Dietro le quinte della prima digital fashion week italiana: Andrea Pompilio

Gli stakeholder del Made in Italy raccontano il proprio approccio alla digitalizzazione della Settimana della moda  

Production & interview Alessia Caliendo

Ph Matteo Galvanone

Dopo varie esperienze con prestigiosi brand italiani e stranieri, come Alessandro dell’Acqua, Prada, Calvin Klein e Yves Saint Laurent, Andrea Pompilio, nell’ultimo decennio, si è impresso nell’immaginario collettivo della stampa italiana e internazionale come una delle realtà più innovative e ragguardevoli nel settore moda uomo. 

Parlaci del progetto visivo ideato per la prima Digital Fashion week Made in Italy e quali sono state le fasi di produzione.

Si tratta di un progetto che riguarda me stesso. Il lockdown mi ha portato a rivisitare tutto ciò che ho fatto finora affermandosi come un passaggio professionale ricco di introspettività.

This is not a fashion movie. This is Andrea Pompilio.

Pensi che tale rivoluzione digitale ,che ha reso la presentazione delle collezioni assolutamente mainstream, esplorando e promuovendo nuovi linguaggi visivi degni del più rivoluzionario film festival, possa segnare la fine degli eventi fisici?

E’ una valida alternativa per il momento che stiamo vivendo e in futuro credo fortemente nel ritorno degli eventi. I video possono creare grande enfasi ma presenziare alle sfilate non ha prezzo in termini emotivi. 

Quanto è cambiato il tuo mindset professionale Post Covid?

E’ cambiato tantissimo e nel movie tale trasformazione si percepisce. Il loop isterico che circondava le professionalità del sistema moda aveva bisogno di un respiro a favore di modalità più slow. 

Condividendo la nostra intimità, le nostre paure e anche la solitudine durante le fasi  di lockdown siamo stati i protagonisti di un livellamento sociale e di un cambiamento epocale.

Come ha reagito la tua vena creativa nell’immaginare un uomo post pandemico?

In realtà l’uomo post pandemico non si differenzia da quello precedente.

A livello stilistico il focus resta il ritorno al passato e alle mie origini come designer che rivivono in un melting pot di eclettismo italiano e senso di rinascita.

Se dovessi fare proiezioni per la prossima stagione quale sarebbe lo scenario in termini di comunicazione e vendita del prodotto?

Per quanto mi riguarda ho un canale di distribuzione personale (sito web e ecommerce) che non subirà cambiamenti essendo già ampiamente digitalizzato. Sperimentare nuove forme di comunicazione in chiave diversa è la mia prossima sfida e ci sto lavorando.

Dietro le quinte della prima digital fashion week italiana: Fabio Quaranta

Gli stakeholder del Made in Italy raccontano il proprio approccio alla digitalizzazione della Settimana della moda  

Production & interview Alessia Caliendo

Ph Matteo Galvanone

Fabio Quaranta è direttore creativo del marchio omonimo nonché docente e course leader nel corso di laurea magistrale in arti visive e moda all’Università Iuav di Venezia.

Precedentemente vincitore del “WHO’S ON NEXT?” Uomo ha recentemente debuttato a Milano Moda Uomo.

Parlaci del progetto visivo ideato per la prima Digital Fashion week Made in Italy e quali sono state le fasi di produzione.

Io parto sempre dalla musica ed anche questa volta ho scelto di affiancarmi ad un artista per raccontare la mia visione stilistica. Si tratta di Vipra Sativa con il quale, ai fini progettuali, ho deciso di affrontare un viaggio fisico ma anche metafisico durante il lockdown. Abbiamo, infatti, re-inventato l’idea di sfilata in una transumanza animista ambientata in un tempo immaginario, Presenturo, che sfida il concetto di tempo lineare. 

Pensi che tale rivoluzione digitale ,che ha reso la presentazione delle collezioni assolutamente mainstream, esplorando e promuovendo nuovi linguaggi visivi degni del più rivoluzionario film festival, possa segnare la fine degli eventi fisici?

Assolutamente no. Si tornerà all’esclusività dell’evento così come era in principio mentre la digitalizzazione condurrà sempre più verso l’inclusività.

Quanto è cambiato il tuo mindset professionale Post Covid?

Non particolarmente. Adesso faccio più attenzione a certi dettagli che prima mi sfuggivano. Il Covid è stata un’opportunità per passare ad uno step successivo nell’evoluzione dell’intero Sistema Moda.

Come ha reagito la tua vena creativa nell’immaginare un uomo post pandemico?

L’uomo post pandemico ha meno limiti ed si dà maggiori possibilità. Il mio progetto multidisciplinare URANIA vede unirsi moda, arte e musica in un nuovo mondo immaginario che sfida il linguaggio e le abitudini con cui la moda codifica se stessa. Le collezioni sono percepite come edizioni, non vi è fisicità nè stagionalità, non vi è distinzione di genere né tantomeno di classe. Le proposte vengono lanciate quando sono pronte grazie a presentazioni itineranti al fine di unire tutte le edizioni e creare un unico immaginario. Fabio Quaranta promuove progetti paralleli e senza tempo.

Se dovessi fare proiezioni per la prossima stagione quale sarebbe lo scenario in termini di comunicazione e vendita del prodotto?

Previsioni? Si tratta del punto più dolente di questo momento in cui l’unica complessità è l’incertezza. Ma sappiamo tutti che i momenti di incertezza stimolano la creatività. Aspetteremo.

The new Italian wave: Rocco Fasano

Il successo di Skam Italia continua a raccogliere consensi di critica e una community di fan molto forte, così come quello dei giovani e talentuosi interpreti che danno vita ai suoi amati personaggi. In esclusiva per MANINTOWN, abbiamo incontrato Rocco Fasano, uno dei protagonisti che nella serie interpreta il personaggio di Niccolò Fares, un personaggio che ha segnato un momento importante nel percorso dello stesso attore.

Hai avuto sin da piccolo una formazione musicale…

Mi sono avvicinato alla musica molto presto. Mio padre mi ha spinto a fare un corso propedeutico musicale quando avevo 5 anni e da lì l’anno successivo ho iniziato a studiare pianoforte con un’insegnante e mi sono iscritto al conservatorio a 9 anni che ho finito 12 anni dopo.

La musica la vivi ancora, ti eserciti?

La esercito ma più in forma di passione privata; in realtà è sempre stato un po’ così, anche se l’ho studiata in maniera completa. Forse un po’ per timidezza, non mi è mai piaciuto esibirmi davanti a tante persone, mi ha messo sempre un po’ di ansia. Quella del concerto per esempio e quella del set sono molto diverse come situazioni e le vivo diversamente. 

Raccontami il tuo debutto…

Avvenne nel 2014 con un film indipendente in lingua inglese con una distribuzione molto di nicchia. E’ stata la mia primissima esperienza e da lì, anno dopo anno ho sempre cercato di continuare con la mia passione e fare un passo in più rispetto all’anno precedente.

Di questa prima esperienza cosa ti ricordi? 

Il set mi sembrava un luogo astruso, pieno di attrezzatura tecnica: la prima esperienza fa sempre un po’ paura, ti mette in soggezione. Però alla fine ero molto focalizzato, col regista abbiamo fatto un bel lavoro di cui sono ancora oggi contento. 

Dopo quello cosa è successo?

Ho continuato a fare provini e ho fatto una piccola serie per Fox e poi per Sky dal titolo ‘Hundred to Go’ sempre in inglese. Quando posso cerco di lavorare anche in inglese perché mi piace molto. 

Leggevo che parli diverse lingue, dialetti anche?

Dialetti sicuramente, in repertorio come dialetti italiani ho dal milanese al siciliano, napoletano, romano, cadenze che sento abbastanza mie. In inglese ho lavorato col britannico e con l’americano, poi parlo un pochino di francese.

Come è arrivato Skam Italia?

Con un classico provino tramite il mio manager: ho portato una mia idea di personaggio e poi il regista mi ha detto “sarei interessato che tu portassi fuori invece una forma di dolcezza”. Io non conoscevo il progetto al tempo, avevo portato un personaggio un po’ più fighetto e invece abbiamo lavorato su vulnerabilità e dolcezza e da li è nato il personaggio.

Un personaggio molto complesso, visto che non te l’aspettavi. Come ti sei preparato a un ruolo così?

Quando ho letto la sceneggiatura e il disturbo borderline di personalità e l’omosessualità ho fatto ricerche soprattutto sul disturbo borderline. Questi pazienti sono estremamente sensibili e vivono la loro emotività come se ci fosse un’enorme lente di ingrandimento di fronte. Anche la comunicazione e le piccole cose per loro non sono banali; ogni piccola sfida emotiva può diventare una grande sfida. Oltre a questo aspetto c’era quello della paura dell’abbandono, dell’incertezza e delle fasi depressive. Le ricerche poi le ho dovute coniugare con script e sceneggiatura e capire dove si potevano fare uscire questi aspetti, coadiuvato da una direzione oculata.

Quanto ti rispecchi in questo personaggio, in questi lati un po’ oscuri e un po’ fragili?

Tanto! Lavorare su Niccolò è stato importante perché ho dovuto raggiungere quella parte recondita e molto vulnerabile di me stesso, portandola fuori con scioltezza e con tante persone attorno. Il set è un ambiente paradossale, devi cercare di accedere a quelle zone di te stesso magari anche nascoste rapportandoti con altri personaggi. Questa è stata la sfida che poi è parte del lavoro. Questo mi ha fatto riscoprire quel lato di me stesso e me l’ha fatto amare molto di più. Prima tendevo ad accantonare e superare vulnerabilità e fragilità, Niccolò me le ha fatte riscoprire come fonte di ricchezza enorme. 

La serie è importante perché ha un messaggio per i giovani, di essere se stessi..

Di essere se stessi al massimo possibile perché nell’essere te stesso, chiunque tu sia e nei limiti di non fare del male all’altro non c’è nessuna colpa. Questo deve passare come messaggio. Ad esempio la relazione omosessuale che c’è nella seconda serie viene normalizzata del tutto. Questo era l’intento del regista, non pesare sull’aspetto drammatico, ma mostrare gli aspetti normali che esistono nella nostra società, molto semplicemente fra due persone che si amano.

Ti aspettavi un successo così grande visto che alla fine questa serie conquista veramente persone con punti di vista diversi.

Skam ha creato un precedente nella serialità italiana. Dopo la quarta stagione si chiude un primo ciclo di serie teen in Italia. Io non me lo aspettavo quando sono entrato nel cast. Era un bellissimo progetto e scritto molto bene ma non potevo prevedere l’eco e la risonanza che avrebbe avuto e che abbiamo accolto con grande entusiasmo.

La tua vita quotidiana come è cambiata?

È cambiata tanto sia dal punto di vista pratico e pragmatico perché vieni riconosciuto per strada, non si sfugge agli incontri casuali che sono sempre delle gioie. Il fandom di Skam Italia poi è molto educato e pieno di energia. Ti viene davvero voglia di interagire con loro.

Invece con la moda? Come è iniziata la tua carriera di modello?

È iniziata leggermente più tardi della recitazione e per caso. Io stavo a Monti e una fotografa che poi è diventata una mia carissima amica mi ha fermato facendomi notare il mio particolare un profilo greco e mi ha voluto scattare. E da lì molto inconsapevolmente è iniziata questa carriera parallela che ho coltivato, ma la mia passione primaria rimane la recitazione. 

Un sogno nel cassetto che speri di realizzare prossimamente?

Sicuramente continuare a far parte di progetti belli, non è una cosa scontata perché di cose se ne fanno veramente tante e anche in Italia ci sono tantissimi nuovi investimenti in questo settore. La mia speranza è di continuare sul filone di Skam in termini qualitativi e di fare sempre meglio. 

Manintown x Gucci

Photography: Davide Musto @davide_musto

Talent: Rocco Fasano @rocco_fasano

Art Direction & Styling: Giorgia Cantarini @giorgiacantarini Styling Assistant: Giorgia Musci @mushiland

Grooming: Francesca Bova @francesca_bova_

Location: Villa Egeria – Appia Antica

Production: Manintown @manintownofficial 

Video: Marlon Rueberg @marlonrueberg

Camera Operator: Jacopo Lupinella @jacopolupinellaph

Special Thanks: Rocco Panetta @houstonisback

Ganesh Poggi Madarena @andune

Sonia Rondini @sonia_rondini

Vision Of Super presenta una linea dedicata all’activewear

ll marchio fondato da Dario Pozzi e Mirco Bandini lancia la linea dedicata allo sport, per lui e per lei. Testimonial d’eccezione, il ginnasta italiano Nicola Bartolini.

Il marchio Made In Italy, fondato da Dario Pozzi e Mirco Bandini, lancia la nuova linea dedicata allo sport, realizzata in poliestere, così declinata: per lui, T-shirt e shorts; per lei, top e leggins. I capi, dalla vestibilità slim, presentano l’iconica stampa a fiamme, signature del brand, e la scritta «Run/Burn Fast», che descrive al meglio il mood della nuova linea. «Ormai sport e fashion sono protagonisti dello stesso mondo. Per questo motivo, abbiamo deciso di integrare il nostro marchio con l’universo sporty, anche perchè Vision Of Super ha sempre collaborato e puntato a dare un’importante estetica agli sportivi», spiegano i due fondatori.



«Inoltre è interessante come fare un allenamento oggi sia ormai come uscire fuori con gli amici: grazie ai social network, alle Instagram story, alla condivisione, infatti, il nostro outfit non passa più inosservato. Il mood del brand si è sempre affacciato al basket, al ciclismo, al motociclismo, al calcio, al tennis, alla ginnastica artistica e molto altro: l’obiettivo è abbracciare sempre più questi sport con accessori e prodotti che riprendono l’estetica unica di VOS. Siamo davvero felici di sapere che il nostro cliente cerca uno stile distintivo nel proprio abbigliamento sportivo, sia per fedeltà sia per un discorso di estetica, che sempre più, anche in allenamento, è diventata importante».

In occasione del lancio, Vision Of Super ha chiamato il ginnasta italiano Nicola Bartolini, protagonista degli scatti fotografici, che ha già iniziato i suoi allenamenti intensi per le Olimpiadi di Tokyo 2021. «Sono da sempre un grande appassionato di moda e stile», racconta lo sportivo. «Sono entusiasta di questo progetto creativo, che racconta come lo streetwear sia legato indissolubilmente, oggi, all’universo dello sport».

Non solo K-pop, beauty o drama: sei esempi di moda “made in Korea”

Qualche settimana fa, il flop del comizio di Donald Trump nell’Oklahoma legato – almeno in parte – al boicottaggio dei fan del K-pop, numerosi e particolarmente agguerriti sui social, ha di nuovo acceso i riflettori, seppur indirettamente, sulla popolarità delle band sudcoreane, ormai seguitissime ben oltre i confini nazionali. Una realtà di cui i principali media si occupano a dire la verità da tempo, almeno dalla hit del 2012 Gangnam Style, e che rientra in una sorta di korean way of life dalle dimensioni globali, estesasi dagli anni Duemila in avanti a cinema e tv (le serie del filone k-drama, oppure il film trionfatore degli ultimi Oscar, Parasite), estetica (la k-beauty e conseguente proliferazione di routine di bellezza, cosmetici dedicati, trattamenti, ecc.), videogiochi, cucina e altro ancora.

Un fenomeno talmente pervasivo da essersi meritato un termine apposito, Hallyu, ossia “onda coreana”, che ne rende bene la portata.
La moda, sensibile per definizione a usi e costumi della contemporaneità, non poteva non interessarsi alle novità provenienti da questa regione del Sud-Est asiatico: se la Seoul Fashion Week si è imposta come una delle kermesse emergenti più originali e dinamiche, frequentata da torme di addicted vestiti di tutto punto e immortalati dai fotografi di street style, i nomi di diversi creativi locali sono finiti sui radar di giornalisti, buyer e altri addetti ai lavori.
Nello specifico, sono sei le griffe “made in Korea” sulle quali abbiamo concentrato la nostra attenzione, che compongono un quadro eterogeneo: si va dalle maison di prêt-à-porter, inserite a pieno titolo nel sistema della moda francese, a quelle di accessori high-end, passando per i marchi attivi nel segmento, sempre più affollato, dello streetwear.

La carrellata inizia da Wooyoungmi, brand di menswear parigino per vocazione e trascorsi, in quanto calca le passerelle della Ville Lumière dall’anno successivo alla fondazione, datata 2002, e nel 2011 è entrato a far parte della Fédération de la Haute Couture et de la Mode. Sono però coreani i natali della sua creatrice  Woo Youngmi, figura cruciale per la moda dell’intero paese: nel 1988 aveva infatti lanciato una linea chiamata Solid Homme e, associandosi ad una manciata di colleghi di Seul, aveva gettato le basi per la nascita della futura fashion week. Oggi la figlia della stilista, Katie Chung, mantiene lo stesso obiettivo della madre: conferire un quid inedito ai fondamentali del guardaroba (outerwear, camiceria, abiti, maglieria), fondendo cura scrupolosa dei dettagli, ispirazioni architettoniche e lavorazioni degne della miglior sartoria. La collezione primavera/estate 2020, ad esempio, tratteggia un’idea di eleganza décontracté espressa da vestibilità scivolate, capispalla avvolgenti, tasconi applicati e stampe in technicolor da cartolina.

SEOUL, SOUTH KOREA – OCTOBER 18: Guests wearing black and brown leather outfit are seen during the Seoul Fashion Week 2020 S/S at Dongdaemun Design Plaza on October 18, 2019 in Seoul, South Korea. (Photo by Jean Chung/Getty Images)

Nella gallery: Foto 1 by Jean Chung/Getty Images

Anche Jung Wook Jun, meglio conosciuto come Juun.J, è di stanza dal 2007 a Parigi. Con Woo Youngmi condivide un percorso scandito da molte esperienze (tra incarichi presso prestigiose maison e la creazione della prima label personale, Lone Costume, nel 1999) e l’assoluta centralità, nel proprio operato, della sartorialità, filtrata però attraverso un immaginario decisamente metropolitano. Uno street tailoring, per usare le parole del designer, che si nutre di contrasti tra volumi oversize e fit più aderenti, fascinazione per l’eleganza canonica dei completi e uso massivo di tasche, coulisse e cinghie, stratificazioni elaborate e precisione chirurgica dei tagli, e così via; tutti elementi presenti anche nel défilé per l’attuale stagione calda, insieme a tanta pelle, denim ed echi del power dressing anni ‘80, dalle linee sinuose degli abiti alle maxi spalle imbottite.

Le tante sfaccettature del mondo urban rappresentano il perno delle collezioni firmate Ader Error e 99%IS. Il primo marchio, nonostante sia in attività soltanto da sei anni, gode di una visibilità internazionale, certificata dalle cifre di tutto rispetto delle vendite (trainate, a loro volta, dal largo seguito su Instagram e affini) ed è stato salutato da Vogue nientemeno che come «risposta coreana a Vetements»; il collettivo alla guida, effettivamente, si dimostra abile ad irretire i consumatori, specialmente i più giovani, infondendo un tratto unisex ai must dell’abbigliamento street (t-shirt, felpe, baggy pants, giubbini, materiali perlopiù tecnici), dosando pulizia dei tagli, colori accesi, slogan dissacranti e grafiche dal gusto vintage, associandosi inoltre a griffe come Puma e Maison Kitsuné per capsule collection andate rapidamente sold-out.

99%IS è invece plasmato a immagine e somiglianza del suo fondatore Bajowoo, che vi riversa in toto le sue ossessioni, mescolando sottoculture musicali, clubbing, goth e spirito DIY (do it yourself, ndr). Si spiegano così i lembi trattenuti dalle spille da balia, i tessuti patchwork, le superfici percorse da scoloriture o abrasioni, la profusione di stringhe e zip usate per strutturare maglie e pantaloni… Un’attitudine underground che ha conquistato celebrity (Pharrell e Billie Eilish, giusto per citarne un paio) e i principali retailer, da Dover Street Market a LuisaViaRoma, a MR Porter.

Diverso il profilo delle creative dietro il brand We11doneJessica Jung e Dami Kwon, che nel 2015 mettono a frutto l’esperienza nella gestione della boutique Rare Market sviluppando una linea di capi e accessori basilari, guardando soprattutto ai topoi delle passerelle di fine anni ‘90-primi anni Zero, sfumando allo stesso tempo le distinzioni in termini di genere, stagionalità, influenze e quant’altro.

Gentle Monster, infine, si distingue per l’approccio eclettico all’occhialeria, che coinvolge ogni aspetto: la varietà delle montature, la ricerca di nuovi materiali e tecnologie, le campagne pubblicitarie, l’allestimento dei negozi, facendo delle collaborazioni con altre realtà un leitmotiv; quelle di maggior successo hanno riguardato, negli anni, Alexander WangMoooiHenrik Vibskov10 Corso Como e Fendi.
A ulteriore dimostrazione di come, al di là dei consumatori, persino i grandi nomi della moda e del design siano ormai sensibili all’ondata di creatività proveniente da Seul e dintorni. 

Optimo: l’arte di fare cappelli made in Chicago

Chicago, la Toddlin’ Town cantata da Frank Sinatra, famosa per le sue architetture, i Bulls, la deep dish e “The Blues Brothers”, ha un’istituzione cara ai Chicagoans, ai gentlemen modaioli e agli appassionati di cappelli su misura: OPTIMO. Ultimo avamposto, in città, di quel lussuoso e artigianale saper fare di altri tempi che ha fatto dell’evergreen ricercato un antidoto alle passeggere stagionalità della moda. 

Il fondatore Graham Thompson, pronunciato ‘Gram’ all’americana maniera, appassionato di film noir, blues, sigari e cappelli alla Orson Welles e alla Robert Mitchum, sin da giovanissimo, è stato un cliente abituale della storica cappelleria del suo mentore e master-hatter, Jonny Tyus. Quando viene a conoscenza del suo imminente pensionamento, dopo 42 anni di attività, Thompson decide di portare avanti la sua eredità nel South Side, nel quartiere delle mercerie e dei cappellai, e a soli 22 anni, nel 1995, rileva l’intera attività ribattezzandola Optimo Hats. Di quella piccola “bottega” frequentata da professionisti, ragazzi del posto, hustler e musicisti blues, lo store al 51 di West Jackson Boulevard, nel magnifico Monadnock Building, respira ancora oggi un afflato dal gusto rètro: luce soffusa, un lungo bancone di legno scuro, pareti e vetrine “rivestite” di cappelli perfettamente allineati, come se fossero opere d’arte in una haberdasherydegli anni 40.

Lontani da vezzi, stravaganze e orpelli creativi tipici del design di avanguardia, i cappelli Optimo sono ancorati alla classicità senza tempo degli intramontabili Fedora (la maggior parte realizzati in feltro di castoro che, a detta di Graham, equivale al cashmere nella maglieria), dei Montecristi Panama (realizzati con le fibre delle foglie dell’ecuadoregna palma toquilla) e dei Milan straw (i pregiati cappelli di paglia di grano caduti in disuso negli anni 50 per gli elevati costi di produzione). L’eleganza è fatta di dettagli e sono proprio i materiali, i modelli, i più ricercati gros grain, la larghezza della falda, l’altezza della corona, gli intrecci e le proporzioni a fare di questo pregiato su misura un unicum nel suo genere. I capelli devono rappresentare lo stile e la personalità di chi li indossa, devono essere la sua presentazione e il suo biglietto da visita. Non a caso, al “take away” da negozio o all’acquisto online, si preferisce prima la modalità della “chiacchierata conoscitiva” (telefonica o in store), in fatto di style e lifestyle, per realizzare il perfetto bespoke hat, fedele espressione di chi lo indosserà. Optimo, oltre ad aver conquistato le teste di molte celebrities da Johnny Deep alla leggenda del blues John Lee Hooker, è diventato un go-to brand appetibile a molti costume designer del cinema Hollywoodiano. Graham, infatti, ha realizzato cappelli per Ben Affleck nel film ‘Live by Night’, per Michael Shannon in ‘The Shape of Water’, Leonardo Di Caprio in ‘J.Edgar’, Sean Penn, Daniel Craig e Tom Hanks in ‘Road to Perdition’.

Dal 2017 Optimo ha una seconda anima produttiva e commerciale. Thompson ha scelto come nuovo headquarters una vecchia caserma dei pompieri, del 1914, nel quartiere di Beverly. Il progetto degli interni è stato realizzato dallo studio SOM che, interpretando i principi di Optimo, si è ispirato ai concetti di lusso, eleganza e artigianalità senza tempo. Un’estetica industriale che accompagna i clienti in un viaggio materico-visivo nella storia, nel design e nella memoria del brand: acciaio, noce e sughero; scaffali alti fino al soffitto pieni di forme e modelli di cappelli; antiche macchine del 1920 e 1950; pressatrici, apparecchi per la vaporizzazione, le storiche macchine da cucire Singer. Tutto prende vita e forma da una genuina tradizione che sa di bottega con un abito da atelier.

Nella fugacità usa e getta delle mode, alla stregua di un orologio fatto a mano o di un paio di scarpe realizzate su misura, i cappelli Optimo restano dei survivor di quell’eccellenza artigianale che non conosce l’usura e le logiche del tempo. E se è destinato a durare anche un “per sempre”, allora acquistare un “Chicago” a $1195 potrebbe essere visto anche come buon un investimento.”The longer you wear an Optimo hat, the more you understand how a great hat should look and feel.” (Graham Thompson).

The new Italian Wave: Ludovico Tersigni

Ludovico Tersigni è tra i giovani talentuosi, che sono parte di una nuova generazione italiana che sta riscuotendo grande successo, anche grazie a Netflix. Il suo successo è stato decretato da due serie tra le più amate e seguite non solo dai teen, come come Skam Italia e Summertime. Carattere riservato e  poco incline ai social, lo abbiamo incontrato a Roma, dove in esclusiva per MANINTOWN ha anche indossato i panni di un dandy, protagonista di una notte romana anni Trenta nel servizio che scoprite qui.



Come è nata la tua passione per il cinema?

È nata prima la passione per il teatro e la musica (amo suonare la chitarra) e poi sono arrivato al cinema. Ho iniziato sin dalle elementari con le prime recite a scuola e ho poi continuato alle medie e superiori a coltivare questa passione a livello amatoriale. 

Quando ti sei detto voglio fare l’attore? 

Non l’ho ancora detto io. È stata una cosa fluida e ho tentato di cogliere le opportunità. Il primo film  Arance e martello l’ho fatto con Diego Bianchi e quel provino è stata la mia occasione. Sono stato preso per il ruolo e poi il film è andato a Venezia; lì ho incontrato Vittorio Pistoia, che mi ha chiesto se volessi entrare nella loro agenzia per fare una prova e ho accettato, anche se dovevo ancora laurearmi. La laurea non l’ha più vista nessuno ma in compenso ho fatto tante cose, ho preso tanti provini e ho continuato negli anni successivi con ruoli molto formativi. È stato un percorso a tratti difficile, per esempio il film ‘Slam. Tutto per una ragazza’ con Andrea Modaioli è stato lungo e complicato. C’è stato bisogno di un allenamento perché il protagonista è uno skater e ho dovuto raggiungere un buon livello in poco tempo. È uno sport che comporta infortuni ed è rischioso. Quindi farlo con l’idea che non ti dovevi fare male è stata una bella sfida.



Ti piacciono le sfide…

Non solo nel cinema, ma anche nello sport come l’arrampicata, dove il rischio è più controllato; tu sai qual è il tuo livello quando approcci una parete e sai di stare in sicurezza. 

Secondo te perché il successo incredibile di Skam Italia?

Skam Italia è un ritratto fedele della realtà dei giovani di oggi. Il successo è dovuto a questa fedeltà. I produttori, i registi e gli attori non vogliono fornire un modello, ma un’idea di quello che è per noi il liceo oggi. Oltre a quello tematiche complesse affrontate in un’età che è l’età della costituzione della personalità, sono dei momenti che ti resteranno dentro per tutta la vita. Questo secondo me è il punto di forza di Skam: la non belligeranza nei confronti dei giovani. È una dichiarazione di alleanza, “noi siamo dalla vostra parte”. È anche un’interrogazione: “noi crediamo che ci siano queste cose, a voi sono successe?”. La cosa bella è che rispondono, si immedesimano e ne parlano. E la cosa bella che la serie ha saputo coinvolgere generazioni diverse.


Nella serie il tuo personaggio conosce un’evoluzione e crescita. Quanto c’è di te in Giovanni il tuo personaggio?

In Giovanni c’è forse una parte di me che ho lasciato da parte. Nessuno di noi vorrebbe crescere. Come dice Caparezza: “è che ho un progetto in mente, di rimanere sempre adolescente”. Giovanni è un po’ il retaggio delle esperienze che ho avuto al liceo e che sono rimaste un po’ inespresse. 

L’altra versione di Skam l’avevi vista?

Sì ma dopo la prima stagione. Ho visto la prima puntata prima di iniziare le riprese e ho visto qualcosa di Skam Francia ed è stato interessante vedere le varie modalità interpretative e i temi diversi in ogni Paese. Skam credo sia uno dei progetti più belli cui ho partecipato. 



Summertime è arrivato a seguito di questo? Come l’hai vissuto?

E’ sicuramente una serie più d’intrattenimento e con un obiettivo di essere più accogliente. Si rivolge a un pubblico più ampio. A livello sociale Skam è una mina, apre degli spazi. Summertime invece accoglie e non si possono mettere a confronto. 

Secondo perché stiamo vivendo un’ondata di serie televisive di genere teen.

Io credo che questo sia dovuta all’età del fruitore, che adesso è molto giovane. Io per esempio alle medie nel fine settimana andavo al cinema con i miei amici.  Era un’usanza, si litigava anche per la scelta del film. E’ proprio diversa la modalità di fruizione. A me dispiace un po’ vedere i giovani molto legati agli schermi, se ci fosse più equilibrio forse sceglierebbero di fare anche altre cose. 



Oggi i giovani sono anche molto legati ai social, tu ad esempio sei un po’ diverso…

La gestione del tempo è molto delicata. Rischi di passare un’ora o due davanti al cellulare e poi non hai fatto niente. Hai visto delle foto dei tuoi amici, vedi cos’hanno fatto nelle stories, hai “partecipato” alla loro vita, ma in una modalità virtuale. Quindi la mia domanda è: poi nella vita reale noi siamo ancora in grado di stare insieme, andare fuori, organizzarci, partire, fare le cose per vederci? O basta sentirci al telefono per avere quel rapporto? Per questo cerco di investire il mio tempo anche in altre cose che non siano soltanto virtuali.



Quindi nel tempo libero che passioni coltivi?

Negli ultimi anni ho avuto la crisi manuale, mi sono reso conto che non sapevo fare molte cose con le mani e ho iniziato un percorso che ha toccato vari ambiti dal restauro (ho fatto un’accademia di liuteria) fino al costruire una chitarra acustica. Mi sono reso conto di come il lavoro manuale aiuta a liberare il pensiero, perché la concentrazione ti fa dimenticare ciò a cui stai pensando e quindi i pensieri si chiariscono. Il fare qualcosa di manuale, la concentrazione e poi il vedere l’opera finita non solo è una grande soddisfazione, ma è anche terapeutico. Adesso sto facendo un corso di scultura in argilla e ho finito la mia prima Venere e adesso sto facendo un busto equino molto difficile. Ci sto mettendo molto tempo però il maestro è contento. 



