personaggio a una certa età e porti nella tua vita tutto ciò che hai vissuto in quel ruolo. Al momento sto pensando veramente con affetto al mio tempo speso dentro al personaggio di Sherlock, da questo scaturisce qualcosa di molto personale. Ma sono sicuro che quando mi metterò in qualcos’altro, lo amerò allo stesso modo o anche di più”.

Ci sono stati dei momenti divertenti durante le riprese che vuoi raccontarci?
Si! Abbiamo bruciato alcuni dei costumi originali per realizzare i costumi più vecchi di Sherlock. Durante le riprese, la lana bruciata puzzava così tanto che tutti gli altri attori hanno iniziato a lamentarsi. Inoltre, ogni volta che mi mettevo le mani in tasca, si alzavano nuvole di fuliggine, e lasciavo impronte di mani sporche ovunque!

In The  English Game sei uno dei migliori giocatori di calcio di quel periodo. Ma sappiamo che hai una grande passione per il cricket e un marchio con una storia di due generazioni, ispirato proprio a questo sport: N.E. Blake & Co Ti piace dirmelo?
Sicuro. È un grande onore per me continuare la tradizione di famiglia. “Paddy”Padwick era il mio bisnonno e uno sportivo estremamente dotato. Ha trasformato la sua passione in un business con “N.E.Blake  & Co.“, e ho rilanciato il business cercando di riportare un classico look sportivo storico, incentrato principalmente sul cricket. A volte è estenuante gestire un’attività oltre a fare televisione, ma onestamente sono così appassionato di stile e abbigliamento sportivo classico, che non riesco a farne a meno”.

Quanto è stata importante l’attività sportiva per la tua vita?
“Moltissimo, gioco per un club di cricket da 10 anni, il Bloody Lads Cricket Club. Con il Corona Virus, purtroppo, la stagione l’anno scorso è stata ridotta. Non vediamo l’ora di ritornare a giocare regolarmente”.

Considerando che da questo momento non intendiamo più perderti di vista, puoi dirci quali sono i tuoi piani per il futuro sul grande schermo?
“Siamo tutti in attesa di conoscere il futuro di The Irregulars, quindi questa potrebbe essere la mia prossima avventura!”

Hai mai desiderato interpretare un ruolo in particolare? Qualcuno che pensi rifletta la tua personalità o qualcun’altro così distante, da sentirti molto attratto da lui?
Mi piacerebbe fare un musical, o qualcosa di veramente eccentrico come i film di Wes Anderson. Ho adorato il Grand Budapest Hotel così tanto e da sentirmi perfettamente inserito nel suo mondo surreale. Seguito da James Bond, naturalmente.

“Parasite” è il nuovo singolo da ascoltare ora

Da Venerdì 26 Marzo sarà disponibile su tutte le principali piattaforme digitali “Parasite”, il nuovo singolo degli Shakalab feat Sud Sound System e Inoki. Il brano già disponibile in pre – order al seguente link https://backl.ink/144829515 esce su etichetta Believe Digital e anticipa l’uscita di nuovo album della band atteso per la primavera del 2021.

Considerata come una delle più interessanti e storiche reggae band italiane in grado di mixare sapientemente in un tutt’uno davvero inedito elementi reggae, soul, hip hop e sorprendenti melodie vocali, Shakalab dopo l’apprezzatissimo singolo “Giganti” in collaborazione con la reggae star internazionale Alborosie e il producer Shablo con  “Parasite” tornano in grande stile con la consolidata collaborazione con i salentini Sud Sound System  e il veterano del rap italiano Inoki, fresco di nuovi riconoscimenti per l’uscita del disco “Medioego”.

Parasite, brano chiaramente ispirato al pluripremiato film del regista corerano Bong Joon – Ho porta l’attenzione verso tematiche scomode e antisistemiche. 

Il parassita, viene rappresentato all’interno del pezzo come un insetto, una cimice o un avvoltoio, ma anche come un predatore senza scrupoli, un approfittatore, un arrampicatore sociale. Il significato letterale della parola infatti, si scontra con il significato metaforico, dando vita ad un tema che viene trattato nel brano sotto tutti i punti di vista e che descrive una realtà cinica e spietata dove il “parassita” è sempre pronto ad approfittarne. 

“Siamo molto felici di tornare a lavorare con i nostri amici Sud Sound system, con loro ci sentiamo pienamente noi stessi, è come se parlassimo la stessa lingua e ci troviamo subito al primo colpo. Anche con Inoki nonostante sia la prima nostra collaborazione insieme ci siamo trovati davvero bene sin da subito”

“Nella definizione classica, per parassita si intende un organismo che vive alle spese di un altro organismo, ma nel caso degli umani è un sostantivo usato spesso per descrivere una determinata condizione economica e sociale.

Il nostro invito – dichiara la band –  è quello di fare leva sull’empatìa e scoprire che spesso si guarda il mondo da due prospettive opposte, si punta il dito sul vicino di casa, su un mendicante per strada o su una persona che arriva disperata nel nostro paese in cerca di fortuna, senza pensare che è il sistema che ti suggerisce di farlo e dimenticandosi che un domani chiunque potrebbe essere in quella stessa condizione, noi stessi compresi. Il vero parassita per noi è chiunque guadagni su queste divisioni, chiunque alimenti il divario fra ricchi e poveri per trarne profitto. Loro sì che vivono alle spese di un altro organismo: l’umanità.”

La canzone è una fresca esplosione di elementi diversi in cui sonorità rap e urban s’intrecciano perfettamente con l’inconfondibile stile reggae con il quale la band ha abituato da sempre la sua fan base. Grazie ad un sound ammaliatore e ad un flow elettrizzante e cantilenato “Parasite” è così un brano di grande impatto che ben rispecchia l’evoluzione in corsa della band.

Attraverso “Parasite” Shakalab dimostrano ancora una volta di essere una band estremamente versatile in grado di intercettare le tendenze del momento, proponendosi in una chiave sempre attuale e all’avanguardia, spaziando agilmente tra diversi generi e stili musicali, senza dimenticare la loro forte vocazione reggae.

CDLP: l’underwear maschile made in Sweden

Nato nel 2016 da un’idea di Christian Larson e Andreas Palm, CDLP è un brand svedese di underwear maschile. La sua storia comincia dopo diversi viaggi dei fondatori, dove i due designer scoprono quanto il loro gusto in fatto di underwear fosse simile. Proprio da qui, nasce l’idea di creare una nuova soluzione per la biancheria intima maschile che fosse un connubio tra tessuti sostenibili e tecniche di cucitura utilizzate per i pantaloni sartoriali.

Oggi la collezione copre a 360 gradi il quotidiano di noi uomini: dall’intimo alle t-shirt ma anche le occasioni di svago e sport come i costumi da bagno, l’ homewear e infine l’intimo sportivo. Traspirabilità, comfort e morbidezza simili alla seta contraddistinguono la biancheria intima, come il lyocell, una fibra orientata al futuro che è naturalmente traspirante e anti-umidità, oltre ad essere resistente alle pieghe, durevole e ad asciugatura rapida.

Materiali orientati al futuro oltre al lyocell nell’intimo si trovano nelle calze in bambù, nei top con una miscela di cotone pima e lyocell, abbigliamento da performance in rPET e costumi da bagno in Econyl. Anche i fornitori sono europei e su piccola scala per dare nuova vita ai prodotti obsoleti che la fabbricazione in serie produce inevitabilmente . I partner sono accuratamente selezionati in base a valori reciproci per promuovere una collaborazione sostenibile e a lungo termine. 

Le interpretazioni d’autore della field jacket, capospalla army dal fascino intramontabile

La denominazione ufficiale, M-1965, ne rivela il côté militare (del resto, diverse colonne portanti dell’outerwear maschile, dal trench in giù, provengono dall’abbigliamento delle forze armate), ma la miriade di interpretazioni d’autore nelle collezioni Primavera/Estate 2021 suggellano la duttilità dell’indumento. Parliamo della field jacket, che nel corso degli anni è riuscita ad affrancarsi dall’immaginario guerresco degli inizi per intrufolarsi nell’armadio di un pubblico composito e urbano, irretito dalla praticità e solidità del capospalla, esplicitate appieno negli imprescindibili tasconi; peculiarità apprezzatissime ancora oggi, tanto più che continua ad aumentare la richiesta di abiti iper performanti, seppure sfoggiati nel contesto cittadino, tutt’altro che impervio insomma.
Prodotto originariamente da Alpha Industries (marchio nato nel 1959 come fornitore ufficiale del Dipartimento della Difesa americano, e conosciuto soprattutto per aver realizzato la MA-1 Jacket, ovvero il primo bomber in assoluto), il modello venne lanciato dallo Us Army alla metà degli anni ‘60 (da qui il numero nella sigla sopracitata) e dato in dotazione alle truppe di stanza in Vietnam.


Yves Saint Laurent, French designer with two fashion models, Betty Catroux (left) and Loulou de la Falaise, outside his ‘Rive Gauche’ shop. (Photo by John Minihan/Getty Images)

Le fattezze della giacca erano dettate da ovvie esigenze pratiche oltreché dal clima tropicale della regione, in cui si alternavano caldo torrido e piogge torrenziali: si spiegano così la silhouette semplice, lunga poco oltre i fianchi; le quattro tasche applicate sulla parte frontale, indispensabili per riporre le munizioni; il tessuto, un blend compatto di cotone e nylon, poco ingombrante ma resistente ad acqua e vento; la chiusura attraverso zip e bottoni a pressione; il cappuccio, arrotolabile nel colletto; infine la particolare sfumatura di verdone, ribattezzata “olive green 107”.
Tutte peculiarità che, una volta terminato il conflitto nel Sudest asiatico, risultarono appetibili anche per i civili, in particolare – ironia della sorte – per quelli che più osteggiavano le “imprese” belliche degli Stati Uniti.
Le field jacket finirono perciò con l’essere indossate prevalentemente da pacifisti dei movimenti di protesta, beatnik e giovani esponenti della controcultura, incluse alcune eminenti figure della scena culturale e artistica del periodo, da William Burroughs a Jack Nicholson, da Andy Warhol a monsieur Yves Saint Laurent (che, a dir la verità, prediligeva una versione più sciancrata e rifinita dalla cintura stretta in vita, antesignana di quella sahariana che avrebbe contribuito alla fama imperitura del couturier).

A cementarne il fascino arrivò poi il cinema, al solito decisivo per le fortune di determinati capi: non si può non partire da Travis Bickle, l’allucinato protagonista di ‘Taxi Driver’ (un Robert De Niro in stato di grazia), per il quale l’inseparabile giaccone verde, un cimelio dell’esperienza nelle trincee vietnamite, era un simbolo di appartenenza, utile a prendere le distanze da una società percepita come ipocrita e degradata.

Ugualmente magnetici gli indossatori d’eccezione apparsi in altri film di culto, dal Frank Serpico/Al Pacino di ‘Serpico’ al Larry Sportello/Joaquin Phoenix di ‘Vizio di forma’, dal Rambo di Sylvester Stallone, veterano cinematografico per antonomasia, al cyborg interpretato da Arnold Schwarzenegger nel primo ‘Terminator’.



Il piglio rude e allo stesso tempo charmant di questo capospalla riscuote tuttora parecchio consenso, e molte griffe lo ripropongono modificandone, più o meno radicalmente, i connotati. Basti considerare, da questo punto di vista, il modello extra lusso con cui Kim Jones chiude la carrellata di mise della P/E 2021 di Dior Men, accomunate dal tentativo di trasferire sulle texture la matericità delle pennellate dense di Amoako Boafo, pittore ghanese “guest star” della collezione: un giubbotto bombé scuro, con una metà in cachemire e l’altra in lucente coccodrillo.

Da A-Cold-Wall*, viceversa, Samuel Ross non si discosta dal workwear tagliente, metropolitano con cui si è fatto conoscere, presentando field jacket dalle linee grafiche in nuance piene di giallo o rosso.
Si distingue per l’aspetto décontracté la versione di Tod’s, dalla tonalità aranciata e con coulisse in cuoio intrecciato (un omaggio alla maestria artigianale che è parte integrante dell’identità del marchio).



Etro, condensando nel capo il mood etno-chic della passerella, firma delle giacche color khaki istoriate con eterei ramages (intervallati da raffigurazioni di animali) e altre effetto dégradé, puntinate da grafismi geometrici.

Sembrano usciti invece da uno degli innumerevoli, vibranti scatti con cui Slim Aarons immortalò le vacanze del jet set negli anni ‘50 e ‘60 i flessuosi capispalla di Casablanca, in filati soft, dalle superfici immacolate oppure movimentate da righe marinière, con tanto di perle a sostituire i bottoni canonici.
Le giacche del lookbook di Maison Mihara Yasuhiro, per contro, hanno un’aria volutamente used, enfatizzata da scoloriture ad hoc, impunture a vista, tessuti stropicciati ed etichette con le specifiche del capo spostate all’esterno.

Di segno minimalista infine le riletture operate da Brioni (tra sfumature neutre, materiali deluxe e volumi ammorbiditi), Kenzo (un giubbotto azzurro polvere munito di pouch staccabile sul fianco) e Officine Générale.

Un corpus di esemplari griffati dal quale non si può prescindere nel caso si voglia puntare sulla field jacket come nuovo acquisto della stagione, assicurandosi un giubbotto adatto alle temperature primaverili e che rivela notevole versatilità, prestandosi a ensemble di stampo casual come ai completi spezzati o agli outfit (moderatamente) formali.
Le giacche succitate sono disponibili tra l’altro anche sugli e-shop dei rispettivi brand, oltre che su piattaforme digitali à la Lyst: risultano quindi a portata di clic il modello in lino e seta dai motivi chiné di Etro, quello candido di Casablanca e il giaccone con cordini in pelle di Tod’s; e ancora, la proposta di Officine Générale in 100% cotone, completamente sfoderata, e quella di Brioni.
Altri nomi da prendere in considerazione sono poi Burberry (che punta sull’essenzialità del gabardine total black, su cui risaltano le tasche a contrasto blu) e Palm Angels, che stempera la severità marziale del capo con pannelli check e una scritta sulla schiena, circondata da print floreali.



Si potrebbero aggiungere all’elenco, infine, i modelli di label quali Stone Island, C.P. Company e Woolrich: il primo è un concentrato di ricerca ed esuberanza cromatica (come da prassi per l’azienda di Carlo Rivetti), in raso di nylon dall’aspetto traslucido, quasi liquido, declinato in diverse tonalità, dal verde de rigueur al turchese; il secondo si attiene ai precetti dell’utilitywear, ricorrendo a un trattamento che irrobustisce e impermeabilizza il tessuto, donandogli inoltre una colorazione che ne esalta i particolari; il terzo ricalca fedelmente la foggia dell’originale M-65.

Tra specialisti dei capispalla e designer votati allo sperimentalismo, costruzioni innovative e materiali tradizionali, la giacca army sembra destinata dunque a restare stabilmente nei desiderata maschili.

Faces: Eduardo Scarpetta

Ph: Davide Musto

Styling: OTHER, Sara Castelli Gattinara e Vanessa Bozzacchi

Location: Palazzo Dama

Location Manager: Luisa Berio

Particolarmente noto al grande pubblico per la sua interpretazione nelle serie tv L’amica geniale, Eduardo Scarpetta discende da una delle più note e famose famiglie teatrali napoletane. È infatti nipote di Vincenzo, figlio del senior Eduardo Scarpetta, grande autore e commediografo dei primi del ‘900. La scorsa settimana lo abbiamo seguito in uno dei suoi ultimi lavori per la televisione, Carosello Carosone in onda su Rai 1, ecco la nostra intervista.


Come e quando inizia la tua carriera da attore? 

Ho iniziato a 9 anni con mio padre con “Feliciello e Feliciella” per i 150 dalla nascita di Eduardo Scarpetta, uscire di scena mi rendeva il bambino più felice del mondo, è stato facile scegliere la strada da percorrere.


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Come ci si sente a essere l’erede del grande attore del teatro napoletano Eduardo Scarpetta?

È un onore, scomodo quando me lo fanno pesare, non ho scelto io di esserlo, quello che posso fare io è affrontare il mio mestiere col massimo dell’impegno e del rispetto.


Total Look Louis Vuitton


Hai recitato ne “L’amica geniale” nel ruolo di Pasquale, cosa ti ha lasciato questo personaggio?

Pasquale, ma l’amica geniale in se, mi ha fatto conoscere più a fondo un mondo che conoscevo solo per sentito dire, credo sia scritta molto bene quindi ho scoperto delle dinamiche di quegli anni che non conoscevo. Pasquale mi ha restituito l’ideologia della sua classe sociale.

Se non avessi intrapreso la carriera da attore cosa saresti diventato?

È una domanda a cui non ho mai saputo dare un risposta, non c’è mai stato un piano B, sapevo che avrei fatto questo, a qualsiasi costo.


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Hai poco tempo per preparare la valigia. Cosa porti sicuramente con te?

Testi teatrali, un pallone, spazzolino e dentifricio. 

Un luogo che visiterai non appena si potrà viaggiare?

Non c’è un luogo in particolare, vorrei semplicemente viaggiare, per il mestiere che faccio è difficile pianificare un viaggio perché magari salta a causa di un lavoro che esce, è successo già diverse volte in passato, amo viaggiare, vorrei semplicemente riuscirci.


Total Look Manuel Ritz – scarpe SANTONI


Progetti futuri su cui stai lavorando?

Sto per iniziare le riprese del film “La donna per me” di Marco Martani, con un signor cast ma preferisco non dare altre anticipazioni per scaramanzia. 

Il futuro prossimo di Chiara Boni

Tutto può accadere”.
Nella collezione autunno/inverno 21-22 Chiara Boni La Petit Robe apre le porte a un futuro libero da ostacoli.
Sul rooftop della Casa del Cedro, palazzo degli anni 50 nel cuore di Brera, a Milano, sfila uno stato d’animo propositivo, dedicato a una donna dalla forte personalità e motivata dalle proprie ambizioni, verso le quali si rivolge con un’eleganza pratica e dinamica.
Sensualità e femminilità, filtrate dall’occhio critico di una Chiara Boni contemporanea e consapevole, fanno da comun denominatore per tailleur rivisitati con bermuda, tute e pantaloni con pinces, declinazione libera e personale di tartan e spigati un tempo riferimenti indiscutibili del guardaroba maschile.

Lo styling, curato da Simone Guidarelli, completa il look con scarpe maschili realizzate da Thomas, il quale trova ispirazione nel documentario del ’95 “Catwalk” sul lavoro di Lindbergh e in un estratto di “Fanny e Alexander” di Ingmar Bergman.

Ma anche forme ovali e spalle ampie dalla solida personalità, mentre abiti avvolgenti mettono in evidenza forme e movimenti attraverso drappeggi sul velluto e ampi voile. La sera si fa preziosa con lurex e paillettes sulle lunghezze, caposaldo di femminilità.
Grande attenzione per gli accessori, perché le borse di Malone Srl, hanno le iniziali della designer sulla chiusura, grandi per il giorno e in versione clutch per la sera, in pelle e in velluto, riprendono i colori energici e rassicuranti della collezione.

Brand alert: Barrow

In un’era di grandi cambiamenti e nuove sfide nel mondo dei brand del Fashion system, c’è chi canalizza l’attenzione sulle nuove generazioni e in particolare le generazioni Y e Z. É il brand streetwear Made in Italy Barrow che, per la Primavera/ estate 2021, lancia una collezione super giovanile, dai colori accesi e dal carattere prettamente urban. 



La condivisione, idea base dell’identità firmata Barrow, si pone come prerogativa per uno stile identitaria che affonda le radici nella community, spazio vitale per lo sviluppo dello stile.



La linea presenta  tagli contemporanei e un forte imprinting streetwear: i colori sono accesi, là palette acida comprende una sfumatura di nuance che va dal fucsia al tiffany, con stampe psichedeliche e optical, ipnotiche. Per non parlare delle grafiche, gli slogan e le applicazioni reflective che caratterizzano in modo totale il carattere stilistico di Barrow: a essere protagonisti immagini di cartoon, gaming, e film cult degli anni ‘90. Felpe, shorts, mini dress, dettagli in tulle e mesh stampati per le collezioni donna: tra gli accessori borse con applicazioni gioiello, i cappelli hanno un forte richiamo allo stile rap e trap. Tra i capi della collezione uomo, invece, giubbotti in Denim con stampe streetwear, felpe, bomber hacker, shorts e t-shirt tutte con un forte richiamo allo stile giovanile moderno. 



Tra le collaborazioni di Barrow, anche quella con la stylist, dj e designer Sita Abellán che ha curato art direction del lookbook della collezione. Ma non solo: il brand è uscito lo scorso 5 Marzo con una collaborazione con il rapper Sfera Ebbasta, idolo dei nuovi nativi digitali. 



Il brand è cresciuto molto dal lancio della sua prima collezione lo scorso inverno, arrivando a contare la sua presenza in 180 retail store internazionali, e siglando un’ importante partnership con Farfetch. 

ANTI-DO-TO: l’abbigliamento come forma di attivismo

Contro tutto ciò che mina il nostro futuro, nel 2020 nasce ANTI-DO-TO, marchio attivista che identifica e affronta i problemi dei nostri tempi. Un manifesto di intenzioni e azioni, veicolato e amplificato dalla forza espressiva di un brand che fa dell’abbigliamento un mezzo per cambiare le cose. Il brand unisce persone con stili e background diversi, invitandole a prendere parte al cambiamento. Mai come oggi serve infatti schierarsi anti-status quo, ma occorre allo stesso modo passare positivamente all’azione, per costruire un mondo migliore.

Per ANTI-DO-TO l’abbigliamento diventa call to action, cambiamento “da indossare”: ogni capo è in sé una dichiarazione di intenti, un manifesto condiviso tra coloro che vogliono creare un futuro migliore e che invita chiunque creda negli stessi valori a partecipare al movimento.
Acquistando i prodotti infatti si contribuisce infatti, attivamente, a progetti d’impatto sociale e indossarli ispira ulteriori cambiamenti. Il 50% dei profitti netti derivanti dalla vendita è investito nel sostegno diretto di iniziative per il bene collettivo che ruotano intorno ai quattro temi cari al brand: il benessere mentale e fisico, l’inclusione, il senso di community e, cornice di tutto, il pianeta.



Il prodotto diventa così un act of change. Lo è nei messaggi che vuole diffondere e sui quali invita ad agire, e ancora più concretamente, nelle cause che supporta. La prima è la finalizzazione di uno skatepark nel porto di Gaza: l’obiettivo è creare attraverso la passione per un’attività naturalmente inclusiva come lo skate, un centro di aggregazione per i giovani, di libera espressione.

La prima collezione – disponibile esclusivamente online sul sito del brand – è composta da 15 capi: dalla T-shirt alla felpa girocollo o con cappuccio, anche nella versione di maglia. E poi: pantaloni fluidi, bermuda e le giacche waterproof. In questo kit urbano sono pensati anche due accessori per il capo: berretto e baseball cap. Oltre alla collezione base, arriveranno anche selezionate collaborazioni esclusive con designer, creativi, collettivi e altri brand vicini per valori e principi al mondo del brand.



I capi sono senza tempo e pensati per durare, caratterizzati da un design che va all’essenza. ANTI-DO-TO è anche un guardaroba essenziale, funzionale e trasversale, sia in termini di occasioni d’uso che di genere. Pensato e creato con massima attenzione alla qualità per durare nel tempo, lontano dal concetto di stagionalità. I colori esprimono in tutte le loro gradazioni, tra il bianco e il nero oppure nei toni vivaci ispirati alla natura, la sensibilità del marchio per l’inclusione. Un concetto abbracciato anche dall’ampia gamma taglie e dal fit volutamente morbido della collezione, che in alcuni casi si fa trasformista attraverso piccoli accorgimenti come bottoni e coulisse, diventando ancora più flessibile, accogliente, universale.

I materiali utilizzati sono sostenibili, essere responsabili per le persone e il pianeta, infatti, è nel DNA di ANTI-DO-TO. Per questo anche la sua collezione è stata ideata cercando soluzioni a basso impatto sul pianeta. Ogni capo è realizzato in materiali sostenibili certificati come il cotone organico GOTS, oppure fibre riciclate GRS come il nylon proveniente da scarti di produzione oppure rimanenze tessili destinate alla discarica. La collezione è prodotta interamente in Italia, principalmente Made in Veneto, un’area con una ricca storia di produzione, dove il marchio ha scelto piccoli laboratori indipendenti a conduzione familiare che realizzano con cura e attenzione i propri capi, nel rispetto dei principi etici e di responsabilità.

Roberto Di Stefano – Sustainable Voices Chapter One

Sei donne e sei storie di sostenibilità autentiche supportano la filosofia del brand.
Olga Pirazzi, Chiara Tronville, Orietta Pellizzari, Valeria Mosca, Cosetta Giorgetti e Giorgia Cantarini sono i volti che fanno parte del primo capitolo di ‘ Sustainable Voices’.

Photo credits: Federico Ghiani



Roberto di Stefano, brand di borse e accessori made in Italy fondato nel 2017 dall’omonimo designer, mette la sostenibilità al centro della propria visione, scegliendo per le proprie creazioni i materiali vegani e cruelty free sviluppati da Desserto®,  azienda messicana che ha brevettato un innovativo materiale ottenuto dalla pianta del cactus. Il progetto Sustainable Voices segna un ulteriore passo in questa direzione: si tratta di un talk articolato in vari capitoli, che chiama in causa figure di rilievo nei rispettivi settori – moda in primis, ma anche food, arte e beauty – invitandole a condividere i propri pensieri in materia, individuando tre parole chiave legate alla sostenibilità.



Il primo capitolo dell’iniziativa coinvolge sei personalità dai background eterogenei, cominciando da Valeria Margherita Mosca, forager, ricercatrice e direttrice di Wood*ing (un laboratorio di ricerca e sperimentazione sull’utilizzo del cibo selvatico), secondo cui con sostenibilità si intende l’essere ‘sopportabili’ per il sistema in cui siamo immersi, coscienti della sua esistenza e pervasività; i termini da lei individuati sono dunque osservazione, responsabilità e coscienza, “indispensabili per poter osservare – e comprendere – tutto ciò che ci circonda, agire responsabilmente e avere contezza di ogni scelta o azione”.



Segue la riflessione di Olga Pirazzi, responsabile del progetto Fashion B.E.S.T. di Cittadellarte – Fondazione Pistoletto, che trova nella sostenibilità una possibilità per creare consapevolezza e cambiare le cose, puntando sui tre concetti fondamentali di trasparenza, possibilità ed equilibrio. Per la giornalista di moda Chiara Tronville, invece, sostenibilità significa vivere in maniera più armonica con l’ambiente e la natura; le parole per lei importanti sono le 3 P – pianeta, persone, profitto felice – tutte esprimono il bisogno di agire con onestà e trasparenza, evitando qualsiasi integralismo o decrescita, definendo modelli di business sostenibili di per sé.



E ancora Orietta Pelizzari, esperta di mercati internazionali, consulente e fashion advisor, associa la sostenibilità all’onestà in senso lato, a tutti i livelli; sceglie perciò tre termini interrelati (responsabile, onesto, vero), poiché solo considerando il tema come una questione culturale (cultura del bello, del ben fatto, dell’heritage ecc.) si può essere onesti con tutti, dai produttori al pubblico finale. Giorgia Cantarini – senior editor de L’Officiel Italia e responsabile del progetto Sustainable Style di Pitti Immagine – lega la sostenibilità al rispetto per l’ambiente, le persone e gli animali, citando in proposito tre aggettivi, ovvero non inquinante, etico e tecnologico. Soprattutto ci ricorda come “nessuno comprerà la moda sostenibile in quanto tale, ma è imprescindibile un contenuto di stile: la sfida consiste dunque nell’unire queste due realtà”.


Chiude il panel la make up artist e fondatrice della start-up green Co_organic Skincare Cosetta Giorgetti, che ribadisce quanto la sostenibilità equivalga alla consapevolezza a 360 gradi, in ogni gesto, dal micro al macro;  la considerazione generale dell’argomento è radicalmente cambiata perché oggi siamo costretti a guardare in faccia la realtà, “la noncuranza ci ha condotti a una situazione drammatica come quella attuale e quindi la coscienza è fondamentale per il cambiamento”.



Il carattere di queste sei donne è stato raccontato attraverso una serie di ritratti e un video diretto da Federico Ghiani in cui si racconta la loro visione e impegno quotidiano verso le tematica green (sostenibilità, cruelty free, vegan) e nel supportare l’innovazione sostenibile.

Saul Adamczewski: genio (suo malgrado)

Traduzione e adattamento: Valentina Ajello

Ph credits: Lou Smith

“Dov’è Saul?”. Questo slogan è diventato celebre tra i fedelissimi ammiratori degli immensi “Fat White Family” e dello stesso Saul. 

Infatti: dov’è Saul? Ma, soprattutto, chi è veramente? 

Premetto subito che questo articolo di certo non chiarirà in modo definitivo la personalità di un personaggio che fa del paradosso situazionista e della dissacrazione il suo “non modo” di essere. Credo che nessuno mai ci riuscirà. Forse neppure lui stesso. 

Ma la vera notizia è che, non solo sono riuscito a trovarlo ma sono riuscito addirittura ad intervistarlo. Quindi, forse, esiste. 

“Non ti rilascerà mai un’intervista. Non la rilascerebbe neppure a “Pitchfork” (potentissima ed influentissima webzine musicale americana), figurati se lo farà con te che non sei nessuno”. Questo è quello, in sostanza, che più persone mi hanno detto prima che, a dispetto di tutti e di tutto, mi sono arrischiato nel mettermi in contatto con lui. 

Saul fonda, ancora minorenne, una band indie/punk chiamata “The Metros” che riscuoterà un notevole successo di critica e pubblico per poi sciogliersi nel 2009. 



Ma è nel 2011 che succederà un evento destinato a destabilizzare in modo tellurico la sonnolente scena musicale dell’epoca: Saul fonda, assieme ai fratelli Lias e Nathan Saoudi i “Fat White Family” che poi, nel 2013 debutteranno con un disco che cambierà brutalmente le carte in tavola: “Champagne Holocaust”. 

Da lì in poi i “Fat White Family” inizieranno un’inesorabile operazione nichilista di dissacrazione e distruzione di certo “trasgressivo perbenismo” politicamente corretto che serpeggiava, e serpeggia tutt’ora, nel mondo musicale underground inglese e non solo.  

La band negli anni cambia molti elementi tranne Saul e i fratelli Saudi. 

In realtà Saul comincia a diradare le sue presenze live, venendo spesso sostituito da altri musicisti.  

Lo stesso succede quando la band viene intervistata: a poco a poco la sua presenza scompare lasciando a Lias (il cantante del gruppo) questa incombenza. 

Nel 2018 Saul sorprende tutti formando una band dalle sonorità completamente contrapposte a quelle dei “FWF”. La scelta del nome, a mio parere, è geniale: “Insicure Men” (Gli Uomini Insicuri). L’album, probabilmente, rispecchia almeno in parte il lato più fragile, poetico e delicato di Saul e fragili, poetici e delicati sono anche i contenuti dell’omonimo disco fatto, per lo più, di eteree e sognanti ballads accompagnate però spesso da testi grotteschi, surreali e strazianti. 

Saul ora ha preparato il suo primo disco solista. Una meravigliosa gemma che ho avuto la fortuna di poter ascoltare in anteprima e che, spero vivamente, possa vedere presto la luce dal punto di vista discografico. Si tratta di un album dalle sonorità a tratti spettrali e a tratti di una dolcezza e immediatezza quasi disarmanti.  

