Intervista a Antonino Laspina, Italian Trade Commissioner

L’Italia torna di moda negli Stati Uniti. I nuovi trend del mercato d’Oltreoceano, che evidenziano una maggiore attenzione verso la qualità e la sostenibilità, hanno riaperto i giochi anche per le piccole e medie imprese del Made in Italy. Abbiamo incontrato Antonino Laspina, direttore esecutivo dell’Italian Trade Agency nel mercato statunitense. Nel corso della sua carriera, Laspina ha lavorato con università, comprese quelle in Cina, centri di formazione e riviste italiane e internazionali su argomenti legati al commercio internazionale e all’economia. È diventato membro del Young Leaders ‘Group (Consiglio Italia-Stati Uniti) nel 1998 fino all’attuale ultimo incarico come direttore esecutivo di ITA iniziato lo scorso Novembre.

Come stanno cambiando i mercati americani in relazione al Made in Italy?

Il mercato Americano, come tanti altri importanti mercati nel mondo, subisce profonde modifiche a seconda della composizione demografica e dei nuovi soggetti che intervengono nella spesa destinata all’acquisto di beni, in questo caso di beni di qualità, del Made in Italy. Davanti a noi abbiamo uno scenario con una forte presenza di soggetti che possiamo definire millennials, che si relazionano al Made In Italy cercando di apprezzarne alcuni aspetti che stanno emergendo recentemente, ma abbiamo anche dei clienti molto consolidati e affezionati a questo tipo di prodotti. Allo stesso tempo ci sono anche nuove tendenze relative alla possibilità che consumatori di fasce abbastanza alte possano essere interessati al Made in Italy, più di quanto lo siano stati nel passato anche per effetto della crescita della sua percezione sul mercato Americano.

E quale è la percezione del prodotto italiano negli USA?

La percezione del prodotto Italiano negli USA continua a rimanere abbastanza positiva. Direi che in alcuni settori, in termini di apprezzamento, il prodotto italiano non ha rivali perché costituisce un prodotto in una classe a se stante. Tuttavia dobbiamo tenere conto del fatto che ci sono delle tendenze che possono avvicinare i prodotti di altri paesi ad un livello pari allo standard di percezione del prodotto Made in Italy. Per noi è importante cercare di mantenere questa leadership con una fortissima azione promozionale, che deve, da un lato cercare di consolidare i consumatori nei territori dove siamo già abbastanza forti, come le zone delle coste, soprattutto con riferimento agli stati di New York e New Jersey, e la California, ma dall’altro lato andare ad operare delle azioni di promozione sui nuovi territori che stanno godendo di questa fase di crescita economica, che potrebbero essere identificati simbolicamente dallo stato del Texas.

Quali sono gli assets su cui le aziende italiane devono puntare?

Le aziende Italiane per farsi ancora strada su questo mercato e per rafforzare la propria posizione devono insistere sugli assets e i valori che hanno permesso di costruire nell’arco di questi vent’anni le posizioni di leadership che hanno ottenuto. Sostanzialmente, c’è la necessità di essere percepite come aziende che incorporano valori come la qualità, e in alcuni casi anche l’esclusività e l’utilizzazione di materie prime. Sia per quanto riguarda i prodotti attinenti al sistema della moda sia per quelli attinenti al sistema del design per la casa. Diventa importantissimo per le nostre aziende continuare ad insistere sull’ aspetto peculiare dell’Italia come centro unico rispetto ai suoi competitors, in quanto nel nostro territorio coesiste sia la fase creativa, della creative industry, che quella del settore manifatturiero. In qualche modo costituiamo un unicum e dobbiamo assolutamente puntare su questo, perché all’interno di questo meccanismo si può costruire un’ ulteriore riqualificazione del prodotto Italiano in termini di alta qualità, con delle componenti di artigianalità che sono uniche nel nostro sistema, come la craftsmanship. Tutti elementi che cominciano ad essere sempre più importanti per alcune fasce di consumatori americani. Più di quanto lo siano stati nel passato.

Come si articola e come si sviluppa il vostro piano e strategia di rilancio del made in italy?

