Larusmiani: una storia handmade che nasce nel cuore di Milano

Il marchio sartoriale più antico di via Montenapoleone, oggi guidato dalla terza generazione, si è posizionato come una delle realtà simbolo dell’artigianalità Made in Italy.

Insieme a Guglielmo Miani Senior, un sarto specializzato in tute e raincoat cuciti a mano, impermeabili come le ali di gabbiano, in latino Larus. Sembrava già scritto nel destino che questa avventura avesse tutte le basi per spiccare il volo. Già dai primi modelli si stava identificando un target ben preciso, quello di un gentleman in continua evoluzione di stile grazie alle influenze del contemporaneo.

Le boutique arrivano in poco tempo. Dal 1939 fino agli anni Sessanta vengono inaugurati quattro spazi tra via Montenapoleone, via Manzoni, Galleria e Corso Vittorio Emanuele II. Sono punti strategici da cui prenderà vita la pietra miliare del Fashion District meneghino. Intanto il successo si fa visibile nel mondo dello spettacolo: il fondatore diventa amico e outfitter di celebrità del calibro di Buster Keaton, Totò e Charlie Chaplin, mentre nel 1970 viene insignito come il più grande importatore dell’industria tessile inglese.

Tre anni dopo il figlio Riccardo diventa ceo, iniziando un forte investimento nella divisione tessile con collezioni handmade interamente fatte in Italia; alla fine degli anni 80 viene inaugurato l’headquarter vicino allo store, mentre il marchio inizia a posizionarsi come uno dei key supplier di tessuti di alta qualità per i fashion designer di tutto il globo. Oggi ne vengono venduti 2 milioni di metri all’anno in fibre naturali come cashmere, vigogna, lino, cotone e seta, prodotti tra Como, Varese e Biella. I vestiti e gli accessori sono creati nel Tailor shop in Toscana da un team speciale di artigiani.

Nel 2006 il testimone passa a Guglielmo Miani, rappresentante della terza generazione di famiglia, che assume la carica di amministratore delegato, per poi essere eletto presidente cinque anni dopo. Un know-how quello del tessile e dell’alta sartoria che Miani respira fin dalla nascita come parte del Dna della sua famiglia, unito a passione e determinazione. Il numero uno dell’azienda dal 2010 è anche presidente di Montenaoleone District, che riunisce 150 brand internazionali del lusso nel Quadrilatero della moda di Milano. Inoltre, è membro del Consiglio della Confcommercio, organo di rappresentanza di più di 700 mila imprese impegnate nel commercio e turismo in Italia.

Con il salto generazionale si sono delineati nuovi obiettivi di business incentrati sull’offerta abbigliamento. Il sofisticato approccio diretto verso il vero lusso è simboleggiato proprio dal gabbiano, ricamato all’interno delle giacche e dei cappotti come marchio di riconoscibilità ed eccellenza. Nel 2015, ’heritage cresce con la storica coltelleria Aldo Lorenzi che viene integrata negli spazi della boutique Larusmiani in via Montenapoleone 7.

Inaugurata nel 1954 e rinnovata in seguito dall’architetto londinese David Collins, è il più antico negozio pret-a-porter di Via Montenapoleone. Una superficie di 700 metri quadrati dislocata su tre piani fa immergere in un universo di eccellenza, fatto di opere d’arte, orologi vintage, libri antichi, in cui possono essere toccati con mano i capi Larusmiani. L’espansione fuori dai confini di nascita è stato un passo più che naturale.

La boutique estiva a Porto Cervo in Sardegna aperta quattro anni fa è stata seguita da uno store sulle Alpi svizzere a Saint Moritz. Il secondo step verso l’internazionale ha visto partnership nel settore dell’hôtellerie di lusso per l’apertura di altri punti vendita nell’isola caraibica di Saint Barth e nel 2019 a Parigi, anno in cui la maison è anche approdata nello shopping center Métropole di Monte-Carlo.

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L’arte del viaggio: Christian Pizzinini e Antonio Lodovico Scolari

I travel ambassador per l’Italia di Atelier Voyage, fondatori di Pizzinini Scolari Comunicazione, si raccontano a Manintown.

