La doppia anima di Venezia prende forma al The Venice Venice Hotel

Venezia e la sua laguna costituiscono un microcosmo a sé stante, fuori dal tempo e dallo spazio come siamo abituati a concepirli. Una volta attraversato Ponte della Libertà, questo sentimento avvolge chiunque metta piede nel centro storico della città, che sia la sua prima o centesima volta. Un contesto extra-ordinario, dove passato e futuro si fondono in un eterno presente sospeso, sconcertante, travolgente. Quest’ambiguità, questa fusione di riferimenti ad epoche passate e lifestyle contemporanei costituisce il cuore di The Venice Venice Hotel. Un progetto innovativo tra le mura di palazzo Ca’ da Mosto, tra i più antichi del Canal Grande.

Lo spirito postveneziano del The Venice Venice Hotel

Figlio delle menti di Alessandro e Francesca Gallo, la struttura è stata concepita come un dispositivo che genera una riflessione su Venezia e sulla sua doppia natura. Da qui la ripetizione nel nome, che risalta il modo peculiare in cui a Venezia la tradizione si affianca a un modo di vivere la città moderno.

Con il prezioso sostegno del New Work City, il team interno capitanato dallo stesso Gallo, la realizzazione del Venice Venice ha portato alla definizione di “Postvenezianità”. Un neologismo che sintetizza l’approccio dell’hotel alla città: rispetto e consapevolezza particolari verso una città fragile quanto il suo ecosistema. È da qui che deriva lo stile postveneziano che distingue la struttura nel settore dell’ospitalità. Un’eredità materiale e immateriale di bellezza, arte e artigianato espressa in una nuova e inedita resa formale. È uno stile che si applica a tutta questa realtà, dalla selezione del menù all’architettura degli spazi.

Tutto ciò non poteva che essere rappresentato da Ca’ da Mosto, un palazzo simbolo della laguna. In quanto storica dimora aristocratica e fondaco mercantile, ha attraversato più di otto secoli e assorbito innumerevoli esperienze di epoche e luoghi lontani. Proprio qui è nato l’hotel più antico di Venezia (e forse del mondo): la locanda Del Leon Bianco.

Interni del The Venice Venice Hotel Venezia
Interni della Stanza 06

L’eredità storica di Ca’ da Mosto riflessa nel nuovo hotel

The Venice Venice Hotel a Venezia si fa garante di un livello di ospitalità degno di quello che offriva il suo antenato, il Leon Bianco. Le indimenticabili esperienze vissute tra le sue mura sono state raccontate da intellettuali, artisti e poeti romantici come Turner, Shelley, Dante Gabriele Rossetti. Tra gli hotel più noti sulle rotte del Grand Tour, nella locanda hanno soggiornato ospiti del calibro di Giuseppe II o Paolo Petrovic, il figlio di Caterina di Russia. L’hotel ha anche fornito l’ambientazione a Voltaire per il pranzo dei sei re del Candide.

La sensazione di essere in un ambiente accogliente è amplificata da un format innovativo e servizi speciali. L’assenza del check-in per esempio permette di potersi accomodare direttamente in camera dopo il viaggio. La flessibilità nel check-out invece dà la possibilità di svegliarsi con calma e fare un caffè in moka, o di prepararsi un drink senza uscire dalla propria stanza.

Confort preziosi che sono resi possibili anche dalla presenza di un personale fortemente coinvolto e preparato al progetto, tanto da essere definiti “Dream Builders”.

Gli interni del The Venice Venice Hotel a Venezia

L’ingresso del The Venice Venice Hotel è tracciato dalla “porta d’acqua”, costruita in omaggio alle architetture di Carlo Scarpa. Un forte rimando all’ambientazione lagunare di Venezia, oltre che all’originale “sotoportego” del piano terra di Palazzo Ca’ da Mosto. Qui comincia un percorso che si snoda tra i due piani nobili del palazzo, attraversando più di quaranta camere, ognuna diversa dall’altra. Dalla più piccola, che va ben oltre la metratura media delle classiche camere di hotel, alla suite più grande mai realizzata in città. È proprio tale percorso a riflettere l’anima avanguardista di Venezia, articolandosi tra opere storiche, contemporanee, pezzi di design, ephemera, inviti e manifesti di mostre, memorabilia e progetti speciali.

Un itinerario reso possibile grazie alla ricca e variegata collezione d’arte dei coniugi Gallo, che esplicita la passione e la visione che animano Venice Venice come progetto di hotellerie e lifestyle. Il risultato è una fitta rete di corrispondenze e rimandi, relazioni tra opere, lavori, testimonianze documentali e grafiche. Un tragitto che va dalle avanguardie storiche, alla fotografia contemporanea, fino alle esperienze dell’architettura radicale e del design.

Ogni elemento di design e di arredo è stato disegnato e realizzato appositamente da The Erose, il marchio indipendente dell’hotel.

The Venice Venice Hotel Room Venezia
Interni della Stanza 41

Lo spazio Venice M’Art e il marchio The Erose

Al piano terra di Palazzo Ca’ da Mosto, dove si trova l’antico sottoportico dell’edificio, è possibile scoprire il progetto Venice M’Art. Qui, Alessandro e Francesca Gallo hanno riattivato l’essenza dell’ex fondaco come ambiente adito a scambi e incontri, adibendolo a spazio multifunzionale dalla forte vocazione culturale.

Venice M’Art si propone quindi come spazio espositivo, store, ristorante, bar e terrazza sul Canal Grande, dove è possibile conoscere e acquistare la collezione del brand The Erose. Essa include profumi, cosmetici e pezzi in edizione limitata Arts and Crafts, realizzati con materiali veneziani tradizionali. Offre anche capi d’abbigliamento e accessori artigianali, libri unici su Venezia e esposizioni speciali.

In questo modo Venice M’Art rappresenta un ritorno all’identità commerciale storica di Palazzo Ca’ da Mosto, introducendo un nuovo concept tutto postvenenziano di shopping, ristorazione e arte. Lo spazio aperto e arioso conserva tutte le caratteristiche originali del fondaco, mentre i raggi del sole riflessi dall’acqua danzano sulle antiche pareti di mattoni a vista.

ALOHAS È IL BRAND SPAGNOLO CHE INTRODUCE UN NUOVO MODO DI FARE MODA

In occasione dell’appena conclusa Fashion Week, il noto brand sostenibile di scarpe ALOHAS ha allestito un pop-up store nel centro di Milano. Un’occasione unica e speciale per toccare con mano i modelli del marchio spagnolo, solitamente acquistabili esclusivamente online.

Fondato alle Hawaii nel 2015, ALOHAS produce i propri modelli nelle regioni costiere di Alicante, in Spagna. Con un approccio etico e sostenibile che gli ha permesso di aggiudicarsi un posto tra i migliori sustainable shoes brand, ALOHAS segue il modello di business on demand.

Dal 22 al 23 settembre, il brand ha allestito e svelato la propria collezione 23-24 nella simpatica cornice di Ichi Station, il sushi restaurant in via Solferino 25. Due giorni all’insegna del divertimento, della moda, ma anche dell’apertura a nuovi orizzonti.

Il pop-up store di ALOHAS a Milano brand scarpe sostenibile
Il pop-up store di ALOHAS a Milano

Come funziona il modello di business “on demand”?

L’innovativo modello di business “su richiesta” limita l’offerta dei prodotti in base alla domanda effettiva. In tal modo il marchio evita gli sprechi da sovrapproduzione e le rimanenze dead-stock che caratterizzano l’industria della moda. Contrastando il modello tradizionale con una soluzione moderna, ALOHAS dimostra che, adottando un nuovo punto di vista, cambiare il sistema è possibile.

Nel dettaglio, il brand offre a coloro che abbracciano gli acquisti on demand uno sconto del 30% sugli articoli delle nuove collezioni o per le prime due settimane dopo il loro lancio. In questo modo il team ALOHAS è in grado di valutare i livelli di domanda per ciascun articolo entro 14 giorni circa. Dopodiché, lo sconto si riduce al 15% per gli articoli a produzione avviata o sui pre-ordini, che richiedono circa sei settimane per essere completati. Infine, una volta che sono in stock e pronti per essere spediti i prodotti vengono venduti a prezzo pieno.

Il pop-up store di ALOHAS a Milano brand scarpe sostenibile
L’esterno del pop-up store da Ichi Station a Milano

I vantaggi della produzione locale di ALOHAS

Produrre localmente permette innanzitutto al brand di ridurre la propria impronta di carbonio. Inoltre, dà al team la possibilità di visitare regolarmente gli impianti manifatturieri, per garantire che le condizioni di lavoro siano sempre ottimali. Infine, dà la possibilità di seguire attentamente le fasi di lavorazione mandate avanti dagli artigiani di fiducia. Tra i fornitori selezionati con cura con cui il marchio lavora includono realtà certificate come Leather Working Group.

Da sottolineare che, oltre a proporre le proprie linee di scarpe, abbigliamento e accessori, ALOHAS è anche il marketplace di SVEGAN. Un’alternativa on demand di scarpe vegane che sta prendendo sempre più piede e che viene incontro alle diverse sensibilità di tutta clientela ALOHAS.

INASPETTATE COLLABORAZIONI AZZECCATE: PETER DO X BANANA REPUBLIC

La collezione SS24 di Peter Do recentemente presentata a Parigi ha svelato una collaborazione con il celebre marchio Banana Republic.

Martedì 26 settembre, Settimana della Moda di Parigi: Peter Do sfila al Palais de Tokyo sorprendendo tutti ancora una volta. Tra i look del brand del designer vietnamita, la cui ascesa sembra inarrestabile, hanno fatto capolino anche alcuni pezzi particolarmente speciali. Si tratta dei look chiave della prossima collezione Peter Do x BR, realizzata in collaborazione con lo storico marchio americano Banana Republic.

Versatili e di alta qualità, i capi della capsule collection riflettono l’intersezione tra l’utility design, la sartorialità architettonica moderna e l’artigianalità impeccabile proprie dei due brand.

Disegnata da Peter Do, che si è ispirato agli archivi di Banana Republic, la capsule include pezzi e accessori prêt-à-porter genderful. Antonimo di genderless, il termine ha un’accezione più positiva, inclusiva e liberatoria riguardo tutte le forme di espressione di sé.

Con capi declinati nella palette di colori tipicamente neutri di Peter Do, l’inaspettata partnership amplia lo spettro di ciò che ciascun brand rappresenta. Lo fa tramite una collezione fondata sulla qualità, sulla conoscenza profonda del design e sulle proporzioni sperimentali.

La capsule collection Peter Do x BR si compone di un totale di 28 pezzi e sarà disponibile per l’acquisto online e in alcuni negozi BR negli Stati Uniti, in Canada e in Giappone a partire dal 10 ottobre 2023.

MILANO FASHION WEEK: ULTIMO GIORNO DI SFILATE. AVAVAV E GIORGIO ARMANI, TRA DEBUTTI PROMETTENTI E NUOVE PROPOSTE

L’ultimo giorno di sfilate della Milano Fashion Week ha portato alla luce diversi nomi emergenti e ne ha visti tornare in patria altri già noti. Una scarica creativa di nuova energia che è sinonimo di vitalità per il panorama italiano e di speranza per il futuro delle “giovani” realtà. Il tutto sotto l’ombra di Re Giorgio, che si proietta sulla città per salutare e concludere anche questa stagione meneghina.

Chiara Boni, La Petite Robe

La designer fiorentina Chiara Boni in occasione del suo debutto in calendario ha dichiarato: “Dopo anni di show negli USA sono felice di sfilare a Milano, la città che mi ha adottato e che ha contribuito a far crescere e sviluppare le mie collezioni”.

La collezione SS24 La Petite Robe è caratterizzata da nuance decise, influenzate da un avventuroso viaggio africano. Femminilità tradizionale reinterpretata in chiave moderna, elegante e disinvolta. Colori sgargianti giustapposti a stampe maxi zebrate e motivi tye-dye sono stati combinati dallo styling di Simone Guidarelli. Il soundtrack dello show è stato prodotto e composto da Thomas Costantin, che sintetizza quest’idea di un viaggio che dall’Africa approda nella metropolitana di New York. Ad aggiungere brio allo show, una performance di Drusilla Foer ha aperto la sfilata, esibendosi con Smile di Charlie Chaplin (e indossando una creazione della designer).

Karoline Vitto supported by Dolce & Gabbana

Laureata al Royal College of Art nel 2019, Karoline Vitto è una designer brasiliana con sede a Londra. Con il supporto di Dolce & Gabbana ha presentato l’ultima collezione del proprio brand, interamente costruito attorno all’idea di celebrazione dei corpi curvy. La decisione di fondare questo marchio nasce dalla reazione all’estetica skinny tipica degli anni 2000, nei quali Vitto è cresciuta in Brasile.

Allestito presso Casa Dolce & Gabbana, lo show ha visto scendere in passerella un cast di modelle con taglie dalla 10 alla 26 (taglie UK) con Ashley Graham ad aprire la sfilata. Gli abiti presentati sono stati realizzati con inserti metallici che scolpiscono il corpo accentuandone curve, rotolini e tutto ciò che è spesso causa di body shaming. Un modo per glorificare le forme femminili e riconquistare l’orgoglio e la gioia che provengono dal sentirsi bene con se stessi.

L’importanza di ricevere un sostegno (economico soprattutto) da realtà affermate come quella della celebre Casa di moda italiana è presto dimostrata. Con l’accesso ai vasti archivi del marchio, oltre al supporto di un team completo di lavoratori qualificati nell’atelier di Dolce & Gabbana, Vitto ha potuto aumentare il numero di look nella sua collezione, passando dai soliti 10 a più di 30.

Il paradiso tropicale di Shuting Qiu

La collezione SS24 di Shuting Qiu è un omaggio alla bellezza naturale e all’ambiente, ispirata al suo recente viaggio a Tenerife. La designer-pittrice fonde il fascino tropicale con la sua caratteristica visione colorata e gioiosa, arricchita dai ricami tradizionali degli artigiani di Hangzhou, città d’origine di Qiu.

Il tema centrale è la stella marina, simbolo dell’oceano, che si intreccia con motivi floreali e disegni audaci. Anche in questa collezione il brand, fondato nel 2018, si è impegnato circa il tema della sostenibilità e ha inserito tra i capi dei pantaloni in denim riciclato. Inoltre, in collaborazione con UGG, il marchio australiano con manifattura Made in Italy, sono state create scarpe dipinte a mano. Ogni capo cattura la bellezza delle isole canarie con foglie tropicali, stelle marine e piume, mentre motivi floreali, farfalle e frammenti di scogliere aggiungono un tocco giocoso e allegro. Le silhouette morbide incarnano la libertà e il comfort, il beachwear fa sognare le giornate in spiaggia e la generale esplosione di colori ci lascia col sorriso in volto.

La protesta non tanto ironica di Avavav

La viralità è un concetto chiarissimo a Beate Karlsson, la designer nata a Stoccolma che da qualche stagione presenta le proprie collezioni alla Milano Fashion Week. Camuffati da spettacoli attira-commenti (spesso anche negativi), gli show di Avavav hanno il pregio raro di veicolare messaggi di protesta o sottolineare aspetti ridicoli dell’intero fashion system tramite l’intrattenimento.

L’ottima riuscita del progetto si riflette nella calca di fashionisti che accorrono da tutto il mondo a vedere le sue sfilate, mossi da fremente curiosità. E cosa c’è di meglio per un brand se non essere considerato interessante per il pubblico-mercato?

La collezione SS24 di Avavav mette sotto la lente d’ingrandimento alcuni meccanismi che stanno dietro la progettazione di una nuova collezione. “NO TIME TO DESIGN” esprime la frenesia, il caos, la pressione sotto cui devono stare i designer di moda una volta entrati nel sistema. Un modo di lavorare che sfiora il ridicolo, ma è seriamente allarmante. Il filtro dell’ironia allora è lo strumento elettivo di Karlsson per affrontare questi discorsi, mentre manda in passerella una serie di capi effettivamente ben realizzati e indossabili, con una nicchia di mercato già conquistata. Altri, realizzati a scopo puramente comunicativo, sono già entrati nella storia. Uno fra tutti l’outfit finale: un abito oversize interamente ricoperto di post-it.

Le vibrazioni di Giorgio Armani

Da sempre lontano dalle tendenze passeggere e dalla ricerca di coolness momentanea, l’intento di Giorgio Armani resta sempre lo stesso: vestire il tempo presente con un segno vibrante, autentico, fatto di dignità ed eleganza.

Il Re di Milano a proposito dell’ultima fatica ha dichiarato: «Tutto vibra: colori, sensazioni, sentimenti. Questa stagione le vibrazioni diventano visibili: percorrono intere superfici in movimenti ondulatori, in intrecci increspati, espandono la gamma cromatica per toccare note di bronzo e argento, accendersi di verdi e viola preziosi e infine arrivare al bianco che dilaga nella sera.»

La collezione SS24 di Giorgio Armani è intitolata Vibes e secondo tre vibrazioni differenti si è articolata in passerella. Una prima parte vede forme morbide e allungate, con un accento sulle trame evidenti o evocate dalle stampe trompe l’oeil che simulano nodi e tessiture dal sapore estivo. Spicca la scelta di abbinare sneaker e scarpe basse ad abiti da sera, tutti in colori della terra elevati dai tessuti metallici. Si passa poi al blu di Armani, che richiama il mare e le sue mille sfumature. Dall’azzurro chiaro al blu profondo. Concludono la sfilata i colori luminosi come il rosa chiaro, il bianco e l’argento. Tinte e tessuti preziosi, che riescono a toccare le corde emotive di chi osserva senza dover ricorrere ad alcun tipo di intermediazione.

Rave Review fa rivivere il proprio dead-stock

Chiudendo la Milano Fashion Week, l’ultimo giorno di sfilate Rave Review ha fatto il suo debutto sul calendario ufficiale. Specializzato in up-cycling, Rave Review è il primo brand svedese semifinalista del prestigioso LVMH Prize, oltre ad aver partecipato al Gucci Fest e ad essere stato inserito nel Gucci Vault.  

Sulle note di Take My Breath Away in versione rivisitata, seguita da una cover dei Nirvana di Wuthering Heights di Kate Bush, hanno presentato la collezione SS24 Leftovers Paradise.

Con una serie di look dall’estetica grunge e dalle incursioni New Romantic, il marchio fondato nel 2018 da Josephine Bergqvist e Livia Schuck ha deciso di abbracciare il proprio stock creato nel tempo. Partendo da qui, il duo ha dato vita a una collezione con ciò che aveva già a disposizione. «Poiché abbiamo acquistato la maggior parte dei nostri materiali di seconda mano da impianti di smistamento in Svezia e Scozia, abbiamo accumulato una grande collezione nel corso degli anni. Abbiamo fatto tesoro di tutti i tessuti e gli articoli per la casa che non abbiamo utilizzato nelle stagioni precedente. Si tratta di un inventario impressionante. Per la SS24 è stata una sfida necessaria, ma anche divertente, quella di utilizzare per lo più questi tessuti, con solo una minima parte dei materiali in giacenza. Come stilisti, i limi delle risorse disponibili spesso ispirano più creatività che avere una libertà illimitata».

Inevitabile quindi che il centro della collezione fosse il taglio patchwork, ma pensato in chiave punk, distorta, con i bordi grezzi bruciati. La giustapposizione di ricami, denim strappato, tartan e lenzuola bianche e pelle nera ha dato un aspetto nostalgico ai capi, per dei look apparentemente aggressivi ma dall’animo dolce.

Show fuori calendario che segnaliamo:

L’omaggio a Leonardo di Bosideng

Celebrare il genio italiano fiorentino. Questo lo scopo di Bosideng, che torna a sfilare a Milano con la collezione FW 23/24. Il rinascimento è il punto di partenza del brand specializzato in abbigliamento outdoor leggero, che sceglie la Casa degli Atellani, insieme alla Vigna di Leonardo, come set dello show.

La sontuosa residenza apparteneva originariamente aLudovico il Moro e fu successivamente donata agli Atellani. La famiglia la concesse a Leonardo da Vinci per dipingere l’Ultima Cena, che ha ispirato profondamente l’intera collezione. Il direttore creativo Pietro Ferragina ha presentato una collezione che richiama elementi rinascimentali e disegni di Pietro Pontaluppi, un geniale designer della borghesia milanese che visse in quel contesto. I motivi tratti dai dipinti murali, gli affreschi e l’orifiamma della cancellata sono stati trasferiti su giacche e abiti trapuntati. I ricami sono stati realizzati artigianalmente con seta, cristalli e perle. La collezione gioca con opposti in termini di occasioni d’uso, silhouette e tessuti.

Le lavorazioni artigianali sono realizzate a mano, con una particolare attenzione al ricamo di Suzhou, eseguito su telaio manuale, uno dei quattro stili più antichi della Cina. Tra gli accessori spiccano gli occhiali da sole realizzati in collaborazione con Saturnino Eye Wear. Si tratta del marchio dell’eclettico musicista Saturnino Celani, perfettamente in armonia con il tema.

La sfilata a Milano rappresenta solo la prima tappa di un tour che toccherà le principali capitali della moda in Europa e Asia, seguendo le antiche rotte della Via della Seta.

L’universo inclusivo di YEZAEL by Angelo Cruciani

Nelle due cornici Palazzo Insibardi e di Lineapelle Designers Edition ha sfilato la collezione INFINITE CONNECTIONS di Yezael by Angelo Cruciani.

La prima location è stata la piattaforma dell’esposizione sulla sostenibilità voluta dal più grande distretto di tessuti al mondo, in Cina a Keqiao. Lineapelle Designers Edition si è tenuta invece a Rho Fiera. Si tratta della fiera internazionale più importante, che «racconta la bellezza e la versatilità della pelle» secondo Fulvia Bacchi, amministratore delegato di Lineapelle e direttore generale di UNIC – Concerie Italiane.

Con questa collezione YEZAEL propone in due diverse sfilate capi genderless, resi tali da una manovra produttiva applicata alle taglie. Con questo approccio progettuale inclusivo, Cruciani vuole comunicare che tutti facciamo parte della stessa storia, nonostante le infinite caratteristiche diverse che ci contraddistinguono come unici. Contribuiamo tutti a creare infinte connessione che confluiscono in un unico corso: la vita.

Dai motivi decorativi ai colori scelti, si palesa il tema dell’universo celeste. Nel comunicato stampa del brand si legge: «Questa collezione cerca di fondere il contemporaneo a quella saggezza che arriva da culture che spesso definiamo “primitive”. Un viaggio che ha avuto come punto di partenza l’infinito tutto intorno a noi: sicurezza e fragilità che si raccontano in abiti stellati, per portarci l’infinito addosso e soprattutto ricordarcelo dentro».

BRAND TO WATCH: Les Benjamins

Les Benjamins è il nuovo brand di streetwear di lusso con sede a Istanbul che mira a rappresentare l’Oriente contemporaneo.
Fondato nel 2011 dal tedesco Bünyamin Aydin, il viaggio di Les Benjamins è cominciato con 30 umilissime T-shirt stampate, il germoglio di un progetto che nel tempo ha fatto guadagnare a Aydin un invito alla Mercedes-Benz Fashion Week di Istanbul e infine uno spot alla Milano Fashion Week. L’obiettivo e il messaggio del marchio sono chiari: restituire una visione inedita dell’Oriente contemporaneo, raramente contemplato nel panorama della moda e del lusso. A questo si aggiunge una sfumatura interessata e personale: «Siamo una piattaforma che esprime come vorremmo che l’Oriente sia oggi», dichiara Aydin.

La collezione Autunno-Inverno 2023 First Wave di Les Benjamins
La collezione Autunno-Inverno 2023 First Wave di Les Benjamins

La nuova collezione First Wave

Questa stagione Les Benjamins proietta il suo sguardo in lontananza, partendo dalle nozioni preesistenti riguardanti la Terra e i suoi luoghi lontani, per giungere verso qualcosa di più astratto ed esteticamente lontano.
La collezione Autunno-Inverno 2023 del marchio di Istanbul prende il nome di First Wave: l’intenzione del direttore creativo Bunyamin Aydin è stata quella di dare vita a un progetto visivo che illustra come potrebbe apparire la prima colonia umana, una volta abbandonata la Terra e raggiunto un nuovo pianeta desertico e immaginario.
Combinando diversi pilastri estetici del marchio, tra cui elementi fantascientifici futuristici e skins da gaming con simboli culturali orientali tradizionali come il carpet monogram Les Benjamins, First Wave riflette un futuro in cui la nostalgia per la terra indugia ancora, molto tempo dopo che i suoi abitanti se ne sono andati.

Le scelte dei materiali e dei colori

I capi sono stati realizzati partendo da elementi protettivi, intesi come seconde pelli tipo body armours, con imbottiture e silhouettes tecniche militari, l’utilizzo di materiali come la pelle, la seta e il crêpe, giustapposti a hardware e dettagli funzionali provenienti dal mondo tech, come patch, tubi ed elementi con coulisse in silhouette oversize, che in qualche modo rimandano anche allo stile dei raver.
La tavolozza dei colori di base prende una piega malinconica sia nel menswear che nel womenswear, con sfumature di mogano, palude e verde silvestre, ma con lampi di tinte neon e acide che danno un tono cyberpunk alla collezione. L’effetto finale è quello di una palette che rimanda a un panorama distopico e
minaccioso, a cui però non soccombe la speranza tipicamente umana.
In linea con l’impegno del marchio verso l’idea di community, First Wave immagina un mondo in cui una nuova tribù si è venuta a formare in questo distopico territorio desertico e di cui ogni membro si fa portatore della propria nostalgia del passato e dell’Oriente, ma con energetica speranza verso il futuro.

La collezione Autunno-Inverno 2023 First Wave di Les Benjamins
La collezione Autunno-Inverno 2023 First Wave di Les Benjamins

La nuova fase di Les Benjamins in Corea del Sud

La nuova collezione FW23 ‘First Wave’ segna anche l’ingresso del brand nel mercato sudcoreano, costruendo un nuovo ponte da est a est, precisamente tra Istanbul e Seoul. Con il legame storico tra i due paesi e la familiarità con la cultura giovanile in evoluzione nella scena underground, Les Benjamins inaugura una nuova era per la moda mediorientale, diventando il primo brand a forgiare un legame tra la regione e la Corea del Sud.
«È sempre stato il mio sogno portare Les Benjamins a Seoul fin dai primi giorni del marchio», ha detto Bünyamin Aydin. «Entrambe le culture coreana e giapponese hanno avuto una grande influenza sulla mia educazione in Germania».