Sulla base dei risultati degli ultimi anni si sono portati avanti un piano ed una strategia di rilancio del Made in Italy che puntano su un accresciuto valore delle risorse destinate all’attività promozionale. Come dicevo prima, questa strategia mira da un lato a fidelizzare e stabilizzare i consumatori che abbiamo in alcuni territori, ma dall’altro lato anche a conquistarne di nuovi soprattutto in quelle aree dell’interno dove le dinamiche economiche degli ultimi anni hanno permesso di avere, come ad esempio in alcune capitali, redditi pro capite che sono superiori ai 60 e 70mila dollari, e che presentano un ritardo rispetto alla percezione del prodotto italiano. Dobbiamo lavorare moltissimo per portare il prodotto sul territorio. Chiaramente uno strumento molto importante sono le attività di collaborazione con la grande distribuzione organizzata, sia che si tratti di distribuzione sul piano nazionale sia che si tratti solo di presenza di tipo interstatuale. Andremo, quindi, ad investire molto sugli inviti alla rete distributiva, svilupperemo una maggiore presenza presso le più importanti manifestazioni fieristiche italiane e addirittura ipotizziamo anche il ricorso a strumenti promozionali che sono attività proprie e autonome realizzate dall’ICE in collaborazione con altri partner. Inoltre, è importante avviare un piano di azione che copra un territorio molto più ampio per farsi conoscere maggiormente. In tutto questo c’è anche uno spazio per quanto riguarda le attività che si devono realizzare con il sistema digitale. Abbiamo, infatti, perfezionato un accordo con Amazon e stiamo studiando altre forme di collaborazione. L’idea principale è che questo mercato, come per altro i mercati che si trovano in Europa e anche in Asia, abbia bisogno di un’ utilizzazione dei due canali di commercio offline e online. Naturalmente, sarà fatto un notevole sforzo anche per recuperare l’interesse di un crescente numero di aziende Italiane per questo mercato. Tuttavia, abbiamo notato che dalla parte Italiana c’è la necessità di una fortissima azione di aggiornamento sul mercato Americano e quindi dobbiamo inviare alle aziende italiane un messaggio che gli permetta di capire che questo mercato ha regole molto rigorose per quanto riguarda la serie di normative sulla composizione dei prodotti e dei materiali, ma anche per quanto riguarda gli aspetti doganali. Questa difficoltà, però, non significa impossibilità e quindi si può pensare di aprire nuove prospettive per le aziende Italiane. La qualità comincia a farsi strada sul mercato e per questo motivo per le aziende di questo tipo potrebbe essere un’occasione per recuperare posizioni a livello globale.

Quali sono le aziende italiane che sono state supportate? I primi feedback?

I primi feedback sono abbastanza positivi. In effetti, il tempo che abbiamo avuto a disposizione per questa nuova strategia è stato abbastanza breve, ma generalmente costruiamo strategie su dei successi che sono innegabili. Per esempio, abbiamo una presenza molto consolidata nel sistema moda e una qualificata presenza di produttori di qualità. L’obiettivo è fare arrivare su questo mercato nuove tendenze, nuovi soggetti creativi e manifatturieri perché dobbiamo cogliere l’occasione che questo mercato presenta una maggiore sensibilità verso nuovi temi, come quello della sostenibilità, del green, del rispetto della natura, tutte problematiche in cui le nostre imprese si sono cimentate. Inoltre, questi temi hanno già riportato notevoli risultati positivi su altri mercati. Per noi, quindi, l’aspetto importante è quello di farci percepire come portatori di questi nuovi valori che si fanno strada sempre di più nel mercato Americano.
Per le nostre imprese, nel corso degli ultimi anni, una scommessa sono stati i trattamenti rispettosi dell’ambiente per quanto riguarda le pelli, le fibre, soprattutto quelle naturali, o altri trattamenti di prodotti necessari a costituire il processo manifatturiero del settore del tessile e dell’abbigliamento. Oggi probabilmente presentiamo in termini anche di ricerca e sviluppo una produzione più sofisticata e più in linea con queste aspettative. Siamo, quindi, molto fiduciosi sul fatto che questo tipo di risposta positiva del mercato possa rafforzarsi nel corso dei prossimi anni.