Che progetti hai per questa summer 2020?

Stiamo lavorando alla seconda stagione di Summertime e si riparte per Ravenna tutti insieme. Nella nuova serie ci saranno interessanti sviluppi e crescita nei personaggi, che l’anno scorso si sono incontrati…stay tuned



Manintown x Gucci

Photography: Manuel Scrima @manuelscrima

Video: Marlon Rueberg @marlonrueberg

Camera operator: Jacopo Lupinella @jacopolupinellaph

Talent: Ludovico Tersigni @ludovicotersigni

Art Direction & Styling: Giorgia Cantarini @giorgiacantarini

Styling Assistant: Giorgia Musci @mushiland

Grooming: Francesca Bova @francesca_bova_

Location: Hotel Valadier – Roma  @hotel.valadier

Production: Manintown @manintownofficial

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Special thanks: Sonia Rondini e Lapalumbo comunicazione

Special Thanks: Sonia Rondini @sonia_rondin

Dai pigiami alle slippers, lo stile domestico secondo i principali marchi di loungewear

Una delle eredità con ogni probabilità più durature del lungo periodo trascorso in casa per l’emergenza coronavirus, limitatamente al vestiario, è quella del loungewear homewear, sinonimi per designare capi e accessori pensati per essere indossati all’interno delle abitazioni. In effetti, allargando lo sguardo oltre i look raffazzonati recuperando tute e felpe informi, oppure i tentativi per mostrarsi in tenuta simil-professionale nelle videochiamate, (r)esiste una nicchia del menswear compendiata in pigiami, robe de chambre, completi coordinati e slippers, che trova nell’intimità della sfera domestica il suo scenario naturale, e alla quale si rivolgeva, ancor prima del lockdown, un drappello di estimatori in cerca di confort e ricercatezza nei tagli e materiali; qualità tattili e visive dunque, personali nel senso letterale del termine, dal momento che può goderne solo il diretto interessato, indulgendovi specialmente nei periodi off, in ogni caso quando si è al riparo dai ritmi forsennati della nostra società. 

Parliamo di vezzi stilistici e, più in generale, di un modus vivendi che riecheggiano quelli dei dandy di fine’800, la mollezza del loro abbigliamento da camera accentuata da vestaglie e giacche in nuance sgargianti, vestibilità morbide, tessuti pregiati – sete, lini, cotoni – e biancheria su misura, come quella prediletta dal Vate D’Annunzio, esteta nostrano per eccellenza.

Models present creations for fashion house Dolce Gabbana during the Men Fall – Winter 2016 / 2017 collection shows at the Milan’s Fashion Week on January 16, 2016 in Milan. AFP PHOTO / GABRIEL BOUYS / AFP / GABRIEL BOUYS (Photo credit should read GABRIEL BOUYS/AFP via Getty Images)

Nella gallery foto 1: Gabriel Bouys/AFP via Getty Images, foto 4: Barbara Zanon/Getty Images

Il loungewear, di per sé, non rappresenta una novità assoluta nella moda maschile: nel 2016 si era infatti parlato di tendenza pyjamas, vale a dire quegli ensemble composti da blusa e pantalone fluidi, in materiali setosi e con pipinga contrasto, talmente sofisticati e preziosi da poter essere sfoggiati in ogni occasione, come avevano suggerito le sfilate di maison del livello di GucciVersaceDolce&GabbanaVuitton e Dries Van Noten.
Eccezion fatta per gli habitué delle varie fashion week, pigiami et similia non si erano però realmente diffusi al di là delle mura domestiche. Indossarli in pubblico, d’altra parte, veniva considerato sinonimo di stravaganza, concessa semmai a personalità d’eccezione: senza per forza scomodare il patron di Playboy Hugh Hefner, perennemente avvolto da una palandrana rossa, è sufficiente citare Federico García Lorca e Salvador Dalí, oppure, restando al presente, il pittore Julian Schnabel e l’attore e musicista Jared Leto

Il loungewear di cui sopra, invece, è da intendersi come un lusso intimo, sotteso a prodotti fuori dal comune, eppure utilizzati in momenti assolutamente ordinari come quelli di relax casalingo, magari sbizzarrendosi nella scelta di colori e decorazioni. Ad assecondare queste inclinazioni provvede un ventaglio di griffe, tra aziende dall’heritage pluridecennale e altre salite alla ribalta in tempi più recenti.
Rientra nella prima categoria Derek Rose, un marchio che, in oltre 90 anni di attività, ha conquistato rockstar, attori e aristocratici applicando i fondamenti della sartoria a sleepwear e abbigliamento per il tempo libero; le sue vestaglie, camicie da notte, maglie, pantaloni e babbucce vengono confezionate in materiali nobili, dal cachemire al batista, dal velluto allo jacquard, e si distinguono per i pattern esclusivi ideati dal team di design interno.

Altra label londinese che, concentrandosi su qualità dei filati e studio meticoloso delle forme, ha fatto dell’homewear un trademark è Hamilton and Hare: i modelli – pyjamas, accappatoi, t-shirt, shorts – sono essenziali, la palette cromatica ridotta al minimo, con sporadiche concessioni a burgundy e giallo pastello. Principi simili – aplomb sartoriale, tessuti premium, silhouette classiche – messi però al servizio dell’estro creativo, sono quelli seguiti da Desmond & Dempsey, i cui set coordinati presentano stampe all-over dall’ispirazione esotica o ampie righe multicolor, affiancati a proposte più tradizionali nelle sfumature del blu e grigio.

Il focus di Sleepy Jones è sul pigiama, trasformato in divisa quotidiana dall’attitudine nonchalant, da mescolare liberamente con evergreen del guardaroba quali jeans e magliette. Le texture alternano motivi geometrici, gessati e grafiche floreali, sebbene non manchino versioni monocrome e una selezione di vestaglie, pantaloncini e biancheria.
Da Inabo, brand di base a Stoccolma, tutta l’attenzione è rivolta alle slippers, sobrie e funzionali come da prassi del design scandinavo, ottenute da pellami di prim’ordine, in primis nappa e suede.

L’abbigliamento da casa è poi oggetto d’interesse anche di marchi storicamente attivi nell’underwear: nel caso di Hanro e Zimmerli, ad esempio, il comune denominatore risiede nelle linee timeless, nelle lavorazioni meticolose dei filati (lana, seta, mischie di cotone e jersey, ecc.), nelle tonalità preferibilmente neutre, nelle fantasie tipiche dell’armadio maschile, dai check alle righe; per quegli uomini che, pur apprezzando la raffinatezza del loungewear, non intendono derogare ai dettami dello stile minimal. 

Business al femminile: Mena Marano e Arav Group

La CEO di Arav Group  racconta il suo percorso di imprenditrice

Nata nel 2002 come piccola impresa familiare di produzione e distribuzione di abbigliamento femminile, Arav Group ha sempre orientato le sue scelte verso il cliente con una filosofia molto chiara. “L’obiettivo per il futuro non è quello di cambiare la visione dei nostri fruitori, ma di migliorarli e renderli riconoscibili, belli e intriganti” come sostiene Mena Marano, CEO dell’azienda.

Sin da quando aveva 18 anni, Mena sognava di creare un’azienda tutta sua. Giovanissima si ritrova prima a gestire un negozio di abbigliamento donna e poi nel 1991 capisce che la moda avrebbe contraddistinto tutto il suo percorso perché affine alla sua personalità dinamica e in continuo cambiamento. Nel 2002 insieme al marito, Giuseppe Ammaturo, fonda Silvian Heach, un brand femminile dalla forte identità che si è imposto velocemente sul mercato nazionale e poi internazionale, grazie al rapporto qualità-prezzo delle collezioni e alla strategia di comunicazione molto forte, affidata a fotografi del calibro di Terry Richardon e Giampaolo Sgura che hanno firmato le campagne pubblicitarie. Nel 2009 nasce invece Silvian Heach Kids, linea di abbigliamento dagli zero ai sedici anni, presentata al Pitti Bimbo a Firenze. Il 2014 è stato l’anno del lancio delle collezioni Silvian Heach Eyewear, made in Italy e presentate alla fiera Mido di Milano. Nel 2015 nasce il brand SH, per le più giovani sempre attente alle ultime tendenze moda e con un prezzo ancora più competitivo. Nel 2016 l’inaugurazione del primo flagship store di Silvian Heach in via Dante, in pieno centro a Milano. Nel 2017 l’acquisto del brand John Richmond per il rilancio delle collezioni uomo, donna e bambino e nel 2018 l’ampliamento dello stesso con  la linea underwear e beachwear. 

Il 2019 segna due tappe importantissime, l’apertura della boutique e il quartier generale di John Richmond in Brera, a Milano e  l’acquisizione del brand Marcobologna. Infine proprio nel 2020 si ha un’altra tappa importante per il gruppo: l’acquisizione in licenza del marchio Trussardi kids. Un inizio anno davvero promettente, fino all’arrivo dell’emergenza covid-19..

Come ci racconta Mena Marano, “Fino al giorno prima del lockdown eravamo in piena fashion week per il lancio della collezione FW21 di Marcobologna, per la presentazione del denim e il lancio della linea accessori di John Richmond. Dal giorno dopo,  è stato chiuso tutto. Il covid19 ha rappresentato per noi un bollettino di guerra. Un vero e proprio scenario apocalittico dove giorno dopo chiudevano i vari Paesi e di conseguenza tutto quello che riguardava l’export si è bloccato”.

E continua: “A tutto questo è seguito una riallocazione delle produzioni, e successivamente abbiamo cercato di essere quanto più vicino possibile ai nostri clienti. Non ci siamo mai fermati e ogni unità operativa dell’azienda ha continuato a lavorare da casa supportando le varie problematiche. Abbiamo reagito con un atteggiamento proattivo, guardando al futuro e cercando di capire come riconvertire l’azienda. Oggi non bisogna non avere timore del cambiamento ma avere un occhio molto critico e pensare di rimettersi in gioco e rivedere completamente le strategie, a partire dalla digitalizzazione”. 

Il #digital è la parola d’ordine del nuovo modo di fare imprenditoria. Il mondo digitale rappresenta senza dubbio il futuro e proprio per questo la strategia del gruppo punta molto su questo aspetto. “Abbiamo ampliato il settore e-commerce con risorse specializzate e il commerciale con personale attento alle nuove tecnologie. Inoltre, abbiamo acquisito nuovi supporti per la gestione interna del b2b e del b2c” conclude la stessa Mena.

Del resto anche il sistema moda è cambiato, “noi imprenditori ci siamo dovuti fermare e ripensare ad un approccio starting from zero. Come se dovessimo ricominciare da capo e riformulare la strategia e i team dedicati ai vari dipartimenti. Ci è voluto tempo, dedizione e anche un po’ di follia per affrontare l’evoluzione del fashion system post covid19. Molte  le innovazioni come le implementazioni tra fornitori e supply chain con progetti di vendor integration e  la volontà di abbracciare nuove tecnologie e strategie a lungo raggio, anche per quanto riguarda l’assunzione di nuove risorse, coinvolgendo i migliori talenti oltre i confini geografici del nostro quartier generale, per assicurarci i migliori esperti di tecnologia 3D, campionari virtuali, e intelligenza artificiale.   L’ascesa dello showroom digitale e le nuove pratiche B2B penso che convinceranno tutti gli operatori del settore che esistono tante alternative ai campionari fisici negli showroom e nelle fiere internazionali. Idem per i virtual show e il social selling”.

Anche sulle realtà da poco acquisite ci sono dei progetti in via di consolidamento. “Per John Richmond lo scorso gennaio 2020 abbiamo lanciato a Milano la collezione accessori per completare la gamma di proposte. A oggi abbiamo le linee uomo, donna e bambino, la linea underwear e beachwear, la linea sport. Il brand John Richmond ha un potenziale enorme e rappresenta un’importante fetta di fatturato. Lo stilista, John ha dato tantissimi spunti strategici sul futuro, come ad esempio progetti di collaborazioni, drop prodotto durante l’anno e continue evoluzioni delle presentazioni di collezione. Importante è anche il futuro lancio dell’e-commerce affidato adesso a Farfetch”.

Per quanto riguarda Marcobologna invce è stata presentata la collezione FW21 durante la fashion week di Milano, con una private live performance di Achille Lauro,  poco prima che si fermasse tutto per il lockdown.  Per il futuro la fondatrice del brand vorrebbe completare la filiera, inglobando tutti i nuclei produttivi ad oggi dislocati in vari Paesi, in modo da non affidarsi a società esterne e internalizzare tutto il processo: dall’ideazione alla produzione e distribuzione delle collezioni. Una strategia molto precisa che permette al gruppo di consolidarsi, guardando al futuro di una quotazione in borsa.

Jonathan Daniel Pryce: la mia visione della moda post pandemia

Il mondo della moda sta in continuo cambiamento in questo periodo: tante scelte, tante domande che col passare del tempo aumentano creando attesa per quello che succederà.
Dopo lo choc della pandemia la moda si sta interrogando sulla necessità di ripensare ritmi e stagioni delle sfilate.
Tutto è messo in gioco in questo momento e gli addetti ai lavori non posso far altro che rimanere ad osservare.



Ho deciso di confrontarmi sull’argomento con uno dei fotografi più conosciuti del mondo dello Street style che ci racconta il suo punto di vista su questo periodo della moda post Covid-19: Jonathan Daniel Pryce.
Più che definirlo fotografo, lo definirei un’artista dato che i suoi scatti esprimono diverse emozioni oltre ad uno storytelling veramente forte ed emozionante.
È sempre un piacere osservare i suoi lavori sulle diverse riviste del fashion system.



Ciao Jonathan, innanzitutto grazie di essere qui. Intanto ci tengo davvero a dirti che sono innamorato dei tuoi scatti da sempre perché trovo l’arte in ogni tua realizzazione!
Come ti descriveresti?

Ciao Christian e grazie! Sono una persona che lavora duro, sensibile e con i piedi per terra. Del mio lavoro apprezzo tantissimo lo story telling che nasce dalle conversazioni con i soggetti che fotografo. I viaggi sono un’altra fonte di gioia, per questo è stato strano non poter prendere un aereo negli ultimi mesi. 



Come sta procedendo la tua vita in questo momento? Come ti sei trovato in questo periodo di lockdown?

Il lavoro è stato intenso per una decina di anni, quindi ora posso sfruttare questo tempo come reale opportunità di vivere con un ritmo diverso. Ho scritto, dipinto e imparato a suonare il piano – tutte cose per cui non avevo tempo prima. Questo mi ha anche  ricordato cosa amavo del mio vecchio stile di vita. Nel complesso va tutto bene. 



Visti gli ultimi risvolti, come pensi si evolverà il mondo delle fashion week? Cosa ci dobbiamo aspettare?

Prima del Covid-19 già si parlava molto della sostenibilità nel settore della fashion week. Ora siamo al punto in cui c’è bisogno di trovare un’alternativa digitale al modello tradizionale. Attualmente non sappiamo quanto questo possa essere efficace, ma avremo un’idea migliore dopo le collezioni uomo di giugno. La fashion week non ruota solo attorno alla presentazione di nuovi design – riguarda anche le relazioni, le cene, la condivisione di idee davanti a un caffè e la fotografia del processo organico. Per questi motivi non credo che la fashion week potrà essere esclusivamente online, ma posso immaginare una sua riduzione in termini di dimensione.



Sei uno dei migliori fotografi di Street style, come stai portando avanti il tuo lavoro?

Sono molto più consapevole di quello che fotografo al momento. Prevalentemente si tratta di paesaggi e still life astratti – un cambiamento molto interessante. Ma il mio focus è stato sulla pittura e sulla scrittura – due abilità che sto ancora migliorando. 

E quali sono i tuoi progetti per il futuro? Cosa hai in programma?

Sto programmando di trascorrere un po’ di tempo in Scozia durante l’estate per riscoprire la mia terra d’origine.

Intervista di Christian Degennaro.

Consulenza creativa: a talk with RZ Studio

Il 2020 è un anno di cambiamenti epocali anche nella industry: la pandemia ancora in atto è un aspetto cruciale del cambiamento nel fashion system. Come rispondono a questi nuovi scenari i luoghi archetipici della moda, ovvero gli studi di consulenza creativa? Cosa fanno e perché per un brand emergente è importante affidarsi a uno di essi? Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con 2 insider: Iside Pellegrino Preite e Roberto Zampiero, founder di RZ Studio di Milano, un’agenzia di consulenza creativa tra le più hype in città.

“La mission dello spazio Rz studio, fondato da me e la mia compagnia Iside Pellegrino Preite – dichiara l’imprenditore Roberto Zampiero –  è da sempre quella di accompagnare nuovi talenti nel percorso di creazione del proprio brand. Ma non solo: supportiamo le aziende già esistenti che vogliono però rinnovare la propria immagine ed entrare nel settore del fashion luxury. Le strategie  sono tutt’oggi  in continua evoluzione se teniamo conto di tutti gli aspetti su cui occorre lavorare per la creazione e la costruzione di un brand.”



Nel tempo infatti RZ studio da studio creativo di design nel settore moda ha ampliato i propri servizi, che spaziano dal design alla pianificazione marketing, consolidamento brand identity, creazione contenuti, social media strategy e influencer marketing, creazione di campagne pubblicitarie e contenuti social, fino alla presentazione del brand all’interno del nuovo spazio show-room, lavorando sul posizionamento strategico sul mercato italiano.

Tutto questo è possibile grazie all’irripetibile simbiosi, professionale e affettiva, di Roberto e Iside, i quali nel 2018, mettendo in comune le rispettive esperienze e percorsi professionali, hanno dato vita ad una realtà aziendale in grado di supportare i propri clienti con alti livelli di personalizzazione e completezza della gamma dei servizi offerti.

Il nuovo spazio rappresenta proprio questa crescita, conservando il suo animo industrial garage da dove l’agenzia è partita, migliorandosi  però con  un delicato equilibrio di colori e linee pulite, materiali  come acciaio e vetro che poggiano su 240 metri di resina total grey.



“Quando ci chiedono quanto siamo speciali o unici in quello che facciamo – afferma Iside Pellegrino Preite – noi rispondiamo che il concetto di unicità va chiarito: l’unicità intesa come criterio per differenziare il servizio è effimera e temporanea; l’unicità nella quale noi ci identifichiamo riguarda il tipo di relazione che si instaura con i nostri clienti”. Il non plus ultra di RZ Studio è la qualità e intensità della ‘relazione’, il lato umano ed emozionale che guida questo processo”.

“Per quanto riguarda settembre, siamo assolutamente pronti – proseguono all’unisono su come hanno fronteggiato la situazione Covid-19 – In realtà abbiamo scelto di portare avanti i nostri progetti in modo concreto e consistente già dalla riapertura delle attività nel maggio 2020.”

I progetti di RZ studio sono già alla portata di buyer e addetti ai lavori come stylist e giornalisti che vogliono visitarli nel nuovo spazio meneghino.

Apre a Milano Manintown Gallery

Nel cuore di Porta Venezia a Milano, in via Felice Casati 21, apre un nuovo spazio in cui convivono amore per la cultura, commercio e condivisione anche social. È MANINTOWN + PROGETTO NOMADE un concept dove la passione per la moda e il design si uniscono alla ricerca di inedite eccellenze e storie da raccontare. Il progetto è nato grazie all’unione di due realtà: da un lato MANINTOWN magazine, che esplora le passioni maschili fondato nel 2014 da Federico Poletti, dall’altro PROGETTO NOMADE, un nuovo contenitore itinerante che si ispira alla passione per l’arte, il design e la collezione di pezzi anni 50 di Christian Pizzinini e Antonio Lodovico Scolari.
Da questa sinergia si è sviluppato un nuovo format espositivo e narrativo curato nel visual design dall’art director e brand strategist Cecilia Melli



MANINTOWN NOMADE GALLERY vuole essere in primis un luogo di incontro, un piccolo salotto nel centro di Milano, dove si daranno appuntamento appassionati di moda, artigianato o design, ma anche addetti ai lavori e insider. Uno spazio dove ogni mese saranno in mostra selezionate eccellenze produttive nel campo della moda, arte e del design. Lo spazio ospiterà creativi italiani e internazionali che potranno esporre le loro produzioni, ma anche avere opportunità di networking grazie a presentazioni, piccoli happening e appuntamenti mirati.
Un piccolo ‘urban living room’ in cui ogni mese sarà affrontato un tema diverso con nuovi protagonisti.
Si parte all’insegna del design con una serie di pezzi selezionati da Nomade Gallery in partnership con TommasoSpinzi, interior designer e consulente specializzato nella decorazione di interni e nella progettazione di arredo. Oltre a essere un collezionista di arredi, automobili e moto italiane Mid-Century, Tommaso progetta anche pezzi in edizione limitata per gallerie e clienti. Per la parte moda – curata da Riccardo Bettoni –  è un brand mix con focus accessori con marchi che puntano sulla ricercaartigianalità e sostenibilità.



Troviamo 3QUARTERS, label di moda sostenibile fondato nel 2015 ad Atene, con particolare attenzione agli accessori riciclati. Ogni borsa è progettata e prodotta separatamente, le combinazioni di colore e materiale sono accuratamente selezionate e tutto viene realizzato a mano. E sempre la sostenibilità è protagonista grazie alle proposte abbigliamento di nuove realtà come Mikolaj Sokolowski e Yekaterina Ivankova, che riusa abiti vintage o materiali di stock cambiandone la forma per realizzare un prodotto di moda eco sostenibile. E non poteva mancare il beauty con le fragranze e linea corpo di PARCO1923, il profumo di una storia antica, fatta di boschi millenari, piante magiche e uniche al mondo. Dopo una lunga ricerca condotta da esperti botanici sulla combinazione olfattiva perfetta tra gli arbusti che crescono nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nasce un’essenza speciale e una linea bodycare che affondano le radici nella storia di luoghi secolari.



Per gli occhiali due importanti presenze come VAVA, che si ispira al minimalismo e al movimento Bauhaus, guardando ad artisti come Sol Lewitt, Malevich o Josef Albers. E i modelli timeless di The Bespoke Dudes Eyewear, brand fondato da Andrea Viganò e Fabio Attanasio, il pioniere del blogging in temi di sartoria su misura. Per gli amanti dell’artigianalità tutta italiana da non perdere le calzature di CB Made in Italy – marchio fondato da Cecilia Bringheli – che punta su assoluta qualità e un concetto di chic-comfort. E ancora Kinloch con una selezione di foulard, stole avvolgenti, camicie e accessori in morbidi e pregiati tessuti che combina la passione sartoriale e Made in Italy con alta tecnologia per confezionare capi unici, prodotti anche in piccole serie o su misura. E infine tradizione e ricerca sono sinonimi per Alberto Gallinari che firma una sua collezione di gioielli sofisticati; il jewellery designer ha inoltre collaborato con Anita Treccani, esperta in
incisione e decorazione, per alcune suggestive stampe ispirate dalle sue creazioni.


I dieci anni della Bao Bao Bag, borsa cult anche in versione maschile

Lanciata nel 2010 e diventata un instant classic del brand, la Bao Bao Bag di Issey Miyake taglia il traguardo dei dieci anni come meglio non si potrebbe, continuando a esercitare un fascino trasversale sui consumatori, tanto da poter forse scomodare l’espressione, spesso abusata, di accessorio-icona.

La genesi del modello e, in generale, il profilo del suo autore risultano in realtà piuttosto distanti dalla cultura dell’hypeormai comune nel fashion system. Membro, insieme a Rei KawakuboYohji Yamamoto e Hanae Mori, di quel manipolo di creativi giapponesi affermatisi sulla scena della moda parigina a cavallo degli anni ’70 e ’80, grazie a un approccio cerebrale e incline al decostruttivismo (in antitesi al glamour sfavillante tipico degli eighties), Issey Miyake è infatti uno stilista sui generis, fautore di una visione sincretica nella quale coesistono progettazione, décor, tecnologia e sperimentazione materica.

Intenzionato a stravolgere silhouette, volumi, texture e, di conseguenza, il rapporto fino ad allora univoco tra le forme del corpo e quelle degli indumenti, il designer ha fatto della plissettatura un marchio di fabbrica, perfezionandola in modo da rendere ingualcibili i tessuti e realizzando abiti adatti ad ogni fisicità, maschile o femminile. Tra le sue numerose innovazioni si ricorda A-POC, acronimo di A piece of Cloth, un processo unico per ricavare capi d’abbigliamento finiti da un singolo filato.

Un simile connubio di ricerca, funzionalità e pragmatismo non poteva non riversarsi sugli accessori della griffe, a cominciare appunto dalla Bao Bao: nel 2000, lasciandosi ispirare dal Guggenheim Museum Bilbao dell’archistar Frank Gehry, un turbinio di linee curve e ritorte perfettamente scolpite, Miyake realizza una borsa in PVC dalla struttura modulare, nella quale tutto ruota intorno al triangolo, inscritto in un reticolo e moltiplicato sull’intero rivestimento esterno; questa ripetizione della figura geometrica conferisce un aspetto pressoché tridimensionale alle superfici, ulteriormente accentuato dai riflessi delle stesse quando esposte alla luce. Leggerezza e flessibilità del materiale, inoltre, permettono alle forme di modificarsi, adeguandosi alla posizione verticale o orizzontale dell’accessorio come al contenuto dell’interno; tutte caratteristiche racchiuse icasticamente nel concetto shapes made by chance”, coniato dallo stesso stilista.

Il successo è tale che, dieci anni dopo, Bao Bao diventa una collezione a sé, declinata di volta in volta in borse a spalla, shopper, cabas, clutch, perfino portafogli o trousse. Di lì a breve l’offerta viene estesa alla clientela maschile, che può tuttora scegliere tra versioni a mano o con tracolla, capienti e strutturate – è il caso di tote bag, cartelle e sacche – oppure dalle misure più contenute, tipiche di zaini, messenger, marsupi e buste. La palette cromatica è in linea con l’ampio assortimento di formati: si va dai basilari bianco e nero alle sfumature accese di giallo, turchese o paprika, passando per grigi, blu e verdi dall’effetto satinato.

Il rigore geometrico del modello, esaltato da giochi di luce ed effetti ottici, conquista rapidamente art director, stylist, grafici e altri insider dell’industria creativa. A confermare come la borsa sia ormai considerata un oggetto di design piuttosto che un “semplice” accessorio griffato è poi l’elenco dei rivenditori, dove, oltre a note boutique ed e-tailer come FarfetchSsense e Bloomingdale’s, spiccano gli store di due fra i più rilevanti musei in attività, LACMA e MoMa
Del valore non meramente estetico del proprio lavoro sembrava d’altra parte consapevole lo stesso Miyake, quando dichiarò di pensare alle sue creazioni come «strumenti al servizio della creatività di chi li indossa»; una definizione oltremodo appropriata anche per la Bao Bao Bag.

Il dandy bohémien: Robert Cavalli

Le sue movenze sono feline, il timbro di voce risoluto. D’altronde non potevamo aspettarci altro dal figlio di Roberto ed Eva Cavalli. Ho osservato a lungo le stories su instagram di Robert Cavalli prima di scrivere l’incipit dell’intervista che ha rilasciato a noi di Man In Town. E riflettendo mi sono reso conto che come pochi altri protagonisti della moda contemporanea egli celebra le sue radici. La sua amata Firenze: la culla del Rinascimento senz’altro, ma anche la pioniera della scena underground del clubbing italiano. Questo DNA perdura non soltanto nei suoi abiti, ma anche nel suo appartamento pieno di animali e squisitamente barocco. I suoi devoti follower, che ama chiamare ‘lovers’, sicuramente apprezzano la sua positività e spiritualità. E anche noi.



Cucina preferita?

La cucina fatta con creatività, in questo periodo ho avuto modo di sperimentare con semplicità dei piatti caserecci. Tante spezie, tanti odori per rendere ogni piatto appetibile e unico.

La cucina italiana, la nostra cucina, cosi completa, piena di storia dalla tavola fino al momento in cui ci si ritrova per gustare tutti insieme con gioia i miei pasti meravigliosi.

Se non fossi stato un designer cosa avresti fatto come lavoro?

Non mi definirei designer, sono uno spirito creativo, ho una sensibilità molto forte, tante volte mi perdo nelle mie creazioni, ho la fortuna di avere qualcuno che riesce subito a prendere l’idea e renderla tangibile. Magari mi esprimo prima attraverso un oggetto, che si trasforma in una melodia fino ad arrivare ad un ricamo nelle mie vestaglie Triple RRR. Non mi limiterò alla moda, specialmente ora che è momento di innovazione e visioni nuove.

Album o canzone preferiti?

Ascolto musica particolare, sono un amante delle frequenze, il mio genere si definisce Berlin school ambient, un genere di musica elettronica nata a Berlino negli anni 70’ che consiste in elementi di ambient music combinata di ripetitive e corte frequenze di note, tante volte psicodeliche creando cosí un ritmo di musica molto spirituale per me. Una vera e propria esperienza musicale.

Film, attore e attrice preferiti?

La storia di Frida Kahlo è il mio film preferito in assoluto, l’interpretazione di Salma Hayak mi fa sognare, una storia piena di colori in tutti sensi. Una donna che ha saputo, nella sofferenza della sua vita, creare tanta arte di una potenza assoluta, per le nostre generazioni da ammirare e darci tante emozioni. A suo tempo il film con una interpretazione artistica da premio Oscar.



Descrivi la tua giornata ideale.

Quello che era prima la mia routine non è quella che è oggi o perlomeno quello che sarà domani, ho trovato una espressione di vita nuova, sono più felice, ho avuto modo di vedere il mio day to day life da un’altra prospettiva fino a trovare un po’ la mia chiave per affrontare il mio futuro con una armonia nuova, piena di sorrisi, obiettivi e tanta creatività. Sono cambiate le mie usanze. Dall’apprezzare le piccole cose che sono quelle che mi danno veramente il sorriso sul viso, e l’amore per la vita.

Inizio ad avere cura di me attraverso lo sport, la meditazione e da lí nasce l’ispirazione più pura. Da lí sto portando fuori il mio nuovo concetto di immagination station, una stazione creativa nata dalla mia vita in quarantena, tra i miei animali, amori e voglia di vivere.

Quali sono le tue piú grandi ispirazioni?

Viaggiare tanto, le culture che conosci nei viaggi e le meravigliose persone che riflettono le loro usanze a loro modo. Sono affasciato da Israele, forse il paese che mi ha lasciato più un segno dentro. Gli animali mi ispirano, può essere un cliché dato chi sono, ma niente mi emoziona di più che andare ad osservare la vita animale nel loro habitat naturale. Vedere tanti Leopardi, e vedere come ognuno di loro ha le sue piccole differenze di colorazioni, grandezza dei patch, vorrei fare ogni stampa leopardata diversa dall’altra… come se ogni pezzo avesse la sua unicità come nella vita. 

Le più grandi sfide che hai affrontato nella tua vita?

La vita è tutta una sfida se tu vuoi affrontarla con questo spirito: io vivo di missioni… da completare, rinnovare, per passare cosí alla sfida successiva con il sorriso.

Piú che sfide ho tante responsabilità che sono i miei traguardi, dall’amore che do alla mia famiglia, agli amici, i miei tanti animali e cosa voglio dare per aiutare a rendere questo mondo migliore per le persone che incontrerò nel mio percorso.