Viene da qui la collaborazione del brand di streetwear di lusso con il concept store coreano Empty: insieme hanno lanciato un pop-up il 6 settembre con accesso libero per il pubblico.
Inoltre, la collezione è stata reinterpretata dall’artista coreano Cho Gi-Seok, che ha contribuito così a creare una narrazione visiva in grado di collegare pubblici diversi, sfruttando la lente della moda contemporanea.

MILANO FASHION WEEK: QUARTO GIORNO DI SFILATE. DA FERRAGAMO A BOTTEGA VENETA

Heritage, legacy e artigianato di altissimo livello sono i punti focali estratti dal quarto giorno di sfilate della Milano Fashion Week. Da Ferragamo a Bottega Veneta, passando per Dolce&Gabbana, Ferrari e Bally, ci si è concentrati su un’idea di lusso che ha a che fare soprattutto con il concetto di tradizione. Questa intesa come quell’insieme di memorie, notizie e testimonianze che vengono trasmesse da una generazione all’altra. Ne sono scaturite collezioni che si distinguono per la qualità di esecuzione, con capi senza tempo che fanno riflettere proprio sul valore di quest’ultimo.

Il pit stop fashionista di Ferrari

Seppur l’associazione casa automobilistica e linea di moda suoni ancora stonata, il quarto giorno di Milano Fashion Week da Ferrari è stata eseguita una sinfonia. Letteralmente. Con il film di Michael Mann Ferrari recentemente presentato al Festival del Cinema di Venezia, i riflettori non hanno mai puntato così tanto sull’italianissimo marchio.

Rocco Iannone è il direttore creativo a cui è stato assegnato il nuovo brand di abbigliamento. Il suo compito è tentare di costruire le fondamenta di quella che potrebbe essere una delle nuove case di moda maggiormente rappresentative dell’italianità. O, se non altro, di una sua sfaccettatura inedita. Stile di vita lussuoso, una personalità sfacciata ed eccentrica, l’attrazione per il potere e un gran sex appeal. Ecco cosa caratterizza l’ideale possessore di una Ferrari ed ecco cosa caratterizza la collezione SS24 di Iannone. Capi morbidi e rilassati, a tinta unita, che vanno dal casual wear per il giorno agli abiti da sera, in una palette che tocca il blu, il bianco e il rosso, passando per il nude e il rame. Dalla pelle, al denim, alla maglieria, i tessuti si alternano su una serie limitata di look che si ripetono in modo coerente e coeso. Pensato in chiave genderless, protagonista della collezione è il boiler suit (la tuta da lavoro). E come potrebbe essere altrimenti?

Ferragamo

Maximilian Davis continua con successo il suo progetto per ristabilire Ferragamo tra i brand più desiderabili di quelli storici italiani.

Il rilancio di Ferragamo è passato, tra le altre mosse strategiche, anche dall’utilizzo preponderante di un rosso brillante a cui associare il marchio. Interessante come nella collezione SS24 di questo rosso ci sia a malapena traccia. Al suo posto è apparsa una particolare sfumatura di verde, diversa da quelle introdotte da Daniel Lee per Bottega Veneta prima e Burberry poi. Al suo fianco sono apparsi un azzurro chiaro, che sembra il colore di stagione, e un marrone terracotta. Colori che rimandano in qualche modo alla palette pittorica del Rinascimento fiorentino, periodo artistico in cui Ferragamo si è rivisto con l’ultima campagna della FW24.

Ed è proprio all’italianità del marchio l’aspetto a cui Davis sembra puntare con il nuovo Ferragamo. Sul moodboard di questa collezione sono apparsi infatti il marmo italiano e la materialità dell’Arte Povera. Le armature rinascimentali e l’arte sovversiva del 18 º secolo di Agostino Brunias. Alcune silhouette rimandano ai primi anni ’50, con la vita stretta e le gonne lunghe a ruota. Infine, nota di merito ai trench iper-chic: senza dubbio tra i migliori visti in questa stagione (che per un brand di calzature non è male).

L’erotismo è sinonimo di Dolce&Gabbana

Da Dolce&Gabbana continua l’operazione archeologica di dissotterramento e restauro delle proprie radici, con una manovra autoreferenziale sfacciatamente esplicita. Da un paio di stagioni il brand ha rimesso mano ai propri archivi allo scopo di riproporre in chiave contemporanea quei capi che hanno fatto la storia della moda. Complice il rinnovato amore delle nuove generazioni per il vintage e il revival, celebrity del calibro di Kim Kardashian hanno richiesto (o recuperato da sé) capi iconici di Dolce&Gabbana.

Prossimi al quarantesimo anniversario, Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno dato vita a una collezione in bianco e nero, risoluta e coscientemente provocante. Qui la lingerie è protagonista, così come l’erotismo che indaga e illustra. Ciò accade anche nei capi più sartoriali, come con il classico smoking doppiopetto in avorio con revers in raso nero; ancora, con il completo più sperimentale che vede il corpo della giacca ritorto di lato per creare un look monospalla. Prima che la moda post-pandemica rilanciasse la lingerie sulle passerelle, inneggiando alla liberazione dei corpi costretti tra le mura di casa, da Dolce&Gabbana i concetti di corpo e libertà costituivano i muri della Maison. E con questa collezione ce lo hanno ricordato.

Nuova direzione dei Meier per Jil Sander

I coniugi Meier sembrano essersi definitivamente staccati dalla filosofia minimalista di Jil Sander, la fondatrice del marchio che lo ha disconosciuto ancora nel 2013. Oggi di proprietà del gruppo del lusso OTB di Renzo Rosso, dal 2017 il marchio è stato portato avanti dai coniugi Lucie e Luke Meier. Stagione dopo stagione, i due hanno onorato le origini del brand e le precedenti direzioni creative condotte da altri designer, tra cui Raf Simons. Finalmente però pare che la coppia sia riuscita a rendere “proprio” il marchio. Nonostante la collezione SS24 appaia a tratti poco coesa, gran parte dei look scesi in passerella il quarto giorno di sfilate della Milano Fashion Week attira l’attenzione. Silhouette boxy e reinterpretazioni di look tradizionali, come i completi giacca pantalone e i trench lunghi, si sono alternati ad abiti genderless, intarsi metallici e stampe animalier. Una collezione dal sapore sperimentale, ma pur sempre sofisticata (come è tipico del brand).

Il debutto di Simone Bellotti da Bally

Simone Bellotti è entrato a far parte del team di Bally nell’ottobre del 2022, dopo aver trascorso ben 16 anni presso Gucci. Ha preso il posto di Rhuigi Villaseñor, che aveva lasciato l’azienda di proprietà della Jab Holding Company lo scorso maggio. La carriera di Bellotti è costellata da ruoli di grande responsabilità come senior designer presso marchi di prestigio quali Dolce & Gabbana, Bottega Veneta, Gianfranco Ferré, e il sopracitato Gucci.

Per la sua prima collezione al timone del marchio svizzero, Bellotti ha attinto al ricco archivio di Bally, che custodisce autentici tesori dell’artigianato svizzero. Il designer è stato ispirato a esplorarne soprattutto un versante oscuro, misterioso, espressivo e sovversivo. Parliamo della storia del Monte Verità, una comunità utopica di menti libere e creative fondata ad Ascona all’inizio del XX secolo. Questo rifugio per la rigenerazione spirituale e l’espressione artistica e mistica ha accolto famosi intellettuali e artisti del calibro di Carl Jung, Herman Hesse, Rudolf Steiner, Paul Klee e molti altri.

La collezione SS24 fa un ottimo lavoro nel veicolare un’idea di lusso “pragmatico” e funzionale, in cui però sono concessi i guizzi dell’immaginazione tipici e fondamentali della moda. Per omaggiare umoristicamente le tradizioni svizzere, Bellotti ha introdotto una stampa a fragola trasferita su alcuni capi e su certe borse. Tra queste ne risaltava una rettangolare e rigida, ispirata alle borse da viaggio in miniatura da bambini. Ancora, i talismani Appenzeller che sono stati modellati a mo’ di piccole campane di mucca, reinventati come pendenti per le borse e appesi alle tracolle in colori vivaci e gioiosi.

Il primo fashion show di The Attico

Allure glamour da diva contemporanea, che si sveglia al mattino senza sapere con precisione dove si ritroverà la sera. “Look from day to night” è il motto di The Attico e l’intenzione primaria dietro i design si questa SS24. Il brand è costruito sulla falsariga delle vite reali di Giorgia Tordini e Gilda Ambrosio, le sue fondatrici. Dopo essersi conquistato un posto d’onore nel fashion system internazionale, The Attico debutta in passerella il quarto giorno di sfilate della Milano Fashion Week.

L’estetica cara al loro pubblico è rimasta la stessa, con look da serate a Ibiza e da “walk of shame” di classe per le vie milanesi. Questa volta però, sembra esserci qualcosa in più. L’edonismo anni ’80, caratteristico della collezione, è fuso a un atteggiamento più rilassato e deciso; lo stesso di chi ha acquisito una nuova autostima in seguito a battaglie vinte. Lo styling apparentemente frettoloso è sinonimo di vita frenetica, ma anche di quel minimo sforzo nell’agghindarsi che esprime: “ho altro a cui pensare”. Tutto questo mostrato per strada, con gli ospiti comodamente seduti su divani in pelle anni ’70. Effortleslsy cool.

Il viaggio di Bottega Veneta

Con la collezione SS24 di Bottega Veneta, Matthieu Blazy ci fa viaggiare. Un viaggio per riscoprire la bellezza di lasciarsi ispirare da ciò che è nuovo ai nostri occhi, inedito, lontano dall’ordinario. Un’Odissea esteriore e interiore, letterale e metaforica, in cui l’unico punto fermo è l’artigianalità. L’idea è quella di staccarsi dai limiti imposti dalle creazioni umane, dimostrando fin dove invece questa capacità creativa può arrivare.

Per questa stagione Blazy ha dato vita a una collezione RTW che per la complessità di realizzazione di alcuni capi sconfina con l’Haute Couture. Si è guadagnata senza dubbio il primo posto in questo quarto giorno di sfilate della Milano Fashion Week.

Secondo il direttore creativo liberarsi dalle limitazioni della vita quotidiana significa spogliarsi dei vestiti che rimandano ad esse, metterli (letteralmente) in borsa e cambiarsi. E in questo modo, cambiare. Addio completi business e strutturati, benvenuti capi “senza confini”. Da qui il mix di riferimenti (ad animali, piante e minerali) condensati nelle linee, forme e volumi di abiti, completi, cappotti. Gonne di frange che sembrano meduse, colori brillanti come quelli dei fiori e texture ruvide come la raffia. La metafora del viaggio e la vita del nomade risiedono soprattutto negli accessori. Ci sono borse-conchiglie giganti, scarpe in pelle lavorata che somigliano a foglie di banano, spalline di perle naturali, borse stampate a mo’ di giornale. Osservare ogni look, uno per uno, è di per sé un viaggio. E allo stato attuale della moda, non si poteva desiderare nulla di meglio se non viaggiare con e grazie agli abiti.

MILANO FASHION WEEK: IL TERZO GIORNO DI SFILATE. IL MEGLIO, DA GUCCI A VERSACE

Rilanci polarizzanti, addii commoventi e cambi di rotta inaspettati. Le collezioni dei brand storici presentate il terzo giorno di sfilate della Milano Fashion Week hanno dato molto di cui discutere e su cui riflettere. I marchi più giovani, invece, sembrano affermarsi sempre più nel panorama italiano, grazie a progetti stimolanti e interessanti. “In che direzione sta andando la moda?” è l’eterna domanda che ci si pone di fronte a questi show e alle dinamiche interne che essi riflettono. Indipendentemente dall’esistenza o meno di una risposta giusta però, l’importante è continuare a interrogarsi.

L’epilogo dell’era Chiapponi da Tod’s

Una collezione che è un addio. La Primavera/Estate 2024 di Tod’s, denominata Fabbrica, è stata la lettera di congedo di Walter Chiapponi, da quattro anni il direttore creativo del marchio.

Dichiarata dai conoscitori del marchio la collezione più identificativa del designer, Chiapponi ha eliminato qualsiasi decorazione superflua, puntando a linee diritte ed essenziali, caratteristiche dell’artigianato italiano. In pieno mood “Milano Bene” le modelle sfilavano tra i laboratori di Scala Ansaldo, nel Teatro alla Scala di Milano, tra le note miscelate dell’ouverture e gli attacchi delle arie più famose. Raffinatezza a livelli altissimi. Highlights della collezione sono un cinturone che avvolge la vita come una sorta di semi-corsetto, da cui pendono ganci per tenere borsellini o guanti. Ancora, le giacche staccate dal busto, le gonne aderenti in pelle, i pantaloni morbidi, e i sabot a tacco basso. Sono tipicamente Tod’s gli abiti sartoriali maschili su misura e le sahariane in pelle.

La paura secondo Cormio

Entrare nell’universo di Cormio è come entrare in un “cabinet of curiosities”. Per il terzo giorno di sfilate alla Milano Fashion Week, Jezabelle Cormio convoglia dettagli e motivi provenienti dal mondo dell’infanzia con elementi disturbanti, dando vita a una narrazione non convenzionale, un po’ spaventosa, ma estremamente intrigante. E la paura è proprio il fil rouge della collezione, come ha dichiarato la designer in un’intervista a Harper’s Bazaar: «Donne che fanno paura, donne che hanno paura.» Ecco forse il motivo per cui l’estetica tirolese, così radicata nel marchio, in quest’occasione lascia più spazio a quella Y2K. Ecco che bandane leopardate e Ugg bistrattati allora condividono lo spazio con cinture borchiate e gonne al ginocchio. La declinazione punk dei look (più punk del solito) fa pensare ai CD di Avril Lavigne e agli outfit paparazzati di Amy Winehouse. È sicuramente dedicato a lei l’hairstyle del look 08.

Gucci Ancora, e ancora e ancora

È successo. Dopo trepidanti attese e aspettative inevitabilmente altissime, Gucci ha presentato la prima collezione firmata Sabato De Sarno. Il designer di origini napoletane stato incaricato di guidare la direzione stilistica dell’intero brand, comprese le categorie di prodotto donna, uomo, articoli in pelle, accessori e stile di vita. Come chiarito nelle settimane passate da François-Henri Pinault, il presidente e CEO di Kering, l’obiettivo di De Sarno è preservare l’appeal delle collezioni presentate finora in passerella e ridefinire l’identità della maison. Il fine, come sempre, è quello di generare nuovi profitti nell’ambito di un concetto di “lusso moderno”.

«Voglio che la gente si innamori ancora di Gucci» aveva dichiarato De Sarno in un’intervista pre-sfilata. Per farlo, la manovra (strategicamente commerciale, ça va sans dire) è stata quella di fare tabula rasa. Una “pulizia” di tutto ciò che poteva rimandare all’era definitivamente terminata dell’ex direttore creativo Alessandro Michele. E se fare il paragone tra i due creativi è tanto ingiusto quanto inevitabile, resta obiettivo che la prima collezione della nuova era sia risultata piuttosto asettica. Complice forse anche la location cambiata all’ultimo causa pioggia, a fine show ci si sente un po’ come quando a casa si osserva un nuovo ripiano Ikea montato. Perfettamente lucidato ed esteticamente gradevole, non ci trasmette alcuna emozione, ma ci regala un senso di soddisfazione per aver portato a termine un (apparentemente) buon acquisto. Con Spotify che suona Ancora ancora ancora di Mina in sottofondo, facendoci sentire un po’ più emotivi del necessario.

Resta importante ricordare, però, che le collezioni di debutto segnano comunque un punto di partenza, un semino da cui far crescere qualcosa. E tutto sommato la SS24 di Gucci è stata piantata in un terreno sicuramente fertile.

MSGM in dialogo con Gio Ponti alla Milano Fashion Week

Il maltempo ha costretto anche MSGM a trasferire lo show dalla location originaria alla propria sede di via Piranesi. L’intenzione era di sfilare tra due palazzi di Gio Ponti al Campus Leonardo in Città studi, dal momento che la collezione è incentrata sulle geometrie del celebre architetto milanese, trasformate in motivi all-over sui capi. Sulla stessa linea stanno i tasselli colorati sulle gonne e le pennellate sulle casacche, rimandi ai disegni policromi delle lettere di Ponti. Ancora, il direttore creativo Massimo Giorgetti ha reinterpretato il tartan, motivo a lui caro e riscoperto a una mostra al V&A di Londra. Lezione di stile finale: i sandali indossati con le calze al ginocchio.

Ten across the board per la collezione SS24 di Sunnei

Il marchio diretto da Simone Rizzo e Loris Messina si è conquistato un posto d’onore nel panorama milanese grazie agli show che uniscono moda e intrattenimento. Stagione dopo stagione Sunnei invita a osservare i capi delle nuove collezioni adottando un punto di vista diverso, coinvolgendo gli invitati nello show.

Al terzo giorno di sfilate Milano Fashion Week, al pubblico di Sunnei sono state date delle palette da “giudici” con cui si poteva assegnare il proprio voto (da 1 a 10) a ciascun look della collezione SS24. Nel frattempo, una voce fuori campo dava indicazioni sul da farsi. Una trovata divertente per abbracciare (o sfogare?) in modo sano la tendenza al giudizio che ci caratterizza come umani. Sul piedistallo che si illuminava ad ogni look si sono alternati capi tipicamente Sunnei: colori vibranti, stampe a righe, tessuti tecnici e accostamenti coraggiosi. Protagonisti gli accessori, che riescono ad avere sempre un sapore avanguardistico e iper cool: dall’eyewear, alle borse, dai portachiavi agli orecchini rubberized, divenuti ormai un classico del brand.

Le ribelli dalle buone maniere di Vivetta

Romantica, sensuale, un po’ civettuola, ma anche intellettuale e ribelle. La donna Vivetta sfila a Chiostro dei Glicini in un mare di fiori e soprattutto di pois, il focus della collezione. “Ho pensato a una celebrazione a pois. Un felice fascio di puntini, una manciata di sfere ipnotiche”, ha spiegato la designer Vivetta Ponti. Partendo da Beau Brummell, l’icona dandy che ha reso scandalosi e popolari i pois nella Londra del XIX secolo, è rimasta fedele a se stessa sublimando nei propri capi una serie di spiriti diversi. Brillano i ricami (passione di Ponti), i colori, che vanno dal blu navy al “rosa Vivetta” al verde acido, e i gioielli. Questi ultimi sono stati realizzati a mano in Italia e costituivano la quota eccentrica della collezione, arricchendo l’estetica scherzosamente bon ton tipica del brand.

Versace

Verso sera, ecco l’ennesima sorpresa della Milano Fashion Week al suo terzo giorno di sfilate. Presentata tra le mura dell’Hangar Bicocca rivestito di bianco per l’occasione, la collezione SS24 di Versace ha stupito con un cambio di direzione estetica sconcertante. In un gesto sovversivo e proprio per questo motivo molto Versace, la Casa di moda ha presentato un’immagine di sé molto bon ton e piuttosto cute. Chiaramente non i tradizionali sinonimi del marchio. Infusi di un’evidente estetica anni ’60, i capi hanno sfilato in passerella in tonalità pastello fresche ed energizzanti, con stampe geometriche che rimandano al quadretto optical utilizzato da Gianni negli anni 90. Un cambio di rotta che però è solo formale, perché lo spirito audace e rivoltoso continua a trasparire da tutti quei dettagli Versaciani che hanno fatto la fortuna e la storia della Maison. La ciliegina sulla torta è l’iconica Claudia Schiffer, che chiude la sfilata raggiante come le estati di Versace tra la California e la Florida.

MILANO FASHION WEEK: IL MEGLIO DEL SECONDO GIORNO DI SFILATE, DA PRADA A TOM FORD

Alla Milano Fashion Week, la giornata di giovedì 21 settembre si è consumata in un appassionante susseguirsi di nuovi lanci e antiche certezze. Dalle collezioni si respira il desiderio di leggerezza, intesa come fuga dai drammi e dalle sofferenze della vita. Si ricerca conforto nella pura tecnica, che garantisce sempre buoni risultati e quindi non può deludere. Ci si immerge nei ricordi per trarre nuove fondamenta su cui costruire il futuro e non per crogiolarsi nella malinconia. Dalla consapevolezza di Prada alle sperimentazioni di Fiorucci, ecco il meglio del secondo giorno di sfilate della Milano Fashion Week secondo MANINTOWN.

A Milano sfila The Max Mara Army

Colori della terra e blu navy, silhouette anni ’40 e utilitywear. La condizione femminile negli anni della Seconda Guerra Mondiale è alla base della collezione Primavera/Estate 2024 di Max Mara. Per la prima volta le donne si ritrovano a ricoprire ruoli tradizionalmente occupati dagli uomini, come il lavoro nei campi. Parlando delle donne inglesi e americane poi, esse si riuniscono nel movimento civile The Women’s Land Army, una realtà che è stata vitale durante il conflitto.

Il direttore creativo di Max Mara, Ian Griffith, è partito da qui per creare questa collezione, a cui è legato anche dalla personale passione per il giardinaggio. I capi che ne sono derivati rimandano a una donna contemporanea, professionalmente impegnata, pragmatica, ma sofisticata. Poche stampe e ancora meno orpelli e decorazioni lasciano brillare le texture dei tessuti e la costruzione dei capi. Sartorialità e cura artigianale italiana che esprimono lusso. Classico (= di classe) Max Mara.

ACT N°1 sul ring

La prima collezione di ACT N°1 seguita interamente da Luca Lin, dopo l’addio del collega e co-fondatore Galib Gassanoff è un clash semantico. Il mondo dello sport, della box più precisamente, e dell’informazione si uniscono in una performance teatrale per generare una riflessione sulla realtà odierna. Il dramma è il genere d’elezione di ACT N°1 tramite cui veicolare le narrazioni intrinseche ai propri capi.

Presentata su un ring ricoperto da drappi di tessuto e corde (la vita, con le sue battaglie e limitazioni) la collezione SS24 cattura la resa dei conti più che la battaglia. Gli interpreti dello spettacolo sono calmi, compiono gesti semplici e quotidiani. Ritorna l’estetica utilitaria, in particolar modo nei capi della prima parte dello “spettacolo”, che lascia poi il posto alle rouche e agli chiffon voluminosi, tipici e identitari del brand. Una visione poetica della liberazione della classe operaia, che a suo modo si riappropria dei piaceri e delle “frivolezze” della vita. Privilegi di cui non può godere quotidianamente. E quale marchio per esprimere maggiormente l’evoluzione da operaio a modaiolo delle Crocs? Ecco allora svelata la collaborazione di ACT N°1 con il brand di calzature. Una manovra commerciale tanto poetica quanto arguta.

PRADA dolce PRADA: una certezza alla Settimana della Moda

Difficile sbagliare in Casa Prada, e questa ultima SS24 non fa che confermarlo. Miuccia Prada e Raf Simons sono riusciti a conquistare ancora una volta il cuore dei propri fedeli seguaci, strappando anche qualche lacrima di commozione. A fine sfilata infatti, è uscito in passerella Fabio Zambernardi, che si è congedato tra lo scrosciare di applausi e gli abbracci dei direttori creativi. Pare infatti che lo storico design director lascerà il gruppo a fine anno, dopo 40 anni di servizio al fianco alla Signora Prada. Figura fondamentale dietro le quinte, si devono anche a lui la nascita e lo sviluppo dell’estetica Prada e Miu Miu, che li rendono oggi riconoscibili in tutto il mondo.

La collezione era una delle più attese in questo secondo giorno di Milano Fashion Week. Rispetto al solito, questa volta da Prada si sono focalizzati sull’artigianalità e la tecnica, con un rinvigorente approccio per nulla intellettuale (caratteristico della Casa di moda) e molto concreto. I vestiti sono la base di partenza e il punto di arrivo. In un’industria in cui le idee hanno preso il sopravvento sull’esecuzione, il ritorno alla tecnica-protagonista è davvero ben accolto. Ancora più interessante è il taglio che è stato dato a questo approccio. Non si tratta di quantificare e dimostrare le ore di lavoro dietro la costruzione e decorazione di un capo. Il fulcro è indagare la possibilità o meno di realizzare qualcosa.

E così sfilano in passerella abiti leggerissimi che sembrano cristallizzati nel loro svolazzare. Silhouette sartoriali sovversive negli accostamenti e nei volumi, introdotte con la collezione uomo di giugno. Giacche pesanti e usurate stile fienile, che vengono indossate sopra camicette e gonne sfrangiate dall’attitude fru fru. Influenze anni ’60 e ’90, sobrietà apparente che lascia intravedere un’eccentricità di fondo. Serietà e rigore, ma con il cuore leggero. Questo, alla fine, è il centro di Prada.

Il compleanno di Moschino

Lo storico marchio Moschino questa stagione compie 40 anni. Il Caso vuole che attualmente, però, la Maison si trovi orfana di direttore creativo. Per sopperire alla mancanza e festeggiare il gran traguardo sono state invitate 4 super stylist che si sono divertite nell’interpretare i primi anni dell’archivio del brand, secondo la loro personale sensibilità.

Il primo segmento della collezione è stato ideato dall’iconica Carlyne Cerf de Dudzeele, che ha reinterpretato in maniera contemporanea alcuni dei capi più iconici e eleganti di Moschino. Gabriella Karofa-Johnson, collaboratrice e stylist di Vogue, ha abilmente rinnovato i tradizionali cappelli da cowboy, gli orecchini oversize e gli abiti all’uncinetto, in un gesto d’amore e ammirazione. Il terzo atto, curato da Lucia Liu, richiama il romanticismo di Moschino, con l’abbondante utilizzo di organza e abiti che sembrano appartenere a un’epoca passata. L’epilogo, firmato da Katie Grand, la stylist e fondatrice della rivista Perfect, rappresenta una toccante conclusione di questo omaggio: una performance che mescola la danza contemporanea con la sobrietà del bianco e nero, due colori amati da Franco Moschino.

Gli angeli di Blumarine

L’aspetto più interessante della collezione SS24 di Blumarine è sicuramente il cambio di direzione intrapreso rispetto all’estetica piuttosto dark a cui ci aveva abituato con gli ultimi show. In maniera piuttosto letterale, infatti, Nicola Brognano ha portato su una passerella completamente bianca e disadorna, una serie di capi angelici. L’intenzione comunicativa è il richiamo alla purezza, alla luce, alla leggerezza interiore.

