NEW SOCCER RISING STARS

Li chiamano Baby Boom, grandi promesse, stelle nascenti: sono le nuove generazioni di calciatori, giovani, ambiziosi e soprattutto ricchi di talento. Hanno tutti meno di 25 anni, ma sanno già fare la differenza in grandi club come Milan, Real Madrid, Bayern Monaco e Manchester City.

GIANLUIGI DONNARUMMA

Una storia come la sua in Italia non si vedeva da anni. Esordio a 16 anni con una maglia pesante come quella del Milan, etichetta da predestinato e da erede di Buffon appiccicata addosso fin dalla prima presenza, posto da titolare conquistato con prestazioni da numero uno: Gianluigi – Gigio – Donnarumma  è il secondo portiere più giovane ad esordire in Serie A, dopo Gianluca Pacchiarotti, ed è già un modello. Gigio è nato il 25 febbraio 1999 a Castellammare di Stabia, in Campania. È fratello minore di Antonio Donnarumma, anche lui calciatore professionista. Fino al 2013 ha giocato nel Club Napoli Castellammare. A quei tempi fece un provino con l’Inter, ma lui stesso racconta di aver preferito il Milan perché è la squadra per cui fa il tifo. Di Donnarumma si è sempre parlato molto bene e la sua stagione sta diventando l’esempio eccellente del nuovo Milan dei giovani, quello con un’età media di 26 anni, capace di conquistare la parte alta della classifica di Serie A. La sua stagione dei miracoli gli ha regalato anche l’esordio in Nazionale, grazie alla predisposizione per i giovani del ct Giampiero Ventura e le voci di mercato lo vorrebbero alla Juve nel prossimo anno, per decine di milioni di euro, nonostante Gigio si veda rossonero a vita. Quello che è certo è che la sua straordinaria carriera tra i pali è solo all’inizio.

ANDREA BELOTTI

La sua esultanza “da gallo” è legata alla sua infanzia, quella passata nella provincia bergamasca, tra la casa natale di Calcinate e l’azienda agricola della zia a Grumello, dove rincorreva i galli del pollaio. Nonostante il soprannome, però, Andrea Belotti è uno che la cresta non la alza quasi mai. Nato 22 anni fa in un paese di 6000 abitanti nel bergamasco, Belotti arriva al calcio che conta con l’Albinoleffe, dopo un provino andato male con l’Atalanta. Belotti debutta in B nel 2011/2012, con tanto di gol alla prima e, nonostante la retrocessione, nel settembre 2013 passa al Palermo, dove segna 10 reti alla prima stagione. È con il suo approdo a Torino che arriva la definitiva consacrazione: oggi è terzo in classifica marcatori con 10 gol in Serie A, onda lunga di un indimenticabile girone di ritorno la scorsa stagione, 11 reti, miglior marcatore dell’anno solare 2016 dopo Gonzalo Higuain. Torino è un’isola felice per crescere e fondamentale, per la maturazione di Belotti, è stata la mano di Giampiero Ventura che ha lasciato un tesoro in eredità a Mihajlovic. Lo stesso Ventura che gli ha concesso la prima convocazione in Nazionale della sua carriera. E che potrebbe portarlo sempre più in alto.

LEROY SANÈ

Leroy Sanè ha una storia familiare e sportiva con una trama così articolata e drammatica da sembrare un romanzo. Nato 20 anni fa da un matrimonio interrazziale tra padre calciatore senegalese e madre ginnasta tedesca, Sanè è il prodotto della stratificazione sociale della Germania moderna, con l’appeal della popstar e una riconoscibilità immediata. Il tutto mischiato a un’innegabile dose di talento, tanto che il suo è considerato uno dei trasferimenti più cari della storia degli Under 21, grazie al passaggio dallo Shalke 04 al Manchester City per 40 milioni. In Germania si era messo in luce come uno dei migliori gioiellini della Bundesliga, guadagnandosi la chiamata della nazionale tedesca per Euro 2016. Pare che il passaggio al City sia stato fortemente voluto da Pep Guardiola in persona e, anche se per ora non lo ha ancora impiegato su base continuativa, sa di poter contare su di lui. I genitori di Leroy, Souleyman e Regina, hanno avuto tre figli, tutti calciatori, ma è soprattutto Leroy che sembra aver condensato, nel DNA, l’esatta somma algebrica di caratteristiche e valori dei genitori. Abnegazione e talento, successo e umiltà. E poi, come tutti coloro i quali sono nati, cresciuti o hanno vissuto qualche anno nella Ruhr, una solidità di pensiero unica.