Covid-19 a parte, sogni (e soprattutto speranze per il futuro)?

Spero che il Covid, assieme purtroppo alla sua drammaticità, abbia portato anche  una maggiore consapevolezza di ciò che siamo e abbiamo. 

Ci insegnerà a non dare le cose per scontate: spero in un cambiamento, dobbiamo imparare a voler bene al prossimo e alla nostra terra. Augurandomi di poterla vivere presto in tutta la sua bellezza senza mancarle mai più di rispetto.

Le migliori boat shoes per la bella stagione, aspettando le regate dell’America’s Cup

Con l’aumento delle temperature e le vacanze imminenti – o almeno si spera – la scelta delle calzature con cui completare i look stagionali non può non adeguarsi. Le boat shoes, o desk shoes che dir si voglia, rappresentano un buon compromesso tra l’informalità di espadrillas, trainers, sandali & Co. e l’eleganza inappuntabile dei mocassini penny loafer.

Fatta eccezione per la parentesi di popolarità degli anni ’80, queste scarpe sono state a lungo una prerogativa degli irriducibili dello stile preppy caro all’upper class americana, scelte per completare outfit a base di camicie dal collo button-down, pullover collegiali e chinos; eppure di recente il menswear è tornato ad interessarsi alle boat shoes, e in questo senso va segnalato, innanzitutto, lo zampino di una protagonista assoluta del settore come Miuccia Prada, abituata a recuperare stilemi di epoche passate per trasformarli in feticci à la page del presente, opportunamente rivisti e corretti: la stilista, nel 2018, ha mandato in passerella una versione color blocking dai pannelli in colori brillanti quali rosa, rosso, verde e azzurro, con tanto di calzettoni in spugna.


Backstage at Prada Men’s Spring 2019

È quindi venuto il turno di Virgil Abloh, che nella pre-collezione Louis Vuitton uomo p/e 2020 ha rivisitato le scarpe da barca, tingendole di nero o, in alternativa, di tonalità sature (ciano, cremisi, giallo citrino), dilatandone la silhouette con l’innesto di una spessa suola carrarmato, aggiungendo inoltre occhielli logati e impunture a contrasto; nelle immagini del lookbook spuntavano sotto pantaloni con la piega affilati e altri dalla vestibilità morbida, abbinati a loro volta a blazer check o capospalla voluminosi, a conferma di come questa calzatura possa rivelarsi insospettabilmente versatile. 


Louis Vuitton Pre-collezione P/E 2020 lookbook

Non va dimenticato neppure che, lo scorso aprile, sarebbero dovute svolgersi le prime regate di qualificazione all’America’s Cup 2021, poi rimandate per la pandemia; resta tuttavia intatto l’appeal della competizione sportiva più antica al mondo, nonché del suo corollario estetico di giacche a vento, gilet, pantaloncini tecnici e, appunto, boat shoes.

In fondo, parliamo di accessori collegati al mondo nautico fin dalle origini, risalenti alla metà dei 30’s, quando Paul Sperry, marinaio e fondatore del marchio omonimo, prese spunto dalle zampe del suo cane – che poteva muoversi sul ghiaccio senza problemi – e incise delle scanalature sulla suola, così da aumentarne l’attrito sulle superfici scivolose. Di lì a breve si sarebbero precisate le altre peculiarità, dal fondo in gomma antiscivolo alle stringhe che bordano la tomaia per avvolgere al meglio il piede, al cuoio degli stessi lacci. Sarà in seguito John F. Kennedy, nume tutelare del suddetto preppy style d’oltreoceano, a fare della scarpa un must sfoggiandola spesso e volentieri, sullo yacht al largo del New England come nel buen retiro di Martha’s Vineyard.



Tornando ai nostri giorni, si contano diverse riletture del modello, ad opera tanto di aziende specializzate nel footwear quanto di blasonate maison di lusso, a cominciare da quelle sopracitate: la Summerland di Louis Vuitton è caratterizzata dall’alternanza di vitello liscio e pelle Épi zigrinata, con lacci a tono in tessuto; Prada sceglie invece la lucentezza del pellame nero spazzolato, rafforzata dalle impunture bianche e dal tocco scarlatto ad altezza linguetta.

Per I fashionisti più audaci i mocassini Christian Louboutin sono l’opzione ideale, grazie al mix di materiali scuri -nappa e scamosciato – profilati di borchie metalliche, oltre alla firma grafica del designer, l’imprescindibile suola rossa. Di segno opposto la proposta targata Loewe, boat shoes essenziali in pelle kaki, nobilitate da lavorazioni a regola d’arte, evidenti negli intrecci a mo’ di nappina sui lacci o nelle cuciture a rilievo.

Va menzionato senz’altro uno specialista della categoria come Sebago, che per la stagione attuale rinnova le sue scarpe da barca più rappresentative collaborando con due istituzioni del casual, Baracuta e Roy Roger’s: dal primo co-branding ha origine la Portland Baracuta in suede, disponibile in tre diverse combinazioni di nuance rosse, verdi e blu, omaggio al Fraser Tartan utilizzato dal brand inglese per le fodere delle giacche; dal secondo la Portland Roy Roger’s, con tomaia sulla quale si sovrappongono nabuk dall’aspetto vissuto e tessuto denim, paradigmatico dei jeans; comuni ad entrambe sono il sistema di allacciatura a 360 gradi e la suola striata, a prova di scivolo. 



Altro nome cult per le calzature navy è Quoddy, che offre un modello senza fronzoli interamente in pelle color tabacco. Anche le boat shoes Polo Ralph Lauren e Lacoste si distinguono per la pulizia di linee e particolari: se il primo marchio sottolinea il contrasto cromatico tra camoscio indaco della parte superiore e marrone della para, il secondo preferisce la tradizionale accoppiata bianco-blu, arricchita da inserti in gomma alle estremità e dal logo del coccodrillo, impresso sul fianco.

La scarpa da barca per antonomasia rimane però la Authentic Original 2-Eye Classic di Sperry: si tratta, nomen omen, di un’iterazione di quella originaria, con due occhielli, tomaia testa di moro e stringhe in una gradazione più chiara di marrone; semplice ma d’effetto, oggi come negli anni ’30.

Jw Anderson dedica una capsule collection al Re dell’omoerotica Tom Of Finland.

In occasione del Pride Month, il creatore e fashion designer Jonathan Anderson lancia una nuova capsule collection in edizione limitata, ispirata ai disegni iconici di Tom of Finland, noto illustratore e disegnatore di di arte omoerotica in cui raffigura uomini muscolosi archetipi della mascolinità così come veniva vista dalla comunità omosessuale a fine XX secolo. 

La capsule collection comprende una tote bag in feltro con manici in pelle e una visiera in neoprene stampato, entrambi caratterizzati un disegno del 1958 della serie “The Saddle Thief” una delle opere meno conosciute dell’artista Finlandese ma che hanno catturato l’attenzione del designer che ha affermato “Colleziono molti tipi di arte, ma i disegni sono sempre stati una passione”, in merito alla sua ispirazione. “E come omosessuale e designer, Tom of Finland mi ha sempre affascinato. Prendere i suoi disegni ed utilizzarli nella mia collezione è un po’ un sogno diventato realtà.”


Durk Dehner amico di Tom ed attuale presidente della Fondazione Tom Of Finland afferma che che “Mi fa molto piacere vedere designer di talento che utilizzano il lavoro di Tom, specialmente in un’espressione così amorevole e vivace. Tom ha sempre desiderato che ciò che faceva fosse edificante e che lavorasse in maniera innovativa. Con Jonathan Anderson, lo spirito dell’artista è portato avanti con gioia “.

Anche l’iconico portachiavi Penis di JW Anderson si trasforma con pelle di vitello nera e borchie degne di un viaggio a Folsom.

La collezione dedicata a Tom of Finland è disponibile dal 22 giugno su JWAnderson.com e presso il flagship JW Anderson di Soho a Londra. 

Photos courtesy of JW ANDERSON

Best of e-store nostrani

La situazione pandemica in atto, il tratto più peculiare di questo 2020 da dimenticare, ha portato lo shopping online ad essere uno dei bisogni fondamentali dei consumatori. La industry non è certamente rimasta a guardare, potenziando gli e-store e i servizi online. Di brand e retailer ce n’è per tutti i gusti, noi di Man in Town ve ne segnaliamo due da tenere sott’occhio e vi spieghiamo sotto anche il perché.

UPDF

UPDF nasce nel 2019 dalla tenacia di un team di imprenditori bergamaschi, specializzati in graphic design guidati dall’agenzia RZ STUDIO MILANO di Iside Pellegrino Preite e Roberto Zampiero (www.robertozampiero.com). Appena lanciato sul mercato grazie all’apertura dell’e-store, il brand sta attualmente lavorando alla presentazione di alcune co-lab ancora top secret. Nel dna del brand c’è una maniacale attenzione allo studio dei volumi, modellistica e fit. Il taglio infatti dei capi non è over ma “cozy”, quindi molto morbido ma allo stesso tempo viene mantenuto sempre uno sguardo attento alle proporzioni del corpo femminile e maschile. 



La produzione di felpe e tee prevede l’uso di jersey made in Italy. Mentre per la collezione prettamente donna si divide tra una collezione 100 % cotone e una prodotta con la tecnologia LYCRA SPORT, tessuto generalmente utilizzato per la produzione di prodotti activewear. L’attitdude cosmoplita del brand ci ha rapiti: vibes californiane, colori scandinavi e manifattura Made in Italy.



Come dice l’acronimo UPDF, urban people fucking dreamer, la collezione nasce proprio per giovani sognatori di tutto il mondo. Un cozy wear da un’identità forte, caratterizzata da colori e messaggi. UPDF ci piace perchè rappresenta la risposta perfetta alla crescente richiesta di “infit” (contrario di “outfit”), la tendenza di stile nata a seguito del lockdown per gli outfit casalinghi che la quarantena e lo smart working hanno imposto. Comfy sì, ma sempre stylish! 



FOLLI FOLLIE E TheDoubleF

Il 2020 segna il 50mo anno di attività di uno dei più importanti retailer italiani, trainato con successo da Lucia Schiavi e Giuseppe Galli. Negli anni Settanta la coppia apre a Mantova una boutique che lascia il segno, seguendo la loro innata passione per lo stile. Intensificano i rapporti con le più prestigiose case di moda, tra cui la famiglia Prada. In seguito il branding si amplia, portando all’apertura di boutique a Riccione, Brescia, Verona e Bologna. Il segreto del loro successo? Un’esperienza unica di shopping, pensata ad hoc in base alle esigenze del consumatore. Nel 2016 si passa alla seconda generazione: viene nominato Ceo dell’azienda il figlio della coppia di imprenditori, Francesco Galli. Siamo nell’era digitale, Francesco lancia l’e-commerce TheDoubleF.



L’e-shop, con headquarter a Milano, ospita oltre 180 marchi di abbigliamento, scarpe, borse e accessori, e il digital magazine The Rooster con fashion news e articoli sempre aggiornati. La selezione dei prodotti presente su TheDoubleF è curata dai buyer secondo osservazioni di mercato e tendenze stagionali. Il 2020 per il gruppo Folli Follie significa un cambiamento meno visibile dei precedenti ma sicuramente efficace e duraturo: il consolidamento dell’omnicanalità. Saranno impiegate nuove tecnologie così da migliorare l’esperienza dei clienti e rafforzare la presenza nei mercati europei, asiatici, americani e mediorientali. A Mantova è stato recentemente inaugurato un grande polo logistico, fortemente voluto dalla famiglia Galli, strutturato e organizzato per essere quanto più efficiente nella gestione della merce dell’intero gruppo. Un nuovo progetto legato al CRM sarà introdotto in tutte le boutique così da curare il rapporto con i clienti e meglio rispondere alle loro esigenze. 

Folli Follie festeggia così mezzo secolo nel retail haute de gamme.

Passione accessori, anticipazioni dal prossimo autunno

Mentre attendiamo la meritata e tanto sospirata estate, ecco il nostro consueto sguardo alle anticipazioni e tendenze per la prossima stagione.

Canali

L’ abito è in lana ed è composto da giacca monopetto 2 bottoni con rever e pantaloni con tasche all’americana e cintura alta senza passanti. La camicia è slim fit in puro cotone bianca. Completano il look una cravatta in seta-cashmere a quadretti e la pochette in puro cotone bianca. Le sneaker sono color avorio, con allacciatura in pelle e suola in gomma leggera.


Prada

Shopping bags in pelle Saffiano color fuoco e cannella, con tracolla removibile.

Gallo

Le calze Gallo Velvet sono la conferma del savoir faire del brand, intriso della preziosa capacità di innestare tecnologia su antichi telai.

Bally

Linee pulite, materiali naturali e toni neutri riflettono l’impegno di Bally a favore dell’ambiente e la passione per le innovazioni tecniche, in un continuo intreccio fra tradizione svizzera e visione moderna.

Drumhor

L’iconico “biscottino” di Drumhor diventa da sole! Un modello unisex per quattro differenti nuance coordinate alle grafiche interne delle stanghette (un point de neige rigorosamente biscottino/razor blade).

Premiata

Sneaker con tomaia colorata a incastri in pelle, suede e nylon e con suola in gomma. 

Tecnochic

Il nuovissimo smart watch TC-ZL01s di Tecnochic unisce scienza e tecnologia in un orologio dalle forme eleganti e dai materiali pregiati. Oltre al quadrante full touch screen di nuova generazione, misura frequenza cardiaca, pressione arteriosa e livello ossigeno nel sangue. Vi sono poi otto modalità sportive, che permettono di ottenere una completa analisi del workout comparando i diversi risultati.

Eastpak

La collezione RE-BUILT TO RESIST è una soluzione sostenibile ideale per ridurre gli sprechi preservando nel contempo il proprio stile. Infatti le borse che presentano difetti e non possono essere riparate, vengono trasformate in versioni uniche del classico zaino, caratterizzate da due colori o motivi.

New Era

Tra le novità New Era per la prossima stagione, il cappellino regolabile arancione fluo con visiera tono su tono e cappellino regolabile camo e logo arancione fluo.

Dieci variazioni della bowling shirt

(Ri)apparsa in gran numero nelle sfilate maschili del 2016, la bowling shirt è tuttora oggetto di un revival modaiolo che la vede protagonista dei look per la bella stagione più rilassati e dégagé. L’identikit del capo è presto fatto: collo a V con piccoli revers ben distesi, maniche corte, abbottonatura frontale e silhouette leggermente squadrata; altri segni distintivi sono la leggerezza dei materiali – ad esempio cotone, lino, popeline o, nelle versioni di maggior pregio, texture dalla mano soffice quali seta o rayon – e la creatività di color block, righe, figure geometriche e stampe varie.

Al di là di corsi e ricorsi della moda la camicia in questione, chiamata anche cuban o camp collar shirt, vanta una storia di tutto rispetto, risalente agli anni Cinquanta, quando negli Stati Uniti iniziò a moltiplicarsi nelle sale da ballo e negli altri locali frequentati dai fan del rockabilly. Per un lungo periodo, quindi, ogni variante di camicia da bowling, in primis quella hawaiana, ha evocato soprattutto le tenute sfoggiate dai turisti nelle località più esotiche, corredate magari di cocktail, sigaro, occhiali a specchio e altri cliché dell’iconografia vacanziera; tutt’al più, ha fatto capolino in pellicole care agli appassionati di cinema come Il grande LebowskiScarface Il talento di Mr. Ripley.

MILAN, ITALY - JUNE 15: Models walk the runway at the Dolce & Gabbana fashion show during the Milan Men's Fashion Week Spring/Summer 2020 on June 15, 2019 in Milan, Italy. (Photo by Ernesto S. Ruscio/Getty Images)
PARIS, FRANCE - JUNE 19: A model walks the runway during the Valentino Menswear Spring Summer 2020 show as part of Paris Fashion Week on June 19, 2019 in Paris, France. (Photo by Pascal Le Segretain/Getty Images)

In tempi più recenti, sulla scia di quello stile dadcore all’insegna di vestibilità over, pantaloni slavati e sneakers massicce glorificato dai nuovi alfieri del menswear contemporaneo – su tutti Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy -, le bowling shirt sono tornate alla ribalta. Nelle collezioni maschili per la stagione in corso sono numerose, infatti, le nuove interpretazioni di questo capo dall’animo retrò: da Valentino, Pierpaolo Piccioli lo considera una tela sulla quale sbizzarrirsi con tinte al neon, ricami, motivi floreali e fantasmagorie ideate dall’artista Roger Dean; anche Dolce&Gabbana dà libero corso alla fantasia, dispiegando sui tessuti un armamentario di frutti, piante, animali, pin-up e altri simboli di un immaginario “tropico siciliano”; un estro creativo speculare a quello di griffe quali Dsquared2, Amiri, Iceberg, Casablanca, Dries Van Noten, non ultima Prada che, effettivamente, ha reso la camicia a maniche corte un caposaldo della propria linea uomo, al punto da dare ai clienti la possibilità di personalizzarla, combinando liberamente le stampe più rappresentative del brand.

Qualsiasi selezione in materia di bowling shirt non può dunque prescindere dall’offerta della maison milanese, che quanto ad assortimento non teme confronti: si va dalle versioni basilari total white o rigate a quelle viste sulla passerella p/e 2020, con riproduzioni di walkman, videocamere e altri gadget iconici degli anni ’80. Gucci, dal canto suo, alterna il logo della doppia G a stelle, quadrifogli e altri ghirigori, evidenziando inoltre i profili con il nastro Web.
 Il modello di Bottega Veneta, in 100% viscosa, utilizza il classico binomio bianco e nero per mettere in risalto una grafica d’ispirazione tropicale, mentre Fendi trasla le suggestioni bucoliche dell’ultimo défilé su un tessuto arioso, percorso da un motivo a spirale nei toni del verde e grigio.

Se Marni sposa l’estetica naïf, espressa in una blusa quadrettata con disegni di alberi e tocchi saturi di colore, dal giallo al viola, Acne Studios gioca con dimensioni e sfumature delle righe verticali, che si stagliano su una base dalla nuance pastello. NN07 punta sull’effetto vintage, stampando paesaggi da cartolina sull’intera superficie del capo.
Le proposte di Ami e Sandro Paris seguono invece il mantra less is more, optando nel primo caso per il bianco panna, “interrotto” solamente dalla firma del designer (un cuore stilizzato sul taschino), nel secondo per l’intensità cromatica del blu navy; nemmeno COS, infine, tradisce la vocazione al minimalismo: la sua camicia immacolata in cotone organico, dal fit rilassato, è un inno all’essenzialità. 

Bienvenue Monsieur Williams!

Dall’urban-streetwear del brand 1017 ALYX 95 M alla storica maison francese Givenchy, LVMH accontenta ancora una volta, dopo l’arrivo di Virgil Abloh a Louis Vuitton, la richiesta della Generazione Z e gran parte dei Millennials. 



Matthew Williams, classe ’85, sostituisce Claire Waight Keller come direttore creativo di Givenchy, la storica maison parigina adotta una svolta moderna ed innovativa con la visione minimalista ed urbana del designer americano. 
Autodidatta, Mr Williams è stato direttore artistico per Lady Gaga e Kanye West collaborando con artisti come Drake (che lo cita in alcune sue recenti canzoni) fino alla fondazione del suo brand 1017 ALYX 95 M che porta il nome della figlia. 



Candidato tra i finalisti del premio LVMH per giovani designer, Matthew Williams dal 2016 continua a stupire le nuove generazioni con una visione contemporanea ed ecologica della moda, avanguardista ed esperto del tessuto con le sue ultime collezioni ha spopolato su ogni social media, divenendo precursore di una nuova “Streetwear wave”, conquistando top model come Bella Hadid e Kendall Jenner. 



Sono molto felice e grato a LVMH per avermi dato questa possibilità, per me è un sogno che si realizza e non vedo l’ora di iniziare questo percorso con il team di Givenchy” afferma Mr. Williams dopo la comunicazione ufficiale di Sidney Toledano, presidente e Ceo di LVMH Fashion Group, per cui attendiamo con ansia la presentazione della sua prima collezione che si terrà ad Ottobre.

Talenti da scoprire: Louis Rubi

Anche se ancora poco conosciuto, Louis Rubi è uno stilyst e designer con sede a Barcellona, che ha rapidamente guadagnato un seguito sostanziale grazie ai suoi outfit su Instagram, sempre accattivanti e altamente inventivi. Vi raccontiamo il suo percorso..

Come, quando e perché ti sei approcciato alla moda? Quando hai deciso che sarebbe diventata il tuo futuro ed il tuo lavoro?

Da bambino giocavo sempre con tutti i tipi di tessuto che trovavo in casa, una coperta poteva diventare un mantello. Ero solito travestirmi da Zorro, D’Artagnan, un(a) principe(ssa) arabo(a) o qualsiasi altro costume fosse in giro. Ho sempre saputo che avrei voluto lavorare nella moda, mi trasferii a Londra per questo motivo e lavorai come assistente alle vendite da Harvey Nichols. Da quel momento capii che la moda sarebbe stata il mio futuro.


Louis Rubi
Louis Rubi

Raccontami qualcosa del tuo brand. Come lo definiresti? Qual è il tuo consumatore tipo e a chi ti stai rivolgendo?

LR3 riguarda principalmente il voler far divertire le persone con i propri vestiti, non importa la tua origine, il colore della tua pelle, la forma del tuo corpo, il tuo genere o la tua età.

Il focus è sulle persone reali che indossano i nostri abiti, ognuna delle quali ha caratteristiche proprie. Sul nostro sito trovi moltissime persone completamente diverse le une dalle altre che indossano indumenti della stessa taglia.

Volevamo creare un brand slow fashion. Per noi è fondamentale non ripetere le cose che non stanno funzionando nella moda.

Abbiamo fatto una lista di queste ultime e le abbiamo trasformate nel nostro ethos: no ai trend/ispirazione e divertimento; nessun genere/tutti i generi; poche taglie/tutte le forme del corpo; no alle razze/siamo tutti umani; no limite d’età/tutte le età; no ai manichini/personalità reali; no al fast fashion/slow fashion; no stagionalità/collezioni permanenti; no agli stock/fatto per te; no vendite all’ingrosso/direttamente al consumatore.



Da dove arriva l’ispirazione? Quali altre passioni hai oltre alla moda? Quali sono le persone che ammiri, i tuoi “eroi”?

Probabilmente l’ispirazione maggiore mi arriva dai viaggi, esperienze che mi hanno fatto davvero aprire gli occhi. Sono davvero fortunato, perché ho la possibilità di viaggiare molto sia per lavoro che per divertimento. Là fuori ci sono così tante realtà, ciò che è “normale” in un posto non lo è in un altro. Anche internet ogni giorno è una fantastica fonte di ispirazione per nuove esperienze e viaggi. Ho un debole per le cose belle, che siano oggetti, luoghi, edifici … mi affascina la storia che sta dietro. Amo ascoltare come le persone hanno costruito i propri sogni, questi sono eroi: sono riuscite a realizzare ciò che una volta era un sogno seguendo ciò che il cuore diceva loro. 



Tu hai un grande seguito sui social, come hanno cambiato questi il tuo lavoro e la sua visione di esso?

Ancora non capisco come sia possibile, è stupendo. Le persone con me sono sempre state gentili, positive ed incoraggianti. È stato il primo posto in cui ho sentito di poter mettere realmente in gioco il mio punto di vista. I social media danno voce a coloro i quali inizialmente non avevano una piattaforma, ma già avevano un messaggio da raccontare, è strepitoso. 


Louis Rubi

Una definizione di bellezza?

La bellezza non è definita da canoni, si trova ovunque. Fermati ad osservare qualcosa per più di tre secondi e la troverai lì.


Louis Rubi

Secondo te, come può un uomo essere elegante?

In generale penso che gli uomini siano più limitati in fatto a cosa possono indossare, è un po’ noioso. L’eleganza riguarda il sentirsi sicuri di sé, l’accettarsi e il vestirsi con gioia. Mi piacciono gli uomini che si prendono cura della scelta dell’outfit ogni giorno. 


@lr3_community

Raccontami qualcosa sul tuo stile, il quale ha un ruolo importante sui tuoi social. Cosa non può mai mancare nel tuo guardaroba? Perché questo amore per l’oversize?

Le persone apprezzano il fatto che io giochi con volumi e proporzioni, mi piace sbizzarrirmi anche con i colori. Io amo indossare abiti larghi ed oversize da quando sono bambino, è una sensazione pazzesca.



Puoi darmi la tuo opinione in merito a questo periodo molto difficile? Come credi cambierà il sistema moda dopo il Covid-19?

Quando ripenso alle cose accadute in passato, i momenti peggiori della mia carriera si sono sempre trasformati nei più positivi. Ogni periodo difficile ed ogni crisi sono perfetti per riflettere e fare valutazioni sulle cose che non stanno funzionando come dovrebbero e su come cambiarle. Nella nostra industria la lista è lunga e dunque c’è molto lavoro da fare. Mi riferisco a molti fattori: cultura e cambiamenti nell’atteggiamento, internet, bisogni ambientali, cicli stagionali … ecc. Dobbiamo rivoluzionare l’industria ancora una volta.



Siccome Man in Town è molto affine al tema dei viaggi, puoi raccontarmi quale sarebbe la tua destinazione dei sogni (anche se ora possiamo viaggiare più che altro con la mente)?

Sarebbe o una città movimentata come Tokyo, oppure un posto lontano per trovare pace e quiete.

Sei mai stato in Italia? Hai un ricordo speciale o qualcosa che ti è piaciuto in modo particolare?

Sì, molte volte. Amo follemente l’Italia. Spagna e Italia condividono molte cose. Mi piace come le persone in Italia siano passionali ed il fatto che l’Italia è un Paese che si prende davvero cura ed è orgoglioso della sua eredità culturale. Gli italiani comprendono l’importanza della creatività e della bellezza, d’altronde ne sono circondati!



Raccontami della tua città e del tuo Paese, qualcosa da vedere e da fare

Io sono originario di un paese chiamato Badajoz, a sud ovest della Spagna. Me ne andai quando ero piccolo e da lì ho vissuto in luoghi diversi. Attualmente sono stabile a Barcellona, una città meravigliosa in cui è facile vivere e che è collegata bene a tutto il mondo.

La Spagna ha un sacco da offrire, se dovessi visitarla per la prima volta sicuramente farei un roadtrip, attraversandola tutta in macchina.

Il tuo motto personale, una citazione che ti caratterizza?

FALLO DIVERTENDOTI … altrimenti ogni cosa diventa un lavoro.



Quali sono i tuoi progetti e sogni per il futuro?

Il mio sogno sarebbe vedere LR3 crescere e mostrare che anche nell’industria della moda le cose possono essere fatte in maniera differente.

Essenziali per l’uomo in vacanza: la guida ai capi cult dell’estate

L’estate sembra quasi arrivata, almeno dalle temperature, e anche se in questo momento le vacanze sono rimandate a tempi migliori noi vogliamo ricordarvi che lo stile non ha tempo e magari, vogliamo rinfrescarvi le idee. 

Le scelte dell’uomo che veste di stile cercano sempre di rimandare a un’identità, vogliono comunicare un messaggio: chilling sotto le palme, al fresco, con i colori, il mare e le mete lontane. Ecco, la moda dell’estate gioca con la geografia del mondo per essere oggi orientale, domani afro, o hawaiano. 

Ecco una piccola, ma evocativa, guida allo stile maschile dell’uomo in vacanza.

Camicie con stampe tropicali, a manica corta per il perfetto gentleman on holiday con colletto “camp”, o ancora stesso modello ma con stampe in perfetto mood anni ‘50. Blazer per le occasioni daily o anche serali in cui non si rinuncia allo stile, verde menta, blu cobalto e beige chiaro, ecco i colori dell’estate.

Nella gallery: Sandro Paris, Chimala, Faherty, Dolce & Gabbana, Gucci, Maison Margiela, Deveaux New York, Versace, Saint Laurent.

Shorts e bermuda sopra il ginocchio, pratici e trendy per molte delle occasioni estive. 

Sandali, alla schiava o sabot, che richiamano ora il safari, ora l’Havana, da tenere nella withlist dell’estate, perfetti anche con pantaloni in lino, classici. 

Occhiali da sole pop, sofisticati e futuristici per l’uomo casual in vacanza, sempre on time. 

Nella gallery: Prada, Dolce & Gabbana, Mykita

E a proposito di tempo, gli orologi per le vacanze possono essere un trait d’union tra sport e leisure time con dettagli eclettici e funzioni hi-tech di ultima generazione. 

E per finire, le borse, comode, ma sempre più personali. D’altronde quello che conta è l’attesa delle nuove avventure e le immagini di noi stessi in un contesto nuovo, surreale e suggestivo che solo una vacanza può regalare.

Hype sensation: Vision of Super

Saper abbracciare la molteplicità delle discipline artistiche: è questa la mission del brand Vision of Super. Lo streetwear di Dario Pozzi ha già conquistato artisti del calibro di Sfera Ebbasta, Junior Cally ed Elettra Lamborghini e vanta una distribuzione in oltre 100 selezionati negozi (80 in Italia e 20 tra Asia e Australia).


“Il nostro obiettivo – dichiara Pozzi in esclusiva a Man in Town – è quello di fornire prodotti di altissima qualità con un prezzo competitivo e un’ottima distribuzione. Vogliamo essere il primo approccio a un marchio di lusso. Lo scorso gennaio abbiamo creato anche una fantastica collezione in cobranding con Colmar, il lancio ufficiale è per il prossimo settembre.” La fiamma è il simbolo del brand, e nonostante la pandemia in atto, non accenna certamente ad affievolirsi. “Stiamo ampliando le nostre strategie di comunicazione online e offline, in modo da essere pronti e veloci una volta si ritorni alla normalità. Inoltre, stiamo cercando di tradurre tutti i nostri progetti in ottica di sostenibilità: a breve, infatti, lanceremo un nuovo capitolo green legato al marchio. Le vendite online, sul nostro e-commerce, durante questa pandemia, non sono diminuite. Anzi, si sono rafforzate, così come l’acquisto di accessori in edizione limitata, da collezione.”



Abbiamo chiesto al direttore creativo come muterà lo streetwear dopo l’era Coronavirus. “È forse la domanda che ci stiamo ponendo più frequentemente in queste ultime settimane. Continuerà a esistere, ne siamo certi, ma si tradurrà in qualcosa di più specifico, ancor più settoriale, per dialogare al meglio con i clienti. Lo streetwear, poi, si fonderà ancor di più con l’universo del lifestyle: è facile, quindi, che felpe e T-shirt, nel futuro, verranno vendute all’intero di concept store riproposti in hotel di lusso. O, ancora, le grandi palestre dedicate ai nuovi sport utilizzeranno i capi streetstyle come divisa di activewear. Sempre più interazione, quindi. E sempre più possibilità di crescita.”



Inoltre Vision of Super si è schierato fermamente a sostegno del movimento a favore della fine del razzismo in solidarietà alla comunità black

L’eccellenza British di Smythson, dalle agende tascabili agli accessori amati da reali e celebrità

Nonostante la pervasività del digitale abbia inglobato, da anni, la scrittura a tutti i livelli, alcuni connoisseur restano devoti alla calligrafia, con la sua liturgia di agende, lettere, taccuini e altri articoli di cancelleria. Smythson è uno dei (rari) templi di questo singolare culto, un marchio e, prima ancora, uno store londinese dove la cartoleria di alta gamma trova la sua massima espressione, diventato nel corso dei suoi 133 anni di storia una realtà d’eccellenza anche nella produzione di accessori in pelle.

