Cinecult : Bridget Jones’s Baby di Sharon Maguire

credit cover GILES KEYTE

Bridget ha 44 anni, ha rotto con il fiero avvocato Mark Darcy e ha perso svariati chili di troppo e il vizio del fumo ma non il cattivo gusto nel vestire e la vocazione a combinare guai senza risparmiare né il lavoro né la vita amorosa. E per un’inguaribile romantica come Bridget Jones, interpretata ormai per la terza volta con successo e simpatia da Renée Zellweger, (premio Oscar peraltro per ‘Chicago’), qui ancora cronista maldestra attualmente al servizio della nuova informazione ‘all by myselfie’ dell’era 3.0 sicuramente due è meglio di uno, specialmente quando si tratta di scegliere il papà giusto per il suo bambino. E’ tutto nel nuovo film ‘Bridget Jones’s Baby’ diretto da Sharon Maguire e distribuito da Universal Pictures. Tutti i suoi amici, perfino Tom (James Callis), il gay della pazza comitiva di ‘fratelloni di sventura’, hanno messo la testa a posto mettendo su famiglia. Per cui è arrivato anche il momento della svolta di Bridget che, pur dedita a fantastiche avventure nel talamo con tipi molto appetibili almeno sulla carta come il bel Jack Qwant (Patrick Dempsey), un principe azzurro alla rovescia che estrae dal fango la mitica scarpetta della favola, non riesce a dimenticare il suo amore di sempre, l’ingessato e tenero Mark Darcy (Colin Firth premio Oscar fra gli altri per ‘Il discorso del re’), parruccone molto sexy (non sulla carta però). Magari si sente un po’ la mancanza di Hugh Grant alias Daniel Cleaver ad animare e dare pepe alla storia ma non tutto è perduto (dobbiamo aspettare un sequel?) perché l’esilarante anti-eroina creata da Helen Fielding, suo malgrado esplora il mondo del web e quello della relazionalità ‘poliamorosa’ vissuta da molte donne quarantenni di oggi ampliando i suoi orizzonti. Dopo due incandescenti incontri galanti, Bridget resta incinta così per caso senza pensarci imbattendosi in una ginecologa un po’ sui generis (una convincente Emma Thompson premio Oscar per la serie ‘Tata Matilda’), paleo-femminista ed ex ragazza madre che dona un tocco di sapido sarcasmo in più a tutta la vicenda. Ma sul futuro di Bridget, illuminato da un matrimonio regale da romanzo d’appendice in versione parodistica (indovinate con chi?) pesa ancora una diabolica incognita che potrebbe cambiare di nuovo il suo destino. Il film gode di ottime musiche, belle ambientazioni, situazioni esilaranti come il maxi concerto allestito nel week-end festival, dialoghi esuberanti e un’interessante visione del problema dell’informazione e del ‘ ritorno dell’integrità e della democrazia nel mondo mediatico’ per usare le retoriche ma pregnanti parole di Bridget. L’abbiamo amata nei primi 2 capitoli e continueremo ad amarla anche qui con quei ‘ritocchini’ per i quali la diva vincitrice di un Golden Globe per ‘Betty Love’ ha rivendicato il suo sacrosanto diritto. Il tutto senza magari nutrire troppe aspettative su una commedia che, pur in qualche lacuna di sense of humour e la mancanza delle scoppiettanti gag dei primi 2 episodi, riesce a far trascorrere piacevoli momenti davanti al grande schermo risvegliando positività e romanticismo ormai dati per dispersi nel filone della commedia brillante, agrodolce e vagamente demenziale oggi in auge nelle sale.

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