Come è nata l’avventura con Atelier Voyage?

C. Ho conosciuto Gerhard Gerhard Lindermeir e Gabriel D. Doucet Donida di Atlier Voyage presso il Rosa Alpina di San Cassiano sulle Dolomiti. Insieme abbiamo capito che condividiamo molte passioni per i viaggi tailor-made e non solo. I fondatori aperto da pochi mesi il loro atelier di Milano e noi siamo diventati i travel ambassadors per l’Italia.

A. Idem.

Come vedi l’evoluzione del mondo social legato al business travel?

C. Il mondo social legato al viaggio all’estero è già ben delineato.

A. La figura dell’influencer è molto legata alle opportunità. Pochi sono in grado di raccontare i luoghi e gli hotel, ma spesso cadono nell’autopromozione di se stessi.

Tre aggettivi per definirti.

C. Curioso, esteta, intraprendente.

A. Dinamico, alla ricerca di stimoli continui, indipendente.

Meglio partire ben organizzati o a occhi chiusi?

C. Meglio andare sul sicuro e affidarsi a un travel designer.

A. La figura del travel designer è in grado di strutturare il viaggio, non sempre costoso, sulla base di necessità e budget.

Valigia piccola o grande?

C. Un esperto viaggiatore riesce a partire abbastanza snello.

A. Spesso si esagera con cose in eccesso, ma meglio un capo in più che un acquisto last minute. E poi noi italiani sappiamo vestirci bene.

I tre viaggi del cuore.

C. Uno dei miei resort preferiti è l’isola di Jumby Bay ad Antiqua. In Italia un posto magico è il Capofaro a Salina, immerso nei vigneti di malvasia. Ed anche il Tyrol di Selva di Valgardena, un hotel di tradizione, dove soggiorni tra amici. 

A. Ladakh, piccola regione indiana ai piedi dell’Himalaya, stretta tra il Pakistan e la Cina. Le Maldive e il Venezuela con le sue isole spettacolari. Peccato che ora sia off limits, spero di ritornare a Los Roques non appena possibile.

La persona migliore con cui partire.

C. L’amico del cuore e il mio partner.

A. Preferisco viaggi con poche persone o anche da solo, trovo che sia un piacevole momento da dedicare a se stessi.

Quale sarà la tua prossima meta?

C. Cape Town in autunno.

A. San Francisco in ottobre.

Il viaggio del futuro…

C. Un safari in Sudafrica, una crociera sul Nilo, una puntata a Tel Aviv, un saluto a Lisbona, alla scoperta del Brasile.

A. La Mongolia.

Qual è una Spa o un Hotel che hai amato? 

C. La Spa dell’Alpina Dolomites Gardena sull’Alpe di Siusi e L’Aman Hotel di Venezia.

A. L’Hôtel Ritz di Parigi, prima della ristrutturazione.


Cosa non può mai mancare in valigia?

C. Un buon libro.

A. Un libro.

Tre accessori utili che metteresti in borsa.

C. T-shirt, occhiali, costume.

A. Camicia, occhiali da sole, costume.

Il mezzo preferito.

C. Aereo.

A. Aereo.

La città più bella al mondo.

C. Parigi, rimane sempre la più elegante.

A. Roma.

Dove ti vedi in un giorno lontano?

C. Continuerò a sognare come ho fatto finora.

A. Non lo so ancora di preciso, un’idea ce l’ho e vedrò di concretizzarla.

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Sneakermania a Pitti: il debutto di P448

Pitti Uomo 96 è la piattaforma ideale per cogliere le tendenze delle prossime stagioni, un osservatorio privilegiato per il lifestyle maschile. In questo panorama non potevano mancare le sneaker, che da simbolo dello street style hanno conquistato tutti per la loro versatilità. Tra gli importanti debutti a Pitti Uomo della stagione è P448, brand italiano di sneakers – uomo, donna e bambino – che unisce tutte le sfumature dello streetwear nei suoi modelli, dall’hip-hop alle nuove espressioni metropolitane, con un twist inedito e attuale. I colori sono innovativi mentre i materiali sono selezionati e di qualità superiore. Questa caratteristica è il fiore all’occhiello del marchio, attento a combinare il made in Italy con un design decisamente moderno.