Un vero capolavoro. 

Tornando all’intervista che tutti davano per impossibile, non solo Saul me l’ha concessa ma si è dimostrato essere una persona dotata di una gentilezza e umiltà veramente sorprendenti. 

Posso ora con certezza dire ciò che ho sempre pensato di lui: qui abbiamo un vero genio. Cosa ce ne facciamo? Ce lo meritiamo? Ma, soprattutto, lui vuole veramente esserlo? Probabilmente no. Ma quella di essere geniale è una (meravigliosa) condanna che sono convinto si porterà con se fino a quando deciderà di fare musica. 

Amatelo, vi prego.

E se apparentemente lui sembrerà disprezzarvi, ricordatevi di ciò che diceva Oscar Wilde “Ogni uomo uccide ciò che ama”. 



1) Qual è il senso della vita? Ma, soprattutto, ha davvero senso vivere? 

Credo si possa dare un senso alla vita, ma è solo un espediente. In realtà nasciamo, cresciamo e poi moriamo: e non c’è un senso.

2) ‘Patheticism’ dovrebbe essere il titolo del tuo primo album da solista. Ci dici perché hai scelto questo nome e ci spiegheresti chi è per te una persona patetica o quale situazione può esserlo?

Non è  il titolo del mio album. E’ un manifesto scritto da alcune persone tra cui me, Lias e il nostro amico Lev Parker della casa editrice “Morbid Books” e dallo scrittore Rob Doyle. Suppongo che siamo persone patetiche. L’idea è fare delle nostre debolezze una virtù. Deriva dal fatto che abbiamo passato gli anni della formazione frequentando ogni genere di freak, perdente, fuori di testa e abbiamo visto che anche negli angoli oscuri c’è della luce. E’ anche un manifesto anti Woke-art. Speriamo di farlo uscire quest’anno.

3) Ho visto nel 2019 l’ultimo live degli “Insicure Men“ al Lexington di Londra. A fine concerto hai fatto gelare il sangue al pubblico dicendo che non avreste mai più suonato live. Poi, ti ho incontrato al volo tra la folla a fine concerto e ti ho chiesto conferma. Tu hai sorriso in modo beffardo rimanendo ambiguo.

Ci possiamo quindi aspettare in futuro un nuovo lavoro targato “Insecure Men” o è per te un capitolo definitivamente chiuso?

Sì, questa primavera registreremo un nuovo album. Se tutto va bene, uscirà entro l’anno. Per quanto riguarda i concerti, sono sicuro che se ci chiameranno, andremo.



4) Nel 2006 hai fondato, giovanissimo, il gruppo “The Metros” con alcuni tuoi compagni di scuola, che poi si è sciolto nel 2009.

Nel 2013 esce c’è lo straordinario debutto discografico dei Fat White Family “Champagne Holocaust” disco che, personalmente, mi ha cambiato radicalmente la vita. Cosa è successo negli anni che hanno preceduto l’uscita di questo capolavoro? Ci vuoi raccontare come hai conosciuto gli altri componenti del gruppo e come è nata quella che poi è diventata l’inconfondibile poetica iconosclasta e dissacrante che ha caratterizzato tutti i lavori a seguire della band?

Non mi piace analizzarlo troppo. Credo che l’idea sia venuta dalle nostre giovani menti degenerate. Ai tempi c’era un maggior senso di speranza e non c’importava se alla gente non piacessimo noi o la nostra musica. E’ stato quando abbiamo accettato il nostro completo fallimento come artisti e persone che siamo riusciti a trasformare i “Fat White Family” in qualcosa che assomigliava vagamente al successo. Gli anni precedenti alla band, lì abbiamo trascorsi per lo più all’ufficio di collocamento e al pub. Non sono sicuro di aver risposto, ma ti dovrai accontentare.

5) Apparentemente sembri avere un atteggiamento di distacco verso la musica che componi/suoni. Ma so che durante le prove sei un perfezionista e sei attentissimo agli arrangiamenti dei dischi oltre che alla qualità dei live. È così? 

Sono distaccato perché non penso che abbiamo mai fatto chissà cosa. Il prossimo progetto è quello che mi interessa. Ho fatto di tutto perché non diventassimo una band indie rock di merda e, sinceramente, non ci sono riuscito.



6) C’è molta attesa per il prossimo lavoro dei Fat White Family. Chi ha ascoltato i demo dice che il materiale è sensazionale.

Ci puoi dire qualcosa di più su quello che ci dovremo aspettare e, più o meno, quando potrebbe uscire l’album?

Al momento non partecipo a quel progetto. Non so se stanno registrando un disco.

7) Tornando a “Patheticism”(o a come si intitolerà il tuo disco), ci puoi dire come si differenzia musicalmente dai tuoi precedenti lavori? Che musicisti sono coinvolti? Anche qui ti chiedo per quando è prevista l’uscita. 

Se Dio vuole, uscirà quest’anno. Ho avuto problemi con la label e abbiamo dovuto rimandare un paio di volte. Il disco in sé è molto più personale di qualsiasi cosa abbia mai fatto prima. Sono canzoni che parlano di tristezza e rimpianto. Le persone più importanti che partecipano sono Lias, Alex White e il produttore, il mio vecchio amico Raf Rundell.

8) Oltre a far spesso politica in modo provocatorio e situazionista, un po’ come succedeva in certo ambito punk ma in maniera totalmente personale e riconoscibilissima, spesso durante i concerti (e non solo) inneggi a Satana ringraziando il pubblico tra una canzone e l’altra: anche qui vi è un motivo puramente provocatorio e dissacrante o c’è qualcosa di più? Politica e religione sono temi che hanno un reale peso nella tua poetica o ci troviamo davanti ad un operazione nichilista ed iconoclasta?

La politica e la religione occupano uno spazio importante nel mio universo, ma il saluto a Satana è stato ispirato da Lev Parker. Ha fatto da supporto a Insecure Man durante il tour e ha sparso il suo seme demoniaco. Durante il tour ripeteva spesso “Ave Satana”. Credo di essere facilmente influenzabile.

https://morbidbooks.net/feed/2019-11-19-king-baby-syndrome/

9) Sono venuto spessissimo dall’Italia a Londra solo per vedere i live dei “Fat White Family”, “Insicure Men” e anche te come solista o accompagnato dal magnifico sax di Alex White. Hai un pubblico che ti adora ma, per sentito dire, anche ti teme. Hai la fama di avere un carattere molto spigoloso ed un indole anti-sociale. Avendo avuto la fortuna di parlarti un paio di volte, mi son trovato di fronte un essere umano gentile, alla mano e molto umile.

C’è forse una distorsione tra come vieni visto e percepito da chi ti segue artisticamente ma che non conosce il tuo lato privato?

E’ difficile per me farmi un’idea di come sono percepito dalle persone che non conosco, ma non mi interessa neanche molto… Forse la gente confonde la mia timidezza con l’arroganza. 

Meno penso a cose simili meglio è.

10) Sei anche un bravissimo disegnatore/illustratore. Hai mai pensato di pubblicare i tuoi lavori?

Non l’ho preso in considerazione. Ma se qualcuno volesse pubblicarli ne sarei felice.



11) Parlando di letteratura, osservandoti e ascoltandoti mi vengono i nomi di Luis-Ferdinand Céline, Emil Cioran, De Sade, Arthur Schopenhauer, Nietzsche, Pier Paolo Pasolini, Jean Genet, Guy Debord…ci sono tra questi nomi alcuni dei tuoi scrittori di riferimento? 

Altrimenti ci potresti dire quali libri hanno influenzato la tua vita personale e artistica? 

Credo sia esatto dire che alcuni di questi scrittori hanno influenzato noi come band e soprattutto i testi di Lias, in particolar modo Emil Cioran, Luis-Ferdinand Céline e Jean Genet.  Sono costantemente influenzato dai libri che leggo e da molto altro… Proprio oggi ho letto un brano in un libro intitolato “Low Life” di Jeffrey Bernard che mi ha fatto alzare e danzare in onore degli alcolizzati di tutto il mondo. Ma per me la musica migliore che abbiano fatto è quella anti-intellettuale, anti-artistica.

12) Domanda un po’ banale ma che interessa molto a chi ci legge e a chi ti conosce: cosa stai ascoltando al momento e quali solo le band e gli artisti che hanno maggiormente influenzato? 

Le tre band che hanno avuto una maggiore influenza su di me sono state “The Fall”, “Make up” e “Country Teasers”… Il nostro sound è una miscela delle tre… con un pizzico di “Manson Family” per andare sul sicuro… Attualmente sto ascoltando cose molto diverse: soprattutto musica strumentale e molto più lenta. Troppa da nominare qui.

13) “Where’s Saul?” è un tormentone creato dal geniale e amico comune Lou Smith che poi è diventato una maglietta e una stampa disegnate da te; in effetti, spesso non ci sei: rilasci pochissime interviste, a volte capita di non vederti nella line-up di un concerto dei Fat White Family, sui social appari molto sporadicamente. Personalmente, a prescindere dalle ragioni che ti spingono a “non esserci” ad “essere assente”, trovo questa cosa molto affascinante specie in un epoca come questa fatta di egotismo e patetica ricerca di “visibilità h24”. Ci puoi dire di più su questo tuo bellissimo lavoro di “sottrazione mediatica”? 

E’ più facile per me fare quello che faccio senza la voce di altri costantemente nella testa. Uso i social ma raramente posto qualcosa e non ho interesse ad esprimere  le mie opinioni attraverso essi. Sembrano un campo minato… Preferisco abbassare la testa e cercare di fare musica.  



14) Che canzone utilizzeresti per torturare qualcuno?

Breaking into Aldi dei “Fat White Family” o qualcosa dei “Pregoblin”.

15) Qual è l’aspetto più ridicolo di tutta la cultura pop?

La consapevolezza della salute mentale.

16) Quale membro dei “Fat White Family”, sia passato che presente, ti piace di meno?

Una volta era Dan Lyons il nostro primo batterista, ma oggi è una persona diversa. 

Ora direi Lias. Da quando fa un sacco di soldi con le pubblicità delle auto è diventato un divo.

18) Cosa pensa la tua famiglia della tua musica?

La tollerano amorevolmente.

18) Finisco in modo patetico. Forse apprezzerai. Non ci conosciamo ma sento di avere molte cose in comune con te. Ti voglio bene come se fossi il mio migliore amico e amo la tua unicità. Inoltre, attraverso la tua/vostra musica la mia vita ha preso un percorso non previsto e immaginifico. Grazie per l’intervista. Conserverò questa esperienze tra le poche veramente speciali della mia vita. 

Dici che sono stato sufficientemente patetico? 

Ce l’hai fatta. Anch’io ti voglio bene, compagno! Combatti la battaglia giusta. Ave Satana!

Francesco Vullo – archetipo e contrapposizione

Photographer: Federico Ghiani @ghianinson

Abbiamo incontrato Francesco Vullo, giovane artista dotato di straordinaria sensibilità critica e di una capacità analitica fresca e originale, sugli aspetti e le contraddizioni di una società dominata dal potere dei social, da un culto estetico smisurato, e dal dualismo tra fragilità e forza, senza cadere in cliché o chiavi didascaliche.

Sangue palermitano, emblema di una cultura variegata e profonda, radicata in chi quei secoli di storia li ha respirati e li porta dentro, ma ben integrati con il linguaggio contemporaneo di una generazione che ha sancito nuovi codici di comunicazione, come quella dei Millennial.

All’interno del suo studio, un rifugio post-atomico nel cuore di Milano, ci racconta gli elementi che stanno alla base della sua ricerca, che al momento si concentra sulla scultura e l’installazione.
Oggetti comuni, rubati al loro contesto originario, assumono un valore simbolico, veicolando molteplici significati in base a una nuova collocazione o al loro fruitore, per rievocare sentimenti e scenari affettivi differenti.

La sua straordinaria capacità tecnica è determinante nel mettere in mostra certe dinamiche, come la sfera emotiva dell’essere umano e la sua relazione con l’ambiente naturale circostante. Una diretta conseguenza del suo rapporto con la propria terra d’origine, la Sicilia, che diventa argomento di riflessione, mettendo in luce un legame viscerale, tanto forte quanto complesso.
A questo filone appartiene la serie Environmental Alteration.
Qui l’artista riesce a rendere nei sassi una sensazione di naturale morbidezza, apparentemente distonica con la vera natura del soggetto, rappresentandoli come cuscinetti strizzati da fascette industriali a una trave d’acciaio. Si tratta dei cuticchi, i sassi tipici smussati dal mare che lui recupera sulle coste siciliane, la cui forma naturale, raggiunta attraverso l’erosione del mare, nel corso di decenni, è in netta contrapposizione con la rapidità con cui l’intervento dell’uomo può modificare il paesaggio in maniera violenta e irreversibile.

After The Night ruota attorno alla figura delle maestranze, oggi profondamente in crisi, e del valore delle tradizioni tramandate.
Realtà a cui siamo sempre meno abituati, con l’affermarsi della grande distribuzione e della produzione di massa.
Una sega circolare spezzata, trovata casualmente nel laboratorio di un fabbro, viene restaurata con la tecnica tradizionale giapponese del Kintsugi, simbolicamente associata alla rinascita. Le fratture della lama vengono ricomposte e impreziosite con lacca Urushi e oro 24 carati, in un processo lento e certosino, durato più di un mese. Sul retro della lama notiamo incisi i due nomi dei precedenti proprietari, dettaglio che racconta la storia e il viaggio dell’oggetto attraverso gli anni, e metafora del passaggio tra generazioni, di un patrimonio di conoscenze e tradizioni.
 

Ourself è una colonna in marmo travertino, emblema di equilibrio, stabilità e sicurezza, che l’artista contrappone al nastro adesivo per imballaggio su cui è tradizionalmente scritto l’avviso FRAGILE. Le bobine di nastro adesivo, comunemente impiegato per identificare oggetti particolarmente delicati, diventano elementi essenziali per equilibrare la struttura e sostenere il peso del marmo. Diventano, così, parte dello stesso oggetto due elementi che coesistono nella natura umana: forza e fragilità.
Due fattori che si integrano e diventano l’uno complemento dell’altro.

Overthinking è una tagliola, utilizzata per la caccia di animali selvatici.
Rappresenta una condizione psicologica attraversata dai più, soprattutto in questo periodo di crisi identitaria come quello che stiamo attraversando. La forma è quella della nuvoletta dei fumetti, per il suo rifermento alla riflessione, in questo caso smisurata, quasi tossica.
L’alterazione di un modello esistente, conferisce all’oggetto una nuova identità, pur mantenendo il suo significato primordiale, con le sue punte affilate. La perfetta rappresentazione di uno stato mentale: un flusso incessante e continuo di pensieri che intrappola la mente e la pone in uno stato di confusione.

Per Francesco Vullo, ogni materiale ha una sua ragion d’essere, come i dettagli mai lasciati al caso.
Ogni elemento ha qualcosa da raccontare, mentre la forma estetica concorre a definire il contenuto e gli conferisce un valore aggiunto, quello della bellezza, della quale non si può fare a meno
.

La sua Clessidra, che rappresenta l’ineluttabilità del tempo, ha la campana inferiore intrappolata in un blocco di cemento.
La sabbia che scende rappresenta il passato, traslato in uno spazio fisico ben definito. Un tempo che non puoi cambiare, in contrapposizione con quell’oggetto che nella sua essenza più intrinseca puoi, invece, capovolgere e far ripartire. Il passato non puoi cambiarlo, devi solo accettarlo.

Jayred: da Youtube al mondo della musica

Ph: Davide Musto

Video: Vincenzo Traettino

Video Art Direction: Federico Poletti

Styling: Filippo Solinas

Special thanks to One Shot Agency


Un passato da Youtuber, performer e infine l’entrata a gamba tesa nel mondo della musica, vera e principale passione di Lorenzo Paggi, in arte Jayred.

⁠Classe 1997, con Roma nel cuore ma residente a Milano, lo abbiamo intervistato all’interno di @chillhouseita, in cui Lorenzo risiede momentaneamente come guest. La scelta della location non è casuale: se la Chill House è un crocevia di percorsi e carriere differenti, il punto di unione è la creatività, la capacità di pensare fuori dagli schemi e soprattutto la voglia di mettersi in gioco. E Lorenzo ne ha da vendere.

Lo stile skate punk che lo ha accompagnato mentre muoveva i suoi primi passi nel mondo del web ha lasciato spazio ad una ricerca più profonda di sé stesso, tra influenze punk e pop punk e sperimentazioni originali e inedite il percorso di Jared nel mondo della musica è partito con il botto: ‘14‘, singolo d’esordio, conta oltre 8 milioni di ascolti su Spotify. 


Da poco è uscito un nuovo singolo, Dipendenza, che ha tutte le carte in regola per diventare un nuovo successo: il suo percorso nel mondo della musica è appena iniziato.


Who the Bær, l’imperdibile mostra in Fondazione Prada

Fondazione Prada presenta la mostra “Who the Bær” di Simon Fujiwara a Milano dal 29 aprile al 27 settembre 2021.

Simon Fujiwara è un’artista contemporaneo con base a Dublino. Nato nel 1982 vicino a Londra da madre Inglese e padre giapponese, è tra i massimi esponenti della corrente artistica contemporanea. A sostenere la sua arte è Fondazione Prada con un’esposizione composta da disegni, collage, sculture e animazioni; una mostra per lo più realizzata in cartone e materiali riciclabili, come un gigantesco labirinto che accoglie il visitatore.

SIMON FUJIWARA. WHO THE BÆR. Foto Andrea Rossetti

Organizzata al piano terra del Podium di Fondazione Prada, Simon Fujiwara presenta la sua mostra presentando, al pubblico, Who the Bær, un originale personaggio dei cartoni animati gender-fluid che non ha ancora sviluppato una sua personalità e che potrà essere, in qualche modo, interpretato da chi lo osserva. Questo simpatico personaggio, dunque, intende muovere la creatività di ognuno di noi; può essere un’icona libera, senza una precisa identità: può incarnare un essere inanimato oppure un umano a tutti gli effetti.

PH. Andrea Rossetti

Le avventure di Who the Bær sono rappresentate attraverso un grande labirinto realizzato, appunto, con cartone riciclato per confermare il sostegno, dell’artista, alla sostenibilità.

La mostra “Who the Bær” è accompagnata da una pubblicazione della collana dei Quaderni di Fondazione Prada che include anche una conversazione con l’artista.

Il Beauty Green, il Pack Intelligente


BOLT BEAUTY 

Bolt Beauty è il brand di cosmesi che rispetta pelle e ambiente con intelligenza. La sua brillante idea è quella di inserire la giusta dose di prodotto per la beauty routine all’interno di una piccola capsula a forma di goccia. Le gocce monouso, composte da alghe, sono totalmente biodegradabili, quindi una volta utilizzata l’essenza, possono essere sciolte in acqua bollente o essere gettate tra i rifiuti compostabili.

Bolt Beauty è antistress: niente più maxi barattoli di vetro per i viaggi, Bolt Beauty infatti mette a disposizione dei mini contenitori dove inserire anche dieci gocce utili per 10 giorni di skincare; il brand utilizza Carragenina – un tipo di alghe rosse o viola – per la creazione delle capsule scintillanti. La carragenina è sostenibile perchè contrasta l’acidificazione e la deossigenazione degli oceani causata dal riscaldamento globale e offre nuove opportunità economiche per i poveri abitanti delle coste nelle Filippine, in Indonesia e in Tanzania. Questo fa di Bolt Beauty un marchio carbon free

La fondatrice, Lisa Sexton, si è ispirata ad una “bellezza zero rifiuti”:

Credo che la bellezza non debba scendere a compromessi; questo significa bellissimi prodotti realizzati con ingredienti sicuri ed efficaci, e che le cose che acquistiamo non devono danneggiare il pianeta e devono essere facili da utilizzare e da smaltire in modo sostenibile.”


Bolt Beauty esce sul mercato con quattro prodotti innovativi:

“Filthy Clean” che deterge delicatamente la pelle senza privarla dei suoi oli naturali;

“Mad about Moisture”, una crema idratante nutriente con antiossidanti per dissetare la pelle secca;

“Vitamin A Game”, un intelligente formula con retinolo allo 0,15% più vitamina E, che lo rende ideale per coloro che sono inclini a reazioni allergiche;

“Glow, Don’t Shine”, progettato per combattere le macchie e il sebo in eccesso senza diminuire la luminosità della pelle.

BOLT BEAUTY skincare capsule


EISENBERG PARIS 

Altro brand dal pack intelligente Eisenberg Paris, una forte identità nel mondo della cosmetica di lusso che deve la sua forza alla costante ricerca attraverso metodi di Alta Tecnologia

Risultato di questi esperimenti è la Formula Trio Molecolare, una scoperta scientifica brevettata da Josè Eisenberg ed esclusiva del marchio; un trattamento completo che rigenera, rinvigorisce e ossigena la pelle. 

Grande forza del marchio sono i sieri altamente concentrati, agiscono in profondità e rispettano l’equilibrio della pelle; se usati con costanza sono nettamente efficaci contro affaticamento, stress, aggressioni esterne, incarnato opaco, rughe, segni, perdita di tono ed elasticità.

Utile e intelligente il pack di questi sieri, permette di visualizzarne il contenuto perchè trasparente e soprattutto è zero sprechi! La pompa interna spinge il contenuto verso l’alto sfruttandone così al massimo il siero che non viene sprecato e non rimane sul fondo e alla base. 

SIERO AFFINANTE VISO FORMULA TRIO-MOLÉCULAIRE® Effetto lifting Rimodella Ridensifica

DR. JART 

Brand coreano super innovativo nato nel 2005 dall’idea del dermatologo Dr.Jung e dall’amico e socio JinWook Lee, Dr Jart si avvale di un team di 21 esperti dermatologi che studiano le problematiche della pelle con l’intento di eliminarne definitivamente i difetti. 

Riceve subito numerosi riconoscimenti tra cui il titolo di Eco-Friendly Company Award in quanto produttori di cosmetici eco-sostenibili. L’espansione del brand è immediata da allora con l’ingresso nel mercato giapponese, la distribuzione dei prodotti da Sephora USA, la diffusione nel Regno Unito, Irlanda e Francia, per poi arrivare a casa nostra. 

Vastissima la gamma di prodotti specifici, tra questi la linea Cicapair, un trattamento lenitivo per pelli molto sensibili, a base di Centella Asiatica, la famosa “erba di tigre” che usa l’animale per lenire le proprie ferite. E’ cicatrizzante, molto nutriente, ha una texture ricca e densa e di un colore beige verde che uniforma il colorito del viso; ottima come base trucco perchè attenua le piccole macchie e i lievi rossori.

I prodotti nel tubetto presentano all’interno della scatola un intelligente fermaglio di metallo che aiuta a spingere la crema verso l’apertura per evitare sprechi. Un accessorio utilissimo e riutilizzabile anche per altri tubetti che avete in casa. Sono piccoli dettagli che rendono però Dr Jart non solo grande esperto in skincare ma anche grande ascoltatore, perchè nasce sicuramente dall’esigenza del consumatore attento all’ambiente e agli “zero sprechi”. 

Dr Jart Cicapair™ Tiger Grass Grass Cream

Faces: Tancredi Galli

Video: Vincenzo Traettino

Art Direction: Federico Poletti

Styling: Filippo Solinas

Total look: Gucci

In cover: Ph Jacopo Gentilini

Special thanks One Shot Agency


Web star, artista, attore e creativo a 365 gradi. Tancredi Galli in arte Sightanc è uno dei talent più versatili del panorama Italiano.
Vi ricordate di lui? Lo abbiamo visto lo scorso autunno sfilare sul tappeto rosso del festival del cinema di Roma in occasione della prima di “Cosa Sarà”, pellicola diretta da Francesco Bruni dove Tancredi ha recitato al fianco di Kim Rossi Stuart.
Questa volta lo abbiamo incontrato all’interno di @chillhouseita, progetto tutto italiano che vede coinvolti alcuni tra i creators più influenti della GenZ, e tra un TikTok e una diretta su Twitch, Tancredi coltiva la sua passione per l’arte dipingendo quadri che hanno mandato in tilt internet.



Antonio d’Anna – head designer di Krizia – e la sua poetica del doppio

Artwork di Maria Angela Lombardi @_mariaalombardi_

Abbiamo incontrato Antonio D’Anna che sta facendo un percorso attento e rispettoso per riportare krizia sui suoi standard originari, ma con una particolare attenzione alle esigenze del mercato. La Maison, dal 2014 di proprietà della cinese Zhu Chongyun, nel corso degli ultimi 4 anni ha intrapreso un nuovo percorso, sotto la direzione creativa di Antonio D’Anna, con una formazione alla Marangoni e un’esperienza di cinque anni da Design Coordinator da MSGM.

Punto di partenza obbligato, il prezioso archivio di Mariuccia Mandelli, con l’intento di sviluppare una capsule collection che possa stabilire continuità e rispetto per gli elementi chiave che hanno reso Krizia autentica e inconfondibile.
Dai plissè definiti da volumi importanti, alla maglieria colonizzata da tigri, orsi e pantere, fino alle strutture architettoniche di abiti e giacche sartoriali.
La cravatta, elemento ricorrente nell’estetica storica del brand, declinata in versione maxi su una maglia intarsiata e, tagliata nel feltro, diventa anche un top ironico.

Se dovessi riassumerti a collezione con un concetto, è “il doppio” che si presenta in tutta la collezione. Per superare il comune utilizzo dei tessuti, per crearne uno nuovo, con più struttura e personalità.”
Cura nei dettagli, volumi ampi definiti da plissè, materiali doppiati da strati di seta con lana taglio vivo, grafismi e nude effect su long dress e la pantera, elemento molto caro a Mariuccia Mandelli, su maglie oversize asimetriche disegnate in versione trompe l’oeil.

Il candido cappotto in lana ingabbiata nella seta incarna perfettamente il suo tema di stagione. Un consapevole gioco di multilayering, con tagli sfrangiati lungo i profili e tutto il reverse: un capo dalla costruzione molto complessa, ma il risultato è pulito e mai eccessivo.
Il fatto di seguire una capsule, mi ha permesso di avere molta cura del capo, e di sperimentare tecniche di lavorazione couture, nel rispetto del dna originale che ha reso Krizia indiscutibilmente unica

Anche il plissè ingabbiato nella seta e le sue ampie maniche a ventaglio rievocano alcuni abiti iconici, a cui Krizia era molto affezionata. Maglie asimmetriche jaquard in cui irrompono motivi geometrici. Pricipe di galles, gessati e piede de poule perdono il loro germe maschile, per fondersi con il plissé tinto in capo o declinati su tailleur sartoriali rivoluzionati nella costruzione.
“Quel plisset, leggero e riflettente, tema ricorrente anche nelle lunghe borse, reminiscenza d’archivio in jersey
”.


I gioielli, lavorati a mano, diventano macro, vistosi e geometrici, ma svuotati e assemblabili, per ottenere leggerezza e varietà nella costruzione, in un equilibrio di spazi riempiti, rigorosamente in trasparenza, con smalto cattedrale.

Fluttuanti emozioni green, Manintown incontra Gilberto Calzolari

Forte di uno storico che vanta collaborazioni con i più importanti fashion brand del lusso, Gilberto Calzolari dal 2017 cura la sua linea di abiti demi-couture dall’appeal glam romantico.

Vincitore del Green carpet fashion award nel 2018, prestigioso riconoscimento per giovani talenti della moda ecologica, le sue silhouette e i suoi tagli contemporanei stupiscono per abbinamenti inaspettati che, con il corso delle stagioni, hanno sempre strizzato un occhio alla sostenibilità, mantenendo lavorazioni di altissimo livello sartoriale. 

A pochi giorni dalla MFW e dal suo dialogo con Volvo per il lancio della sua nuova C40, Recharge Gilberto Calzolari apre le porte del suo showroom a Manintown per parlare delle ultime visioni e raccontarci del futuro che verrà nel segno del green. 



La tua donna racchiude in sè un’immagine estremamente sofisticata ma contestualmente versatile nei confronti delle esigenze della vita moderna. Come si è evoluta durante l’ultimo anno pandemico e cosa ha deciso di riporre nei meandri del proprio guardaroba?

Tutto è ripartito idealisticamente dal mio alfabeto colorato con l’obiettivo di raccontare una nuova femminilità. Per la prima volta la donna Gilberto Calzolari tinge le labbra di rosso per regalarsi il vezzo che, a causa delle mascherine, non può più concedersi.

La sensualità è enfatizzata dagli spacchi profondi che svelano il corpo con eleganza e lo avvolge di tessuti morbidi.

Si ripongono nell’armadio tutte le negatività per dar spazio alla joie de vivre nel rispetto di una moda sostenibile plasmata sulla atemporalità.

Recupero e ricerca, il tuo mindset è focalizzato sul ridar vita a materiali considerati non “consoni” dalla moda e spesso destinati allo smaltimento. Nel corso degli anni quali sono stati quelli che ti hanno dato più soddisfazione nella loro manipolazione?

Di sicuro la collezione del mio cuore è quella dei Green carpet fashion award, un omaggio alla Pianura Padana e alla mia Lombardia. Sacchi del caffè e dello zucchero recuperati presso il mercatino dei Navigli che ho ricamato e mixato con tessuti d’Alta Moda. Nelle stagioni a seguire mi sono divertito con il packaging retato degli agrumi e con gli ombrelli smontati per un perfetto plissè soleil. La provocazione è mirata a dare un esempio virtuoso di moda circolare epurando gli oggetti dalla loro funzione, decontestualizzandoli e riplasmandoli evitando lo spreco.



Etica ed Estetica, ed è così che Gilberto Calzolari da sempre fiero sostenitore della sostenibilità, decide di affiancare la propria vision a quella di un auto, la nuova C40 Recharge di Volvo, presentando un abito inedito. Già in passato la casa automobilistica ti aveva fornito tela di airbag e cinture di sicurezza usate. Come hai unito il tuo estro al design e alle caratteristiche di un’ auto elettrica?

Di sicuro l’intento comune dar vita a una creazione 100% sostenibile. Entro il 2050 Volvo conta di produrre solo auto elettriche.

La nostra collaborazione è nata un po’ per caso e l’abito realizzato in questa occasione si ispira all’eleganza e alle linee d’avanguardia di un auto che guarda al futuro. Il nuovo modo di concepire il lusso è green. Un segnale positivo e contaminante che unisce l’etica all’estetica.

E a non molti giorni fa risale il lancio dello show virtuale durante la Phygital Fashion Week milanese le cui riprese sono state effettuate in uno dei luoghi della cultura altamente penalizzati dalla pandemia: il teatro. Mai come questa volta la tua donna vive in un Pianeta “in tilt” e le sue emozioni vengono percepite anche nel ritmo del montaggio scelto. Con quali stili si approccerà al prossimo Autunno/Inverno?

Il tilt è generato da un intero sistema in questo stato. Positività e follia sono enfatizzati da contrasti netti ,come il foyer cupo e gli slanci di luce, per un corto circuito generalizzato che vuole liberarci simbolicamente dalle limitazioni.

La donna dell’Autunno/Inverno vuole stridere tra i contrasti, viaggiando attraverso superfici lucide e materie opache, alternando la mascolinità alla la femminilità.

Ho, inoltre presentato, il primo upcycling eyewear. Occhiali vintage smontati e rimontati con lenti d’avanguardia.

Per gli accessori mi sento di citare Kallistè che ha fornito calzature con la tomaia realizzata interamente in plastica reciclata. 



