COVID-19, monitorare i cittadini ma senza oltrepassare i limiti

La tempesta perfetta sembra ergersi dinanzi a noi. L’emergenza sanitaria che l’Italia sta vivendo, come il mondo intero, ci trasporta verso una dimensione inedita, in cui le nostre certezze da nipoti e pronipoti del secondo dopoguerra si paralizzano davanti alle insidie e alle ansie generate dal nuovo Coronavirus.

Un nemico invisibile quanto capace di mettere in discussione i diritti e le libertà che sino ad oggi sono stati i pilastri della nostra democrazia. Come fosse un processo di fusione nucleare, i diritti e le libertà garantiti dalla nostra Costituzione collidono tra loro per dare forma a nuovi paradigmi.

In forza dello stato di emergenza, dunque, al fine di tutelare il diritto alla salute del singolo e della collettività(art. 32 Cost.), il Governo ha gradualmente limitato il diritto di circolazione e soggiorno dei cittadini sul territorio nazionale e internazionale (art. 16), il diritto al lavoro (artt. 4, 35 e ss. Cost.), la libertà di culto religioso (art. 19), il diritto di riunirsi in pubblico e di manifestare e le attività sindacali (artt. 17 e 39), il diritto di sciopero (art. 40), il diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24), il diritto di sposarsi e creare una famiglia (art. 29), il diritto all’istruzione (artt. 33 e 34), la libera iniziativa economica (art. 41), il diritto di proprietà (art. 42 e ss.) e il diritto di voto (art. 48 e ss.).

Una compressione dei diritti e delle libertà che richiede un’attenzione da parte di tutti i cittadini e non dei soli addetti ai lavori. Infatti, non è concepibile un restringimento del raggio di tutela delle libertà costituzionali dei cittadini in nome di una seppur grave emergenza sanitaria, in totale assenza di qualsivoglia garanzia dal potere.

Le ragioni sono da rinvenirsi nella natura insita nello stato di necessità che, per definizione, deve avere una portata limitata nel tempo. Tale limitazione deve prefigurare una salvaguardia della sfera personale dell’individuo nella sua dimensione umana in tempo di normalità.

Perché quando l’emergenza passerà, la libertà e dignità dell’uomo dovrà uscirne indenne per consentire a tutti noi di poter ripartire e di lasciarci alle spalle questi momenti tragici il più veloce possibile.

Una delle considerazioni assunte da una parte della classe politica del Paese, negli ultimi giorni, consiste nella necessità di sospendere le norme sulla privacy vigenti nel nostro ordinamento. Una tendenza pericolosa che mina proprio la dignità umana, in nome di uno stato emergenziale che tra emotività e frustrazione annebbia la mente di coloro che dovrebbero guardare oltre la quarantena.

A ciò si aggiunga che tale posizione denota una scarsa consapevolezza della normativa e, ancor più rilevante, una totale mancanza di sensibilità sulla materia e sulle radici di questa. È necessario, infatti, ribadire che il diritto alla privacy è un diritto fondamentale sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La tendenza a voler “sospendere” o – nella declinazione più garantista – “derogare” le norme sulla protezione dei dati sorge dalla necessità di monitorare gli spostamenti dei cittadini sul territorio nazionale. Questo controllo vuole essere un potente mezzo con il quale contrastare la diffusione del contagio da Covid-19.

App dedicate, braccialetti, monitoraggio tramite GPS, triangolazione tramite celle telefoniche e droni: gli strumenti a disposizione sarebbero tantissimi e, oggi, il Ministero dell’Innovazione è al lavoro per fare sintesi e realizzare quanto necessario.

Un controllo sistematico dei cittadini non poteva non interessare l’operato dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali che, da giorni, dimostra una elevatissima sensibilità e lucidità sul tema del rapporto tra privacy e salute, aprendo all’uso di queste tecnologie purché attraverso un approccio coscienzioso di quelli che sono i principi su cui si fonda il nostro ordinamento.

Tra questi, vi è il principio di proporzionalità che può essere inteso come la necessità di applicare misure di monitoraggio nei limiti di quanto utile a raggiungere l’obiettivo prefissato, per un tempo limitato e con adeguate misure di sicurezza.

Per fare questo, come già sostenuto ampiamente da Antonello Soro, Presidente dell’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, serve un atto normativo ad hoc che delimiti il perimetro di applicazione di queste misure al solo periodo dell’emergenza, senza intaccare il patrimonio giuridico ed umano che il nostro Paese ha accumulato nel corso degli anni, grazie anche alla irraggiungibile lungimiranza di giuristi italiani come il compianto Prof. Stefano Rodotà.

Quindi il nostro Paese non può emulare nessuno dei modelli attuati tra la Korea del Sud e la Cina. È necessario che l’Italia segua un modello proprio, all’altezza dei valori e dei principi che la nostra Costituzione sancisce e preserva.

Nessun diritto è di ostacolo ad un altro, salvo l’incapacità di chi è chiamato ad agire e a compiere scelte importanti per il presente e il futuro di tutti noi.

Testo di Rocco Panetta, avvocato e partner di Panetta & Associati, studio leader nell’assistenza all’azienda nel settore delle nuove tecnologie. Anche Country Leader Italia della IAPP, International Association of Privacy Professionals.

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