Cinecult: Yesterday di Danny Boyle

Provate a immaginare un mondo che ha perso la memoria e improvvisamente ignora: Harry Potter, le sigarette, la Coca Cola e… i Beatles. Che mondo sarebbe senza le canzoni del quartetto british? I miracoli possono accadere davvero e di punto in bianco uno si può trovare catapultato in un’epoca un po’… insipiente? E smemorata. Beh questo è lo spunto da cui prende le mosse la storia di ‘Yesterday’, uno dei cult movie dell’autunno 2019 diretto da Danny Boyle e distribuito da Universal Pictures.

Giovane e fresca come un sorso d’acqua gelata frizzante, la pellicola racconta la storia fantastica di un grande sognatore, il cantautore anglo-indiano di belle speranze, l’intrepido Jack Malik interpretato dallo spassoso Himesch Patel, una autentica rivelazione dell’acting britannico dalla innata vis comica. Nato in Inghilterra da genitori indiani, un po’ scettici sul potenziale del figlio, dotato chitarrista, il protagonista coltiva i suoi sogni condividendoli con l’amica del cuore, segretamente innamorata di lui, la bella Ellie interpretata da una magistrale Lily James (l’avrete vista in ‘Mamma mia! Ci risiamo’).

Tutto scorre fra alti e bassi finché una notte Jack, reduce dall’ennesimo flop, subisce un incidente e al suo risveglio in ospedale scopre che nessuno sa chi siano i Beatles, neppure Google. E a questo punto: vi ricordate Massimo Troisi che canta le best songs dei mitici ragazzi inglesi in ‘Non ci resta che piangere’? Beh l’idea del plot è vagamente quella, sviluppata sicuramente con verve e originalità dal bravo cineasta e dal suo sceneggiatore nonché condita, perdonateci la licenza, con il sapore della birra e delle patatine, perché ‘Yesterday’ è ambientato nell’Inghilterra della Brexit.

Film divertente e un po’ caustico sul valore della memoria (viviamo nell’epoca del vintage e del riciclo permanente di tutto), ma anche incentrato sulle trappole dello showbiz e il costo della fama, per certi versi alquanto faustiano, ma anche elegiaco e inguaribilmente romantico, con spunti sociali come l’integrazione interetnica (non se ne parlerà mai abbastanza a nostro avviso), il mondo sostenibile e l’attualità della musica pop filtrata dai social network che fanno e disfano i miti di oggi con la stessa velocità con cui ci si soffia il naso.

Analisi lucida e spietata sugli ingranaggi dello stardom –che nel film è incarnato dalla perfida Debra, l’agente del rapper Ed Sheeran che cerca di rubare l’anima all’inesperto Jack Malik, proponendogli soldi e successo. Il film dai brillanti dialoghi che non rischiano mai di annoiare, e dal ritmo godibile e scanzonato, è un inno all’amore, che oggi i critici più acidi definirebbero ‘vagamente buonista’ in un mondo in cui la verità osteggiata dall’onnipotenza del fake trionfa sulla dilagante menzogna. E qui veramente ‘love is in the air’.

Del resto alcune delle più belle canzoni d’amore della storia della musica di tutti i tempi, le hanno scritte e cantate proprio quei formidabili, impareggiabili fab 4, i ragazzi di Liverpool che hanno segnato in modo indelebile la storia del costume e della società. Queste canzoni potrete risentirle e canticchiarle a sazietà durante tutto il film, rieditate in versioni nuove, più fresche e moderne, sempre godibilissime.

Lo sceneggiatore, tanto per dirne una, è Richard Curtis, lo stesso di ‘Notting Hill’ (di cui si scorgono vaghi echi nella trama), di ‘Bridget Johnes’, e di ‘Quattro matrimoni e un funerale’ che ha lanciato nell’olimpo di Hollywood Hugh Grant (la sua fidanzata Liz Hurley la lanciò Gianni Versace con il suo lungo, conturbante abito nero chiuso da safety pins dorate, anche questo da non dimenticare al pari dei Beatles).

La zampata geniale di Boyle che, per chi soffrisse d’amnesia ha firmato il film culto degli anni’90 ‘Trainspotting’ definito dalla mefistofelica Anna Wintour la papessa di Vogue America, il film più influente sulla cultura del nostro tempo, ebbene questo talento made in Boyle per l’immagine d’effetto si può cogliere in alcune scene surreali del film, nella vena propensa alla provocazione aristofanesca e alla trasgressione ipervisiva giocata su colori saturi e brillantissimi con un eccellente e originale studio della fotografia e nei sogni del protagonista, inebriato e insieme spaventato dalla celebrità.

Uno storytelling di impatto che si inserisce a pieno titolo, seppur con indubbia originalità, nel filone delle favole pop musicali oggi molto in voga al cinema.

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