Al di là dell’opinabile concezione di purezza di spirito, sicuramente più legata a una morale personale che a un’estetica ben definita, la collezione funziona per coerenza di scelte. Blumarine è un marchio trendy, sfacciatamente sexy, legato a quell’estetica Y2K ancora in voga che lo ha così ben definito stagione dopo stagione. In uno stato d’animo sicuramente leggero, farfalle (icona del brand) e ali da angelo si alternano per adornare o coprire (al minimo) il corpo, in maniera provocante e sensuale, ma anche liberatoria. Trasparenza dei materiali e dei tessuti, una palette ridotta a bianco e nero, con alcuni toni di marrone e dei guizzi di lilla e oro, drappeggi e pizzo. Una selezione che rimanda a una visione stereotipata del costume da ‘angelo sexy’ per eccellenza, ma resa ready to wear. E nel migliore dei modi.

Da Napoli a Milano: le memorie di GCDS

Memorie del passato che ritornano per essere messe nero su bianco, apprezzate e ”traslocare” verso il futuro. La collezione SS24 di GCDS è un insieme di argute trovate per trasformare in capi vendibili i ricordi più cari che Giuliano Calza ha della sua città natale, Napoli. La passerella è stata ricoperta con un telo trasparente di pvc, sollevato a inizio show per esemplificare il rito di inscatolamento e spacchettamento tipico dei traslochi. I colori della bandiera del Napoli e la pelle stampata effetto legno, in ricordo dei mobili della nonna. Il jersey grigio da pantaloni della tuta e il matelassé effetto morbida trapunta, che rimandano allo stare in casa. Il tutto riletto in chiave luxury streetwear, di cui GCDS è il grande rappresentante alla Milano Fashion Week.

Il nuovo vecchio Tom Ford

Peter Hawkings, il nuovo direttore creativo di Tom Ford, è stato scelto dal designer stesso dopo aver lavorato al suo fianco per quasi 25 anni. In precedenza, Hawkings ha ricoperto il ruolo di Senior Vice President di Tom Ford Menswear. Ora, ha assunto la direzione creativa per le categorie donna, uomo e accessori, oltre a essere il designer principale per le collezioni e le sfilate.

Il suo debutto ha toccato diligentemente tutti i pilastri estetici che negli anni hanno formato il celebre marchio americano. Proprio come un allievo che prosegue la ricerca del maestro, Hawkings ha lanciato una collezione consistente che consolida il marchio per quello che è sempre stato. Magnetico, affascinante, sofisticato, glamour, sexy. Tom Ford oggi è prodotto su licenza dal Gruppo Zegna, per cui anche l’alta qualità dei capi era prevista, pretesa ed è stata ottenuta. Non hanno stupito nemmeno le varie reference all’era Gucci di Ford degli anni ’90, che hanno sicuramente fatto la gioia dei fashionisti. Resta da capire se e come si evolverà ora il linguaggio del brand sotto la nuova direzione di Hawkings.

Menzione speciale a due presentazioni della Milano Fashion Week che il secondo giorno hanno destato l’attenzione di tutto il fashion system.

Il debutto di Fiorucci alla Milano Fashion Week

Il marchio italiano Fiorucci, fondato da Elio Fiorucci, è stato rilanciato alla Milano Fashion Week il secondo giorno di sfilate. Noto principalmente per il suo design pop, l’animo ribelle e il famoso logo con gli angioletti, lo storico brand è ora di proprietà di Dona Bertarelli. L’imprenditrice svizzera sarà affiancata dal CEO Alessandro Pisani e dalla nuova direttrice creativa Francesca Murri. L’obiettivo dichiarato è riportare in vita l’atteggiamento giocoso che ispirò il fondatore, reinterpretando la sua eredità per una nuova generazione.

Il marchio fu un’icona della moda dagli anni ’60 agli anni ’90, portando a Milano l’energia trasgressiva di Carnaby Street e King’s Road di Londra, influenzata da figure come Vivienne Westwood e i Sex Pistols. Il suo stile comprendeva jeans attillati, scarpe colorate, minigonne, e una vivace esibizione di prodotti nelle vetrine, insieme a elementi musicali e culturali. Genio creativo a lungo incompreso, Elio Fiorucci era soprannominato il “Re del pop” negli anni ’80 e collaborò con figure come Andy Warhol, Truman Capote, Madonna e Keith Haring.

A Francesca Murri la responsabilità e l’arduo compito di ridefinire la posizione del marchio nel settore del lusso accessibile, mantenendo intatti i valori e la storia di Fiorucci. L’esperienza di Murri l’ha vista passare per aziende dal calibro di Ferragamo, Versace, Giorgio Armani, Gucci con Alessandro Michele e il Givenchy di Riccardo Tisci.

15 sono stati i look presentati per questo lancio. La “Collezione Zero” è genderless e molto commerciale, divertente e, soprattutto, abbordabile. Alcuni simboli notoriamente Fiorucci si sono sovrapposti alla stampa di una banana: un’illustrazione che Andy Warhol aveva realizzato per l’amico Elio.

BE ON, Benetton

Andrea Incontri sta facendo un bel lavoro di rinnovamento dello storico marchio fondato nel 1965. Partendo dai codici identificativi del brand come la maglieria, i colori, il cosmopolitismo e l’umanità, ne sta costruendo un’immagine rinnovata, fresca e desiderabile.

La sfilata fuori calendario è stata presentata il secondo giorno della Milano Fashion Week presso il Museo della Permanente di Milano. In passerella sono scesi capi e accessori dai colori vitaminici, immersi nel giardino surreale in cui divertenti fiori e frutti giganti contagiavano gli umori e i capi stessi. Fiori e frutti sono stati infatti stampati su polo, jersey, denim o intarsiati nei capi di maglieria. In passerella, una line up che mirava a rappresentare persone vere e famiglie di oggi, adulti e piccini, ognuno con la propria linea dedicata.

LAKE COMO DESIGN FESTIVAL: LA NATURA VISTA CON GLI OCCHI DEL DESIGN

Torna il “Lake Como Design Festival” dal 16 al 24 settembre 2023, presso Villa Olmo a Como.

La bellezza in natura ci circonda tutti i giorni, ovunque andiamo, ma notarne le rarità non è cosa semplice. Ci sono svariati modi di osservare il mondo tramite punti di vista sempre nuovi. Uno di essi è il design. È da qui che nascono le opere di design della galleria Movimento che, in occasione della quinta edizione del Lake Como Design Festival, partecipa per il secondo anno consecutivo. Il suo scopo è quello di riscoprire il bello della natura attraverso gli occhi del design.

Il set up della mostra presso Sala Musica di Villa Olmi, Lake Como Design Festival
Il set up della mostra presso Sala Musica di Villa Olmi

Chi è Movimento?

Movimento è una galleria nomade di collectible design seguita da Artefatto Design Studio, che rappresenta designer e artisti emergenti. Si tratta di un luogo in cui gli appassionati di design, i collezionisti, gli architetti, gli interior designer e i galleristi possono scoprire e acquistare le migliori novità del panorama internazionale.

La mostra “The Blue Flower” al Lake Como Design Festival

Il festival ha il pregio di offrire una piattaforma per eventi, discussioni ed esposizioni in diversi e ammirevoli luoghi storici. Tra di essi c’è Villa Olmo, che per quest’edizione ha aperto le sue porte a designer, artisti, editori e gallerie di design moderno e contemporaneo. Movimento ha preso parte all’evento curando la mostraThe Blue Flower“, presentata nella suggestiva Sala Musica di Villa Olmo. Concentrandosi sul tema “Naturalis Historia”, ispirato all’opera di Plinio il Vecchio, questo progetto fonda le proprie radici nella filosofia di Edmund Burke. Il riferimento è alla sua esplorazione dei concetti del Bello e del Sublime nella natura. Nella sua carriera, il politico, filosofo e scrittore anglo-irlandese ha riconosciuto che anche elementi vasti, rumorosi o ruvidi possono essere considerati belli.

Il fiore blu, spesso utilizzato nella letteratura romantica, simboleggia il raro, l’inaspettato e l’unico in un mondo dominato da sfumature di verde nella natura. Con “The Blue Flower”, 13 designer internazionali hanno avuto l’occasione di esplorare nuove prospettive non convenzionali sul tema della bellezza. Alcune delle loro creazioni sono la seduta sculturale di Pablo Octavio, il tavolino vitreo dell’architetta e designer Heike Buchfelder e il divano monumentale di Secolo.

La mostra è aperta al pubblico dal 16 al 24 settembre. I visitatori avranno l’opportunità di esplorare l’indagine artistica del legame tra bellezza, natura, luoghi e design.

Milano Fashion Week: da Fendi a Diesel, il meglio del primo giorno di sfilate

Primo giorno di sfilate alla Milano Fashion Week Primavera/Estate 2024. Mercoledì 20 settembre ha visto la partenza degli show, delle presentazioni e degli eventi che animeranno la Settimana della Moda per la stagione Primavera/Estate 2024. Dal 19 al 24 settembre verranno svelate, secondo il calendario canonico, le linee donna dei vari marchi del lusso. La direzione presa dai nomi più nuovi nel panorama però è di mostrare collezioni miste o dichiaratamente contrarie al binarismo di genere.

Il calendario ufficiale conta ben 64 sfilate, di cui 5 digitali, 74 presentazioni e 34 eventi, totalizzando 172 eventi complessivi, il numero più alto da prima dell’era Covid. L’aspettativa di partecipazione quest’anno è eccezionalmente alta e, come nelle stagioni passate, la Camera Nazionale della Moda offre la possibilità di seguire gli eventi online tramite il proprio sito. Le sfilate rimangono il fulcro della manifestazione, con l’accesso fisico limitato per lo più agli addetti ai lavori, oltre che alle celebrity, ai testimonial dei brand e a influencer vari ed eventuali. Per scoprire quali sono stati gli show più interessanti e avvincenti della stagione allora, seguite i recap giornalieri con le selezioni di Manintown.

L’opera teatrale di Antonio Marras alla Milano Fashion Week

Antonio Marras è un narratore e la collezione Primavera/Estate 2024 è stata la sua pièce. Con la recente acquisizione del marchio all’80% da parte del Gruppo Calzedonia, Marras ha aperto la Milano Fashion Week dando vita a uno show che imitava le riprese di un film. Lo sviluppo caotico della trama (al centro di cui brillava la stella di Marisa Berenson) era ispirato a Boom! di Joseph Losey, girato in Sardegna nel 1967. Una pellicola che ha rimandato Marras ai tempi in cui aveva sei anni, ed era rimasto colpito dall’arrivo dell’eccentrica carovana hollywoodiana giunta ad Alghero per le riprese. Un’allure glamour tipicamente teatrale circonda la collezione, in cui sono presenti tutti i tratti distintivi del designer: il tulle e la mussola a strati e ricamati, il pizzo, i ricami di paillettes, le stampe acquerellate e floreali, le divise militari fuse agli abiti sartoriali. Interessante la presenza più massiccia di borse in questa collezione, oltre all’utilizzo consistente della pelle. L’enfasi sulla calzetteria, invece, è piuttosto comprensibile.

Le borse-monumento di Fendi

Una passeggiata per Roma in un giorno qualunque, dove tutti i passanti però sono brandizzati Fendi. Questo lo scenario allestito da Kim Jones per la collezione donna SS24 di Fendi. Le donne romane con cui lavora a stretto contatto (e quelle che hanno fondato la Maison) hanno ispirato il designer per questa stagione, insieme allo show della SS99 firmato Karl Lagerfeld per Fendi.

Il focus è sugli accessori, a partire dagli iconici modelli di borse del brand ingigantiti nell’allestimento. La Baguette, la Peekaboo, l’Origami e la First riflettono così i monumenti romani tra cui le modelle passeggiano. In direzione opposta, questi modelli hanno sfilato in versione mini e ad essi si è aggiunta la Flip: una sorta di shopper che si piega e diventa clutch. La celebre impuntura “Selleria”, infine, che è caratteristica di tutte queste borse, è stata trasformata in dettaglio nei gioielli di Delfina Delettrez Fendi. In passerella ha fatto la sua comparsa anche la stampa-puzzle con la doppia F del 1990, proveniente dall’archivio e rivisitata su pannelli di nappa, abiti e cappotti.

Milano Fashion Week, la sfilata di Del Core

A metà fra Couture e RTW fin dagli esordi, le collezioni un po’ atipiche di Daniel Del Core sono sempre mosse da un evidente spirito creativo. Il punto di partenza, o forse solo più evidente, è la natura e così è stato anche per la SS24 Slices of Reverie. È come se le sue architetture nascoste, le forme più bizzarre, i colori vividi e le texture inedite fossero catturate da uno scatto fotografico in macro, e trasportate da Del Core su abiti da sera e look meno formali, ma sempre molto teatrali. Linee e tagli precisi, netti, ma senza essere austeri, ammorbiditi dai tessuti fluenti e dai drappeggi. Il tutto realizzato con grande abilità esecutiva.

Le ‘malafimmine’ di Marco Rambaldi

Supportata da Zalando, la collezione SS24 Malafemmina segna un ulteriore step dell’ascesa di Marco Rambaldi all’olimpo dei brand affermati nel calendario della Milano Fashion Week. Inclusione e innovazione costituiscono le fondamenta del marchio e tali valori riflettevano squisitamente nei capi e negli accessori.

La libertà è il concetto affrontato in questa collezione, e in particolare la libertà raggiunta tramite la disfatta dei costrutti sociali imposti. Ecco allora sfilare in passerella le “malafimmine”: soggetti volubili, affilati, spesso mal giudicati ma irraggiungibili. Alcuni codici ormai identificativi di Rambaldi sono tornati, rivisitati. Parliamo dei punti a forma di cuore, dei centrini, degli elementi upcycled e della biancheria intima indossata come look casual. Rinnovata anche la collaborazione con Swarovski, mentre ne è nata una con Cuoio di Toscana per il lancio di tre nuove paia di scarpe. Menzione speciale, come sempre, alla line up di esseri umani che in tutte le loro sfumature fisiche ed estetiche hanno indossato i capi Rambaldi. La caratteristica che forse meglio rappresenta il core del marchio.

L’erotismo partenopeo di N° 21

Nato e cresciuto a Napoli, Alessandro Dell’Acqua è partito dalla città per la sua collezione Donna SS24 e in particolare dai contrasti che la caratterizzano e rendono speciale. Ecco allora che il bianco e il nero si sono alternati nei look, girando attorno al DNA erotico e sensuale che sono propri tanto del marchio quanto della città di Napoli. Un guizzo giocoso, ammiccante e un po’ sfacciato permea la collezione, con i piccoli top reggiseno, gli abiti mini ingénue in organza, i negligé in chiffon trasparente e le paillettes oversize colorate.

Il perfetto non-luogo di Etro

La collezione SS24 Nowhere di Etro è un non-luogo che combina la visione personale dell’artista con l’abilità del marchio storico di scovare i tessuti più rari in giro per il mondo. Marco De Vincenzo, dietro le quinte, ha descritto questa collezione come audace ed eccentrica, mantenuta insieme dalla sua creatività nonostante la confusione visiva di grafica e texture affascinanti e tipiche del suo estro creativo. A differenza della maggioranza dei casi, in questa collezione non sono presenti citazioni o attribuzioni riconoscibili di alcun genere. Tutto ha preso vita in un luogo magico, sospeso, introvabile; nowhere, appunto. In questa SS24 troviamo le manovre più tipiche del lavoro di De Vincenzo: forme complesse, giustapposizioni di volumi inaspettati e costruzioni sperimentali dei capi. Il risultato è un mix di raffinatezza, cura sofisticata e stile fantasioso. Caratteristiche che stanno conducendo Etro verso una nicchia piuttosto cool, una stagione dopo l’altra.

Il rave di Diesel a Milano

Gli show di Diesel sono tra i più attesi della Milano Fashion Week da quando Glenn Martens è stato nominato direttore creativo. Paladino della coolness contemporanea, autore di uno dei più grandi rilanci di brand impolverati degli ultimi anni, ha fatto centro anche quest’anno. La sfilata si è consumata nel mezzo di un enorme party a cielo aperto con ben 7000 partecipanti, DJ set di to Senjan Jansen e gin offerto dalla Bulldog. La formula dei biglietti gratuiti venduti online è stata apprezzata anche quest’anno, anche se la vendita in sé è durata una manciata di minuti. Giusto per capire l’hype intorno al marchio. Da sottolineare che i primi 1500 biglietti sono stati indirizzati agli studenti di alcune Università di Milano: un gesto per esprimere quanto il brand abbia a cuore le nuove generazioni (o almeno questo è ciò che tenta di dimostrare).

La forza di Diesel è l’energia di una community

Un rave gratuito per tutti, dunque, che pure sotto la pioggia non ha cessato di veicolare un’energia incredibile. E il fulcro era proprio questo. «Si tratta di stare insieme – ha detto Martens – Si tratta di riunire le persone per un momento analogo». E su quest’intenzione viaggia anche il programma di film che verranno trasmessi presso lo Scalo Farini. Il vecchio spazio ferroviario rimarrà infatti aperto al pubblico per diversi giorni. Come ci ha insegnato Alessandro Michele nel suo periodo da Gucci, si tratta di costruire una community. Questo è ciò a cui qualunque brand dovrebbe puntare, per assicurarsi il successo nel futuro.

Il cinema, quindi, è il tema principale su cui sono stati costruiti i look, come esplicitano le stampe di manifesti di vecchi film (come Space World e Batman), gli smoking distrutti, i rimandi dorati alla statuetta degli Oscar e il tappeto rosso su cui i modelli hanno sfilato. Il tutto mixato con un’estetica da apocalisse in corso che ci riporta con i piedi per terra. Ecco allora le stravaganti lavorazioni sui materiali, le manipolazioni dei tessuti e le sperimentazioni sulla costruzione dei capi. Ritornano anche i modelli ricoperti di vernice brillante, ormai sinonimi della coolness Diesel, mentre altri per l’occasione sembravano incrostati nel fango. E tra la pioggia e la location del rave, il fango è stato il modo migliore di concludere il primo giorno di Milano Fashion Week.

Dialogo tra la fotografia e l’osservatore: la mostra Collater.al Photography a Milano

Torna a Milano l’evento fotografico firmato Collater.al. In mostra dal 22 al 24 settembre gli scatti di fotografia contemporanea di oltre 150 artisti internazionali per creare un dialogo intimo e continuo con i visitatori. Dopo il grande successo della sua edizione inaugurale dello scorso anno, si avvicina l’appuntamento di settembre con l’universo proposto da Collater.al Photography a Milano.


Collater.al è un magazine online dedicato alle nuove espressioni artistiche e alla cultura pop, che, inoltre, opera come uno studio creativo offrendo una vasta gamma di servizi digitali, direzione creativa, produzione fotografica e video, web e graphic design. Dal 22 al 24 settembre, la Fondazione Luciana Matalon – Foro Buonaparte 67 ospiterà il Collater.al Photography, un evento dedicato alla fotografia contemporanea. Più di 150 fotografi provenienti da tutto il mondo parteciperanno, ognuno con il proprio scatto unico. L’obiettivo principale di questo evento è favorire un dialogo profondo tra gli artisti e il pubblico, permettendo di immergersi completamente nell’arte fotografica contemporanea, esplorando stili e suggestioni diverse in un’esperienza emozionale e coinvolgente.

Leonardo sedia collateral photography
Ph. Leonardo sedia

Talenti emergenti e grandi nomi della fotografia, insieme

Collater.al Photography 2023 rappresenterà una straordinaria occasione per entrare in contatto con talenti emergenti e già affermati nel campo della fotografia contemporanea. Ciascun artista esporrà le proprie opere, che spaziano dalle immagini più tradizionali alle sperimentazioni più innovative, offrendo così una vasta gamma di stili e approcci artistici. Il percorso espositivo sarà suddiviso in tre sezioni principali, ognuna delle quali curata da una realtà omonima: ImageNation Milan, Just Women e Iconic Photo Show.

Raccontare la contemporaneità: la sezione ImageNation

ImageNation, lanciato nel 2013 da Martin Vegas e organizzato dall’associazione culturale senza scopo di lucro DeFactory, ha sede a Parigi e si propone di riconoscere il lavoro di alta qualità proveniente da nuovi talenti nella fotografia contemporanea. Con l’evento di quest’anno, ImageNation ritorna a Milano con la partecipazione di 72 autori internazionali, ognuno dei quali utilizza la fotografia come mezzo espressivo per esplorare la contemporaneità e tradurla secondo la propria ricerca estetica, sempre in evoluzione ed ibridazione. Questa è un’invito a un mondo sospeso tra realtà e immaginazione, un mondo che prende vita solo nel dialogo tra l’obiettivo del narratore e gli occhi dell’osservatore.

Collater.al Photography Milano
Collater.al Photography

Le sezioni della mostra Just Women e Icon Photo Show

La collettiva Just Women, curata dalla rinomata fotografa Slavica Veselinović, si focalizza su temi quali la ribellione, i canoni di bellezza, la maternità, il corpo femminile, la religione, la politica, la storia e la libertà. In mostra ci saranno 26 fotografe internazionali che hanno deciso di superare i confini della loro comfort zone, creando un nuovo linguaggio e una prospettiva libera dagli stereotipi, al di là delle convenzioni e dei limiti di genere.


Infine, la sezione Iconic Photo Show è curata da Iconic Artist Magazine, una piattaforma dedicata alla scoperta e selezione dei nuovi talenti nel panorama artistico. Questa sezione presenta una nuova collezione di immagini e idee che spaziano dalla fotografia di moda al ritratto creativo, con l’obiettivo di ispirare e alimentare la creatività, offrendo uno stimolo sia per gli occhi che per l’anima dei visitatori.
In mostra, solo per citarne alcuni, i lavori dei seguenti fotografi: Brooke DiDonato, Damon Baker, Derrick Boateng, Henriette Sabroe Ebbesen, Mira Nedyalkova, Nanda Hagenaars, Simone Bramante, Marta Blue, Carla Sutera Sardo, Mirko Sperlonga.

Ph. Sara Camporesi
Ph. Sara Camporesi

Le parole dei founder di Collater.al Photography

Dichiarano i founder di Collater.al Alessandro Timpanaro, Gabriele Infranca e Luca Di Marco: «Da oltre 10 anni la fotografia ha un posto speciale all’interno del nostro Magazine. Siamo sempre curiosi di scoprire nuovi progetti di fotografi già affermati, ma anche artisti emergenti, e poter dare a loro uno spazio all’interno di un evento fotografico targato Collater.al ci riempie d’orgoglio. Con Collater.al Photography 2023 vogliamo continuare a portare ciò che vive in una dimensione digitale nel reale, celebrando il presente della fotografia, ma anche indagando e chiedendoci come sarà il futuro di quest’arte».

Il programma di Collater.al Photography

Durante i giorni della mostra sarà inoltre possibile acquistare le opere a un prezzo più accessibile, per
incentivare il collezionismo fotografico. È previsto un talk sabato 23 alle ore 17.30 e aperto a tutti. Sarà condotto dalla curatrice Laura Tota, il fotografo Andrea Baioni e l’autrice Chiara Bardelli-Nonino che parleranno di fotografia e Intelligenza Artificiale e si interrogheranno sul tema dell’intelligenza artificiale.
La press preview sarà venerdì 22 dalle 16.30 alle 18.00 e l’apertura al pubblico dalle 18.00 alle 21.00.
Ingresso libero per sabato 23 e domenica 24 settembre, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00 presso la Fondazione Matalon, Foro Buonaparte 67, Milano (tra MM1 Cairoli e MM1 Cadorna).

Locandina di Collater.al Photography milano
Locandina di Collater.al Photography

Nuove sembianze, antiche certezze: a Milano riapre il ristorante Caruso Nuovo

A Milano riapre Caruso Nuovo, lo storico ristorante stellato che sorge all’interno del Quadrilatero della Moda. Situato nella piazzetta di via Croce Rossa, di fronte a via Montenapoleone, possiede ora un nome, un’identità visiva e una cucina completamente rinnovati. Per la serata inaugurale è stata organizzata un’elegante cena di gala riservata a ospiti selezionati, tra cui membri della stampa e personaggi vip.

Interni del Caruso Nuovo ristirante firmati Dimorestudio
Interni del Caruso Nuovo firmati Dimorestudio © Andrea Ferrari

La grande storia del ristorante Caruso Nuovo

Per chi non fosse a conoscenza della sua storia, Caruso Nuovo è il ristorante del celebre Grand Hotel et de Milan. Fondata nel 1863, la struttura ha ospitato personaggi illustri come Giuseppe Verdi, Tamara de Lempicka, Maria Callas e Rudolf Nureyev. In 160 anni di attività a Milano, però, l’ospite più degno di nota è stato certamente il tenore Enrico Caruso. Pare infatti che proprio nella stanza 306 dell’hotel abbia composto una delle proprie opere, spiegando così la provenienza del nome del ristorante.

Oggi questo cinque stelle di lusso è a conduzione familiare da ben tre generazioni, custodito e guidato verso il futuro dalla famiglia Bertazzoni. Con la riapertura invece è giunto Gennaro Esposito, il rinomato chef con due stelle Michelin che sarà alla guida della cucina. Esposito è noto soprattutto per il suo ristorante Torre del Saracino, uno dei punti di riferimento nella cucina italiana. Essenziale per lui ritornare alle radici, un credo da cui ha tratto ispirazione per la sua straordinaria carriera.

Il ristorante è un luogo di incontro tra tradizione ed evoluzione

La famiglia Bertazzoni, proprietaria della gestione del Grand Hotel et de Milan da più di 50 anni, ha deciso di conferire al ristorante una nuova eleganza e convivialità, fondendo elementi classici e contemporanei. Questa nuova immagine si abbina perfettamente alla proposta gastronomica curata dall’executive chef Francesco Potenza, anch’esso di origini campane, con un ricco background in alcune delle migliori cucine del panorama italiano.

Alla base di questa collaborazione tra Caruso Nuovo e Gennaro Esposito c’è un forte legame di stima e una condivisione di radici e tradizioni. Lo chef di Torre del Saracino sottolinea: «Nel mio mestiere, dimenticare le proprie origini è un errore fatale, un atto di arroganza che ostacola la possibilità di future scoperte». Questa stessa filosofia è condivisa dalla famiglia Bertazzoni e caratterizza il ristorante Caruso Nuovo, che da sempre rappresenta un punto d’incontro, un salotto milanese che celebra persone, cibo, cultura e teatro. «Le radici sono il punto di partenza e di appartenenza per creare nuove e prosperose realtà», afferma la famiglia Bertazzoni.