Una storia tutta italiana che nasce nel 2014 dall’eclettica sensibilità di Marco Samorè e Andrea Curti che produconola prima collezione il brand che da subito si inserisce nei punti vendita di riferimento del mercato italiano. L’anno successivo è invece dedicato alla conquista dell’Europa, con l’ingresso in nuovi mercati come Germania, Francia, Olanda, Belgio e Spagna per poi aprirsi anche a un’audience sempre più internazionale. Certamente originalità, qualità e riconoscibilità identificano il marchio caratterizzato dall’utilizzo di materiali e pellami ricercati.

E nell’ottica di questa espansione globale P448 presenta le novità per la stagione SS20 all’Urban Panorama (Costruzioni Lorenesi Spazi Esterni) a Pitti Uomo. I due modelli, Soho e John mantengono standard elevati in termini di estetica e piacevolezza al tatto. Soho, in pelle bianca o nera, si distingue per l’esclusiva suola personalizzata in gomma marmorizzata a contrasto verde e blu navy.

John invece, contemporanea e dinamica, presenta due nuove varianti. La prima conquista con la sua trama ipnotica realizzata in 100% pelle e caratterizzata dall’esclusivo pattern ispirato al mantello del boa nei toni del grigio. Si aggiunge ora la versione in pelle craccata nera su fondo a contrasto, punta in suede ton-sur-ton e dettagli neon. Le sorprese non finiscono qui. P448 progetta infine l’apertura di due monomarca, il primo a New York, entro il 2019, e il secondo a Milano, nel 2020, entrambi nei principali shopping district di riferimento, rispettivamente a Soho e nel Quadrilatero della Moda.

https://www.p448.com/

 

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PITTI UOMO 95 HIGHLIGHTS

ANNIVERSARI
Diadora, una mostra per il 70° anniversario
Diadora celebra 70 anni di attività con “It plays something else”. L’exhibition, curata da Davide Giannella, rende omaggio alla storia sportiva del marchio con un team di artisti che reinterpretano l’idea della velocità. In scena il design, la fotografia, le immagini in movimento e la scultura di Ducati Monroe, Maisie Cousins, Gabber Eleganza, Invernomuto e Patrick Tuttofuoco. La mostra inaugura l’8 gennaio e rimarrà aperta al pubblico come omaggio alla città di Firenze nei due giorni successivi.

Moon Boot festeggia il 50° con una capsule
Sono passati 50 anni da quando Giancarlo Zanatta, ispirandosi allo sbarco sulla Luna e agli astronauti, ha dato vita a Moon Boot. In occasione dell’anniversario il marchio, diventato icona per i suoi doposci, presenta la capsule The (R)evolutionary journey of an icon, creata con materiali di ultima generazione. Un mostra di 50 pezzi ripercorre poi la sua storia, con un occhio al futuro. Il progetto sarà reso ancora più speciale da un’experience a testa in su, in scena la sera del 9 gennaio alla Stazione Leopolda.

Barbour celebra 125 anni di heritage
A 125 anni dalla sua fondazione, Barbour presenta una collezione celebrativa. La casa di moda britannica, oggi presieduta da Dame Margaret Barbour, quarta generazione e diventata famosa per il giaccone cerato, ha lavorato sulle sue icone rilette in chiave contemporanea. Sullo sfondo, una zona museale accoglie le linee e i capi che hanno fatto la storia dell’azienda, come il tradizionale Tartan. Barbour è gestito e distribuito in Italia da WP Lavori in Corso.

CAPISPALLA
Outdoor urbano da Rewoolution
La città diventa una giungla da attraversare per Rewoolution. Il marchio di activewear sostenibile racconta l’inverno nella sua Urban Outdoor, una collezione in pura lana Merino ad alta performance. In primo piano lo Suit in flanella dai tagli classici, l’Anorak in lana accoppiata a membrana e il Rain Jacket in Sport Blazer. Quest’ultimo è simbolo dell’unione tra lo stile sartoriale e il mondo dello streetwear: il volume destrutturato è protetto dalla mantella interna ultralight.