Un costante impegno per il Pianeta nel segno di uno dei più importanti insegnamenti che ci ha tramandato il mondo classico:“kalos kai agathos”, l’unione tra il buono e il bello”.Cosa è previsto nell’immediato futuro green di Gilberto Calzolari e quali sono i materiali di scarto che vorrebbe plasmare tra le sue mani? 

Per me stesso è una sorpresa. Nel futuro non si parlerà solo di una moda sostenibile ma anche di una moda rigenerativa mirata a produrre meno waist possibile. 

Quindi utilizzare più materiale di scarto come i tessuti di stock o le rimananze. Sprecare è antietico e bisogna lottare per il vero Made in Italy supportati anche dal punto di vista governativo alienando ogni forma di danno all’intero sistema.

Photographer Clotilde Petrosino @clotildepetrosino

Il Galateo di Clubhouse: istruzioni per l’uso

Il Galateo per utenti gentiluomini e gentildonne, neofiti o esperti: 9 consigli per goderti questa nuova app al meglio

Parliamo dell’app Clubhouse, che probabilmente già’ usi, se hai un iPhone, o magari hai appena ricevuto il desideratissimo invito per unirti al fenomeno social-media audio del momento.

Nelle scorse settimane ho letto molti articoli sull’argomento (per i curiosi, ne ho elencati alcuni alla fine dell’articolo) e ho passato del tempo sulla piattaforma, ascoltando conversazioni su stanze – dette propriamente rooms – italiane e statunitensi. Cosa ho imparato? Che abbiamo l’opportunità’ di fare delle cose per bene e rendere questa app un posto speciale. Abbiamo il potere di sancire il successo, o il fallimento, di questo fenomeno con il nostro comportamento.

Clubhouse e’ un cocktail interattivo di voci in tempo reale, il modo in cui decidiamo di esprimerci potrà’ rendere il mix delizioso o disgustoso.

Le persone sono più importanti della tecnologia e dei processi. Non voglio discutere della user experience, né parlare di monetizzazione o brands. Prendiamoci un momento per capire, invece,  la corretta etichetta da rispettare. Non si tratta di regole infatti, ma di suggerimenti. Questo è il motivo per cui mi piace chiamarli il galateo (non-ufficiale) di Clubhouse.

FUN FACT: Il termine Galateo viene da un trattato scritto da Giovanni Della Casa pubblicato nel 1558. Originariamente creato per condividere le regole del comportamento educato, e delle norme da seguire o evitare nella vita sociale.



0- Prima di parlare, impara le regole

Il miglior modo di partire e’ leggersi le risorse ufficiali di Clubhouse, come l’etiquette, le linee guida della community e la guida per i nuovi utenti. Si’, sono tutte in inglese, ma ne ho trovata anche una semplicissima in italiano.

1- Sii autentico

La tua immagine profile e la bio sono la tua identità su Clubhouse: gioca pure con la creatività, ma non usare nessun logo o richiami a business. Sii te stesso. Nella descrizione, detta anche bio, non fare il venditore dei prodotti o servizi che offri. Nessuno e’ alla ricerca di pubblicita’ aggiuntiva.

E’ importante collegare i tuoi profili Twitter e Instagram per dare veridicita alla tua identità e far conoscere di più su chi sei. Questi saranno anche i veicoli per rimanere in contatto post chatrooms, in quanto Clubhouse non ha (ancora) una feature per mandare messaggi. Ricorda che non devi essere un oratore o un presentatore per goderti questa app, sii te stesso.

2- Ascolta, e poi parla

La dinamica dell’applicazione si basa sulla partecipazione ad un contesto, comprendendo prima cosa viene detto e poi partecipando. Non viceversa. Tieni a mente la regola dei 5+5 minuti:

  • Quando sei in una stanza, rimani almeno 5 minuti in silenzio ad ascoltare e capire se e’ qualcosa che ti interessa. Se non lo e’, cambia stanza.
  • Se sei interessato, allora aspetta altri 5 minuti per essere sicuro di calarti nel contesto e poi “alza la mano”.

Alcune stanze possono essere iniziate ore prima che tu entrassi, ed e’ meglio evitare di ripetere concetti già trattati. Se la room ha dei moderatori esperti, ogni 20-30 min massimo faranno un reset della room ricordando cosa e’ stato discusso e quale topic viene trattato al momento. ovviamente, talvolta, ed e’ normale in CH, provvederanno anche a tagliare corto il tuo contributo se e’ qualcosa di ovvio o ripetitivo o fuori topic.

3- Rispetta la fila

Le conversazioni si muovono velocemente. Quando senti che hai qualcosa di importante da dire alza la mano ma, prima di farlo, controlla chi e’ stato l’ultimo non-moderatore a parlare. Valuta quante persone sono ancora sul “palco” dopo di lui/lei: probabilmente tutti questi speaker hanno qualcosa da dire e potrebbero non aver ancora parlato. Se hai rispettato la regola #2, dovresti saperlo. Dai sempre precedenza alle persone che sono salite sul palco prima di te, rispetta l’ordine, così come se fossi in una fila nel mondo reale.

Non dimenticare che molti moderatori, spesso nel momento in cui fanno il reset della room, limitano il numero di speaker attivi sul palco per evitare confusione e fanno tornare quelli che hanno già parlato nel pubblico. Inoltre, non sai quante persone possano aver alzato la mano ed essere ancora in attesa di salire, quindi sii paziente: la coda potrebbe esser abbastanza lunga, specie se la room e’ popolare.

4- Non distruggere il filo della conversazione

Ok, sei diventato speaker. Hai messo il microfono in muto e stai aspettando il tuo turno. Il moderatore ti nomina e 3,2,1, azione! Ammalia tutti con una breve introduzione (se e’ ok con le linee guida della room) ma vai dritto al punto. E’ ideale riuscire a condividere i tuoi pensieri in non più’ di 2 minuti, senza monopolizzare l’attenzione, per tenere gli ascoltatori interessati e dare spazio agli speaker dopo di te.

Se il flusso della discussione e’ mutato verso un altro topic, non riportarlo verso quello che era prima. Niente è peggio di una conversazione che va avanti e indietro e non si evolve.

Un’altra cosa per niente simpatica e’ parlare e lasciare la room dopo un secondo, dando l’impressione che volevi solo parlare e farti vedere invece che contribuire e ascoltare cosa ne pensano gli altri.

5- Ricordati i nomi

Sentire espressioni come “Quello che ha detto quella persona” o “Il ragazzo / la ragazza il cui nome non ricordo” non e’ una bella esperienza. Rende lo speaker debole e fa sentire la persona in oggetto poco importante. E’ un piccolo gesto che vale molto, ma prova a ricordarti  il nome di chi dice qualcosa che ti ha davvero colpito e menzionalo/a quando ne parli. Tantissimi professional speakers utilizzano questa tattica per creare connessione. Ricordare il nome della persona e’ una forma di rispetto.

6- Non parlare di Clubhouse

Specialmente agli inizi, e’ molto difficile non farsi prendere dall’entusiasmo e iniziare a discorrere per ore sulle meraviglie di Clubhouse e come potrebbe evolvere in futuro, indifferentemente dall’argomento trattato. Cerca di non perdere la deriva e continua a contribuire valore nella conversazione.

7- “Leave quietly” esiste per un motivo

Dopo il tuo contributo, puoi tornare nel pubblico anche se il moderatore non lo fa per te. Basta premere sulla tua immagine profilo e poi “Move to audience”. Se invece preferisci rimanere sul palco per interagire ancora, non dimenticarti di sostenere gli altri speaker applaudendo (facendo click ripetutamente sul tasto muto). Ma la cosa piu’ importante, ed anche particolarmente difficile per noi Italiani, e’ quella di lasciare la stanza senza bisogno di annunciare la propria dipartita. Non preoccuparti, non e’ assolutamente maleducazione. Anzi, evitare di interrompere quello che sta succedendo e’ un altro segno di rispetto, evitando di farti sembrare narcisista.

8- Non partecipare nei “silent groups” per aumentare i followers

Ultimo suggerimento, non per importanza, e piuttosto controverso. Stanno nascendo tantissimi gruppi definiti silenziosi o di networking, che alla fine mirano solo al mero  aumento di followers. In questi spazi si deve solo entrare e non dire nulla, visitare le varie bio dei partecipanti e poi seguirli, in modo che loro possano fare altrettanto. Questa dinamica e’ totalmente contraria allo scopo primario di Clubhouse, e cerca di forzare l’attenzione su una metrica di vanita’  che poco e’ legata alla crescita reale. Per favore, nascondi questi gruppi facendo uno swipe verso destra quando li vedi nel feed dell’app.

Conclusione

Se utilizzato correttamente Clubhouse e’ uno spazio incredibilmente promettente dove gli utenti possono sviluppare un senso di appartenenza davvero genuino. Sappiamo che probabilmente le pubblicità’ arriveranno presto, e anche nuove ondate di utenti via Android, come da aggiornamento da Townhall di oggi, ci stanno ancora lavorando, ma è confermato l’accesso tra qualche mese. Ma se rimaniamo fedeli a questo galateo, vinceremo tutti insieme!
Se vuoi manifestare il tuo entusiasmo per essere diventato un moderatore professionista o semplicemente supportare la diffusione dello stile di vita leave quietly, qua sotto abbiamo trovato un paio di capi che potrebbero fare al caso tuo.


Text by Federico Francioni – Principal Experience Designer @ Facebook ( su clubhouse @fedino82)

curato da Francesca Romana Riggio, Editor and co-founder @mintcreativeagency

seguimi su clubhouse @francescainnyc

Beauty alert: Aēsop & RÆBURN

Aesop unisce le sue forze con RÆBURN, pioniere della moda sostenibile, per sviluppare una soluzione portatile e responsabile per la cura della mani, con un pensiero ai pendolari. Per chi viaggia in città, o più lontano, Adventurer Roll Up permette di trasportare i prodotti preferiti facilmente, in una comoda e compatta pochette.  Si tratta di una fascia con tre tasche, realizzata per l’80% in materiali riciclati, arrotolabile in modo da garantire una notevole portabilità.



Con gli stravolgimenti alla nostra vita quotidiana di quest’ultimo anno, è diventato ancora più fondamentale prendersi cura delle nostre mani, detergendole spesso. E per questo non è da sottovalutare una soluzione per portare i prodotti comodamente con sé.



I prodotti ideati per detergere e idratare le mani durante gli spostamenti della giornata sono tre: Resurrection Rinse-Free Hand Wash, Resurrection Aromatique Hand Balm e il nostro nuovo prodotto Resurrection Rinse-Free Hand Mist.

La filosofia è quella dell’iniziativa RÆMADE, una rilavorazione degli avanzi di tessuti per creare design responsabili. Sono 300 i pezzi in edizione limitata ricavati da mappe di navigazione aeronautiche degli anni ‘60. Questi cimeli di seta rappresenta nei dettagli una parte del mondo particolarmente danneggiata dal degrado ambientale, come il Borneo e il Lago d’Aral. Da una cartina vengono ricavati quattro Roll Up, producendo il minimo scarto, e ogni Roll Up possiede un numero seriale unico e un certificato. 



Aesop ha collaborato con Hypebeast, guida online dello streetwear, per celebrare il lancio del prodotto  e commercializzare i RÆMADE Adventurer Roll in edizione limitata, disponibili dall’ 1 marzo 2021 sul sito hbx.com. Inoltre è stato condiviso un filmato su come fare a creare la propria versione dei RÆMADE a casa, disponibile sul sito aesop.com e raeburndesign.co.uk. 

Una location ricca di fascino e personalità. Manintown sceglie il Leonardo Milan City Center

Leonardo Milan City Center è immerso nella caratteristica atmosfera dell’area pedonale Via Paolo Sarpi, nel pieno della Chinatown milanese, meta di tutti i trend setter. 
A breve distanza da tutti i luoghi d’interesse, la posizione strategica dell’hotel sorge nel trittico delle vie della tipica “movida” milanese permettendo di raggiungere con una piacevole passeggiata i migliori locali di tendenza, ristoranti raffinati e boutiques alla moda. 
L’hotel è scelto, oltre che da business travelers, anche da fotografi, stylist e registi attratti dall’esclusività degli interni e dagli spot ricchi di fascino e personalità. La struttura è dotata di una sala fitness, un centro congressi articolato in 4 sale attrezzate con dispositivi e tecnologie di ultima generazione e un ampio patio all’aperto. Non manca la parte ristorativa con un’ampia proposta internazionale.


L’hotel rientra nel gruppo Leonardo Hotels Central Europe, parte del Fattal Hotel Group, fondato nel 1998 da David Fattal. È una delle catene alberghiere in più rapida crescita in Europa e Israele e gestisce più di 200 hotels con più di 40,000 camere in più di 100 destinazioni e 18 paesi.

Sito 

Instagram 

PIZZIUM O’SHOP: l’alimentari di quartiere per fare la spesa con prodotti regionali IGP e DOP

Nato nel 2017 a Milano da un’idea di Stefano Saturnino, Giovanni Arbellini e Ilaria Puddu, Pizzium propone la pizza napoletana classica utilizzando il meglio della materia prima italiana. Il suo stile è inconfondibile ma ogni locale è unico perché trae ispirazione dalla terra che lo ospita, senza rinunciare al meglio di Napoli e della Campania. Grazie al suo approccio creativo e contemporaneo si sta affermando in Italia ed è arrivato a quota 20 con 6 locali a Milano, Serravalle, Gallarate, Como, Seregno, Varese, Busto Arsizio, Brescia, 2 a Torino, Roma e Bologna, Parma, Piacenza e Cesano Maderno.



Non solo pizza però, perchè dopo il successo di vendita dei 5 kit regionali, Pizzium arricchisce il proprio shop con un più vasto assortimento di prodotti IGP e DOP simbolo delle regioni italiane. L’O’SHOP è la bottega alimentare di quartiere dove è possibile acquistare gli ingredienti di alta qualità delle sue amate pizze regionali, per dare vita a ricette tradizionali o sperimentare nuovi piatti dando libero sfogo alla creatività.

Presso il proprio punto vendita preferito oppure online, i PIZZIUM lovers possono ora fare una spesa veloce e immediata acquistando salumi, formaggi e verdure, ma anche pane e focaccia sfornati freschi tutti i giorni e prodotti da dispensa come paste artigianali e conserve.


I prodotti di O’SHOP sono acquistabili in delivery su UberEats, in asporto in tutti punti vendita fatta eccezione per i locali di Roma, Bologna e Serravalle – oppure sono ordinabili nella sezione O’SHOP dell’online shop ordina.pizzium.com per poi passare a ritirarli nel punto vendita più vicino.

Infine, per dare sempre nuovi spunti ai propri clienti il brand ha anche avviato una collaborazione con Chef in Camicia www.chefincamicia.com realtà che vive e racconta il mondo del Food a 360 gradi attraverso ricette e contenuti video originali. Chef in Camicia ha preparato per PIZZIUM 3 video ricette con i kit regionali che vanno ad aggiungersi a una raccolta di ricette disponibili all’interno del menù di O’SHOP.


Dietro le quinte del nostro incontro con Wrongonyou e Vergo

Grazie alle immagini vi sveliamo i retroscena degli ultimi contenuti dedicati a due celeb nell’ambito musicale : Wrongonyou e Vergo.

Backstage photographer Riccardo Ferrato

Special content direction, production, interview & styling Alessia Caliendo

Grooming Alessandro Pompili

Make up Serena Polh

Styling assistant Andrea Seghesio

Beauty by

Bionike

Gli Elementi

Maria Nila

Miamo

WeMakeUp 

Special thanks to 

Leonardo Hotel Milan City Center

NH Touring Hotel Milano 

Soulgreen




“OMNIVERSE” ridefinisce il classico di Rokh

È tempo di analisi e di riformulazione per il designer coreano Rok Hwang, fondatore del suo brand Rokh nel 2016 e vincitore dell’edizione 2018 del premio LVMH, con una solida esperienza da Céline, Louis Vuitton e Chloé. 
La sua Omniverse, all’interno del calendario delle sfilate parigine, è una rivisitazione dei capi chiave del guardaroba e dei codici che hanno definito lo stile del designer, dopo i suoi anni di formazione in America e di lavoro a Parigi e Londra, adesso sede del brand.

Ambientata nello spazio vuoto, in cemento, di una fabbrica di birra, la collezione emerge nell’unicità dei suoi dettagli e attraverso il movimento dei suoi materiali. La gonna in maglia con tre strati di frange argentate a cascata argento e color cammello, cappotti in eco-pelliccia leopardata, corsetti in pizzo sulla gonna a vita ultra alta in jeans delavé, abiti couture fatti di pizzo, perle e tulle, ricamati a mano in sei mesi di lavorazione, mentre tessuti rubati alla sartoria maschile lasciano il campo a una femminilità aggiornata, nelle lunghe gonne arricchite da frange.

Rokh Show Paris Fashion Week 2021

 Partendo da un esame dei capi per categorie, Rok Hwang li scompone e li reimmagina, dandogli forme nuove. Dall’abito da sera, al jeans, al trench, all’abito su misura, ogni pezzo assume uno scopo e un’esistenza diversa, per partorire un nuovo guardaroba. Una giacca minuta con una ragnatela di ritagli, gonne a pieghe asimmetriche tagliate a mano libera, assumono il valore estetico dell’incompiuto.

“È come costruire un omniverso, dove questi sono distinti, le loro sfere possono unirsi”. “Un mix eclettico di pezzi diversi, un casual di nuova concezione, tessuti e strutture che si uniscono in un’unica collezione”.

“Partire da un modello complesso, per raggiungere un risultato pulito, creare movimento e volume, ma costruendo anche tagli netti. Per creare qualcosa di familiare, ma sconosciuto, per ogni occasione, in qualsiasi universo”.
Rok Hwang – Rokh

 

BRAND ALERT: SLAM JAM X CONVERSE

Nuova collaborazione nel mondo dello streetwear con Converse e Slam Jam : attraverso la loro unione fanno vita a capi dal tocco underground con una forte identità visiva  e un approccio al paesaggio oggi rivalutato e sotto una nuova luce.

Da tempo Slam Jam è nata come un hub underground che univa le sottoculture di tutto il mondo , mirando alla creazione di capi dal design intelligente per una cultura giovanile globale , in questo caso a essere al centro dell’attenzione gli stili di vita avventurosi tradotti in capi dalla forte identità. 

La collezione dei capi Converse x Slam Jam trae ispirazione dall’arena tecnica traducendone gli elementi per poi collocarli nella sfera del daily use. Un forte richiamo all’attrezzatura tecnica outdoor: il pack comprende la scarpa Bosey Mc e alcuni capi d’abbigliamento .

 Tra i capi creati una maglia a maniche lunghe , un pantalone ripstop nylon, una felpa con cappuccio in pile pesante , una giacca Sherpa reversibile , con un lato in ripstop nylon e sherpa fleece dall’altro , e una tracolla marsupio con dettagli da attrezzatura tecnica. 

Tra le particolarità dei pezzi creati, la Bosey MC e stata realizzata con un sistema di allacciatura veloce che consente un’indossabilità facilitata e un blocco speciale dei lacci per una chiusura sicura , in Lurex ripstop lucido. Presentate le versioni in nero, la Bosey Mc Hi e in bianco con la Bosey Mc Ox quest’ultima realizzata in lurex scintillante. 

A curare la campagna l’art director Chris Glickman che ha spiegato : 

la genesi di questo progetto è stata esplorare l’idea di come interagiamo e siamo influenzati dalle forme permanenti nel corso della storia. In un periodo di incertezza universale, il conforto può essere trovato in un apprezzamento della bellezza che è rimasta invariata per millenni e parla agli aspetti profondamente umani di come i nostri paesaggi visivi ci influenzano ad un livello fondamentale”. 

La collezione Converse x Slam Jam sarà disponibile a partire dal 20 Marzo in anteprima esclusiva su slamjam.con e negli store Slam Jam, e dal 25 Marzo e poi globalmente anche sul sito Ufficiale di Converse e negli store selezionati.  

VgO Lab e la vegan experience nel cuore della Laguna

VgO è un’azienda nata a Venezia Mestre nel 2015, operativa in diversi settori, che spaziano dal comparto gastronomico a quello tessile, da quello dell’arredamento a quello della cura del corpo. Il filo conduttore tra i vari ambiti è il concetto di sostenibilità ambientale, promosso attraverso uno stile di vita possibilmente vegan.

VgO è anche VgOLab e VgOloso nel segno dell’ italian life style 100% cruelty free.

Un modello da diffondere nel mercato estero attraverso ristoranti e nei negozi specializzati che vogliono offrire al consumatore pasti leggeri e una gamma di specialità vegetariane ad ottimi prezzi nel rispetto per il pianeta e per il mondo animale.

Nel VgO Lab l’azienda sperimenta nuove ricette prendendo spunto da quelle tipiche della cucina italiana. Un catalogo ricco e ampio che spazia dalle paste fresche e secche (ideali anche per celiaci), alle salse e ai patè, dalle confetture alle tisane e alle birre. Si tratta di un laboratorio di idee che si basano sul concetto di esistenza in armonia con la natura. VgO Lab è anche abbigliamento e laboratorio didattico, in cui, grazie ad esperti naturopati, si impara a vivere seguendo il fluire delle stagioni, e ad alimentarsi per stare bene.

VgOloso, invece, è il primo format di cucina per asporto sana etica e vegana, aperto a Mestre ma con la voglia di colonizzare il mercato italiano e statunitense. 



Ma cosa si mangia da VgOloso? Non aspettatevi seitan e tofu , qui si mangiano piatti gustosi, che partono dalla tradizione italiana: ovvero zuppe di legumi e cereali, ravioli con ripieno di verdura e sugo di pomodoro, polpette di cereali e nocciole servite con purè di patate, burger di legumi freschi, muffin e frolle con marmellate biologiche. 

E cosa, invece, si beve da VgOloso? Il prosecco vegano innanzi tutto, con l’assenza di albumina, una proteina presente nel latte e nelle uova che alcuni produttori usano come sbiancante per il vino. Poi la birra artigianale, prodotta in un micro-birrificio della zona per conto del locale e tante centrifughe fresche.

L’azienda, oltre ad offrire una selezione gourmet di prodotti, si occupa di organizzare eventi per la promozione del proprio brand. Attraverso appuntamenti fissi quali seminari, giornate di approfondimento e degustazioni guidate all’interno del laboratorio aziendale, gli appassionati di cucina hanno la possibilità di toccare con mano le materie prime impiegate per realizzare i prodotti VgO e di assaggiarli in prima persona. Un aperitivo o uno showcooking all’interno di questo concept innovativo diventano così l’occasione perfetta per conoscere da vicino il mondo della cucina vegetale e dei prodotti bio, scelti accuratamente a seconda della stagionalità.

Sito 

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Festa del papà: tra fashion e accessori

La nostra mini gallery tra fashion e accessori comprende alcune idee regalo da cercare on line o in store (zone rosse permettendo) per celebrare tutti i nostri papà. E se arrivate in tempo a causa di negozi chiusi o ritardi nelle consegne tipiche del periodo, possiamo sempre tenerle in considerazione come must have davvero cool da regalargli questa primavera!






Alaïa and Balenciaga – Sculptors of Form, la mostra

Due mostri sacri della moda in una mostra che racconta tutto il meraviglioso mondo che si è cela dietro ogni loro creazione: La scultura della forma è molto più che un’esposizione. Fino al 21 aprile 2021,  Fondazione Azzedine Alaïa ospita una retrospettiva su Azzedine Alaia e Cristobal Balenciaga, tra gli architetti della moda (assieme a Gianfranco Ferré) che hanno scritto un capitolo straordinario del fashion system internazionale. Scopriamo la mostra Alaïa and Balenciaga – Sculptors of Form.

Alaïa and Balenciaga – Sculptors of Form.

La nuova mostra invita i visitatori a scoprire una serie di nuovi cappotti, completi e abiti, sia da giorno sia da sera, le cui forme e architetture accomunano i due maestri. 

BALENCIAGA, HAUTE COUTURE 1961 PH. STÉPHANE AÏT OUARAB

Temi essenziali del lavoro dei due couturier, appunto il folklore gitano e spagnolo, sono espressi in pizzo bianco da uno e in pelle traforata dall’altro. L’abito “Gitane”, famoso tra le creazioni di Alaïa, è esposto per la prima volta nella galleria della Fondazione. Entrambi abili sia nella sartoria sia nella morbida sartoria, Alaïa e Balenciaga, attraverso i lavori presentati, confermano la loro grande maestria in tutti gli aspetti della tecnica e del taglio.

ALAÏA, COLLEZIONE PRIMAVERA-ESTATE 2016, COLLEZIONE AUTUNNO-INVERNO 2015 PH. SYLVIE DELPECH

Altri nuovi abiti, in chiffon e pizzo nero, più leggeri di delicati fazzoletti, sono esposti per la prima volta per essere ammirati dai visitatori. Altrove nella mostra, i cappotti e le giacche, esempi di rigore osservato, ci ricordano quanto fossero unici i due couturier ai loro tempi e continuino ad essere così senza tempo ancora oggi.

DA SINISTRA A DESTRA: BALENCIAGA, HAUTE COUTURE 1938,1940 – ALAÏA, AUTUNNO-INVERNO COUTURE 1986 PH. STÉPHANE AÏT OUARAB

Nella scenografia poetica, immaginata da Kris Ruhs, i disegni iconici sono presentati lungo nuovi percorsi, mentre altri nuovi disegni vengono ad unirsi a loro, e alcuni scompaiono completamente per creare nel loro insieme una mostra completamente nuova da scoprire.

“Keep Performing” è la nuova campagna di Kappa con Hell Raton, Emis Killa e la Fiorentina Femminile

Non esiste un successo senza ostacoli. E l’unico modo per raggiungerlo è credere sempre in quello che si fa, mettendosi in gioco, senza lasciarsi influenzare da inevitabili insuccessi.

Questo il messaggio positivo della nuova campagna di Kappa,Keep Performing,” lanciata a livello globale in occasione dell’uscita della collezione ss21.
Il legame tra sport e street culture, da sempre nel dna del brand, viene raccontato attraverso punti di riferimento positivi ed esempi da seguire per le nuove generazioni: Hell Raton ed Emis Killa che sono stati in grado di farsi strada nel mondo della musica e del gaming, non senza difficoltà, e una rappresentanza della Fiorentina Femminile, sponsorizzata Kappa per la stagione in corso, i cui successi parlano da soli, in uno sport come il calcio, che sempre di più oggi vede fiorire delle vere fuoriclasse, proprio grazie alla tenacia di chi ha il coraggio di non mollare di fronte agli insuccessi. Lavoro di squadra e forte determinazione, uniscono nelle differenze e insegnano a crescere come team, oltre che come donne.

Manuelito, dopo il consenso raccolto a X-Factor, si racconta attraverso un videogioco creato a posta per la campagna, in cui è proprio lui “il suo supereroe preferito” mentre ripercorre la strada che l’ha portato al raggiungimento del suo sogno. Un’intesa, quella tra Kappa e la Machete Gaming, realtà di punta nel mondo degli Esports, che è cresciuta nel tempo e si rafforza con prospettive sempre più interessanti, tra cui una sponsorizzazione ufficiale da parte del brand torinese.

La vita è un altro campionato: dove non serve essere i più veloci per arrivare primi, serve essere i più perseveranti per arrivare più lontano.” Emis Killa scrive un manifesto dall’inclinazione rap dedicato a chi non conosce la resa, ripercorrendo il difficile percorso di chi sogna di fare musica, attraverso gli occhi di uno dei tanti ragazzini che fanno parte della Generazione Z.

L’anima healty della ristorazione: Soulgreen

Volto integralmente alla cucina sana, e alla dieta flexetariana in cui gli alimenti green la fanno da padrone, Soulgreen pianta le sue basi a Milano con l’obiettivo di estendersi worldwide.

L’ambiente, scelto da molti influencer per le proprie pause nel segno dell’instagrammabilità, è ricco di green: vetrate ariose, mobili realizzati con materiali naturali e di riciclo in una location che, in molti punti, ha mantenuto la sua autenticità valorizzata dal progetto architettonico dello studio belga Creneau.

L’internazionalità, che da poco prevede anche una sede a Dubai, si percepisce nella cucina multietnica da cui vengono tratte le fusioni vegane e vegetariane.

Le bowl ne sono l’esempio più eclatante : si parte dalla Lebanese Bowl (quinoa, verdure miste, pomodori secchi, ceci, coriandoli, tahina, insalata) fino ad arrivare alla Thai Bowl (curry verde, riso rosso, verza, latte di cocco, verdure, broccoli, anacardi, cavolfiore). 


La parte delle pasticceria è una categoria molto cara a Soulgreen che si pone l’obiettivo di realizzare una proposta 100% vegana che strizza l’occhio ai più grandi maître pâtissier.

Un mondo che si apre alla personalizzazione dei cadeaux dolci per cene ed eventi privati, disponibili in esclusiva su cosaporto.it.

Tutto è homemade così come i cold pressed juice e gli smoothies.

Aperitivo è spesso sinonimo di junk food ma ciò non avviene da Soulgreen dove il finger food che accompagna la parte beverage è nel segno dell’healthy.

Dal momento in cui i delivery sono parte della nostra quotidianità la realtà ristorativa ha un particolare occhio per i packaging plastic free che non mancheranno di stupirvi.

Instagram 

Faces: Pierpaolo Spollon, un ironico sex symbol

Photo: Davide Musto

Styling assistant: Vincenzo Parisi

Location: Hotel Valadier Roma


Classe 1989, Pierpaolo Spollon è un giovane attore dalle origini venete. Oggi si avvia ad essere uno dei volti più amati nelle serie della rete ammiraglia, il grande pubblico infatti ha avuto modo di apprezzarlo principalmente per le sue interpretazioni nelle fiction come “La porta rossa”, “L’allieva”, “Che Dio Ci Aiuti” e “Doc – Nelle tue mani” accanto a Luca Argentero. Dal prossimo 23 marzo 2021 potremo seguirlo ancora su Rai Uno in “Leonardo” , una nuova produzione evento firmata Rai Fiction e Lux Vide.

Il suo percorso verso le recitazione però comincia tra i banchi di scuola…



Come ti sei avvicinato alla recitazione?

Parte tutto dai tempi del liceo, quando per caso ho preso parte ai casting del film di Mazzacurati che cercava il protagonista tra tutti i licei del triveneto. Ho fatto un primo provino che non andò bene, ma poi mi richiamarono in seguito per una parte in un altro film. Al liceo  non studiavo recitazione, ero un cinefilo e mai avrei pensato ad una carriera da attore. Solo dal secondo film ho iniziato a studiare per approfondire questa professione ma avevo già 20 anni.

A brevissimo sarà in onda la nuova serie su Leonardo Da Vinci , puoi anticipare qualcosa del tuo personaggio?

È stata la mia prima volta in cui recitavo in lingua straniera quindi l’ho vissuta un po’ come un nuovo inizio. Interpreterò Michelangelo Buonarroti, una figura di spicco della storia dell’arte e mi vedrete coinvolto quasi sempre nelle scene con Leonardo. Ho cercato di renderlo pop (per quanto possibile) come un giovane alla ribalta un po’ diverso dall’immaginario tradizionale. Lo scoprirete sotto una veste po’ arrongante, giovane e anche sfrontato.

Nei mesi passati invece ti abbiamo seguito in diverse fiction, c’è un personaggio a cui ti senti molto vicino tra gli ultimi interpretati?

Il comune denominatore dei miei personaggi è la tenerezza. Ogni ruolo che interpreto è tenero e sensibile, e questo è dovuto ad un aspetto particolare del carattere di quella figura. La tenerezza fa parte della nella vita e mi porta molto vicino a loro. Se devo sceglierne uno ti direi Riccardo Bonvegna nella fiction Doc, un personaggio molto profondo.