Il nuovo look del ristorante firmato Dimorestudio

Il nuovo progetto di interior design è stato curato da Dimorestudio, fondato nel 2003 da Britt Moran ed Emiliano Salci. Una firma nota per il suo eclettismo nell’architettura, nel design e nell’interior design, che spazia dalla residenza al retail all’ospitalità. A ciò si aggiunge una produzione di mobili, tessuti e illuminazione firmate Dimorestudio.

Per Caruso Nuovo hanno creato uno spazio avvolgente, sensuale e segreto, un vero rifugio cosmopolita dove Oriente e Occidente si incontrano. Il marchio ha preservato i dettagli storici dell’ambiente, rivelando colonne, intarsi e pavimenti in graniglia, tutti elementi distintivi di una Milano di alta classe. A questo ha aggiunto un tocco di glamour, tutto nel rispetto della struttura e con un’accurata attenzione alla ricostruzione storica. Un intervento che si distingue per l’atmosfera, la luce, i colori e l’eleganza bohémienne.

Interni del Caruso Nuovo ristorante firmati Dimorestudio
Interni del Caruso Nuovo firmati Dimorestudio © Andrea Ferrari

Il rinnovato menù illustrato

La carta del menù si compone di piatti della tradizione partenopea e milanese, in un gioco di portate da condividere in modo divertente e piacevole. Fra le proposte del percorso gastronomico del Caruso Nuovo troviamo: Gateaux di patate, Spaghetto al pomodoro del Vesuvio selezione Gennaro Esposito, Zuppetta di olive Nocellara del Belice con pesce spatola “anni 80”, e l’interpretazione di tante verdure a rendere omaggio all’importanza della grande cucina mediterranea.

Questo nuovo menù è stato illustrato nella sua forma cartacea dall’artista Jacopo Ascari. Per celebrare l’opening del nuovo ristorante di Grand Hotel et de Milan, l’artista ha decorato anche alcuni preziosi foulard. Realizzati in seta comasca e stampati, sono stati distribuiti come raffinati cadeaux per gli ospiti della cena inaugurale.

Rosso, Bianco e Sangue Blu: cosa ci ha insegnato il film di Prime Video

Rosso, Bianco e sangue Blu è il film di Prime Video uscito quest’estate (a luglio 2023 per la precisione), una rom-com attesissima dalla fan-base dell’omonimo romanzo: l’onda d’urto che ha generato pare non essersi ancora arrestata.

Taylor Zakhar Perez e Nicholas Galitzine nel film 'Rosso Bianco e Sangue Blu'
Taylor Zakhar Perez e Nicholas Galitzine in una scena del film ‘Rosso, bianco e sangue blu’

Il film è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Casey McQuiston, con cui la scrittrice è entrata nella lista dei “New York Times bestselling authors”. Giusto per comprenderne il successo, ricordiamo che tale lista richiede a un autore di raggiungere un minimo di 5000 vendite di libri (o più alto, a seconda della lista) in una sola settimana, tra diversi rivenditori e da più posizioni geografiche. I presupposti per il successo mediatico c’erano tutti.

L’hype attorno all’uscita della pellicola diretta da Matthew López riguardava sicuramente anche la scelta dei protagonisti. Parliamo di Taylor Zakhar Perez (visto in The Kissing Booths) e Nicholas Galitzine (il principe di Cenerentola con Camila Cabello). Calati nei panni dell’unico figlio della Presidente (sì, al femminile) degli Stati Uniti e del non-erede al trono della Corona inglese, i due passeranno dall’essere acerrimi nemici a inseparabili compari, per riscoprirsi infine innamorati l’uno dell’altro.

Il film è una fiaba in chiave moderna

Semplice e sempre efficace, questo è tutto ciò che richiede il genere della commedia romantica: un film comico, con una storia d’amore al centro, che si conclude con la coppia felice e contenta. Un po’ come nelle fiabe, c’è una base di spensieratezza ricoperta di romanticismo mieloso e decorata con un pizzico di risate a cuor leggero.

Certo, la fiaba in questione è moderna. Abbiamo due prìncipi che sono gli eroi e i futuri amanti della storia; ci sono i nemici da combattere, impersonati da un reporter politico invidioso e dal monarca inglese omofobo (sottile e geniale la decisione di affidare il ruolo a Stephen Fry). Egli rappresenta per espansione tutto l’insieme di valori tradizionali e conservativi ottusi che caratterizzano le istituzioni secolari. Alcuni aiutanti, tra cui svettano le ambiziose e premurose consigliere di Alex (Rachel Hilson e Sarah Shani). Ci sono persino i castelli con le rispettive famiglie a confronto: Buckingham Palace e la Casa Bianca, con annessi interessi politici ed equilibri geopolitici da mantenere.

A confronto anche i background e le mire dei protagonisti. Alex proviene da una minoranza marginalizzata, essendo un americano di seconda generazione. Sogna un coinvolgimento in politica per “cambiare il mondo”, e in famiglia ha il privilegio di poter scoprire e vivere la propria sessualità liberamente. Al contrario, Henry è nato e cresciuto in una famiglia privilegiata, ma l’impegno politico e l’immagine pubblica sono per lui una gabbia. Si sente privato dell’opportunità di esprimere i propri sentimenti onestamente.

Taylor Zakhar Perez e Nicholas Galitzine in una scena di Rosso Bianco e Sangue Blu
Taylor Zakhar Perez e Nicholas Galitzine in una scena del film ‘Rosso, Bianco e sangue Blu’

I temi centrali del film Rosso, Bianco e sangue Blu

Al centro del racconto, quindi, l’importanza di rimanere fedeli a se stessi e la bellezza di rivendicare i propri sentimenti nonostante le pressioni esterne. Ma un’ulteriore serie di sotto tematiche hanno arricchito la narrazione, magistralmente ricamate nella trama come preziose applicazioni. Questo dà modo a chiunque le noti di riflettere ulteriormente sullo stato attuale della società.

In ordine sparso: la questione di classe, espressa tramite il confronto tra l’aristocratica famiglia reale britannica e un esempio di ceto medio-borghese arricchito americano. Da qui derivano i modi altezzosi e gli interessi “poco cool” di Henry, che cita i classici e appare fuori luogo alla festa di Capodanno. In opposizione, brilla la socialità easy-going e un po’ da spaccone dell’espansivo Alex.

La questione razziale: Alex è di origini messicane da parte di padre. Nel film si accenna agli svantaggi che il proprio cognome porta con sé quando si ambisce a una carriera in politica e in un Paese intaccato dal razzismo. Ancora, la questione di genere, affrontata con la sovversiva presenza di una Presidente degli Stati Uniti d’America donna, interpretata dalla venerabile Uma Thurman.

L’amore (e la sessualità) ai tempi delle emoji

La scoperta del proprio orientamento sessuale, l’argomento più evidente, ma con la rarissima presenza di un protagonista che indaga e abbraccia la propria bisessualità. L’unica altra rappresentazione mediatica di questo tipo che abbiamo nel circuito mainstream è impersonata da uno dei protagonisti della fortunata serie Netflix Heartstopper, Nick Nelson. Che le cose si stiano muovendo nella direzione giusta? Ce lo auguriamo tanto.

Inevitabilmente legato a questo discorso (e alla contemporaneità) c’è anche il topic “vita privata vs immagine pubblica”, ossia privacy e social media. A tal proposito, divertente la scena in cui i protagonisti si scrivono continuamente. Montata in modo che sembri si trovino sempre nel medesimo luogo, le scene si accavallano in una pioggia di emoji, stickers, video e screenshot. Il caos tipico della comunicazione odierna. Meno divertente il rischio di diffusione senza consenso dei propri messaggi, mail, foto ecc.

Taylor Zakhar Perez e Uma Thurman in una scena di Rosso Bianco e Sangue Blu
Taylor Zakhar Perez e Uma Thurman in una scena del film

La lezione del lieto fine di Rosso, Bianco e sangue Blu

Kudos, infine, per il tentativo di normalizzare tematiche tabù per il pubblico mainstream come i rischi legati alle IST e il sesso omosessuale. Splendida poi la direzione della scena d’amore tra i protagonisti, girata con esplicita chiarezza ma anche con estrema delicatezza e sensualità. Le caratteristiche proprie di un momento così intimo.

Certo, la commedia romantica non è il più alto dei generi cinematografici e questa pellicola in particolare non rientra tra i migliori film mai realizzati. Ma c’è un però. Che il servizio di streaming della più grande Internet company al mondo abbia prodotto e distribuito un progetto del genere, segna un primato notevole. Lontano dalle pellicole più intellettuali o perennemente drammatiche che negli anni hanno affrontato l’amore non-eterosessuale, ecco che a fine visione accade la magia. Per una volta infatti possiamo evitare le discussioni da cineforum, accontentarci di sorridere e farci confortare dall’immagine di un possibile futuro a lieto fine.

Battle Of Playgrounds: il torneo che sublima l’amore di Re Giorgio Armani per Milano e il basket

Il 7 settembre 2023, EA7 Emporio Armani e Olimpia Milano hanno annunciato il Battle Of Playgrounds, un torneo di basket 3×3 che si terrà dal 9 al 24 settembre. EA7 è la linea del marchio Armani specializzata nella produzione di abbigliamento tecnico di alta qualità per diversi sport, il cui nome è legato al brand Emporio Armani e, come ha dichiarato dallo stesso stilista, al numero di maglia di Andriy Schevchenko, il campione di calcio ucraino che all’inizio degli anni 2000 vestiva i colori del Milan e che oggi è allenatore.

La Pallacanestro Olimpia Milano invece è la società dell’omonimo sport con sede nel capoluogo lombardo, oltre che la squadra più titolata d’Italia e una delle più vincenti in Europa. Le due celebri realtà hanno dato vita a un’iniziativa a sfondo socioculturale: l’evento avrà luogo sui cinque campi da basket recentemente ristrutturati da Giorgio Armani, situati nel cuore e nell’hinterland di Milano.

È importante sottolineare che questa iniziativa ha ottenuto il patrocinio del Comune meneghino, dimostrando ancora una volta l’attenzione concreta dello stilista nei confronti della città e dei suoi abitanti, oltre alla sua passione per la pallacanestro.

Campo da basket del torneo
Campo da basket del torneo

Lo svolgimento del torneo ‘Battle of Playground’

Il torneo vedrà protagonisti giovani appassionati di basket, con età comprese tra i 14 ei 28 anni, che formeranno squadre maschili e femminili divise per fasce d’età. In occasione del torneo, ogni giocatore riceverà un kit personalizzato fornito da EA7 Emporio Armani e Olimpia Milano. Gli incontri si svolgeranno sui campi da basket situati nella zona Sud-Ovest della città, precisamente nei Giardini Moravia e Muccioli, in via Pitteri a Lambrate, nel quartiere Barona e nel Parco Sempione.

Logo Battle of Playgrounds
Logo Battle of Playgrounds


Seguendo il regolamento tecnico della FIBA, le squadre che supereranno le quattro tappe eliminatorie, in programma durante i due fine settimana del 9/10 settembre (presso Muccioli e Barona) e 16/17 settembre (nei Giardini Moravia e via Pitteri), si sfideranno nelle finali che si terranno domenica 24 settembre presso il campo del Parco Sempione. In palio ci saranno speciali premi che permetteranno ai vincitori di vivere esperienze uniche legate all’Olimpia Milano.

Il torneo non si limiterà solo alle competizioni sportive, ma offrirà anche opportunità di coinvolgimento per persone di tutte le età in attività di intrattenimento, promuovendo i valori del divertimento, dello sport e dell’inclusività. Sarà un’occasione straordinaria per celebrare la passione per il basket e l’impegno delle due importanti realtà, EA7 Emporio Armani e Olimpia Milano, nei confronti della comunità milanese.

PICCOLE GRANDI GESTA: L’ABITO GREEN DI MARGOT SIKABONYI A VENEZIA 80

Il vestito stampato indossato da Margot Sikabonyi sul settimo red carpet della Mostra del Cinema di Venezia è l’ennesimo esempio di ‘good practice’ di cui il mondo della moda ha (costantemente) bisogno. L’abito che si fa medium per un messaggio. Nulla di nuovo, dirai. Considera però che il messaggio esplicita l’urgenza di un approccio più sostenibile da parte dell’industria della moda circa l’interezza del suo sistema. Aggiungici l’idea comune che “sostenibile” sia l’opposto di “glamour”. Concludi con il fatto che la piattaforma da cui il messaggio viene lanciato è uno dei red carpet più noti e seguiti del calendario mondano occidentale. Ne ricavi un vestito di cui vale la pena parlare.


L’abito in questione è un modello proveniente dall’ultima inedita collezione realizzata dal designer Tiziano Guardini in collaborazione con l’artista Jacopo Ascari, e a indossarlo l’attrice Margot Sikabonyi, già ambassador di diversi progetti riguardanti il tema della sostenibilità.

Margot Sikabonyi con indosso l’abito creato da Tiziano Guardini e Jacopo Ascari, ph. Igor Serdyukov

Cos’è il Bemberg™, il tessuto sostenibile

La caratteristica principale del capo è quella di essere stato realizzato in Bemberg™, un tessuto prodotto in Giappone da Asahi Kasei e ottenuto dalla trasformazione smart-tech di linters di cotone. Quest’ultimo è un materiale di scarto proveniente dalla lavorazione del cotone, consistente in fibre molto corte che avvolgono i semi della pianta dopo essere stati sottoposti al processo di sgranatura.

Il Bemberg™ è quindi un ottimo esempio di prodotto derivante da economia circolare, caratterizzato da una catena di produzione trasparente e tracciabile. A garanzia della sostenibilità del tessuto esiste un rapporto di Innovhub che ne conferma la biodegradabilità nel suolo, oltre che una certificazione “OK biodegradable MARINE” assegnata da TÜV AUSTRIA.

La collezione Guardini e Ascari, di cui il vestito fa parte, è una capsule che verrà presentata con la terza edizione del progetto A Dress for Venice 2023, e in occasione del decimo compleanno della Venice Fashion Week, la cornice in cui tale progetto è calato e che festeggerà il suo decimo compleanno con un evento programmato per venerdì 20 ottobre. La Venice Fashion Week infatti, dal 19 al 28 ottobre, costituisce un importante appuntamento per gli insider e gli appassionati grazie al susseguirsi di presentazioni sartoriali, workshop, incontri con designer e creativi, passeggiate tra gli “Atelier Aperti” e convegni sulla moda etica e sostenibile.

Margot Sikabonyi e Tiziano Guardini
Margot Sikabonyi e Tiziano Guardini, ph. Marta Formentello

A Dress for Venice: un omaggio all’arte degli artigiani

A Dress for Venice invece è un concept ideato da Venezia da Vivere nel 2019 per parlare di Venezia attraverso i temi della sostenibilità e dell’artigianato, coniugando moda e arte e valorizzando il ruolo di
Venezia come fonte di ispirazione e luogo ideale per vivere e creare. L’edizione 2023 mette in contatto designer, artigiani e scuole con l’innovazione della fibra Bemberg™ ed è proprio la fibra ad essere protagonista della capsule collection disegnata da Tiziano Guardini e Jacopo Ascari. Essa sarà prodotta da aziende artigianali di Venezia e del Veneto. Tra queste il marchio Martina Vidal Venezia, che incorpora pizzo di Burano nell’abbigliamento e nell’interior design e si fa portabandiera di un antico mestiere d’arte candidato a entrare nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO.


A Dress For Venice è anche un progetto di mentorship e formazione: le aziende e i designer incontreranno gli studenti delle scuole di moda e comunicazione del Veneto per trasmettere il loro impegno per l’ambiente nella creazione di collezioni di moda sostenibili, e l’intero processo sarà narrato attraverso i social media. Perché non esiste rivoluzione senza educazione, e alla fine si va a parare sempre lì. E meno male.

Margot Sikabonyi con indosso l'abito creato da Tiziano Guardini e Jacopo Ascari
Margot Sikabonyi con indosso l’abito creato da Tiziano Guardini e Jacopo Ascari,ph. Igor Serdyukov

Venezia 80: i look della nona e decima serata by MANINTOWN

Il red carpet della nona serata del Festival di Venezia

La nona serata del Festival del Cinema di Venezia ha visto la presentazione di Lubo di Giorgio Diritti, il sesto e ultimo titolo italiano in lista per il Leone d’Oro, riguardante una pagina nera e raramente affrontata della storia della Svizzera. Sul red carpet, abbiamo assistito a look della medesima “impronta”: spalline sottili, linea aderente, spacco vertiginoso. Riproposto con cut out e asimmetrie varie ed eventuali, monospalla o meno, con o senza strascico e per la maggior parte nero, il classico vestito da seduzione semplice ma efficace (o forse semplicemente “confortante”) è stata la scelta di moltissime celebrity femminili che hanno sfilato giovedì sera. Una per tutte Fiorenza D’Antonio.


La punta di colore che merita la citazione è forse l’abito stampato di Margot Sikabonyi, in Tiziano Guardini: uno dei pochi brand affermati italiani che portano avanti in modo genuino il tema della sostenibilità etica e ambientale nella moda.
Le corone da regina e re di questo red carpet, però, vanno ai protagonisti del lungometraggio di Diritti: Valentina Bellè e Franz Rogowski. Lei inarrivabile in Saint Laurent, rigorosamente nero e lungo, avvolgente, monospalla, a collo alto, caratterizzato da una scenica manica ampia con strascico. A impreziosire, gioielli Pomellato. Lui incredibile in uno smoking nero rivisitato con giacca lunga e pantaloni ampissimi ripiegati che, a gambe ravvicinate, sembrano una gonna. Dissidente e giustissimo.

Valentina Bellè, ph. benedetta Bressani
Valentina Bellè, ph. Benedetta Bressani

I look maschili di Venezia 80

In blu i best look maschili di Raoul Bova, Gianmarco Saurino e Giacomo Giorgio. Tutti e tre in completo con giacca doppiopetto: in tessuto morbido e dalle linee più rilassate Bova, con camicia in seta ton sur ton e collo alla coreana. Più rilassato con taglio oversize il Valentino dalla collezione “Black Tie” di Saurino; slim e strutturato quello firmato Versace di Giacomo Giorgio.

L’abito scultura di Elisabetta Gregoraci a Venezia

Menzione speciale a Elisabetta Gregoraci, il cui abito non passava di certo inosservato, se non fosse perché al primo sguardo rimanda inevitabilmente ai modelli proposti da una nota maison storica (e molto attuale) francese. Spoiler: non lo è. Resta però un capo notevole caratterizzato da una coppa scultorea di petali dorati, come se si trattasse di intimo scolpito che spunta dalla profonda scollatura dell’abito nero lucente a maniche lunghe con piccolo strascico. È firmato Luana Polimeni.

I look della decima serata di Venezia 80

La decima e penultima serata di Venezia 80 ha potuto godere di una delle rare presenze americane (e che presenza!) di questo Festival, grazie a un permesso di deroga allo sciopero in atto nel settore del cinema negli States. Si tratta di Jessica Chastain, che ha sfilato in onore della presentazione del film di Michael Franco, Memory. E, francamente, ha rubato la scena a tutti gli altri ospiti.

Fedele al marchio Gucci, Chastain ha sfilato in un lungo abito con piccolo strascico interamente ricamato con paillettes color bronzo, scollatura a V profonda e colletto oversize. Un bagliore di scintillio e glamour
tutto hollywoodiano. Paillettes anche per la cantante Levante, in un abito nero aderente con spalline sottili e pizzo ricamato che spuntava dal décolleté strutturato e scendeva lungo i fianchi fino ad altezza ginocchio ambo i lati, per un risultato più romantico, sensuale e sofisticato.


Romantico anche l’abito nero di Maria Pedraza, lungo, drappeggiato e aderente con le spalline morbide che cadevano le spalle. Yoox. Il decolleté illuminato da un collier di diamanti. Al contrario, in bianco Alba Rohrwacher vestita Dior: in perfetto stile Mariagrazia Chiuri (la direttrice creativa del brand) il lungo abito era composto da corpetto intrecciato da strisce di tessuto che, con la vita segnata, formavano le spalline a incrocio sulle spalle e si aprivano nella lunga gonna sottostante. Sul lato maschile, premio fascino a Guillaume Canet, impeccabile in smoking nero di Giorgio Armani.

Jessica a Venezia 80, ph. Benedetta Bressani
Jessica Chastain, ph. Benedetta Bressani
Levante a Venezia 80, ph. Benedetta Bressani
Levante, ph. Benedetta Bressani

Venezia 80: i look dell’ottava serata by MANINTOWN

In occasione dell’ottava serata del Festival del Cinema di Venezia, le star hanno sfilato per la premiere di Io capitano, l’ultima fatica del grande Matteo Garrone e della proiezione di Origin, il primo film a essere diretto da una regista donna afroamericana: Ava DuVernay.

Sul red carpet la regista ha indossato un abito Prada che ha rotto la monotonia di rosso e nero vista in queste serate di Venezia 80 con un abito dorato dalla scollatura profonda. La borsetta geometrica e metallica si abbinava perfettamente alle calzature, dei sandali dal plateau massiccio e robusto.

Per quanto riguarda il film di Garrone invece, il protagonista Moustapha Fall ha catturato l’attenzione dei fotografi grazie al suo stile audace. Ha indossato un completo dalle tonalità principalmente scure progettato per mettere in risalto i dettagli colorati che richiamano le sue radici culturali. La scollatura intrigante, che lasciava parte del petto scoperto, ha aggiunto un tocco di sensualità al look, impreziosito da una catena di brillanti e completato da una clutch rigida.

Madalina Ghenea e Bar Refaeli sul tappeto rosso di Venezia 80


La modella e attrice Madalina Ghenea, in un abito firmato Pinko, ha continuato la tendenza generale a combinare piume, seta e sandali gioiello per creare il tipico look da diva del cinema. Il suo abito era aderente, con spalline sottili, uno spacco alto sulla coscia e un piccolo strascico, un’opzione forse safe, ma che ha dimostrato di funzionare sempre. L’altro polo di bellezza invidiabile, la top model Bar Refaeli, ha sfoggiato un abito di Elisabetta Franchi, optando per un look più classico. Il suo abito era bicolor, con una parte nera aderente, scollata e sexy, e una parte bianca romantica e leggiadra, con uno strascico. Ha completato il look con gioielli floreali di Cartier.

Moustapha Fall Venezia 80
Moustapha Fall, ph. Benedetta Bressani

Venezia 80: dall’eleganza di Caterina Murino alla seduzione di Taylor Mega

Per l’ottava serata la madrina del Festival Caterina Murino ha sfoggiato un abito di Philosophy di Lorenzo Serafini, continuando la tendenza rétro degli anni ’50. Il vestito off-the-shoulder in radzmir di seta rossa presentava un corpetto aderente e strutturato con risvolto che esaltava il décolleté e la gonna ampia a corolla. Ha completato il look con décolleté Roger Vivier in tinta con l’abito e gioielli FRED Paris.
Cool la scelta di Alice Diop: ha optato per un completo corallo oversize con una giacca boxy e pantaloni ampi a coprire le scarpe. Un look semplice, ma che coglie l’attenzione e rompe con gli stereotipi di stile del Festival.


Forse poco apprezzato sul red carpet veneziano – in quanto generalmente tra i più tradizionali per le mise sfoggiate dalle star – l’abito gioiello di Taylor Mega era iper seducente, lungo e con un effetto ‘seconda pelle’ dato dal tulle trasparente ricamato da perline e pietre argento di varie dimensioni, che disegnavano motivi floreali. Probabilmente avrebbe incontrato molti voti a favore sul red carpet dei Grammy’s americani, per dirne uno.

Menzione speciale ai sandali con doppio fiocco di raso grigio perla indossati da Violante Placido, che hanno arricchito un abito fluente di seta impalpabile dello stesso colore, con ampie maniche, gonna svolazzante a ogni passo e punto vita segnato da un nastro gentile.

Venezia 80: I best look del giorno 7 by MANINTOWN

Prosegue il Festival del Cinema di Venezia con i film in competizione che continuano a suscitare l’interesse sia del pubblico che della critica. Nella settima giornata di Venezia 80, abbiamo avuto l’opportunità di scoprire Enea, diretto da Pietro Castellitto che ha anche recitato accanto a Benedetta Porcaroli e a suo padre Sergio, e Zielona granica (Il confine verde) di Agnieszka Holland. Tra i film Fuori Concorso, spiccano Hit Man di Richard Linklater e Ryuichi Sakamoto: Opus di Neo Sora. Un debutto emozionante è stato quello di Day of the Fight di Jack Huston nella sezione Orizzonti Extra.


Per l’occasione, la madrina di Venezia 80 Caterina Murino ha indossato un abito lungo in taffetà di seta verde smeraldo firmato Alberta Ferretti. L’abito, molto classico ma molto chic, aveva maniche lunghe, uno scollo a barca e una gonna ampia a ruota, abbinata a gioielli Pomellato. In verde anche Ariadna Gutiérrez, che ha sfoggiato un elegante abito lungo monospalla con un corpetto formato da un intreccio di fasce di tessuto drappeggiato sul corpo, evocando un’immagine di dea greca.

Pietro Castellitto, credits Giorgio Zucchiatti
Pietro Castellitto, credits Giorgio Zucchiatti

Venezia 2023: Benedetta Porcaroli e Georgina Rodríguez in rosso

La bellissima Benedetta Porcaroli ha indossato un abito rosso creato per l’occasione da Prada, abbinato a gioielli Pomellato, per l’anteprima mondiale del film Fuori Concorso Enea, in cui recita accanto al regista e interprete Pietro Castellitto. L’abito smanicato presentava uno scollo squadrato, stretto in vita, con una silhouette minimale e priva di fronzoli. Sul retro, due ampie fasce creavano una profonda scollatura fino alla vita, con un grande fiocco alla base della schiena e uno strascico appena accennato. Per l’occasione, ha scelto un paio di décolleté in pelle dorata a effetto specchio, con plateau e un vertiginoso tacco squadrato.

Lode anche al Vetements di Georgina Rodríguez che dà un twist più contemporaneo all’abito-omaggio a quello indossato da Julia Vivian Roberts in Pretty Woman, indossato dalla protagonista nella scena della sua prima serata all’opera, al fianco di Richard Gere.

Carlotta Rubaltelli ha sfoggiato un sensuale e sofisticato abito Pronovias monospalla nero con una costruzione asimmetrica. L’abito era coprente e aderente da un lato, con una manica lunga; e senza manica con un cut out sul fianco e uno spacco profondo dall’altro lato, dove la gonna scendeva ampia in uno strascico. Il vestito era impreziosito da rose di tessuto tempestate di brillanti sulla spalla e sul fianco.