Un percorso iniziato nel 1887 con l’artigiano Frank Smythson, che inaugura un negozio di “cancelleria elegante e di classe” al 133 di Bond Street, la via dello shopping più elitario nel cuore di Londra. La possibilità di personalizzare la carta da lettere, incidendovi con apposite matrici parole, nomi o stemmi araldici, attira ben presto l’attenzione dell’alta società, a cominciare dalla Corona britannica.

I traguardi più significativi vengono tuttavia raggiunti all’inizio del Novecento, quando il fondatore lancia una versione particolarmente capiente e strutturata della doctor bag, un modello di borsa a mano squadrato all’epoca molto diffuso, e soprattutto l’accessorio simbolo dell’azienda, l’agenda in pelle, che rivoluziona da par suo: Smythson, infatti, ne riduce le dimensioni e lavora il pellame in modo da renderlo leggero e flessibile, preservandone al tempo stesso la robustezza; nel 1908 nasce così un modello tanto discreto da poter essere tenuto nella tasca interna della giacca o, nel caso delle signore, nel bauletto.

Il successo è immediato, nell’arco di pochi anni le agende tascabili della boutique diventano un must del jet set, conquistando famiglie reali europee, maharaja, dive della golden age hollywoodiana e altre celebrità: tra gli aficionados di Symthson si contano le attrici Vivien Leigh, Grace Kelly, Claudette Colbert e Katherine Hepburn (la star quattro volte premio Oscar possedeva due quaderni speciali, caratterizzati dalla dicitura “London California New York” e dalle iniziali puntate sulla copertina), avventurieri di fama mondiale quali Sir Ranulph Fiennes e Charles R. Burton, il padre della psicoanalisi Sigmund Freud… Per non parlare di Winston Churchill o Lady Diana.
Nel 1964 per l’insegna di Bond Street arriva il primo Royal Warrant, l’onorificenza concessa dalla monarchia alle aziende sue fornitrici da almeno un lustro, cui seguiranno altri tre sigilli reali fra gli anni ’80 e il 2002.

Nel tempo Smythson amplia ulteriormente il proprio ventaglio di proposte, che continua a ruotare intorno all’universo della scrittura e del viaggio: le borse di ogni formato, da quello mini di pochette e portadocumenti al medio e maxi di zaini, tote bag e borsoni, affiancano buste, cartelle, diari, biglietti bon voyage, ecc.

Il denominatore comune è la qualità di materiali e lavorazioni, fondamentali per realizzare accessori con tutti i crismi dell’artigianalità, pensati per una clientela sofisticata e cosmopolita, amante del lusso discreto, suggerito soltanto dai particolari: ad esempio, le impunture ton sur ton o la firma, ossia la denominazione completa del marchio – “Smythson of Bond Street, Est. 1887”-, stampigliata in piccoli caratteri dorati.

Tra le agende attuali, il modello di punta è rappresentato dalla serie Panama, evoluzione del suddetto “antenato” ideato nel 1908 da Frank Smythson, talmente iconico da venire soprannonimato, appunto, “The Panama hat of books”, in omaggio al cappello maschile più popolare d’inizio secolo. Tutti i diary e quaderni presentano comunque pagine in carta Featherweight dall’inconfondibile nuance azzurro polvere, diventata la cifra cromatica del brand insieme a quella, leggermente più scura, del Nile Blue.

Smythson è oggi presente, oltre alle dieci boutique di proprietà, in department store come Saks Fifth Avenue, Selfridges, Harrods e Le Bon Marché. Sotto la guida dall’ex chief designer officer di Burberry Luc Goidadin, arrivato a dirigere l’ufficio stile nel 2018, il marchio londinese sembra pronto ad aggiungere al suo heritage ultracentenario molte nuove pagine, ovviamente di colore azzurro. 

Rivendicare un cambiamento: le proteste dei brand contro il razzismo

Anche la moda manifesta la propria solidarietà al movimento Black Lives Matter, nato nel 2013, per combattere il razzismo efferati gesti compiuti dalla polizia nei confronti di Travyon Martin. Oggi le proteste si riaccendono dopo l’uccisione di George Floyd, in Minneapolis. 

Al centro del dibattito la discriminazione razziale, precisamente quella dei neri, oggi il fulcro delle proteste che in tutto il mondo stanno scoppiando. Non solo tra le strade di molte città degli Stati Uniti, ma anche sui social dilaga la protesta: per l’occasione è stato creato l’hashtag #BlackOutTusday, con feed di Instagram in cui compaiono foto completamente nere, in segno di solidarietà. 

Anche il fashion system ha adottato le proprie forme di protesta postando sui social, frasi, immagini, sfondi neri: dai brand del lusso fino a quelli del fast fashion. Tutti uniti nel manifestare il proprio intento egualitario, di unicità e fratellanza con messaggi di inclusione, rispetto, cambiamento. Un cambiamento che il mondo intero oggi grida disperatamente. Ed è proprio a partire dalla moda, dall’abbracciare i valori a lei connessa, che questi messaggi debbano arrivare a tutto il pubblico. 

Da Prada che intende combattere ogni ingiustizia, a Valentino che si schiera apertamente con il movimento, o ancora Versace che rivendica l’uguaglianza, la diversità e l’inclusione con un post che dice “No al razzismo”. C’é stato anche una voce unica, quella della moda, che tocca tutto il mondo: Dior e il suo grido anti razziale, Saint Laurent chiama in causa il rispetto. Un settore come la moda deve essere in prima linea su questioni sociali come queste, sulla diversità e sul genere, a favore delle minoranze che in questo momento chiedono aiuto con tutte le forze. Louis Vuitton con un video esorta al cambiamento, alla libertà e alla pace.

Anche i brand dello sport si schierano a favore delle proteste: Nike pubblica un video emozionale con frasi che esortano al non accettare alcuna forma di razzismo, Adidas esorta tutti a unirci per combattere contro razzismo e violenza. 

Anche i marchi popolari tra i giovani non sono da meno, anzi: hanno creato una maratona con tanto di donazioni tramite i social, e non mancheranno contributi futuri da parte dei brand del fashion system. 

Il mondo impone un cambiamento epocale verso l’unione tra i popoli, la fratellanza e la pace, ora più che mai. Ci aspettiamo che la moda sia tra i primi un promotore del cambiamento epocale.

Le coordinate digitali del menswear in Italia secondo Lyst

Abbozzare una panoramica della moda maschile, pur limitandosi al contesto nazionale, è piuttosto complicato, di sicuro, però, le statistiche del portale Lyst rappresentano un ottimo inizio. La piattaforma britannica, infatti, fornisce con cadenza regolare l’elenco dei brand e delle tipologie di prodotto più cercati dai propri utenti, italiani compresi.

Iniziando dai marchi, la top 5, per il mese appena trascorso, vede in cima alle preferenze Off-White, seguito nell’ordine da Nike, Palm Angels, Gucci e Stone Island. Una lista che sembra certificare l’eccellente stato di salute dello streetwear: se appare scontato il primato del “solito” Virgil Abloh, dominus riconosciuto del settore, anche grazie alla direzione della linea uomo di Louis Vuitton, il secondo posto è occupato da un gigante dello sport mondiale (Nike), peraltro abituato alla collaborazione con griffe altrettanto celebri (basti nominare Supreme, Dior, Comme des Garçons, Stüssy, lo stesso Off-White, ecc).

Completa il podio Palm Angels, label profondamente influenzata dall’immaginario degli skater e, più in generale, dei giovani della West Coast americana. L’unico nome del lusso canonico, per così dire, è dunque quello di Gucci, che pure, sotto la guida di Alessandro Michele, è riuscito a rinnovare la propria estetica sui generis, nel segno del massimalismo. Leggermente diverso dai precedenti il caso di Stone Island, la cui ascesa parte da lontano, precisamente dagli anni ’80, e si intreccia alla storia di diverse sottoculture, dai paninari nostrani al brit pop, passando per i supporter delle squadre di calcio inglesi; arrivando, infine, al gotha dell’industria musicale e creativa odierna (leggi Drake o Travis Scott). A rimanere immutato, d’altro canto, è il mix di casual e sperimentalismo tecnico, imprescindibile per il marchio italiano.

Spostando il discorso sui singoli articoli, la sostanza non cambia granché: il primo posto spetta infatti all’archetipo dello streetwear, cioè la sneaker, quella bassa ad essere precisi (il modello high-top compare, invece, alla quarta voce); una calzatura ormai ubiqua, oggetto spesso di un vero e proprio culto, che meriterebbe un discorso a sé. Troviamo quindi la t-shirt, indumento trasversale quanto a gusti ed età. In terza posizione, un altro passepartout del guardaroba uomo, la giacca informale, una certezza per ogni occasione, dall’ufficio all’aperitivo (Covid-19 permettendo, ça va sans dire).

Si va sul sicuro, del resto, anche con capi quali camicia e pantalone chino, rispettivamente al quinto e sesto posto nelle preferenze degli utenti di Lyst. La lista prosegue, tanto per cambiare, con due pezzi d’impronta street: se tuttavia la felpa con cappuccio è ormai considerata una valida alternativa alla maglieria tradizionale, regolarmente presente nelle collezioni di qualsivoglia griffe, la traiettoria della ciabatta è meno lineare.

I modelli in gomma, in effetti, prima di essere sdoganati dai più temerari come alternativa a sandali e altre scarpe estive, sono rimasti a lungo confinati nell’anonimato di piscine e palestre. Negli ultimi tempi, alla fortuna delle slide ha forse contribuito la quarantena generalizzata dovuta alla pandemia, presumibilmente trascorsa indossando abiti pratici e confortevoli. Nessuna sorpresa in fondo alla classifica, dove troviamo due evergreen dell’armadio maschile, jeans e polo, rispettivamente alla nona e decima posizione.

I grandi brand diventano i nuovi direttori d’orchestra del mondo digitale

Moda e musica è lo spettacolare binomio al quale i divertiti spettatori del mondo digitale stanno assistendo. Alcuni dei più famosi e conosciuti brand hanno scelto una via di comunicazione alternativa e sorprendente, e quale mezzo migliore se non la musica per veicolare emozioni, idee e ridestare sentimenti sopiti dall’ambiente domestico. La moda approda su Spotify, la piattaforma musicale entrata a far parte della nostra vita e che ora, è teatro di playlist e poadcast che colgono nel segno; le fashion house sono la cassa di risonanza di evergreen e grandi classici della musica, per intrattenere, condividere e riportare con la mente ai set di quelle sfilate che per la prima volta, il prossimo giugno, non andranno in onda. Da Philosofy di Lorenzo SerafiniBottega VenetaMonclerBurberryPrada, Msgm e Gucci, i big della moda prendono per braccio gli utenti e li accompagnano in un percorso musicale personale che evidenzia i tratti distintivi del proprio marchio. ­

Moncler presenta una serie di playlist che hanno la particolarità di essere curate dai designer della serie Moncler genius, fin’ora le prime quattro uscite vedono come protagonisti personaggi come Matthew Williams, Hiroshi Fujiwara e Craig Green; si passa dai Joy Division ai pezzi più cool di Post Malone per poi tornare a sognare con la voce di Frank Ocean. Bottega Veneta ci intrattiene settimanalmente con una playlist aggiornata dal titolo #BottegaResidency, una selezione di brani senza tempo, originali e in puro stile Daniel Lee

John Gosling, creatore della musica degli show di Alexander McQueen, crea una raccolta per celebrare gli oltre vent’anni di carriera chiamata #McQueenMusic.

Prada ha scelto di condividere varie playlist divise per stagioni, una femminile e una maschile dal gusto vintage e un’altra più vivace che richiama la capitale francese #PradamodeParis.

Gucci ci stupisce ancora una volta, infatti propone svariate playlist ispirate alla fragranza del suo profumo ‘Mèmoire d’une Odeur’ e alla playlist ‘Chilling with Massimo Bottura’, rinomato chef delle Gucci Osterie: le raccolte suonano i più grandi successi dagli anni ‘70 fino ai primi anni 2000. Interessante notare come siano soprattutto le maison italiane a scommettere su questa nuova via di comunicazione, ora non vi resta che scegliere la vostra playlist preferita, chiudere gli occhi e sfilare ovunque voi siate. 

Il binomio (vincente) moda e sostenibilità nel report 2020 di Lyst

Concetti come riciclo, ecologia, impatto ambientale, biodegradabilità e affini, entrati ormai stabilmente nel discorso pubblico, hanno un’incidenza sempre maggiore anche quando si tratta di abiti o accessori; sembra essere questo il dato saliente del Sustainability Fashion Report 2020 di Lyst, studio ad hoc pubblicato annualmente dal motore di ricerca di moda che aggrega migliaia tra retailer internazionali e brand.

I dati utilizzati dalla piattaforma, forte dei suoi 104 milioni di utenti e oltre 20 milioni di articoli caricati soltanto nell’ultimo anno, fanno riferimento alle ricerche effettuate su Lyst e Google, ai tassi di conversione e vendita, alle visualizzazioni delle pagine, tenendo presenti anche i social network e la copertura mediatica globale. L’analisi si avvale inoltre del sistema di valutazione dell’associazione Good on You, imperniato su tre principi, ossia persone, pianeta e animali.

Per quanto riguarda il menswear, il documento offre interessanti spunti di riflessione, che si tratti di griffe o specifiche categorie di prodotto. Tra le prime, una posizione di assoluto rilievo è occupata dalla francese Veja: le sue sneakers, rigorosamente eco, sono le calzature sostenibili di maggior successo su Lyst, con un aumento delle ricerche, rispetto al 2019, del 115%. In particolare le Veja Campo, bestseller del marchio, spiccano come accessorio non in pelle più gettonato dagli utenti, apprezzato in ugual misura dal pubblico maschile e femminile.

Va poi menzionato Nudie Jeans, brand svedese votato al green fin dalle origini che, tra le altre cose, garantisce alla clientela la riparazione gratuita a vita. Il modello di punta, in questo caso, è il Grim Tim Dry, un cinque tasche in denim grezzo dalla gamba affusolata.

Altra categoria decisamente popolare su Lyst è quella dei capispalla, e il nome di riferimento è senz’altro Patagonia: nell’ultimo anno si sono registrate oltre 100.000 ricerche di giacche dell’azienda di outdoor californiana, pioniera in fatto di etica e sostenibilità. Tra gli uomini è molto apprezzato il Lone Mountain Parka, un giubbotto con zip dal design basilare, proposto nelle “rassicuranti” tonalità del kaki e del verde oliva. Restando in tema outerwear, Lyst cita il designer Greg Lauren, che, lavorando su capi vintage d’ispirazione street o militare, scompone e ricompone, in modo ogni volta diverso, materiali e texture.


In termini generali, dall’inizio del 2020 l’aumento di ricerche relative alla sostenibilità è stato del 37%: soprattutto nel caso di sneakers, borse e orologi, gli utenti tendono a utilizzare termini quali “upcycled” (+42% nello scorso trimestre), “seconda mano” e “usato” (+45%). È significativa la cifra della social impression associata, nell’arco dei dodici mesi, all’espressione “slow fashion” (oltre 90 milioni), un approccio che contrappone alla bulimia produttiva dei vari Zara, H&M e simili la qualità di capi timeless, realizzati nel rispetto dell’ambiente e delle condizioni dei lavoratori.

Concentrando l’attenzione sul nostro paese, negli ultimi tre mesi la ricerca di moda riciclata ha visto un incremento del 64% e, su base regionale, i consumatori lombardi sono quelli maggiormente sensibili all’argomento. I numeri mostrano, infine, come le donne siano più ferrate in materia rispetto agli uomini: la ricerca di marchi di abbigliamento femminile sostenibile è stata superiore del 45% rispetto a quella delle controparti maschili.

Ad ogni star le sue sneakers

Identità, la parola chiave: le sneakers della nuova stagione celebrano la personalità di ognuno di noi con modelli di tendenza pronti a far parte del nostro guardaroba. Dalle sneakers multicolor, ai classici rivisitati, passando per le collaborazioni tra brand e artisti. Abbiamo pensato a una selezione di scarpe super trendy che rispecchiano il carattere di alcuni volti noti dello spettacolo.

Converse 

Capacità di reinventarsi e stile iconico, perfetto per le personalità che non vogliono rimanere in sordina ma vogliono farsi notare. Un modello, quello rivisitato in collaborazione con Carhartt, che vede protagoniste le iconiche Chuck Tylor, trasformate in prodotti unici attraverso la sua capacità di rimodellare i tessili upcycling. Mille giacche, pantaloni e tute da lavoro in tela Carhartt provenienti da un rivenditore di moda vintage con sede in Uk suddivise in tre colori, navy, black e brown e poi tagliate a farfalla per creare pannelli unici per scarpe Chuck 70, in vendita dal 28 maggio. 

La personalità che si abbina a questo tipo di scarpe è quella di Mahmood, grazie alla sua forte identità, mai scontata. 

Nike (x Travis Scott Air Max 270)

Un design che ci riporta indietro nel tempo: le iconiche Air Max oggi rivivono una luce nuova ma fedeli al loro DNA vintage. Colori in sintonia con la passione di Scott per i capi vintage, materiali ispirati all’outdoor e swoosh aggiuntivo sulla punta. Un modello che si appresta a ridiventare nuovamente iconico, grazie alla sua forte personalità. 

Un’identità che secondo noi potrebbe essere rappresentata appieno dall’attore Luca Argentero, bellissimo sex symbol dal carattere deciso e dalla bellezza senzatempo. 

Cromier

Un nuovo design che strizza l’occhio al lifestyle e all’urban chic: le scarpe targate Cromier raccontano una storia fatta di materie prime, pellami italiani, lavorazione Made in italy. Color black, inserti di rete che rendono i modelli tridimensionali e con effetti ottici unici. Tra i modelli di tendenza per la nuova stagione quelli declinati in arancione e verde. 

Stile urban e carattere metropolitano che rispecchiano la personalità di Bruno Barbieri, chef e presenza costante di Masterchef Italia. 

Vans 

Iconiche, riconoscibili alla vista, oggi più che mai amate per il loro carattere forte è inconfondibile. Vans lancia una nuova edizione limitata delle Fast Times Slip-on con la sua collezione Anaheim Factory, omaggio a una delle scarpe più pop di sempre. 

Silhouette reinterpretata a partire dal design e dalla struttura: la stampa a motivo Fast Times sul nastro riprende l’iconico check in bianco e nero. 

Identità riconoscibile e stile urban. A rispecchiare le caratteristiche di questo modello iconico, l’irriverente Fedez

Adidas Originals 

Tutti abbiamo almeno un paio di Adidas nel nostro guardaroba, e oggi, l’iconico brand sportivo lancia le nuove Stan Smith in pelle total white con effetto embossed, con le iconiche strisce tono su tono e il tallone rosso. Linee geometriche appena accennate dai colori che caratterizzano un modello prettamente vintage, anni ‘80 per le Continental 80. Due modelli, unico stile riconoscibile e perfetto per le personalità che amano le impronte di stile iconiche, proprio come i modelli Adidas. 

A rispecchiar appieno il mood di questo modello lo sportivo Filippo Magnini, perfette per le sfide di tutti i giorni.

Bally 

Il brand propone sneakers super leggere con suola chunky dotata di tecnologia Vibram Arctic Grip, che permette di mantenere una presa salsa anche nelle condizioni atmosferiche più ostili. Design e prodezze tecnologiche, un mix che decreta il successo di questa sneakers perfetta per gli animi avventurieri. Tra i colori delle Nuove Bally il rosso intenso, il bianco, il giallo, il blu navy. Particolare attenzione alle scuole speciali create con tecnologia Arctic Grip che si possono applicare a qualsiasi scarpa tramite degli elastici, trasportabili. 

Animo moderno e spirito creativo, la sua identità potrebbe essere associata a quella di Ben Affleck attore pluripremiato. 

Wushu

Il brand, da sempre ispirato alle arti marziali, lancia i nuovi modelli con un’impronta stilistica che richiama l’immaginario orientale. Le scarpe sono frutto di un mix di materiali tecnici, impreziositi da dettagli in velluto, doppi lacci, con una gamma di colori che va dal total black e total white a match di colori eclettici. Personalità e carattere moderno, con una storia di bellezza che si collega a volori orientali di saggezza e spiritualità.

Mood giovanile e carattere eclettico perfette per una personalità come quella di Stefano De Martino, ballerino e showman italiano talentuoso.

 

Brand to watch: LETASCA

Soprattutto per gli stranieri, made in Italy è un concetto spesso associato a significati che incontrano il desiderio per un gusto raffinato e di autenticità. Nonostante le profonde crisi e le acquisizioni, sembra però che la nostra etichetta possieda ancora una grande forza. Ecco una realtà dal dna italiano che negli ultimi anni si è distinta grazie ad uno spirito innovativo e con la capacità di creare nuove storie.

LETASCA è un marchio milanese lanciato nel 2015 dall’architetto e designer Edoardo Giaroli che si costruisce sul concetto di fondere funzionalità ed estetica in un capo d’abbigliamento dalla forte identità. Letasca interpreta il menswear contemporaneo con un’attitudine utilitaristica che unisce “forma e funzione”.

Fusione, contaminazione, architettura, viaggio, rigore degli equilibri geometrici e creatività danno vita al progetto. Il LETASCA VEST è il gilet che ha reso il brand iconico e l’ha fatto vestire a celebrità in giro per il mondo. 10 tasche per contenere tutti gli oggetti quotidiani. Con la collezione SS20, LETASCA s’ispira a quattro codici di stile: icone, army-tech, caccia e “neo-formal” – sempre con un approccio totalmente contemporaneo e dedicato agli esploratori urbani. Come i pendolari che usano la bici per spostarsi in città, ai quali è dedicata la collaborazione con Pirelli Cycle-E, realizzata con materiali impermeabili e riflettenti.

Nei giorni del lockdown invece, il brand ha attivato una campagna instagram che racconta in parte il suo focus. Si chiama #DailyQuarantineAdventures e l’invito è stato quello di scegliere dal nostro guardaroba alcuni capi per interpretare i vari mood quotidiani che hanno caratterizzato il lungo periodo di isolamento, taggando ovviamente alla fine il brand sui social.

Tie-Dye, il must della primavera 2020

Un tempo il tie-dye era una cosa da scuola elementare, di lavoretti “fai da te” donati a genitori e nonni in occasioni speciali. In seguito, è diventato la cura alla noia da scuola media – una soluzione casalinga, fotogenica (e non troppo costosa) per ragazzini che preferivano ai braccialetti dell’amicizia le magliette abbinate. Ora più che mai questa tecnica è diventata un vero e proprio trend per la Primavera/Estate 2020. Infatti, il tie-dye si è aggiudicato il timone dei trend più fortemente desiderati di quest’anno, elevando la moda ad uno status nuovo, che si sta già diffondendo sulle nostre pagine Instagram e nei nostri negozi preferiti. 

La nuova mania inizia lo scorso Settembre (durante le passerelle Primavera/Estate 2020), quando R13, Prabal Gurung ed Eckhaus Latta presero d’assalto la Settimana della Moda di New York con pezzi fatti con questa metodologia. Certo è che questi articoli innovativi assomigliavano poco ai loro antenati.

Rispetto agli indumenti lavorati tie-dye degli anni scorsi che rievocano immagini degli anni ’60 e ’70, o ricordi di quando si intingevano a caso magliette scadenti in tinture ricche di colore, quello contemporaneo è un ibrido che sembra fresco e provocante. Una volta le sfumature distinte non si mescolavano per creare tonalità nuove ed efficaci; erano nettamente divise, fungendo più da stampa che da fusione cromatica.

Il risultato? Un trend dinamico, hot, che sembra pulito ma strutturato, anticonformista ma fatto su misura, all’avanguardia ma contemporaneo. La reinvenzione del tie-dye ci racconta una storia di enorme confronto: un paragone che però trionfa (decennio dopo decennio), che eleva (il nostro dilemma dello stile cupo attraverso una psichedelia di colori) e che funziona sempre negli anni (se abbinato correttamente).

Il tie-dye spesso è collegato alla puerile ricerca di piacere del party bus di Ken Kesey. Gli stilisti di numerosi brand però si rifiutano di porre fine a questo trend (esempio lampante: la collezione iconica di Loewe P/E 2020) e, siccome numerose personalità di spicco di ogni tipo se lo concedono, non è destinato meramente alle stagioni da festival. Anche se questo trend del 2020 è stato in lavorazione per tutta la durata dell’isolamento globale, esso ha già preso lentamente piede in molti negozi di moda (grandi e piccoli). Allo stesso modo, comprando articoli di design e convenienti, potrai dare un’incredibile occhiata alla perfetta composizione di tie-dye (e nel mentre mostrare a tutti i migliori look “off-duty”).

Ecco nella gallery seguente una vera full immersion!

Eyewear: i modelli per i gentlemen moderni

Forme iconiche, lenti ultra high tech, design sofisticato, questa l’essenza dei nuovi occhiali da sole di tendenza per il perfetto gentleman moderno che ama lo stile e ha carattere, una personalità che si esprime attraverso scelte ben definite. Tanti i modelli che dettano i trend di stagione, da quelli che celebrano lo stile maschile “sartoriale” con montature classicheggianti, ai modelli più rock, passando per quelli dall’impronta futuristica con lenti colorate e dal design accattivante. 

Ecco una selezione di novità e pezzi iconici del mondo dell’eyewear. 

Nella gallery: Mykita, Italia Independent, Kyme, Fede Cheti, Rayban, Prada, Dolce & Gabbana, Giorgio Armani, Silhouette, Neubau, Izipizi.


MYKITA

Il brand propone modelli iconici con montature super moderne che strizzano l’occhio alle forme vintage e che interpretano un remake nuovo, fresco, anche attraverso le rifiniture, ora opaca, ora lucente. Ultraleggeri e super hi tech, gli occhiali contemplano diversi stili: il modello aviatore, declinato nelle versioni in oro con lenti verdi e in acciaio con lenti scure, a mascherina tondeggianti o squadrate, tondi con montature dal design avanguardistico. Come quelli della collezione creata in collaborazione con Maison Margiela che insieme reinterpretano le forme iconiche con una radicale sperimentazione e un approccio ai materiali unconventional

ITALIA INDEPENDENT

Il marchio italiano punta tutto sui materiali creando, tra le altre, una collezione totalmente in velluto, unisex e dal carattere moderno, con lenti sfumate, e design iconico. Ultraleggeri e dal carattere vintage, le proposte della Capsule Collection “Satisfaction”: i modelli sono ispirati alle atmosfere anni ’70 e al mito delle rock star pensati per chi vuol dimostrare a tutti la propria personalità, camaleontica ma fedele allo stile originale. 

KYME

Design italiano, carattere cosmopolita, le linee di occhiali da sole del brand Made in Italy sono ispirate ai modelli classici ma con un twist tutto moderno. Tante le novità: dai modelli rounded con lenti fumé, a quelli dalle montature maculate e declinate in diverse tonalità. Non mancano i modelli dalla forma più squadrata con lenti colorate e montature ultraleggere. 

FEDE CHETI 

Tra gli accessori ‘essentials’ dello stile maschile non possono mancare le lenti da vista creati con materiali pregiati e che sfoggiano una particolare identità, grazie al design delle montature come quelle tonde declinate in varie nuance che vanno dal blu scuro al cobalto. Non mancano i modelli più casual, con montature più quadrate e i colori più accesi come il verde acido con lenti fume a contrasto. Fede Cheti coniuga tradizione ed heritage con un occhio puntato sui materiali utilizzati per la creazione delle Line, come anche il mood, fresco, giovanile, nuovo. 

PRADA

Geometrici e dal design contemporaneo, Prada ci propone un modello, declinato in varie palette, super squadrato con una forma geometrica definita e dalla montatura in metallo, le aste ultraleggere e una versione pop, direttamente dalla passerella. 

DOLCE & GABBANA

Le proposte del duo italiano celebrano lo stile da gentleman maschile che ama i dettagli e i vezzi di stile. Proprio come le loro proposte: i celebri modelli classici sono declinati in varie tonalità, dal marrone, al nero, passando per il grigio e il blu notte. Forme iconiche come quelle da aviatore, tonde, squadrate o a mascherina che celebrano lo stile casual e classico allo stesso tempo con un’impronta tutta italiana. 

GIORGIO ARMANI 

Stile inconfondibile e audacia nel design, i modelli di Giorgio Armani hanno un effetto “eye-catching” grazie a trasparenze, metalli utilizzati e texture che delineano i profili degli occhiali da sole della nuova stagione. 

Direttamente dalle passerelle, la linea si presenta con i più svariati modelli: da quelli in stile vintage con rifiniture in oro, a quelle ispirati alla moda contemporanea creano un effetto modellante del viso grazie alla loro particolare forma, passando per i modelli iconici e in stile sartoriale con un forte richiamo all’heritage del marchio. 

SILHOUETTE 

La collezione Futura per Silhouette si presenta come una reinterpretazione in edizione limitata di Futura eyewear, un classico cult degli anni ‘70, con il suo stile futurista. Un’icona nel campo dell’eyewear da sole che oggi rivive una nuova luce grazie a una rivisitazione. Questa nuova collezione unisce il glamour tipico degli anni ’70 e le tecnologie ultralight del futuro. La palette di colori si attenua rispetto alla prima versione progettata, e le lenti particolari permettono di percepire i colori in maniera brillanti con contrasto intensificato. 

NEUBAU (Ecosostenibili) 

Innovativa e dal design futuristico, la collezione del brand Neubau, Côte du Soleil, brand che ha messo a punto il primo procedimento di stampa 3D per i suoi occhiali utilizzando un materiale totalmente naturale, attraverso il ‘Natural 3D’. Una collezione, quindi, 100% biobased che utilizza un olio estratto dai semi della pianta di ricino, che viene polverizzato. La stampante 3D realizza strato dopo strato la montatura senza alcuno scarto e il materiale in eccesso viene riutilizzato nelle produzioni successive.

Tre modelli occhiali da sole che celebrano il mito della riviera francese degli anni Sessanta con un richiamo al film cult di Jacques Deray “La Piscina”.

IZIPIZI

Colori vivaci e delicati che uniscono il minerale e il fruttato. Una collezione in movimento, con la novità che le stanghette sono lavorate come onde, donando un tocco di leggerezza ai diversi modelli. Giochi di texture tra le stanghette e la montatura, questa nuova collezione ispirata alla natura ritmerà l’estate con 5 colori inediti.

Beachwear per l’estate

Da qualche settimana stiamo immaginando come saranno le nostre vacanze al mare, tra distanze di sicurezza e spiagge su prenotazione non sarà semplice districarsi durante la stagione estiva. Per quanto riguarda l’outfit invece, non serve sforzarsi troppo. Anche per questa stagione, molti brand ci stupiscono con nuovi colori e fantasie originali che accontentano tutti, dagli amanti del boxer ai professionisti dell’abbronzatura con lo slip. Non mancano infine le mascherine da abbinare, destinate per forza di cose a diventare un accessorio fondamentale per completare il nostro look, in città come al mare.