Herno presenta l’evoluzione di Laminar
La sartorialità è sempre più tecnologica in casa Herno. L’azienda guidata da Claudio Marenzi accende i riflettori su Sartorial Engineering, progetto evolutivo di Laminar, collezione nata nel 2012 simbolo di funzionalità oltre l’estetica, che mette al centro il capospalla impermeabile, resistente al vento e traspirabile. La linea si compone di 28 nuovi modelli, dal parka e filed jacket fino al bomber. La classicità di lane e flanelle, check e pied-de-poule incontra trattamenti water resistant e windproof, mentre dettagli sportivi e interni staccabili conferiscono comfort e vestibilità.

L’apparel è eco da Invicta
Non solo zaini da Invicta. Il brand ha studiato dei capispalla ecosostenibili, realizzati in tessuto proveniente dal riciclo di bottiglie pet, in un connubio di tradizione e sperimentazione. I giubbotti, dotati di imbottitura Primaloft che garantisce comfort, calore e resistenza all’acqua, contribuiscono a salvare l’ambiente dalle plastiche inquinanti. All’interno si trovano anche le bretelle personalizzate per il trasporto quando non indossato. E se le prestazioni sono certificate, l’ispirazione creativa arriva da una storica spedizione di Invicta.

COLAB
Best Company, il capospalla è hi-tech con Ono Yoshinori
Best Company guarda a un futuro di ultima generazione e lo fa insieme a Ono Yoshinori. Il marchio fondato a Carpi negli anni Ottanta da Olmes Carretti, tutt’ora a capo delle collezioni, ha chiamato il designer nipponico per dare vita a una collezione di capispalla dalla vocazione high-tech. In scena parka e piumini che strizzano l’occhio all’immaginario della natura e al mondo del design, a cui si lega il creativo. Le performance? Traspirabilità, controllo termico e fitting 3D.

Allegri rilegge l’impermeabile con Cottweiler
La tradizione di Allegri si sposa allo sportswear sartoriale inglese di Cottweiler. Per il marchio, il duo britannico Ben Cottrell e Matthew Dainty ha realizzato una capsule di dieci impermeabili ispirata al mondo marino. I capi vengono caratterizzati da elementi legati all’abbigliamento sportivo della pesca subacquea e dell’apnea. In primo piano i layer termici removibili e tessuti speciali che testimoniano le tecnologie avveniristiche uniti allo stile formale.

Rossignol firma la sneaker di Philippe Model
Sarà presentata nel Giardino di Villa Vittoria, in un’installazione futuristica ad igloo, la capsule Rossignol x Philippe Model Paris, nata dal gruppo francese dello sci e dal marchio di sneakers high-end. Il modello si caratterizza per la suola running agile, mentre tomaia e allacciatura tecnica richiamano gli sport di montagna, come il sistema di chiusura e il collarino imbottito che ricordano la parte interna dello scarpone da sci. Disponile in quattro differenti abbinamenti colore, due per l’uomo e due per la donna.

Les Hommes incontra l’active di Sergio Tacchini
Le atmosfere urbane e la palette colori minimalista di Les Hommes incontra l’immaginario agonistico del tennis di Sergio Tacchini in una capsule dall’anima active. La griffe di abbigliamento maschile guidata dal duo belga Tom Notte e Bart Vandebosch, rilegge in chiave fashion i pezzi iconici anni Ottanta del brand sportivo. In scena felpe, polo e tute in una geometria di grafismi, dove il nero e il cobalto diventano le nuove referenze cromatiche.

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Paolo Stella si racconta: MEET ME ALLA BOA

Ha appena pubblicato il suo libro “Meet me alla boa”, non solo un influencer ma un personaggio a tutto tondo, che debutta con il suo romanzo d’esordio.
Paolo Stella non smette di sorprenderci e noi lo avevamo già intervistato lo scorso gennaio.