Benedetta Porcaroli, ph. Benedetta Bressani
Benedetta Porcaroli, ph. Benedetta Bressani

I look maschili del settimo red carpet i talent dei Next Generation Awards a Venezia 80

Daniele Oscar Spada, tiktoker audace, ha indossato un abito firmato DSquared2 e Gentile Milano, un giovane brand emergente del capoluogo lombardo. Indossava una camicia in pizzo trasparente, una fascia in raso, un pantalone ampio a palazzo orlato di piume e stivali a punta in vernice Sonora Boots, abbinati a gioielli Bald Boys. Il regista e interprete Pietro Castellitto brillava in un completo doppiopetto di Dior, blu scuro e con un solo bottone. Tradizionale con un twist contemporaneo.

Il Team Next Generation Awards 2023 powered by MANINTOWN ha visto un elegantissimo Sebastiano Pigazzi, uno dei talent vincitori della terza edizione del progetto, indossare un elegante smoking blu di Giorgio Armani, completato da mocassini scamosciati. Anche Daniele Giannazzo ha indossato uno smoking blu, ma con un twist scintillante dato dalle applicazioni sul rever della giacca. Il completo portava la firma di Enrico Coveri. Andrea Dodero elegantissimo in smoking nero Zegna. Infine, Amanda Campana ha sfilato in un seducente body in pizzo ricamato con guanti incorporati, pantaloni sartoriali alla caviglia e sandalo in vernice con plateau. Un look total black, di Christian Boaro, a eccezione dell’applicazione floreale candida, come una spilla appuntata al petto.

Torna il Garofano Rosso Film Festival: il cinema contro esclusione e discriminazione

Dal 4 al 10 settembre, a Forme di Massa d’Albe, un affascinante borgo del XVIII secolo nella provincia de L’Aquila, si terrà la terza edizione del Garofano Rosso Film Festival, con la direzione artistica a cura del regista e produttore Paolo Santamaria. L’evento cinematografico è patrocinato per il secondo anno consecutivo dal Parlamento Europeo sotto la presidenza di Roberta Metsola. Tra le altre rassegne, spicca per il suo carattere educativo, culturale e promozionale, con un’enfasi particolare sui temi legati alla marginalità.

Garofano Rosso Film festival
Garofano Rosso Film festival

Un borgo che apre le porte al cinema

La rassegna abruzzese affronterà tematiche cruciali come la parità di genere, i diritti umani, la lotta alle discriminazioni e le comunità marginalizzate, con particolare attenzione rivolta al tema della disabilità. Tutti questi argomenti saranno esplorati attraverso l’arte cinematografica e documentaristica.

Inoltre, questa edizione del festival ha ricevuto per la prima volta il patrocinio dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, facente parte del Dipartimento per le Pari Opportunità. Questa sinergia tra tematiche centrali nell’agenda europea e la bellezza della campagna e della vita agreste crea un meccanismo unico nel suo genere. Lo scopo è promuovere la cultura nel territorio e il territorio attraverso la cultura.


Per l’evento la comunità di Forme di Massa d’Albe, con circa 250 abitanti, ha aperto le porte del suo borgo storico per accogliere i partecipanti, collaborando con gli organizzatori del festival al fine di offrire un’ospitalità autentica e basata sulla condivisione.


Ogni giorno, prima delle conferenze e delle proiezioni con autori e registi, il pubblico avrà inoltre l’opportunità di esplorare il Parco Naturale e l‘Acquedotto Romano di Alba Fucens in escursioni guidate o di assaporare i prodotti locali in degustazioni con i produttori del territorio.

Garofano Rosso Film festival
Garofano Rosso Film festival

Il Garofano Rosso Film Festival: un varco in una cortina di paura

Il direttore artistico Paolo Santamaria si esprime così in merito al progetto: «Il Garofano Rosso Film Festival nasce da una riflessione sul mondo degli ultimi anni, la cortina di paura calata sulla libertà di ciascuno, cortina che diventa reale. Un’immagine concreta, un muro che ostruisce la vista al di là di esso. Così come l’incomunicabilità e l’acuirsi di diversità già aspre in passato e il buio che tutto questo comporta. Ecco, dunque, l’esigenza non più di evadere, di evitare il confronto con la realtà, ma di aprire un varco in questa recinzione senza ragione. Il festival cinematografico più caldo al mondo, in uno dei borghi più freddi d’Italia. La progettazione partecipata diviene strumento di riscoperta identitaria, in un delicato equilibrio, umile baluardo nella tradizione d’alta quota».

Garofano Rosso Film festival
Garofano Rosso Film festival

Le donne, i bambini, la fragilità : i temi del Garofano Rosso Film Festival

Il Garofano Rosso Film Festival è un’opportunità unica di unire cultura cinematografica e tradizione locale per promuovere il dialogo e la comprensione delle diversità, abbattendo i pregiudizi. La rassegna si compone di otto sezioni, ognuna dedicata a celebrare la marginalità attraverso diverse prospettive cinematografiche.


BIZARRE offre un’esperienza distorta e provocatoria che esplora le contraddizioni della società in modo grottesco, AFTERWORD affronta il tema della morte, incoraggiando riflessioni profonde sull’enigma della vita e della fine. FEMME mette in evidenza il punto di vista attivo e pungente delle donne contemporanee attraverso il cinema, mentre ANTEROS esplora l’amore maltrattato e lottato, rivendicando il diritto di amare. WONDERLAND offre uno sguardo puro e schietto sull’immaginario fantastico dei bambini, LACCI esplora i legami umani e la ricerca continua di comunicare la fragilità. Si giunge a DYSTOPIA che esplora un mondo distante in cui ogni presagio negativo può concretizzarsi, riflettendo sul futuro e le paure ossessive, e infine FRONTIERS si propone come un viaggio ai margini della terra e del cuore, alla scoperta di nuovi universi e linguaggi.


A decretare i vincitori, tra le 83 opere filmiche in concorso nelle otto sezioni, una giuria di qualità tutta al femminile presieduta dall’attrice Marta Bulgherini e formata dalle produttrici Francesca Andriani e Guendalina Folador, la montatrice e regista Elisabetta Abrami, l’autrice Veronica Chirra.

On Foot: la nuova mostra di Jonathan Anderson è un’ode a Londra

Con l’arrivo della London Fashion Week apre i battenti On Foot, la nuova mostra della galleria d’arte Offer Waterman curata dal designer Jonathan Anderson, brillante e sovversivo direttore creativo dei marchi JW Anderson e LOEWE. Il percorso espositivo è un dialogo tra artisti contemporanei e capi d’abbigliamento selezionati dallo stesso stilista pescando tra le sue ultime collezioni.

La locandina della mostra On Foot

La mostra ‘On Foot’ è una passeggiata per le vie di Londra


Le creazioni moda di Anderson per JW Anderson e LOEWE prenderanno vita all’interno degli spazi espositivi, interagendo come spettatori e passanti tra le opere stesse. Gli abiti delle ultime stagioni sono stati scelte per la capacità di trasformare il corpo umano in una scultura. La mostra si svilupperà come una passeggiata ideale attraverso le strade di Londra, mostrando tutti i contrasti e le sorprese che la città ospita tra le sue strade.

Dalle lussuose strade di Mayfair, dove si trova la galleria Offer Waterman, ai vicoli pittoreschi di Soho, che ospitano il negozio di JW Anderson, le diverse gallerie della mostra celebrano ogni aspetto della città, dal pub più autentico alle strade trafficate, dai parchi alle piste da skateboard.

Una creazione di Jonathan Anderson nella mostra On Foot

Arriva una nuova versione della borsa piccione di JW Anderson

Ceramiche e sculture daranno vita a scene vivaci, mentre i famosi piccioni di JW Anderson (a cui si ispira una linea di borse ormai cult) prenderanno casa in un magazzino e su una panchina da giardino quadrata, permettendo ai visitatori di apprezzare l’abbondanza di flora e fauna cittadina. Il viaggio sarà accompagnato dalle voci di un cast che racconta le storie della città attraverso gli occhi di chi la vive. A proposito di piccioni: Anthea Hamilton ha collaborato con JW Anderson per creare una versione in edizione limitata della clutch a forma di piccione, che sarà presentata nel contesto della mostra sia presso Offer Waterman che nel negozio JW Anderson di Soho.

Un’opera di Lucien Freud per la mostra On Foot

Le opere di David Hockney e Lucien Freud nella mostra ‘On Foot’

La mostra ospita un dialogo tra artisti seminali e nuovi nomi dell’arte contemporanea. Nel lungo elenco figurano nomi come Igshaan Adams, Frank Auerbach, Lynette Yiadom-Boakye, Hans Coper, Shawanda Corbett, Sara Flynn, Lucian Freud, Anthea Hamilton, Barbara Hepworth, Akiko Hirai, il decano David Hockney, Leon Kossoff, Stanislava Kovalcikova, Florian Krewer, Doron Langberg, Jennifer Lee, L. S. Lowry, Henry Moore, Cedric Morris, Dame Magdalene Odundo, Jem Perucchini, Walter Sickert, Christopher Wood e molti altri.

Gli orari della mostra On Foot a Londra

“On Foot” sarà aperta al pubblico dal 18 settembre al 28 ottobre 2023, due giorni dopo la sfilata di JW Anderson alla London Fashion Week. Gli orari di apertura regolari saranno dal martedì al sabato, dalle 10:00 alle 18:00 (il sabato fino alle 17:00), con un’apertura speciale il 18 settembre dalle 10:00 alle 18:00. La mostra si terrà presso la Galleria Offer Waterman, sita in 17 St George St, Londra W1S.

David Hockney, Mo in Carennac, 1971

VENEZIA 80: I BEST LOOK BY MANINTOWN

Continua il Festival del cinema di Venezia 2023, ormai entrato nel vivo della sua ottantesima edizione, e continuano le serate di presentazione dei film in gara con i relativi red carpet. Così tra soddisfazioni, sorprese e qualche sorrisetto ‘maligno’, a casa MANINTOWN abbiamo selezionato quelli che per noi sono stati i migliori look che hanno calcato il tappeto rosso nella quarta, quinta e sesta serata di Venezia 80.

I look sul red carpet della quarta serata di Venezia 2023

A dirigere il red carpet della quarta serata del Festival del sono state due tra le più amate icone dei mondi del cinema e della moda: Isabelle Huppert e Carla Bruni. La prima indossava un abito Balenciaga, di cui l’attrice è il volto, regalandoci un look da red carpet come si deve: tanto glamour quanto teatrale. L’abito lungo a collo alto, con spalline rinforzate e maniche lunghe era interamente ricamato con frange di paillettes argentate e abbinato a orecchini pendenti e a un’acconciatura wet look con riga laterale, per un effetto ancora più drammatico.

Carla Bruni al contrario indossava un più sobrio vestito nero di Valentino con maxi spacco centrale sulla gonna e scollatura all’americana impreziosita da rose gioiello argento all’altezza del collo. Il profondo cut out a goccia che dalle rose arrivava all’ombelico rendevano la mise ancora più sensuale. I gioielli che indossava erano della Maison Chopard, mentre i sandali neri asimmetrici erano firmati Santoni. Anche la pochette era di Valentino Garavani, in raso nero con V Logo tempestato di cristalli a riprendere la lavorazione del bouquet al collo. Très chic.


Degno di nota anche l’abito lungo indossato da Paola Turani e firmato Paolo Sebastian: uno slip dress semi trasparente e interamente ricamato con pietre brillanti che formavano un reticolato contenente piccoli fiori. Turani lo ha indossato sotto un ampio soprabito con strascico e guanti neri, completando il look con un collier e un paio di orecchini firmati Messika.

Per quanto esista certamente il rischio di risultare “banale” ai più, è altrettanto certo che la scelta di molte celebrities di optare per look dalle linee semplici e di colore nero le ha salvate da grandi passi falsi che si sono palesati sul tappeto rosso nelle diverse serate del Festival. È il caso, per esempio, di Virginia Stablum, che in un Alexandre Vauthier lungo fino ai piedi, aderente, con gonna morbida e tulle sulla scollatura a bustier, è apparsa semplice ma sofisticata, grazie anche alla parure di gioielli Salvini.

C’è invece chi ha preferito giocare con i colori e le texture, riuscendo nell’intento di catturare lo sguardo (e fermare lo scrolling delle foto) per tutte le migliori ragioni. Parliamo di Carina Lau in Giorgio Armani Privé: un look proveniente dalla collezione Spring 2019 Couture a girocollo, aderente, lungo fin sopra la caviglia e ricoperto di paillettes, indossato sotto una giacca lunga dall’effetto pelle di coccodrillo, con spalline rinforzate e zip per regolare l’ampiezza delle maniche. Una vittoria su tutti i fronti.

Paola Turani in Paolo Sebastian
Paola Turani in Paolo Sebastian

Parlando di red carpet al maschile, infine, l’attore di In the Mood for Love Tony Leung Chiu-wai ha ritirato il Leone d’Oro alla carriera in uno smoking Giorgio Armani dalla giacca squadrata, con il pantalone ampio e sneaker platform. Era a mani basse il più cool tra i suoi colleghi. Più tradizionale Pierfrancesco
Favino
che, con il suo look di Atelier Versace, ha dato un twist interessante allo smoking tradizionale grazie alla giacca color vinaccia.


Menzione speciale all’attrice Morena Gentile, che per la prima volta in veste di produttrice ha visto il proprio film Pier Paolo PasoliniUna visione nuova (con la regia di Giancarlo Scarchilli) aggiudicarsi il premio “Miglior Docufilm” nello storico evento collaterale Premio Kinéo. L’evento, ideato e diretto da Rosetta Sannelli, quest’anno è entrato nel terzo decennio a Venezia 80. Per l’occasione Gentile ha indossato un abito lungo nero di Gianluca Saitto, con scollatura e spacco centrale bordati con pietre brillanti.

I look della quinta serata al Festival del Cinema di Venezia

Durante la quinta serata, David Fincher ha portato a Venezia 80 The Killer, film tratto dalla graphic novel francese e interpretato da Michael Fassbender, Tilda Swinton e Charles Parnell. La serata è proseguita con La meravigliosa storia di Henry Sugar di Wes Anderson, con Benedict Cumberbatch, Ralph Fiennes, Dev Patel e Ben Kingsley, e infine con The Caine Mutiny Court-Martial, film-testamento del regista appena scomparso William Friedkin.

Il premio diva della serata va alla fotografa Nima Benati, che ha sfilato in Zuhair Murad e Nicole + Felicia. La mise è completamente bianca: l’abito lungo, aderente, sensuale si caratterizzava per la parte superiore composta da due fasce incrociate in una scollatura all’americana. In questo defilé, il soprabito più scenografico è il suo: di piume, vaporoso e con strascico. I gioielli che ha indossato sono del brand Crivelli.

Piume anche per Rose Betram, ma in quantità minore e in total black, con un look firmato Pinko: ha indossato un abito lungo e aderente che terminava in un piccolo strascico, con le spalline sottili e una profonda scollatura. Il nero ha contraddistinto i look di molte celebrities della quinta serata: a partire dalla madrina Caterina Murino che ha sfilato in un tailleur giacca pantaloni di Kiton, con corsetto adornato da fili di perline pendenti che ricoprivano anche le tasche della giacca.


Altro tailleur nero, ma oversize, e indossato sopra una camicia bianca a righe sottili grigie con colletto over per Isabelle Huppert, che sempre in Balenciaga si è riconfermata la prima rappresentante dello chic francese. In nero anche Nina Rima, con un abito in paillettes dalla scollatura bustier e lungo spacco laterale che mostrava orgogliosamente la protesi alla gamba, in uno statement importante di accettazione della bellezza di tutti i corpi, anche quelli non conformi. L’influencer indossava gioielli Salvini.

La più chiacchierata del red carpet, però, è forse stata Ilary Blasi: abbandonata quell’immagine fatta di abiti supersexy, trucco pesante e parrucco fatale esibiti in tv nelle ultime stagioni, si è presentata sul red carpet in un semplice abito bustier Dior nero, aperto in due ampie pieghe e lungo alle caviglie. Gli stivali neri costituivano la nota più eccentrica del look. Anche il trucco e il parrucco sono stati una novità in linea con il resto: make up acqua e sapone, una tonalità di capelli più scura e calda, smalto nero e niente gioielli.

Infine, nota di merito per Matteo Paolillo che ha calcato il red carpet in Dolce&Gabbana: super affascinante con l’abito doppiopetto “doppio”, dal fitting perfetto e i tessuti diversi a risaltare questo gioco di costruzione della giacca, indossata poi senza camicia. Chef kiss.

Il sesto red carpet di Venezia 2023

Priscilla, la pellicola firmata da Sofia Coppola, vincitrice del Leone d’oro nel 2010 con Somewhere, è stato il film presentato e più atteso della sesta serata. La pellicola narra la storia d’amore tra Elvis e la giovanissima moglie raccontata, per la prima volta, dal punto di vista di lei. Gli interpreti hollywoodiani sono stati anche i protagonisti della serata: Cailee Spaeny e Jacob Elordi. Spaeny, una visione angelica, ha sfilato in un lungo abito aderente bianco con profonda scollatura a oblò e cascata di perle a mo’ di cappa, abbinato a gioielli di Bulgari. Elordi svettava con il suo metro e novanta di coolness (e hotness, siamo sinceri) con uno smoking nero doppiopetto firmato Valentino, portato con la cravatta e una spilla a farfalla. I gioielli che indossava erano di Cartier.

E, a proposito di Valentino, la maison italiana ha senza dubbio rubato la scena in questo red carpet, vestendo un dream team formato dal sopracitato Elordi, Fancy Alexandersson in rosso fuoco, con un completo formato da camicia e gonna con spacco laterale e strascico e Kasia Smutniak in nero, che indossava invece un tailleur giacca e gonna lunga con camicia bianca e capello sciolto e spettinato. Il dettaglio che accomunava tutti i loro look era lo stesso che ha contraddistinto l’ultima collezione di prêt-à-porter della maison romana: la cravatta. Smutniak poi è stata accompagnata proprio dal direttore creativo del brand romano, Pierpaolo Piccioli, di bianco vestito con occhiale da sole sempre presente e capello scompigliato. Squadra che vince non si cambia.

Kasia Smutniak e Pierpaolo Piccioli a Venezia 80
Kasia Smutniak e Pierpaolo Piccioli

Rimanendo in tema, l’altro super team della serata è stato quello formato dai vincitori dell’annuale premio Next Generation Awards, powered by MANINTOWN e Mi-HUB Agency. Giunto alla sua terza edizione, il progetto testimonia l’impegno di MANINTOWN nello scoprire e sostenere i nuovi nomi più interessanti del panorama italiano. Giunti a Venezia per i loro primi red carpet, i giovani talenti sono stati Mattia CarranoDomenico CuomoAndrea Dodero e Sebastiano Pigazzi, premiati come Migliori attori rivelazione (Domenico Cuomo ha vinto anche il Premio Speciale Ciak Generation), Lea Gavino e Fotinì Peluso premiate come Migliori attrici rivelazioneEma Stokholma, Miglior artista rivelazione, e infine Daniele Giannazzo che si è conquistato il Premio Speciale miglior Creator di cinema e serie tv.

Andando con ordine: Mattia Carrano ha indossato un tradizionale abito blu con camicia bianca da vero gentiluomo, mentre Domenico Cuomo ha sfoggiato una camicia romantica in raso, morbida con scollatura e lacci del fiocco sciolti e pantalone ampio in velluto. Tutto Saint Laurent by Anthony Vaccarello. Lea Gavino è apparsa incantevole in un abito longuette nero scintillante, con spacco e cut out sul fianco, firmato Karl Lagerfeld e gioielli Giovanni Raspini. Fotinì Peluso ha sfilato in Chanel con un abito due pezzi composto da corpetto e gonna asimmetrica, entrambi ricamati ma in fantasie diverse. Infine Ema Stokholma ha indossato un lungo abito verde drappeggiato dal tessuto traforato e con lungo spacco laterale, di Limited Edition 999, e sandali Gianvito Rossi.

VENEZIA 80: I BEST LOOK by MANINTOWN

Sopraffatti dal numero di look di questi giorni in laguna? Il Festival del cinema di Venezia 2023, con le sue molteplici serate e altrettanti red carpet, in effetti può dare un pò di mal di mare. Ecco allora una selezione firmata MANINTOWN dei migliori look visti sul tappeto rosso nelle prime tre serate di Venezia 80.

I best look del Festival del cinema di Venezia 2023: Mariacarla Boscono, Caterina Murino e Bianca Balti

La prima serata, con la cerimonia di inaugurazione, ha visto la proiezione di Comandante di Edoardo De Angelis e interpretato da Pierfrancesco Favino, che si è conquistato il ruolo di protagonista anche sul red carpet con un look total black firmato Saint Laurent by Anthony Vaccarello.
La combo made in heaven formata dalla topmodel Mariacarla Boscono e la stylist Ramona Tabita ci ha regalato il look forse più memorabile del Festival: completamente di rosso vestita, indossava un abito con cappuccio firmato Dolce & Gabbana. La gonna fluida a pannelli con strascico in contrasto con un bustier lace-up che stringeva vita e fianchi, svelava le gambe nei collant e le décolleté rosse. Rossi e di velo anche i guanti sopra il gomito e il velo lungo e leggero poggiato sul capo a mo’ di cappuccio.
Sulla stessa scia del “rosso red carpet” anche Caterina Murino, madrina del Festival, in Giorgio Armani Privé. La gonna a ruota e le mini balze di tulle tempestato di pietre sono state controbilanciate dai gioielli poco appariscenti e centratissimi di Cartier. Azzeccata anche la scelta del semi-wet look per i capelli, che hanno elevato l’intera mise a un altro livello.
L’altra top model italiana a catturare la scena è stata Bianca Balti, che indossava un Ermanno Scervino azzurro chiaro, in tessuto leggero drappeggiato composto da un bustier, gonna lunga con spacco laterale e strascico. A completare il look i gioielli Pomellato e in particolare la collana di Alta Gioielleria Princess The Rapper Acqua in oro rosa, diamanti bianchi e una grande pietra di Acquamarina in tinta con l’abito.


I best look del Festival del cinema di Venezia 2023: Toni Garrn, Madisin Rian, Valentina Cervi e Charlotte Rampling

Avvistate due Sirene in laguna (gli ultimi echi del mermaid core?): Toni Garrn in Alberta Ferretti Resort 2024 e Madisin Rian in Giorgio Armani Privé Couture 2011. Abiti lunghi e aderenti a slanciare le figure longilinee, scollature bustier e squame di micro e macro paillettes ricamate all over. Effetto metallico per l’abito di Ferretti, albicocca iridescente quello di Giorgio Armani Privé, decorato sulla schiena da un fiocco rigido e applicazioni floreali rigide sul busto. Il fiocco, i fianchi e la parte inferiore del vestito sono in morbido tessuto stampato e ricamato.
Restando in tema “paillettes all over”, Valentina Cervi ha sfilato con un Valentino color borgogna a girocollo e con manica lunga, caratterizzato dalla disposizione di paillettes più lunghe a effetto piuma sulla parte bassa delle maniche e della gonna, con qualche punto random nel resto del capo. Un modo meraviglioso di dare tridimensionalità e carattere a un abito dalla silhouette semplice e monocromo.
Menzione speciale della serata a Charlotte Rampling super chic in Courrèges, lo storico brand francese tornato alla ribalta sulle passerelle grazie al lavoro di Nicolas Di Felice, lo stilista belga che ne ha assunto la guida nel 2020. E proviene direttamente dalla collezione Autunno-Inverno 2023/2024 l’abito che Rampling ha indossato: liscio, nero, lungo alla caviglia, con un cut out sul busto da cui appare la collana geometrica sottostante. È stato abbinato a delle pumps con tacco scultura che riprendono il motivo del girocollo metallico.

I best look del Festival del cinema di Venezia 2023: Michael Mann, Adam Driver, Patrick Dempsey, Caterina Murino

Il secondo giorno di red carpet della Mostra del Cinema di Venezia 2023, con la presentazione di Ferrari, il biopic dedicato al genio italiano dei motori e firmato Michael Mann, è stato calcato dalle star interpreti Adam Driver e Patrick Dempsey. I due, eternamente tradizionalmente affascinanti nei loro smoking (il secondo firmato Brunello Cucinelli) fanno parte dei pochi attori americani che hanno partecipato nonostante gli scioperi di Hollywood.
Caterina Murino si distingue ancora una volta indossando un Atelier Versace, bianco audace e sfarzoso come vogliono i codici chiave della casa di moda. La costruzione dell’abito permette di intravedere il bustier rigido argento e brillante attorno a cui è stato drappeggiato il tessuto bianco, facendolo fuoriuscire dalla scollatura e da un fianco. È da qui che la gonna morbida si apre con lo spacco alto e prosegue in uno strascico. Il collier a doppio giro di Pasquale Bruni completa il look con gli altri gioielli.


I best look del Festival del cinema di Venezia 2023: Giulia Salemi, Stephanie Glitter e Michelle Lamy

Numerose le star del web e gli influencer che hanno sfilato sul tappeto rosso di questa seconda serata. A distinguersi maggiormente però, tra opinioni polarizzanti, sono state Giulia Salemi in Atelier Emé, con gioielli Damiani e Stephanie Glitter in Daizy Shely, con gioielli Salvini. Entrambe in bianco, Salemi ha dato vita con il team di Atelier Emé a uno slip dress argentato con decorazioni a specchio ricamate e a un vaporoso sobrabito con strascico bianco candido, indossato con i guanti. Stephanie Glitter ha optato invece per un abito aderente a girocollo e manica lunga, semitrasparente e tempestato di pietre preziose e piume svolazzanti.
Impossibile infine non citare l’icona del fashion system Michelle Lamy che, fedele a se stessa e all’amico Rick Owens, in occasione della Premiere di Ferrari ha sfoggiato un look dai colori autunnali, firmato dal designer americano.