RASHFORD

Marcus Rashford ha 19 anni, 19 presenze e 4 gol nel Manchester United. La sua media realizzativa, apparsa impressionante nelle prime giornate, ha avuto un rallentamento fisiologico, considerando che i suoi 4 gol sono arrivati in soli 3 giorni. Il suo esordio in Europa League contro il Midtjylland, aveva coinciso con una doppietta tra il 69esimo e il 74esimo con cui era riuscito a ribaltare lo svantaggio iniziale. Con quella partita Rashford è diventato il più giovane marcatore del Manchester United nelle coppe europee, un record fino a quel momento detenuto da George Best. Chi parlava allora di predestinazione comincia ad avere qualche dubbio, ma gli aneddoti e i numeri per il giovane inglese parlano da soli. Rashford vive ancora con la madre, Mel, va a scuola, studia per gli esami nonostante guadagni circa 500 sterline a settimana, 38mila e 400 euro all’anno circa, lo 0,3% dello stipendio di Falcao lo scorso anno. A soli 18 anni non può ancora essere considerato un giocatore speciale, né può già essere considerato un sopravvalutato, ma un giovane di talento che sembra poter andare lontano. A patto che gli si lasci il tempo per maturare.

RENATO SANCHES

Sulla sua età, quest’estate, si è anche discusso parecchio, salvo catalogare tutto alla voce “accuse infondate”. E invece, Renato Sanches è davvero un classe 1997. L’acquisto del Bayern di Monaco e l’Europeo da protagonista con il Portogallo, fanno sì che le aspettative su di lui siano già elevatissime. Nato da genitori provenienti da due ex colonie portoghesi, Sanches è cresciuto in uno dei quartieri più poveri di Lisbona, Musgueira. Qui ha iniziato a tirare i calci al pallone, in una squadra, le Aguias da Musgueira che usa il calcio per togliere i bambini dalla strada, come si dice. Ad appena 10 anni viene notato dal Benfica, che secondo la leggenda avrebbe pagato le Aguias 750 euro e 25 palloni. Nove anni dopo, il Bayern, per acquistarlo, paga 35 milioni di euro più una serie di bonus eventuali che potrebbero portare la cifra fino a 80. Il 30 ottobre dell’anno scorso, giorno in cui ha esordito in prima squadra, il Benfica era ottavo in classifica e veniva da una pesantissima sconfitta nel derby con lo Sporting. Delle 26 partite successive (di cui Renato Sanches ne giocherà 23), il Benfica ne vince 24 andandosi a prendere campionato e coppa nazionale. Quest’estate è diventato il più giovane giocatore portoghese ad esordire in un Europeo, battendo il precedente record di Cristiano Ronaldo? Paragonato da molti a Clarence Seedorf, non soltanto per le treccine, il centrocampista portoghese unisce quantità e qualità e in un calcio come quello moderno non può che essere un bene. Questo potrebbe essere l’anno dell’esplosione definitiva.