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Un’allure audace e disinvolta, temperata da un sorriso timido e rilassato. Paolo Stella inizia gli studi di architettura per proseguire a Roma con la carriera di attore, prima di diventare uno dei maggiori influencer di moda e lifestyle da 260mila follower. La fondazione di Lampoon sancirà l’avvicinamento al mondo del fashion e della rete, che prenderà forma nel 2016, con la nascita della Grumble Creative, società di strategia per web marketing.

Come definiresti un influencer?
Chi non influenza le persone, ma è in grado di raccontare una storia attraverso le immagini, con un contenuto e una strategia creativa.

Quale sarà il social network del futuro?
Instagram. Per almeno altri 15 anni. È il migliore per fare brand awareness.

C’è un lato negativo della tua professione?
Sì, quello del venire costantemente giudicato e spesso in modo superficiale. Aggiungo, però, che ultimamente la situazione è rientrata, poiché sono passato a lavorare su contenuti meno legati a una visione estetica e più giocati sull’ironia.

Quanti dei tuoi consigli sono sinceri e non sponsorizzati?
Non c’è niente di fake nel mio profilo. Con il tempo, ho capito quanto la gente che segue il web abbia un sesto senso molto sviluppato per ciò che è vero. Per questo, ogni volta unisco il lavoro al mio linguaggio, investendo quindi, su una forte personalizzazione.

Parliamo di età. Come immagini il tuo lavoro e quello degli influencer in generale in un futuro lontano?
Funzioneranno solo coloro con un solido punto di vista. Per quanto mi riguarda, fare creative direction è l’evoluzione stessa dell’influencer.

Conta più apparenza o sostanza?
Una bella faccia funziona sempre, ma solo per un periodo perché dopo stanca.

Quante ore impieghi per preparare i tuoi look?
Quattro minuti, se esageriamo! Non faccio quasi mai scatti solo di look, ma di lifestyle ed ho le idee molto chiare. Non voglio parlare dei brand, ma investire in un progetto creativo e creare una storia attorno a loro.

Quali app utilizzi per ritoccare le foto?
Snapseed ad esempio. In generale uso le app in modo compulsivo e mai i filtri di Instagram.

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La personalizzazione è al primo posto da Zalando. Alle startup: «Non abbiate paura di commettere errori»

Come fare business digitalizzato in modo innovativo? Zalando è una di quelle aziende che, oggi, ci riesce benissimo. Primo sul fronte numeri, grazie a un 2017 archiviato in corsa a doppia cifra a oltre 4,4 miliardi di euro di fatturato, secondo grazie a una rosa di consumatori attivi, che hanno superato i 23 milioni. Al centro della sua strategia, l’e-tailer tedesco basato a Berlino mette proprio il cliente, lavorando su una customer experience personalizzata a tutti gli effetti. A raccontarla a MANINTOWN è Alessandro Pantina, Senior brand manager South Europe della società, con uno sguardo verso il futuro e qualche consiglio alla new generation di talenti.

Cosa significa fare innovazione nell’online per Zalando?
Mantenersi in movimento, ripensare lo status quo ed esplorare nuove opportunità e modalità. Siamo nati nel 2008 come sito di e-commerce e, nel 2015, abbiamo annunciato la nostra platform strategy. Da allora abbiamo ampliato significativamente il nostro business: permettiamo ai clienti di acquistare prodotti sulla piattaforma e offriamo servizi, prodotti e soluzioni a brand, retailer o fashion stylist. L’obiettivo di questa strategia è connettere tutti i player del settore fashion.

Quale è la vostra chiave di successo?
L’identificazione nei nostri clienti, capire cosa vogliono e di cosa hanno bisogno.

Nel corso degli ultimi anni quali sono state le iniziative più di rilievo?
La svolta è arrivata nel 2014, dopo una visita di Robert Gentz, ceo e co-founder del gruppo, in Cina. Le potenzialità e i progressi delle piattaforme cinesi ci hanno dato l’ispirazione per passare al livello successivo. Tra gli esempi più recenti, lo scorso mese abbiamo lanciato il progetto gax-system, che prevede l’integrazione di piccoli retailer indipendenti nella nostra piattaforma. In questo modo hanno la possibilità di digitalizzare il loro business e spedire i prodotti ai clienti di Zalando, in Germania. Per chi, invece, dispone già di un’infrastruttura tecnologica, può beneficiare di una maggiore integrazione e vendere i prodotti sul nostro Fashion store, attraverso il Partner program.

