Stile a ritmo di musica. Parola di Susanna Ausoni

Stylist milanese con il pallino del vintage, Susanna Ausoni ha iniziato la carriera come look maker. Il suo percorso nella moda è iniziato quasi casualmente, grazie a un outfit collegiale indossato al lavoro nel negozio Fiorucci in centro, notato da Paola Maugeri. Da lì in poi si è dedicata allo styling e alla consulenza d’immagine, diventando negli anni Duemila responsabile dello stile di MTV Italia e collaborando con diversi brand, aziende ed etichette discografiche alla realizzazione di campagne pubblicitarie, spot e progetti legati alla comunicazione.
Ha curato lo stile di numerose personalità d’eccezione del mondo dello spettacolo (Michelle Hunziker, Daria Bignardi, Victoria Cabello, Virginia Raffaele solo per fare qualche nome) e musicale, unendo così due delle sue principali passioni, moda e musica, appunto. L’elenco dei cantanti da lei seguiti comprende Carmen Consoli, Mahmood, Nek e Dolcenera, e nell’ultima edizione del Festival di Sanremo ha firmato gli outfit di Francesco Gabbani e Le Vibrazioni.



Abbiamo parlato di tutto ciò, e anche di altro, nell’intervista che potete leggere di seguito.

Come è nata la tua passione per la moda e come ci sei arrivata?

La mia passione per la moda credo sia sempre stata nell’aria. Un gene che viene non so da dove o chi, forse dalle crinoline delle gonne anni ‘50 ereditate da mia nonna Gioconda, oppure dalla pittura, mia grande passione. La cosa più bella rimane l’emozione che continuo a provare ogni qualvolta mi trovi a maneggiare certi look, avendo la possibilità di toccarli con le mie mani. Mi emoziona molto entrare in contatto con la creatività altrui, mescolare le immagini fondendole con la personalità dell’indossatore o con ciò che viene indossato, magari perché sono sempre stata interessata alle contaminazioni, agli incontri; è così che svolgo il mio lavoro. 



Come sono arrivata nel mondo della moda, non saprei… Diciamo che è stato lui ad arrivare a me, attraverso altre forme creative. Direi quindi in un modo del tutto casuale.


Oltre alla moda, nella tua vita è da sempre protagonista la musica. Raccontaci del tuo lavoro e
delle tue esperienze a MTV Networks.

La mia è una lunga storia d’amore con la musica. Ho iniziato a svolgere questo lavoro facendo televisione musicale e videoclip. Se è vero che attraiamo ciò che desideriamo profondamente, io ho sempre amato la musica, di tutti i generi, dall’hardcore punk alla classica. Non mi sono mai limitata ad ascoltarla, l’ho osservata usando sin dall’inizio la vista, un senso non richiesto.
Mi sono sempre piaciute le differenze e le diverse immagini rappresentate dai generi musicali, ho ampliato questi contesti spontanei affiancandoli alle proposte fashion.

Quando lavoro con un musicista parto da lì, ascolto il suo progetto musicale, ma non mi limito al sentire, lo guardo.

MTV è stata la miglior scuola formativa che avessi potuto desiderare. Si respirava nei corridoi l’aria di una cultura visiva che non aveva confini geografici, molto cosmopolita.

Ho capito da subito che sarebbe stato il miglior contesto per inserire contenuti di moda, che spesso fanno fatica a passare attraverso la televisione, e così ho fatto. È stato un esercizio di stile durato oltre dieci anni, di cui serbo un ricordo indelebile.



Nella pratica lavorativa non avevamo nessun vincolo redazionale, nessun imposizione dagli sponsor, il contrario di quanto succede ora con gli influencer. Usavamo quello che ritenevamo fosse più innovativo. Mischiavamo, trasformavamo, costruivamo, passando da Chanel alle ragazze di Prato che customizzavano i Levi’s facendone gonnelloni hippie, alle t-shirt vintage con appeso il cartellino con nome e foto di chi le aveva indossate prima.

Di MTV Networks ho molti ricordi. Sono stati anni, per la televisione non generalista, irripetibili. Un team lavorativo che ha generato figure professionali di alto profilo, giovani di grande talento, molti dei quali sono diventati ora professionisti affermati, come Nicolò Cerioni o Lorenzo Posocco.

Ho capito solo dopo cosa volesse dire lavorare in tv, lasciando il microcosmo in cui mi muovevo.

Ho imparato che ci sono tante figure professionali che intervengono sulla decisione del look durante la fase di produzione televisiva, aspetto con il quale non mi ero quasi mai confrontata prima. Da MTV non esistevano gli autori, noi avevamo figure come i producer.

Ora che è finita posso dire che quell’esperienza ha rappresentato, per me, la scoperta di un universo professionale e televisivo nuovo, con regole che ignoravo e ho imparato ad ascoltare, trasformando il tutto in un mio personale dialogo visivo.

Raccontaci qualche aneddoto o esperienza che ti hanno influenzato a livello professionale e personale.

Quanto agli aneddoti più recenti: lo scorso anno ho vestito, per il palco dell’Ariston, la band ospite più anziana, a livello anagrafico e di percorso artistico, del Festival di Sanremo, I Ricchi e Poveri, e contemporaneamente la più giovane dei big ospiti, la meravigliosa Francesca Michielin. Nel mezzo, le potenti Vibrazioni ed il sorriso e il talento di Francesco Gabbani. Un mix interessante, direi.