Molti ti definiscono un sex symbol, in che Dio ci aiuti 6 nelle vicende con il personaggio di Monica sei il classico imbranato, ma nella realtà? 

Questa cosa mi fa molto ridere, mi rendo conto di non essere il classico belloccio, portando alla ribalta i ragazzi “normali” che sfruttano altre qualità.  Mi sento il sex symbol della risata , ho sempre fatto affidamento su questa caratteristica, puntando molto sull’ironia.  Negli anni mi sono arrangiato e alla fine è andata bene così.

Se fossi un personaggio di un’epoca passata, chi saresti? 

Mi piace moltissimo Oscar Wilde, per un fattore estetico ma anche culturale. Sarebbe bello interpretare un dandy inglese con uno stile curato e irriverente. Mi sento un’esteta e in questo senso sono fissato con il look.  Prendendo spunto dall’immaginario cinematografico sono molto vicino anche a  Sherlock Holmes.

Quindi cosa troveremmo se aprissimo il tuo armadio?

Sicuramente una giacca, camicia in jeans e un doppio petto. Il foulard è un accessorio che non può mai mancare ( e qui torna la sua anima dandy ndr)


Parliamo di social, il tuo preferito sembra essere Twitter…

Non sono molto presente sui social media, ma su Twitter ho iniziato a commentare le puntate delle mie fiction. È una cosa nata per gioco e continua a divertirmi molto. Mi definiscono un boomer perché in effetti uso questi strumenti  in maniera molto basica e i miei follower mi fanno morire dal ridere perché colgono la mia ironia e rispondono a tono.

Cosa ne pensi invece del recente fenomeno “Clubhouse”?

Mi hanno invitato diverse persone, ma non l’ho ancora testato dal vivo. Penso si possano incontrare molti personaggi interessanti da ascoltare tra giornalisti ed esperti di settore. Ha un valore informativo che mi attira e inoltre mi piace perché è un social che richiede tempo, permettendoci  proprio di ritagliare il nostro spazio. Odio i social mordi e fuggi, qui devi stare attento e seguire il dibattito mettendoci anche la voce ( a discapito dei leoni da tastiera). Se questo è l’indirizzo che prenderanno i nuovi social media mi piace molto.




Progetti e desideri per il futuro?

Sognando in grande un bel film al cinema magari francese, con il regista Jacques  Audiart. Preferisco però fare i conti con il presente e quindi dirti che sto girando Blanca, nuova serie della Lux con lo stesso produttore di Doc dove ho un personaggio completamente diverso dagli altri interpretati fin ora. Tra poco Ricomincerò anche Doc 2 e anche per questo sono molto emozionato, ma non posso dire di più.  Non mi prendo più il lusso di pensare al futuro ma cerco di tornare al qui ed ora, riprendendomi il mio tempo. È uno degli insegnamenti diretti che mi ha lasciato il periodo della pandemia.

Superga “People’s shoe of Italy” e Haley Bieber nella nuova campagna per un’eleganza 24/7

Hailey Rhode Bieber è la nuova global ambassador di Superga.
Il binomio d’icone pop, amate dal pubblico di tutto il mondo per la loro eleganza disinvolta, viene ripreso in un’atmosfera distesa e confidenziale, nello storico studio newyorkese Pier 59, dalla fotografa Stevie Dance, con il supporto creativo della stylist Karefa-Johnson che ha creato per l’occasione dei look trasversali 24/7, evocando una personalità femminile, libera da sovrastrutture e amante dei materiali naturali e sostenibili.
Valori familiari all’universo Superga che da oltre un secolo produce una sneaker lavorata a mano con cotone, gomma naturale e alluminio. E continua la sua ricerca, nel massimo rispetto del pianeta, con la recente introduzione di una collezione di prodotti organici.

In posa su uno sgabello, sdraiata sul pavimento e mentre balla su un rooftop newyorkese, Hailey Bieber indossa alcuni dei modelli più iconici di Superga, dichiarando la sua forte connessione con gli elementi della natura: dall’acqua, alle foreste, alle montagne, luoghi in cui bellezza senza tempo, comfort e rispetto per l’ambiente s’identificano in quella sneaker che Hailey descrive come il suo “happy place”.

“Superga è sinonimo di Italianità e quando mi è stato chiesto di diventarne il nuovo volto, ho subito pensato a quanto l’Italia fosse uno dei miei paesi preferiti – ho trascorso anche una parte della mia luna di miele lì!
Amo la storia e l’heritage di questo brand. Superga è una scarpa che è rimasta fedele alle sue origini e non è mai passata di moda.
È senza tempo e di classe, si abbina perfettamente al mio stile “.

Faces: Gian Piero Rotoli

Gian Piero Rotoli è cresciuto a Napoli, ma si trasferisce presto a New York con i suoi genitori, e si diploma al liceo The Dwight nel 1996. A Roma ha iniziato la sua formazione di attore al Duse Studio di Francesca De Sapio. Si laurea in seguito alla John Cabot University in Letteratura inglese. Nel 2005 viene scritturato da Giorgio Capitani per il film tv Callas e Onassis (2005), con Luisa Ranieri e Gérard Darmon e pochi mesi dopo viene scelto anche da John Kent Harrison per un altro film tv: Giovanni Paolo II (2005), con Jon Voight.

In tv lo abbiamo visto anche in molte altre fiction di successo firmate Rai come La vita promessa, Non dirlo al mio capo 2 e I Bastardi di Pizzofalcone e proprio in queste settimane ne “Le indagini di Lolita Lobosco” , serie record di ascolti…


Come ti sei avvicinato alla recitazione?

Credo di poter affermare che tutto sia nato dalla scrittura e dalla letteratura. I mondi immaginati, o semplicemente distanti dal mio, conosciuti attraverso racconti, romanzi e film mi hanno sempre catapultato in situazioni e sensazioni che lasciavano dentro di me la voglia di “agirli” e quindi di rappresentarli in qualche modo. Avevo ancora 16 anni, timido ma con un mondo emotivo che sbraitava per uscire allo scoperto e frequentavo l’ultimo anno di liceo presso la The Dwight High School a New York (mi sono diplomato un po’ in anticipo). Seppi, con molto ritardo, che stavano da qualche tempo provinando i vari studenti per un’attività extrascolastica; per la precisione, si trattava di un musical scolastico. Pensai – “Perché no?”, potevo finalmente fare qualche esperienza amatoriale e capirne qualcosa di più, senza tante pressioni. Quando sostenni il provino, scoprii che erano rimasti solo gli ultimi ruoli più piccoli. Personaggi che dovevano ballare, cantare e presenziare quasi in tutte le scene. Mi diedero quindi il ruolo di un marinaio. Però, altro che recita scolastica! Sembrava una produzione a tutti gli effetti. Scenografie impressionanti, costumi da far invidia a una produzione vera, per non parlare della bravura dei cantanti e dei ballerini…insomma non era per nulla la recita scolastica che mi ero immaginato, dove fare un po’ di esperienza. Non mi sentivo né pronto, né preparato e così feci un passo indietro e mi ritirai. Ecco il mio primo approccio fu caratterizzato da tanta paura e senso di inadeguatezza. Decisi, così, di leggere qualcosa sull’argomento e iniziai “Il lavoro dell’attore su se stesso” e ricordo di aver fatto uno degli esercizi suggeriti; dovevo preparare la tavola mimando tutto. Così, non proprio convinto, provai dapprima a stendere la tovaglia immaginaria. La reggevo piegata tra le mani, ma a dire il vero non la sentivo per nulla. Poi la lanciai per aria lungo il tavolo, quello c’era, immaginando di prenderla dai lembi e come per magia la vidi lì davanti a me che si materializzò. Mi spaventai ritirando le mani quasi come a proteggermi e sparì quasi subito. Non riuscivo a capire come avessi potuto vederla realmente. Passato lo spavento, però, pensai – “Che figata!”. Era come se ne avessi avuto un assaggio e capii che la cosa, non solo mi piaceva ma mi fece venire voglia di indagare di più e d’iniziare un viaggio che ancora oggi continua.     



Ph Paolo Palmieri

Raccontaci del tuo personaggio nella serie Lolita Lobosco…

L’Agente Speciale Silente, napoletano e parte della squadra dei fidati di Lolita, è un personaggio che, insieme con gli altri colleghi, serve a distendere un po’ i toni drammatici della serie. Una distensione che spesso nasce da battute o commenti inopportuni.  Nella seconda puntata, per esempio, Silente è con Lolita e Forte sulla scena del delitto; una giovane donna che viveva da sola è stata uccisa. Silente se ne esce con una battuta infelice e sessista – “Certo, una donna sola!”; viene prontamente rimproverato da Lolita – “Silente! Hai qualcosa contro le donne sole?”. Lolita si sente chiamata in causa, perché anche lei è single, proprio come la vittima in questione. L’agente è imbarazzato, ancora una volta ha detto una cosa fuori luogo e cerca di rimediare maldestramente. Ecco tutto questo però avviene difronte a un cadavere, smorzandone inevitabilmente i toni drammatici e raccontando, allo stesso tempo, qualcosa in più sul personaggio di Lolita; come quando, per portare un altro esempio, nel terzo episodio il Vice Questore pensa di essere stata tradita da Danilo e sfoga tutta la sua frustrazione sul povero Silente. E’ un personaggio semplice, magari non con tantissima voglia di lavorare ma quando lo fa, cerca di captare ciò che può dai suoi superiori per migliorare.

Hai un modello di riferimento nel tuo campo a cui ti ispiri ?

Se avessi risposto a questa domanda tra i miei 16 e 24 anni avrei sicuramente detto Leonardo Di Caprio. Ho visto ogni suo singolo film, già in epoca non sospetta – cioè ben prima di Titanic – lo trovavo e lo trovo un attore straordinario. Ricordo ancora le sue interpretazioni in “Buon Compleanno Mr. Grape”, in “Ritorno dal Nulla” o “Poeti dall’Inferno”. Era un attore giovane, eppure era una spanna sopra tutti…e infatti è diventato una star. Tra i nostri attori tutti italiani, invece, ammiro tanto Elio Germano e Luca Marinelli.  Ma non ho un unico modello d’ispirazione ma più una curiosità che mi spinge a cercare di far mio ogni volta che vedo qualcosa che mi sorprende.  Guardo sempre con enorme fascinazione il lavoro che attori del calibro di Al Pacino, Anthony Hopkins e Bryan Cranston fanno sui personaggi che interpretano.



Ph Paolo Palmieri

C’è un ruolo a cui ti sei sentito molto vicino nel corso della tua carriera?

Per forza di cose è il personaggio di Salvatore nel cortometraggio “Beatrice” con Anna Galiena (può essere visto sul sito di rai cinema nella sezione corti). Dico per forza di cose perché quel corto l’ho scritto io e anche se non vivo la condizione di salute sfortunata del protagonista, quel personaggio ha una sensibilità a me vicina.

Un regista con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?

Ne posso dire due? Saverio Costanzo e Xavier Dolan. Costanzo riesce a toccare le corde del subconscio dello spettatore, evocando, mostrando senza mai spiattellare. Xavier Dolan mi piace perché osa ed è per giunta anche un ottimo attore. E’ sfrontato, arrogante ma in modo intelligente, stimolante e così anche il suo cinema.  

Hai poco tempo per fare la valigia per un weekend, cosa porti assolutamente con te?

Porterei il Kindle con tanti libri scaricati, probabilmente anche l’Ipad per vedere delle serie TV durante il viaggio. Due costumi da bagno, perché mi piace pensare che me ne andrei al mare, delle noci già sgusciate e del cioccolato 85% – sono i miei snack durante la giornata, se non ho quelli poi finisco per mangiare schifezze – infradito, scarpe da ginnastica e qualche camicia di lino. E’ la valigia di quando mi sento libero, spensierato e in vacanza.



Ph Paolo Palmieri

Progetti lavorativi per i prossimi mesi?

Ci dovrebbe essere la seconda stagione di “Lolita Lobosco” ad Ottobre, prima, però, è in uscita un film di Ivan Cotroneo, “14 giorni”, dove presto la voce a un allenatore virtuale. L’indicazione di Cotroneo nel chiedermi di fare questa piccola cosa è stata: “Hai presente l’ufficiale in Full Metal Jacket, ecco…quello!”. Ho capito subito cosa voleva e così mi sono molto divertito nella sala di doppiaggio a dare ordini perentori in inglese al personaggio interpretato da Carlotta Natoli che nel film cerca di allenarsi durante il periodo di quarantena (a causa del covid).

Sto lavorando al mio secondo corto e ci sono altri progetti in ballo ma tutto ancora da confermare, quindi ancora presto per parlarne.   

My Wunderkammer: Matei Octav

Il suo nome lascia trapelare il sangue rumeno, ma per Matei Octav, giovane fotografo emergente, l’Italia è sinonimo di casa.

A soli 23 anni può vantare un background artistico e formativo al quale ha avuto modo di approcciarsi grazie alla forte sensibilità visiva coltivata nei luoghi umbri della sua infanzia. Il turbine creativo l’ha travolto fino a condurlo a Milano dove, nel 2018, ha iniziato un percorso di studi incentrato sulla multimedialità presso la Scuola Civica di Cinema a Milano. E proprio durante l’excursus didattico, ha prodotto filmati presentati in alcuni dei più importanti contesti dedicati alla cinematografia indipendente come il Milano Fashion Film Festival, Amsterdam Fashion Film Festival, Istanbul Fashion Film Festival, ASVOFF, Arts Thread e su FNL Network. Manintown gli affida un editoriale moda uomo e approfondisce con lui tutti gli aspetti dell’essere un giovane talento appassionato di estetica e visual.



Nel corso degli anni ti sei dedicato alla creazione di filmati sperimentali mirati all’indagine audiovisiva e e andando a fondere tutte le discipline affini. Dall’immagine dinamica alla fotografia. Raccontaci come hai fatto luce su questa attitudine.


Il video nel mio caso è una necessità espressiva. 

L’approccio attivo alle immagini in movimento inizia quasi per gioco quando, a pochi anni di vita, mi viene regalata una piccola videocamera a cassette. La sua versatilità mi faceva impazzire, potevo immortalare ricordi, ma anche inscenare teatrini o riprendere lo schermo del televisore, creando montaggi buffi e registrando pezzi scollegati tra loro. Era uno strumento divertente, ma non ero ancora consapevole delle sue vere potenzialità. Sono felice di aver avuto modo di riprendere a sperimentarlo seriamente negli ultimi anni. Ad oggi rimane il mezzo più completo e stimolante per esprimermi al meglio insieme alla fotografia.

Total look Andrea Pompilio

Insetti Ginori 1735


I tuoi stati d’animo e l’analisi della sfera intima e privata ti guidano nella mise en scene nell’ambito della fotografia di moda. Solitudine, fragilità e follia. Indoor o outdoor. Quali sono gli elementi preponderanti di ogni tuo racconto?

Sono una persona troppo riflessiva e probabilmente questo mi ha portato a mettere in scena esattamente ciò che sentivo dentro e ciò che vedevo intorno a me. La semplicità da una parte, ma anche i contrasti insensati, nel loro pieno fascino, dall’altra.


Total look DalPaos

Stringate Fratelli Rossetti

Sfera BBtrade


Cinematografia, virtualità e interattività promossi presso i più importanti festival di cinematografia indipendente. Come ti senti, a soli 23 anni, nell’essere individuato come un Talent to Watch?

Non c’è cosa più gratificante nell’essere segnalati come creativi. Quando il proprio immaginario visivo arriva ad una nicchia è già un traguardo. Le piattaforme e gli eventi digitali che promuovono noi giovani talent in questo momento sono vitali per tutti coloro che vogliono emergere.


Total look Lacoste

Bicchiere in ceramica Antonio Marras


All’inizio del tuo percorso formativo hai lanciato su diverse piattaforme il progetto Octhem, che consiste nel frammentare tutte le sue fotografie per poi ricomporle sotto forma di collage surreali e minimal, per nuove chiavi di lettura e dettagli inizialmente trascurati. Parlaci delle prossime evoluzioni legate ad esso.

Octhem l’ho essenzialmente immaginato come una sorta di alter-ego.Le mie fotografie assumono una nuova forma e vengono riscattate mettendo in luce dettagli inosservati o stravolgendone completamente l’immaginario. Una sorta di puzzle che si compone invertendo l’ordine dei tasselli. Vorrei continuare su questa strada approfondendo la tecnica singolarmente, integrando magari una parte grafica, con l’obiettivo di farla divenire il fulcro dei prossimi progetti.


Total look Missoni


La visionarietà e il tuo talento spingono Manintown a darti spazio per un progetto editoriale in cui riesci ad esprimere tutte le peculiarità della tua fotografia. Illustraci gli spunti che hanno dato vita agli scatti.

L’ispirazione è arrivata dal legame che inevitabilmente si va a creare con gli oggetti che ci circondano nel quotidiano. Ogni oggetto racconta un pezzo della propria storia. Storie che prese singolarmente ti spalancano le porte di una Wunderkammer dinanzi alla quale non puoi che lasciarti trasportare con lo stupore di un bambino.



Total look Versace


Total look Vivienne Westwood

Sfere BBTrade


Total look Emporio Armani

Wolf skull Seletti


Special contents direction, production, styling & interview Alessia Caliendo

Photographer Matei Octav 

Grooming Alessandro Pompili

Model Quintin @ Crew Model Management

Alessia Caliendo’s assistant Andrea Seghesio

Grooming assistant Chiara Viola

Special thanks to

Allegro Hotel San Pietro all’Orto

Maido Okonomiyaki street food

« LE DÉFILÉ » La collezione maschile e femminile di Ami, in un video omaggio agli anni 90

L’atmosfera dei ruggenti anni d’oro delle sfilate, in cui la passerella era il traguardo pervaso da un’energia straordinaria, fatta d’istanti di pura frenesia in cui gli attori di una macchina impeccabile, occupano il loro spazio al servizio di un’idea estetica precisa che si dispiega attorno alla figura del designer.
Da un’affascinante Parigi, con le file di bancarelle piene di libri, il Pont Du Carrousel, gli archi in acciaio e ghisa de la Tour Eiffel visti dal basso, attraverso lo sguardo eccitato della modella, al backstage dello show, nella sua accezione più affascinante, ma allo stesso tempo più complessa, in cui gli elementi catalizzatori sono passione e dinamicità.
In quello spazio, in cui si svolgono gli istanti finali, i più importanti, di un progetto unico e irripetibile, i codici che riflettono lo statement di un’epoca: l’equilibrio espressivo, le mani in tasca, il mento in su, i sorrisi, le trottole, la camminata.

È questo il leitmotiv del film di 9 minuti che Alexandre Matiussi, Direttore Creativo e fondatore di Ami (adesso parte di una società di venture capital Sequoia Capital China) ha scelto per raccontare la collezione uomo e donna per la fall winter 21-22. Dietro la macchina da presa Alvaro Colom, regista e fotografo spagnolo, firma di Vogue, Vanity Fair e di campagne note per i big del settore.  

“Ogni stagione, i nostri spettacoli raccontano una storia speciale; questa presentazione non fa eccezione. La sua narrazione rende omaggio alla cinematografia, un universo che mi ha sempre ispirato e che ho voluto esplorare ulteriormente. La collezione Autunno-Inverno 21 è molto speciale, una collezione che meritava di essere filmata in modo da poterne mostrare appieno i colori, la gioia e la grande energia. Attraverso questa presentazione digitale, ho voluto fare eco alle sfilate di moda che ho seguito durante la mia infanzia, il periodo che in seguito avrebbe avuto un’enorme influenza nella mia decisione di diventare un designer “

Il lusso di AMI ricalca l’ottimismo dei primi anni ’90, caratterizzato da un guardaroba essenziale, composto da completi color block dai tagli sartoriali, volumi ampi e puliti. Dalle larghe spalle strutturate, ai voluminosi pantaloni e camicia in pelle total black, seguiti da una pioggia di frange su preziosi abiti da cocktail, fanno del richiamo a quella golden age, una fusione rinnovata con la contemporanea era digitale, attraverso cui il brand raggiunge il suo pubblico.

Il trapianto di cellule staminali in porzioni di bulbo pilifero genera moltiplicazione di capelli

Nel British journal of dermatology è pubblicato l’articolo « Human follicular stem cells: their presence in plucked hair and follicular cell culture C.G. Gho J.E.f. Braun C.M.L.J. Tilli, H.A.M. Neumann, F.C.S. Ramaekers». L’articolo mette in evidenza che quando si estrae chirurgicamente un follicolo pilifero, la porzione di follicolo che rimane attaccata al capello può essere utilizzata per la coltura di cellule staminali follicolari.

Dapprima sono stati classificati i fenotipi da studiare. Successivamente si sono prese in considerazione le cellule staminali per cercare di trovare il quantitativo di cellule staminali che è stato così prelevato. Altri studi di natura scientifica hanno già portato a conoscenza che il quantitativo cellulare è certo per quello che riguarda la citocheratina (CK) 19. Le cellule staminali sono soggetti fragili e devono essere preservate dall’apoptosi, la loro morte clinica. Ecco perchè sono utilizzati la proteina Bcl-2 che sopprime l’apoptosi, in assenza della Il Bax che invece provoca l’apoptosi e il profilo CK allo scopo di manifestare la presenza di cellule staminali nel follicolo pilifero e nelle colture di cellule di follicoli piliferi.

La ricerca sulle cellule staminali pilifere

Dei pazienti volontari si sono sottoposti a ricerca riguardante dei prelievi parziali di innesti ​​dal loro cuoio capelluto. Una coltura di cellule follicolari è stata preparata a partire di questi innesti. Questi innesti parziali di follicoli piliferi messi in coltura sono stati esaminati secondo il loro profilo di citocheratina, cosa che è significativa a seconda che si tratti di cellule basali o di cellule staminali. I marker di proliferazione (Ki ‐ 67, Bax e Bcl ‐ 2) sono stati esaminati. E’risultato evidente da questa sperimentazione che le cellule staminali pilifere sono situate in due zone distinte dell’innesto, una nel terzo superiore e l’altra nel terzo inferiore del follicolo. Le cellule staminali pilifere sono situate in quella zona dall’aspetto rigonfiato del follicolo pilifero, mentre non ne sono state trovate tracce all’interno o in prossimità della papilla dermica.

Le cellule staminali pilifere sono quindi concentrate in due distinti gruppi all’interno del follicolo pilifero. Il dr Conradus Chosal Gho dell’Hair science Institute di Maastricht in Olanda ha condotto una ricerca scientifica di laboratorio insieme col prof. H.A.M. Neumann dermatologo dell’università Erasmus di Rotterdam allo scopo di verificare se le unità follicolari possono rimanere vive dopo un’estrazione parziale del follicolo. Altro scopo della sperimentazione è stato quello di verificare se da questo innesto parziale così estratto possono crescere nuovi capelli. Il metodo: su cinque soggetti volontari sono stati prelevati dai 100 ai 150 innesti dalla zona donatrice occipitale del cuoio capelluto. Successivamente gli innesti sono stati impiantati nell’area ricevente.

A intervalli di tempo prefissati sono state controllate la ricrescita e l’aspetto dei capelli che crescevano nell’area donatrice e nell’area ricevente. A distanza di 3 mesi, è sopravvissuta una percentuale di unità follicolari parziali compresa tra il 92,1% e il 104,1% (media 97,7%) mentre i capelli che sono cresciuti avevano le stesse caratteristiche di quelli prelevati. A distanza di 1 anno, una percentuale di unità follicolari parziali trapiantate compresa tra il 91,1 ed il 101,7% (media 95,9%) ha prodotto capelli aventi le stesse caratteristiche di quelli prelevati dalla zona donatrice. La conclusione dello studio è dunque stata che le unità follicolari longitudinali parziali estratte quando sono trapiantate nell’area ricevente hanno esattamente lo stesso comportamento delle unità follicolari complete allo scopo di essere all’origine di una crescita dei capelli aventi le stesse carateristiche di quelli dell’area donatrice.

La ricerca sulle cellule staminali pilifere conduce all’applicazione pratica della tecnica HST

Gli innesti costituiti da prelievi follicolari parziali dall’area donatrice sopravvivono nell’area ricevente e generano nuovi capelli in numero e tipologia identici di quelli prelevati nella zona donatrice. La metodologia di trapianto che è derivata da questa ricerca è chiamata HST, Hair Stemcell Transplantation oppure anche PL FUT, partial longitudinal follicular estraction transplantation (clonazione di cellule staminali). Con questa metodologia di trapianto quindi un solo follicolo genera sempre due follicoli piliferi distinti, moltiplicando quindi il numero di capelli e allo stesso tempo preservando l’area donatrice che viene rigenerata.

Cellule staminali dei capelli: modalita di trapianto e clonazione

Un intervento chirurgico basato sul protocollo HST presenta numerosi vantaggi per il paziente grazie all’utilizzo delle cellule staminali pilifere. Tuttavia, avendo dapprima ben chiari alcuni dati. Prima di eseguire una estrazione parziale longitudinale di un bulbo pilifero in modo tale da mettere in evidenza le cellule staminali pilifere, occorre avere a disposizione degli aghi di prelievo molto più fini rispetto anche al più ridotto degli aghi della più fine tecnica FUE: stiamo parlando di 0,5 / 0,6 mm contro un minimo di 0,8 mm. Si tratta di una diminuzione della sezione di estrazione dell’ordine del 33 per cento. Attraverso questa modalità di prelievo così fine le cellule staminali sulla superficie dell’innesto diventano esposte visto che non saranno, in questo modo, più protette da tessuto epidermico. Le cellule staminali trovandosi non protette alla superficie dell’innesto sono molto delicate e necessitano di un conservante per non morire andando in apoptosi.

L’Hair Science institute di Maastricht brevetta la metodologia HST

Il brevetto in questione oltre alla metodologia di prelievo sopradescritta riguarda anche una è costituito da una soluzione chiamata “medium” destinata alla fertilizzazione ed alla conservazione delle cellule staminali messe a nudo dal prelievo parziale. La permanenza degli innesti sottili ottenuti dal prelievo parziale longitudinale del bulbo pilifero nel medium costituito da elementi di matrice extracellulare conferisce forza e quell’energia che li fa sopravvivere. Come si è visto più sopra il tasso di sopravvivenza medio di 97,7 per cento verificato durante le prove di laboratorio dimostra come i risultati ottenuti siano eccezionali. Risulta chiaro quindi di come i capelli risultino moltiplicati sul capo, mentre la ridotta dimensione degli innesti in zona ricevente genera una densità molto alta della capigliatura ricostruita mentre il sanguinamento è estremamente insignificante al punto che non è necessario un bendaggio alla fine dell’intervento.

Le tecniche di trapianto di unità follicolari

Un trapianto di capelli con metodologia FUT o FUE ha come modalità la ridistribuzione dei capelli permanenti disponibili in zona donatrice per rivestire le aree del capo calve o diradate. Con queste tecniche di trapianto di capelli non si creano nuovi capelli, si cambia solo di posizione ai capelli esistenti. Il numero di capelli presenti in area donatrice è uno dei fattori per determinare se un paziente è un buon candidato per la chirurgia. Con la tecnica HST con moltiplicazione periodica dei capelli, la disponibilità in numero dei capelli in area donatrice insormontabile. Così tutte le persone affette da calvizie, qualsiasi sia la loro classificazione nella scala di Norwood sono atte a ricevere un trapianto di capelli che permetta loro di raggiungere la densità e copertura desiderata.

New faces: Ivano Chinali

Classe 2001, ma con le idee molto chiare. Ivano Chinali è una delle nostre nostre new faces e siamo sicuri che in futuro lo rivedremo spesso. Oggi ha un primo film in uscita (ancora top secret) ed è già molto seguito sui social. Dai tempi della scuola infatti, ha portato avanti un canale YouTube di successo e ora coltiva con profitto i suoi profili Instagram e Tik Tok , dove scopriamo la sua arte nel doppiaggio e nelle imitazioni. Insomma, le basi per un futuro da attore ci sono tutte!

Sei all’inizio del tuo percorso, come è avvenuto l’approccio con la recitazione?

Anche se il mio percorso è appena iniziato, sono molto determinato a continuare su questa strada. Durante il liceo ho capito che la recitazione faceva per me, non mancava mai occasione per parlare in pubblico e proprio durante quel periodo sono stato anche un attivo youtuber. Quindi l’anno scorso dopo il diploma ho iniziato accademia di recitazione. Al momento sto lavorando ad un film a livello cinematografico, con distribuzione 2022 ma non posso dire di più. Da studente/attore mi piacerebbe arrivare al centro sperimentale di Roma, per poi recitare in produzioni nazionali ma anche straniere.

Quali serie ti piace seguire invece?

Mi piacciono molto le serie spagnole come Elite o la Casa de Papel.  Da ex combattente (Ivano è campione italiano full contact nel 2019 e praticava rugby a livello agonistico) ti direi anche Vikings .



Adesso quale sport pratichi invece?

Ora mi alleno in casa e pratico calisthenics e vado a correre, almeno finchè non riapriranno le palestre.

Il segreto del tuo successo sui social?

Cerco di non limitare il mio contenuto a video ironici ( lui è molto forte sulle imitazioni nella sua pagina Tik Tok) e provo a portare spunti di riflessione. Credo sia anche questo il motivo del mio grande seguito.

E di Clubhouse, cosa ne pensi? 

Vorrei usare meglio il mio tempo per inventarmi qualche podcast interessante. Sarebbe bello iniziare un mio contenuto originale.

Un attore a cui ti ispiri?

Jim Carrey, che è stato golden globe per tre volte ed è una figura artistica incredibile. L’ho scoperto da piccolo in “Ace ventura acchiappa animali”, avevo imparato a memoria tutto il film e lo imitavo in tutto. In effetti la passione per la recitazione è partita proprio da lì!

Un luogo che vorresti visitare presto?

Sicuramente l’Islanda, un paese isolato da tutto in cui potrò trovare me stesso. Sarebbe la meta ideale per preparare il mio personaggio più grande. Sono molto determinato e lo vedo come un luogo che ti tempra e ti mette in comunicazione con la parte più profonda di te.

Dove ti vedi tra 5 anni?

Mi impegnerò per essere su un palco importante, dove prendo in mano un microfono mentre parlo ad un grande pubblico. Non vedo ancora il luogo preciso, ma di sicuro ci saranno molte persone a guardarmi.

Torneremo a viaggiare: 5 destinazioni da riscoprire

Le cinque parole che caratterizzeranno i nostri prossimi viaggi? Sicurezza, tranquillità, spensieratezza, avventura e sostenibilità. Da un anno ormai siamo privati della possibilità di prendere un volo, ci siamo dimenticati quella sensazione che si prova nel fare il check-in, correre in aeroporto e sbarcare dall’altra parte del mondo. Visto che al momento non possiamo fare altro che volare con la fantasia, riscopriamo (almeno virtualmente) cinque mete molto diverse tra loro, da raggiungere non appena sarà possibile.



Collegato al tema della spensieratezza, al quinto posto troviamo Dubai, dove svago e divertimento sono all’ordine del giorno. Voli in mongolfiera, corse a cavallo, quad nel deserto, tramonti mozzafiato, parapendio: alcune delle diverse attività che si possono fare negli emirati. Gli Hot Air Balloon colorano il cielo di emozioni: sarà possibile sorvolare il deserto a 400 metri d’altezza, per godersi una vista senza precedenti, compreso il Burj khalifa, famoso in tutto il mondo per la sua imponenza.