RABIOT

L’eleganza di Van Basten, la gamba di Vieira e l’audacia di Verratti. Non è un automa alla ricerca della perfezione, ma alcuni dei modi in cui è stato definito Adrien Rabiot, classe ’95, quello che da tutti è stato indicato come la prossima bandiera parigina. Nato nella periferia di Parigi, solo ventidue anni fa, Adrien era uno dei calciatori più promettenti di una nuova ed eccitante generazione francese. Una lunga serie di infortuni hanno però interrotto quello che sembrava l’inizio di una carriera da star del pallone, così come i difficili trasferimenti che hanno tenuto Rabiot incatenato al Psg. Dicono sia dominato e controllato da sua madre, perché è stata lei a trattare il suo primo contratto da professionista e perché sbatte il telefono in faccia ad ogni procuratore che la chiama. Pare, però, che molte delle voci negative su di lui (e lei) nascano all’interno del Paris Saint-Germain. La svolta per Adrien Rabiot è arrivata durante la stagione 2012/13. All’inizio di quell’anno ha giocato titolare contro il Barcellona in amichevole (sostituito, tra l’altro, da un esordiente Marco Verratti), impressionando spettatori illustri come Lilian Thuram. Nonostante il segno positivo lasciato quel giorno, in Ligue 1 non ha giocato molto. Durante l’inverno ha insistito per andare via in prestito e trovare minuti di gioco, lo hanno accontentato e con la maglia del Toulouse è andato tutto secondo copione: dopo circa un mese è diventato titolare inamovibile, giocando 12 partite su 13. Tornato a Parigi ha ripreso con i suoi alti e bassi. Questa stagione era iniziata tra i migliori auspici, ma un infortunio alla coscia lo ha fermato nuovamente. La speranza è che Adrien Rabiot apra le ali, a costo di volare lontano da Parigi. Per quanto affascinante, la capitale rischia di fargli da gabbia.

MARTIN ODEGAARD

Martin Ødegaard è nato sei mesi dopo l’ultima gara della Norvegia in una fase finale della Coppa del Mondo, il 17 dicembre 1998. Quindi, sta per compiere 17 anni. È il più giovane esordiente nella storia del campionato norvegese, il più giovane esordiente nella storia della nazionale norvegese e il più giovane esordiente nella storia dei campionati europei. Ødegaard, in norvegese significa “fattoria abbandonata”. A voler forzare, si direbbe che è scritto che Martin debba lasciare la sua terra, ma il cognome è lo stesso di suo padre, bandiera della squadra della sua città. Suo padre Hans Erik è stato calciatore anche lui, centrocampista anche lui. Nato a Drammen, anche lui. E anche lui ha iniziato allo Strømsgodset, ma ci è rimasto per undici stagioni, mettendo insieme 241 presenze. Ora è il viceallenatore del Mjøndalen, neopromosso nella massima serie norvegese, il manager di suo figlio (che essendo minore di diciott’anni non può avere procuratore) e gestisce anche un negozio d’abbigliamento a Drammen. Lo zio Thomas è invece il fisioterapista della nazionale.
Dopo mesi in cui la Norvegia ha attirato osservatori da tutto il mondo, interviste, pressioni Martin ha scelto il Real Madrid. Per ora ha iniziato con la squadra B dei Blancos, l’anno scorso allenato da Zinedine Zidane. Si farà le ossa, si dovrà adattare alla Spagna e al suo calcio, e per un po’ non ne sentiremo parlare. Potrà ricordarsi di avere sedici anni, per un po’. Poi toccherà a lui.

TIELEMANS

Classe 1997, tecnicamente dotato e perfettamente ambidestro. Debuttando in prima squadra all’età di sedici anni si è aggiunto a un club ristrettissimo di campioni come Paolo Maldini e Wayne Rooney. La precocità di Tielemans è straordinaria perché tanti dei campioni che conosciamo hanno faticato a raggiungere il loro attuale livello di prestazioni. Per fare qualche esempio, Cristiano Ronaldo a 18 anni non aveva nemmeno 30 presenze tra i professionisti. Tielemans le prime 35 gare tra i grandi le ha disputate prima del compimento del diciassettesimo anno d’età. Per questo resterà ancora qualche anno all’Anderlecht, la società che conosce alla perfezione, nella sua città natale, e che lo ha accolto all’età di cinque anni, una squadra che gli garantisce la titolarità in un campionato competitivo e un numero stabile di presenze nelle competizioni europee. Una condizione che gli concede di crescere, fuori dal clamore mediatico che gira intorno ai grandi club. In una Nazionale attualmente florida di talenti e prima nel ranking FIFA, Tielemans ha trovato spazio per fare il suo esordio lo scorso giugno, contro il Galles, altra rivelazione delle qualificazioni per l’Europeo francese. Sul suo futuro non ci sono certezze, ma quel che è certo è che ci troviamo di fronte a un giocatore unico nella sua generazione e del quale sentiremo parlare ancora per tanto tempo.

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