Come può oggi rinnovarsi la moda in rete?
Personalizzazione, sostenibilità e tecnologie d’integrazione sono la chiave per innovare e crescere nell’industria fashion. L’innovazione, però, non si limita solo alla moda, è piuttosto un atteggiamento generale. Il nostro focus al momento è rendere la customer experience personale, e lo stiamo facendo con un team di 600 persone.

Quali saranno i vostri prossimi obiettivi?
Vogliamo continuare a innovare l’industria del fashion e creare una nuova esperienza per i nostri clienti. Stiamo lavorando a nuovi servizi di consegna, all’ampliamento dell’assortimento e a ulteriori collaborazioni con i brand. Il nostro focus sarà sulla profittabilità.

Ha qualche consiglio da dare ai giovani startupper e alle nuove imprese?
Non abbiate paura di commettere errori.

Qual è, secondo lei, l’errore più frequente delle aziende che cercano di fare business in rete?
L’incertezza è un errore che può compromettere le aziende, che operano sia online sia offline. È importante sapere quando è necessario essere coraggiosi e audaci, ma anche quando il momento in cui è meglio mettere da parte un progetto.

Quali sono oggi i siti di e-commerce più competitivi?
Le aziende che mettono il cliente al centro e sanno veramente cosa vuole, sono quelle che hanno più successo. Pensiamo a Spotify: sulla piattaforma posso cercare e selezionare ciò che mi piace e ciò di cui ho bisogno. Allo stesso tempo la società apprende le mie preferenze e mi fa delle proposte, permettendomi di scoprire nuovi artisti o canzoni.

Ci può dare anche un consiglio di stile?
La cosa più importante è sentirsi sicuri di sé e a proprio agio in ciò che s’indossa. Se una persona lo è, avrà sicuramente successo.

Quali sono gli account che segue maggiormente su Instagram?
Sono soprattutto legati a fashion, in particolare le principali testate, food e ristoranti. Seguo anche quelli dedicati allo sport, soprattutto a tema arrampicata e corsa.

Ci può raccontare due momenti speciali che ha scattato e postato su Instagram?
Nel primo scatto sono al Treptower Park, un momento importante perché il team building e la condivisione di esperienze con i colleghi sono aspetti che danno un valore aggiunto al capitale umano dell’azienda. Nel secondo, invece, mi trovo sulla Rainbow Mountain… la perfezione della natura qualche volta supera quella dell’uomo e le esplorazioni rendono gli spiriti più liberi.

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Frank Gallucci – proud to be italian

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Appena si apre il suo profilo Instagram da 131 mila follower è impossibile non notare l’hashtag sotto al suo nome, #proudtobeitalian. Ed è proprio dello stile italiano che Frank Gallucci ha fatto la sua forza, per diventare ciò che è oggi. Classe 1986, una laurea a Perugia in scienze politiche ed economiche e un viaggio in Australia anticipano la creazione del suo blog quattro anni fa, che è diventato in poco tempo un punto di riferimento del lifestyle tricolore.
Come ti definiresti?
Rappresento l’uomo italiano, che veste con versatilità e disinvoltura più stili, dall’elegante allo sportivo.
Qual è la tua idea di stile?
Semplice. Credo nella bellezza italiana e nel Bel Paese.
Chi è oggi un influencer?
Colui che riesce a influenzare le scelte della gente. Io cerco di farlo trasmettendo il mio stile di vita, non solo con la moda, ma anche attraverso i miei gusti musicali, viaggi, food e molto altro.
Come vedi l’evoluzione dei social?
Facebook di sicuro non scomparirà mai. In generale, l’audience di questi anni non finirà, ma potrà essere veicolata in altre direzioni o verso la nascita di nuove forme di social marketing.
E quella del tuo business invece?
Sto lavorando per diventare consulente di stile, un punto di riferimento per aziende e designer.
Come immagini il tuo lavoro in un futuro lontano?
Tra 10 anni mi potrei vedere Ambassador.
C’è un lato negativo della tua professione?
Sì, quello di non staccare mai la spina.
Numeri del tuo business.
(Non risponde. E ride, ndr.)
Hai una città a cui ti senti legato?
Milano, dove vivo da quattro anni. Ha un dinamismo tramite il quale puoi riuscire in ciò che vuoi.
Quanti dei tuoi consigli sono veri?
Sono uno di quelli che rifiuta i lavori, soprattutto se mi vengono imposti. A questo proposito sottolineo che non sono seguito da agenzie, preferisco tessere personalmente le relazioni.
Conta più una bella faccia o un buon contenuto?
Il contenuto, anticipato da una bella immagine.
Quanto tempo dedichi alla preparazione del tuo look?
Non si parla di ore, ma molto meno.
Quali app usi per ritoccare le foto?
Mi affido sempre ai fotografi. Le foto postate al momento, invece, sono scattate dalla mia fidanzata Giulia Gaudino, che usa Snapseed.