La quarta posizione se la aggiudica la Turchia, con una meta alquanto insolita: Erzurum. Per gli amanti degli sport invernali sarà possibile infatti tornare a sciare a 3000 metri d’altezza, sulle montagne del Palandoken. Scalata sul ghiaccio, gite a cavallo, visite agli antichi castelli della cittadina: tutte attività che si svolgeranno in totale sicurezza nel comprensorio turco.


Credits: @newmediasoup

Per i più avventurosi non può mancare Tulum: i viaggi in Messico sono il modo ideale per unire storia e bellezza della natura con il fascino della scoperta. Tra terre che civiltà antiche e primordiali come i Maya hanno arricchito di cimeli e inediti paesaggi marini, Tulum ti permette di visitare rovine conservate da lungo tempo nella costa ed esplorare le meravigliose grotte sottomarine. I più romantici potranno assaporare la suggestiva aurora in spiaggia.


Credits: @julija_makani

Il secondo posto lo vince l’Alto Adige, teatro di pace e serenità, caratterizzato da una terra di contrasti che si fondono dando vita ad un’atmosfera unica da vivere in piena libertà nei suoi affascinanti spazi aperti. Le vette delle Dolomiti fanno da sfondo ai prati e la vita contadina si unisce alla modernità, dove tradizioni alpine e caratteristiche mediterranee vivono in perfetto connubio.


Credits: @fsseychelles

La medaglia d’oro spetta alle Seychelles, il paradiso ecosostenibile. Riserve naturali, siti Unesco, giardini botanici, flora e fauna rare e protette, piantagioni di coralli, delfini, tartarughe marine e squali balena: queste isole sono un esempio di equilibrio fra biodiversità preservata e turismo sostenibile. Nel cuore dell’Oceano Indiano è stato stilato un Codice Etico per rispettare l’ambiente, raccomandando ai turisti di ridurre l’emissione di anidride carbonica utilizzando bus locali e biciclette per i tour; supportare sistemazioni ecofriendly; proteggere l’ecosistema marino evitando di toccare e prendere coralli e conchiglie.

Lo streetwear eclettico e ricercato di Exclusive Paris

La storia di Exclusive Paris inizia nel 2018 a Roma e si intreccia con quella del fondatore Patrizio Fabbri, designer e imprenditore classe 1988 che, forte dell’esperienza maturata in anni di lavoro nel mondo retail, decide di tradurre in realtà il sogno di una linea di abbigliamento streetwear capace di dettare nuovi standard nel settore.
Facendo leva sul mix ben calibrato di social media e indossatori d’eccezione, il brand conquista subito l’attenzione di una clientela giovane e metropolitana.
Il progetto Exclusive Paris viene seguito scrupolosamente da Patrizio, che si occupa in prima persona di ogni aspetto (come precisa lui stesso, «Sviluppo e supervisiono tutto io, dalla scelta dei tessuti alle grafiche, dalla vestibilità dei capi ai testimonial»).

Appassionato da sempre di moda, al punto da essersi distinto già alle elementari come trendsetter della classe, il creativo è un perfetto esempio di self made man italiano, titolare di un marchio lanciato dopo un lungo percorso nel fashion system.



RITRATTO DI PATRIZIO FABBRI, FOUNDER DI PARIS EXCLUSIVE


Inizialmente la griffe si fa largo grazie alle tute in ciniglia, disponibili in un’ampia gamma di nuance, ottenendo riscontri immediati dal pubblico con gli articoli che finiscono puntualmente sold-out, tanto che intorno alla boutique romana di via Angelo Brunetti (vicino piazza del Popolo), cominciano presto a gravitare innumerevoli clienti, giovanissimi e meno, disposti anche ad attendere in fila il proprio turno pur di accaparrarsene una.

I due cardini di Exclusive Paris sono, da un lato, la costante ricerca stilistica, dall’altro la cura certosina di ogni singolo dettaglio; Fabbri riversa la sua cifra street in capi dall’appeal sofisticato, realizzati in tessuti preziosi e contraddistinti da uno stile sui generis, cosmopolita, apprezzato – ed esibito – da diversi nomi di punta del panorama trap, hip-hop e musicale italiano, tutti diventati fan del brand in modo spontaneo, attratti dall’originalità delle proposte.
Il successo è certificato dai numeri sui social (lo stesso Fabbri conta, sul suo profilo Instagram, oltre 46mila follower, equivalenti ad altrettanti clienti fedeli di Exclusive Paris), e premia l’attività di un’azienda per la quale la sperimentazione in tema di abiti street fa rima con la qualità degli stessi, prodotti non a caso in Italia, impiegando materiali di prim’ordine.



Lo spirito di Exclusive Paris è riassunto al meglio nel claim ‘Be Exclusive’, che viene declinato in capi in continua evoluzione, originali e dall’allure internazionale pur senza apparire mai eccessivi, espressione di uno stile unico nel proprio genere, dinamico e trasversale quanto a gusti ed età.



Se la tracksuit, arricchita dalla banda logata e disponibile in numerose tonalità, rimane un elemento centrale nell’offerta del marchio, quest’ultima è stata ampliata nel tempo ad altre categorie menswear, womenswear e kids: si va dai body ai giubbini, dalle felpe e pantaloni coordinati alle t-shirt con scritte in colori a contrasto, dagli shorts alle tute ornate da fantasie animalier o inserti fluo. L’ultima collezione Spring/Summer 2021, in particolare, vede in primo piano la vivacità cromatica delle stampe tie dye, che si stagliano su maglie e pantaloncini abbinati.

Per quanto riguarda i progetti futuri, Fabbri intende portare ovunque Exclusive Paris, tenendo sempre fede al principio secondo cui «avere un proprio marchio equivale alla ricerca ossessiva di esclusività e novità». La sua parabola, basata sull’intraprendenza e il saper fare italiano e rafforzata dalla pervasività degli ambiti prediletti della griffe (musica e social network), sembra essere solo all’inizio.

La preistoricità del moto perpetuo : i Marras firmano un nuovo emozionante capitolo sull’amore territoriale

La drammaturgia vive nella Milan Fashion Week ed è forte più che mai nei cortometraggi che vedono nell’autenticità del racconto un modo di valorizzare non solo il risaputo know how artigianale ma anche la prepotenza dei landscape di cui siamo portatori sani.

Nei 365 giorni che ci separano dall’inizio della pandemia, e dalla lieve incoscienza alla quale eravamo abituati nel movimento a tutto globo, eccoci proiettati con un drone nella reggia nuragica del Barumini, patrimonio sardo dell’Unesco, che strizza l’occhio alle atmosfere rurali dei più importanti siti archeologici e naturalistici mondiali.

Film Commission al rapporto e cast interamente sardo per una rappresentazione che unisce il misticismo alla riappropriazione viscerale delle proprie radici. Di dove sei, di dove siamo e fin dove ci spingerà il nostro patrimonio genetico.

Nonostante Antonio Marras, ce ne parla Efisio, volto e operatività millenial, nella top under 30 di Forbes, colonna portante della troupe familiare impegnata nella produzione del mini colossal.



Ci vediamo a casa, la vostra, per un progetto la cui chiave di lettura è la multidisciplinarietà. Un sogno che si realizza per la visione di una Sardegna Caput Mundi attraverso la penitenza del cammino. Un’opera prima cinematografica che mi ha ricordato una delle più importanti installazioni visive di Bill Viola: The Path. Dove la gentrificazione e l’antropologia umana si legano ad un silente moto perpetuo. In questo caso, però, la processione è volta al raggiungimento di un picco, la reggia di Barumini, per assolversi dai peccati. 

Nel nostalgico ricordo dei moodboard, presenti nei backstage delle vostre sfilate, quali sono state le fonti ispirazionali e le contaminazioni che vi hanno guidati nello story telling? 

C’è un elemento di novità nel processo di costruzione della show. Per la prima volta abbiamo lavorato in assenza di reference. La scintilla è partita da mia madre, Patrizia Sardo Marras, colei che da inizio ad ogni processo creativo e la stessa che ne mette la parola fine. Si tratta de la mise en scene del Decamerone di Boccaccio e ciò che avete visto, in realtà, è solo il primo take di un prodotto visivo più articolato, di cui a breve sarà diffuso il Director’s Cut. 



Il misticismo dei nuraghi riporta alla preistoria di un territorio preso d’assalto da innumerevoli popolazioni che ne hanno consentito una stratificazione degna dei più arditi principi di tettonica. Cultura, artigianato, agricoltura e estro creativo che da decenni fondano le radici della vostra mission, quella di amplificarli a livello mondiale. Quanto è stato complicato trasmettere in 16:9 e 4:5 la multisensorialità alla quale eravamo abituati durante gli show? 

Siamo tutti molto esigenti ed è stato davvero complicato. Parliamo di una produzione totalizzante che per tre giorni, grazie alla Sardegna Film Commission, ha preso vita davanti ai nostri occhi. Provate ad immaginare quanto sia stato difficile ottenere le autorizzazioni per girare nell’emblematica atmosfera del Barumini, patrimonio dell’Unesco, scegliendo le giornate più fredde della stagione e canalizzando al meglio tutte le nostre idee. Una meravigliosa follia!

Ballando il twist, il prodotto visivo dimostra quanto la Sardegna sia in grado di realizzare, grazie alle risorse locali, produzioni degne dei grandi show dell’asse Milano- Parigi- New York. Un lavoro nel quale si evince una salda struttura organizzativa capitanata matriarcalmente da Patrizia Sardo Marras nelle vesti di art director e stylist, diretta, insieme agli altri indigeni e autoctoni, dal regista Roberto Orru. 

Come si è evoluta la preproduzione e quanto tempo è stato impiegato per le riprese presso il sito archeologico?

La stesura dello script risale a 365 giorni fa e arrivare a vedere i protagonisti spalmati su 4 km di strada ha suscitato in noi emozioni inspiegabili. Tutto si è magnificamente connesso.

Un esempio sono i copricapi, nati come pietre ricamate, alle quali da tempo volevamo dare una collocazione stilistica. Come per magia, hanno trovato la loro dimensione posizionandosi sui volti dei protagonisti in un frame che possiamo definire emblematico.



Matriarcale anche l’altra figura femminile di spicco: l’attrice Lia Careddu, che interpreta con richiami alle icone felliniane, Nuraja Manna.

Mastodontica si erge su tutti i pellegrini, anch’essi attori del teatro e del cinema sardo. La cruenza espressiva e la presenza scenica eterogenea diventa fonte di inclusività, da sempre fiore all’occhiello dell’atelier d’artista marrasiano. Quanto le fusioni artistiche sono importanti per lo stesso e quali sono state quelle che lo hanno segnato nel corso della sua storia?

Antonio Marras considera la moda una diramazione artistica e il suo estro innegabile l’ha portato ad esprimersi sotto varie sfaccettature. Tra tutte cito la sua mentore Maria Lai, con cui ha condiviso momenti di altissimo spessore, definendola più volte “una compagna di viaggio, una musa, un’amica geniale affettuosa e custode dell’anima“.Ma anche Carol Rama, altra interprete femminile che ha segnato l’arte contemporanea del Novecento, alla quale ha dedicato la collezione primavera/estate 2015. Indubbiamente le sinergie di Antonio Marras coinvolgono professionisti che agiscono con decisione e compiono un percorso ricco di significato.



Nell’emozionalità visiva la moda accarezza l’impattante teatralità e ancora una volta ritroviamo in maniera circoscritta i vostri codici ricchi di contrasti e dicotomie: sprazzi di romantici ricami, elementi di recupero impreziositi e il classico punk di rottura rappresentato da stampe e lettering. L’impegno profuso nel realizzare una collezione nel pieno della pandemia si è differito rispetto al passato oppure ha mantenuto le stesse dinamiche?

Non so ancora quanto la pandemia abbia stravolto questa collezione, sicuramente le dinamiche interne sono cambiate.

I’M Marras, la linea che seguivo, è diventata un drop mentre sono entrato a pieno regime in Antonio Marras offrendo un contributo che dona spunti stilistici in grado di soddisfare i gusti delle nuove generazioni.

La Antonio Marras, prodotta al 100% ancora in terra sarda, attualmente può vantare anche proposte in chiave streetwear che strizzano l’occhio agli anni Novanta.

Special content direction, production & interview Alessia Caliendo

Photography Riccardo Ambrosio

Le proposte maschili nelle collezioni della Paris Fashion Week F/W 2021-2022

La pandemia di Covid-19 ha impresso una decisa accelerazione a dinamiche già in atto nella fashion industry, portando un numero crescente di brand a riconsiderare tempi e modalità di presentazione delle novità di stagione e adottare il format co-ed, che prevede l’accorpamento degli outfit uomo e donna nella medesima passerella, adeguandosi tra l’altro a una visione della moda che eludesempre di più schematismi e divisioni rigide, tenendo conto principalmente – se non esclusivamente – della creatività.
Si è mossa in questa direzione anche la Paris Fashion Week Fall/Winter 2021-2022 appena conclusasi, in cui diversi marchi hanno affiancato al womenswear i look maschili.

Un’edizione della kermesse che ha visto le griffe nuovamente alle prese con streaming, sfilate a porte chiuse e mini film, per una messe di collezioni il cui filo conduttore sembrava risiedere ancora una volta nella generale sensazione di comodità e rilassatezza degli abiti (retaggio dei lunghi periodi trascorsi tra le mura domestiche ormai da un anno), sebbene non siano mancati stilisti che hanno dato maggior risalto all’estro delle proposte, fiduciosi riguardo un futuro prossimo finalmente libero da lockdown, mascherine, distanziamenti et similia.

Marine Serre

Il titolo programmatico del défilé F/W 2021 di Marine Serre (wunderkind della moda francese che fa del concetto di ecofuturismo una bandiera stilistica e, soprattutto, etica) è “Core”, un termine che sottolinea la volontà di andare in profondità, all’essenza del brand, restituita qui dalle mise ibride e dalle lavorazioni che ne hanno decretato finora il successo.

Sfilano dunque creazioni patchwork ottenute dall’unione di lembi in tinte e fantasie eterogenee (loghi di storici gruppi rock, fiori, pattern geometrici ecc.), pile istoriato da motivi arabescati, completi in denim o pelle interamente ricoperti da mezzelune all’ingiù (il simbolo della griffe), giacconi assemblati con frammenti di pelle dalle cromie terrose, vecchie sciarpe sovrapposte a formare kilt o maglie.
Dai suit fanno capolino body stampati effetto tattoo, top in lino ricamato e lupetti attillati, mentre i pezzi d’impronta sportiva o workwear (parka, giubbini zippati, giacche multipocket e cargo pants) scelgono tessuti moiré color lilla, unica alternativa al classico nero.
Un guardaroba dall’animo green, frutto per il 50% dei casi dell’upcycling di articoli delle collezioni precedenti, per l’altro 50% di tessuti realizzati con fibre riciclate.



Enfants Riches Déprimés

Deciso a consolidare l’identità del griffe (una crasi tra l’estetica delabré del punk e il lusso garantito da materiali e finiture di prim’ordine), il fondatore e designer di Enfants Riches Déprimés Henri Alexander Levy affida a un fashion film (intitolato ‘Xeropittura’ e introdotto, non a caso, dalle parole della paladina del grunge anni ‘90 Courtney Love) il racconto per immagini dell’ultima collezione, nella quale insiste su mise “ruvide” nell’aspetto ma dalla fattura ineccepibile.
I protagonisti del video si muovono veloci in una landa innevata, lui sfodera maglioni oversize, trench di pelle beige dalla linea ad A, abbondanti fur coat, caban in shearling e bomber disseminati di scritte e grafismi arzigogolati, tutti indossati su pantaloni rastremati sul fondo accompagnati, per quanto riguarda le calzature, da anfibi massicci o stivaletti texani.
Lo spirito anarcoide dello show trova conferma nella disinvoltura degli abbinamenti, dalle collanine con grossi ciondoli tintinnanti portate sul doppiopetto al peluche in tessuto en pendant da fissare alla giacca check, fino al camicione in flanella quadrettata con print che citano indifferentemente l’architetto modernista Adolf Loos e i testi dei Nine Inch Nails.



Isabel Marant

In linea con l’attitudine nonchalant e al contempo raffinata che contraddistingue da sempre il marchio, Isabel Marant per la prossima stagione Autunno/Inverno immagina un incontro – data la vivacità del risultato, sarebbe più appropriato parlare di scontro – tra lo spirito folk e libertario di icone del rock come Jimi Hendrix o Janis Joplin e la sregolatezza vestimentaria della sottocultura gabber.
Nel menswear, tutto ciò si traduce in outfit che, pur sprigionando un appeal dégagé, appaiono articolati: il peacoat perde i revers e viene accostato a pants sartoriali dal piglio rilassato, una combinazione replicata anche per i montoni abbreviati, i blouson in suède impalpabile, i giubbotti in lana a coste ton sur ton con il pullover sottostante e le giacche tuxedo dal collo a scialle.

Se sulla maglieria risaltano gli inserti nelle nuance pop del verde smeraldo, rosa e cremisi, un ulteriore tocco flashy è assicurato dalle camicie e dai pantaloni in vinile, leggero e croccante, declinato in blu China o rosso. Ai piedi, infine, boots sfinati in pelle spazzolata.



Givenchy

Alla sua seconda prova come direttore creativo di Givenchy, Matthew M. Williams proietta definitivamente gli stilemi abrasivi e industrial che gli hanno permesso di scalare le vette del fashion system nel mondo patinato della maison parigina.

Nel filmato girato per la F/W 2021 modelli e modelle irrompono nell’arena ricoperta d’acqua adibita a passerella; la soundtrack è martellante, il ritmo sincopato, le mise si adeguano esibendo linee scattanti, scolpite da pantaloni affusolati e giacche fitted dalle spalle marcate, cui si contrappongono capispalla volitivi per mole e carattere dei dettagli (zip vistose, chiusure in metallo, colli montanti, guarnizioni in faux faur e così via); il clash visivo viene alimentato inoltre dall’accostamento degli opposti: silhouette sottili e muffole XXL in pelo, joggers seconda pelle e passamontagna in maglia spessa, denim scorticato e lana grain de poudre, scarpe gargantuesche e piumini scorciati alla vita.

A ribadire il tono fosco della collezione provvedono la severa palette cromatica, con il dominio di nero e marrone scuro spezzato solo nel finale dalle incursioni di avorio, cammello e lavanda, e accessori quali catene a maglie larghe, borse a tracolla spigolose e zaini decorati da minuterie luccicanti.



Ann Demeulemeester

Da Ann Demeulemeester l’era del neoproprietario Claudio Antonioli (titolare delle omonime boutique dislocate tra Italia, Svizzera e Spagna e co-founder del conglomerato di marchi street New Guards Group, poi acquisito da Farfetch, ndr) viene inaugurata da una collezione celebrativa del lavoro della fondatrice, membro di spicco dei leggendari Antwerp Six.
Il focus è quindi sul tailoring elegantemente decadente, venato di suggestioni punk e romantiche, che prevede le due sole possibilità del bianco o nero, stesso binomio dello short movie diretto dal fotografo Willy Vanderperre (ad eccezione di sporadici frame a colori) e del relativo lookbook, d’altra parte. Gli scatti ritraggono un gruppo di giovani bohémien vestiti con gilet, completi, t-shirt e camicie diafane dalle forme fluide, distese, spesso attraversate sul torso da fasce orizzontali, con esili nastri di tessuto che pendono da cinture e baveri, oppure cingono delicatamente le maniche.
I materiali – jersey, popeline, seta, mescole di cotone e lino – assecondano il sentore di poetica fragilità dei look, gli accessori sono limitati al minimo indispensabile, ovvero stringate dalla punta arrotondata e cappelli in feltro a tesa larga.



Elenco di tutti gli strumenti necessari e consigli utili per cambiare uno pneumatico efficacemente

Cambiare una gomma è in realtà più facile di quanto si possa pensare, soprattutto se si hanno gli strumenti giusti per il lavoro. Non solo c’è un ovvio risparmio sul conto del meccanico, ma essere in grado di cambiare una gomma a terra permette di evitare anche il costo esorbitante di far rimorchiare l’auto fino all’officina più vicina.

Avere nel bagagliaio i giusti strumenti per questo tipo di lavoro è quindi il punto di partenza per uno sforzo minore e maggiormente performante. Ma di quali strumenti hai effettivamente bisogno per cambiare una gomma in primo luogo?

Strumenti necessari per la sostituzione di uno pneumatico

Alcune auto sono dotate del minimo indispensabile degli strumenti necessari per cambiare uno pneumatico, ma di solito non sono durevoli o efficienti come si vorrebbe che fossero. Ad esempio, perché fare affidamento su una chiave inglese completamente meccanica se puoi usare un avvitatore ad impulsi come il Cartrend e impiegare la metà dello sforzo?

Di seguito è riportato un elenco degli strumenti di base necessari per la sostituzione di uno pneumatico efficacemente. 

  1. Cric di sollevamento idraulico

Il cric di sollevamento solleva e stabilizza l’auto prima di iniziare a rimuovere la gomma a terra. Va posto sotto l’auto in corrispondenza dello pneumatico usurato. Controllare il lato inferiore del veicolo per posizionarlo correttamente, ha alcuni metalli a vista e una spaziosa area per il cric. Potrebbe essere necessario un po’ di lavoro per individuare il punto giusto per il tuo punto di presa e, in caso di dubbi, puoi chiamare la concessionaria o fare riferimento al manuale dell’utente.

  1. Avvitatore ad impulsi

L’avvitatore ad impulsi svolge la stessa funzione di una chiave inglese, ovvero aiuta ad allentare i dadi, in modo da poter rimuovere il pneumatico. Le chiavi inglesi in genere sono già presenti nel kit di riparazione del pneumatico, ma essendo dispositivi meccanici non automatici, richiedono una manualità maggiore. 

Uno strumento ad impulsi invece facilita le operazioni anche ai meno esperti, rendendo la sostituzione della ruota un’operazione possibile anche ai meno avvezzi. L’avvitatore a impulsi Cartrend può aiutare nel garage a svolgere le operazioni meccaniche proprio come se si fosse nei box dell’autodromo della Formula 1. In particolare l’avvitatore elettronico Cartrend ha un selettore il quale garantisce inoltre un cambio rapido tra rotazione a destra e a sinistra in modo da permettere una rimozione sicura delle viti e sventare ogni forma di pericolo.

  1. Ruota di scorta completamente gonfiata

I pneumatici di scorta delle auto devono rimanere sempre gonfiati. Inoltre, bisogna controllare la pressione dell’aria nella ruota di scorta ogni volta che si controlla il resto degli pneumatici sul proprio veicolo. Si noti che i modelli di auto più recenti vengono venduti al dettaglio senza una ruota di scorta per contenere i costi e rendere le auto più efficienti in termini di consumo di carburante. Di solito c’è spazio per una ruota di scorta, devi solo comprarla da solo.

La ruota di scorta in genere non è un vero pneumatico fatto per lunghi viaggi, il suo unico scopo è far funzionare la vettura fino a raggiungere l’officina più vicina. Alcune auto vengono fornite con pneumatici di scorta effettivi, quindi è necessario assicurarsi di verificare con il proprio concessionario se questo è il caso o meno. 

  1. Manuale del concessionario del veicolo

Bisognerebbe fare riferimento al manuale del concessionario del veicolo su quali strumenti usare quando si cambia uno pneumatico. Ti guiderà su come utilizzare questi strumenti nel modo giusto. Ad esempio, la tua auto è incompatibile con una chiave inglese? Puoi cercare nel manuale le opzioni consigliate. Inoltre, utilizzare questo manuale per sollevare il veicolo con il cric nel modo corretto.

Quasi tutte le gomme supportano dei dadi rimovibili con il moderno avvitatore ad impulsi, come il Cartrend, un pratico strumento per una rapido rimozione dello pneumatico. In questo modo è possibile rimuovere e ancorare saldamente tutti i bulloni. Con la comoda impugnatura e la lampada da lavoro a LED viene utilizzata per lavorare comodamente e garantire una tenuta sicura.

Suggerimenti rapidi per effettuare una sostituzione efficace degli pneumatici

  1. Stai al sicuro

Prima di optare per un cambio gomme, verificare l’ambiente circostante per sicurezza. Se possibile, cercare un parcheggio vuoto o una corsia di emergenza con spazio sufficiente per utilizzare in sicurezza gli strumenti necessari per cambiare il pneumatico.

  1. Sostare su terreno piano

Sei su un terreno uniforme? In caso contrario, la tua auto potrebbe rotolare via. Anche così, non dimenticare di applicare i freni di stazionamento.

  1. Tenere accese le luci di emergenza

Sì. A volte dimentichiamo questa regola stradale di base. Le luci di emergenza faranno sobbalzare il conducente disattento e ti proteggeranno da un colpo. Accendi le luci di emergenza prima di iniziare ad accostare. Quindi, metti i tuoi segnali di avvertimento riflettenti ad almeno 1 metro dopo la tua auto.

  1. Ricontrollare la pressione della ruota di scorta prima di partire

La pressione della ruota di scorta è sicura per la guida? Ricontrolla prima di partire. Nel caso in cui la pressione sia troppo bassa, guida lentamente la tua auto verso una stazione di servizio.

  1. Raccogli tutti gli strumenti dopo l’uso

Quando finisci di cambiare la gomma a terra, ricordati di rimettere tutti gli attrezzi nel bagagliaio della tua auto. Considerali uno per uno e valuta la possibilità di etichettarli con un numero in modo da poterli organizzare facilmente.

Faces: il maestro tatuatore Alex De Pase

Alex De Pase è uno dei maestri più quotati, specializzato nel tatuaggio realistico e nella ritrattistica. Inizia a tatuare per caso, da ragazzino infatti aveva la passione del disegno e in mano pochi rudimentali attrezzi del mestiere, ma anche un destino segnato: diventare non solo uno dei maggiori esponenti del tatuaggio realistico nel mondo, ma far entrare un percorso di studi dedicato al tatuaggio in una istituzione accademica. Tra gli ultimi progetti anche la creazione di una linea di sneaker di lusso di cui ci svela di più nella nostra conversazione.

Com’è nata la tua passione per il tatuaggio e la ritrattistica?

La mia passione per il tatuaggio è nata molti anni fa nel 1990, quando conobbi una persona piuttosto eccentrica e molto tatuata, che a sua volta tatuava, e che poi sarebbe diventata per me un mentore. Parliamo di anni in cui essere tatuati dava ancora molto scalpore e ti etichettava immediatamente come una persona poco raccomandabile, figuriamoci poi l’alone di mistero che aleggiava su chi i tatuaggi li faceva. Io ero un quattordicenne decisamente ribelle che andava controcorrente e al tempo stesso ero fortemente appassionato di disegno. Da questa amicizia è iniziata la mia avventura nel mondo del tatuaggio e non mi sono mai più fermato.



Mi sono accorto che nell’eseguire i primi ritratti provavo un’emozione enorme, dare vita a qualcosa di simile sulla pelle mi coinvolgeva in maniera assoluta. Da lì ho iniziato a dedicarmi esclusivamente a quello mettendomi come obiettivo di diventare tra i più conosciuti tatuatori al mondo per la ritrattistica a colori. La gratificazione che senti e il trasporto che hai quando fai qualcosa che realmente ti nasce da dentro è impagabile e al tempo stesso ti consente di raggiungere risultati davvero importanti.

Quali sono stati gli step fondamentali nella tua carriera?

Gli step fondamentali sono stati diversi in diversi momenti. Il primo è stato quando appunto ho deciso di dedicarmi alla ritrattistica a colori, decisione che ha segnato e dato il via alla mia. Poi un altro momento importante è stato quando sono stato inserito dal giornale storico del settore, la rivista americana “TATTOO”, tra i 10 migliori tatuatori al mondo. Questo mi ha dato una grande notorietà e l’anno successivo un’altra nota rivista del settore, “REBEL INK”, mi ha inserito nella lista dei 25 tatuatori più ricercati al mondo. Poi sarebbero davvero tanti i momenti significativi della mia carriera ma forse quello più importante è arrivato qualche anno fa quando il museo Macro di Roma mi ha conferito il titolo di artista contemporaneo, cosa del tutto inaspettata per il mondo del tatuaggio e da lì poi l’esposizione dei miei tatuaggi al museo M9 di Venezia. Infine, non ultimo, quello di realizzare una linea di sneakers luxury.



Com’è nato il progetto di calzature?

Tra le mie passioni c’è sempre stata anche quella per la moda e in particolare per le sneakers. Per diletto creavo dei progetti che raffiguravano proprio delle calzature tra l’elegante e lo sportivo. Cercavo di immaginare come avrei potuto dar seguito alla mia creatività e a come i miei tatuaggi potessero essere visti anche in altri ambiti e in particolare quello della moda. Quindi nei disegni che preparavo inserivo i tatuaggi che avevo fatto. Un giorno li mostrai al mio amico Kardif e insieme abbiamo deciso di concretizzare questo progetto, creando una linea di luxury footwear.



Quali sono i tuoi punti di riferimento nel mondo creativo?

Non posso dire di aver mai avuto dei punti di riferimento ai quali ispirarmi per stimolare la mia creatività, la creatività secondo me è frutto della tanta curiosità, della voglia di rimanere affascinati davanti alla bellezza, davanti a qualcosa che è percepito come diverso. La curiosità secondo me è una fonte inesauribile di creatività, io sono sempre stato incuriosito da tutto e alimentando la mia curiosità sono poi arrivato a un mio modo personale di essere creativo.



Che personaggi vorresti portassero le tue sneaker e i tuoi tattoo?

Immagino che le nostre sneakers siano perfette per chi ama l’arte e il luxury, ma non sente il bisogno di esibirlo o di ostentarlo. Una persona dall’essenza estrosa e che ama la peculiarità dei dettagli, così come l’appeal strong del nostro stile.

Festa del papà: 5 pensieri tra tech e beauty

Manca poco alla festa del papà 2021, quindi se non avete ancora scelto cosa regalare all’uomo più importante della vostra vita scorrete la gallery e lasciatevi ispirare da questa selezione di regali per lui. Per non ripiegare su un pensiero banale la proposta spazia tra tech, beauty e accessori con un twist cool, oppure davvero funzionale, che li renderanno adatti per la quotidianità di tutti i nostri papà.


Ultimate “Cool Guy” Kit – Kiehl’s & Jimmy Lion

Una confezione in edizione limitata con l’Age Defender Moisturizer di Kiehl’s per ogni papà per diventare un vero #Cremaholic e due paia di calzini Jimmy Lion che lo renderanno il più cool della casa. Infine una carta sconto esclusiva del 15% sul sito.



Shaver Series 6 – Braun

Il rasoio è dotato della tecnologia EasyClick che consente, con un semplice click, di trasformare il rasoio in un dispositivo multiuso. Lo shaver è stato testato dermatologicamente con l’obiettivo di assicurare delicatezza senza comprometterne la performance. La testina di rasatura SensoFlex si adatta perfettamente ai contorni del viso e riduce la pressione sulla pelle, per una rasatura profonda ma delicata.




Watch ES – HONOR

Per i papà amanti del fitness, HONOR Watch ES è dotato di un display AMOLED da 1,64 pollici e di una gamma di quadranti personalizzabili e cinturini in silicone colorati. Lo smartwatch dispone di 95 modalità di allenamento tra cui corsa, camminata, ciclismo, nuoto in piscina, allenamento a corpo libero, ellittico, vogatore e persino yoga e un virtual personal trainer che, tramite 12 corsi di allenamento animati, aiuta gli utenti a raggiungere i loro obiettivi. Infine, permette di monitorare i livelli di saturazione di ossigeno nel sangue.