I best look del Festival del cinema di Venezia 2023: Cristiana Capotondi, Micaela Ramazzotti, Kasia Smutniak, Eugenia Silva e Simon Bennebjerg

La terza serata del Festival è stata dedicata alla proiezione di Poor things, film diretto dal regista greco Yorgos Lanthimos e di Finalmente L’Alba di Saverio Costanzo.
Le scelte più azzeccate sono state quelle di Cristiana Capotondi e Micaela Ramazzotti, che hanno rubato la scena con abiti apparentemente semplici, ma molto sofisticati. Entrambi lisci e neri, Capotondi ha indossato un tubino longuette di Givenchy con profonda scollatura a cuore, puntellato di cristalli e borchie metalliche che aumentano di dimensione man mano che scendono sull’abito. Sul décolleté un serpente di Bulgari linea Alta Gioielleria. Ramazzotti invece ha sfoggiato la schiena nuda in un abito lungo Giorgio Armani, dalle linee semplici e lo scollo a cuore.
Sempre in nero, ma decisamente più rigorosa Kasia Smutniak in un Valentino chiuso a mo’ di camicia e gonna longuette, con tanto di cravatta. Iper cool.
Un guizzo di colore e l’attitude da diva hollywoodiana ha contraddistinto Eugenia Silva, in Giorgio Armani Privé. Lungo e aderente con profonda scollatura sul bustier rigido, l’abito è stato arricchito da un frizzante soprabito di piume rosa, divertente ma anche molto chic.
Infine per quanto riguarda i gentlemen, menzione speciale all’attore Simon Bennebjerg che impeccabile nel suo smocking Zegna ci ha regalato un twist adorabile con gli occhiali da sole a lente aranciata.

Eugenia Silva,
Eugenia Silva

Festival del Cinema di Venezia 2023: il necessario da sapere su ‘Venezia 80’

Dal 30 agosto al 9 settembre i riflettori sono tutti puntati sulla laguna per il Festival di Venezia 2023. Ecco tutte le informazioni principali riguardanti questa ricchissima 80esima edizione, che si divide tra l’amore per l’arte cinematografica, l’eterno glamour dei red carpet e gli scioperi nell’industria hollywoodiana.
Quest’anno la Mostra internazionale d’arte cinematografica organizzata dalla Biennale di Venezia celebra la sua 80esima edizione sotto la direzione artistica di Alberto Barbera, il noto critico cinematografico, e con il manifesto ad opera di Lorenzo Mattotti, che disegna l’immagine ufficiale per il sesto anno consecutivo.

La cerimonia di inaugurazione del Festival di Venezia 2023

Nella serata di ieri, mercoledì 30 agosto, la cerimonia di inaugurazione ha visto sfilare gli ospiti sul
prestigioso red carpet, con l’attrice italiana Caterina Murino che ha dato il via ufficiale al festival sul palco della Sala Grande (Palazzo del Cinema al Lido). Sarà nuovamente lei a chiudere la kermesse sabato 9 settembre con la consegna dei Leoni e degli altri premi ufficiali della Mostra.
Un altro momento alto della serata è stata la consegna del Leone d’oro alla carriera alla regista italiana
Liliana Cavani. A 90 anni, Cavani è anche la prima donna del settore a ricevere l’autorevole riconoscimento, alimentando così la speranza che possa essere la prima di molte altre in futuro.

Caterina Murino, Ph. Benedetta Bressani
Caterina Murino, Ph. Benedetta Bressani

Le star e gli scioperi

Il tanto atteso e sempre seguito arrivo delle star al Lido quest’anno ha risentito dell’assenza di alcuni grandi nomi come quelli di Zendaya, Emma Stone e Bradley Cooper, che hanno scelto di aderire allo sciopero indetto dal sindacato degli attori e sceneggiatori in corso a Hollywood. È proprio per l’assenza di alcuni interpreti che il primo film in concorso ad essere presentato è stato Comandante di Edoardo De Angelis, con Pierfrancesco Favino, anziché Challengers di Luca Guadagnino.

Pierfrancesco Favino al festival di Venezia, Ph. Benedetta Bressani
Pierfrancesco Favino, Ph. Benedetta Bressani

La giuria

Per quanto riguarda la giuria del Concorso Ufficiale del Festival, a presiederla in questa edizione è il grande regista statunitense Damien Chazelle, mentre gli altri giurati sono: Saleh Bakri, attore (Palestina), Jane Campion, regista e sceneggiatrice (Nuova Zelanda), Mia Hansen-Løve, regista e sceneggiatrice (Francia), Gabriele Mainetti, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico (Italia), Martin McDonagh, regista, sceneggiatore e drammaturgo (Irlanda, Regno Unito), Santiago Mitre, regista e sceneggiatore (Argentina), Laura Poitras, documentarista (Stati Uniti d’America) e Shu Qi, attrice e modella (Taiwan, Hong Kong).

I film in gara

23 i film in Concorso a contendersi il Leone d’Oro, di cui sei lungometraggi italiani: Adagio di Stefano
Sollima, Comandante di Edoardo De Angelis, Enea di Pietro Castellitto, Finalmente l’alba di Saverio Costanzo, Io capitano di Matteo Garrone e Lubo di Giorgio Diritti.
Fanno parte dell’80esima edizione del Festival anche 22 film Fuori Concorso, le sezioni Orizzonti e Orizzonti Extra, Biennale College Cinema e Venezia Classici (restaurati).
Da non dimenticare anche i due storici concorsi collaterali: la 20esima edizione di ‘Giornate degli Autori‘ che avrà in gara, tra gli altri, Sidonie du Japon con protagonista Isabelle Huppert (sarà presentato venerdì 1 settembre), proporrà la sezione al femminile Miu Miu Women’s Tales e per le Notti Venezia proietterà Le mie poesie non cambieranno il mondo, il documentario su Patrizia Cavalli. L’altra rassegna, ‘La Settimana Internazionale della Critica‘, è arrivata all’edizione numero 28 e tra i titoli spicca in Concorso About last year.

Go get some SEX EDUCATION: la quarta stagione della serie è in arrivo!

Sex Education è uno dei contenuti NETFLIX più apprezzati degli ultimi anni. Prodotta da Eleven Film, scritta e sceneggiata da Laurie Nunn, la serie è stata candidata e vincitrice di numerosi premi, come l’International Emmy Awards nel 2022 per “miglior serie comedy”. Giusto per capirci, nei soli primi 91 giorni dalla sua uscita il 17 settembre 2021, la terza stagione aveva totalizzato 66.6 milioni di visualizzazioni. Ora una nuova stagione è stata ufficialmente annunciata, in arrivo il 21 settembre 2023: piena di plot twist avvincenti sia a livello di trama che di cast, non ci resta che attendere la fine dell’estate per godere dell’ultima lezione di Sex Education.

Pochi ma buoni motivi per recuperare la serie

Senza dubbio Sex Education ha segnato una svolta nel panorama delle serie TV prodotte e distribuite dai servizi on demand contemporanei, grazie alla trattazione candidamente esplicita, ironica e sincera del perennemente pruriginoso tema del sesso. L’obiettivo (raggiunto) della serie è quello di liberare il sesso e le scomode, imbarazzanti e sconfortanti conversazioni, pratiche e sfaccettature ad esso legate da quegli stigmi più o meno pesanti in cui l’umanità nel corso dei secoli ha avvolto questo temine-universo. Ciò ha dato vita a un nuovo interessante, necessario ed eccitante dibattito pubblico che, vuoi o non vuoi, ha obbligato il pubblico a fare i conti con il tema dell’educazione sessuale tra gli adolescenti, nelle scuole quanto a casa.
Oltre a una sana dose di informazioni e delucidazioni su “pratiche, usi e costumi” la serie ha portato a galla anche la questione della salute mentale, con annessi stress per la scoperta e accettazione del proprio corpo, della propria sessualità, della propria identità di genere, preferenze e gusti sia in ambito estetico che relazionale. Ancora, la disabilità, l’ansia da prestazione nei rapporti sessuali, il sacrosanto topic del consenso, le ancora troppo diffuse e taciute molestie sessuali e i conseguenti possibili traumi.

 Gillian Anderson as Jean Milburn and Asa Butterfield as Otis Milburn in Sex Education Season 4. Cr. Thomas Wood/Netflix
Gillian Anderson as Jean Milburn and Asa Butterfield as Otis Milburn in Sex Education Season 4. Cr. Thomas Wood/Netflix

Cosa aspettarsi dalla quarta stagione

Costantemente attenta e riguardosa nell’approcciare suddette tematiche, la terza stagione ha lasciato i nostri amati protagonisti a dover affrontare la chiusura del liceo di Moordale. Otis e Eric (interpretati da Asa Butterfield e Ncuti Gatwa) devono affrontare un nuovo inizio – il loro primo giorno al Cavendish Sixth Form College. Otis è nervoso all’idea di creare una nuova clinica, mentre Eric spera con tutto se stesso che non saranno di nuovo degli “sfigati”. L’istituto Cavendish rappresenta uno shock culturale per tutti gli studenti di Moordale, che fino ad allora pensavano di essere progressisti.
Questa nuova scuola è molto diversa, ogni giorno si fa yoga nel giardino comune, si respira un’atmosfera all’insegna della sostenibilità e c’è un gruppo di ragazzi popolari per la loro… gentilezza?! Viv (Mimi Keene) è totalmente sconvolta dall’atteggiamento non competitivo degli studenti, mentre Jackson (Kedar Williams-Stirling) sta ancora cercando di superare la sua storia con Cal (Dua Saleh). Aimee (Aimee-Lou Wood) decide di fare qualcosa di nuovo frequentando lezioni d’arte e Adam (Connor Swindells) prova a capire se un’istruzione di tipo tradizionale sia adatta a lui. 

Negli Stati Uniti, Maeve (Emma Mackey) sta vivendo il suo sogno alla prestigiosa Wallace University, in cui segue le lezioni dell’autore di culto Thomas Molloy. Otis si strugge per lei, mentre deve abituarsi al fatto di non essere più figlio unico, con l’irriverente Jean Milburn in dolce attesa (iconica Gillian Anderson) e nemmeno l’unico terapista della scuola…

Emma Mackey as Maeve Wiley in Sex Education Season 4. Cr. Samuel Taylor/Netflix
Emma Mackey as Maeve Wiley in Sex Education Season 4. Cr. Samuel Taylor/Netflix

I nuovi protagonisti della quarta ed ultima stagione di Sex Education

In questa stagione pare faremo la conoscenza anche di nuovi personaggi interpretati da Dan Levy, vincitore dell’Emmy come miglior attore non protagonista per Schitt’s Creek, Thaddea Graham (Doctor Who), Lisa McGrillis (Somewhere Boy), Marie Reuther (Kamikaze), l’attrice e modella Jodie Turner Smith, il comico Eshaan Akbar e gli esordienti Felix Mufti, Anthony Lexa, Alexandra James, Reda Elazouar, Bella Maclean e Imani Yahshua.

A inizio luglio, Netflix ha annunciato che la quarta stagione sarà anche quella finale per la serie. Nella lettera pubblicata ai fan la creatrice, sceneggiatrice e produttrice esecutiva Laurie Nunn ha affermato: «Siamo incredibilmente orgogliosi di Sex Education e siamo in debito con il nostro fantastico team di sceneggiatori, attori e tutta la troupe che ha messo così tanto amore nel realizzare ogni episodio. Hanno lavorato in maniera instancabile per questa stagione finale, e non vediamo l’ora di condividerla con voi».

La stagione finale di Sex Education debutterà il 21 settembre in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo.

 Dua Saleh as Cal Bowman in Sex Education Season 4. Cr. Samuel Taylor/Netflix
Dua Saleh as Cal Bowman in Sex Education Season 4. Cr. Samuel Taylor/Netflix

Respirare Roma: la mission del The Rome EDITION

La catena di hotellerie EDITION della Marriot International e Ian Schrager, il re dell’intrattenimento e padre dello Studio 54 insieme a Steve Rubell, festeggia l’aggiunta di una nuova struttura italianissima: The Rome EDITION.

EDITION Hotels nasce da una partnership che combina l’esperienza di soggiorno individuale, intima, personalizzata e unica tipica dei Boutique Hotel per cui è noto Ian Schrager, con la portata globale,
l’expertise operativa e la dimensione di Marriott, storica multinazionale statunitense nel campo hotel e resort.
Il brand si assume un ruolo pionieristico nel prossimo capitolo della storia degli hotel lifestyle, per un mercato, non pienamente servito, di ospiti benestanti, culturalmente esperti e attenti ai servizi. L’obiettivo è raggiungere un perfetto equilibrio tra design e innovazioni che influenzano il gusto e un servizio coerente ed eccellente su scala globale, ma con una cura e un’attenzione al dettaglio specifici per ogni struttura e città.
Ne deriva una sofisticata costellazione di hotel che toccano New York e Times Square New York, Londra, Miami Beach, West Hollywood, Barcellona, Bodrum, Shanghai, Sanya Cina, Abu Dhabi, Dubai, Tokyo Toranomon, Reykjavik, Madrid e Tampa. Ognuno di essi vede riflesso nell’hotel EDITION di riferimento il proprio spirito sociale e culturale distintivo, permettendo alla clientela di sentirsi completamente calata nel microcosmo unico e speciale della città in cui soggiorna. Ecco perché ciascuna struttura EDITION è pensata e realizzata per essere completamente diversa dalle altre, dove i più alti standard dell’hotellerie di lusso sono l’unico punto in comune che conta.

Interni The Rome EDITION
Interni di The Rome EDITION

The Rome EDITION, la rappresentazione di italianità

Il nuovo The Rome EDITION, dunque, diventa manifestazione concreta della dolce vita, quell’idea di italianità apparentemente inestinguibile perché eternamente romantica e aspirazionale. Strategicamente eretto a due passi da Via Veneto, l’hotel si propone di sostenere completamente i nuovi lifestyle contemporanei veloci ed esigenti, cercando però di restituire una pratica sociale buona e necessaria come l’incontro tra persone. È questo ciò a cui tengono i fondatori: creare spazi d’intrattenimento che permettano interscambi intellettuali e culturali di valore, affinché visitare una struttura EDITION permetta quell’arricchimento personale che si cerca quando si viaggia.
Ecco perché le stanze da letto del Rome EDITION risultano molto piccole rispetto alla lobby, cuore dell’hotel (per tutti gli hotel del marchio) dalle proporzioni magnifiche e maestose. Qui The Lobby vanta
soffitti alti 7 metri con pareti e pavimenti in travertino poroso, a cui si accede da un ampio e lussureggiante cortile privato che si fa sia piazza che spazio per la ristorazione. Si tratta del Garden, che dà il benvenuto agli ospiti del The Rome EDITION con uno spazio interno-esterno concepito come una giungla urbana, ricca di oltre 400 piante e una cascata profumata di gelsomino rampicante sulla facciata.
Già questi spazi esplicitano il dinamismo EDITION e, nello specifico, quello della Città Eterna: una realtà
che sembra essere localizzata fuori dalla dimensione spazio-tempo, dove è possibile rilassarsi tanto quanto fare festa, concentrarsi sul lavoro o cercare l’intrattenimento, ammirare la bellezza circonstante o farsi ammirare, godere dei privilegi individuali tanto quanto dei momenti collettivi più semplici e quotidiani.

Camera da letto The Rome EDITION
Camera da letto di The Rome EDITION
The lobby
The Lobby di The Rome EDITION
Bar di The Rome EDITION
Bar di The Rome EDITION

Prospettiva Van Orton: la doppia anima dei gemelli Schiavon

Il duo artistico Van Orton, formato dai gemelli Marco e Stefano Schiavon, vede per la prima volta la propria produzione riunita in una mostra personale che permette di esplorare il loro percorso artistico, dalle origini nel 2013 ad oggi. Curata da Stefano Papetti, Elisa Mori e Giorgia Berardinelli, Prospettiva Van Orton si articolerà tra le sale del Forte Malatesta di Ascoli Piceno e la Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto dal 14 luglio 2023 al 7 gennaio 2024. La scelta di queste sedi e l’organizzazione della mostra si devono all’Associazione culturale Verticale d’Arte, sostenuta e patrocinata dai Comuni di San Benedetto del Tronto e di Ascoli Piceno.

Prospettiva Van Orton nella Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, Ph. Alice Curatola
Prospettiva Van Orton nella Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, Ph. Alice Curatola


I Van Orton e il loro stile inconfondibile

Un’esperienza emozionale in cui le opere e le produzioni nate dalle collaborazioni più note dei gemelli Schiavon si alternano ad altre inedite e pensate ad hoc per la mostra. Un susseguirsi caleidoscopico di immagini vivide e vari memorabilia dal forte impatto sensoriale, in cui un dichiarato rimando all’immaginario pop convive con l’estetica tradizionale delle vetrate gotiche. Da qui nasce lo stile personalissimo e inconfondibile dei Van Orton.
Nati nel 1983 a Rivoli in Piemonte, i gemelli attingono infatti a quel patrimonio visivo che chiunque sia nato e vissuto negli anni Ottanta ricorda e riconosce molto bene. Anche il loro nome d’arte proviene dalla pop culture e più precisamente dal cinema: Van Orton è il cognome del protagonista di The Game, il celebre film di David Fincher datato 1997 e interpretato da Micheal Douglas. Questo spirito nostalgico però non è fine a se stesso, ma viene sfruttato per rappresentare icone e figure che caratterizzano sia la memoria collettiva del mondo occidentale che la sua contemporaneità.

Ritratto dei Van Orton
Ritratto dei Van Orton


I mondi con cui hanno lavorato nella loro carriera

Il cinema è solo uno dei mondi da cui i gemelli piemontesi sono partiti per lasciare traccia della loro arte: la musica, il design, lo sport, la moda e l’industria dell’automobilismo hanno dato modo ai Van Orton di sfruttare diversi media e supporti, per applicare la loro poetica ad ambiti fortemente commerciali (approccio proprio della Pop Art).
Daqui le creazioni artistiche per Jovanotti, Alessandro Cattelan e per il tour dei Bon Jovi nel 2019 e per il concerto di Eddie Vedder a Firenze nello stesso anno. Ancora, le collaborazioni per Disney e Swatch, quelle per Mercedes e Colmar e per il tour europeo della nuova generazione Ducati Scrambler, che vede in mostra l’unico esemplare di Scrambler® Icon customizzato dagli artisti, gentilmente concesso dalla celebre Casa motociclistica bolognese. E ancora le collaborazioni con Fedez e la sua capsule collection per Sisley, con Sky, Rolling Stone, Radio Dj, Yamaha, la copertina del disco di Jack la Furia dei Club Dogo e la loro interpretazione dei campioni del basket per la Tv Usa Ensp.
Uno stile che è un vero e proprio marchio di fabbrica e che viene racchiuso tra le pagine del catalogo bilingue italiano/inglese a corredo della mostra. Edito da Rrose Sélavy, oltre ai contributi dei curatori nel catalogo si trovano i saggi di Massimiliano Vado, celebre attore e regista, e dello storico dell’arte Matteo Piccioni, insieme a un ricco apparato iconografico.

Porco Rosso - Prospettiva Van Orton
Porco Rosso – Prospettiva Van Orton

Nell’immagine di apertura, Prospettiva Van Orton nella Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto, Ph. Alice Curatola

Uno spettacolo firmato Hilton Italia

Il suono leggero dei passi sulla morbida moquette o il tacchettio brillante di quelli sul marmo lucido. I profumi variegati del buffet nella sala colazione e l’aria frizzante e sensuale del lounge bar all’ora dell’aperitivo. Gli scintillanti carrelli portavaligie che sfilano sulle rotelle veloci e gli ascensori educati che annunciano l’arrivo al piano. Alla reception, un sorriso gentile: “Salve e benvenuti! Vi auguriamo una splendida permanenza”.

E non potrebbe essere altrimenti dato che, in occasione del sessantesimo Anniversario dalla Fondazione del Rome Cavalieri, il primo Hotel di lusso Hilton in Italia, il rinomato marchio leader di settore ci ha invitati nella Città Eterna come ospiti di alcuni dei loro hotel più recenti, per festeggiare insieme con una serata di gala conclusiva.

L’arte dell’ospitalità, il punto di forza dell’azienda Hilton

L’expertise nell’arte dell’ospitalità caratterizza quella grande famiglia che è l’azienda Hilton. Un’arte che è storia, intrisa in ogni angolo delle strutture che compongono il suo grande portfolio di hotel e resort di lusso: Waldorf Astoria, Conrad, Canopy, Hilton, Curio Collection, Double Tree, Tapestry, Motto, Hilton Garden Inn e Hampton. Questa passione e professionalità si percepiscono a partire dall’accoglienza che si riceve non appena varcata la soglia di ogni struttura, fino al clima che caratterizza i rapporti dei diversi team.

A tal proposito, non stupisce che Hilton si sia aggiudicato il primo posto nei Best Workplaces™ 2023 nella categoria delle aziende con oltre 500 collaboratori, come la migliore azienda in cui lavorare. Da sottolineare che il premio Great Place to Work® occupa uno dei più alti livelli di riconoscimento per la qualità della vita lavorativa di un’azienda e Hilton, fin dal 2016, è presente nella graduatoria come unico player nel settore dell’ospitalità.

Atto I: Hilton Rome Eur La Lama

Dal 2023 nel bel mezzo del lattiginoso quartiere dell’EUR si staglia una lama nera di vetro lucido, che pare voler squarciare i cieli romani: si tratta del nuovo Hilton Rome Eur La Lama. Aperta al pubblico recentemente, la visionaria struttura nasce in partnership con la ICARUS S.p.A. e arricchisce il portfolio Hilton, che ad oggi conta 7 hotel in Italia e ben 67 in Europa Continentale.

L’edificio sorge accanto al Rome Convention Center La Nuvola, entrambi ideati dall’Architetto Massimiliano Fuksas, dando origine a una contrapposizione formale affascinante e dall’estetica avveniristica. L’hotel, nei suoi 16 piani per 60 metri di altezza, si propone come meta multifunzionale e internazionale per viaggiatori di piacere o di lavoro, per ospitare eventi, riunioni o appuntamenti giornalieri grazie alla posizione strategica. Con la fermata della metropolitana a pochi passi e i vicini aeroporti di Fiumicino e Ciampino, l’Hilton Rome Eur La Lama è il nuovo place to be di quest’area della città.

Hilton Rome Eur La Lama
L’esterno del Hilton Rome Eur La Lama

L’estetica ispirata agli anni ’30 e ’40 per gli interni del La Lama

Gli interni del La Lama, curati dallo Studio Lorenzo Bellini Atelier, seguono un’estetica dominante che rimanda agli anni Trenta e Quaranta del Novecento, periodo storico in cui è stato sviluppato l’EUR. Questo però viene riattualizzato mediante ampi spazi definiti da linee semplici, dove la fusione tra arredamento Art Decò, architettura d’ispirazione razionalista e marmo statuario della Roma classica creano ambienti intriganti e avvolgenti. I materiali preziosi come il marmo e i metalli si alternano al lambris e al velluto, in giochi di contrasti dati dal nero e il bianco, ammorbiditi dal verde bosco e salvia, dal rosa e l’ocra. 

The Hall
La hall del Hilton Rome Eur La Lama

È proprio su tali contrasti che si sviluppa il fascino dell’Hilton Rome Eur La Lama: in particolar modo, dai contrasti di luci e ombre. Tutto è stato pensato e progettato per garantire un equilibrio luminoso in qualunque area, da quelle comuni alle camere. A partire dai futuristici esterni in vetro nero trasparente che filtrano la luce naturale, si passa alla stele in bronzo di Arnaldo Pomodoro che presidia il centro della hall, slanciandosi verso lo spazio vuoto che raggiunge il sedicesimo piano e su cui si affacciano i ballatoi dei piani e gli ascensori panoramici.

Si procede con il cielo stellato di sfere cristalline in ocra e bronzo, che ricoprono il soffitto a cassettoni del Lounge Bar ‘The Blade’ e la sala ristorante, garantendo un’atmosfera calda, intima e sofisticata. A separare questi due ambienti, il loungeThe Library’ è uno spazio per il relax dove una grande libreria lignea nera ne delimita il perimetro, con al centro un meraviglioso tavolo in bronzo di Osanna Visconti di Modrone, pezzo unico realizzato a mano che richiama la parete bronzea del The Blade.

Lounge Bar "The Blade" del Hilton Rome Eur La Lama
Lounge Bar The Blade del Hilton Rome Eur La Lama

Lounge "The Library" del Hilton Rome Eur La Lama
La lounge The Library del Hilton Rome Eur La Lama

Convivialità ed esclusività, la doppia natura dell’Hilton Rome Eur La Lama

L’incontro tra convivialità ed esclusività è ciò che si vive in questi ambienti: una combinazione perfetta per far sentire al meglio chiunque scelga di frequentare le aree comuni dell’Hilton Rome Eur La Lama, siano essi ospiti interni o esterni. È infatti possibile gustare le proposte gastronomiche dello chef Manuel Carbone sia al The Blade che al Ristorante. Il Lounge Bar poi prevede serate con musica dal vivo e speciali signature cocktail che prendono il nome dei sette colli romani o che si ispirano al quartiere EUR. Ancora una volta, un’experience che permette di immergersi completamente con lo spirito della location e dell’area in cui sorge.

Il Green Restaurant del Hilton Rome Eur La Lama
Il Green Restaurant del Hilton Rome Eur La Lama

Se dalla hall si prende uno dei 6 ascensori panoramici in vetro, salendo ai piani si nota che i ballatoi affacciati sulla lobby sembrano magicamente sospesi nel vuoto. Le diverse superfici in vetro trasparente e nero delle strutture allo stesso modo creano magiche suggestioni di riflessi in costante evoluzione, dall’alba al tramonto e pure di notte. 

Così anche per le 439 camere, dove la vista sui vari angoli dell’EUR si contende il ruolo di protagonista assieme al gioco di colori e contrasti che le caratterizza. Le luci calde, la continuità degli spazi tra camera da letto e bagno, e i sistemi di domotica all’avanguardia danno la sensazione di trovarsi in un ambiente quasi futuristico, ma al contempo accogliente e intimo. Un po’ la sintesi dell’intero hotel.

Vivere l’EUR

Il quartiere è una potenziale attrazione turistica e non, ancora in fase di lancio, ma con tutte le premesse per diventarlo. Ad oggi, presso Palazzo della Civiltà Italiana e soprannominato Palazzo Fendi dopo l’acquisto e la ristrutturazione dell’edificio da parte del brand di moda nel 2017, è allestita la mostra ‘Il Grande Teatro delle Civiltà’. Si tratta di una mostra che esplora gli oltre 70 anni di operato di Arnaldo Pomodoro, uno dei principali scultori contemporanei ancora all’attivo.

Documenti, fotografie, sculture, incisioni e strumenti sono disposti dentro e fuori il piano terra del Colosseo quadrato, segnando il primo allestimento realizzato al di fuori della Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Roma costituisce la città perfetta per questa prima volta storica, dato il profondo legame che condivide con l’artista e testimoniato dalla presenza di numerose sue sculture in molteplici punti urbani. Per citarne qualcuna: la nota Sfera grande al piazzale della Farnesina e la Sfera con sfera in Città del Vaticano. La mostra è stata curata da Lorenzo Respi e Andrea Viliani e sarà aperta ai visitatori fino al 1° ottobre 2023.