SAFE MILANO

RED

ORLEBAR BROWN

HTC LOS ANGELES

FRED PERRY

MOOSE KNUCKLES

ANTONY MORATO

ELLESSE

VILEBREQUIN

HAND PICKED

MANUEL RITZ

Davide Marello : “Il mio marchio è un album di ricordi della mia vita”

Viviamo in un’epoca in cui ognuno vuole tutto e subito, crediamo di poter raggiungere i nostri obiettivi semplicemente perché ci crediamo ma se ci fermassimo a pensare, apprendere e migliorare per poi continuare ad inseguire i nostri sogni?

C’è chi trova sin da subito la propria strada e chi ha bisogno di tempo e d’esperienza per capire come raccontare la propria storia. 

Davide Marello è nato e cresciuto ad Asti, a 18 anni si è trasferito a Milano e dopo aver intrapreso gli studi di moda presso l’istituto Marangoni con varie esperienze per piccoli e grandi brand, ha presentato il suo marchio Davi Paris lo scorso giugno a Parigi dove attualmente risiede, un traguardo che ogni giovane designer sogna, eppure è solo l’inizio di questa storia.


Quando hai capito di voler diventare un designer?

Ho avuto la fortuna di crescere con una nonna sarta che probabilmente mi ha trasmesso l’amore per la sartoria ed in più, subito dopo la maturità, credevo che Milano e la moda sarebbero state il mio escamotage da un lavoro d’ufficio sedentario. 

Stiamo parlando di un periodo, quello di fine anni ’90, in cui la moda aveva un forte impatto sulla società, era il periodo delle top model e di Gianni Versace, mi affascinava la visione di una femminilità esuberante, l’approccio al colore e l’idea di mischiare il sacro con il profano. 

Sicuramente il mio primo imprinting estetico è stato Versace mostrando il suo amore per la Magna Grecia ed io ho sempre avuto una passione per la mitologia confrontata con l’arte contemporanea, probabilmente ho iniziato questa carriera pensando di lavorare sulla moda femminile grazie a lui poi con il tempo ed esperienza ho affinato la mia estetica e gusto scoprendo la mia strada. 

Qual’é stata la scintilla che ti ha spinto a dar vita ad il tuo brand “Davi Paris”?

Credo che la scintilla sia stata il potere della moda sulle persone, il poter essere attirati da un abito e riuscire a mutare la percezione che gli altri hanno di noi stessi. Con la moda puoi sottolineare il tuo carattere ma anche trasformalo o semplicemente nasconderlo, sono stato affascinato da questo aspetto sin da piccolo.

Ho subito anche il fascino della fotografia grazie ad Helmut NewtonRichard Avedon e Steven Meisel che riuscivano a trasmettere emozioni e stati d’animo con delle semplici immagini. 
Io in realtà non ho mai pensato di voler dar vita ad una mia visione, ho sempre amato lavorare su dei progetti già esistenti e riutilizzare l’archivio di un brand per dar vita ad una nuova storia, probabilmente ho capito con il tempo di esser pronto a fare un grande passo ed avere un’idea ed una visione tale da poter far ascoltare anche la mia storia.

Ho sempre pensato che prima di entrare in guerra uno debba essere munito delle proprie armi per essere in grado di difendersi ma anche di attaccare e alla fine sono sceso in campo anche io. 

Cosa ti ha spinto verso la moda uomo e a chi si rivolge “Davi Paris”?

La mia prima esperienza con la moda uomo è stata con Giorgio Armani, credo di aver appreso molto su come si formi un’immagine ben precisa dell’uomo e come questa possa seguire dei codici predefiniti ma ho anche capito che la condivisione ed il confronto con le nuove generazioni sia essenziale. 

Mi piace rivolgermi ai ragazzi più giovani perché credo che la moda sia freschezza e contemporaneità ma al tempo stesso cerco di creare una via di fuga dalla monotonia della realtà, ho voluto dedicare un momento di evasione a tutti gli uomini con la camicia popeline azzurra perché in questi anni ho capito che anche il maschio alpha ha l’esigenza di mostrare un nuovo aspetto di se stesso e proprio per questo il mio primo capo fu una camicia con stampa floreale. 

Ho voluto formulare il mio progetto anche con una certa fluidità di genere, io dico sempre che la mia collezione è maschile perché mi piace pensare ad un uomo che voglia indossare qualcosa di diverso che pesca un po’ per tessuti e forme associate al mondo femminile ma che mantiene un sottile equilibrio.

Devo dire che sono rimasto anche un po’ sorpreso da vedere i miei capi indossati da rapper e trapper anche se trovo stupendo il poter utilizzare la moda per esprimere quella vena estrosa che appartiene alla cultura show-off della black music è molto interessante vedere come le persone possano interpretare il mio messaggio più romantico e legato a Parigi adattandolo alla propria storia.

Sono stato sempre etichettato come designer sartoriale avendo lavorato a lungo per Alessandro Michele e Boglioli ed in questa mia collezione ho voluto strapparmi un’etichetta mostrando un nuovo aspetto della mia creatività per poter magari stupire. 


Perché la decisione di presentare la tua prima collezione a Parigi?

La scelta di Parigi è stata una scelta naturale, dopo aver lasciato la direzione creativa di Boglioli ho voluto prendere un momento solo per me, staccarmi dai ritmi frenetici della moda così ho colto l’occasione per abbandonare la mia comfort zone per vivere un’esperienza a Parigi, una città che ho sempre idealizzato, molti miei amici designer mi raccontavano delle loro brutte esperienze in questa città ma io invece l’ho subito amata, trovo che sia un luogo che mi assomiglia molto. 

Parigi è una città romantica, melanconica, culturale e con una leggera vena nostalgica senza trascurare la bellezza dell’arte antica in perfetta armonia con quella moderna, purtroppo in Italia siamo molto attaccati al passato non riuscendo a dar spazio alla contemporaneità. 

Ho voluto che Davi Paris fosse un progetto più onesto possibile per questo motivo ho ritenuto giusto presentarlo nella città che più mi rappresenta. 
 
Quale è la tua definizione di “designer”?

Per me il designer è colui che riflette nella moda ciò che vive. 

Io amo viaggiare e prendere spunto da altre culture ed al tempo stesso scopro ogni giorno nuove cose nella mia città cercando di essere molto lucido per far si che le mie esperienze personali incidano col giusto peso sul mio progetto.

Credo che il mio marchio abbia tanto di me, del mio vissuto e del mio passato, mi dico sempre che Davi Paris è un po’ come un vecchio album fotografico di ricordi della mia vita che condivido con il mondo. Il designer di successo è colui che interpreta una storia ed un’estetica per rompere gli schemi. 

Cosa ti manca di più di Milano? 

Milano per me rappresenta l’Italia, la forza che trasmette, la meritocrazia e lo scambio perché è una città che se sei in grado di “dare” ti restituisce tutto. 

Se devo esser sincero mi manca, mi manca come noi italiani siamo in grado di affrontare e risolvere i problemi, l’artigianalità ed il nostro know-how che dovremmo tutelare soprattutto in questo momento di crisi. 

Ricordi la tua prima camicia stampata e a cosa ti sei ispirato? 

Per me è stato un colpo di fulmine, era un vecchio archivio di una stamperia, una stampa con dei grossi fiori nei toni del rosa, cipria, azzurro, una sorta di camouflage floreale al limite tra il maschile ed il femminile, mi fece pensare subito ad una gonna plissettata che indossava sempre mia nonna, ecco il potere dei ricordi e della fotografia che riaccendono delle sensazioni.

Ho voluto darle il nome di mia nonna “Rita” e per me è stato come un talismano o portafortuna, un bel ricordo. 

Avendo intrapreso un percorso di studi universitario nel settore moda, cosa consiglieresti ai ragazzi che oggi sognano di diventare designer? 

Credo che i requisiti fondamentali per un designer siano l’umiltà e l’ambizione ed è molto difficile farli coesistere in quanto spesso l’ambizione ti porta a non essere umile e a voler bruciare le tappe. 

Noto che questa nuova generazione tende a volere tutto e subito, il successo istantaneo non esiste, per crescere bisogna applicarsi con la cosiddetta “gavetta” per costruire la propria strada ed affinare la professionalità, serve capacità di resilienza e tanta personalità.

Ad oggi, specialmente dopo questa grandissima crisi, bisogna essere molto attenti a ciò che si fa e per tutti coloro che vogliano aprire un marchio credo debbano valutare ogni singola decisione partendo da un messaggio molto forte e concreto e non solo poesia. 

Quale sarà il cambiamento di Davi Paris al termine della self-isolation?

Non so quale sarà la svolta del settore moda e tantomeno del mio brand, credo solo che in futuro ci sarà molta più selezione per far continuare a far scegliere il proprio marchio. 

Io sto cercando di far crescere il mio progetto nella maniera più organica possibile, non voglio che cresca troppo in fretta, preferisco che inizialmente sia un messaggio più intimo e congruo con la mia visione per questo motivo son riuscito a contenere i danni che questa pandemia ha apportato al nostro settore.

Mi manca poter toccare con mano i tessuti, avere un confronto umano con il mio team ma non credo che la mia creatività ne abbia risentito, son pronto a rimettermi in gioco, bisogna continuare a convincere le persone che tu sia il progetto da salvaguardare.

Corum Admiral Bronze: L’orologeria dedicata al mare

Trendy, chic, sportiva la collezione Admiral celebra l’amore per la nautica: un tributo al mare con una linea di orologi di alta gamma pensati per l’uomo che ama lo sport, ma che non rinuncia alla qualità e allo stile. 

È con la creazione di Admiral 42 Bronze che Corum vuole celebrare non solo il suo DNA, ma anche esaltare il design nautico. La collezione si compone di due nuovi modelli, custoditi in una cassa in bronzo, per rendere omaggio alla bellezza e allaforza dell’ottone utilizzato sulle navi storiche.

Il look dei due orologi è prettamente vintage, si può notare dalla rifinitura spazzolata sulla cassa e la lunetta segnatempo. I dodici indici richiamano il mondo nautico ma non solo: anche il colore dei cinturini in alligatore si ispirano al mare grazie alle tonalità blu navy e verde “mare”.

Impermeabile fino a 50 metri, l’Admiral 42 Bronze è l’orologio perfetto per tutti gli appassionati di vela.

Insomma oggi chi sceglie un orologio di alta gamma vuole affermare al mondo il proprio stile, ancora di più se esso è legato alle nostre passioni . 

Abbiamo anche pensato a una selezione di capi perfetti per i segnatempo Corum. 

POLO IN MAGLIA – Dries Van Noten

PANTALONI SLIM FIT BEIGE – Dolce & Gabbana

MOCASSINI IN PELLE – Santoni 

FEDORA IN GROSGRAIN- Borsalino 

OCCHIALI DA SOLE – Fendi 

Fashion film: Fences

Nella nostra società, i pregiudizi sono sempre più frequenti e si presentano con molteplici sfaccettature. Solitamente, la maggior parte delle persone tende a giudicare una persona dalla sua apparenza ed è proprio qui che nasce il pregiudizio. Ognuno di noi dovrebbe imparare a sperimentare prima di giudicare, guardare oltre l’apparenza, ai colori e agli stereotipi. Dovremmo provare a capire che la diversità non è una cosa sbagliata, un motivo per essere considerati ridicoli o qualcosa di cui avere paura, piuttosto un elemento che ci arricchisce e che ci rende unici ed inimitabili. Questo mini film racconta la storia di un ragazzo che si sente solo, isolato e perso. Un ragazzo che nonostante il periodo difficile, sarà in grado di trovare un modo per cambiare, cercando approvazione dove aveva sempre trovato distacco.


Team

Art director and stylist : Simone D’Angelo @simondangel

Video : Andrea Riva @andrearivavideo

Visual consultancy: Stefano Guerrini @stefano_guerrini

Models:

Simone D’Angelo ( agency: brave models)ig @simondangel

Luca Maurino(agency: boom models) ig @luca_maurino

Thiago Perri (agency: major models) ig @thiagoperri

Demba (agency: indipendent mgmt) ig @kingdeemboyz

Voice:

 Leo Mel ig @eyestodream (agency: Fashion Model)

Music mix and master :

 Lee Hook ig @madleehook

Production 

Mad light creative ig @madlightcreativestudio

Models  wear:

Simone :necklace clocks and colours, plaid shirt Timberland, belt Diesel, jeans Siviglia, shoes Zara

Luca: necklace Clocks and colours, hat Adidas, plaid shirt diesel, suit Champion, shoes Champion

Demba: hat Nike, trousers Versace, shoes Nike

Thiago: necklace Clocks and colours, shirt zara, trousers armani, shoes Adidas

The Savile Company: l’atelier per il gentleman contemporaneo

Quando si parla di sartorialità spesso si pensa all’immagine di vecchi sarti, abiti impeccabili ma pensati per l’avvocato o il manager classico e un po’ old style. 

Da un’idea di artigianalità ma riletta in chiave moderna e anche digital Alessio Cursi, imprenditore e amante del bien vivre, ha pensato a una piattaforma verticale di prodotti e servizi sul mondo “su misura” dedicata a nuovi Gentleman.

Alessio Cursi, fondatore di The Savile Company

Così è nato The Savile Company, un atelier per abiti e accessori su misura nel cuore di Milano (in via Rovello 18) ma anche un club di prodotti e servizi esclusivi per i propri clienti.

Racconta lo stesso Alessio Cursi, perfetto esempio di globetrotter 2.0: “Grazie a un ampio network di artigiani e realtà straordinarie rigorosamente Made in Italy riusciamo ad avere accesso ad un mondo di stile e design in grado di sviluppare progetti one-off esclusivi”. Da qui sono nate tante collaborazioni esclusivi con brand e aziende come Mini, Stilnovo, Holland&Sherry, Sacs, e Zagato, tanto per citarne solo alcuni.

The Savile Company è  un nuovo modello di business integrato (retali-digital) dove contenuti editoriali, prodotti e servizi BeSpoke si fondono in esperienze di acquisto e consumo uniche. E precisa Cursi, che è in prima linea impegnato nella supervisione creativa e produttiva: “ Vogliamo supportare i nostri clienti nella creazione di uno stile personale, trovando soluzioni e risposte ad hoc per le loro esigenze.

Ci basiamo su un’accurata scelta di tessuti e materiali, che culmina nel design e nello styling del prodotto, per ottenere il perfetto abito e accessorio ‘sartoriale’. Presentiamo un’offerta vasta e strutturata, che comprende tutto il mondo del tailoring ‘su misura’.

E grazie alla nostra rete di maestranze dislocate su tutto il territorio italiano, siamo in grado di offrire l’eccellenza su tutti i prodotti e categorie merceologiche: dalla sartoria con abiti, capi spalla, camicie, polo fino a tutta una serie di  accessori – sempre su misura – come  cinture, scarpe, cravatte, borse, fino alle valigie.”  

Un progetto che vuole portare una ventata di modernità  a un mondo che vede oggi la nascita di una nuova generazione di uomini che sono alla ricerca di qualità senza compromessi, ma con forme e materiali più ‘aggiornati’ e abbinamenti meno consueti.

E proprio per questo The Savile Company sviluppa, inoltre, “capsule collections” e “private label” dedicate, prodotte sulle specifiche necessità dei committenti.

I clienti possono infine ‘reinterpretare’ e recuperare abiti del passato, come il cappotto del “nonno” magari realizzato da sarti di un tempo con fitting over ma di  ottima qualità con spalle giganti che si usava portare un tempo, o il pantalone tanto amato ma con fondo molto largo non più adatto ai tempi.

Grazie a sapienti maestri anche questi capi possono essere trasformati, integrandoli con qualche capo per sostituire la giacca o il pantalone di uno spezzato oppure semplicemente giocare con cravatta, pochette e camicia.

Un Atelier dove la dimensione umana e artigianale incontra lo stile moderno e senza tempo, supportato dal digital e dalla cultura di un saper fare rigorosamente italiano.

www.thesavilecompany.it
Via Rovello 18, Milano
@thesavilecompany

Food for thought & fun. Il nuovo progetto social di Michele Chiocciolini

Il nuovo progetto social @micolovescooking di Michele Chiocciolini.

Un creativo poliedrico che ha saputo caratterizzare il suo brand grazie all’amore per l’architettura, il colore e la qualità tutta artigianale, ma sempre nel segno della contemporaneità.

Sono le creazioni di Michele Chiocciolini, che insieme alla sorella Francesca ha lanciato nel 2012 un brand di borse e di recente anche il primo flagship store nel cuore di Milano in via Stoppani 12.

La formazione di Michele parte dalla laurea in architettura cui si aggiungono la passione per la pittura e grafica con una visione della moda ispirata dalla cultura Pop & Graffiti e alle atmosfere anni Ottanta della New York di Keith Haring, Basquiat e Madonna. Una visione che ha saputo trasferire nelle sue collezioni e nei disegni che rappresentano sempre con ironia il suo immaginario.

Tra le altre passioni è da sempre la cucina, che ci racconta lo stesso designer: “Ho sempre amato cucinare, l’ho sempre fatto per gli amici; ho rubato l’arte con gli occhi dalla mia mamma e dalle nonne e ciò che mi ha sempre divertito di più era la creazione di piatti con quello che trovavo in frigorifero”.

Da questo amore per la convivialità e dal periodo di forzata quarantena Michele inizia a intrattenere i suoi amici cucinando in diretta dal suo account Instagram personale. Decide, quindi, di declinare questa sua filosofia anche nel food e nasce il progetto instagram @micolovescooking che diventa una nuova espressione di creatività che inizierà a condividere con tanti ospiti selezionati in diversi ambiti professionali.

E precisa Michele in merito alla nascita di questo progetto: “Questo momento storico ha reso ancora più forte il concetto di uguaglianza tra le persone, qualunque rilievo e ruolo ricoprano nella nostra società, tutti siamo vulnerabili allo stesso modo. Sulla base di questo principio, che mi è sempre appartenuto, ho scelto di chiacchierare con tante persone, ognuna con delle specialità che appartengono ad ambiti professionali diametralmente diversi”.

Anche noi di MANINTOWN abbiamo chiacchierato con Michele, che non solo ci ha raccontato di questa nuova passione, ma anche dedicato uno speciale burger di Quinoa. Godetevi quindi la lettura e provate la ricetta di MicoLovesCooking. 

Come vive un creativo il lockdown? Raccontaci la tua giornata in questi mesi

La mia quarantena è all’insegna della riscoperta. Da poco sono a Milano in pianta stabile e non ho ancora effettuato un trasloco definitivo delle mie cose dalla casa di Firenze. Certo è che ho portato con me i miei piccoli tesori, le scatole con foto, biglietti, appunti e disegni di questi ultimi anni.

Tanti progetti e idee realizzate e adesso stipate in scatole di latta. Ripercorrere a ritroso questi anni di intenso lavoro  è stato un passatempo divertente. Dopo aver dedicato tempo alla lettura e ai film che mi ero perso, ho curato le piante del ballatoio e cominciato un po’ ad allenarmi. Ma la cosa che più mi ha coinvolto in questo periodo è stato il mio amore per la cucina creativa.

Come è nato il progetto che unisce food e social?

Cucinavo dal mio instagram personale e molti apprezzando mi chiedevano ricette e consigli! Ho deciso così di aprire un nuovo profilo @micolovescooking dove incontrare e intervistare in modo molto democratico persone che destavano in me curiosità e interesse e che sono diventate amiche anche dopo l’intervista.

Inoltre la diretta Instagram fatta nei due appuntamenti quotidiani 12:30 e 19.00 non solo regalava loro un piatto, ma inspirava in me un disegno. Una ricetta disegnata in chiave pop secondo il mio gusto grafico da regalare all’ospite stesso.

Come scegli i personaggi e le ricette?

Il taglio che segna la scelta degli ospiti di “cucinando e conversando” è molto trasversale e democratico. Sono persone che provengono da ambienti lavorativi diversi, spesso da spettacolo, moda, cinema, food, ma non è detto.

Una nota che deve contraddistinguerli è la creatività e il mio spiccato interesse. Dopo una diretta Instagram dove  gli ospiti  parlano e io cucino, dedicherò loro una ricetta e un disegno speciale.

Quali le ricette cui sono legati particolari ricordi?

La ricetta  del mio cuore è il tortello di Castagno d’Andrea fatto da mia nonna Jole con le patate di mio nonno Stefano. Indubbiamente la cosa più buona del mondo!

La ricetta che hai pensato per i lettori di MANINTOWN?

Vi dedico un panino molto speciale! Con un burger di Quinoa, green salad, french fries & tomato ketchup, sweet and sour cucumbers, mustard e cheese. E come caratteristica fondamentale del mio Mico’s burger per MANINTOWN un panino al sesamo a forma di cuore … come il cuore Chiocciolini.

Come evolverà il tuo brand post Covid -19? 

Io e mia sorella Francesca, socia del mio brand, avevamo già prima della pandemia iniziato a riflettere su un concetto di moda più sostenibile. Lo avevamo fatto in modo spontaneo e naturale. Parlo di un’etica nella  produzione.

Abbiamo cercato di fare collezioni mirate, destinate a rimanere nel tempo come continuative, allontanandoci dall’idea di moda veloce e temporanea che si possa bruciare sui social nel giro di pochi post per poi fare cose nuove. Post Covid continueremo a disegnare e creare meno cose, purché ben fatte e rigorosamente Made in Italy.  

Accanto a ciò espanderemo il nostro progetto ad un mondo più completo fatto di altre sfaccettature della mia vena creativa, come la grafica e anche la cucina! Stay tuned…

La moda del “distanziamento sociale”

“Il futuro inizia con una scintilla, un’intuizione. Una nuova consapevolezza che spezza le catene del passato e ispira la tecnologia a immaginare nuovi mondi” afferma Ridley Scott. 

Quando questi nuovi mondi incontrano il progresso tecnologico e la ricerca creativa, allora è legittimo pensare e creare futuri possibili, come già sta accadendo nel mondo della moda.

Gli abiti si digitalizzano, diventano 3D, si costruiscono intorno a materiali ibridi, sensori e dispositivi interattivi, si rivestono dei progressi tecnologici per diventare interfaccia tra corpo e società.

Diventano strutture composite, non solo per le forme, spesso articolate, ma soprattutto per la loro composizione materica. In questo sincretismo gli abiti si aprono ad astrazioni geometriche, si articolano in figure fitomorfe e invadono il corpo con innesti ed estensioni che sembrano creare protezioni interne o, al contrario, gusci-corazze esterne.

È il 1960 quando due medici americani, Nathan S. Kline e Manfred E. Clynes, coniano il termine cyborg per suggellare l’ibridismo dell’uomo-macchina, di colui che incorpora deliberatamente componenti esogeni per estendere la fusione autoregolatrice dell’organismo in modo da adattarlo ai nuovi ambienti, demarcando la linea di confine e di conflitto tra uomo e spazio.

Non è solo fantascienza, anche nella moda si stanno delineando inedite forme di abiti potenziati, trincerati dietro la tecnologia, che fanno da apripista a nuovi scenari comunicativi.

La figura stessa del fashion designer è in fase di ridefinizione, diventa sempre più un maker, sempre più un costruttore di forme che nella gestazione progettuale stabilisce un rapporto di cooperazione con informatici, scienziati e ingegneri, che attinge al mondo sartoriale così come al design industriale, alla biologia sintetica, alle nanotecnologie e alla simulazione numerica.

Il giornalista Bradley Quinn, autore del libro “Fashion Futures”, da anni sostiene che gli abiti, per come li conosciamo oggi, appartengono già al passato e che la vera sfida è quella di creare un dialogo di inclusione tra ciò che indossiamo e le tecnologie che usiamo ogni giorno. 

“La moda futura ci darà una nuova pelle multisensoriale che incorporerà le tecnologie più all’avanguardia potenziando le nostre capacità fisiche ed intellettuali”.

E se quello che prima era solo sperimentazione visionaria, progettazione borderline o rappresentazione distopica, nello scenario della moda post-covid, diventasse una possibile realtà?

Creare, attraverso un abito implementato di tecnologie, un livello di omeostasi tale da consentire all’uomo di adattarsi e di fronteggiare, nella sua nuova condizione di essere autoregolante, l’habitat esterno.

Alcuni fashion designer hanno già concretizzato l’idea di abito a “distanziamento personale”, creazioni “prossemiche” attente alla difesa dello spazio e alla distanza relazionale. 

Pensiamo agli abiti robotizzati del progetto Possible Tomorrows di Ying Gao, che collegati ad un sistema di riconoscimento delle impronte digitali si animano solo in presenza di persone le cui impronte non sono riconosciute dallo scanner; allo Spider Dress 2.0 della designer viennese Anouk Wipprecht rivestito di sensori di prossimità e di zampe elettroniche che si impennano quando qualcuno si avvicina troppo; allo Smoke Dress che emette fumo in caso di invasioni di campo del proprio spazio fisico o emozionale; oppure al Defensible Dress, realizzato dallo studio di design HÖWELER + YOON, che si indossa sotto gli abiti e suona quando qualcuno si avvicina troppo.

Abiti concepiti come barriere protettive in difesa di minacce esterne e di interazione con l’ambiente circostante. Armature urbane che delimitano il contatto grazie ad aperture aeree, come le architetture tridimensionali dell’avveniristica Iris Van Herpen.

Volumi mutanti che si contraggono in intrecci futuristici, biomimetici e zoomorfi, trame che sembrano liquefarsi in forme organiche e figure prismatiche, stampe 3D, resine sintetiche, vetro, ceramiche e metalli che assecondano il mutamento del corpo e ne sfruttano le possibilità ispirandosi all’ambiente circostante.

In questa dimensione la moda potrebbe diventare anch’essa campo di attuazione delle sperimentazioni condotte in altri ambiti, fortificandosi con le innovazioni tecno-scientifiche per ridurre i limiti umani, creando strutture autosufficienti indossabili come una seconda pelle. 

“Self-isolation can’t stop creativity”

Quando tutto si ferma e si è vittima di una realtà che ha segnato profondamente il nostro quotidiano, l’unica via di fuga è la mente; non importa che tu sia un pilota, un paracadutista o un cameriere perché con la creatività puoi fare ciò che vuoi. 

Se l’arte non conosce epoca o pandemia, gli artisti in questi mesi di lockdown hanno affrontato un cambiamento radicale nel proprio processo creativo, per questo motivo in queste settimane abbiamo chiesto a giovani designer, stylist, fotografi e modelli che ogni giorno sono a stretto contatto con il mondo fashion di raccontarci cosa, ma soprattutto come, stessero affrontando l’isolamento.

In ordine di apparizione: 

–   GIORGIA ANDREAZZA (@centodiciassete – DESIGNER for @giorgiandreazza) 
–   LEONARDO PERSICO (@leonardopersico – STYLIST) 
–   LIZA PLOTNIKOVA (@liza_plotnikova__ – MODEL)
–   MARCELLO ARENA (@marcello_arena – PH)
–   NICOLE VALENTI (@nicolevalenti – DESIGNER for @valenti_official) 
–   UMBERTO MANCA (@umberto_manca – MODEL)

“Questo progetto è dedicato a tutti i giovani ragazzi che nella vita sognano di poter lavorare a stretto contatto con il settore fashion e che in questo difficile periodo stanno cercando di mantenere vivo questo mondo, partendo dalla loro creatività.”

Fashion editor: Francesco Vavallo @francesco_vavallo
Film by Simone Santus @simomlrcw
Powered by @lookmi.it

Lyst Index: i brand e i prodotti più amati

Tra colossi del lusso attenti all’innovazione e al sociale alle new entry che popolano l’universo social. Vince chi si adatta, chi non rimane fermo e sa ascoltare il suo pubblico. Off-White in testa, presenti Valentino, Versace, Burberry, Balenciaga ma anche Asics e Nike

Cosa cercano i consumatori online? Quali sono i pezzi più ricercati e i brand più ambiti? Quanto la realtà che stiamo affrontando crea nuove regole per l’industria della moda? La nuova edizione di Lyst Index risponde a queste e tante altre domande e curiosità. ll report trimestrale, che individua periodicamente marchi e i prodotti fashion più desiderati su scala mondiale, ci propone un’interessante classifica indagando il comportamento di 9 milioni di utenti che acquistano capi e accessori in oltre 12.000 store. L’ultima analisi coinvolge i primi tre mesi del 2020 e vede presenti le conseguenze che l’incombere del Covid 19 ha avuto all’interno del settore e nelle menti di chi acquista.

Hottest Brand – La Top 20 

Con oltre 10 milioni di followers su Instagram e un fatturato di quasi 350 milioni di dollari, Il brand di Virgil Abloh è in assoluto il più ricercato in tutto il mondo. Off-White si piazza stabilmente al top per il 3° trimestre consecutivo, frutto anche del suo importante approccio digitale e al mondo dei giovani, che amano e sostengono il brand e le sue collaborazioni, da Nike a Evian fino ad Ikea. 

Mascherina Off-White

Cresce Balenciaga, il suo recente show per l’edizione autunno-inverno della moda donna di Parigi è stato un determinato connubio tra esperienza, ricerca, arte e stile. Le modelle hanno sfilato sull’acqua in un set cupo ed evocativo, le immagini della passerella francese hanno incuriosito e affascinato la rete come non mai, non solo per gli abiti. Nike al 3° posto, è forse uno dei risultati più interessanti salendo di ben 9 posizioni dalla precedente indagine, le sue iniziative globali e la sua vicinanza a tematiche socialmente rilevanti hanno aumentato in maniera esponenziale le richieste dei consumatori di tute, felpe e sneakers del brand. Gucci, per la prima volta, scende dal podio. L’arrivo di Raf Simon in casa Prada, invece, genera un aumento del 911% delle menzioni sui social per il marchio facendolo salire nel ranking l’azienda.

Nuovo ingresso per Jacquemus, 15° posto, dopo la sua ultima sfilata, tra tante top model e i suoi abiti dai tagli leggeri e voluttuosi, ha visto un incremento di oltre il 1.100% delle menzioni sui social entrando per la prima volta nella classifica Lyst dei 20 brand più cercati online. Spazio anche a Rick Owens e Thom Browne, le altre due new entry.

Prodotti uomo più desiderati

Off-White primo anche qui con la sua mascherina nera riportante il logo a freccia, sold out quasi ovunque. Tanti brand hanno riconvertito i loro stabilimenti per la produzione di strumenti necessari per fronteggiare la pandemia ed hanno effettuato cospicue donazioni volte alle realtà nazionali e internazionali. Questo ha, in discreta parte, influito nelle scelte d’acquisto. Non solo, alcuni hanno pensato di creare delle proprie mascherine brandizzate. Risultato: un’impennata delle ricerche durante il trimestre. Gucci, con la felpa dedicata a Mickey Mouse, si piazza al 3° posto, presenti inoltre VersacePrada, Asics e Nike, che con le sue sneakers dedicate a Kobe Bryant occupa il 4° posto della classifica.

Felpa Gucci

Prodotti donna più desiderati

Bottega Veneta prima con la sua borsa matelassé Cassette, interessante la posizione della shopper di Telfar, 3° posto. Presenti anche brand come AdidasNike con i suoi joggers in pile, New Balance e GanniChanel è in top 10 con l’iconica 2.55 vintage, modello senza tempo tutt’ora ambito e desiderato. Tantissime le ricerche sui siti di second-hand per l’elegante borsa, in particolar modo durante il lockdown. 