Photo| Karel Losenicky
Stylist| Lucio Colapietro
MUA & Hair| Giuseppe Giarratana
Fashion Collaborators| Orsola Amadeo and Dario Amato

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nima benati: a photography success story

Firmare a soli 25 anni le campagna pubblicitarie di Dolce&Gabbana non è da poco. D’altronde la passione per la fotografia di Nima Benati, influencer da 472 mila follower, nasce fin da quando era piccola, durante gli studi al liceo linguistico. I primi shoots sperimentali prendono ispirazione dai suoi brand preferiti: Gucci, Versace, Cavalli, Prada, Miu Miu. Una formula magica che la traghetta in poco tempo al successo.

Ci dai qualche numero del tuo business?
Se parliamo di social, sono seguita da circa 700 mila persone in totale. Mentre quest’anno ho scattato circa 40 campagne pubblicitarie. Quelle di cui vado più fiera sono di Dolce&Gabbana, un sogno divenuto realtà!

La tua definizione di influencer?
Qualcuno con un gusto spiccato, capace di erigersi sulla massa. Deve essere in grado di offrire contenuti diversi e unici, tanto da invogliare le persone ad emularli.

È meglio avere una bella faccia o un buon contenuto?
Quando lavoro con i modelli conta di più una bella faccia, nella vita metto in primo piano il contenuto.

Come vedi la tua evoluzione e quella del mondo social?
Il mio business principale, la fotografia, non viene condizionato dall’universo social. Quest’ultimo finirà per implodere, ma ha ancora diversi anni di longevità con un ricambio di piattaforme. Instagram regnerà per un altro decennio.

La professione dell’influencer ha una data di scadenza?
No, a patto che riesca a mantenere una certa credibilità. Io sono molto tranquilla, i fotografi più famosi e richiesti al mondo hanno carriere lunghissime: Peter Lindbergh ha 73 anni, Patrick Demarchelier 74 e Stevel Meisel 63! Salute permettendo, si può scattare per tutta la vita!

Un lato negativo della tuo lavoro.
Le persone credono di poter dire quello che vogliono sui social: si scordano che dietro allo schermo ci sono persone vere, alle quali non oserebbero mai rivolgersi così nella vita reale. Insultano, aggrediscono e molto spesso presuppongono cose false, senza elaborare l’immagine o il testo che hanno davanti.

 I tuoi consigli sono veri?
Condivido su Instagram stories solo le cose che trovo davvero interessanti, ma non do mai consigli.

Quante ore impieghi per il tuo look?
Quando vado al lavoro ci metto meno di 5 minuti, con i call time alle 6 di mattina non posso proprio pensare a trucco e stile.

Quali app usi per ritoccare le foto e in quanto tempo circa?
Le foto di Instagram le sistemo con Facetune e Snapseed, mentre quelle di lavoro con Photoshop. Le prime richiedono una ventina di minuti, le seconde anche 5 ore.

C’è un posto o una città che ti ha colpito in particolare?
Il Parco dei Mostri di Bomarzo. Un luogo fermato nel tempo, pieno di arte, bellezza e mistero.

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