Le mete più suggestive della Città Eterna

Mete irrinunciabili per chi passa da queste parti sono anche il laghetto artificiale dell’EUR e il grande parco da cui è circondato. Punto di riferimento per i residenti e non, grazie alla presenza di bar e ristoranti all’aperto, piscine e possibilità di remare in canoa o divertirsi in pedalò, il parco è anche noto per le passeggiate. In particolare, la passeggiata del Giappone tra i ciliegi donati a Roma da Tokyo e la passeggiata verso il Giardino delle Cascate. Ben visibile sopra al laghetto poi si trova la Palalottomotica, ovvero il luogo dei grandi eventi sportivi o concerti.

Ancora, in fondo alla via dello shopping viale Europa, svetta in cima a una lunga scalinata la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, con la caratteristica cupola bene in vista (la quarta più grande a Roma dopo Pantheon, San Pietro e San Giovanni). Presidiata dalle imponenti statue dei due patroni della città, la moderna basilica e il suo ampio esterno si sono spesso prestate a importanti set cinematografici, come nel caso di Gomorra.

Infine, foto di rito da scattare di fronte all’obelisco dell’Eur, anche detto di Marconi in quanto realizzato per ricordare l’inventore, imprenditore e senatore Guglielmo Marconi. Con i suoi 45 metri è uno dei più alti di Roma, oltre che un punto centrale del quartiere.

Atto II: Aleph Rome Hotel, Curio Collection by Hilton 

Gioiello dal fascino neoclassico, intriso di un certo je ne sais quoi medio orientale, l’Aleph Rome Hotel è un’elegante proprietà della Curio Collection by Hilton (uno dei 22 in Europa Continentale e dei 5 in Italia), incastonata nel cuore di Roma, a pochi passi da Piazza di Spagna, Fontana di Trevi e Villa Borghese.

L'esterno dell'Aleph Rome Hotel
L’esterno dell’Aleph Rome Hotel

L’edificio è stato acquistato da Al Rayyan Tourism Investment Company “ARTIC” nel 2015 e, in seguito a un importante intervento di restauro, ha riaperto il magnifico portone dal 2017.

Varcandone la soglia si viene colpiti immediatamente dall’imponenza maestosa e ricca di storia della proprietà: la palette di marmo bianco lucente, marmo verde cipollino, giallo indus gold e onice verde pallido colora grandi colonne doriche, soffitti altissimi, pavimenti intarsiati e sculture marmoree spesso originali. Una fragranza inebriante e appositamente studiata per la struttura accompagna ogni passo degli ospiti, rivelandosi differente in ogni ambiente dell’Aleph Rome Hotel.

La hall dell'Aleph Rome Hotel
La hall dell’Aleph Rome Hotel

La particolarità degli spazi, ampissimi negli ambienti comuni e piuttosto stretti nelle zone di collegamento, risiede nell’originale scopo d’utilizzo del palazzo. L’edificio nasce infatti negli anni Trenta come importante istituto bancario, così come suggerito dalla facciata con iscritto il motto delle Casse di Risparmio, il gruppo scultoreo raffigurante la Dea dell’Abbondanza che adorna li portale, e i due leoni in ingresso adagiati sotto un arco, a sua volta abbellito da un’alternanza di api e salvadanai (espressioni di laboriosità e risparmio).

Un edificio storico e moderno al tempo stesso

Questa volontà di mantenere un rapporto di continuità con la fondazione dell’edificio e la sua funzione passata, con la città di Roma e con la nuova proprietà qatariota si respira in tutti i dettagli dell’Aleph Rome Hotel. Il design degli arredamenti e i materiali pregiati scelti, i pezzi d’arte e la luminosità onnipresente, i colori tenui e rilassanti donano un’atmosfera sontuosa e raffinata, mai sfarzosa, ma semplice e contemporanea. 

Ciò ben si riflette nelle camere, anch’esse con alti soffitti e pavimenti in marmo, dove i colori chiari e discreti, dominanti negli arredi e nelle tappezzerie, conferiscono agli ambienti una brillante luminosità, ariosità, comfort e sofisticata eleganza. Ogni suite è stata poi battezzata con uno storico nome romano della tradizione e vanta un ambiente open space con living room, king size bed e vetrate doppie per garantire il silenzio nonostante la posizione centrale dell’hotel.

Trascorrere il tempo all’Aleph è un piacere non solo per gli occhi, ma soprattutto per le diverse esperienze da vivere ogni qualvolta si scopre uno dei locali interni.

L’ambiente trendy e sofisticato del bistrot 1930’s Coffee Break

Al piano terra, il bistrot 1930’s Coffee Break unisce l’amore per l’accoglienza e per il caffè tipicamente italiani con e le necessità di un lifestyle cosmopolita, dando vita ad un ambiente trendy ma sofisticato. Qui è possibile rilassarsi a colazione o godersi il pranzo, anche di lavoro grazie alla possibilità di fare smart working, fermarsi per una merenda e scegliere sempre se gustare le prelibatezza in loco o take away. Menzione speciale va alla miscela di caffè Bondolfi, proposta storica ed esclusiva del 1930’s macinata nella macchina a leva tradizionale Athena Leva, ammirabile nel locale e originaria della celebre casa Victoria Arduino.

Il bistrot 1930’s Coffee Break dell'Aleph Rome Hotel
Il bistrot 1930’s Coffee Break dell’Aleph Rome Hotel

Le Petit Chef, lo spettacolo multisensoriale offerto dal Ristorante 1930 dell’Aleph

Un twist inaspettato e apprezzatissimo sia dagli ospiti dell’hotel che da chiunque ci si rechi appositamente, è l’esperienza d’intrattenimento Le Petite Chef. In esclusiva per l’Italia, si tratta di un innovativo spettacolo multisensoriale calato all’interno della cornice del Ristorante 1930 dell’Aleph, che vede protagonista il più piccolo chef del mondo alle prese con la preparazione di alcuni piatti prelibati, tra peripezie e ostacoli buffi. Seduti ai tavoli del ristorante, gli ospiti vedranno svolgersi davanti ai loro occhi una proiezione avvincente e entusiasmante, nata dall’utilizzo della tecnica del videomapping e della realtà aumentata, creata nel 2015 dal collettivo artistico olandese Skullmapping. A fine proiezione, i camerieri serviranno ai commensali il medesimo piatto che Le Petit Chef ha preparato nel cartoon, passando così dall’esperienza virtuale a quella sensoriale. Il tutto si ripete per il numero delle portate previste dal menu. Gustare prelibatezze non è mai stato così divertente!

Relax, divertimento e spensieratezza dell’Onyx Bar e Cognac Lounge

Se invece vi appassiona la mixology più innovativa o siete cultori di cognac e sigari, l’Onyx Bar e la Cognac Lounge vi attendono con i loro spazi perfettamente studiati e concepiti per godere della miglior esperienza possibile, all’insegna del relax, divertimento e spensieratezza. Location raffinate dove l’arredamento e i materiali sono protagonisti e garantiscono qualità, sia per l’offerta di drink, distillati e sigari, che per il servizio di altissimo livello, grazie alla competenza dello staff.

Onyx Bar dell'Aleph Rome Hotel
L’Onyx Bar dell’Aleph Rome Hotel

All’Onyx Bar noi di Manintown abbiamo avuto il piacere di seguire una cocktail class con il bartender e mixology expert dell’hotel, Lorenzo, un giovane pozzo di conoscenza che si è rivelato tanto simpatico quanto un abile maestro.

La cucina mediterranea con influenze romane e campane dello chef Carmine Buonanno

Ai piani superiori si trovano lo Sky Blue Restaurant e l’Organics Skygarden, ossia la terrazza bar con piscina riscaldata sul rooftop, in collaborazione con The ORGANICS By Red Bull.

Il ristorante in particolarea è il palcoscenico delle proposte culinarie dell’Executive chef dell’Aleph Rome Hotel, Carmine Buonanno. Con un passato in diversi ristoranti stellati e una posizione da Executive Chef del Gran Melia Villa Agrippina di Roma, Carmine si focalizza sulla cucina mediterranea, con forti influenze tradizionali romane e suggestioni dell’entroterra campano. Quest’ultimo dettaglio, in particolare, riflette il tocco personalissimo dello chef originario di Benevento.

La terrazza Organics Skygarden dell'Aleph Rome Hotel
La terrazza Organics Skygarden dell’Aleph Rome Hotel

La cura della persona grazie a Le Caveau by Gili Spa

Tornando per un momento alla nuova acquisizione qatariota dell’Aleph, troviamo un’ulteriore meravigliosa influenza mediorientale nell’area spa e fitness con piscina coperta, nel sotterraneo. Qui la cura della persona diviene forma di culto del corpo e dello spirito, grazie alla collaborazione con Fabrizio Narducci, esperto di bellezza e beauty con cui Aleph ha dato vita a Le Caveau by Gili Spa.

Il nome rimanda all’elemento che rende davvero unica questa area wellness: la massiccia porta blindata originale del caveau che occupava questo piano, concepito come deposito valori negli anni Trenta. Protetta dai Beni Culturali, oggi la porta affaccia sulla sala fitness, posta di fronte a un’area dedicata al servizio di hairstyle e all’area relax. Qui il fiore all’occhiello è il rituale dell’hammam eseguito alla perfezione secondo i dettami della tradizione araba.

Le Caveau Spa
Le Caveau by Gili Spa dell’Aleph Rome Hotel

Gran Finale: Rome Cavalieri, a Waldorf Astoria Hotel

Il taxi affronta l’asfalto in salita, una curva, poi un’altra ancora: immerso nel lussureggiante verde della collina Monte Mario regna indisturbato l’altrettanto lussureggiante resort Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel. 

L’aura regale che lo circonda risiede innanzitutto nel nome, di derivazione secolare: rimanda infatti all’itinerario storico che i viaggiatori a cavallo percorrevano per spostarsi tra Canterbury a Roma, che prende il nome di Via Francigena. Monte Mario era la collina su cui i pellegrini, comunemente definiti “i cavalieri” si fermavano a riposare e a rifocillare i cavalli prima dell’arrivo a San Pietro. In onore di questi impavidi personaggi l’albergo ha preso il nome “Cavalieri”.

Unico in Italia nel suo genere, il resort rappresenta l’eccellenza e i valori del brand Waldorf Astoria: fondato da Conrad Hilton in persona nel 1963, l’edificio volge lo sguardo a sei ettari di parco, oltre che al panorama mozzafiato sulla Città Eterna, di cui è possibile riconoscere la gran parte dei principali monumenti e architetture iconiche.

Come se non bastasse, è possibile godere al meglio di questa vista dai balconi privati di tutte le 370 ampie camere, di cui 25 Suite (tra gli 80 e 450 mq), che garantiscono un’impronta indelebile nella memoria di chiunque abbia la fortuna di soggiornare al Rome Cavalieri.

Le lussuose scale del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel
Le lussuose scale del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel

Sontuosità, fasto e sfarzo: un hotel unico nel suo genere

Sontuosità, fasto e sfarzo travolgono gli ospiti come un’ondata di meraviglia non appena vengono accompagnati nell’enorme hall dell’hotel. Marmo imponente in mille sfumature e lavorazioni, cristalli, metalli e legni preziosi arredano gli spazi in cui sono incorniciati gli oltre 1.000 pezzi d’arte di proprietà del Rome Cavalieri.

La Reception del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel
La Reception del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel

Un’autentica collezione d’arte che decora gli interni come se fossimo all’interno di un museo e infatti una sezione dell’edificio è adibita a questo fine, con la possibilità di richiedere una visita guidata al personale del front desk. Il famoso trittico di Giambattista Tiepolo, fiore all’occhiello della collezione, gli arazzi più pregiati delle botteghe Gobelin Beauvais i mobili di Boulè, le sculture di Thorvaldsen, le opere di Andy Warhol, Indiana e molto altro circondano con nonchalance gli ospiti che vivono gli spazi del Rome Cavalieri.

la collezione d'arte La Reception del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel
La collezione d’arte La Reception del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel

Tra questo ed altri privilegi di cui godono gli ospiti dell’hotel, c’è anche l’accesso esclusivo all’Imperial Club per coloro che soggiornano nelle Imperial Rooms e nelle Suite, grazie a un ascensore privato che li conduce al piano dedicato. Si tratta di un luogo d’incontro riservato, dove durante l’intera giornata vengono offerti colazione, light lunch e tè pomeridiano.

Cavalieri Grand Spa Club 

Aperta a tutti gli ospiti invece è il Cavalieri Grand Spa Club, forse la più lussuosa e affascinante delle Spa e Fitness in Italia: una superficie di 2.200 mq in cui benessere e bellezza sono le parole d’ordine e in cui si viene accolti dal cortese personale altamente qualificato.

Il Rome Cavalieri è stato uno dei primi alberghi Cinque Stelle Lusso di Roma a dotarsi di un centro benessere funzionale e tecnologicamente super accessoriato, in cui sia la clientela internazionale, sia agli ospiti esterni possono raggiungere, a soli 10 minuti dal centro storico.

Area Beauty, palestra e piscine, il meglio del Rome Cavalieri

La presenza dell’Area Beauty denota un tocco di classe di questo centro, dove dieci sale offrono trattamenti estetici che si avvalgono delle prestigiose e sofisticate linee La Prairie e Natura Bissè, per una perfetta fusione tra bellezza, benessere e piacere.

Si aggiunge a questo piano una palestra suddivisa in vari ambienti, attrezzata completamente Technogym, in quanto garanzia della più alta tecnologia d’avanguardia, e con la possibilità di richiedere l’assistenza di Personal Trainer. E per chi ama il fitness e l’aria aperta, il percorso jogging di 800 mt nel parco privato è la soluzione perfetta, attrezzato con “stazioni ginniche” specifiche, e inclusivo di due campi da tennis “Coppa Davis size”, in terra battuta e illuminazione a giorno. 

Infine, non possono mancare le piscine (molteplici), all’esterno e all’interno della struttura. La piscina interna, in particolare, si distingue per una spettacolare cupola di vetro che la ricopre e la veranda a giorno con vista sul parco, che la fanno somigliare a un luogo incantato. La cascata, la vasca idromassaggio, il percorso calidarium e frigidarium, il “cammino giapponese” e un grande camino a legna completano il percorso del benessere firmato Cavalieri Grand Spa Club.

La piscina interna del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel
La piscina interna del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel

Ristorante panoramico La Pergola 

Una struttura di extra lusso come il Rome Cavalieri non può che avvalersi dei migliori esperti in tutti i campi dei numerosi servizi che offre e la ristorazione è senza dubbio uno dei pilastri di questo concetto di ospitalità. Lo chef di fama internazionale Heinz Beck dirige dal 1994 le cucine del ristorante La Pergola, situato sul Roof Garden dell’hotel e considerato il più panoramico dei ristoranti di Roma. Con le sue 3 stelle Michelin, il ristorante onora la tradizione culinaria mediterranea, in un ambiente accogliente e raffinato, in linea con lo stile del Rome Cavalieri. Il servizio e l’accoglienza impeccabili sottostanno all’attenta guida di Simone Pinoli, mentre la straordinaria cantina da oltre 60.000 bottiglie e 3.500 etichette vede la selezione sapiente di Marco Reitano.

Menzione speciale va fatta al “L’Uliveto”,l’altro ristorante di casa Rome Cavalieri che si affaccia sul parco, in prossimità della piscina, dove i menu di cucina italiana ed internazionale sono firmati dall’Executive Chef chef Fabio Boschero e dall’Executive Pastry Chef Dario Nuti. Squisite le sue perle di cioccolato dai gusti inediti, che vengono fatte trovare come dolci cadeaux all’interno delle camere per gli ospiti.

La cena di gala

Tutta questa ambientazione da sogno ha fatto da scenografia alla cena di gala con cui si sono festeggiati i 60 anni del Rome Cavalieri, A Waldorf Astoria Hotel. La guess list vantava il jazz set romano e internazionale, oltre che la stampa e alcuni dirigenti dei team aziendali Hilton. Una serata all’insegna della memoria e della gratitudine per i risultati raggiunti da una realtà-impero che è davvero unico ed esclusivo.

Seduti attorno ai tavoli riccamente decorati e disposti sulla terrazza della piscina centrale del parco, gli ospiti hanno goduto della cena gourmet a base di pesce ideata dall’Executive Chef Fabio Boschero. Astice blu del Mediterraneo in bellavista, velo di asparagi bianchi, maionese e caviale di storione, tortelloni al nero di seppia con scorfano nella sua bisque, per passare poi al branzino scottato allo yuzu e soia, soffice di carote allo zenzero, emulsione al basilico.

A concludere, il dessert carpaccio di mango, perle di tapioca al cocco, corallo vaniglia dell’Executive Pastry chef Dario Nuti. Nell’aria un’atmosfera swinging sixities ricreata dalla nota tribute band dei Beatles, i The Beatbox, che hanno suonato per tutta la serata. Toccanti poi gli interventi di Alessandro Cabella, Managing Director del Rome Cavalieri e Hilton Area General Manager Italy, e di Simon Vincent, Executive Vice President and President of Europe Middle East and Africa, Hilton. Oltre ad aver accolto e salutato ciascuno dei presenti, hanno dimostrato un’ammirabile attenzione nei confronti di tutti i dipendenti del grandissimo team-famiglia Hilton, che sono stati elencati nei loro speech. Una conferma di ciò che rende questa azienda un leader nel settore dell’ospitalità: l’attenzione sincera e la cura per il prossimo. Che si tratti di un ospite o meno. 

Pride Month 2023: esprimersi con orgoglio, orgogliosə di esprimersi

Con la sua presenza all’interno del calendario, anche se per lo più ufficiosa e limitata ad alcuni paesi nel mondo, il Pride Month rappresenta una vittoria. La sua sola esistenza permette di ricordare, a chi si sente ai margini della società, che esiste una comunità per loro, un insieme di persone che vivono nella propria quotidianità – chi più chi meno – le medesime battaglie, frustrazioni, soddisfazioni, emozioni. Perché per quanto il volersi bene sia il primo passo per camminare con fierezza tra la folla, percepire l’amore e il sostegno di altri è ugualmente importante per sentirsi parte di qualcosa di più grande, parte di un gruppo riconosciuto e di conseguenza esistente. Se non esisti non vieni considerato, non puoi permetterti di alzare la voce, dire la tua, fare delle scelte che possano giovare a te e a chi ti sta intorno. Se non esisti, non puoi rivendicare i tuoi diritti.
Ecco, quindi, l’importanza del sentirsi persone riconosciute, accettate e considerate al pari degli altri cittadini. Ecco l’importanza dell’esprimere orgoglio per chi siamo e come siamo.

Le fondamenta che ci permettono di percorrere nuovi sentieri

Il mese del Pride, però, porta con sé anche una scia di ricordi, la memoria della lotta in cui tanti, troppi componenti della comunità Lgbtqia+ hanno perso la vita per contrastare discriminazioni, violenze, ignoranza e odio. Due personalità iconiche nella storia della rivendicazione dei diritti civili sono Marsha P. Johnson e Sylvia Rivera, che hanno contribuito alla formazione di una coscienza collettiva della comunità queer americana. Sono infatti riconosciute come le figure più note dei moti di Stonewall, ossia le sei giornate di protesta contro i soprusi quotidiani delle forze dell’ordine al Greenwich Village di New York, nel 1969.

Pride Month 2023

Per restare ad esempi a noi più vicini, pensiamo ai membri del Fuori!, il “Fronte Unitario di Liberazione Omosessuale” nato a Torino negli anni di piombo, ovvero il primo movimento gay, militante, rivoluzionario e italiano ad aver reagito all’idea, ancora ben salda a quei tempi, che l’omosessualità fosse una malattia. E, ancora, si possono citare tutte quelle organizzazioni per la battaglia contro l’AIDS  che, negli anni Ottanta e Novanta, hanno educato e agito contro lo stigma (tuttora presente) che la definisce “malattia dei degenerati”.

Oggi esistono numerose realtà, dentro e fuori la politica “ufficiale”, che a livello internazionale si prodigano nell’attivismo e nel perseguimento di un mondo in cui chiunque faccia parte della comunità Lgbtqia+ veda riconosciuti i propri diritti, come ogni altro cittadino, indipendentemente dalla propria identità di genere, orientamento sessuale, etnia e classe sociale. La strada è ancora lunga, ma riconoscere i traguardi raggiunti è ugualmente importante.

Milano e l’Orgoglio di Porta Venezia

L’amministrazione della città di Milano è da molti anni in prima linea su questo fronte, e quest’anno, per la prima volta, l’Associazione Commercianti Porta Venezia Milano Rainbow District presenta Orgoglio Porta Venezia, un evento per la difesa dei diritti Lgbtqia+.
L’Associazione nasce nel 2018 da un gruppo di esercenti che operano e animano lo storico quartiere milanese, con l’obiettivo di tutelare, promuovere e sostenere la libera iniziativa degli imprenditori, innescando dei circoli virtuosi per rafforzare la visione di rinascita e riqualificazione del distretto e unire le comunità locali per generare appartenenza. Si tratterà di uno spazio volutamente aperto alla visibilità, all’ascolto e al supporto delle persone queer che vivono in situazioni di marginalità, isolamento o discriminazione.

Nel mese di giugno, Orgoglio Porta Venezia presenta un calendario ricco di appuntamenti, organizzato in collaborazione con l’agenzia FLOAT in Ideas!, con il patrocinio del Comune di Milano, Confcommercio Milano e con il sostegno di Absolut e MTV Italia, aziende che da sempre sostengono apertamente la community Lgbtqia+. All’iniziativa collabora, inoltre, un comitato di associazioni e attivisti milanesi: Pride Sport Milano, Gate Volley Milano, Front Runners Milano, Milano Checkpoint, DonneXStrada, Ala Milano Onlus.

Il rapporto della moda (e non solo) con la comunità Lgbtqia+

Il mondo della moda è legato a doppio filo alla comunità, sotto diversi aspetti e per numerose motivazioni storico-culturali, per cui non c’è da stupirsi che numerosi brand si aggiungano alla festa per celebrare insieme il Pride Month, in segno di solidarietà, rispetto, affetto e sostegno.

Alcune maison di lusso si mettono in prima fila nella parata, non limitando la partecipazione al mese di giugno, ma portandola avanti tutto l’anno. Un esempio è Mugler, marchio fondato dal visionario Thierry Mugler a metà degli anni ’70, il cui attuale direttore creativo, Casey Cadwallader, ha fatto dell’inclusione e del rispetto delle complessità umane in tutte le loro sfaccettature la propria firma. Partendo da una presentazione cinematografica e molto edgy delle sfilate digitali, lo stilista americano è arrivato a mettere in scena veri e propri spettacoli IRL, come per la collezione Fall/Winter 2023, dove i riferimenti alla ballroom culture e al mondo queer contemporaneo sono evidenti, loud and proud.

Pride Month moda
Mugler Fall/Winter 2023 (ph. by Julien De Rosa/AFP via Getty Images)

Da Gucci, sia durante l’era di Tom Ford che in quella appena terminata di Alessandro Michele, la comunicazione è sempre stata palesemente intrisa di messaggi, provocazioni e dichiarazioni a favore del rispetto e ammirazione per la comunità Lgbtqia+. Proprio il titolo del sopracitato Fuori! è apparso stampato su alcuni capi dell’ultima collezione di Michele per la casa fiorentina, il défilé Twinsburg, a dimostrazione dell’intenzione commemorativa, educativa e politica dell’ex direttore creativo della griffe e del sostegno di questa a simili temi.

Pride Month Gucci
Twinsburg Collection, Gucci

Le iniziative ad hoc dei brand, da Stella McCartney a Diesel

Altri brand di lusso espongono in misura maggiore, nel mese in corso, la loro posizione sui diritti civili. Da Stella McCartney, ad esempio, il Pride Month 2023 si festeggia con la “Stellabrazione” della comunità Lgbtqia+: ad alcuni membri selezionati, è stato dunque concesso di proporre contenuti per la piattaforma del marchio, dando loro il pieno controllo creativo del processo, così da restituire il potere di raccontare la propria storia a chi, molto spesso, il potere lo subisce e vede negata l’opportunità di raccontarsi. La campagna invita anche a sostenere l’organizzazione di beneficenza Not A Phase, che si adopera per migliorare la vita delle persone adulte trans in tutto il Regno Unito.

Pride Month Stella McCartney
Adv della collezione per il Pride di Stella McCartney

Arriva puntualissima, poi, la (rinnovata) collaborazione di Diesel con la Fondazione Tom of Finland e l’istituto d’arte multidisciplinare The Community, che in occasione del Pride 2023 presentano The AllTogether Clubhouse: si tratta di una mostra collettiva, accompagnata da una programmazione di eventi giornaliera presso lo spazio Clubhouse, nel West Village newyorchese, storico epicentro della cultura e dell’attivismo queer. Per l’occasione, l’etichetta diretta da Glenn Martens ha prodotto una speciale capsule che amplifica il messaggio di libertà d’espressione, sessualità e individualismo da sempre fondamentale per il marchio.

La collezione punta i riflettori su una nuova serie di artisti della Fondazione Tom of Finland: fotografi, registi, illustratori che si dedicano all’arte erotica e queer, tra cui Stanley Stellar, Michael Mitchell, Viktoria Raykova, oltre naturalmente allo stesso illustratore finlandese. Le loro potenti immagini, attentamente curate con The Community per illustrare uomini gay in momenti di disinvolta libertà e gioia (sociale, sessuale e romantica), vengono applicate come stampe e patchwork su tutti pezzi, dalle T-shirt ai jeans ai sospensori.

Pride Month Diesel
AllTogether Clubhouse Pride Capsule, Diesel

L’underwear “esplicito” di Calvin Klein, le collezioni inclusive del marchio di activewear So What

Anche altri big del fashion system hanno fuso l’estetica queer con i rispettivi prodotti di punta, come Calvin Klein con il suo underwear da sempre giovane e sexy, ma oggi più esplicito che mai nel voler supportare la comunità Lgbtqia+. La griffe americana, infatti, sostiene con orgoglio la federazione globale ILGA World e Transgender Law Center, la più grande organizzazione nazionale guidata da persone trans che sostiene l’autodeterminazione per chiunque.