Cellcosmet Cellmen BodyGommage-XT

Un gommage corpo che associa le sfere di cera di jojoba, dal delicato potere esfoliante, al nuovo Complesso SveltFermeté per levigare, uniformare l’aspetto della grana della pelle e modellare la silhouette. Oltre a conferire una sensazione di freschezza e di benessere grazie ai nuovi ingredienti – come il gel naturale di fichi e l’stratto di semi d’uva – questa crema elimina delicatamente le cellule morte cutanee, purifica e prepara la pelle allo skincare quotidiano.



Mach 3 Turbo + King C Razor – Gillette

Mach 3 Turbo è dotato della tecnologia Flexball™, caratterizzato da un sistema di movimento 3D che permette al rasoio di adattarsi perfettamente e con estrema precisione al viso per una rasatura più ravvicinata ed efficiente. King C. Gillette invece è un rasoio di sicurezza a doppia lama: un’icona di stile per definire i contorni della barba e ispirata alla lametta originale lanciata dal fondatore King C. Gillette oltre 100 anni fa.


Calcio e social media: i calciatori e gli sportivi più seguiti

Personaggio sportivo e pubblico al 2021 vuol necessariamente dire anche avere una reputazione online. Spuntano così atleti e sportivi con profili social gestiti in maniera sempre più professionale, e il più delle volte ciò si trasforma in introiti pubblicitari. Vediamo chi sono gli sportivi e i calciatori più attivi sui social, e che utilizzo ne fanno. 

I più seguiti su Instagram nel mondo: Ronaldo primo anche sul social, sorpresa cricket!

Il calciatore portoghese della Juventus non smette di battere record e vincere classifiche, e non poteva mancare anche quella dei social. Così la speciale graduatoria degli sportivi con più follower vede il numero “7” della Juventus incrementare il proprio distacco dal suo rivale di sempre, quindi non solo in campo, Leo Messi, portando a 253 milioni i propri fan sul social Instagram. In questa sfida a colpi di cuori e apprezzamenti, il terzo è Neymar Jr. A sorpresa è invece il giocatore di cricket Virat Kholi a rappresentare la quarta posizione, mettendosi alle spalle niente meno che LeBron James, che ha oltre 70 milioni di follower. La graduatoria continua con divi del calcio del presente e del passato come Ronaldinho e Beckham, finendo con Ibrahimovic, che entra nei primi dieci con i suoi 46 milioni di follower. Numeri impressionanti se si pensa che una delle Instagrammer più conosciute in Italia, Chiara Ferragni, porta a casa “solo” 22 milioni di follower. 

Gli sportivi amati in Italia: Valentino Rossi e Balotelli fra tutti, Buffon primo su Instagram

Nella lista dei primi venti sportivi più seguiti sui social in Italia considerando i tre maggiori canali: Twitter, Facebook e Instagram, compaiono ben 17 fra calciatori e allenatori e tre motociclisti. A comandare questa classifica c’è Valentino Rossi che con i suoi 13 milioni di apprezzamenti su Facebook e i 27 milioni totali, anticipa Balotelli di poco e Buffon, anche se il portiere della Juventus ed ex campione del mondo con l’Italia ha ben 9,2 milioni di follower su Instagram, che lo piazzano al primo posto in assoluto in questa classifica per ciò che concerne questo singolo social. Il primo della graduatoria è dunque un motociclista, ma per trovarne un altro bisogna passare per nomi come Carlo Ancelotti, Francesco Totti, e Andrea Barzagli. Proprio quest’ultimo, roccioso e talentuoso ex difensore di Juventus e nazionale italiana, anticipa Andrea Dovizioso, che si trova in posizione 17 con 2,7 milioni di fan. Chiude al ventesimo posto il terzo protagonista delle due ruote Andrea Iannone, che fa registrare quasi due milioni di follower su Instagram e 2,6 totali. 

Cristiano Ronaldo oltre a essere fra i più vincenti e prolifici calciatori di tutti i tempi e di diversi campionati nazionali, è ora anche il primo a livello mondiale per numero di follower su Instagram. La popolarità del campione bianconero si può paragonare a quella raggiunta da Pelé, per citare un collega del portoghese, o da Freddie Mercury, per menzionare leggende dello spettacolo. Inoltre l’account Instagram garantisce alle casse già ampiamente “soddisfatte” dallo stipendio di calciatore e dal suo brand personale, di aumentare gli introiti annuali dell’impresa CR7. 

La moda rigenerata di Rifò: una storia di cenci, cenciaioli e sostenibilità

Una moda assetata di acque restituite impregnate di microplastiche ed agenti chimici. Indumenti già nati per essere rifiuti dismessi di discariche sovraffollate e scarti di invenduto lasciati in pasto agli inceneritori. Vestiti sovrapprodotti in nome di un consumismo globalizzato del non valore a buon mercato. Una moda veloce, “fast”, come la breve durata del suo deperire che nulla ha a che fare con il concetto di tempo, ma che piuttosto si lega a doppio filo a tessuti dozzinali, scadenti e difficili da riciclare che ne decretano la loro obsolescenza precoce. Un abbigliamento venduto come l’eldorado della convenienza a basso costo, ma pagato a caro prezzo a spese dell’ambiente e dei lavoratori orfani di diritti e tutele.



La vulnerabilità di questo anno pandemico ha inasprito queste fragilità già endemiche e radicate in alcune frange del sistema moda, ma d’altro canto ha anche acuito la necessità di una rafforzata sensibilità etica e di un consumo responsabilmente più sostenibile. Un appello che fa da eco a molte voci, tante quante sono le imprese che, da tempo, hanno deciso di remare contro un modello lineare di produzione riponendo le speranze future, e collettive, nella diffusione di una mentalità circolare che vede nel rifiuto una nuova risorsa da reintegrare sul mercato.



Tra queste realtà prende corpo Rifò, la startup del cashmere rigenerato frutto di un crowfunding su Ulule nata nel dicembre 2017 a Prato, in un territorio simbolo, storicamente votato alla cultura del tessile e, per tradizione, terra di lanai e straccivendoli, noti ai nostrani con il nome di cenciaioli o ai più fini letterati con l’appellativo di chiffoniers, come amava declamarli Baudelaire. Quelli che li riconosci perché hanno sempre nella tasca posteriore dei pantaloni un paio di forbici, per separare le cuciture dalla maglia, e un accendino, per bruciare il filo e vedere se c’è una fibra sintetica nella composizione del capo. Dal centenario e quasi estinto mestiere degli artigiani del cencio, per necessità e virtù i primi ignari e inconsapevoli alfieri dell’economia circolare, muove la rivoluzione sostenibile intrapresa dal brand pratese.



Rifò, già a partire dalla fierezza vernacolare del suo nome a “km 0”, è un elogio a quel “rifare” che sfrutta la ricchezza di fibre riciclate per creare dagli scarti tessili un nuovo rigenerato, o un vecchio riscattato di qualità, che vuole farsi portavoce di un valore emozionale destinato a una seconda vita. È un credo stilistico in un futuro non più bisognoso di produrre nuove materie prime, ma autoalimentato dallo sfruttamento di tutte quelle già impiegate, esistenti e dimenticate.



Facendo un passo indietro, cosa ha portato un laureato in Economia internazionale alla Bocconi con esperienze nella cooperazione allo sviluppo per il Ministero degli Esteri a occuparsi di moda?

Un’idea vincente nasce spesso da un intuito, dalla necessità di colmare un gap o semplicemente da quella di porsi come un’alternativa, come ha fatto Niccolò Cipriani, fondatore del marchio. “Durante la mia esperienza di lavoro in Vietnam, ad Hanoi, ho realizzato con i miei occhi il problema della sovrapproduzione che grava su un settore, quello del fast fashion, che produce molto più di quello che viene comprato con un impatto negativo sul consumo delle risorse naturali. Da questa presa di coscienza ho deciso di ritornare in Italia, recuperare la nobile arte dei cenciaioli, profondamente legata alle radici della mia terra, e su questa costruire un brand etico guidato dai valori di qualità, sostenibilità e responsabilità”. Rifò è l’alternativa all’emergenza globale di uno spreco fuori controllo, a cimiteri di abiti abbandonati e ad acquisti anaffettivi inghiottiti nella spirale di saldi e prezzi al ribasso. È l’incontro della conoscenza del distretto tessile di Prato con la consapevolezza che ogni vestito che buttiamo via ha un valore, può essere rigenerato e rigenerabile.



Tutti i capi sono realizzati nel raggio di 30 km da artigiani e piccole aziende a conduzione familiare con il metodo artigianale a “calata”, sostenendo così un modello di prossimità con i produttori e di valorizzazione territoriale a supporto dell’economia locale, limitando l’inquinamento dovuto alla logistica e ai trasporti e snellendo i prezzi finali sul mercato. Le materie prime seconde, frutto del “buon senso” e del risparmio energetico, sono vecchi maglioni in cashmere, jeans almeno 95% cotone e il cotone rigenerato. Scarti industriali e vecchi indumenti vengono sfilacciati, trinciati, riportati allo stato di fibra ed infine a quello di filato pronti ad essere la linfa materica di nuovi maglioni, cardigan, t-shirt, cappelli, sciarpe e mantelle. Alla base di questa “Rifolution” non solo il riciclo di indumenti o il valore della loro restituzione ad un nuovo uso, a nuova vita, ma anche la riduzione dei consumi di acqua, pesticidi e prodotti chimici usati di norma nella produzione. Una rivoluzione silenziosa per sensibilizzare le coscienze individuali verso una sostenibilità, umana e ambientale, incoraggiata da un acquisto consapevole al grido di “meno e meglio”.



Quando scegliamo che abito indossare, scegliamo anche per quale mondo votare.

Il menswear secondo Martine Rose, tra subculture, normcore e collaborazioni azzeccate

Se negli ultimi anni il cosiddetto normcore, con le annesse derivazioni (dadcore, gorpcore, geek chic eccetera) si è imposto come fenomeno di portata globale, glorificando forme (volutamente) sgraziate, tagli grossier, slogan improbabili e altre caratteristiche in genere considerate antinomiche all’universo modaiolo, trovando in Demna Gvasalia – ex direttore creativo di Vetements, ora alla guida di Balenciaga – il novello arbiter elegantiarum della categoria, il merito va attribuito anche a figure che, muovendosi magari dietro le quinte o non raggiungendo la visibilità del designer georgiano, sono risultate comunque decisive per le sorti di questo trionfo del “brutto” come apogeo della coolness.
Tra di loro vi è senz’altro Martine Rose, un nome decisamente in ascesa della moda made in Uk, già consulente proprio di Gvasalia per l’aurea maison parigina, che vanta nel proprio curriculum collaborazioni di alto profilo con brand quali Nike, Mykita e Napapijri; una conferma della sua rilevanza, considerato come le co-lab siano ormai la cartina tornasole dello status di una griffe.

Anglo-giamaicana, classe 1980, la stilista è cresciuta in una cittadina a sud di Londra in una famiglia allargata, tra il cugino devoto allo streetwear e una sorella fashionista amante di Jean Paul Gaultier, Katharine Hamnett e Pam Hogg, entrando in contatto con i più disparati generi musicali (reggae, dance, hip-hop ecc.) e avvicinandosi presto alla cultura rave.



Lauretasi in fashion design alla Middlesex University, nel 2003 ha fondato con l’amica Tamara Rothstein la label unisex LMNOP (chiusa tre anni dopo nonostante i buoni riscontri commerciali), seguita nel 2007 dal marchio eponimo di menswear, una scelta inconsueta solo all’apparenza perché, come ha precisato lei stessa, reputa l’abbigliamento maschile un fertile terreno di sperimentazione, con più regole ma altrettanti «modi per infrangerle».

Nonostante Rose si limitasse inizialmente alla camiceria, dieci modelli dalle cromie accese, presentati al Blacks Club di Soho, sono stati sufficienti per attirare l’attenzione della boutique multimarca Oki-Ni e di Lulu Kennedy di Fashion East, incubatore di talenti decisivo per le sorti degli (allora) astri nascenti della creatività brit, da Jonathan Anderson a Craig Green.
Ha potuto così mostrare nell’ambito della London Fashion Week le proposte per le stagioni S/S 2011, F/W 2011 e S/S 2012, in cui erano già presenti in nuce quelli che sarebbero poi diventati i pilastri del suo lavoro, dai codici estetici della working class inglese ai look dei clubber, al bondage.
La visibilità assicurata dalla settimana della moda londinese ha permesso inoltre alla designer di assicurarsi, nel 2014, il premio Newgen Men del British Fashion Council.

Risalgono a quel periodo i primi tandem con aziende di culto del workwear, e se per CAT ha aggiornato i noti scarponcini, tra color block nelle sfumature del rosso, materiali inusuali e cinghie in nylon a sottolinearne il carattere utilitarian, con Timberland ha fatto altrettanto, arricchendo i giubbotti di trapuntature limitate, però, alle sezioni circolari sul fronte del capo.

Il punto di svolta, per ammissione della diretta interessata, è coinciso tuttavia con la presentazione della F/W 2014, perché è li che ha realizzato di volersi concentrare su «volume, proporzioni, tensione dei tessuti e colori»: elementi effettivamente in primo piano nell’infilata di jeans stinti che più over non si può, maglioni sforbiciati, giubbini e pantaloni in vinile lucente, tutti punteggiati da toppe serigrafate con i flyer di vecchi rave party. Un fur coat della collezione, tra l’altro, è stato indossato nientemeno che da Rihanna.

Di lì a poco il suddetto Gvasalia, appena insediatosi da Balenciaga, avrebbe chiesto a Rose un incontro, preludio all’ingresso nel team che segue il menswear della griffe.


Martine Rose Men’s Spring 2018

Dopo essersi concessa un anno di pausa perché incinta, la designer è tornata in pista nel 2017, rivelatosi un annus mirabilis per il brand: a febbraio, tanto per cominciare, si è svolto il primo défilé in assoluto, organizzato nel mercato coperto del quartiere di Tottenham, una rassegna di archetipi vestimentari che si districava tra pantaloni e gilet ipertrofici, cravatte sgargianti, cromatismi accostati alla rinfusa, giubbotti intagliati per scoprire parzialmente le maniche, jeans dalla vita triplicata e altre trovate a effetto, strambe eppure accattivanti.
Nella stesso periodo è stata lanciata la capsule collection NAPA by Martine Rose, per cui ha messo mano all’archivio del marchio di outerwear Napapijri, anche in questo caso espandendo i contorni di giacche in pile, anorak e impermeabili, cospargendoli inoltre di nuance accese, zip a contrasto e dettagli rimovibili (visto il successo, la collaborazione è proseguita nelle stagioni successive). Sono arrivate quindi le nomination per le edizioni 2017 sia del premio Andam, sia dell’LVMH Prize for Young Fashion Designers.

Da lì in avanti la carriera della creativa originaria di Croydon è stata un crescendo di riconoscimenti, critiche entusiastiche e progetti di spessore, ritmato da collezioni in cui ha affinato sempre di più la sua visione idiosincratica e sperimentale, continuando a esplorare molteplici subculture giovanili (raver, new wave, skinhead, acid house, post-punk e via dicendo) e insistendo su tratti divenuti una firma inconfondibile, dai volumi esplosi degli abiti alle cromie acide, passando per il denim delavé, i capi stazzonati, i blazer dai profili sghembi e così via.
È da ricordare, in particolare, lo show S/S 2018, un pastiche che giocava con gli estremi, spesso giustapponendoli nella medesima uscita: shorts seconda pelle e parka ciclopici, tonalità soft e squarci di viola o arancione, pantaloni issati sull’addome e giacche scivolate, richiami al canale simbolo dell’underground 90s – Mtv – e indumenti fané da pensionato in gita domenicale.
La S/S 2019, invece, ha registrato il debutto di una calzatura esemplare della verve dissacrante di Rose, i mocassini dalla punta quadrata completi di catenella metallica, da subito adorati e detestati in egual misura.

Per l’ultima S/S 2021, infine, la stilista ha riflettuto a suo modo sulla reclusione domestica generalizzata imposta dalla pandemia, filmando gli inquilini di un (ipotetico) condominio riservato agli aficionados della griffe, capeggiati da Drake in persona, che nella supposta intimità dell’appartamento indulgevano in abbinamenti improbabili, mescolando maglie da calcio logate Martine Rose, merletti, jeans fiorati, joggers dalle fantasie geometriche e giacconi avvolgenti come vestaglie.



Sono di livello anche le collaborazioni intraprese nel corso del tempo, in aggiunta a quella già menzionata con Napapijri, che hanno visto Rose allearsi con Mykita (per una serie di occhiali da sole ispirati, tanto per cambiare, alla scena dance degli anni ‘90, con montature affilate contornate da grafiche animalier o colorazioni come lime, rosso e bluette) e, soprattutto, con Nike; per la casa dello swoosh ha puntato, oltre che su tute e magliette da basket rivisitate, su un’edizione speciale delle sneakers Air Monarch, attraversate lateralmente da imbottiture sporgenti simili a grumi.

In definitiva un percorso di tutto rispetto per chi, come lei, è allergico all’autocelebrazione e tende piuttosto a ridimensionare il proprio operato, convinto che la moda «dovrebbe essere scherzosa, ingenua, perché oltre a trasmettere messaggi e codici, l’abbigliamento è anche una questione di divertimento e spensieratezza». Un approccio, evidentemente, tanto pragmatico quanto efficace nei confronti di appassionati e addetti ai lavori.

La cucina di Daniel Canzian: la regionalità sarà la nostra forza

La cucina di Daniel Canzian: la regionalità sarà la nostra forza

Il miglior posto in un ristorante è quello accanto allo chef e da “Daniel“, ristorante dell’omonimo chef Daniel Canzian sito nel cuore di Brera, è dotato di alti sgabelli rossi che si aprono sul palcoscenico della cucina. 
Da qui è possibile seguire la direzione dello chef in brigata e di pregustarsi tutti i suoi passaggi fino all’impiattamento, sempre gestito con una cura gentile per i dettagli e per chi sta per assaggiare le sue prelibatezze. 

L’accoglienza prevede un assaggio di cannoli di polenta e baccalà mantecato, torta sbrisolona salata al Parmigiano Reggiano, cialde al mais con prosciutto crudo Riserva selezione Rovagnati, pane sfogliato di una morbidezza burrosa che crea dipendenza, brodo di crostacei aromatizzato con mentuccia, uovo d’artista al nero di seppia dalla consistenza budinosa, accompagnati da un Ancestrale Due Valli. 

L’atmosfera che si respira in cucina è rilassata e traspare il feeling della squadra mentre arrivano i petali di San Pietro all’olio dolce di mandorla, finocchi e arance alla siciliana; dei tortelli grigliati con patate e cozze che lo chef impiatta al momento su un sughetto d’arrosto e mandarino. Anche il maialino da latte bresciano viene terminato al bancone in legno in prima fila, croccante, caramellato e con porcini e patate; e a chiudere il pasto un soffice spumone al cioccolato bianco e cocco con sorbetto al melograno preparato da Diego Borgonovi, il pasticcere simpaticamente rinominato “pavone” per la sua giovane esuberanza vanitosa, che ci delizia con un secondo dessert, una millefoglie caramellata alla vaniglia Tahiti e mele renette. 

E quando si termina un pasto e si ha ancora la curiosità di assaggiare gli altri piatti del menu, si ha la garanzia che Daniel Canzian non poteva che aver scritto “chef” sulla sua stella!

Il settore della ristorazione ha subìto un grave colpo a causa del Covid; come avete reagito al primo lockdown? 

Prima del lockdown l’azienda stava crescendo, avevo 10 cuochi, un direttore, sei del team in sala, un’addetta all’amministrazione, l’idea di un programma televisivo, ma ero in qualche modo smarrito.
Grazie al lockdown ho riassaporato il piacere di stare a casa, di cenare con la mia fidanzata, svegliarmi presto e godermi l’intera giornata quando di prassi la mia routine non mi vedeva libero prima della mezzanotte. Mi sono riappropriato di una grande verità che si stava annebbiando dentro di me, e cioè quella di avere un’unica grande passione: cucinare!

Hai anche ideato una nuova formula delivery, “Daniel a casa tua”

L’8 marzo 2020 ho deciso di lanciare il servizio delivery serale “Daniel a casa tua” perchè, come insegnava Gualtiero Marchesi quando affermava: “Ho imparato prima a tuffarmi e poi a nuotare”, mi sono buttato con coraggio in un’avventura che aveva per me molte domande e nessuna certezza. Ed è andato bene perchè tutt’oggi proponiamo 4 menu pronti per essere serviti direttamente a casa tua con i miei consigli. 

La tua è una cucina di matrice italiana ma che si identifica nei regionalismi 

Tutta la mia cucina è la somma di quello che penso e vedo e sono sempre più favorevole alla regionalizzazione della cucina, perchè credo sia il futuro. Prendiamo come esempio Milano, nell’arco di un chilometro quadrato puoi scegliere di mangiare cinese, messicano, coreano, giapponese… e allora perchè non ampliare la scelta sulla base della nostra forza e inserire menu pugliesi, calabresi, campani..? Dalla nostra abbiamo la ricchezza delle materie prime; la diversificazione delle cotture, lunghe, stufate; le specialità locali, il tartufo in Piemonte, la paniscia… E supportiamo il nostro paese, io mi rifornisco da piccoli produttori locali ad esempio e il menu che offro è in funzione a quello che il mercato mi da’.
Ho molto rispetto per l’ingrediente, non lo lavoro mai troppo ; qualche giorno fa è tornato al ristorante Claudio Sacco, il Viaggiatore Gourmet, per una costoletta alla milanese perchè dice “è una garanzia, torno ed il sapore è lo stesso del primo assaggio e perchè le uniche sorprese possono essere una piccata di fegato alla veneta, ma l’ingrediente è sempre riconoscibile”. 

Lo chef Daniel Canzian patron del ristorante “Daniel” nel cuore di Brera


Il tuo è un amore viscerale per la cucina

E’ una qualche forma anomala di egoismo perchè cucinare mi fa star bene, mi rilassa. Succede che qualche cliente si lamenti di non vedermi in sala, ma allora io chiedo “preferite avermi in sala e non sapere chi stia cucinando, oppure è meglio avermi in cucina e avere la certezza che i piatti siano davvero frutto delle mie mani?” Perchè il gap lo fa sempre lo chef!

A casa tua stai spesso ai fornelli? 

Mai, a casa mia non cucino, piuttosto vengo al ristorante e cucino qui per poi portare a casa. In questo spazio ho tutti i miei attrezzi, ordinati, pratici, gli attrezzi del mestiere. 

Qual è il tuo piatto preferito? 


Riso bollito con verdure e pesce appena scottato.

Allievo di Gualtiero Marchesi come Executive Chef nei ristoranti del Gruppo, cosa rimane del maestro?
 
La fortuna di averlo vissuto nel suo momento di più grande maturità; tra di noi c’era un particolare feeling che mi ha permesso di viverlo intensamente, durante le passeggiate in Brera dove mi parlava di cucina, in una Milano a me nuov, dove ho scoperto il vicolo dei lavandai; un leader, un uomo che sapeva comandare con dolce fermezza (non l’ho mai sentito urlare). 

la sala del ristorante stellato “Daniel”, Milano


Ristorante Daniel
Via San Marco angolo Castelfidardo – 20121 Milano
Tel. (+39) 02 63793837
Chiuso la domenica e sabato a pranzo
E-mail: [email protected]
Sito internet: www.ristorantedanielmilano.com

Lillet: in Italia per la festa della donna

È appena arrivato il Italia: si chiama LILLET, il nuovo aperitivo di Pernoud Richard dal gusto inconfondibile, ricercato e versatile, è pensato per le donne intraprendenti, dinamiche, che non hanno timore di esprimere se stesse. Espressione di un’elegante tradizione francese di fine ‘800, LILLET è realizzato in un piccolo villaggio a sud di Bordeaux – una tra le più famose regioni vinicole francesi –, ed è frutto di una raffinata combinazione di vini francesi e liquori di frutta attentamente selezionati. La Maison, fondata nel 1872, vanta una storia di oltre cento anni. Per questo LILLET rappresenta in toto quello che possiamo definire l’aperitivo “à la française”.



La particolarità del nuovo LILLET? Una combinazione di vini francesi e liquori di frutta donano un gusto delicato e una bassa gradazione alcolica (17% – oppure 5.7% in un long drink) e quindi anche un moderato contenuto calorico. Inoltre, è completamente privo di aromi e coloranti artificiali. Versatile e rinfrescante,  può essere servito in più occasioni, dal brunch all’aperitivo, e personalizzato secondo i propri gusti.



Gli ingredienti di LILLET sono scelti con grande cura: i vini francesi sono selezionati per la loro qualità e complessità organolettica, mentre i frutti – le cortecce di china e le bucce di arancia dolce e amara – mostrano una notevole freschezza e ricchezza aromatica. Questo equilibrio di frutta matura e vini pregiati è il risultato di quasi 150 anni di esperienza e conoscenza del mondo vitivinicolo. Tre le varianti che approdano in Italia, per questo aperitivo la cui storia risale al 1872 a opera dei fratelli Paul e Raymond che fondano la maison, e nel 1887 inizia la commercializzazione della prima versione dell’aperitivo: il Kina LILLET. Sono il LILLET Blanc, il primo della produzione, nasce dal blend di vini selezionati e liquori di frutta, maturati in botti di quercia, che conferiscono quell’aroma floreale e quel caratteristico colore dorato, che lo rendono ancora oggi riconoscibile. 



Nel 1962, durante il boom economico, la maison decide di proporre al pubblico un prodotto dal gusto più corposo, strutturato, rivolto agli estimatori di vini rossi: il LILLET Rouge. Dopo quasi 50 anni, nel 2011, con le nuove generazioni, si va incontro ai gusti contemporanei producendo LILLET Rosé, dal sapore fresco, vivace e fruttato. Quest’ ultimo è sicuramente perfetto per festeggiare le donne: un sapore fresco, vivace e fruttato, con qualche nota speziata, ma dalla struttura bilanciata. Gradevole da assaporare con un long drink con tonica, sempre fresco (6- 8°C) e accompagnato da ghiaccio e una fetta di lime.

“ETHICS MEET AESTHETICS” La sostenibilità high end di Gilberto Calzolari incontra il full electric di Volvo

Gilberto Calzolari, visionario consapevole. Lo abbiamo amato e sostenuto già in occasione del suo meritato riconoscimento al Green Carpet Fashion Award del 2018, quando ha fatto indossare alla modella e influencer Federica Del Sale, un abito fatto di juta del Brasile, trovata sui Navigli a Milano, quella stessa juta che, dopo aver trasportato chili di caffè ed esser stata utilizzata come barriera per impedire l’allagamento dei canali, diventa materiale di recupero a cui viene data un’altra vita, ricoperta di cristalli swarovsky, ma senza piombo. Da questa conquista, si diffonde a macchia d’olio il percorso di un designer che ha fatto della riabilitazione dei materiali e della salvaguardia del pianeta, una vera missione.

Un’intuizione e un impegno che gli ha permesso d’imporsi tra le prime file di un sistema di produzione realmente ecofriendly, opera riuscita ancora a pochi, quando è lo stile che non ci rimette, ma al contrario, nella sua opera, fa da eco a risultati sorprendenti dal punto di vista della ricerca.
Il suo denim sostenibile, il nylon EVO (tratto dai semi dell’olio di ricino) sono alleati di una rivoluzione estetica fatta di ricami e preziosi dettagli couture, ricavati da bottiglie riciclate o plastica recuperata dal mare.

Ed è lui, sempre con lo sguardo proiettato in avanti, che ha creato, per Volvo, pochi giorni fa, uno show dedicato e presentato nel corso di un evento che ha visto protagonisti elementi di upcycling, provenienti dal mondo dell’autovettura.
Al Volvo Studio Milano, sede di lancio della nuova Volvo C40 Recharge full electric, il binomio moda e motori si consolida su un universo di valori condivisi, volti alla creazione di un design ricercato e sostenibile.
Il look futuristico della collezione rispecchia l’utilizzo dei materiali tecnologicamente  avanzati e di elementi come airbag destinati al macero per la realizzazione dell’abito tunica e la pencil skirt; vere e proprie cinture di sicurezza si trasformano in accessori d’avanguardia per il punto vita; il top ricamato in poliestere Seaqual ottenuto dal riciclo delle plastiche recuperate dal mare; l’abito asimmetrico in stampa geometrica realizzato in poliestere Newlife™ 100% made in Italy; la gonna avorio a pannelli plissé in cupro Bemberg™ certificato GRS e la giacca in canvas di cotone Eco-Kosmos con biodegradazione accelerata.

Nel punto di vista di Gilberto Calzolari, gli antichi valori dell’età classica a cui lui fa costante riferimento: “Etica ed estetica sono da sempre al centro della mia filosofia: con le mie creazioni voglio dimostrare che la creatività ed il lusso possono – e devono – andare di pari passo con il rispetto per il nostro pianeta. Per
questo motivo, la partnership con
Volvo mi sembra la cornice perfetta per celebrare un mondo valoriale ed estetico autenticamente contemporaneo che, peraltro, riprende uno dei più importanti insegnamenti che ci ha tramandato il mondo classico: “kalos kai agathos”, l’unione tra il buono e il bello”.

Oggi la Sostenibilità è un’esigenza e un’opportunità di business, non una casella da spuntare nella lista
delle cose da fare. E mostra come seguire un approccio etico non significhi limitare la propria capacità di
espressione estetica, bensì liberi la creatività e favorisca l’innovazione, sia per le forme sia per i materiali
” ha affermato Michele Crisci, Presidente di Volvo Car Italia.

Come è cambiata la vita di un lavoratore in smart-working?

Lavorare da remoto prima del 2020 sembrava un sogno destinato a pochi eletti, fatto di sveglia tardi al mattino, pigiama comodo tutto il giorno e poca pressione da parte dei supervisori. Una volta che il lavoro da remoto è diventato una realtà per tantissime persone abituate in ufficio, tuttavia, sono emersi tanti altri aspetti che forse non erano mai stati considerati prima. In questa riflessione cercheremo di analizzarli tutti cercando di capire come è cambiata davvero la vita di un lavoratore in smart-working

Lo smart-worker è felice di stare a casa?

Prima di passare al vivo di questa riflessione vorremmo riprendere l’analisi condotta dal Sole24Ore da cui emerge che, effettivamente, le persone gradiscano di più il lavoro da casa per una serie di ragioni. In primo luogo perché possono dormire almeno mezz’ora in più al mattino ma anche perché dispongono di una miglior gestione del tempo e di vicinanza alla vita domestica. Per questo le persone si sono avvicinate ad attività dimenticate da tempo come sistemare armadi e sgabuzzini disordinati o rinnovare l’arredo ormai vecchio e consumato. 

Altri hanno migliorato il riposo e la beauty routine, mentre altri ancora dichiarano di poter trascorrere più tempo ad occuparsi di attività libere, come cucinare sano, passeggiare con il cane o vivere più da vicino la crescita dei bambini. L’altro lato della medaglia, tuttavia, riguarda la sensazione di sentirsi in prigione, di sedere per molte ore su sedie non adatte al lavoro da ufficio e di dover gestire situazioni imbarazzanti in video chiamata per via dei familiari che interrompono o figurano in video generando l’ilarità dei colleghi. 

Il lavoro tra chiamate su Zoom e video skills tutte da apprendere

Tra i cambiamenti a cui le persone hanno dovuto abituarsi c’è l’utilizzo di prodotti software multimedia per la gestione del lavoro e di quelli dedicati alle riunioni online. Oltre alle famose “call su Zoom e su Skype” si sono diffuse a macchia d’olio anche le analisi dei rendimenti o la formazione interna in video, ovvero distribuita via web direttamente dal PC. 