Quali sono i designer che hanno influito sulla tua visione e ti hanno ispirato nel lavoro?

I designer che hanno influenzato il mio percorso creativo sono tanti: Riccardo Tisci per la sua genialità, il coraggio, la sensibilità; sicuramente Margiela, la sua sperimentazione; Coco Chanel per la sua storia personale, per il suo “caricare” l’outfit e poi togliere, vedendo da lontano chi vestiva.

Trovo ispirazione anche in quello che non mi piace personalmente, che non indosserei, e apprezzo moltissimo chi contamina il suo lavoro con altre forme d’arte.


Sempre in tema di musica, hai portato sul palco dell
Ariston di Sanremo tante novità. Come hai lavorato per rinnovare il festival più seguito dagli italiani?

Se devo riportare la cosa più rischiosa o per me innovativa che abbiamo fatto è stata quella con Alessandro (Mahmood, ndr): portare sul palco dell’Ariston, in prima serata su Rai 1, il volto di ‘Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino’, facendogli indossare una t-shirt di Raf Simons che la ritraeva. Un film generazionale e musicale iconico. Un pugno nello stomaco forte. Due generazioni a confronto: lui è parte di una nuova, bellissima, multietnica e moderna; lei di quella berlinese separata dal muro degli anni ‘80, con David Bowie-Ziggy Stardust come colonna sonora. Il vecchio ed il nuovo, lì insieme.

Il Festival di Sanremo è la festa della musica più stimolante che ci sia nel nostro Paese.



Ho iniziato molti anni fa, con la leggerezza di una creativa giovane e piena di entusiasmo. Non ho mai sentito il peso di quel palcoscenico, dato dall’importanza, la storia e il valore che rappresenta.

Ho permesso il bicolor nei capelli e vestito di oro e pizzi, quando sarebbe stata una passeggiata optare per un bell’abito nero lungo. Ho cercato di diventare la cassa di risonanza di chi avevo di fronte, in una chiave molto personale, perlomeno con un tentativo di originalità. Non mi sono mai trovata a mio agio nel percorrere la strada più facile.


Segui personaggi maschili come Mahmood. Che percorso di stile hai costruito con lui? Quale look ricordi tra i suoi più forti?

Ho un particolare curioso su Mahmood: non dovevo seguirlo a Sanremo l’anno della sua vittoria, nonostante l’abbia preparato per buona parte dei suoi lavori, incluso il Sanremo Giovani di qualche anno prima.


In quel momento stavo già lavorando a un progetto ambizioso, la conduzione di Virginia Raffaele, ed ero concentrata sullo styling del mio caro amico Nek.

Vedere poi Mahmood presentarsi come un “bambolotto”, con il look di Rick Owens e i pantaloni a ventaglio che gli avevo scelto per la serata, mi ha commosso un po’.
Vederlo vincere è stata un’emozione grande.

Cerco sempre di dare un messaggio che non sovrasti la musica, che, per un musicista e il suo pubblico, è il centro di tutto.

Tra i personaggi femminili, invece, quello che ha rappresentato per te una sfida, a cui ti senti particolarmente legata?

Tra i personaggi femminili che ho la fortuna di vestire ci sono donne molto diverse, di grande talento e sensibilità. Ho portato sul palco di Sanremo con Virginia Raffaele creatori di moda come Schiaparelli, in omaggio alla stilista che veniva definita da Coco «quell’artista italiana che fa vestiti».


La sua prima collezione, risalente al 1938, si chiamava Circus;è dal circo che proviene Virginia, mi sembrava un’immagine ed un racconto bellissimo da proporre. Giambattista Valli, il giovane Lorenzo Serafini, il maestoso Giorgio Armani l’hanno accompagnata ogni serata in questa rappresentazione nella cornice prestigiosa del Festival.

Non è stata la prima volta che ho vestito la conduttrice sul palco dell’Ariston: l’avevo fatto tanti anni prima con Victoria Cabello in Miu Miu, una capsule collection creata per lei appositamente da Miuccia Prada.

Hai anche aperto un vintage store a Milano, come è nato questo progetto?

Uno degli ultimi progetti, certo non per importanza, è Myroom Vintage Shop, appunto la mia stanza.

La mia passione per il vintage, gli accessori, gli oggetti… Il mio caos di colori e bellissimi vestiti che non mi appartengono, ma sono di chi se li accaparra.

Una boutique di ricerca, il mio luogo di partenza e d’arrivo.
Di qui passano tutti e buttano la testa dentro, anche per un semplice ciao.

Ci puoi trovare un pezzo degli anni ‘70, una Chanel o una nuova Prada, disposti sui cavalletti originali della pittrice Felicita Frai, famosa per le donne dipinte con corone di fiori nei capelli e per aver affrescato a mano una sala da ballo della storica nave italiana Andrea Doria.

Nel suo ex studio, che ora è la mia casa, c’è un oblò sulla parete del salotto.


Quali
sono le tue prossime avventure professionali e i sogni nel cassetto?

Le prossime avventure professionali le racconterò appena terminate.

Per me un progetto esiste solo quando lo porto a compimento e lo consegno nelle mani, e negli occhi, di qualcun altro. I miei cassetti contenenti sogni sono aperti… E hanno occhi su tutto il mondo fuori e dentro di me. Fintantoché sarà così, rimarrò nel giro. Quando saranno chiusi, mi rintanerò nella mia stanza per cercare altre forme creative dai mille colori.

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