Borsa matelassé Cassette Bottega Veneta

Qui per il report completo e le classifiche in dettaglio: https://www.lyst.it/data/the-lyst-index/q120/ 

Fonte: LYST Index 

John Galliano: 5 curiosità sul genio ribelle della moda

John Galliano è uno degli stilisti più influenti del mondo, britannico con una carriera impressionante alle spalle. Ha lavorato per alcuni dei marchi più famosi del mondo, lasciando il suo inconfondibile timbro in ciascuna delle sue creazioni. Tra i brand più prestigiosi ricordiamo Givenchy con cui ha collaborato per un anno e Christian Dior, che lo ha avuto nel suo staff per ben 15 anni.

Lo si può definire un’artista della moda senza precedenti proprio per il suo genio ribelle.

5 curiosità su John Galliano

Ecco quali sono le caratteristiche che rendono John Galliano uno stilista di moda fra i più importanti a apprezzati al mondo, ma non solo anche curiosità su un uomo dai tratti particolari.

1. Galliano crede che un designer famoso dovrebbe arrivare tardi. Questo è il motivo per il quale ha l’abitudine di ritardare sempre l’inizio dei suoi spettacoli.

2. Sebbene sia riconosciuto come un personaggio pubblico abbastanza estroverso, in realtà lo stilista è cresciuto in una famiglia molto conservatrice, quindi quando è arrivato a Londra per la prima volta, ha avuto problemi ad inserirsi nella società, soprattutto a causa della sua indole introversa.

3. Nel 2010 John Galliano ha dichiarato in un’intervista, che le sue due più grandi passioni sono il teatro e le donne che usa come delle vere e proprie muse ispiratrici per le sue proposte.

4.  Tra alcuni dei suoi famosi clienti c’è anche la principessa Lady Diana che optò per un abito da sera nero con dettagli in pizzo, combinato poi con l’inconfondibile girocollo di perle e zaffiri​.

5. Per motivi di salute John Galliano ha seguito una dieta vegetariana, per diverso tempo. Secondo indiscrezioni, lo stilista avrebbe deciso di adottare definitivamente questo stile alimentare, tanto che quando partecipa ad una cena, deve assicurarsi di avere un menù tutto per sé.

6. Fu licenziato dalla Christian Dior a causa di insulti antisemiti e razzisti in un video, fu davvero un duro colpo. Si scusò tempo dopo dicendo che non era lui, che stava male e chi si era curato. Ormai il danno però era stato fatto.

7. Quello che gli costò il posto da Dior e gli fece dire quelle cose fu la sua dipendenza dalla droga. Oggi risolta e grazie a quel brutto periodo oggi indaga di più sulla psicologia delle persone con chi sta a contatto anche per le sue creazioni.

Passione camicia

Sin dall’Ottocento la camicia diviene protagonista nell’abbigliamento maschile. La forma del colletto in quell’epoca rivelava status sociale: più era imponente e vistoso maggiore era il rango sociale cui si apparteneva. E che dire delle stampe? Si giunge così dai colletti inamidati e candidi fino alla rivoluzione stilistica nata negli States grazie all’invenzione della print hawaiana.

La camicia è perfettamente sospesa tra eleganza e pragmatismo. Abbiamo selezionato alcuni marchi indipendenti che realizzano camicie made in Italy. Da seguire immediatamente.

Benevierre 
https://www.benevierre.it/

“La mia passione nei confronti della moda, deriva dall’estrosità di mio padre. Sin da quando ero in fasce, mi ha cresciuto illustrandomi a colpi di chitarra, i suoi gusti e le sue passioni mescolandoli nella vita quotidiana ad educazione e carattere. Il continuo modificare capi di abbigliamento, mi ha portato ad approfondire quel che c’era dietro un indumento: la scelta del tessuto, la manovalanza, il cucire. Curiosità e passione mi hanno spinto a cimentarmi su queste attività. Con tempo e dedizione, ho imparato a cucire a mano ed a macchina, acquisendo l’arte del creare un capo.”

Con queste parole il giovane imprenditore e direttore creativo Andrea Coli descrive il suo progetto Benevierre, che ci ha colpiti per l’allure nostalgico e psichedelico, ma al tempo stesso attualissimo per la scelta della nuance e per i volumi. La camicia artsy che amerete se siete animi gipsy e sognatori.

Giannetto Portfofino 
http://www.giannettoportofino.it/

Un imprinting più sobrio e classico è la scelta di stile del marchio Giannetto Portofino: tinte naturali affiancate ai classici estivi come il turchese, il verde e l’arancione per le nuance. La gamma dei prodotti per la Spring Summer 2020 omaggia anche i fit di Miami (camicia over a mezza manica) e i volumi militari.

Hydrogen
www.hydrogen.it

Attenzione all’ambiente coniugato a materiali hi-tech: questa la formula adottata dal creativo Alberto Bresci del marchio Hydrogen. Con la sua Hydrogen Future Lab ha creato camicie senza tempo dall’allure metropolitano, particolarmente adatte per il suit da ufficio ma anche declinabili per il leisuretime.

Sostenibilità, i brand da non perdere

La tecnologia assumerà un ruolo sempre più centrale, gli sprechi saranno ridotti al minimo e certamente la stampa tenderà a dare maggiore visibilità ai brand emergenti green che promuovono iniziative positive per l’ambiente.

Noi di Man in Town partiamo subito con quello che è il trend imperante presentandovi alcuni marchi ecofriendly che meritano di essere conosciuti.

Il denim rappresenta da sempre il non plus ultra della mascolinità: (+)People è il marchio che dovreste conoscere se amate i jeans. Perchè? Innanzitutto perchè Candiani Denim, leader nel settore del denim sostenibile, è il suo principale fornitore. Inoltre  il brand promuove iniziative benefiche a sostegno dei più bisognosi (ultimo in ordine cronologico quello a sostegno della comunità di Sant’Egidio in questo momento di particolare difficoltà). Senza dimenticare la gamma che vanta oltre 100 modelli pensati per lui e per lei. 

Rifò, progetto pratese, omaggia la maestria dei “cenciaioli”, gli artigiani che sapevano ricavare filati ex novo da capi di abbigliamento preesistenti. I capi “rigenerati” del marchio toscano sono a impatto Zero e colpiscono per il design comfy.

L’aspetto sartoriale dei capispalla di Distretto12, però realizzati con tessuti riciclati ma utilizzando un tessuto riciclato impiegando una filiera a km0 hanno fatto sì che li inserissimo nella nostra wishlist.  

Capi dinamici, comfy, per un’eleganza mai urlata destinata a durare nel tempo. Ecoalf, fondato da Javier Goyene nel 2009, è un marchio  spagnolo antesignano nel mondo della sostenibilità. Javier Ecoalf crea capi in nylon, cotone, lana riciclata per uomo, donna e bambino. Ecoalf ricicla reti da pesca, PET, pneumatici di camion. 

Concludiamo l’elenco con la maglieria di lusso di Artknit: grazie allo sviluppo di un modello digitale senza intermiedari riducono al minimo le emissioni di CO2 lungo tutta la filiera e così il lusso della maglieria diviene accessibile.

Look accessori rock: 6 dritte per il tuo outfit

Ti piace lo stile rock donna ma hai bisogno di qualche ispirazione soprattutto per quanto riguarda gli accessori? Pensa all’immagine di Madonna intorno agli anni ’80 – ‘90. I capi che non devono mancare nel tuo guardaroba sono sicuramente le gonne di tulle, le calze a rete, la giacca in pelle e i jeans strappati. E gli accessori? Ecco i migliori per un look rock di successo.

6 consigli per il tuo outfit rock da urlo

Il look rock è fatto di eccessi quindi non badare troppo all’apparenza a sembrare una brava ragazza/ragazzo.

Ecco le 5 dritte per i tuoi accessori rock.

1. La cintura nera con borchie

Se ami lo stile rock sicuramente nell’armadio avrai un paio di jeans attillati e strappati all’altezza delle ginocchia. Indossali con una maglietta del tuo gruppo rock preferito: Rolling Stones, Kiss, The Police …  completa il look con una cintura nera con borchie e sneakers e sarai davvero perfetta.   Non hai nell’armadio dei jeans usurati e strappati, ma vuoi vestirti in look rock? Niente paura puoi realizzarli prendendo un rasoio ed eseguendo dei tagli all’altezza delle ginocchia.

2. Gli anfibi militari da donna

Sei una donna audace?  Non pensarci due volte e indossa una gonna in tulle fucsia, con un top crop nero e giacchetta in pelle. Infine calza un bel paio di stivali militari stringati in pelle nera. Faranno la differenza!

3. Il reggiseno viola

Sicuramente nel tuo guardaroba ci sarà una minigonna in pelle nera, altro capo fantastico per dar vita a un look rock perfetto. Indossala con una t-shirt grigia o nera con scollo e mostra parte del tuo reggiseno viola, accessorio indispensabile per le amanti del genere rock.

4. Le calze a rete

Sei una di quelle donne che non rinuncerebbero per nulla al mondo all’indosso di un bel vestito? Nessun problema. Puoi puntare su un tubino nero di pelle e completare il look con collant a rete, stivaletti con suola a carrarmato e giacca in pelle nera con borchie.

5. Le scarpe: tronchetti, anfibi, biker

Oltre alle scarpe già citate nei consigli precedenti le scarpe per un look rock sono: tronchetti in pelle, anfibi e biker.

6. Accessori e gioielli rock

A chi non piace indossare anelli, orecchini, bracciali e collane? Per essere rock dovrebbero essere arricchiti con teschi e croci.

Un ultimo consiglio ricorda che gli abiti nuovi di zecca non fanno parte dello stile rock, quindi prima di indossarli bada bene a lavarli più e più volte e a far si che si scoloriscano e prendano l’aspetto di vissuto.

Accessori: il best of dei brand sostenibili

La crisi pandemica ha posto l’industria della moda inizialmente di fronte a importanti quesiti. “Come reagiremo a tutto questo” è tra questi il più impellente.

La forza creativa, spinta propulsiva dell’industria, diverrà quindi sempre più protagonista. E di conseguenza saranno sempre più sotto i riflettori i marchi che puntano sulla sostenibilità.

Dunque stop al lusso eccessivo: nessuno spreco è concesso. Le prime soluzioni? Sharing, stock con parti ricambiabili dell’accessorio vendute insieme per customizzarlo, per menzionare alcuni efficaci esempi del nuovo lusso. Scopri in questo articolo la lista dei “brand to watch” su cui noi di Man in Town scommettiamo.

Primo fra tutti Freitag, brand di borse che lancia S.W.A.P., una piattaforma per i suoi clienti che funziona similmente alla celebre app di incontri Tinder. Solo che il match stavolta avviene tra borse. Un primo esempio concreto di sharing sostenibile.

La particolrità di ACBC, marchio di scarpe fondato da Gio Giacobbe ed Edoardo Iannuzzi, sta nella customizzazione durante l’acquisto. Si può scegliere tra diversi colori e inoltre acquistare diverse suole che permettono di avere così quattro modelli al prezzo di uno.

Questo sistema di personalizzazione all’acquisto permette di avere un minor impatto sul numero di produzione e di conseguenza sulla polluzione. Una filera totalmente green è la scelta di All Birds, brand che si focalizza sul welfare degli animali per gli allevamenti in Nuova Zelanda dove produce.

La lana merino cruelty-free, la plastica riciclata per realizzare le stringhe e il cartone second-hand per il packaging permettono a ogni singola sneaker del brand al momento di equivalere a circa 7 chili di emissioni di co2 (la media è di 12). E intendono scendere ancora di molto.

Concludiamo il viaggio di stile green con NO/AN, linea di borse fondata dalla designer finlandese Anna Lehmusniemi. Le sue borse in pelle puntano sulla qualità del materiale cruelty-free e sulla produzione tipica dello slow-fashion unito alla maestria artigianale dei conciai portoghesi.

Minor impatto ambientale, produzioni più contenute, upcycled e molto altro: il vocabolario della moda post-Covid19.

Man in skirt |la gonna della “discordia”|

Lunga, corta, nella foggia di tunica, saio, chitone o toga, la gonna maschile è stato il capo privilegiato da popoli, civiltà, tribù, re e guerrieri. Ha padroneggiato nei templi, nelle corti, nelle agorà e sui campi di battaglia.

Ma al grido di “libertè, egalitè, fraternitè”, nel 1786, il pantalone diventa la bandiera dei rivoluzionari e la gonna viene messa definitivamente alla “gogna”.

Nel moderno Occidente, culla delle democratiche libertà, è ancora socialmente sconveniente per l’uomo indossare la gonna, indumento relegato all’immaginario femminile e sinonimo di scarsa virilità.

Ma la faccenda, a prima vista lapalissiana, diventa machiavellica a una seconda lettura. Che per dirla riadattando una frase di “Match Point”, è incredibile come cambiano i punti di vista se il giudizio scivola da una prospettiva ad un’altra.

Pensiamo al kilt. Il principe Carlo, Sean Connery, Ewan McGregor o Gerlad Butler vestiti di tutto punto con tanto di kilt e calze al ginocchio fanno molto “William Wallace”, temerari e tenebrosi, perché da orgoglio patriottico “It’s a kilt, not a skirt”.

Non me ne vorranno gli scozzesi, ma il gonnellino tartan, simbolo tradizionale della terra delle Highlands non si discosta molto, al pari di quello femminile, da un pezzo di stoffa arrotolato intorno alla vita. Ma sconfinando dall’amor di patria, tranne se non sei Axl Rose o Lenny Kravitz dei bei tempi, non di rado, ma difficilmente avremo come vicino di casa un kilted man. Ma il cortocircuito è geo-temporale.

Se pensiamo ai Masai avvolti nei loro sgargianti drappi colorati (lo Shuka) e agghindati con monili di perline e fili di ferro la prima cosa che ci verrà in mente non sarà di certo l’immagine di una tribù di femminei uomini in gonnella, ma tutt’altro, di guerrieri, cacciatori ed abili combattenti. Il nostro “alibi” è il retaggio culturale che veste un popolo dei suoi costumi ma che, trattandosi di una tradizione autoctona, non attecchirebbe sui non “figli della Savana”.

Così come, da utopistici quali erano, per gli hippie la gonna incarnava a giusta ragione l’immagine di una futura società senza diversità di genere; per i punk, nel loro essere ribelli, era un simbolo di disprezzo verso gli schemi e i modelli imposti dalla società; David Bowie, in quanto incarnazione dell’eccessivo glam rock, sfoggiando pellicce bianche, lustrini, piume, zatteroni e gonne, negava l’abito come espressione della personalità.

Nel 1984 si gridò allo scandalo quando l’irriverente Jean Paul Gaultier debuttò con la sua prima collezione maschile “L’uomo-oggetto”, mettendo in discussione i clichè dell’abbigliamento e vestendo l’uomo ruvido e macho con gonne, maglioni scollati e t-shirt da marinaio con la schiena scoperta. Ma poi a ben pensarci è moda.

Così come se Joaquín Cortés balla in gonna è arte, se Billy Porter si presenta agli Oscar con un’ampia gonna nera è spettacolo, se l’uniforme maschile della Flotta Astrale di Star Trek è un mini-abito, lo Skant, allora è fantascienza. Tirando le somme, nella società odierna l’accettazione dell’uomo in gonna (o il suo rifiuto) è legata essenzialmente a fattori storico-culturali, ambientali, religiosi, etici e creativi, laddove viene meno la “giustificazione” del suo essere indossata, il naso inizia ad arricciarsi.

La sua decontestualizzazione porta all’ilarità, al disagio o alla diffidenza. Se chiediamo ad uomo di indossare una gonna “rimarrà pietrificato all’idea di sembrare effeminato”, come ha ben scritto su TheGuardian la giornalista Arwa Mahdawi. In un Occidente che l’ha consacrata icona di femminilità, non è ancora arrivato il momento per la cultura maschilista di accoglierla nel suo guardaroba.

Un giorno, forse, si realizzerà la speranza idealistica di David Hall “dare all’uomo più libertà senza inutili stravaganze, ma senza piatto conformismo”. Dall’altro canto anche quando Elizabeth Smith Miller, la prima donna ad indossare i calzoni nel 1851, si presentò in pubblico con ampi pantaloni alla turca fu colpita con verdure e palle di neve, insultata dagli uomini e accusata di oltraggio alla decenza.

La gavetta è stata lunga, ma oggi finalmente anche una donna in pantaloni può dare di sé un’immagine di forza, potere e carriera. Magari, in un futuro prossimo, lo sarà anche per l’uomo con indosso una gonna. 

Sustainable fashion: la moda celebra i 50 anni dell’Earth day

Abbracciamo la terra” questo il monito dell’Earth Day che nella giornata del 22 aprile celebra il suo cinquantesimo anno del lavoro di sensibilizzazione ed educazione ambientale, a tutela del pianeta. 

Un  grido volto a prendere coscienza dell’importanza che la natura ricopre nelle nostre vite. Una nuova coscienza ambientale, quindi, che viene auspicata anche e soprattutto dal mondo della moda, oggi impegnata nella creazione di collezioni e iniziative “sostenibili”, per un mondo sempre più green. 

Oggi il lockdown, nonostante abbia messo a dura prova l’essere umano, ha permesso al pianeta di “respirare” grazie al calo significativo dell’inquinamento. Il mondo della moda, da sempre ritenuto come uno dei principali settori che inquinano, oggi si muove verso una rotta sostenibile con tantissime iniziative.

A cominciare da Vestiaire Collective con il suo ‘Wardrobe Reality Check’: per tutto il mese chiede a tutti gli amanti della moda di creare un armadio ‘sostenibile’ attraverso una challenge.

Vestiaire invita attraverso il sito, a vedere quale sia il reale impatto sull’ambiente di ciò che si ha nel proprio guardaroba in termini di tipo di materiali, trattamenti e sistemi di lavaggio utilizzati compresi, ma non solo: lancia il re-selling dei capi inutilizzati, “vera forma di shopping sostenibile” secondo Vestiaire.

Per l’appunto sono state coinvolte alcune delle top model americane tra cui Arizona Muse (e altre colleghe), a rivedere il proprio guardaroba e a rivendere, quindi, i loro capi il cui ricavato andrà in beneficienza. 

Anche il portale eBay e Legambiente lanciano una campagna comune per promuovere l’acquisto sostenibile: durante la ‘Earth Week’ che va dal 20 al 26 aprile, per ogni oggetto messo in vendita da utenti privati sulla piattaforma con l’hashtag #eBayDonaPerTe e venduto entro il 26 maggio, eBay devolverà 1€ a Legambiente.

Per l’occasione, eBay lancerà inoltre ‘eBay Sostenibile’: una pagina del proprio sito interamente dedicata a iniziative green, con una gamma di prodotti eco-friendly.

Anche Napapijiri è da sempre impegnata nella lotta alla sostenibilità con il lancio di Infinity Rainforest con la creazione di una giacca totalmente riciclabile grazie alla sua composizione monomateriale.

Ma non solo, Napapijri invita i clienti che acquistano la particolare giacca a restituirla dopo due anni in modo da poterla trasformare in nuovi filati e nuovi prodotti. E di trasformazioni dei filati Dondup per l’occasione lancia la sua 3D Stretch Couture: una selezione di capi realizzati con una fibra di nylon riciclata , proveniente dal recupero delle reti da pesca dimenticate sui fondali marini.

Una collection dalle tonalità vibranti fucsia, viola, rosso , lime , blu.  Con una linea interamente realizzata con materiali riciclati la “Green Collection PQ-Bios”, anche PiQuadro si serve dell’utilizzo di Econyl, un filo di nylon ricavato dalla trasformazione dei rifiuti come reti da pesca e fibre tessili per creare delle linee di accessori. I materiali ricavati vengono prima rigenerati, poi trasformati per creare  un prodotto nuovo, eco-sostenibile.  

Tra i brand del fashion anche FALCONERI pone il suo contributo alla salvaguardia ambientale prendendo parte  attivamente a organizzazioni a tutela dell’ambiente e delle persone a favore degli interessi di consumatori e produttori mantenendo l’integrità del cashmere. Ed è proprio grazie al cashmere, la seta che Falconeri crea le sue collezioni a tutela dell’ambiente ponendo al centro l’importanza di vestire “green”. 

Con una collezione interamente realizzata con materiali riciclati la “Green Collection PQ-Bios”, PiQuadro si serve dell’utilizzo di Econyl, un filo di nylon ricavato dalla trasformazione dei rifiuti come reti da pesca e fibre tessili creando così accessori da viaggio totalmente eco-sostenibili, riciclabili all’infinito.

Ma anche packaging e merchandising sono pensati al fine di evitare l’utilizzo di materiali inquinanti, scegliendo quindi carta, inchiostri e cotone tutto totalmente green. 

Anche Patrizia Pepe si schiera a favore della salvaguardia dell’ambiente lanciando una capsule collection che strizza l’occhio al pianeta: i capi sono realizzati con un cotone organico privo di elementi chimici. Le “Emo Teen” che rappresentano le varie sfaccettature dell’universo femminile: spiritual, healthy, conscious, rebel, glam. 

Anche i capi sporty diventano eco-friendly: Freddy lancia una linea totalmente Made in italy con capi pensati per lo yoga in partnership con Brugnoli, azienda specializzata in tessuti tecnici come il poliammide lavorato attraverso la tecnologia Br4. Il risultato è un tessuto elastico, innovativo e leggero pensato per i capi da yoga, con jogger pants, top, leggings, felpe e t-shirt. 

Non solo moda: anche il campo dell’home decor ha lanciato creazioni a tema “earth“  Buccellati, infatti, ha creato dei componenti per l’arredo a tema, come portacenere, svuota tasche, oggetti per la casa che raffigurano elementi naturali come animali marini, piante, fiori. 

Marco Scomparin: «Spero che la moda torni a preferire la creatività»

Lo sappiamo, saper emergere nel mondo della moda non è un gioco da ragazzi. Non è qualcosa che viene improvvisato, o semplicemente una sequenza di episodi che si avverano per puro caso.

Difatti, per ottenere il tripudio nel bramato fashion world e gestire la propria immagine (sapendo incrementare la risonanza favorevole di un’audience a tutti gli effetti) occorre fruire un mix di intelligenza, perspicacia, buon tempismo e stile.

Lo sa bene Marco Scomparin che, oltre alle sue migliaia di follower, è diventato un vero e proprio imprenditore, operando sia in ambito digital marketing che delle pubbliche relazioni.

Il giovane ci tiene a distinguersi per la sua coerenza stilistica e per l’impronta dei suoi look originali. Inoltre, racconta la sua esperienza in settore moda come un percorso che mira a “riflettere sul temperamento contrassegnato dalle offerte di supporto e di condivisione, annesso alle competenze ed esperienze che possono essere utili a tutta la comunità.” 

Ma il mantra di Marco recita: “La mia più che una visione è una speranza. Spero che la moda impari da questa situazione, e ritorni a prediligere la creatività ai diktat imposti dal consumismo. Fra niente e troppo esiste tutto un gradiente di possibilità che potrebbe soddisfare tutti, anche perché in termini di aderenza alla verità, troppe informazioni equivalgono di fatto a una sola informazione, quindi tant’è. Occorre dissociarsi dal filone di pensiero global, e va affrontata la creatività con un approccio più specifico, inseguendo i veri valori.” 

Il suo grande cavallo di battaglia si rivela essere: “comunicare e condividere” innegabilmente con buon gusto. 

Il talent possiede una caparbietà fondata su principi che vogliono puntare ad accrescere un vero senso di integrità sociale, specialmente nella sfrenatezza numerica che vige nel settore attinente agli influencer. “È un guaio per la società, che certi principi che si vorrebbero tenere saldi siano invece così malfermi, e mi riferisco proprio all’onestà, alla parola data, al senso dell’onore, valori che anche volendo non torneranno forse mai di moda.”

Mille sono i quesiti da affrontare, ecco perché abbiamo approfittato per parlare a Marco su come vede evolvere la moda e la comunicazione dopo questa particolare situazione.

Di che cosa si occupa la tua professione?

Sono un comunicatore. A volte lo faccio nelle vesti di PR, altre in quelle di Influencer. Comunicare e condividere sono necessità imprescindibili per me. 

Come vedi il futuro del mondo della moda e dell’ambito creativo post-epidemia?

La mia più che una visione è una speranza. Spero che la moda impari da questa situazione, e ritorni a prediligere la creatività ai diktat imposti dal consumismo. Ormai non c’è più tempo per sviluppare nuove idee, Non si tratta più di SS e FW, per il semplice fatto che c’è una pletora infinita di capsule collection, poi avviene la cruise, la fall, ci sono i co-branding, poi a qualcuno viene in mente di fare la sfilata fuori calendario in capo al mondo e successivamente c’è l’Alta Moda. Non oso immaginare come possa fare un creativo a incrementare idee sempre nuove se la sua creatività è sempre messa a dura prova, a maggior ragione quando le idee sono messe a dura prova con ritmi da catena di montaggio.

Questo meccanismo malato, inevitabilmente, porta tutti i brand a copiare l’un dall’altro, creando i famosi fenomeni di massa.

Umanamente non è possibile avere delle idee brillanti costantemente, e la moda, presa nel vortice di continuo guadagno, ha forse strizzato eccessivamente i propri creativi. Abbiamo davvero bisogno di 4-6-8 collezioni all’anno che sono oggettivamente poco interessanti? Poniamoci questa domanda. Secondo me fra niente e troppo esiste tutto un gradiente di possibilità che potrebbe soddisfare tutti, anche perché in termini di aderenza alla verità, troppe informazioni equivalgono di fatto a una sola informazione, quindi tant’è.

Con l’avvento dei social, in particolar modo nel corso di questo periodo di instabilità economica e sociale, a tuo parere quale sarà lo scenario che cambierà maggiormente da ora in poi?

Un cambiamento molto importante e positivo già lo abbiamo visto. L’obiettivo dei social è sempre stato quello di promuovere in qualche modo la propria attività, questo concetto è però recentemente slittato su una ben più nobile offerta di supporto e di condivisione di competenze ed esperienze che possono essere utili a tutta la comunità.

Da Giorgio Armani, per arrivare a Bulgari e a Versace per citare i big, fino alle piccole aziende che in qualche modo sono riuscite a convertirsi per produrre mascherine, guanti, igienizzanti, etc. Questo è un grande segno di cambiamento, ed è anche un’ottima occasione per creare nuove e più solide connessioni con il pubblico. Il ToV non è più:“Cosa posso fare per te?”, ma è diventato: “Di cosa hai bisogno da me/dalla mia azienda in questo momento difficile?.” 

Non pensavo di vedere tanta solidarietà, e questo è positivo perché essere uniti è la nostra unica vera forza e con i social lo possiamo fare anche meglio.

Quali sono le mosse che secondo te il sistema moda deve attuare per accostarsi a un’etica di miglior impatto?

La moda è la seconda industria più inquinante al mondo, quindi per essere più etici bisogna innanzitutto inquinare meno! La moda è noto, ha una sovrapproduzione elevata di prodotto, che spesso troviamo negli outlet alla metà della metà della metà del prezzo di cartellino originale. Abbiamo davvero bisogno di questo? Il surplus smaterializza il valore del prodotto ma anche quello psicologico.

Soprattutto nel lusso, la produzione consapevole (a partire dalle materie prime), la sostenibilità, e il rispetto verso i propri dipendenti dev’essere un ingrediente necessario domani più che mai. 

Inoltre, come si fa per l’educazione sessuale, anche per quanto riguarda la sostenibilità, sarebbe utile andare per le scuole e insegnare alle generazioni di domani il valore di questa scelta di vita che oggi viene considerata un vezzo per vendere un po’ di più o giustificare un prezzo più alto, mentre domani quando i ghiacci si saranno sciolti, e in estate avremo 60 C° all’ombra, forse ci toccherà più da vicino.

A tuo parere, verso che rotta si sta orientando il settore creativo? E cosa punta a raggiungere in questi tempi?

Questa è una domanda che si stanno facendo tutti, dal fast fashion al lusso. Sicuramente un modo è quello di stare più vicino al cliente finale, avvicinarsi a lui con un’experience sempre più unica dall’offerta disponibile.

Quando un cliente si sente speciale ed è felice, tende a voler ripetere l’esperienza per provare nuovamente il senso di appagamento generato. Io penso che mai più di adesso sia necessario massimizzare la cultura e i valori dei singoli clienti. Occorre diversificare il prodotto con un’offerta che si muove sempre più inseguendo le esigenze dei clienti e non andare avanti come un treno secondo il trend del momento.

Quindi occorre dissociarsi dal filone di pensiero “global” ma va affrontata la creatività e quindi la vendita di prodotti con un approccio più specifico, inseguendo le culture locali mercato per mercato.

Cosa ti spaventa di più appena cesserà l’epoca Covid-19?

L’aspetto peggiore sarà sicuramente quello economico: molte aziende (non solo del settore moda) saranno in crisi e probabilmente non tutte riusciranno a reinventarsi con dinamiche che permettano loro di sopravvivere anche in una dimensione di social distancing. Per quanto mi riguarda invece, è la nuova metodologia del lavoro che mi spaventa: io sono un uomo di pubbliche relazioni, quindi contatto umano e di rapporti fisici, reali; di pranzi fuori e di colazioni incastrate in agenda.

Penso che per quanto viviamo nell’era della velocità, in qualche modo il mio lavoro cambierà: non prenderò più sei voli al mese, non riuscirò più a fare 100 eventi all’anno o comunque saranno eventi di altro tipo: ci sarà un approccio più digitale che però perderà inevitabilmente quel contatto umano che fa della mia professione un elemento indispensabile per ogni azienda.

Potrò ancora stare 15 ore in ufficio? Forse no perché ci dovremmo andare a scaglioni o a turni. Sicuramente non faremo più una fashion week come quella che abbiamo visto a Febbraio 2020 a Milano. Non ci saranno più duemila presentazioni e duemila sfilate, tanto più che non sappiamo nemmeno se ci saranno le sfilate a settembre, e quindi occorreranno nuovi approcci soprattutto per noi che facciamo di lavoro pubbliche relazioni. 

Indubbiamente questo virus è stato in qualche modo un’opportunità per molte aziende di capire se lo smart working funziona per il loro tipo di business. Magari qualcuno avrà pensato, da domani, di applicarlo al 50% dei dipendenti così da abbassare molti consumi perché tanto la gente lavora di casa e comunque rende allo stesso modo.

Il controllo del padrone sul dipendente deve in qualche modo evolvere e voltare pagina su risultati che puntano al raggiungimento degli obiettivi e non tengono conto delle ore lavorate. Ciò che è certo è che il mondo comunque cambierà e sta già cambiando perché la gente non uscirà per i prossimi sei mesi, o non sarà in grado di farlo allo stesso modo. Infine dobbiamo pensare che ci sono degli impedimenti che vanno oltre il nostro piccolo orticello, perché è vero che sono tutti bravi ad approvare la strategia di marketing e PR in videocall con rallegramento collettivo della dirigenza, ma all’interno della moda non lavorano solo il design, le PR e il Marketing.

Non me ne faccio niente della strategia vincente se non ho qualcuno che mi cuce le borse da vendere. Perché alla fine gira sempre tutto intorno al prodotto, non dimentichiamocelo.

Come cambierà il tuo lavoro dopo l’epidemia?