È per questo che anche i meno avvezzi alla tecnologia hanno dovuto prendere dimestichezza con strumenti nuovi, utili a gestire il lavoro e l’apprendimento. Ad esempio, attraverso l’utilizzo di multimedia software che permettono di registrare lo schermo e di editare video registrazioni in modo intuitivo e gratuito. In pratica stiamo parlando di prodotti software multimedia che permettono di agire sulle riunioni Skype o Zoom, di registrare lo schermo e di creare anche video tutorial per allievi e corsisti. 

Difatti non bisogna dimenticare che, ad oggi, più della metà della formazione in Italia sta avvenendo online e, quindi, chi necessita di creare corsi guidati, soprattutto legati ad aspetti molto tecnici, ha trovato in questo genere di multimedia software un’importante ancora di salvezza per gestire nuove moli di lavoro. 

La vita è peggiorata o migliorata con lo smart working?

Quindi la vita di un lavoratore in smart-working non è migliorata o peggiorata ma, semplicemente, cambiata. Difatti ai vantaggi derivanti dallo stare in casa e dal sentirsi più riposati si sono unite moli di lavoro diverse, che riguardano per lo più l’utilizzo di multimedia software e il portare a termine mansioni da svolgere in digitale. Anche le chiamate su Skype e le riunioni online possono diventare grande motivo di stress, se non vi è una gestione accorta della durata e, soprattutto, della cadenza a cui i lavoratori sono sottoposti. 

Infine un dato interessante che riguarda i cambiamenti sociali rispetto alle persone passate al lavoro da remoto riguarda la consapevolezza di sé. In pratica è stato riscontrato come il continuo vedersi riflessi su uno schermo abbia accentuato le insicurezze estetiche sul proprio volto. È per questo che molte cliniche specializzate in chirurgia plastica affermano di aver vissuto un incremento di richieste per piccoli ritocchini estetici su zampe di gallina e rughe di espressione. 

Difatti la vita prima della pandemia di questi lavoratori li buttava la mattina presto nel bel mezzo del traffico cittadino, in un ritmo in cui vi era molto poco spazio per la cura personale. Al contrario vedersi ripetutamente ripresi da una video camera e proiettati su uno schermo ha aumentato le insicurezze e la voglia di prendersi cura di sé migliorando la beauty routine e l’alimentazione. 

100% made in Italy: Rasna, gioielli all’italiana

Si dice che dai periodi difficili nascano nuove opportunità, e quello di Elisa Taviti, nota fashion influencer dalle origini toscane, è un vero e proprio progetto speciale nato durante la quarantena dello scorso anno che fonde in un nuovo brand e in un concept store virtuale gli elementi a cui tiene di più come le origini, l’amore e la passione per la moda. Così dopo il successo della collezione ESTATE ITALIANA, lanciata appunto la scorsa estate, scopriamo adesso la nuova linea del suo brand RASNA. Il tema della nuova collezione è L’AMORE, in ogni sua forma, i legami e le relazioni.

Come lei stessa afferma “In un momento come questo così incerto e complicato, l’unica cosa che conta davvero è l’Amore; della famiglia, di un fratello, di un amico, di una compagna, di un compagno, di un collega. Le relazioni stanno alla base di tutto e oggi più che mai abbiamo bisogno di rapporti stabili che ci facciano sentire protetti e sicuri dato il particolare momento storico che stiamo
vivendo”.



Come nasce il progetto Rasna? 

Rasna nasce dall’esigenza di voler creare qualcosa di ancora più mio, di vedere le mie idee concretizzarsi materialmente. Da sempre sono una grande amante degli accessori, per questo non ho avuto alcun dubbio su quello che avrei voluto realizzare. Il progetto è stato lanciato nel giugno 2020, subito dopo la pandemia. E’ stata una sfida davvero complessa, il lancio di un brand non è una cosa affatto semplice; in un momento così difficile è davvero complicato dare vita a nuovi progetti, ma io ci ho voluto credere e l’ho desiderato più di qualsiasi altra cosa.




Quanto conta il made in Italy per te?

Il Made in Italy è l’anima del brand, i prodotti Rasna infatti sono totalmente realizzati in Italia. Per me era veramente molto importante creare qualcosa che potesse rappresentare il mio paese, date le infinite eccellenze che abbiamo. Per la precisione i gioielli sono Made in Tuscany, proprio come lo sono le mie origini, ragione per la quale ho scelto il nome Rasna, che tradotto letteralmente significa “popolo Etrusco”.




Quali sono i tratti caratteristici di Rasna? 

E’ semplice, essenziale, ma con un tocco cool. E’ un brand per tutti, non ci sono età e nemmeno generi. E’ per qualsiasi persona che si senta forte e determinata, che sa quello che vuole e che si batte per averlo. C’è un animo glamour ovviamente perché la parte più frivola che abbiamo dentro di noi è quella che ci fa tornare bambini e ci fa sognare, credere e sperare nel futuro. E soprattutto in questo periodo la speranza verso un futuro positivo è davvero importante.


Da dove trai ispirazione per le tue creazioni?

Le ispirazioni provengono da tutto ciò che mi circonda, dalla mia vita. Prima della pandemia avevo la fortuna di visitare il mondo, di scoprire nuove culture, di conoscere persone creative, intelligenti, curiose, che per me erano una fonte di ispirazione costante. Adesso che da un anno tutto ciò mi è impossibile, così traggo ispirazione dall’arte, dai libri, dai social, dai film, ma anche da tutte le persone amiche che ho la fortuna di avere nella mia vita che mi stimolano quotidianamente. Spero però che al più presto potremo di nuovo assaporare la bellezza del mondo, una cosa che mi manca moltissimo.

Il raffinato elogio alla solitudine dell’ingegnere della moda: Giuseppe Buccinnà

Riempire gli spazi con forme tridimensionali, poco conta se con una laurea in ingegneria o quella in modellistica, rispettivamente conseguite presso il Politecnico e l’Istituto Secoli. La parola va all’ingegnere della moda Giuseppe Buccinnà durante il debutto alla Milan Fashion Week.

Nel suo studio forme e numeri si incontrano in un processo creativo che mira dritto ad una dimensione estetica di natura razionale. La strada del decostruttivismo netto e conciso valorizza il corpo femminile privandolo di ogni costrizione e concedendogli un’aura atemporale.

Alone. L’incipit della tua collezione si apre con l’ elogio alla solitudine del persiano Abbas Kiarostami. Siamo fisicamente soli ma digitalmente connessi. Quanto la dimensione individuale ha infliuito nella sua progettazione?

Ho provato a rappresentare la dimensione che ognuno ha costruito intorno alla propria esistenza nell’ultimo anno. Un evolversi di situazione atipiche che ha influenzato il rapporto che si ha con sé stessi. La società si muoveva a ritmi forsennati oscurando il confronto diretto che si può avere con la propria intimità. E’ il motivo per il quale ho voluto indagare sull’intimità femminile ispirandomi alle poesie di Kiarostami che definisco un autore visivo. Le sue parole donano immagini che accarezzano il dolore che abbiamo vissuto e che non mi sento di dimenticare.



Identità e innovazione per un sistema e un iter produttivo focalizzati sulla sostenibilità. I materiali di natura certificata sono individuati nella loro autenticità, come i Tecnocotton, pronti per essere predisposti alle elaborazioni manuali in grado di creare strutture consistenti. Come hai definito i punti fermi che contraddistinguono il tuo attuale processo creativo?

Mai come adesso la mia attitudine è quella di proiettarmi verso la ricerca di materiali, di strutture e di geometrie. Nel dramma del momento abbiamo la fortuna di vivere in un Paese dove la filiera della moda è molto forte e radicata. Anche nei periodi di lockdown sono riuscito a mantenere i contatti con i fornitori cercando di produrre in un raggio chilometrico concentrato.

Tessuti tecnici e fieramente urban riletti in chiave romantica grazie all’incontro con il tulle stretch e la maglieria timeless. La tua mente ingegneristica riesce a fludiificare le forme ispirandosi all’arte contemporanea. Quali sono stati i baluardi che ti hanno guidato nel crescendo della Fall Winter 2021/2022?

Questa collezione è il prosieguo dei precedenti studi. I miei riferimenti albergano sicuramente al di fuori della moda in quanto non voglio stratificare il suo concetto.

Ho preso spunto dall’attualità che ci ha costretti a stretchare il tempo non avendo un domani decifrabile. La mancanza di una bussola invita a rafforzare la propria identità e la mia ha spinto a livelli estremi l’estetica e le forme.



In ascesa ma anche in questo caso con struttura. Giuseppe Buccinnà può vantare già lunghe collaborazioni per la parte pelletteria (MICHVASCA) e per l’eyewear (FABBRICA TORINO). Come individui le sinergie di cui ti circondi?

Il percorso con Mich e con Alessandro è nato da una comunione d’intenti. Testare il mercato con l’accessorio è fondamentale per aprire il dialogo con un’ipotetica platea di buyer e consumatori. Le collaborazioni consentono di vedere il riflesso delle proprie creazioni nettamente amplificato.

Con la proiezione che mira a virare l’Alone in Together dove ti piacerebbe proiettare le dimensioni della tua donna per la prossima stagione?

Di sicuro il phygital resterà ancorato al modus operandi del sistema. Mi piacerebbe dar voce alla collezione facendola viaggiare e visionare tramite trunk show di matrice local.

Fotografo Leonardo Bornati @FishEyeAgency.

Cuoio di Toscana e Simone Guidarelli firmano una nuova capsule targata Made In Italy

Tra i nomi che meglio rappresentano e tengono alta la bandiera del Made In Italy, si riconferma Cuoio di Toscana che ha aperto le porte della settimana della moda di Milano, con un evento che ha visto protagonisti, insieme, Antonio Quirici, (Presidente di Cuoio di Toscana) e Simone Guidarelli, “creativo seriale”, che per l’azienda ha creato l’esclusiva capsule Twenty21.

Un’estetica ritrovata nei capi e negli accessori, ispirati alla memoria delle donne che hanno dato lustro al gusto al genio italiano, attraverso il segno indelebile del patrimonio artistico, culturale e scientifico che hanno lasciato: da Oriana Fallaci ad Anna Magnani, da Grazia Deledda a Rita Levi Montalcini, passando per Nilde Iotti fino a Alda Merini.



Lo chemisier, la gonna e il trench in cuoio, dal sapore anni ‘70, avvolgono il corpo femminile con la resa sartoriale di un tessuto pregiato, armonizzando design e volumi con impeccabili pieghe sotto la cintura. Questo perfezione stilistica è resa possibile grazie a uno speciale trattamento lungo 60 giorni, che permette di ottenere duttilità e resistenza allo stesso tempo. Un procedimento innovativo che utilizza tanni vegetali come quelli ricavati dal castagno ed è rigorosamente inserito in un sistema di economia circolare, in cui persino gli sfridi di scarto vengono utilizzati come fertilizzanti.

La visione creativa di Simone Guidarelli, sempre fresca ed energica nella scelta di nuance che rompono la monotonia, si traduce nella creazione di una signature print ideata in esclusiva per Cuoio di Toscana: una fantasia floreale stilizzata, chic e ludica, trasposta sul cuoio in cui campeggia fiero un gallo, simbolo di Firenze e d’ora in poi anche di Cuoio di Toscana.
 
Pezzi unici completano la collezione, con l’originale cappelliera, iconici occhiali dalla montatura in pelle, cinture, borse e stivali stampati, per chiudere con l’intramontabile monk doppia fibbia. In vendita online, dal mese di aprile.

Un messaggio ottimista e di ripresa per il mercato del Made in Italy nel mondo, quello di Antonio Quirici, Presidente di Cuoio di Toscana: “Grazie a Simone Guidarelli e ai nostri meravigliosi artigiani abbiamo realizzato un sogno impossibile applicando al cuoio lavorazioni, trattamenti e stampe riservate tradizionalmente all’abbigliamento e legate al genius loci. La nostra mission è rompere gli schemi con soluzioni creative originali nel design e di alta qualità che rilanciano la centralità delle donne come forza motrice di questo nostro straordinario paese” Il cuoio, materiale di per sé altamente sostenibile, rivela con questa inedita capsule potenzialità e doti mai esplorate finora, confermando l’impegno del nostro Consorzio a supportare il mondo femminile e a salvaguardare il ruolo cruciale di aziende e artigiani nella rinascita del paese più bello del mondo in cui tutto è ancora possibile”.

Random a Sanremo: la musica, la fede, il primo amore


E’ il più giovane tra gli artisti in gara nella categoria big di questo 71mo Festival di Sanremo, Emanuele Caso, in arte Random, con i suoi soli 19 anni colleziona già sei dischi di platino e 210 milioni di ascolto. 
E’ il 2019 a farlo conoscere al grande pubblico con il singolo “Sono un bravo ragazzo un po’ fuori di testa” dall’EP “Montagne Russe” e presentato all’edizione “Amici speciali” di Maria De Filippi. 
Si distingue subito per la sua spontaneità e la sua simpatia, e sul palco dell’Ariston porterà un sound tutto nuovo con il grande e nobile obiettivo di tornare al grande significato della “canzone”. 


Random, prima volta sul palco dell’Ariston, prime impressioni 

Sto sognando ad occhi aperti e non vedo l’ora di salire sul palco! Provo da sei mesi, un lavoro lungo che sarà concentrato in 4 esibizioni da 3 minuti ciascuna, cioè 12 minuti di concentrazione per un lavoro di 30 persone.

Calcoli sempre tutto?

Sarà l’ansia, pochi giorni fa mi ha fatto addirittura perdere la voce e pensavo “finito il sogno, non posso cantare”, poi è tornato l’entusiasmo e mi ha dato la forza di trainare tutto il team e decidere che voglio godermi il momento, vada come vada, senza rimorsi. 

“Torno a te”, la canzone in gara, parla della tua prima storia d’amore, ce la vuoi raccontare? 
Sì, il pezzo parla della mia prima storia d’amore e invita l’ascoltatore a tornare a vivere ogni giorno della sua vita come il primo amore, con spensieratezza, coinvolgimento, con apertura, soprattutto in un momento come questo che ci ha costretto al distanziamento sociale, ci hanno tolto l’abbraccio, il contatto umano, e quando questo viene a mancare ti accorgi solo allora di quanto sia importante. 

Il mio primo e unico amore lo ricordo bene, mi ha segnato, avevo 7 anni e una fissazione per quella bella bambina che da adolescente è diventata la mia fidanzata. Con lei ho vissuto le prime volte, i baci, gli anniversari, e poi i tradimenti. Tradito. Da qui sono ripartito, dal dolore ho costruito il mio percorso musicale e professionale, una sorta di ripicca per fargli capire il valore di quanto avesse perso. In qualche modo oggi gliene sono grato, surreale come le situazioni si ribaltino. Prima dedicavo a lei le mie canzoni, con un pizzico di rabbia e voglia di rivincita; oggi tutto l’amore lo dedico a me.

E oggi senti di aver superato quel momento? 
Credo di avere un blocco, sono molto più diffidente, vivo le emozioni ma con il freno a mano tirato. Sono convinto che un giorno arriverà la ragazza giusta per me; oggi mi innamoro della vita, della mia famiglia, dei miei amici, della musica, del mio team. 

Hai dichiarato che nella lontananza da casa, in questa esperienza al Festival, ti mancherà più di tutto abbracciare le persone che ti hanno permesso di stare sul palco. Chi sono?
Sono tutte le persone che mi hanno sostenuto nonostante si pensasse all’inizio che ero solo una meteora, uno qualunque che arriva dal nulla, che ti ritrovi in classifica ma pensi che il pezzo dopo non arriverà mai. E invece con la mia musica e grazie a chi ha creduto in me e al loro amore, il loro sostegno, sono ancora qui. E sono grato a tutti.

Random

Come sarà cantare su un palco vuoto? 
Forse è un bene che non ci sia pubblico, mi concentrerò sulla performance chiudendo gli occhi. 
Mi spiace solo non poter uscire da quella sala e trovarmi migliaia di persone che mi incoraggiano e fanno il tifo per me. Ma chissà, potrebbe esserci una seconda volta…

Hai dichiarato di essere molto credente, da dove arriva la tua fede?
i miei genitori sono pastori di una chiesa evangelica; inizialmente la preghiera era un rito, un dovere, e questo mi allontanava dalla Chiesa. Crescendo ho capito l’importanza di credere in un Dio buono, un Dio che ha avuto un piano per me e mi ha dato quello di cui ho bisogno, compresa la mia nuova strada.

Nella musica c’è la sua mano?
Certo, è ovunque, anche nei nuovi pezzi dove ho ripreso il gospel, dove uso molto la voce. 
E le mie canzoni parlano di lui senza parlarne esplicitamente, perchè serve sempre la chiave giusta. Io credo di aver trovato il modo, il mio modo.

Quanto ha influenzato il lockdown sulla tua musica? 
Mi ha costretto a pensare al passato in maniera nostalgica, non potendo vivere delle esperienze ho ricordato quelle vissute e lo ho messe in musica. Dal punto di vista artistico mi ha quindi aiutato, ma io sono un compagnone, amo parlare con la gente, stare in mezzo a loro e questo mi è mancato molto; insomma io chiacchiero con tutti, se non si riesce a parlare con me significa che sei proprio antipatico! (ride) 

Tra 20 anni come ti vedi?
Ricco sfondato su uno yacht gigantesco; felice con una famiglia unita e con un sogno realizzato: quello di riportare in auge il vero significato della musica, e cioè quello di raccontare le emozioni. 

Cosa ti aspetti da Sanremo?
L’affermazione da artista emergente ad artista affermato. Io amo la musica, voglio vivere di questo, so che devo dire ancora tante cose e portare sonorità nuove in Italia. 

Quando ti esibirai? 
Il 3 marzo, non so ancora in che ordine, ma tirando a indovinare sarò sicuramente primo, terzo oppure ultimo, perchè tutti i numeri significativi nella Bibbia e che ricorrono nella mia vita sono l’1, il 3 o tra gli ultimi. Scommettiamo?!

Festa della donna: il beauty per lei

La festa della donna è l’occasione giusta per fare regalo speciale dedicato alle donne che fanno parte della nostra vita, da poco o da sempre. Per questo abbiamo messo insieme una piccola gallery di idee regalo beauty adatte a ogni donna e a ogni età, per dedicare a tutte una coccola di bellezza.


FRAGILE COSMETICS: BLOOM Restoring Face + Body + Hair OIL

Bloom è un prodotto multifunzione che ripristina, nutre e abbellisce pelle e capelli sin da subito. Profumato naturalmente con note di eucalipto, ibisco e patchouli è un olio ricco ma a “peso zero” che si assorbe rapidamente. Nella formula troviamo: Olio di Canapa, Olio di Crusca di Riso, Olio di Girasole Biologico, Olio di Mandorle Biologico, Estratto di Malva Biologico, Calendula.



FRAGILE COSMETICS: RISE Volumising + Texturizing HAIRSPRAY

RISE è un nuovo spray innovativo volumizzante e texturizzante, realizzato con oltre il 99% di ingredienti naturali, leggermente oleoso, formulato per dare forza, consistenza e tenuta leggera a tutti i tipi di capelli. Naturalmente profumato con note di rosa, geranio e agrumi.


GLITZ TOY: Glitz Tech Sculpting Roller

Un massaggiatore per il viso e il collo con terminazioni a forma di diamante, che aiuta ad alzare gli zigomi. Modella e lifta il viso e tende a migliorare la circolazione e la penetrazione dei prodotti di skincare, a ridurre il gonfiore e a definire il contorno mascellare.



VAN CLEEF & ARPELS: Orchid Leather

Realizzata dal profumiere Julien Rasquinet, Orchid Leather è la prima fragranza di Van Cleef & Arpels con accenti di cuoio. Botanico e strutturato, questa sorprendente fragranza nasce dalla fusione senza precedenti di due ingredienti iconici: il cisto e il baccello di vaniglia.



L’OCCITANE: Essence trifase Immortelle Reset

Arricchita con ingredienti di origine naturale, la nuova Essence trifase Immortelle Reset, rinforza e aiuta ad equilibrare la pelle. Un mix perfetto ed innovativo di 2 fasi oleose e 1 fase acquosa per un assorbimento rapido ed ultra sensoriale. Tra gli ingredienti un trio portentoso: l’olio essenziale d’Immortelle, l’estratto di Maggiorana e l’estratto d’Acmella Oleracea.



SALVATORE FERRAGAMO: Signorina

La linea Signorina supera la prova del tempo incarnando un sodalizio al femminile che celebra le diverse personalità di ogni donna.
Signorina Eau de Parfum è un fruttato juice floreale orientale che fonde l’eleganza di un inaspettato duo di gelsomino e panna cotta, vibrante pepe rosa, petali di rosa e peonia e una sottile scia di patchouli e muschio. Nella nuova collezione, vi sono poi altre 3 diverse personalità in un formato accattivante: Signorina Ribelle, Signorina in Fiore e Signorina Misteriosa.




KORFF: 3D sculpt maschera notturna viso e collo effetto boost

Una maschera notte che rassoda in modo intensivo l’epidermide. Riduce efficacemente le rughe mentre ridisegna il contorno di viso e collo.


GLOWRIA

Stress Less è il nome della beauty box pensata appositamente per il mese di Marzo che invita le donne al totale relax. Glowria ogni mese propone una sorpresa nuova, una beauty routine che si traduce in emozioni. Per ogni box c’è un fil rouge che lega i prodotti, la cui selezione cambia a seconda del mood e dei tips di bellezza che la fondatrice desidera trasmettere.



Ghemon al Festival di Sanremo 2021 – l’intervista

Gianluca Picariello, in arte Ghemon, è il rapper e cantautore avellinese che torna sul palco del Festival di Sanremo 2021 dopo il successo di “Un temporale”, tratto dal suo ultimo album “Scritto nelle stelle”.
Per la categoria big, Ghemon presenterà il brano “Momento perfetto“, una confessione, una spinta a guardarsi dentro e gioire delle bellezze della vita.


Il tuo nome d’arte, Ghemon, si rifa’ ad un personaggio di una serie di manga, Arsenio Lupin. Cos’avete in comune?
Niente! Me lo sono appiccicato addosso da ragazzo perchè mi affascinava la calma che il personaggio manteneva anche nei momenti più difficili, una virtù che non ho per nascita ma che ho imparato a coltivare. Per natura sono un po’ focoso.

Quest’anno tra le restrizioni del Festival ci sarà l’esibizione senza pubblico, come lo immagini?
L’esperienza delle prove mi dice che l’emozione rimane grande. E’ vero manca il contatto diretto con i destinatari del dialogo, manca l’accoglienza e il saluto quando hai finito, ma sono a casa che ci guardano e l’applauso virtuale lo si recupera dai bei messaggi che arrivano dal web.

La canzone che porti a questo Festival di Sanremo si intitola “Momento perfetto”, di cosa parla?
Parla di quello che può essere il “momento perfetto” per ciascuno di noi. E’ una spinta a guardarsi dentro, a capire chi siamo, a cercare gioia e motivazione e a non sentirsi secondi agli altri. Sui social siamo bombardati dalle vite altrui, che amiamo e invidiamo, e che ci “distraggono” dalle nostre, con questo testo vorrei che tutti riuscissero a trovare le motivazioni dentro di sé per essere felici.

Com’è nata?
Scrivo canzoni per me, non riuscirei a crearne una con l’intento di passare al Festival; la spontaneità, almeno nel mio caso, ha pagato. “Momento perfetto” è una onesta ammissione delle emozioni di un giorno, quello in cui l’ho scritta; mi sono seduto e ho confessato sperando fosse la confessione di tutti.

In che modo ha influito il lockdown sulla tua musica?
Era complicato realizzare cosa stesse succedendo, obbligati a vivere una condizione in maniera passiva e del tutto straordinaria; concentrarsi su altro era davvero difficile, ho ripreso a scrivere in studio solo dopo il lockdown, tutte le canzoni dell’album infatti sono giovani, hanno pochi mesi di vita compresa “Momento perfetto”, che fu una delle prime.

La cover dell’album ti vede con un gatto sulle spalle, che significato ha? E’ il tuo?
Jamie è il gatto di un amico, il ragazzo che ha scattato la foto. In realtà è il mio amico, proprietà del suo gatto, perchè sono sempre i gatti a comandare, per questo io ho scelto un cane.

Come i gatti, hai dichiarato di avere anche tu sette vite. Quali sono le altre sei?
Ho intrapreso la carriera artistica in maniera spontanea, senza che nella mia famiglia ci fossero artisti né che i miei amici fossero così convinti che ce l’avrei fatta; una laurea in legge, leader di una band, primo demo a 17 anni, primo disco ufficiale nel 2007, l’esperienza a Sanremo e poi il ritorno, oggi.

Il nuovo album è intitolato “Feriti e contenti”. Qual è la tua ferita più grande?
La depressione, ferita che sono riuscito a saturare col tempo, con molta disciplina, tanta forza di volontà, l’aiuto, il supporto e la sopportazione delle persone care. Quando si attraversa il fuoco delle cose, poi la felicità ha un altro sapore e la si vive con più intensità.

In un’ altra vita hai perso 40 chili in due anni
Era arrivato il momento di far combaciare la mia immagine con quello che sentivo dentro piuttosto che con quella dello specchio. E’ stato un lungo cammino di riappropriazione; finito quel percorso mi sono dato un cinque, sapevo ce l’avrei fatta.


Sui social hai lanciato dei divertentissimi sketch acchiappa like in cui chiami anche una zia in Australia
E’ una gag venuta in mente a me e Francesco del mio team management; le chiamate sono reali, la zia in Australia esiste davvero, la storia della mia famiglia parla di emigrazione, lì vivono nonni, bisnonni, nipoti. Poi il resto è freestyle, io sono così anche nella vita di tutti i giorni, un po’ cazzone.

Serata dei duetti con i “Neri per caso
Una bomba di presa bene! Un gruppo vocale con cui mi accomuna l’anima musicale!

I Måneskin a Sanremo, l’intervista

I Maneskin per la prima volta a Sanremo – l’intervista

Grandi novità per la 71^ edizione del Festival di Sanremo che, oltre a mettere in scena esibizioni senza pubblico, rimescola le carte anche nella sezione “big cantanti” dove presenziano tanti gruppi della new generation; tra questi senza dubbio i più acclamati sono i Måneskin, gruppo pop rock composto da Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio.

I Maneskin, per la prima volta sul palco dell’Ariston, portano in gara la canzone “Zitti e buoni” e si esibiranno già dalla prima serata di martedì 2 marzo.
Li abbiamo intervistati per voi:


Prima volta a Sanremo, impressioni a caldo
Damiano: “Già arrivando all’Ariston si percepisce l’importanza di un palco che ha fatto la storia della musica italiana, quella sensazione che stai facendo qualcosa di diverso dal solito, di grande. Un po’ di amaro in bocca per l’atmosfera ovviamente più restrittiva, per l’assenza di pubblico, ma che ci permette dall’altra parte di viverla con più serenità e forse meno pressione. Siamo più leggeri, ci stiamo divertendo molto e non vediamo l’ora di salire sul palco.”

Abituati ad un pubblico scalmanato, come sarà suonare su un palco vuoto?
Thomas: “La gavetta ci ha portato a suonare anche con sole due/tre persone che ci ascoltavano, quest’assenza non ci spaventa e riusciamo a dare sempre il massimo, non ci lasciamo influenzare e soprattutto sappiamo che il pubblico a casa è immenso, che la nostra esibizione arriverà a moltissime persone, la nostra energia è per loro.” 

Damiano: “3 minuti e mezzo, 3 minuti di fuoco e non ci pensi”.

A proposito, abbiamo sentito che sarà un’ esibizione “sudata”, come sarete vestiti?
Damiano: “Un look per ogni sera con Etro che contorni l’esibizione senza distogliere l’attenzione dalla musica. Sappiamo bene che la gente si aspetta molto dalla nostra immagine, ma diamo sempre più rilevanza alla parte musicale; un outfit ci aiuta ad esprimerci e non a recitare, ma ad interpretare noi stessi per fortuna. Questo nostro Sanremo è davvero dedicato alla canzone, il nostro intento è farla arrivare ad un pubblico grande.”

“Zitti e buoni”, la canzone in gara, di cosa parla?
Damiano: “Il testo è differente da tutti i nostri altri, che necessitavano di interpretazione, che avevano un messaggio velato dietro le righe, fatto di metafore. Questo è invece un linguaggio semplice per renderlo il più diretto possibile e legato ad una musica molto potente e scarna, solo power trio. Concetti un po’ diretti, una vera dichiarazione di intenti “Siamo qui, siamo una realtà e abbiamo intenzione di restarci per un po’ di tempo.

Ethan: “Negli anni passati abbiamo acquisito esperienza per raggiungere ora un sound personale ed unico, che ci rappresenti in pieno; abbiamo sperimentato, ricercato raffinatezza, e portare oggi il nostro nuovo linguaggio ci rende orgogliosi e molto onorati.”

Foto Francis Delacroix


Un tema ricorrente nei vostri testi è quello del pregiudizio 
Damiano: “E’ un macro tema il pregiudizio, attraverso la musica cerchiamo di estirpare l’incasellamento, le definizioni assolute. Noi siamo liberi, artisticamente, personalmente, sessualmente.

Quanto di questo pregiudizio c’è nelle vostre storie personali?
Damiano: “Siamo dei ragazzi molto giovani, arriviamo da un talent, abbiamo dovuto scegliere tra il lavoro e la scuola, ci trucchiamo, ci mettiamo lo smalto, ci vestiamo molto femminili, insomma è un po la nostra spada di Damocle.”

Giocate molto con l’ambiguità della vostra immagine. Quanto è marketing e quanto è vero
Thomas: “E’ tutto vero! Siamo così come ci vedete, quattro caratteri forti, testardi, istintivi.”
Ethan: “Il nostro principio di vita è di fare e dire ciò che si vuole, liberamente ma sempre nel rispetto altrui”.

Ma vi capita di litigare? 
Damiano: “Sempre meno”. 
Thomas: “Abbiamo imparato a fare litigate costruttive”.

E come si ricrea l’atmosfera sul palco dopo una discussione? 
Damiano: “Prima di esibirci c’è il quarto d’ora zen, dove nessuno deve parlare (ridono). E mezz’ora prima di esibirsi si è talmente concentrati che non si ha nemmeno la lucidità mentale di pensare ad altro.
La priorità è portare a termine una buona performance quindi anche se ci arrabbiamo, ci dimentichiamo tutto quando suoniamo insieme.

Foto Francis Delacroix

Arriva Victoria e le chiedo subito pregi e difetti di Damiano
Victoria: “Simpatico, intelligente, è un buon amico Damiano, ma un po’ iracondo anche se sta migliorando.

Damiano, pregio e difetto di Victoria
Damiano: “Molto organizzata, è una professionista, mai in ritardo. Il suo difetto è l’impazienza.”

Ethan, pregi e difetti di Thomas
Ethan: “Empatico, socievole, parla con chiunque. Difetto: distratto; quando si fa un briefing importante, alla fine della riunione lui chiede sempre “Scusa mi puoi ripetere l’inizio?!

Damiano: “Quello che parla meno di tutti sono io, addirittura meno di Ethan, perchè per me vige la regola che se non si ha niente da dire, è meglio stare zitti, “Zitti e buoni“.