Una vostra prima valutazione dopo la collaborazione con Project?

Già con questo evento possiamo dire che abbiamo saputo cogliere e interpretare queste tendenze di cui ho parlato prima. Le nostre imprese coinvolte in questo progetto, tra l’altro, erano già un numero abbastanza interessante. Per la parte futura riteniamo che si dovrà puntare molto sugli aspetti di comunicazione di quello che oggi è il nostro sistema sia creativo che manifatturiero. Dobbiamo sapere comunicare questi valori che a volte sono peculiari o addirittura esclusivi del nostro sistema Italia. Per fare questo, abbiamo bisogno di potere utilizzare diverse piattaforme. L’idea di fondo è di potere utilizzare delle piattaforme consolidate per quanto riguarda il sistema espositivo, ma non è da escludere il fatto che a queste attività si possano aggiungere, forti di queste indicazioni che arrivano dal mercato, anche altre presenze, che possono essere di totale nuova concezione, di intesa con le imprese Italiane e con le strutture che rappresentano l’interesse delle imprese.

Si parla molto di sostenibilità, come è recepita dal mercato americano?

La sostenibilità è un fatto che si accompagna ad una sensibilità in crescita non solo sul mercato americano ma anche su altri mercati in relazione a tutte le problematiche di trattamento dei prodotti nella fase manifatturiera, ma anche alle fasi che riguardano il trattamento delle materie prime, per arrivare anche a come si coltivano le piante da cui provengono poi le fibre vegetali o come si trattano le fibre che provengono dal mondo animale. Sostenibilità, quindi, è una parola d’ordine a cui tutto il sistema deve sottostare perché sul mercato americano questa sensibilità nei confronti della natura e dei processi che non siano troppo invasivi o distruttivi, si sta facendo strada di pari passo a quello che sta avvenendo nei mercati più sofisticati. Qui la risposta del sistema Italia, secondo me, è all’altezza delle aspettative perché, come avevo evidenziato, nel nostro sistema di trattamento delle pelli abbiamo introdotto tutta una serie di processi che limitano l’utilizzazione di sostanze nocive. Abbiamo applicato le tecnologie di recupero e quindi siamo produttori di materie prime o di semilavorati che possono essere una garanzia in termini di sostenibilità. Abbiamo delle aziende che trattano fibre naturali come il cotone, però abbiamo già controllato la fase di coltivazione. Abbiamo delle società che già nella fase di selezione delle fibre naturali, come ad esempio la lana proveniente da diversi animali, hanno una grandissima attenzione e cura per quanto riguarda i processi selettivi e poi trasferiscono nel processo di lavorazione queste fibre, dove le sostanze coloranti o qualsiasi altra sostanza deve essere assolutamente compatibile con il sistema della natura. D’altra parte, siamo obbligati a fare ciò dal fatto che le nostre imprese sono collocate in un contesto della nostra campagna, del nostro sistema Italia che convive e coesiste con dei capolavori dell’architettura e dell’arte. Abbiamo una campagna che essenzialmente ha una grande protezione perché da lì derivano anche altre fonti di reddito come quelli dell’agricoltura e del turismo. È un sistema, quindi, che prima ancora che si facesse strada la sostenibilità come elemento molto forte del mercato Americano, ha dovuto fare questa scelta per causa naturale, per proprie forze interne, perché l’intervento sulla natura soprattutto in Italia deve essere molto leggero e di scarso impatto perché deve salvaguardare anche altri settori dell’economia Italiana. Quindi siamo sicuramente un sistema produttivo in grado di soddisfare questi aspetti della sostenibilità, del green, e di queste legittime aspettative che ci sono nei consumatori. D’altra parte, se il sistema Made in Italy si sta rafforzando sempre di più anche in contesti che non sono sempre stati positivi dal punto di vista dell’economia, è proprio perché è riuscito ad interpretare e dare risposte adeguate a queste aspettative.

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