Il destino di un comunicatore è di sapersi innamorare di ogni prodotto e di ogni cliente al fine di saperlo proporre al meglio. Il cambiamento è intrinseco della comunicazione: oggi l’olio di palma è buono e domani non lo è più. Ieri la famiglia tradizionale era rappresentata con la mamma sorridente che infornava il pane aspettando che il marito tornasse a casa dall’ufficio, mentre oggi la mamma è un avvocato di successo e il papà invece va a prendere le bambine a scuola di danza o, ancora, ci sono due papà e nessuna mamma o due mamme e nessun papà. E come si suol dire, de gustibus non disputandum est. Il mio lavoro cambierà come è sempre cambiato nel corso della storia, ma forse lo farà un po’ più velocemente rispetto al solito.

Riflessioni conclusive?

Prima di questa pandemia, in molti casi la noia di vivere aveva raggiunto livelli tali che la gente aveva cominciato a seguire con interesse personaggi improbabili, senza arte né parte, giusto perché avevano bisogno di uno svago e distrazione.

L’intrattenimento in alcuni casi aveva raggiunto livelli così bassi da ridurre inevitabilmente il livello generale di alcune categorie. Molto spesso ho sentito frasi del tipo “gli influencer non hanno più nessun tipo di credibilità” oppure “tutti si comprano i follower, non voglio investire in questo settore falso e plagiato”.

Non dico che questo non accada mai, il mondo non è perfetto, ma ci sono personaggi che spostano movimenti di migliaia di persone, che in pochi giorni raccolgono milioni di euro per ampliare ospedali o che riescono a sensibilizzare una nazione su temi fino a prima lasciati nell’ombra. La credibilità è la base di ogni brand e l’influencer è colui che può dargliela e rendere un prodotto realmente credibile.

Certo la scelta non è facile, la fuffa c’è (ma non si vede), ed è per questo che esistono dei professionisti capaci di consigliare al meglio le aziende al fine di scegliere ambassador veritieri, onesti e che realmente possano avere un impatto sul loro brand. Questa pandemia in un certo qual modo ha determinato una piena affermazione degli influencer o meglio, dei social network e degli influencer, intesi come i canali in cui si sono rifugiate le persone per avere conforto e per impegnare il proprio tempo in queste giornate infinite.

Sembra inoltre, aver determinato la rottura tra gli influencer capaci di influenzare grazie alla bontà dei propri temi, delle proprie opinioni e di riflesso anche dei propri numeri, rispetto ai presunti tali, che negli anni addietro si sono avvalsi di servizi per gonfiare le numeriche ma che, alla fine, si sono di fatto sgonfiati durante la pandemia. Abbiamo visto infatti che, i personaggi che non ha avuto nulla da dire, non sono riusciti a intrattenere il pubblico adesso che è più attento. 

È un guaio per la società, che certi principi che si vorrebbero tenere saldi siano invece così malfermi, e mi riferisco proprio all’onestà, alla parola data, al senso dell’onore, valori che anche volendo non torneranno forse mai di moda perché in fin dei conti non lo sono mai stati a prescindere dal settore in cui si opera, al di là dell’importanza data e delle dichiarazioni di facciata. E tuttavia, che sarebbe un mondo senza principi morali? Temo esattamente questo, quello di sempre.

Instagram: @marcoscomparin

La solidarietà glamour di The Children for Peace

La onlus diretta da Debra Mace e dal pr Massimo Leonardelli The Children for Peace aiuta da sempre i bambini del terzo mondo affinché abbiano un presente migliore e possano vivere un brillante futuro. Essa è attiva in paesi poveri o in via di sviluppo dove il soccorso umanitario rappresenta un’emergenza improrogabile.

Questo innanzitutto grazie a un team di medici e virologi straordinari che mettono a disposizione la loro conoscenza viaggiando insieme ai suoi fondatori in paesi come la Colombia, Uganda, la Siria e via dicendo.

The Children for Peace ha inoltre attivato un programma speciale per la prevenzione e la cura stessa dell’Hiv in questi paesi. Grazie ai suoi fondi sono già stati realizzati ambulatori pediatrici, asili nido e scuole per l’infanzia.

Ambassador della ONG è l’ex top model (nonché presidente della Women Management) Piero Piazzi. Deus ex machina di questa incredibile organizzazione è Massimo Leonardelli. La sua è una storia straordinaria, segnata da una sola e grande vocazione, ovvero quella di mettere al servizio del prossimo le sue conoscenze per dare vita a qualcosa di immenso valore umano che ha trovato nella Onlus la sua perfetta espressione.

Ogni persona che collabora con il pr infatti deve necessariamente fare anche qualcosa per la sua Onlus. Se non avviene questo scambio umano non si intrattiene in nessuna conversazione: the Children for Peace è la sua creatura, e come ogni padre desidera il meglio per la sua creatura.

I nove anni trascorsi in seminario poco più che adolescente hanno gettato i semi di questa sua vocazione nell’aiutare il prossimo. Madre Teresa, Sophia Loren, Anna Wintour: bastano questi tre nomi che hanno segnato il suo percorso umano e professionale per comprendere.

Noi di Man in Town abbiamo scambiato quattro chiacchiere durante il lockdown con Massimo Leonardelli.

Quanto meno abbiamo, più diamo. Sembra assurdo, però questa è la logica dell’amore”.

Mi pareva opportuno iniziare con un pensiero di Madre Teresa, che hai personalmente conosciuto. Un messaggio di speranza in un momento delicato come questo. Come stai personalmente reagendo?

Un proverbio africano dice “Se pensi di essere troppo piccolo per fare la differenza, prova a passare la notte con una zanzara“

Reagisco secondo il  proverbio ,perché nel grande  e nel piccolo gesto ognuno di noi può fare qualcosa per aiutare. In famiglia, nella comunità. Certo viviamo un momento strano, difficile e ci sentiamo inermi, però e esattamente in questi momenti che bisogna dare il meglio di se stessi, la forza e il desiderio di reagire deve essere presente in ognuno di noi.

Sono tante le frasi che abbiamo ascoltato in questi giorni , gli aiuti morali che ci vengono dati ,fra le tante  quella che mi ha colpito maggiormente e mi ha dato forza è quella Papa Francesco “siamo tutti sulla stessa barca”,questa ricerca del sostegno l’uno nell’altro 

Le giornate le passo leggendo, vedendo film, lavorando sia per the Children for Peace che per i miei clienti. Ha un senso di colpa a rimanere a casa. E poi trovo che le giornate passano troppo velocemente! 

La Onlus che hai fondato nel 2005 con Debra Mace, the children for Peace, cosa sta affrontando in questo periodo? C’è un modo per aiutarla concretamente?

La situazione in questo momento in Africa diciamo è ancora “stabile“, in Uganda dove siamo presenti in maniera molto attiva la situazione è ad oggi di 55 contagiati, le autorità hanno preso diverse misure di restrizione, perciò tutti a casa, vietate le messe, l’assembramento di persone, nessun mezzo pubblico etc.

Ed è qui il grande problema: la povertà aumenta, non c’è cibo, abituati per la loro realtà a vivere la giornata facendo lavori occasionali, riempire i contenitori d’acqua per guadagnare circa 1 euro al giorno, avendo cosi la possibilità di dare un pasto alle propria famiglie. Penso ai bambini, agli orfani. 

Stiamo cercando di far fronte a questa emergenza grazie all’aiuto dei nostri sostenitori, grazie a Piero Piazzi nostro Ambassador e grande amico stiamo raccogliendo fondi per il centro di GULU. Qui “limitarsi “è un lusso inaccessibile, l’economia prende forma lungo le strade vendendo i  prodotti dell’orto,  questo è il grande incubo, mi spaventa molto!

Tornando alla moda, so che stai lanciando un neonato progetto di charity e moda/arte online. Ci puoi svelare qualcosa in anteprima?

È un progetto che nasce con il desiderio di coinvolgere giovani artisti nelle diverse sfere: cucina, arte, design, fotografia e musica

L’obiettivo di …(il nome sara svelato a breve) è supportare una maggiore alchimia sociale tramite iniziative di beneficenza a livello nazionale ed internazionale.

I beneficiari della nostra organizzazione saranno bambini e ragazzi in difficoltà, legati ad associazioni e non.

I ragazzi che aderiranno eccellono in diversi ambiti, e sono desiderosi di dare una mano tramite la condivisione del proprio tempo e delle proprie esperienze.

Una forte diversificazione in termini di contenuti sarà il motore che darà continuità al progetto durante l’anno e fungerà da linfa vitale nei canali social.

I principi cardine sono l’autodeterminazione, intesa come la possibilità per un ragazzo di immaginare un futuro diverso da quanto consentito dalla sua condizione. 

I modelli della nostra raccolta fondi 2.0 premieranno sia chi riceve sia chi dona, tramite un sistema di reward fisico (vendita di t-shirt, oggetti di design, arte), multimediale (vendita di immagini), ed esponenziale (eventi).

Attraverso la vendita ci sarà anche una vetrina per far si che i giovani artisti si facciamo conoscere.

Questo modello incentiverà sia le donazioni che l’adesione alla nostra iniziativa e nasce dalla consapevolezza della capacità di spesa ridotta del nostro target di donatori, basato su ragazzi che studiano o si trovano alle prese con le prime esperienze lavorative.

Questo team working è composto da giovani ragazzi che sono il nostro futuro e permettimi di ringraziare il mio teamd  di collaboratori nonché gli artisti emergenti che seguo. Mac, Francesca, Federico, Lorenzo e tanti altri che sono sicuro aderiranno a questa iniziativa!

Ti sei fatto un’idea di come la moda, altra tua grande passione ma soprattutto il tuo lavoro, reagirà al covid-19? 

Ha ragione il Signor Armani quando dice “basta agli sprechi. E importante rivalutare l’essenziale rispetto al superfluo” Questa è sempre stata la mia idea, il mio pensiero Credo fermamente nella ripresa della moda e delle sue filiere, sono un ottimista per natura, ci saranno dei cambi certo, molto più tecnologia per quanto riguarda la parte “esteriore” sfilate etc.

Mentre sul mercato ci sarà sicuramente una maggiore attenzione al prodotto, un intimismo più forte … non può non esserci la fisicità del capo e del prodotto, penso agli show room, ai negozi.

Si sono sicuro che ci riprenderemo! Sono molto deluso dal governo da come tratta la moda in questo periodo. Poi abbiamo un sistema moda che trovo perfetto, iniziando dal Presidente CNMI Carlo Capasa che afferma “Sapremo rialzarci“

E poi il mondo dell’editoria, penso a quello che ha fatto e sta facendo la Conde Nast, Simone Marchetti sta facendo un lavoro incredibile con Vanity Fair, cosi come GQ con il direttore Giovanni Audifreddi, e poi la copertina bianca di Vogue, grandissima idea di Emanuele Farneti. E, last but not least, voi di Man in Town che state facendo dei contenuti per intrattenerci in queste giornate un po’ giù di corda.

La moda c’è e continuerà ad esserci, forse ancora più “presente”

Pierpaolo Piccioli, Anna Wintour e Sophia Loren sono soltanto alcuni dei nomi che hanno segnato la tua brillante carriera. Concludiamo con qualcosa di più leggero, un aneddoto legato al loro grande cuore parlando di cosa hanno fatto per aiutare la tua Onlus.

Permettimi di ricordare il momento incredibile della passata edizione del GCFA..Sophia Loren e il Signor Valentino!

Quello è stato un momento unico…

Quando il giorno prima il Signor Valentino e il Signor Giammetti sono venuti al Hotel Château Monfort a Milano per incontrare Sophia Loren sono stato preso da un ‘emozione unica, la commozione di rivederli insieme.. ho pianto dalla gioia e pensavo alla prima volta che vidi la Loren da Valentino.. la stessa identica emozione rivissuta 30 anni dopo! 

Tanti sono i personaggi che da sempre ci aiutano, Pierpaolo Piccioli è un uomo eccezionale, con una sensibilità incredibile, grazie a lui abbiamo aperto una parte dell’ambulatorio a Gulu e tutto questo mettendo a disposizione per le sue sfilate di Alta Moda 2 posti che sono andati all’asta ..

Cosi come Piero Piazzi che ha coinvolto le grandi modelle e modelli , con Giovanni Gastel che ha offerto un ritratto dietro una generosa offerta … poi il libro di Amina Marazzi e di tutti i sostenitori da sempre di Children

In Africa esiste una parola UBUNTU che si significa “ Io sono perché tu sei “ un individuo non è niente senza gli altri esseri umani , include tutti .accoglie le nostre differenze e le valorizza

Ecco perché dovremmo essere tutti UBUNTU.

Gli occhiali da sole must have della Primavera-Estate

Che stagione estiva sarebbe senza gli occhiali da sole!

L’estate, nonostante il Covid-19, finalmente è alle porte. C’è da tenere alto lo spirito! Come? Indossando un bel paio di occhiali da sole. Sperando che l’essere accecati dal sole non sia appunto solo un miraggio.

Torneranno i weekend in spiaggia, seppur questa stagione turistica non sia nata sotto un cielo particolarmente favorevole. E di occhiali da sole ce n’è per tutti i gusti.

Retro? Presenti all’appello! Preferite invece rompere gli schemi e optare per un design d’impatto? Ecco per voi gli occhiali dalle lenti ottagonali. E via dicendo.

Ecco una selezione dei migliori occhiali da uomo primavera-estate selezionata per voi da Man in Town.

SALVATORE FERRAGAMO

Allure vintage e maestria artigianale: il savoir faire della Maison fiorentina è ben espresso in questa montatura rettangolare dotata di struttura metallica full-rim con ciliare in acetato e ponte in metallo textured.  

Il classico logo Ferragamo inciso sulla lente destra conferisce al modello un ulteriore tocco di classe. Disponibile in Light Gold/Black con lenti verdi tinta unita, Light Ruthenium/Tortoise con lenti marroni tinta unita e Dark Ruthenium/Striped Brown con lenti blu tinta unita. Le aste, di diversi spessori, sono impreziosite da una lamina in smalto nero o Havana, un Gancino in metallo e terminali in acetato abbinati al colore delle lenti. 

THE BESPOKE DUDES EYEWEAR

TBD Eyewear è una collezione ecofriendly dal design senza tempo, realizzata a mano in Italia. caratterizzati da una montatura color terra in bio acetato, un materiale che deriva dalle fibre del cotone e del legno, biodegradabile e riciclabile al 100%. Le lenti verdi degli occhiali da sole unite alla forma rotonda ben si prestano come accessori di outfit classy e sartoriali.

KYME

il modello di Kyme Sunglasses è perfetto per la clientela non convenzionale che ama essere al centro dell’attenzione per le scelte di stile. La forma delle lenti infatti non vi farà certamente passare inosservati! Si tratta di un paio di occhiali da sole in acetato avana scuro effetto tortoise, lenti ottagonali verde acquamarina.

AIRDP STYLE

omaggiano gli anni Settanta gli occhiali da sole di AirDp Style. Della loro gamma di occhiali ci ha molto colpiti il pilot in versione monoscocca Lion Xnet. Realizzati con due materiali all’avanguardia (ultem e acciaio medicale), sono per questo motivo ultraleggeri. Il design esagonale conferisce al look di questi occhiali da sole una grinta contemporanea.

FIELMANN

Prezzo democratico e stile hipster per gli occhiali da sole unisex con montatura in acetato color giallo-nude di Fielmann.

Frabu, il sito italiano di riferimento per lo shopping online

Uno store online con un’ampia scelta di prodotti di abbigliamento di grandi marchi made in Italy a prezzi accessibili a tutti. E al tempo stesso un sito moderno e funzionale, dalla semplice user experience.

Frabu, la piattaforma globale innovativa con la più vasta offerta di capi 

Se oggi lo shopping online è una componente fondamentale della vita di tutti noi, appassionati di moda e non solo, la risposta del web è data da un universo popolato da siti di e-commerce che non si differenziano l’uno dall’altro. In questa giungla virtuale Frabu si distingue, proponendo una realtà innovativa e di alta qualità, capace di soddisfare le necessità degli e-shopper. Questi infatti sono sempre più esigenti e alla ricerca di prodotti raffinati ai migliori prezzi e a un’esperienza di acquisto intuitiva ed efficiente. In effetti Frabu, piattaforma italiana di shopping online è in grado di offrire tutto questo. 

In primo luogo, l’e-store propone una scelta ampia, curata e variegata di abbigliamento, calzature, borse e accessori per uomo e per donna delle migliori marche italiane e internazionali. Ma Frabu non si limita a vendere, ma realizza i desideri degli amanti della moda e del lusso, facendo vivere loro una vera e propria shoppping experience.

Con un sito moderno e all’avanguardia, veloce e di utilizzo intuitivo, mette subito a proprio agio l’acquirente, guidandolo, coccolandolo e accompagnandolo fino alla ricezione del prodotto a casa propria. Pensato per una fruizione multi-device ottimale, su computer, tablet e mobile, permette di dedicarsi allo shopping ovunque ci si trovi e in qualsiasi momento della giornata. Prestando grandissima attenzione al cliente, gli offre tutti gli strumenti per selezionare l’articolo più adatto ai propri bisogni, ad esempio supportandolo nella scelta della giusta taglia: una tabella ultra dettagliata con indicazioni precise è disponibile all’interno di ogni scheda prodotto, azzerando così il margine di errore. La wishlist poi è un utile escamotage per evitare gli acquisti di impulso. Si possono infatti salvare i capi preferiti nella lista dei desideri e tornare in un secondo momento per concludere l’acquisto. Tramite il servizio di newsletter infine, è possibile rimanere sempre aggiornati sulle novità e ultime tendenze e non perdersi nemmeno una delle tantissime promozioni di Frabu. 

Frabu, uno store online con le migliori marche, ai migliori prezzi

La vasta offerta di capi e accessori di abbigliamento sulla boutique online Frabu include articoli pregiati made in Italy e non solo. 

Tra i brand italiani e internazionali in vendita sul sito di e-commerce ci sono: Gucci, Guess, Tommy Hilfiger, Hugo Boss, Adidas, Burberry, Diesel, Calvin Klein, Laura Biagiotti, Coach, Woolrich e Lanvin, solo per citarne alcuni.

Una delle peculiarità dello store digitale però sono i prezzi, sempre molto competitivi. La filosofia del marchio infatti, è quella secondo la quale i prodotti di qualità debbano essere accessibili a chiunque sia in grado di apprezzarli. Frabu è quindi una piattaforma globale che non conosce rivali nel suo settore. A testimonianza di ciò, gli influencer più genuini de fashion system si fanno portavoce del suo mondo, convinti che si tratti davvero della realtà di shopping di moda e lusso online migliore in circolazione. Frabu offre loro la possibilità di vivere un’esperienza di shopping unica e rivoluzionaria.

Stile comfy da quarantena: accessori e capi comfy per stare in casa

Ci sono tanti aspetti positivi di questo periodo così difficile. Persino lavorare da casa ha dei vantaggi: non bisogna necessariamente svegliarsi all’alba, imbattersi in un treno pieno di gente o dover rimanere bloccati in mezzo al traffico. 

Comodamente da casa, si possono oggi svolgere certi lavori in Smart Working comodamente dalla propria scrivania. Si, “comodamente”, in una nuova versione dello stile “casalingo” che potremmo definire “comfy”. In questa quarantena, vestirsi e abbellirsi potrebbe essere una delle cose più creative della giornata, quindi spazio alla fantasia. 

Ecco alcuni capi e accessori super trendy per avere stile, anche in quarantena. 

FELPE

Con cappuccio o senza, la felpa è uno di quei capi che si possono indossare anche con un pantalone dal taglio classico, chino o cropped. A tinta unita o con stampe, è uno dei pezzi simbolo dello streetwear, perfetto per star in casa in versione “comfy”. 

Dai modelli classici con logo, passando per le felpe con inserti in nylon e stampe a contrasto, a quelle ispirate agli anni ‘80 dai colori soft.  Non mancano i modelli bomber e gli smanicati.

Brand: Tommy Hilfiger, Automobili Lamborghini, Hunter, Boggi Milano, Peak Performance, Custo Barcelona

T-SHIRT 

Tra le t-shirt più cool, da indossare anche in modo casual sotto un blazer o addirittura sotto a una felpa, ci sono quelle con stampe, a righe, ma se si preferisce rimanere più formali, é bene scegliere quelle a tinta unita. Ecco alcune selezionate per voi. 

Brand: Tommy Hilfiger, In the box, Mango Man

PULLOVER

Tra i capi di tendenza da indossare per le giornate di quarantena/Smart working ci sono sicuramente i pullover: freschi, comodi e super trendy. Soprattutto se si presentano con tonalità sgargianti, a righe, con dettagli preppy, lavorati o a manica corta. 

Brand: Re-Hash, Tagliatore, Mango Man, Boggi Milano, In the box, Zilli Sport

PANTALONI  

Dai modelli jogger, passando per i cargo, fino ai modelli super comfy: durante i vostri momenti giornalieri passare da uno stile a un altro è un attimo, basta trovare il giusto compromesso tra comodità e trend del momento. Tra i colori più in voga del momento: blu navy, grigio e le sue sfumature, beige. 

Brand: Mango Man, Zilli Sport, Boggi Milano, Hunter, Automobili Lamborghini 

ACCESSORI 

Tra gli accessori di tendenza, per stare comodi in casa, c’è sicuramente la ciabatta che rivive oggi una nuova vita grazie a materiali, tessuti, colori di tendenza. Sicuramente l’effetto ciabatta / calzino non è ciò che tutti vorremmo vedere, ma in vista della bella stagione si potrebbero indossare scalzi. 

Brand: Birkenstock, Hunter, Automobili Lamborghini

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Simone Pollastri: «Date importanza al tempo, lavorate su voi stessi, e non fermatevi mai»

Solare, determinato e indubbiamente ingegnoso: Simone Pollastri, classe 1998, è più di ciò che sembra. Con il suo mix di stile e predisposizione in ambito digitale, oltre a costruire il proprio percorso da solo, oggi conquista i propri fan attestando che ci si può dedicare a molteplici passioni allo stesso tempo.

Siamo riusciti ad avere un po’ del suo prezioso tempo per riflettere sull’evoluzione in campo mediatico, futuro della moda e i cambiamenti che influiranno sulle esperienze nel settore creativo post-epidemia. 

Di che cosa si occupa la tua professione?

La mia professione si occupa di comunicazione, advertising e mondo del fashion. Nello specifico io sono un videomaker/director che opera nel campo della moda. Mi occupo di fashion film, campagne di advertising per vari brand come Moonboot, Superga, Dolce & Gabbana, Guess, Sara Giunti, Ermanno Scervino, LIUJO e tanti altri con i quali ho collaborato nel corso degli anni. Ho 21 anni, vivo a milano e come spiega la mia bio di instagram “both sides of the camera” di lavoro mi occupo anche di altro, lavorando come influencer e modello con l’agenzia Wannabe Management che mi rappresenta. Grazie ad essa, ho portato a termine progetti molto belli come campagne per Vans, Ellesse e tanti altri progetti digital che mi vedono in veste di talent per l’appunto. Una sorta di doppia personalità: davanti e dietro la telecamera. 

Come vedi il futuro del mondo della moda e dell’ambito creativo post-epidemia?

Mi ritengo fortunato perché per il tipo di lavoro che faccio come talent posso lavorare ovunque da casa o in giro per il mondo. Cosa diversa invece per quanto riguarda lato video in cui i progetti richiedono la mia presenza sul set etc. Sicuramente questo scenario che stiamo affrontando in questo periodo porterà a cambiamenti nel settore della moda, nuove tipologie di lavoro che prenderanno sempre più piede vedi lo smart working, nuovi canali di comunicazioni nuove piattaforme, una tipologia diversa nell’approccio a progetti di vario genere. Bisogna prendere questo periodo storico e farne tesoro per il futuro, imparare da quello che sta succedendo adesso per migliorarsi e migliorare tutti insieme una volta ripartiti. Spero fortemente che quello che stiamo vivendo in questo periodo serva soprattutto a far capire l’importanza di portare contenuti autentici in grado di sensibilizzare le grandi masse che seguono i talent su tematiche di vita concreta reale di tutti i giorni, non del “sogno Instagram” passatemi il termine che si cerca di far credere. Alla gente serve autenticità. 

Con l’avvento dei social, in particolar modo nel corso di questo periodo di instabilità economica e sociale, a tuo parere quale sarà lo scenario che cambierà maggiormente da ora in poi?

Una cosa che mi ha fatto riflettere molto in questo periodo è che nonostante io con i social ci lavori, prima che questa epidemia scoppiasse il social era visto come lo strumento che divideva le masse, la gente, l’opinione pubblica andava a togliere importanza alla relazione pubblica. Mentre adesso che ci troviamo chiusi in casa costretti a dare un nuovo valore al tempo, viene dato un nuovo valore anche ai social che sono visti invece come strumento di unione per informare e unire un popolo intero. Sicuramente il mio settore, così come tanti altri, sta subendo e subirà una forte battuta d’arresto dovuta a questa situazione e probabilmente lo scenario sarà quello di un settore che si ripartirà ma basandosi in gran parte il mondo della moda su eventi, relazioni pubbliche, sfilate, progetti, experience etc avrà bisogno di un pò di tempo prima che questa grande macchina torni a funzionare a pieno regime.

Quali sono le mosse che secondo te il sistema moda deve attuare per accingersi a un’etica di miglior impatto?

Cercare di diventare l’intero settore moda più SOSTENIBILE possibile. Come? Riducendo gli impatti ambientali per l’intero settore sulla produzione, utilizzando materiali riciclabili ed eco-sostenibile e cercando di ridurre al minimo i consumi. Ci sono già molte grandi azienda che hanno abbracciato questa policy per esempio Diesel con la quale ho avuto modo di collaborare ha lanciato la sua collezione Diesel-Up cycling for fatta di materiali riciclati da altri capi e messi insieme per formare un capo iconico. Ma adesso devo dire in generale che il settore moda essendo avanguardista è molto propenso a politiche di questo gente favorevoli all sostenibilità e come Diesel ci sono tante altra realtà. 

 A tuo parere, verso che rotta si sta orientando il settore creativo? E cosa punta a raggiungere in questi tempi?

Di questi tempi secondo me la creatività rimane sempre un arma a nostro favore, a cui far fronte se affiancate ad una buona iniziativa per lanciare un messaggio che possa aiutare o essere di conforto o di informazione alle persone. Quindi credo che i talent in un momento come questo debbano sentirsi stimolati e in dovere di mettere a disposizione la loro creatività, unire le forze per cercare di trasmettere un qualcosa di reale, che sia un messaggio positivo o di informazione di qualsiasi tipo farlo arrivare a più gente possibile. Ad esempio, sto partecipando in questi giorni ad una bellissima iniziativa proposta da Lacoste che ha deciso di affidare la gestione della sua pagina social alla creatività dei talent al fronte di creare una community di persone con scambi di idee  e opinioni di ogni tipo. Si disegna l’iconico coccodrillo di Lacoste sotto una nostra nuova interpretazione e lo si condivide sui nostri canali social creando un vero e proprio engagement e si mette a disposizione la nostra creatività per il brand. Un gesto semplice ma che può portare anche solo un sorriso o un po di felicità per tutte quelle persone che vogliono abbracciare l’iniziativa. 

Cosa ti spaventa di più appena cesserà l’epoca Covid-19?

Non è il cosa mi spaventa di più, perché come già dicevo prima sono convinto e ho già messo in contento che il nostro settore ripartirà, seppure con calma e con i suoi tempi, ma ripartirà e torneremo con il tempo a pieno regime. Ma il discorso è proprio questo, ovvero che non sappiamo di quanto tempo in realtà stiamo parlando di quando si ripartirà di quando si potrà tornare alla normalità e questo mi spaventa molto. Non è il cosa mi spaventa di più, perché come già dicevo prima sono convinto e ho già messo in contento che il nostro settore ripartirà, seppure con calma e con i suoi tempi, ma ripartirà e torneremo con il tempo a pieno regime. Ma il discorso è proprio questo, ovvero che non sappiamo di quanto tempo in realtà stiamo parlando di quando si ripartirà di quando si potrà tornare alla normalità e questo mi spaventa molto. 

Come cambierà il tuo lavoro dopo l’epidemia?

Non credo cambierà radicalmente perché come dicevo prima faccio un tipo di lavoro che mi consente di lavorare circa ovunque da casa dalla palestra in viaggio. Di certo all’inizio saranno ridotti gli eventi di moda ci sarà meno possibilità di relazionarsi con persone del settore per poi ripartire piano piano. Per il resto credo che cambieranno le tipologie di progetti per lo meno all’inizio viaggi per lavoro e progetti simili saranno in stand-by e inizierà a prendere piede a livello lavorativo anche Tik Tok che ormai è una realtà assodata già da tempo. 

Riflessioni conclusive?

Spero che questo tempo possa servire ad ognuno di noi per riprogrammarsi, rimettere ordine nella propria vita e soprattutto dare un nuovo valore al tempo e non sprecarlo mai. Inoltre credo che questo momento ci debba insegnare l’importanza delle piccole cose, in un momento così difficile per tutti il sapere di non essere soli, ma di avere i familiari, un abbraccio un sorriso sono tutti piccolo destri che nella vita di tutti i giorni non ce ne rendiamo conto ma adesso iniziamo ad assumere un significato speciale. Date importanza al tempo, lavorate su voi stessi, organizzate i vostri progetti futuri, ma non rimanete fermi. Mai.

Instagram: @simpll8

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Cinque articoli nel guardaroba maschile che può indossare anche una donna

Ci sono capi che hanno la forza di pervadere il tempo e lo spazio divenendo dei veri e propri cult dello stile maschile. Oggi, grazie alla moda, si abbattono i confini di genere e si predilige sempre più l’identitá libera, “genderfluid” che ci permette di muoverci continuamente tra i binari dello stile maschile e femminile , che talvolta diventano uno solo. 

Ma quali sono i capi del guardaroba maschile che può indossare anche una donna ? Abbiamo pensato a una mini guida al femminile per la ricerca di uno stile androgino: ecco i 5 articoli che potete “rubare” dall’armadio del vostro uomo per costruire il vostro stile con dettagli “mannish” senza tempo. 

Il blazer

Icona del guardaroba maschile, ma non solo, il blazer é forse il capo che tutti possiedono nel proprio armadio: é versatile, comfy, e può essere indossato in svariate maniere. Indossate il blazer del vostro lui, meglio se di qualche taglia più grande, come un mini-dress a cui potete aggiungere una maxi cintura in vita , per dare risalto alla silhouette ed essere al passo con i trend. 

Trench da ufficio

Meglio se oversize e lungo fino al polpaccio : il trench da ufficio vi riporta a quello stile londinese che tutte amano. E chissà, magari potrete creare l’effetto sorpresa  con minigonne e stivali alti, esagerati.

Camicia bianca

Ricordate quelle scene dei film dove lei indossa la camicia di lui in un modo super sexy? Ecco oggi potrete farlo anche voi, soprattutto nella stagione estiva. Indossate una camicia oversize come un vestito o ancora su dei pantaloni skinny fit e il gioco è fatto . La camicia bianca é uno dei capi must da avere assolutamente nel guardaroba. 

Chiodo vintage

Il chiodo in pelle é sicuramente uno dei capi più rappresentati dalle case di moda : lanciato dai fratelli Scott a New York , pensato per le sottoculture biker ha fatto subito capolinea nelle passerelle degli stilisti divenendo un vero e proprio evergreen del guardaroba maschile. Da indossare rigorosamente oversize , su abiti, jeans e pantaloni dal taglio maschile. 