Thomas, pregi e difetti di Ethan
Thomas: “Molto buono, un ottimo ascoltatore, cerca sempre di comprendere il punto di vista dell’altro, anche se differente dal suo. Difetto: prolisso.

Nella serata dei duetti avrete accanto Manuel Agnelli, il vostro coach a X Factor
Damiano: “E’ nata per caso questa scelta, ci siamo incontrati in treno e abbiamo iniziato a chiacchierare e ad ipotizzare il duetto; siamo felici di stare sul palco con Manuel Agnelli, che stimiamo come professionista e come persona.

Damiano e Manuel Agnelli in sala prove


Qui il testo dei Måneskin, “Zitti e buoni”.

Loro non sanno di che parlo
Voi siete sporchi fra’ di fango
Giallo di siga’ fra le dita
Lo con la siga’ camminando
Scusami ma ci credo tanto
Che posso fare questo salto
Anche se la strada è in salita
Per questo ora mi sto allenando
E buonasera signore e signori
Fuori gli attori
Vi conviene toccarvi i coglioni
Vi conviene stare zitti e buoni
Qui la gente è strana tipo spacciatori
Troppe notti stavo chiuso fuori
Mo’ li prendo a calci ‘sti portoni
Sguardo in alto tipo scalatori
Quindi scusa mamma se sto sempre fuori, ma
Sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Io
Ho scritto pagine e pagine
Ho visto sale poi lacrime
Questi uomini in macchina
Non scalare le rapide
Scritto sopra una lapide
In casa mia non c’è Dio
Ma se trovi il senso del tempo
Risalirai dal tuo oblio
E non c’è vento che fermi
La naturale potenza
Dal punto giusto di vista
Del vento senti l’ebrezza
Con ali in cera alla schiena
Ricercherò quell’altezza
Se vuoi fermarmi ritenta
Prova a tagliarmi la testa
Perché
Sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Parla la gente purtroppo
Parla non sa di che cosa parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
Parla la gente purtroppo
Parla non sa di che cosa parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
Parla la gente purtroppo
Parla non sa di che cazzo parla
Tu portami dove sto a galla
Che qui mi manca l’aria
Ma sono fuori di testa ma diverso da loro
E tu sei fuori di testa ma diversa da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Siamo fuori di testa ma diversi da loro
Noi siamo diversi da loro

Sanremo 2021: si vola con Wrongonyou

Da prodigio del calcio a polistrumentista e compositore per il piccolo e grande schermo. Manintown incontra in esclusiva Wrongonyou poco prima di atterrare a Sanremo dove non mancherà di stupirci. 

La storia di Wrongonyou inizia da un strano caso del destino. A soli 9 anni, vieni notato come piccolo prodigio del calcio e, poco prima del provino con Bruno Conti, ti rompi una caviglia. Qualche anno dopo, per uno strano scherzo del destino, accade un episodio similare prima del tuo debutto con una squadra di basket. Tutto ciò dà la spinta per interessarti alla musica a 360 gradi prima da polistrumentista e poi da autore. Possiamo dire che il fato ti ha proprio illuminato la strada…

È evidente che il mio destino da sportivo fosse segnato (ride n.d.r.). Il calcio e al basket non mi bastavano e quindi, da buon ragazzino iperattivo, ero impegnato anche nel salto in lungo. L’essere fermo in convalescenza mi ha portato ad ascoltare e approfondire la musica grazie ai vinili di mio padre, partendo dagli album di Bruce Springsteen.

Un debutto in lingua inglese nato sotto la buona stella perché incoraggiato da un professore di Sound Technology all’università di Oxford che ha ascoltato i tuoi demo su Bandcamp e ti ha inviato a perseverare. Wrongonyou è una miscela di ispirazioni e influenze, con lo sguardo e l’orecchio inizialmente rivolti oltreoceano e sucessivamente aperti verso il grande cantautorato italiano. Quali sono i generi e gli artisti che tuttora sono la linfa della tua produzione musicale?

Il tutto è partito da un’offerta libera su Bandcamp per scaricare la mia musica, pari a una sterlina e venticinque. Questa offerta è stata seguita dalla mail di un professore inglese alla quale non ho dato peso (pensavo fosse un fake!). Qualche tempo dopo nelle aule di Oxford, dove studiava un amico, risuonavano le note delle mie canzoni. E solo grazie a lui ho scoperto che in realtà si trattava di pura verità, perché il mio amico era studente proprio di quel professore che mi mandò l’offerta su Bandcamp!
Il mio orecchio ama il folk leggero grazie al cantautorato americano. Sono approdato agli italiani molto tardi e per me è stata una scoperta sensazionale. A volte penso quanto le armonizzazioni vocali di Mango siano state per me una rivelazione.



Nel corso degli anni hai curato gli opening act di moltissimi artisti italiani e stranieri, come Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Levante, Mika, i The Lumineers, James Blake gli Austra, e la tua internazionalità ti ha permesso di calcare i palchi dei più prestigiosi festival europei e americani come l’Europa Vox in Francia, l’Eurosonic Noorderslag in Olanda, il Primavera Sound di Barcellona e il South by Southwest festival ad Austin in Texas. Quale sarà il primo brano che intonerai al ritorno davanti ad un pubblico in carne ed ossa?

Spero davvero di portare questo disco in tour perché l’idea di ricominciare, non so come e non so quando, mi riempie di gioia . Aprirei con la title track del disco o un pezzo dei miei esordi come “Rodeo”.

Un’artista prestato più volte al grande e piccolo schermo. Nel tuo curriculum, infatti, è presente il sound di lungometraggi, serie TV e del brano “FAMILY OF THE YEAR” che Real Time ha scelto come colonna sonora del Pride Month. Sei stato molto apprezzato da Gigi Proietti, Anna Foglietta, Rocco Papaleo e Alessandro Gasmann che ti ha anche inserito nel cast de il Premio. Come è stata la tua prima esperienza da attore?

Un’esperienza senza precedenti per la quale avevo molto timore. In realtà mi sono ritrovato in un’ambiente ricco di cordialità. Con i baluardi del cinema italiano è nata una bellissima amicizia e abbiamo condiviso molti momenti insieme, essendo una produzione itinerante in giro per l’Europa.



Lezioni di volo è stato il brano con cui hai concorso alla finale di Ama Sanremo e che ti ha consentito l’accesso alla categoria nuove proposte di Sanremo 2021 risultando il brano con il maggior numero di streaming sulle piattaforme digitali tra quelli in gara a Sanremo giovani. Un inno che sprona al coraggio, un invito a lasciarsi andare, a lanciarsi senza timore e con sicurezza per affrontare le esperienze che la vita ci mette di fronte. Sarà lo stesso spirito con cui affronterai la manifestazione canora più prestigiosa del nostro Paese?

La priorità è affrontare il tutto con divertimento insieme alla mia squadra. Mi dispiace molto esibirmi senza pubblico in quanto ho bisogno della positività generata dalla sua presenza delle persone. Ad ogni modo ho una gran voglia di godermi l’esperienza nel migliore dei modi. Non vedo l’ora!

Special content direction, production, interview & styling Alessia Caliendo

Photographer Matteo Galvanone

Grooming Alessandro Pompili

Styling assistant Andrea Seghesio

Beauty by

Bionike

Gli Elementi

Maria Nila

Miamo

WeMakeUp 

Special thanks to 

Leonardo Hotel Milan City Center

Soulgreen

Virus power: l’innovazione entra in pista

Virus Power nasce a Prato, dall’utilizzo di oltre 20 anni d’esperienza nel campo della sicurezza applicata al settore del motociclismo. Il brevetto appartiene alla Manifattura Primatex SRL, leader nel settore dell’antinfortunistica specializzata nella ricerca e nella realizzazione di tessuti tecnici per abbigliamento e calzature da lavoro. Le tute da moto così prodotte rappresentano una vera innovazione tecnologica, raggiungono livelli di sicurezza mai toccati prima da capi analoghi. Il rivoluzionario materiale ecofriendly, composto da fibre tessili ad alta tecnologia, garantisce massima sicurezza e comfort.



Le fibre tessili ad alta tecnologia “Multiprotective” garantiscono traspirabilità e leggerezza: le tute sono idrorepellenti, lavabili in lavatrice e interamente stampabili e quindi personalizzabili.



Il progetto è completamente improntato al massimo rispetto per l’ambiente, le tute e ogni altro capo d’abbigliamento Virus Power vengono confezionate con materiali riciclabili e in totale assenza di componenti di origine animale.




Il progetto è ambizioso e importante, fondato su tecnologia e ricerca, con l’obiettivo di garantire sicurezza ed elevate performance a chi indossa questo tipo di prodotti, ma che, al tempo stesso, non può prescindere dal considerare quale sarà il suo impatto ambientale. Sostanzialmente, spiega il titolare Christian Priami, e consente di rispettare la vita senza rinunciare alla sicurezza.



Dopo l’entusiasmante esordio dello scorso anno e grazie alla fiducia rinnovata dalla Federazione Italiana Motociclismo, Virus Power riconfermerà la propria presenza sui circuiti, in vista della nuova stagione. Il brand ha anche un altro ambizioso obiettivo per il 2021: uscire sul mercato con abbigliamento molto urbano, presto saranno disponibili anche giubbotteria e guanti da moto.

Le 10 cose da fare durante la dolceamara quarantena

Annoto nella prima pagina di ogni libro che leggo, la data che non scorderò mai, annoto COVID-19, e sono sicura che la memoria in futuro non avrà bisogno di altre spiegazioni. 

E’ stata dichiarata la Pandemia dall’OMS (Organizzazione Mondiale Sanitaria), siamo tutti costretti a rimanere tra le mura di casa, a uscire solo per procurarci beni di prima necessità o per urgenze mediche; c’è chi urla al complotto, cioè coloro che ritengono il Coronavirus un’arma batteriologica, e c’è chi crede nella scienza. Di certo sappiamo che la natura si sta ribellando, sta fermandoci a modo suo, l’inquinamento globale è diminuito, lo si legge nelle mappe della Nasa; nessuna auto per le città, impianti industriali chiusi, chiuse le fabbriche e i luoghi di lavoro, l’impatto di questa obbligata quarantena ha evidenziato in poche settimane un netto miglioramento atmosferico. E’ come una punizione dall’alto a cui noi tutti dobbiamo solo obbedire e prendere coscienza. Una catena che passa anche nelle case e tra gli affetti, sentiamo la mancanza di chi potevamo avere accanto ed ora non ci è concesso vedere, niente abbracci, niente baci, solo l’utilizzo di un’immagine virtuale, che cominceremo a odiare dopo troppo tempo di dipendenza. Sogniamo il caffè con un’amica, il viaggio col compagno, la passeggiata in centro; iniziamo a desiderare ciò che di più caro abbiamo, dandogli finalmente il giusto peso, troppo impegnati prima a correre da un ufficio all’altro.

Ora abbiamo una grande opportunità e una grande risorsa: il tempo. Che ci permette di conoscere noi stessi e di elevarci a cose nobili. E allora iniziamo con l’imparare.

Qui una piccola lista delle infinite cose che possiamo fare durante questa dolceamara quarantena.


Le 10 cose da fare in questa dolceamara quarantena:

1. Leggere il racconto “Voce di bambù fiori di pesco” di Yasunari Kawabata.
Non ci sono parole più adatte in questo momento per raccontare il rapporto uomo-natura. Un racconto-auspicio all’illuminazione. “I fiori sbocciano ogni anno, ma non tutti quelli che li vedono raggiungono l’illuminazione.” Oggi si è materializzato dinnanzi a tutto il mondo un grosso fardello, sta a noi sentire la voce che ci spinge alla luce, anziche’ il rumore che ci tende verso il basso. 

Kawata è certamente l’autore capace di descrivere questo non descrivibile. Leggete questo racconto raccolti nel silenzio delle vostre stanze. Vi aiuterà.


2. Allenare la mente con “Il giro della mente in 80 test”, un libro scientifico con simpatici test psicologici tra i più importanti e i più famosi, che misureranno la vostra intelligenza. Se siete fortunati fatelo con i vostri cari, vi divertirete a nutrire la vostra salute cerebrale. 

3. Cucinare delle cose buone e salutari, e se non siete capaci, è il momento di imparare!
Ne “Il grande ricettario” di Gualtiero Marchesi, la Bibbia degli chef, troverete ben 1200 preparazioni della nostra bellissima terra, ricette italiane regionali rivisitate dal grande maestro dell’arte culinaria. Siete ancora in tempo per cucinare una trippa alla fiorentina e giocare ai voti con i commensali come in “4 ristoranti”. Datevi un bel “Dieesci!”


4. A proposito di cucina, Philippe Daverio, noto critico d’arte ma anche ottima forchetta, ci illustra e ci spiega con invidiabile semplicità ne “A pranzo con l’arte” edito da Rizzoli, la nascita delle abitudini a tavola. Sapevate che l’usanza di mangiare all’aperto arriva dall’epoca d’oro di re Luigi XV? Si faceva un pic-nic durante le partite di caccia e si consumava cibo cotto in precedenza dai cuochi di corte, come l’arancino, invenzione dello chef di Federico II di Svevia in Sicilia. Con Philippe Daverio non si smette mai d’imparare, divertendosi.



5. Scrivere una sorta di “diario di bordo“, delle pagine che raccontino i vostri stati d’animo, le vicende di questi giorni, ritagliatevi anche solo un’ora delle vostra giornata in cui scendete nella zona più buia e nascosta di voi stessi, e accendete una luce. Col passare dei giorni, illuminerete tutta casa.

6. Scrivere una lettera alla persona che amate. L’amore ha infinite forme, il destinatario può essere un amico, vostra madre, vostra sorella; trasformate i vostri pensieri in parole, che le parole possiedono una forza immensa. Tutto quello che la vostra timidezza, i vostri retaggi culturali e comportamentali bloccano, colorateli su un foglio bianco con parole di affetto, gentilezza, grazia. Farà bene a voi, ai vostri rapporti, sarà miele per il cuore.

7. Iniziare un corso di calligrafia. Il volume “Lettering creativo ma non solo” vi inizia all’arte della calligrafia. Tornerete all’ABC esattamente come al primo giorno di scuola elementare, ma con l’obiettivo di trasformare la vostra scrittura da medico, in scrittura da geisha. Solo allora potrete imbustare la poesia all’amore disperato, timbrarlo con la cera lacca, rigorosamente rossa, ovviamente con il timbro riportante le vostre iniziali. Scrivere in vestaglia di seta, con penna d’oca, sul coiffeuse della vostra camera da letto, vi porterà l’ispirazione.

8. Fai qualcosa che rimandi da una vita. Molto spesso troviamo scusanti per pigrizia, per mancanza di sicurezza, per svogliatezza, perchè crediamo di non potercela fare, perchè abbiamo paura del cambiamento, temiamo i risultati, temiamo il giudizio. Lasciate fuori dalla porta virus e paure, e abbandonatevi ai vostri sogni: il libro che non avete mai scritto, le foto che non avete mai fatto, le parole che non avete mai detto. Lasciatevi andare e seguite l’onda dell’impulsività, almeno ora. Fatelo.

9. Dedicarsi alla cura del tuo corpo aiuta la mente ad essere più libera e reattiva; non datelo mai per scontato. Preparate un bagno caldo con mezza tazza di bicarbonato e 10 gocce di Olio31, quel miscuglio miracoloso che serve per ogni malanno. Il bicarbonato è defaticante, rilassante e tonificante; l’Olio31 è invece antibatterico, antidolorifico e antireumatico. Mentre siete immersi, ascoltando il “Tristano e Isotta”, l’opera di Wagner, sorseggiate quel Barolo Docg del 2012 che custodivate per un momento speciale. Quel momento è arrivato. 

10. Guardare tutta la filmografia di Wong Kar-wai. Una lezione di grazia, di fotografia sublime, di poesia cinese. Maestro dell’arte erotica, del sentimentalismo romantico, le sue donne feticcio sono bellissime e ambigue. Le atmosfere delle sue pellicole, notturne e oniriche, calde come una lampada ad olio, le protagoniste, sfuggenti come lampade di carta. 
A mio parere, uno tra i più grandi cineasti viventi. 

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WHITE chiude la fashion week con lo short movie “THIS IS MILANO”.

WHITE chiude la fashion week con lo short movie “THIS IS MILANO”.

Un segnale per la rinascita della capitale della moda, promosso da Milano Loves Italy, movimento che vede uniti i principali player del fashion system.

Si chiude la fashion week, ma il salone digitale di WHITE continua sia nella promozione delle PMI italiane, sia nel valorizzare la stessa Milano, città da cui ripartirà il sistema moda, in vista di settembre. Per questo Milano Loves Italy, movimento promosso da WHITE, che vede uniti i principali attori della Fashion Week (da CBI-Camera Buyer Italia al Comune di Milano, passando per le associazioni di showroom come CSM- Camera Showroom Milano e Allined Network) ha realizzato uno short movie per lanciare un messaggio di speranza e positività.

“THIS IS MILANO” è il titolo del cortometraggio diretto da Mantra-Mezcal, Fred Cavallini & Filippo Pax, girato negli angoli più suggestivi della città, che proprio durante le fashion week vivono di un’atmosfera ancora più speciale. Il messaggio del video è diretto e punta sulle emozioni: è tempo di rinascere! Milano, Capitale della Moda e del Design,  non si arrende e si mostra nella sua Bellezza, che a volte resta silenziosa per poi esplodere in modi e tempi impensabili, una città dinamica, veloce come lo è sempre stata, in evoluzione continua dopo le continue battaglie. Per rialzarsi sempre più bella di prima. Questo lo storyboard sviluppato dai due registi Fred Cavallini & Filippo Pax, che hanno saputo enfatizzare tramite parole e immagini il concetto di una Bellezza resiliente. “THIS IS MILANO” è un inno alla rinascita, è un abbraccio alla città che coinvolge le persone di ogni parte del mondo con il suo stile, le sue bellezze, i luoghi dove la moda nasce e continua a dettare tendenze.  Il progetto – voluto fortemente da WHITE e CSM-Camera Showroom Milano, che raccoglie un importante network di realtà internazionali tutte di base a Milano – è stato realizzato grazie al supporto del MAECI, ICE-Agenzia e alla partnership con Confartigianato Imprese.  

Demetra Bellina, attrice protagonista dello short movie “This is Milano”

Protagonista del corto è la giovane attrice friulana Demetra Bellina, talento che sta per uscire con la serie Amazon Prime “Tutta colpa di Freud”, che commenta:
Sono felice di dar voce a un progetto così importante; dare un messaggio di speranza è la base per un buon inizio. Sono tornata nella città che amo, per le sue luci, la sua gente, abbiamo girato in luoghi meravigliosi, Palazzo Morando, Galleria Vittorio Emanuele, il Duomo, la Terrazza Martini, luoghi che hanno bisogno d’essere vissuti. Milano è riconoscibile quando è viva, quando la Fashion Week richiama persone da ogni parte del mondo, quando l’evento diventa una festa diffusa. E’ così che tutti la ricordiamo ed è così che vorremo tornare a vederla, splendente!”.

Demetra Bellina veste Rubeus Milano- Palazzo Morando

Proprio nel video le modelle e l’attrice Demetra Bellina indossano outfit e accessori di PMI italiane, tra nomi più conosciuti e designer di ricerca  come: Alessandra Gallo, Alessandro Enriquez, Atelier Emé,  Bruno Manetti, Chiara Boni, Ermanno Scervino, Gianni Chiarini, Ibrigu, L.B.M. 1911, Marcello Lucini,  Rodo,  Rubeus, Santoni, Stella Jean, Sorelle Secli, tanto per citarne alcuni.

Commenta Massimiliano Bizzi, founder di WHITE: “Il nostro lavoro di comunicazione e valorizzazione delle PMI italiane è solo all’inizio e parte proprio con questo progetto per proseguire nei prossimi mesi con una serie di iniziative speciali che saranno rivelate a breve. Per Milano la vera sfida sarà la ripartenza di settembre e la collaborazione avviata con Milano Loves Italy con tutti i principali attori del sistema moda sarà fondamentale per convogliare a Milano tutte le risorse per la tanto attesa rinascita”.

Una modella in Ermanno Scervino, frame dello short movie “This is Milano”

Conclude Federico Poletti, direttore Marketing e Comunicazione di WHITE: “Il lavoro digitale di WHITE non si ferma e continueremo a sviluppare lo storytelling e la comunicazione delle nostre aziende sia tramite il nostro digital magazine, sia tramite progetti speciali come questo di THIS IS MILANO. Sono particolarmente contento di aver scelto un collettivo indipendente come Mantra-Mezcal di Fred Cavallini & Filippo Pax con lo styling e la direzione artistica di Miriam De Nicolò. Un team di giovani talentuosi, che come per i nostri progetti speciali, portano avanti con passione e professionalità una visione rinnovata della moda. Abbiamo bisogno di un cambiamento e nuove idee. Questo deve partire dal valorizzare proprio le nuove generazioni di creativi nei diversi campi”.

Demetra Bellina in Atelier Éme

A sostegno del fare sistema nella giornata di venerdì 26 Febbraio si è tenuto presso il Magna Pars, nel cuore del fashion district, un panel  alla presenza del Presidente di ICE Agenzia, Carlo Maria Ferro, del Presidente Vicario di Confartigianato Eugenio Massetti, del Presidente Nazionale Moda di Confartigianato Fabio Pietrella, tutti concordi nel ribadire l’importanza delle PMI, da sempre rappresentate e sostenute da WHITE. Le Piccole Medie Imprese nel settore moda sono realtà pulsanti, che contribuiscono sovente anche al successo dei grandi gruppi, per le quali producono. Pertanto è necessario sostenerle in questo momento di grande sofferenza, perché possano tornare a far vivere il settore moda. L’incontro in presenza è stato particolarmente apprezzato anche dalla stampa e ha ribadito l’importanza del contatto fisico che resta un elemento fondamentale nel mondo della moda a fianco degli stimoli del digitale. Proprio nei giorni del salone, dal 25 al 28 febbraio, è cresciuto il traffico sul nuovo sito di WHITE arrivando a toccare oltre 8.000 utenti unici al giorno con un tempo di visita medio di 2,5 minuti, mentre i social registrano un + 400% rispetto alla precedente edizione con oltre 3000 persone collegate per seguire i webinar. Un lavoro digitale sulle PMI che continuerà per tutto il mese di marzo e aprile per supportare le aziende nelle campagne vendite B2B.


VIDEO THIS IS MILANO


Regia MantraMezcal  – Fred Cavallini & Filippo Pax
Art Direction & Styling: Miriam De Nicolo’
Attrice protagonista: Demetra Bellina – Agency Other 

Dal ring alla macchina fotografica: Michael Samperi

Photographer: Gabriele Gregis @g.gregis 

Stylist: Stefano Guerrini @stefano_guerrini

Stylist assistants: Erna Dzaferović @ernadzaferovic, Lorraine Betta @lorrainebetta, Gabriela Fin Machado @gabifinm, Aurelio Comparelli @aureliocomparelli

Model: Michael Samperi @michael_samperi @UrbnModels

Make-up artist: Vivian Alarcon @vivian_alarcon_mua


Si avvicina a questo sport grazie al padre Mauro Samperi. Come lui stesso racconta “essendo lui il mio maestro mi ha tramandato questa passione, non sapevo ancora camminare e già stavo in palestra a gattonare in mezzo ai sacchi”.

Maglia Lardini, pantaloni Gabriele Pasini, foulard vintage Archivio Guerrini, stivali Roberto Cavalli

Qual è la più grande soddisfazione e quale il più grande insegnamento? 

Fino ad oggi la mia più grande soddisfazione è stata quella di partecipare ai campionati mondiali juniores di Bangkok, vincendo ben due tornei in due discipline: muay thai e K1. Mentre il mio più grande insegnamento che questa disciplina mi ha dato è che se si è determinati, costanti e disciplinati i risultati arrivano e, nonostante i tanti sacrifici, il mio motto è: “non mollare mai”. 



Consiglieresti questo sport e perché?

Assolutamente si, lo consiglio vivamente, e non perché lo pratico da tutta la vita, ma perché ti prepara fisicamente, mentalmente e soprattutto perché accresce particolarmente l’autostima e aiuta a capire l’importanza del rispetto delle regole.



Hai una dieta particolare? 

Si, ho una dieta specifica che seguo tutto l’anno che mi permette di mantenermi in forma e di rientrare nella mia categoria di peso per le gare.


Total look Bally, stivali Roberto Cavalli 

Quanto ti alleni? hai un allenamento particolare?

Mi alleno 6 volte a settimana e ho delle periodizzazioni da seguire ( forza, esplosività, velocità e tecnica).


Quali erano i tuoi miti da ragazzo e a chi guardi ora? A chi ti ispiri?

Il mio mito da piccolo è sempre stato mio padre, lo è tuttora e sicuramente lo sarà sempre. A lui devo tutto. Molto conosciuto nel nostro settore per aver sfornato dalla sua “Accademia Sicilia di Muay Thai “diversi campioni. Sportivamente parlando mi ispiro al combattente Giorgio Petrosyan che grazie al duro allenamento e alla grande umiltà è riuscito ad arrivare ai massimi livelli diventando il più forte al mondo. 



Come sei arrivato alla moda?

Per caso, ho conosciuto i fratelli Dsquared2 e poco dopo mi hanno chiesto se ero disponibile a fare un servizio fotografico con ICON magazine con Giampaolo Sgura e da qui è nato tutto perché successivamente mi hanno presentato all’agenzia Urbn models e piano piano ho iniziato a lavorare in questo settore.

E cosa pensi di questa nuova esperienza?

Devo dire che mi piace tanto, ho scoperto un nuovo mondo, non so se avrò un futuro in questo settore ma ho imparato che nella vita bisogna prendere ciò che arriva, sono esperienze positive che ti fanno crescere. 



Parlando di moda, cosa non può mancare nel tuo guardaroba?

Jeans, mi piacciono in tutti i modi: stetti, strappati, scoloriti, praticamente li indosso sempre e poi naturalmente un belPantaloncino di muay thai!!!

Sei siciliano, ci racconti la tua terra? Immaginando un futuro vicino in cui si possa viaggiare liberamente, cosa consigli di vedere/assaggiare/fare in Sicilia?


Io mi reputo molto fortunato a vivere in un posto meraviglioso come la Sicilia, c’è tanto da visitare ad esempio a Taormina e Giardini Naxos per il mare, le belle nuotate, l’escursioni in barca, si può andare al teatro greco, alle gole dell’Alcantara, per il paesaggio mozzafiato, Noto, Modica e Ragusa per le meraviglie barocche, Siracusa e l’Isola di Ortigia. L’Etna per il paesaggio lunare e se si è fortunati si può ammirare qualche eruzione, la riserva dello zingaro per la vegetazione tipicamente mediterranea, Favignana per le spiagge caraibiche. La valle dei templi di Agrigento , Catania per la sua movida e l’ ottimo cibo. Mi scuso se non ho nominato altri posti altrettanto belli e suggestivi, ma la lista è davvero infinita, vi consiglio di trascorrere le vacanze in Sicilia e toccare con mano, ma sicuramente sarai costretto a tornare perché è veramente difficile visitare tutte le meraviglie che abbiamo. Mentre per il cibo vi consiglio di assaggiare assolutamente l’arancino, i cannoli alla ricotta, la granita con la brioche e del fantastico pesce!!



Sogni e progetti per il futuro?

Il mio più grande sogno è di affermarmi nel mio sport ai massimi livelli e perché no continuare nel campo della moda penso che sia un connubio molto interessante.Anche se ho iniziato da poco ho avuto delle belle soddisfazioni e sinceramente mi è servito molto durante questo periodo visto che le competizioni sono ferme almeno mi sono dato da fare raggiungendo dei bei risultati.

Iron Lynx Racing Team in griglia di partenza per il nuovo campionato, sempre più rosa

Il mondo dei motori può vantare un team di piloti e tecnici, mossi da una passione fuori dall’ordinario, la cui dedizione li ha portati al raggiungimento di obiettivi sempre più ambiziosi.
È il Racing Team Iron Lynx che il 26 febbraio, all’interno del prestigioso circuito del Mugello, ha presentato il suo affiatato team, che può contare, tra i propri punti di forza, su una coesione pari a quella di una vera famiglia e sulla determinazione che li ha già portati alla vittoria della Michelin Le Mans Cup, sulla pista di Portimão, con il podio assoluto del pilota Rino Mastronardi.

La nuova stagione attende i 21 piloti al volante di 14 Ferrari (con le nuove Ferrari 488 GTE e GT3) in cinque diversi Campionati, gareggiando ai più alti livelli delle competizioni mondiali GT, tra cui il ritorno alla prestigiosa 24 Ore di Le Mans e, per la prima volta in assoluto, la partecipazione al FIA World Endurance Championship. La European Le Mans Series vedrà la partecipazione del celebre pilota spagnolo della Ferrari Miguel Molina.

Abbiamo visto sfrecciare le Iron Lynx fiammanti, immersi nell’inconfondibile musica di sottofondo del loro motore, nel modulare la sua intensità tra le 15 curve, un’emozione dopo l’altra, per una lunghezza di 5.245 metri, quella del tracciato del Mugello dal cuore rosso Ferrari.
Le nuove livree ancora più accattivanti, customizzate da Garage Italia, sotto la direzione creativa di Carlo Borromeo, presentano il motivo della lince con un look ancora più racing e minimalista, caratterizzate dai 3 audaci colori: giallo, azzurro e il magenta dedicato al progetto Iron Dames, tutto al femminile, che ha tutte le carte in regola per ottenere il podio della 24 Ore di Le Mans.  Ma non è l’unica sfida ad attendere le Iron Dames, guidate dalla fondatrice Deborah Mayer che accompagnerà questo straordinario team sulle piste delle più importanti competizioni internazionali top level tra cui l’European Le Mans Series con la new entry Formula E Nascar e IndyCar, Katherine Legge, la Michelin Le Mans Cup, il Ferrari Challenge e, per la prima volta nella storia, il FIA World Endurance Championship.

Deborah Mayer, con la fermezza e l’autocontrollo di una vera fuoriclasse, ci racconta la sua grande passione per tutti gli sport tra cui il tennis e il baseball, a cui ha dedicato gran parte della sua crescita. La sua determinazione nel desiderio di poter competere insieme agli uomini negli sport che per lei rappresentano tutta la sua vita, ricorda la tenacia di Billie Jean King che ha contribuito a cambiare la storia del tennis.
I suoi successi e quelli raggiunti dal team, “sono il risultato del costante lavoro, portato avanti dai suoi compagni e dai tecnici del team, senza perdersi mai d’animo” sono queste le parole che usa Deborah per spiegare il lavoro di squadra necessario per il raggiungimento di un obiettivo.
Ci saranno sempre delle giornate sbagliate e qualcuno che proverà a convincerti che non puoi gareggiare con gli uomini, ma devi sempre credere in quello che fai e non mollare mai, farti guidare dai tuoi sogni”.
Non vediamo l’ora di vedere gareggiare tutte le Iron Dames al completo, insieme alla Mayer, l’italiana Manuela Gostner, la danese Michelle Gatting e la svizzera Rahel Frey.
Perché, come ci spiega Deborah: “Iron Dames is an attitude – Never give up and go fight!”.

Andrea Piccini, Team Principal di Iron Lynx, afferma: “Siamo entusiasti di presentare la nostra stagione motorsport, in assoluto la più ricca di sempre. Il 2020 è stato un anno incredibilmente difficile per l’intero settore mondiale e siamo pronti ad affrontare un anno così impegnativo. Dopo il duro lavoro degli scorsi mesi, siamo convinti che sia arrivato il nostro momento, ed è domani”.