E su questa scia seguono anche realtà minori, come da So What, nuovo brand internazionale di activewear che ha realizzato una collezione per celebrare tutte le forme, nel rispetto di ogni diversità. Dalla 2XS alla 3XL, la nuova collezione si pone l’obiettivo di abbattere ogni forma di giudizio, scardinare luoghi comuni e modelli irraggiungibili; la strategia è quella di esaltare le differenze e offrire una vasta scelta di articoli per chiunque, in tutte le taglie. L’individualità, la libertà di esistere ed esprimersi sono al centro di So What, il cui processo di design sfida lo status quo, con la creazione di pezzi che diventano un’estensione di chi li indossa.

Pride Month Fashion
So What

La celebrazione dell’individualità di Personal Parade, la nuova collezione Disney Pride

E ancora, si può citare nuova campagna estiva del marchio ucraino Personal Parade, che con il suo intimo vivace è progettato per celebrare l’individualità e dare potere di esprimersi a chiunque lo scelga. Il motto della label, «non hai bisogno di una festa per fare una parata», sprona a trovare la gioia nella vita di tutti i giorni, celebrando la propria unicità e abbracciando la propria vera essenza per amarsi, rimanendo giocosi.
In un mondo in cui il giudizio è spesso basato sull’aspetto esteriore e il comportamento, la campagna del brand invita con audacia a «non valutare le persone dal loro aspetto o comportamento, perché non le conosci veramente». I tessuti traforati tipo sangallo (con le p di Personal Parade) e il pizzo, sia per le camicie a manica corta che per i bermuda, le linee nette, da divisa da scolaretto, alternate agli orli ondulati come petali, esprimono leggerezza e delicatezza, i colori pastello, in varie tonalità di azzurro, giallo e verde, richiamano l’estate e la spensieratezza.

Pride Month capsule
Campagna Personal Parade

Infine, con alle spalle la recente uscita del live action La Sirenetta, anche Disney ha svelato la nuova collezione Disney Pride, composta di abbigliamento, accessori, peluche, spille, articoli per la casa e tanti altri prodotti ispirati ai personaggi della casa e a quelli di Star Wars e Marvel, che incoraggiano i fan a essere sempre più forti e orgogliosi. Il colosso statunitense, infatti, dimostra da tempo il proprio impegno in questa direzione, collaborando con organizzazioni no-profit e lanciando contenuti che puntano ad amplificare le storie queer, consapevole dell’importanza di una loro rappresentazione più accurata nei media e nell’intrattenimento. La collezione Disney Pride è firmata shopDisney ed è stata creata esclusivamente da membri e sostenitori della comunità Lgbtqia+, a ribadire l’onestà e correttezza d’intenti del progetto.

Pride Month Disney
Disney Pride

Foot Locker X Peacox Basketball Milano

È partita la campagna Summer Jam di Foot Locker, legata all’iniziativa Raise The Game: da giugno ad agosto le città di Londra, Parigi, Barcellona, Rotterdam, Berlino e Milano saranno protagoniste di una serie di attività incentrate sul basket e sulla cultura della pallacanestro, pensate come motori di un cambiamento positivo possibile nella vita di coloro che lo necessitano.

Nel tempo Foot Locker ha collaborato, celebrato e sostenuto realtà e comunità locali in varie città tramite diversi progetti significativi e quest’anno, in occasione della Pride Week di Milano, l’azienda si lega ai Peacox Basket Milano, la prima squadra di basket completamente inclusiva in Italia. I Peacox saranno infatti i principali ospiti della campagna Summer Jam e delle attività presso il campo da basket di Foot Locker in Viale Lazio, ristrutturato nel luglio 2021. Qui si terrà il Pride Event: un torneo di basket e talk finalizzati alla sensibilizzazione, sostegno e promozione dell’inclusione nel mondo dello sport. Per l’occasione poi è stata creata una linea di calzini sportivi dedicati alla Pride Week di Milano, disponibili negli store di Corso Buenos Aires, Corso Vittorio Emanuele e Via Torino. Il ricavato verrà devoluto alla Pride Sport Milano, l’associazione che promuove gentilezza, rispetto e inclusione nello sport.

Foot Locker x Peacox Basketball Milano
Foot Locker x Peacox Basketball Milano

Foot Locker Pride Socks
Foot Locker Pride Socks

London Calling: un weekend nella capitale della Union Jack

Londra è forse una delle capitali europee in cui meglio si esprime la combinazione tra spirito storico, tipico delle città del Vecchio Continente, e progresso contemporaneo. Lo si deve soprattutto all’influenza secolare che esercita la monarchia inglese, ancora regnante, e al frizzante contesto socioculturale metropolitano che, nella seconda metà del Novecento, ha visto nascere le principali controculture europee, alcune delle quali mantengono uno status cult ancora oggi.
Con la smodata quantità di stimoli che offre la city, organizzarvi un weekend può rivelarsi un’impresa demoralizzante: ecco quindi una proposta di tour londinese firmata MANINTOWN.

La recente incoronazione del nuovo monarca Carlo III, succeduto alla regina Elisabetta II dopo la morte della sovrana più longeva di sempre, avvenuta l’8 settembre 2022, ha rinnovato l’animo patriottico britannico, l’ammirazione per alcuni componenti della royal family e fornito l’occasione per un ripasso di storia inglese al resto del mondo. Per questo motivo, la prima parte della permanenza sarà caratterizzata dalla riscoperta di alcuni capisaldi del ricco passato aristocratico del Regno Unito.

The Gore London Hotel

Il chek-in al The Gore Hotel permette di respirare subito l’aria quintessenzialmente britannica, un po’ nostalgica e decisamente lussuosa del quartiere di Kensington. Fondato nel 1892 da due sorelle discendenti del capitano James Cook, celebre esploratore settecentesco, questo boutique hotel nasce come residenza di servizio per i visitatori della grande esposizione di Londra, organizzata sotto il patrocinio del principe Alberto, consorte della regina Vittoria. All’epoca la struttura accolse gli ospiti che volevano soggiornare nel cuore della “zona più alla moda della città”, vale a dire negli edifici ai civici 189 e 190 di Queen’s Gate, che formano il Gore oggi.

Un weekend a Londra guida
The Gore Library

Esempio dell’antico lustro britannico, con personale in livrea, carrozze trainate da cavalli e un ascensore idraulico (allora vero simbolo di ricchezza e modernità), oggi sono rimasti i letti antichi intagliati e le opere d’arte originali, insieme a pezzi raccolti a mano e dettagli d’epoca, che arricchiscono i sei piani della struttura.

Il quartiere londinese in cui è immerso l’hotel vanta la presenza della Royal Albert Hall, oltre che dell’adiacente, iconico Bar 190: qui i pannelli di legno originali e gli arredi sontuosi dominano bancone e pareti, decorate con le immagini della famosa festa di lancio dell’album Beggars Banquet dei Rolling Stones, tenutasi il 6 dicembre 1968. Il Gore Hotel di Kensington venne scelto in quanto struttura particolarmente adatta a richiamare un’atmosfera artistica e démodé, in provocatoria contrapposizione allo stile musicale ed estetico della band. Fun fact: i Rolling Stones si presentarono al banchetto abbigliati come ironici menestrelli medievali, e conclusero la serata aizzando una vera e propria guerra di torte in faccia.

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The Gore Judy Garland junior suite

Style & Society: Dressing the Georgians

Una passeggiata attraverso il maestoso Hyde Park, in cui si trova la statua commemorativa di Lady Diana, è d’obbligo per raggiungere la Queen’s Gallery di Buckingham Palace.
Costruito nel 1831 all’angolo sud-ovest del palazzo, di fronte al giardino, l’edificio era uno dei tre identici conservatori di Buckingham, ma venne distrutto in un raid aereo nel 1940, dopo essere stato ripensato come cappella per la regina Vittoria. Su suggerimento della Regina e del Duca di Edimburgo, la cappella in rovina fu riqualificata come galleria per la Royal Collection nel 1962 e infine modernizzata per celebrare il Giubileo d’Oro della regina Elisabetta. L’espansione della Gallery, inaugurata dalla sovrana nel maggio del 2002, è stata l’aggiunta più significativa a Buckingham Palace in 150 anni di storia.

Weekend a Londra mostre
Queen Charlotte, Thomas Gainsborough (ph. Royal Collection Trust)

Al suo interno, in questo periodo, è possibile visitare l’esposizione Style & Society: Dressing the Georgians, che permette di esplorare la vita rivoluzionaria e lo stile dei georgiani, dal vestito pratico del personale domestico agli abiti scintillanti sfoggiati a corte.
La mostra rivela cosa può dirci la moda sulla vita nella Gran Bretagna del XVIII secolo: un periodo rivoluzionario di commercio, viaggi e tecnologia, che ha rinnovato e diffuso le tendenze d’abbigliamento a tutti i livelli della società.

Si intuisce come i georgiani abbiano introdotto molte delle tendenze culturali odierne, tra cui i primi stilisti e “influencer”, la nascita di una stampa fashion specializzata e lo sviluppo dello shopping come attività ricreativa. Tutto ciò passa all’osservatore tramite i magnifici dipinti, stampe e disegni di artisti come Gainsborough, Zoffany e Hogarth, oltre ai lussuosi tessuti, ai gioielli scintillanti e alla gamma di accessori esposti, dalle scatole da tabacco alle spade.

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Un dipinto in mostra (ph. Royal Collection Trust)

Floris London

Per concludere la giornata con un’esperienza più leggera, ma pur sempre formativa, ci dirigiamo al numero 89 di Jermyn Street, in St. James’s Square, dove gli aromi di Floris London ci accolgono e risvegliano i nostri sensi. Si tratta di un edificio inserito nella National Heritage List nazionale; vanta più di 300 anni di esistenza – e resistenza – come caposaldo del settore della profumeria di lusso internazionale.
Una volta varcate le celebri porte blu della boutique, ci si addentra in un microcosmo davvero affascinante, intriso di passione, artigianato e interni d’antan. Gli armadi in mogano spagnolo e le opere in vetro risalgono infatti al 1851, l’anno della Great Exhibition di Londra, a testimonianza della storicità del negozio.

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Floris London, 89 Jermyn Street

Un luogo d’epoca colmo di ricordi

L’azienda è familiare e a conduzione privata: da ben sette generazioni vengono trasmesse ricette, segreti e aneddoti stuzzicanti sulla lavorazione e produzione dei prodotti di alta qualità Floris, oltre che sull’invidiabile clientela che frequentava lo store, nomi del calibro di Beau Brummel, Oscar Wilde, Winston Churchill, Ian Fleming, Marilyn Monroe e David Bowie, che hanno acquistato o ispirato la realizzazione di alcuni dei profumi più iconici del marchio.

Alcuni sono ancora sugli scaffali, altri risultano ormai fuori produzione, sono comunque tutti esposti nel retro del locale, insieme ad altri oggetti d’archivio, nello spazio museale ottenuto con il restauro del 2017. Vi si possono ammirare lettere, documenti, boccette e flaconi che hanno contribuito all’evoluzione del brand Floris London, mentre il personale, preparatissimo, ve ne racconterà caratteristiche e vicende storiche. L’esperta guida dei profumieri Floris è presente in negozio per il servizio fragranze su misura, di cui i clienti possono usufruire per creare un jus unico e speciale, rendendo la visita nella capitale britannica davvero indimenticabile.

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Interni dello store

Una volta riemersi dall’atmosfera sofisticata e lievemente posh (perché no?) della prima parte del tour, siamo pronti per indagare il coté più internazionale e progressista della città.

Andaz London Liverpool Street

L’Andaz London Liverpool Street è l’hotel perfetto dove alloggiare, se si vuole respirare l’aria pregna di contaminazioni estetiche e culturali della metropoli londinese.
Incastonato tra le viuzze medievali dello storico distretto finanziario della city, si tratta di un 5 stelle che dal 2007, anno in cui ha aperto le porte al pubblico, ha segnato ulteriormente il quartiere con il suo stile artistico, in cui convivono passato e presente.

Andaz London hotel weekend
L’esterno dell’hotel, su Liveropool Street

Calato nella rinnovata e sempre più attraente area di Liverpool Street, l’Andaz London ha fatto dell’est cittadino la sua cifra, integrandosi nella zona con una prospettiva locale e servizi adatti a una clientela internazionale. E forse non c’è nulla di maggiormente “loc” di questo edificio di ascendenza vittoriana, con i suoi mattoni rossi e le torrette che svettano nel cielo cittadino.
Nato Great Eastern Hotel nel 1884 e insignito del titolo ‘grade II’ della National Heritage List for England, l’Andaz London occupa il suolo su cui nel 1200 sorgeva il Bethlehem Hospital. Viene ribattezzato col nome odierno quando entra a far parte dell’esclusivo portfolio di proprietà luxury Boundless Collection della multinazionale Hyatt.
Al suo interno, le scelte di design e arredamento amalgamano perfettamente l’heritage più conservativo, tradizionale e vittoriano del palazzo e della city con l’anima vibrante della East London contemporanea.

Dover Street Market

Lasciare una delle 267 camere (15 suite comprese) dell’Andaz London sarà la prima impresa della giornata, ma una visita all’iconico Dover Street Market vi regalerà la giusta motivazione. A due passi da Trafalgar Square, questo celebre store multibrand è una tappa obbligata per gli amanti della moda e del design di lusso più avant-garde e di ricerca.

Weekend Londra cosa vedere
Pianoterra del Dover Street Market

Rei Kawakubo, stilista della griffe giapponese Comme des Garçons, e il marito Adrian Joffe sono i fondatori dell’insegna. Insieme, nel settembre 2004, hanno dato vita a una realtà unica nel settore dei multimarca, fondendo gli elementi estetici e architettonici tipici di un mall con quelli di uno spazio espositivo. Il risultato è un negozio di 1200 metri quadri suddivisi su tre piani e un seminterrato, comprensivo di gioielleria e ristorante.

A ogni piano, i prodotti dei brand sono esposti come in una vera e propria galleria d’arte: ogni allestimento costituisce un microcosmo a sé, ammirabile al pari delle installazioni artistiche presenti nelle sale. Ne è un esempio la parete vicino al ristorante Rose Bakery, dove sono disposte alcune pagine del look book del River Café, iconico ristorante stellato di Ruth Rogers sulle sponde del Tamigi. La chef ha lanciato il primo libro di ricette che mette in discussione i codici estetici ed espressivi del genere editoriale, accostando alle immagini dei piatti (pensati per essere preparati anche da bambini) scatti di altri oggetti, animali, composizioni vegetali e non, da cui originano associazioni di significati inedite.

“Creare una sorta di mercato in cui artisti e stilisti di vari settori si riuniscano e incontrino in un’atmosfera di bellezza e caos”

Tale volontà di giocare con differenti matrici di senso, per dar vita a nuovi stimoli intellettuali, è anche alla base della nascita di Dover Street Market. Sembrerebbe che dietro la progettazione dello store ci sia lo storico Kensington Market, che Kawakubo visitava spesso e a cui si è ispirata. Il mercato, infatti, ha sempre goduto di grande popolarità, dagli anni ’70 fino alla chiusura nel 2001. Un concetto esplicitato dalla designer stessa, che ha parlato di «creare una sorta di mercato in cui artisti e stilisti di vari settori si riuniscano e incontrino in un’atmosfera di bellezza e caos, che veda trovarsi e mescolarsi spiriti affini, animati ciascuno da forti concezioni personali».

David Hockney: Bigger & Closer (not smaller & further away)

Il mescolamento e incontro di idee e animi più o meno affini è forse ciò che più caratterizza il cuore pulsante di Londra: una città i cui spazi urbani onorano nelle denominazioni la monarchia, ma sono attraversati da un effervescente melting pot. Ed è in quest’ottica che consigliamo di concludere il weekend con una visita alla mostra David Hockney: Bigger & Closer (not smaller & further away), presso lo spazio Lightroom, al 12 Lewis Cubitt Square. La sua inaugurazione, a febbraio, ha segnato anche l’apertura della nuova sede artistica, orientata principalmente alla presentazione di spettacoli a led e progettata in collaborazione col celebre artistar britannico.

Attraverso proiezioni su larga scala, il visitatore viene coinvolto in un’esperienza immersiva mentre scopre i quattro piani dell’edificio, grazie anche al sistema audio di ultima generazione Holoplot X1 Matrix Array, il primo fisso nel Regno Unito. Lo spazio espositivo è stato progettato da 59 Productions in stretta cooperazione con il rinomato studio d’architettura Haworth Tompkins, e vanta la presenza di un ampio foyer, un negozio di souvenir, un bar e un’area salotto in collaborazione con l’iconico ristorante St. John.

Un’esperienza variopinta e coinvolgente

All’interno dell’esposizione si viene condotti dallo stesso Hockney lungo un viaggio che attraversa i sessant’anni della sua pratica artistica, analizzata attraverso i suoi occhi. Il fascino che l’artista sostiene di provare per la vita, in tutte le sottigliezze e dettagli comunemente ignorati, si intreccia al genuino interesse per i nuovi media e le loro potenzialità. Ne risulta uno spettacolo vibrante, in cui sei capitoli a tema compongono un ciclo unico, che comprende una partitura appositamente composta da Nico Muhly e un commento di Hockney. Attraverso le rivelazioni sui processi creativi che utilizza, come il catturare lo scorrere del tempo nei suoi collage di polaroid o la natura sull’iPad, oppure le rivisitazioni animate dei suoi progetti teatrali, l’autore si avvicina allo spettatore come mai prima d’ora, invitandolo allo stesso tempo ad accostarsi alla vita seguendo approcci sempre nuovi.

Nell’immagine in apertura, la Tudor Suite dell’hotel The Gore London

Drôle de Monsieur lancia la collaborazione con Gergei Erdei

East Coast, Florida, Palm Beach: il sole tramonta infuocando il cielo sereno, le palme nere in controluce delineano il perimetro delle spiagge. Il fragore delle onde schiumose è interrotto solamente dal verso dei gabbiani che sorvolano l’oceano. Siamo sul green di un lussureggiante campo da golf, la partita è finita, carichiamo tutto sulle cart e via, verso il bar del resort. Questo l’immaginario che circonda la nuova capsule collection Drôle de Monsieur x Gergei Erdei. Una collaborazione affascinante, che fonde perfettamente le anime di due realtà accomunate da un’innegabile sofisticatezza, ma assai diverse nei rispettivi background.

Se l’artista e designer Gergei Erdei, infatti, vanta un passato nell’ufficio creativo di Gucci durante la supervisione di Alessandro Michele, Maxime Schwab e Dany Dos Santos hanno fondato Drôle de Monsieur con la volontà di allontanarsi il più possibile dal sistema moda mainstream.
È così che antichi riferimenti alla civiltà romana e mosaici dell’arte classica vengono uniti ai capi più iconici dell’athleisure, arricchiti dagli echi di vacanze che evocano le atmosfere tipiche della Palm Beach degli anni ’80. Un clash culturale da cui lasciarsi travolgere, come con le onde dell’oceano.

Drôle de Monsieur collab
Drôle de Monsieur x Gergei Erdei

L’universo eclettico dell’artista Gergei Erdei

Erdei ha trasformato le proprie passioni per l’arte, la moda e l’architettura in un progetto personale che, dal 2019, lo ha proiettato tra le stelle dell’homeware di lusso. L’ammirazione per l’antico, l’estetica degli arredi e decori anni ’70 e la volontà di celebrare il passato sono la fonte da cui l’artista, basato a Londra, attinge l’immaginario alla base dei suoi design, pattern e illustrazioni.

Con le sue creazioni, il creativo punta a sviluppare un brand accessibile, che esprima un nuovo linguaggio e sostenga le piccole manifatture storiche. È solo in questo modo, per lui, che sarà possibile mantenere viva e continuare a trasmettere alle nuove generazioni la bellezza della produzione artigianale e del suo know-how.

“Not from Paris Madame”

L’approccio alternativo al mondo fashion di Drôle de Monsieur è evidente dal fatto che i fondatori del marchio abbiano scelto Dijon per far fiorire il proprio business. Brillando lontano dalla Ville Lumière, la griffe ha adottato lo slogan “Not from Paris Madame”, motto con cui Schwab e Dos Santos vogliono comunicare ottimismo, energia e sottolineare come l’ambizione, il talento e l’amore per ciò a cui si lavora possano esprimersi anche al di fuori delle metropoli e capitali canoniche. 

Ispirandosi agli anni ‘70, ‘80 e ’90, il brand riprende alcune iconiche linee e silhouette dei decenni passati per catapultarle nella contemporaneità. Ne derivano collezioni streetwear moderne, dove comodità e funzionalità risultano intrise di un’estetica retrò, in cui si mescolano riferimenti ad Alain Delon, auto sportive d’epoca, calici di cristallo e sigari cubani a bordo piscina, mentre il colore degli agrumi risalta sotto il solleone del Mediterraneo.

Drôle de Monsieur collezioni

Nell’immagine in apertura, un look della collab Drôle de Monsieur x Gergei Erdei

Andaz London hotel: lifestyle contemporaneo con un’impronta local

Liverpool Street, a Londra, è l’attuale place to be: un’area in continuo fermento nella zona orientale della città, un punto ideale per scoprire la capitale del Regno Unito, un’area considerata un punto di riferimento per la vita notturna e non solo. La strada deve il nome alla vicina Liverpool Street Station, una delle più celebri stazioni ferroviarie del centro cittadino, inaugurata nel 1874 e oggi collegata all’omonima fermata metropolitana. La stazione, ricostruita con un occhio di riguardo per il mantenimento delle antiche strutture esterne, possiede un particolare aspetto retrò, riadattato adottando strutture interne contemporanee.

Andaz London hotel
L’esterno dell’hotel, su Liveropool Street

Questa doppia anima, “temporale” ed estetica, ha pervaso tutto il circondario, rendendo Liverpool Street un intrigante puzzle di reminiscenze architettoniche vittoriane, che contrastano con gli avveniristici grattacieli e palazzi finestrati a specchio. Qui i pub, i bistrot e i locali tradizionali si appoggiano l’uno sull’altro senza soccombere ai più moderni fast food internazionali, risaltando anzi in maniera più distinta e suggestiva. A due passi dai quartieri di Spitalfields, Shoreditch e Brick Lane, il paesaggio dell’East London offre un’esplosione di opere di street art, negozi di abbigliamento vintage, pittoreschi market tipici e shop di musica e antiquariato. La convivenza tra lo spirito antico della capitale inglese e il lifestyle globalizzato prettamente contemporaneo è ciò che rende tutta l’area una destinazione da scoprire.

Andaz London: un hotel ricco di storia

L’Andaz London Liverpool Street è un hotel incastonato tra le viuzze medievali dello storico quartiere finanziario della city. Un hotel 5 stelle che dal 2007, anno in cui ha aperto le porte al pubblico, ha segnato ulteriormente il quartiere con la sua estetica artistica, in cui convivono passato e presente. Calata nella rinnovata e sempre più attraente area di Liverpool Street, l’Andaz London ha fatto dello stile dell’est londinese la sua cifra, integrandosi nella zona con una prospettiva locale e servizi adatti a una clientela internazionale.

Andaz Masonic Temple
Il Masonic Temple, all’interno dell’albergo

E forse non c’è nulla di maggiormente locale di quest’edificio di ascendenza vittoriana, con i suoi mattoni rossi e le torrette che svettano nel cielo di Londra. Nato Great Eastern Hotel nel 1884 e insignito del titolo “Grade II” della National Heritage List for England, occupa il suolo su cui nel 1200 sorgeva il Bethlehem Hospital. Viene ribattezzato col nome odierno quando entra a far parte del progetto Boundless Collection della multinazionale Hyatt: un esclusivo portfolio di proprietà prestigiose e di lusso, sparse su circa 60 paesi nel mondo e ulteriormente suddivise in diversi marchi, tra cui Andaz.

Un hotel, un modo di vivere

Andaz Wine Lounge
La Wine Lounge

All’interno del portfolio Hyatt, Andaz si posiziona come sinonimo di resort per gli amanti di un lifestyle dinamico e di lusso, che vogliono vivere in simbiosi con lo spirito artistico e culturale della località in cui si trovano. Svegliarsi in un Andaz significa essere perfettamente consci di dove ci si trova nel mondo, grazie all’autentico “sense of place” trasmesso dai suoi interni. Qui le scelte di design e arredamento amalgamano perfettamente l’heritage più conservativo, tradizionale e vittoriano del palazzo e della metropoli inglese, con l’anima vibrante dell’East London contemporaneo.
Se nella lobby, infatti, il velluto felpato delle sedute e i rivetti dei ripiani rimandano alle carrozze ferroviarie e ai bauli da viaggio dei romanzi di Agatha Christie, le opere moderne del collettivo Le Gun e dell’artista di graffiti Otto Schade catapultano l’ospite nella scena creativa locale.

Allo stesso modo, gli ampi spazi delle 267 camere (15 suite comprese) sono pensati per porre omaggio alla storicità dell’edificio, avvalorandone la memoria, ma trasmettendo al contempo la contaminazione degli impulsi creativi che rendono vivo il quartiere. Così tessuti e tappeti si ispirano alla tradizione sartoriale dell’area, con richiami agli abiti gessati dei businessmen londinesi, mentre le testate dei letti in pelle conciata sono illustrate in stile tattoo dall’artista Sophie Mo, per un twist tutto Liverpool Street. Ogni camera poi è stata progettata in stile “residenziale”, proprio per incapsulare l’anima accogliente che vantano le proprietà Andaz.

Andaz London art
Street art nella lounge dell’albergo

Spazi d’impatto e sofisticati, che coniugano tradizione e sofisticatezza contemporanea

L’amore per l’arte, l’artigianato e uno spirito sempre sofisticato sono i capisaldi anche degli spazi comuni, come testimoniato dai diversi ristoranti, bar, pub, brasserie e lounge interni alla struttura, dove la cucina internazionale e giapponese si alterna alle specialità e ai prodotti locali dell’East End.
Persino l’Health Club per gli amanti del fitness è intriso delle forme e dei colori che compongono il panorama artistico di Liverpool Street: la combinazione perfetta per potersi ricaricare fisicamente e intellettualmente, prima di lanciarsi alla scoperta della capitale.

Andaz London bar
Il bar dell’hotel

Infine, l’ultima ma forse principale dichiarazione d’intenti del progetto Andaz London è esplicitata dalle maestose sale riunioni e da ricevimento che si trovano nell’hotel. Questi spazi sontuosi (tra cui la sala con una meravigliosa cupola in vetro policromo) possono accogliere fino a 500 ospiti e sono curati nei minimi dettagli, raggiungendo lo scopo di risaltare le diversissime ambientazioni e concetti di living che ognuno propone. Un hotel dove vivere esperienze differenti, in uno dei quartieri più dinamici della città.

Andaz London

Nell’immagine in apertura, la maestosa cupola della sala interna dell’Andaz London