Cappello falda larga

Tra gli accessori che potete rubare dall’armadio maschile c’è sicuramente il cappello “Fedora” , icona di stile alla Humphrey Bogart in Casablanca, diventato un must have grazie anche a Borsalino. Questo accessorio é sicuramente uno dei pezzi che potrete indossare sempre, un evergreen che non passa mai di moda. 

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I dieci film più eleganti di tutti i tempi

Ci sono film che rimangono nell’immaginario collettivo per sempre, divenendo dei  cult senza precedenti grazie a un mix di elementi quali la regia, gli attori, la trama ma anche e soprattutto lo stile.

Vi conduciamo in un viaggio che attraversa l’eleganza cinematografica di alcuni dei film più belli della storia del cinema , con un invito a sognare in questi giorni di quarantena. Scegliete il vostro look da film preferito e rivivete le emozioni che questi bellissimi cult movies ci hanno regalato. 

Il grande gatsby (2013)

Baz Luhrman dà vita a uno dei film più eleganti di tutti i tempi, con una rappresentazione cinematografica in cui lustrini, party e paillettes fanno da filo conduttore. È la storia di J. Gatsby , misterioso milionario celebre per le sue feste sfarzose e per il suo amore impossibile  per Daisy, moglie dell’ex campione di polo Tom Buchanan. Una carrellata di 40 costumi in perfetto stile anni 20 realizzati dalla costumista Catherine Martin in collaborazione con Miuccia Prada. 

American Gigolo (1980)

Julian, famoso Gigolo di Los Angeles, si innamora di Michelle, moglie di un politico locale. Dopo la morte di una delle sue clienti viene uccisa, il protagonista viene assalito dalle indagini del detective Sunday e capisce di essere vittima  delle macchinazioni del senatore Stratton, marito della sua amante. 

Il successo di questo cult movie lo si deve anche alla scelta di ingaggiare il bellissimo Richard Gere e vestirlo Giorgio Armani: la scelta dei completi sartoriali indossati nel film non è casuale. Erano i tempi in cui Armani lanciava a livello internazionale la sua linea ready-to-wear. 

La Dolce Vita (1960) 

Personaggio centrale é il giornalista Marcello Rubini (Marcello Mastroianni) che vive in un mondo provo di valori, cinico , caotico in cui regna la sua insopportabile noia di vivere. Il protagonista segue le gesta di una star di Hollywood (Anita Ekberg) e di una ricca ereditiera (Yvonne Furneaux). Lo stile rappresentato supera i confini temporali e ci riporta al glamour italiano per eccellenza. Come dimenticare il lungo abito nero di Anita Ekberg nella fontana di Trevi. 

A single man (2009) 

Adattato dal romanzo di Cristopher Isherwood  e con la regia di Tom Ford, il film ha come protagonista Colin Firth , nei panni di George professore inglese gay che insegna in California e che ha perso il suo partner. Il dolore lo porta a trovare conforto nella sua più cara amica Charley (Julianne Moore). Il debutto di Tom Ford come regista va oltre la passerella: nel film look sartoriali per Colin e stupendo lavoro di trucco e parrucco sull’attrice protagonista, in perfetto stile anni 60. 

Moulin Rouge (2001)

La storia d’amore più raccontata di tutti i tempi , vede come protagonisti Nicole Kidman nei panni di Satine e di Ewan Mc Gregor , nei panni dello scrittore squattrinato in una Parigi Bohémien di inizio 900. I due destano scandalo per il loro amore furtivo. Un tripudio di paillettes, corsetti e lustrini in una Parigi romantica e bohémienne . 

Il talento di Mr Ripley (1999) 

È la storia di Tom Ripley (Matt Damon) un giovane educato che si reca in Italia alla ricerca di Dickie (Jude Law) quando riesce a trovarlo resta affascinato dallo stile di vita che conduce l’uomo  in compagnia della sua fidanzata , così lo uccide e ne assume l’identità. Un thriller psicologico in cui è anche  lo stile anni ‘50 a decretarne il successo. 

Ragazze a Beverly Hills  (1995) 

In uno scenario tipico dei college americani, negli anni in cui il grunge diventa must tra le passerelle e le sottoculture di strada, questo film racconta la storia di Cher, ragazza più popolare del liceo che cerca di far innamorare due insegnanti riuscendoci. Ma quando prova a far lo stesso con due propri amici , i risultati non sono quelli sperati. Un cult i completini con stampe check in perfetto stile anni ‘90. 

Marie Antoinette (2006) 

Diretto da Sofia Coppola, questo cult movie è ricordato per i sontuosi costumi e le scene super eleganti nella corte della regina di Francia Maria Antonietta (Kristen Dunst), divenuta tale dopo la morte di re Luigi 15esimo. Maria Antonietta rappresenta l’epitomo di bellezza, ricchezza e lusso : centinaia di look in perfetto stile seicentesco realizzati da Milena Canonera, vincitrice del premio Oscar per i miglior costumi di scena. 

The Danish Girl (2015) 

Ispirato a una storia vera, il film si concentra sull’amore indissolubile e il desiderio irrefrenabile di un uomo che a tutti costi vuol cambiare sesso, ambientato nel 1930. 

Il film ha come protagonista Eddie Redmayne nei panni di Lili Elbe , prima persona a essere identificata come transessuale e a subire un intervento chirurgico per il cambio di genere. Paco Delgado è il designer che accompagna il protagonista in questo suo “viaggio “ tra i due sessi ma anche lo stile danese degli anni ‘20.  

La la land (2016)

La storia di due artisti innamorati si complica quando cominciano a raggiungere il successo. Il film, divenuto un cult anche per l’identità da “musical” , ha come protagonisti Ryan Gosling ed Emma Stone, in una esilarante interpretazione divenuta subito celebre in tutto il mondo. “La la land” è sia un riferimento alla città di Los Angeles sia al significato di essere nel “mondo dei sogni”. Lo stile è ispirato alla golden age degli anni 50/60 di Hollywood in un percorso cromatico collegato alle emozioni e alle esperienze dei protagonisti.  

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La moda sostiene la battaglia contro il Corona Virus

L’industria della moda continua a scendere in campo per fronteggiare la pandemia in corso dando concreto aiuto a strutture ospedaliere, personale medico-infermieristico e a tutti coloro che sono oggi impegnati in prima linea nella battaglia contro il Covid-19.

Nonostante i primi segnali positivi ci abbiano fatto tirare un piccolo sospiro di sollievo, non è ancora il momento di abbassare la guardia e cantar vittoria ma capire come uniti si possa riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel. 

Ecco alcune delle iniziative dei grandi della moda (e non solo), simboli di trasparente umanità.

La Camera Nazionale della Moda, grazie al contribuito dei suoi associati, dona 3milioni di euro dando vita al progetto solidale “Italia, we are with you”, aperto a tutte le associazioni di settore e brand. Tramite il Commissario straordinario per l’emergenza e la Protezione Civile verranno donate mascherine chirurgiche, reagenti e indumenti protettivi per tutti gli ospedali che ne avranno necessità a partire da quello creato nell’ex Fiera Milano, aperto recentemente, ed al quale anche Moncler ha contribuito con 10 milioni. “Milano è una città che ha regalato a tutti noi un presente straordinario. Non possiamo e non vogliamo abbandonarla” — queste le parole di Remo Ruffini, Ceo a Ad del Gruppo.

La famiglia Zegna, da sempre vicina a tematiche filantropiche e alla sostenibilità, dona insieme al suo top management 3 milioni di euro alla Protezione Civile Italiana a favore di medici, ricercatori, infermieri, volontari e tutti coloro che stanno lavorando incessantemente per sconfiggere il virus. Non solo, parte delle linee produttive degli impianti del brand, tra Italia e Svizzera, sono state adibite per la produzione di mascherine mediche. Stessa cifra anche per la famiglia Benetton, destinata a quattro ospedali italiani.

We are all in this together”. Con questo chiaro messaggio Gucci, dopo aver accolto l’appello della  Regione Toscana per la produzione di oltre 1 milione di mascherine e camici, chiama all’azione tutta la sua community digitale per intervenire con donazioni a favore del Dipartimento della Protezione Civile, in collaborazione con Intesa San Paolo, ed al fondo solidale a supporto dell’OMS. Il marchio dona, inoltre, un milione di euro per ciascuna delle campagne di crowdfunding.

Giorgio Armani, uno dei primi a muoversi in campo per fronteggiare il virus, continua con le sue donazioni raggiungendo un totale di 2 milioni di euro e sostenendo anche l’ospedale di Bergamo, quello di Piacenza e quello Versilia. In più converte tutti i suoi stabilimenti produttivi italiani nella produzione di camici monouso destinati agli operatori sanitari. 

Sostengo all’ospedale Columbus Covid 2, nuova area all’interno del Policlinico Gemelli di Roma, da parte di Valentino Gravani e Giancarlo Giammetti con la donazione di 1 milione di euro attraverso la loro Fondazione. 

La tutela dei dipendenti

L’incombere del Covid-19 ha scosso gli equilibri interni di tutte le aziende con conseguenti difficoltà, paure e incertezze che toccano da vicino tutti i dipendenti. Chanel, dopo la Francia, decide di non ricorrere alla cassa integrazione per i suoi dipendenti Italiani (circa 1100) affinchè non gravi sui conti pubblici, garantendo loro il 100% del salario. Non solo, la filiale italiana della maison ha destinato 1.3 milioni di euro alla lotta contro il virus.

Donazioni sugli acquisti. Questo il contributo del Gruppo Aeffe. All’interno degli store online di Alberta Ferretti, Moschino e Philosophy di Lorenzo Serafini verrà donato il 15% di ogni transazione  effettuata all’Istituto Clinico Humanitas di Milano e all’AUSL RomagnaDiesel contribuisce allo stesso modo e lancia l’hashtag #Braveactionsforabetterworld.

Il sostegno della moda sul versante internazionale 

Ralph Lauren porta il suo contributo con 10 milioni di dollari per le categorie più deboli e vulnerabili. In più, parte della somma supporterà la raccolta aperta dal Cfda, il Council of Fashion Desingers of America, producendo mascherine e camici.  Anche Mayhoola, il gruppo di cui fanno parte Valentino, Balmain e Pal Zileri, supporta la Spagna nella gestione dell’emergenza sanitaria destinando 1 milione di euro all’ampliamento dell’Hospital Covid-19, struttura costruita in tempi record all’interno della fiera di Madrid. Lvmh donerà 10 milioni di mascherine alla Francia, per un valore di oltre 5 milioni di euro e alcune delle sue fabbriche cosmetiche stanno già producendo gel igienizzanti idoralcolici.

Ristabilire nuove priorità nel quotidiano e contribuire, ognuno a modo proprio, con la consapevolezza che gli sforzi e l’impegno di oggi possano farci ripartire al più presto, con più grinta e forza di prima. E’ questo ciò che possiamo e dobbiamo fare. 

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Mosey x Luca Larenza

Il designer Luca Larenza incontra Mosey, Dj e produttore francese di fama planetaria. Un connubio tra moda e musica che ha dato vita alla speciale capsule unisex presentata a Parigi il 15 gennaio. Si tratta di una collezione nata dalla voglia di rintracciare luoghi o momenti, in cui la vita esce dalla routine ed entra nei meandri di una felicità spontanea.

I look progettati da Larenza e Mosey infatti toccano diverse suggestioni. Si parte dall’attitudine spregiudicata di uno spring-break tra Miami e Daytona Beach in Florida; da un guardaroba che assorbe le tinte e la spensieratezza di Cancùn o Purto Vallarta. Si passa alle giacche o ai bomber light dai motivi check elettrici che invece astraggono l’esuberanza cromatica e dissacratoria del dandismo black. Cardigan e maglie girocollo in morbido merino dall’effetto garzato con scritte agugliate, cappotti oversize e velluti a coste rimandano poi all’appassionato impegno sociale e intellettuale di fine anni sessanta. Ancora cardigan con filati a pelo lungo, ma stavolta rifrangenti e scintillanti, tributo allo Studio ’54 o più genericamente alla night-life dei club. 

Come commenta dichiara il designer Larenza “Io e Mosey abbiamo unito le forze per mandare un messaggio positivo e spensierato, che pur sempre però potesse venire considerato qualitativamente una massima espressione di know-how in fatto di abbigliamento maschile”. “Abbiamo percorso tutti quei momenti che in un modo o nell’altro segnano o hanno segnato l’abbandono dei doveri per avvicinarsi al fuoco dei piaceri del corpo e della mente. Alto e basso, cheap e chic, pop e ricerca, cuore e testa, con l’obbiettivo di produrre una collezione spontanea e rigorosamente Made in Italy”.

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Alla corte di Moschino è di scena la malia del Settecento

Peccaminosamente squisita, spudoratamente teatrale, l’ultima, strepitosa collezione femminile disegnata da quel ragazzaccio impertinente e geniale di Jeremy Scott per Moschino è un inno alla dissolutezza gastronomica e a un’opulenza aulica e decorativa che mette alla berlina l’insostenibile edonismo dell’era 4.0.

Un’abbuffata voluttuosa di macarons e torte a strati che si rifà al gusto lezioso e modernissimo dell’ancien régime, quello delle Liaisons dangereuses e dello scandalo della Collana, pochi anni prima della grande rivoluzione francese del 1789, è il pretesto per mettere in scena una sfilata dall’impatto scenico esilarante e insieme dirompente.

La boutade da iconoclasta stavolta è proiettare Marie Antoinette, la sua ammaliante panoplia di invenzioni da atelier e le sue gesta erotiche di regina prodiga, frivola e fedifraga che oggi sarebbe idolatrata sui social, (e anche molto rivalutata dagli storiografi anche perché apripista della haute couture in senso moderno complice i virtuosismi dell’avida sarta Rose Bertin), in un’atmosfera insouciante, variopinta e ludica che per Scott è legata a doppio filo ai divertissement dei disegnatori di Manga e ai Cosplay.

E da Versailles a Shibuya dunque il passo è più che breve. Le perverse femmes galante del circolo esclusivo della sventurata regina di Francia che giocavano a fare le pastorelle nello Hameau nel Petit Trianon, dalla virtuosa Principessa di Lamballe all’intrigante contessa di Polignac immortalate dalle tele di Vigée Le Brun, parlano un dovizioso linguaggio di efferata bellezza, di lusso sibaritico e inverecondo fatto di robes à panier e di sprezzanti cuissardes color geranio, di frac stile Conte d’Artois e di elaboratissime cappe bouquet, di colori stucchevoli ma gourmands come il giallo limone, il turchese brillante e il rosa candy, di fiocchi scenografici e di ricami esuberanti e golosi sempre in bilico fra chic e Kitsch, fra rivoluzione e controriforma, fra Fragonard e Lachapelle.

Sarà questa l’anticamera della restaurazione stilistica nell’aria? Per ora chez Moschino non è dato sapere. Quel che è certo è che qui la ricerca sul costume storico in chiave retrovisiva è meticolosa e sapiente: l’immaginario del dissacrante stilista americano guarda al biopic di Sofia Coppola e ai costumi del premio Oscar Milena Canonero che per realizzare gli abiti di scena ha attinto anche ai tessuti di Rubelli, mentre la pellicola si rivive in pedana sulle note della splendida colonna sonora.

E la moda? E’ servita con ironia al vetriolo nella pasticceria Made in Trianon by Moschino. Dal denim e la morbida pelle dei perfecto che sormontano le minigonne a panier si passa poi alle mise in velluto damascato e in broccato multicolore da cortigiano ciccisbeo senza parlare delle incantevoli fogge in Toile de Jouy e delle rigogliose fantasie floreali à la bergère, mentre i pantaloni al ginocchio come quelli à culotte del conte di Fersen e di Luigi XVI, si portano con esose e civettuole scarpine con tacco a rocchetto, realizzate internamente alla Aeffe da Pollini.

Dulcis in fundo (è il caso dirlo) i cake dress che ricordano le torte irresistibili ricche di glassa e di panna Chantilly che le dame dalle torreggianti parrucche acconciate da Leonard, usavano divorare nelle stanze private della regina a Versailles innaffiandole con prelibati Champagne mentre l’ultima sovrana di Francia era intenta a dilapidare vertiginose fortune al gioco e lanciando nuove mode ispirate all’anticomania, all’amica inglese, la bellissima Duchessa di Devonshire e ai philosophes come Jean Jacques Rousseau.

Ammiccano ai fotografi come starlette social le grandi insta models di oggi, dalle sorelle Gigi e Bella Hadid a Kaia Gerber e Vittoria Ceretti, che davanti alla sala delle danze di Versailles si fanno un selfie e ancheggiano prima della tempesta destinata a cambiare tutto. Che sia una profezia?

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E’ una casta diva forte e romantica la donna di Alberta Ferretti

Romantica e assertiva la donna di Alberta Ferretti non delude mai perché non offre fianco a critiche. La sua allure da casta diva la accompagna e la precede, il suo glamour è ipnotico, la sua bellezza evoca le sofisticate atmosfere di un mondo rarefatto popolato di cigni alteri e di belles dames sans merci che calcano le strade della metropoli senza paura.

E dato che come scriveva Dostojevsky, ‘La bellezza salverà il mondo’ è opportuno in questi tempi così difficili risollevare gli animi parlando di una delle regine della moda italiana che è anche una delle interpreti più raffinate dell’estetica femminile di questo millennio.

Nella collezione autunno-inverno 2020-21 di ready-to-wear che a Milano ha seguito la presentazione a Parigi in gennaio della memorabile, iconica Limited Edition (una demi couture estremamente sofisticata e scenografica, preziosa nei materiali, mikado e duchesse, che riecheggia la lezione volumetrica e architettonica di Balenciaga e di Capucci) prende forma il manifesto di una femminilità possente ma mai aggressiva, seducente ma sempre entro i binari del buon gusto, sensuale ma mai carnale.

I richiami alle proporzioni calibrate e alle silhouettes scultoree dei favolosi Eighties sono palesi eppure c’è una volontà sottesa di sottrazione. Questa traspare da molte e assortite soluzioni dedicate al daywear dove spicca la tuta più understated affiancata da certi eleganti e grintosi tailleur pantalone.

Qui la giacca boxy in cashmere o in pelle, definita da tagli e dettagli sartoriali ad alto quoziente artigianale, si combina con bluse in raso dai colli civettuoli e pantaloni morbidi e a vita alta, quasi drappeggiati, spesso portati con stivali imperiosi. La estrema eleganza del grigio antracite e asfalto che la sera e per le ore più eleganti e habillées vira al silver nei lunghi dress con frange ricamate, suggerisce un orizzonte di self confidence postmoderna e di eleganza sussurrata, senza sforzo, che non ha bisogno di urlare per essere percepita.

Spiega la bionda e mite stilista: “Ho iniziato a disegnare questa collezione pensando a una figura di donna lontana dalle definizioni prestabilite. Ho sempre lavorato sulla consapevolezza femminile ma questa volta sono andata oltre per assegnare agli abiti il ruolo di ambasciatori di un daywear sofisticato e sostenibile”. 

Lontana dal protagonismo di certi brand che fanno del sensazionalismo e della boutade da palcoscenico la loro cifra, Alberta Ferretti procede sicura per la sua strada dando ancora il massimo soprattutto nella parte eveningwear dove il nero assoluto e misterioso degli abiti di gala è illuminato dall’energia siderale dell’argento ed è allietato da vibranti tocchi di Blu Royal, ma anche di rosso carminio declinati in toilette sontuose e capricciose dominate da un’enfasi di rouches e volants plissettate e disposte a cespuglio o a raggiera sul corpo gentilmente svelato con una formidabile perizia di lavorazioni e ricami certosini che emulano la vera alta moda, nel segno di una preziosità neoclassica e di una gradevole insouciance.

Per una nuova, briosa regalità: ottima prova. Applaudono nel parterre Valeria Mazza con la figlia, Nati Abascal, Cristiana Capotondi, Greta Scarano, Greta Ferro e molte altre bellissime celebrities e attrici italiane e internazionali.

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La quarantena secondo gli influencer

Dopo il decreto dell’8 marzo emanato dal nostro governo, la zona rossa è stata estesa a tutta la penisola italiana e questo comporta una limitazione degli spostamenti. Infatti, siamo tutti chiamati a restare tra le mura di casa salvo in casi di stretta necessità o emergenza per cercare di contrastare l’avanzata pericolosa del Corona Virus

Molti di noi, abituati ad una vita frenetica e movimentata, si trovano a riscoprire la dimensione casalinga cucinando, facendo workout o lavorando in smart working. 

Tuttavia, i social ed in particolare Instagram, rimangono uno dei passatempi preferiti e i veri protagonisti di essi, gli influencer, ora più che mai, scendono in campo invitando prima i propri follower a non abbandonare le mura di casa attraverso l’hasthag #iorestoacasa e poi cercando di allietarli nei modi più svariati. Qui una piccola lista di influencer da seguire durante la quarantena

Paolo Stella (@paolostella

Influencer e scrittore, in questi giorni ha lanciato l’iniziativa di una raccolta di proposte day by day su come occupare il tempo in modo creativo e al meglio durante la quarantena attraverso l’hashtag #MYSWEETQUARANTINE. Il suo motto è “siamo in un tempo nuovo, troviamo un nuovo modo per impiegarlo”.

Giulia Valentina (@giuliavalentina)

Oltre a partecipare all’iniziativa #MYSWEETQUARANTINE di Paolo Stella, ha intervistato in videocall il professor Claudio Vicini, otorinolaringoiatra di Forlì, per porgergli alcune domande ricorrenti sul Covid19 contribuendo a dare informazioni utili al suo pubblico e a tutto il popolo di Instagram. Non mancano i divertenti siparietti con le sue chihuahua e le utili rubriche in lingua inglese.

Luca Vezil (@lucavezil)

Influencer, appassionato di fitness e compagno di Valentina Ferragni (@valentinaferragni), si propone di fare dei video e delle dirette sul suo profilo dispensando consigli su come allenarsi in modo “homemade” utilizzando solo un tappetino, un elastico da palestra e tanta forza di volontà. Alterna workout ipertrofici a workout metabolici per incoraggiarci ad essere sempre fit. 

Paola Turani (@paolaturani)

Modella e fashion influencer, oltre a mostrare i suoi attimi di vita quotidiana durante la quarantena con i suoi cani Nadine e Gnomo e il suo compagno Riccardo Serpellini (@rickyserpella), condivide simpatici Tik Tok per intrattenere i suoi follower e donare momenti di spensieratezza senza mai però dimenticarsi di divulgare il messaggio importante e positivo di rimanere a casa.

Marco Cartasegna (@marcocartasegna)

Influencer e modello italo-spagnolo, sul suo instagram si occupa principalmente di politica e durante la quarantena sta caricando dei video nella sezione igtv esprimendo il suo punto di vista su alcune mosse politiche adottate dal nostro governo contribuendo così ad informare chi lo segue e ad aprire dei dibattiti su questi temi. 

Veronica Ferraro (@veronicaferraro)

Fashion influencer, anche lei ha aderito all’iniziativa #MYSWEETQUARANTINE caricando ogni mattina alle 10 sul suo profilo nella sezione Igtv un video di un workout casalingo ispirandosi ai consigli del marito trainer Giorgio Merlino (@giorgiomerlino). I suoi follower, così, possono tenersi in forma anche in questo periodo di sedentarietà forzata. 

Leo Gassman (@leogass.official)

Cantante e vincitore di Sanremo giovani 2020, oltre ad aver lanciato un appello a suoi seguaci di restare a casa, organizza delle dirette in cui canta e suona la chitarra per intrattenere e fare compagnia al suo pubblico. 

Camilla Boniardi (@camihawke)

Carica sul suo profilo nella sezione Igtv dei video/Tik Tok in cui in modo spiritoso dà consigli ai suoi followers sulle migliori serie tv da guardare durante la quarantena. 

Marco Fantini (@marcofantini_mf

Influencer, modello e futuro marito di Beatrice Valli (@beatricevalli), oltre ad aver lanciato un appello ai suoi follower di non uscire di casa e ad aver ringraziato personalmente i medici in prima linea in questa emergenza, condivide ogni giorno nelle sue Ig Stories attimi di vita quotidiana con la sua famiglia per far vedere come occupa il suo tempo durante la quarantena mostrando anche alcune ricette di cucina. 

Frank Gallucci (@frankgallucci)

Lo stilosissimo Frank non manca di aggiornarci quotidianamente con l’andamento della situazione Coronavirus in Italia e nel mondo, ci propone una rassegna stampa delle raccolte fondi in essere e ci strappa qualche sorriso con un best of di Tik Tok e video esilaranti.

Filippo Cirulli (@filippocirulli)

Trendsetter sofisticato, appassionato di arte e di antiquariato, Filippo si è sempre distinto per la sua estetica e per la sua visione contemporanea di eleganza maschile. In questa fase difficile si reinventa come casalingo insegnandoci tecniche per la lucidatura dell’argento, come pulire i vetri in modo ottimale e realizzare cocktail per aperitivi.

Alessandro Magni (@ale_magni)

Difficile per un globetrotter come Ale Magni restare fermi, ma è proprio da lui che ci arrivano continui moniti a rispettare le regole, ancor prima che iniziasse ufficialmente il periodo di quarantena. Questo isolamento, per Alessandro è diventato l’occasione ideale per mettere in ordine l’armadio e per condurci in un live tour nel suo showroom casalingo.

Elisa Taviti (@elisataviti)

Siamo abituati a vederla divisa tra fashion week, viaggi e appuntamenti glamour. L’influencer toscana in questo momento si reinventa, dedicandosi completamente alla cura della casa e alla cucina, proponendoci dolci e piatti semplici da realizzare. Non manca però anche qualche consiglio beauty!

Roberto Valbuzzi (@notordinarychef)

Lo chef varesino che tutte le sere ci fa compagnia a Cortesie per gli ospiti (canale 31 Real Time) ovviamente non può che suggerirci piatti e ricette da replicare in queste settimane.  Per rendere tutto più coinvolgente via libera alle dirette insieme ad amici e personaggi noti del mondo food.

Ha collaborato Federica Zucca

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Gli effetti del coronavirus nel Fashion System

L’industria della moda si ritrova colpita ma non si scoraggia e, nonostante gli evidenti numeri in calo, sembra supportare con determinazione e fiducia il sistema sanitario e anche i suoi dipendenti, dai manager ai designer, tanti a casa in smart working. Collaborare e non arrendersi, mai come ora, sono una concreta via di sopravvivenza.

Dall’evidente presenza del Covid-19 in Europa, durante la Fashion Week di febbraio a Milano, molte cose sono iniziate velocemente a cambiare. Tanti eventi e show cancellati o posticipati. Le Cruise di maggio, da Gucci a San Francisco fino a Prada in Giappone, a Tokyo, sono state annullate mentre Armani posticipa a novembre il defilè di Dubai. Tante le ripercussioni del virus dal punto di vista economico. Ne risente da vicino tutta la filiera produttiva presentando problemi in termini di relazioni con i fornitori, conseguenti ritardi nella realizzazione dei prodotti, chiusure di retails, department stores e outlet nei paesi affetti dal virus (in continuo aggiornamento). 

Vi proponiamo, di seguito, una serie di interessanti approfondimenti sul tema sperando che le criticità che stanno interessando tutto il settore moda, e i tanti altri lesi, possano al più presto venir meno.

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Drawlight: storytelling e media immersivi

Produzione a basso impatto ambientale, riduzione dei rifiuti, difesa dell’ambiente. La cultura della sostenibilità sta diventando parte integrante del ciclo di vita di un prodotto di moda. Per questo, dopo il lancio a febbraio 2019, WHITE Milano ha riportato in primo piano GIVE A FOKus, un progetto speciale che racchiude brand green e volto a sensibilizzare il pubblico con un occhio verso il futuro.

L’hub, che tocca temi come l’innovazione circolare e il cambiamento sociale, si avvale della direzione artistica di Matteo Ward, cofounder e ceo di WRÅD, design company attiva con il brand eponimo e con una serie di attività educative per studenti e di consulenza per marchi e retailer. L’iniziativa, realizzata grazie al supporto di Albini Group con i tessuti Albini Donna, Phillacolor, L.I.M. Group e Boyish Jeans, vanta inoltre la partnership con Cittadellarte- Fondazione Pistoletto e Fashion Revolution, che aiuterà a far luce sull’impatto del tessile nelle sue fasi, dalla produzione al finissaggio.

Ad aprire l’area espositiva è stato Get in SYNC Shade, un’installazione di Drawlight – studio creativo specializzato installazioni artistiche digitali immersive – che attraverso il light mapping svela gli elementi e i processi di realizzazione prodotto.

La Tex Lounge è stato il luogo dove i visitatori hanno vissuto un’esperienza sensoriale in un percorso dedicato alle fibre responsabili: dai tessuti organici e tracciabili di Albini Group, alle tecniche di tintura dell’azienda padovana L.I.M. group, passando per i processi di finissaggio di Boyish Jeans fino alle tinture naturali Phillacolor fatte dalla textile designer Laura Cortinovis. Get in SYNC Shade apre il percorso di Give a FOK-us, l’obiettivo questa volta è informare e raccontare, attraverso il coinvolgimento sensoriale, due delle fasi più inquinanti della produzione tessile: lo sviluppo del tessuto e la fase di tintura e finissaggio che in media incidono per più del 30% dell’impatto totale di un capo di abbigliamento.

Get in Sync Shade diventa quindi propedeutica alla scoperta della Tex Lounge, dove i visitatori possono vivere un’esperienza sensoriale unica entrando in contatto con tessuti, tinture e fibre non convenzionali e responsabili, come il cioccolato e il caffè. Un percorso per riscoprire l’impatto di questi materiali sull’ambiente, la società e per la nostra pelle di ritrovare una connessione con la verità delle sostanze, pigmenti e fibre scelte per i nostri vestiti.

WRÅD

Commenta Mick Odelli, CEO DrawLight & Storyteller Specialist: “Qualche volta bisognerebbe fermarsi per andare avanti. Fermarsi, prendere fiato e piena consapevolezza di dove voler andare. L’installazione che abbiamo creato questa volta per White Milano 2020, di nuovo insieme a Matteo Ward ed al suo team, vuole fermarvi un momento, farvi rallentare ed estraniare dalla frenesia della giornata che fuori continuerà ad andare avanti. Perchè è quando siamo in questo stato di benessere che siamo pronti a capire cosa ci rappresenta ed in cosa crediamo davvero.”

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Best of Milano Moda Donna

Un percorso tra le novità abbigliamento e accessori per l’autunno-inverno 2020. Milano Moda Donna è anche l’occasione per vedere le novità dell’uomo che in alcuni casi viene presentato insieme alla donna. Abbiamo una serie di marchi per capire le prossime tendenze per l’autunno/inverno 2020.

MONCLER

Il piumino secondo Moncler può diventare protagonista di tante storie differenti. Lavorando soltanto con il rip-stop di nylon, un tessuto leggerissimo ma estremamente resistente, Craig Green si è focalizzato sui concetti di trasparenza, sicurezza e protezione, realizzando forme insolite e funzionali.

VERSACE

I primi look sulla passerella di Versace sono lineari, total black per lui e per lei, di insolito rigore. Dopo le prime uscite, la passerella si accende con il rosso pied-de-poule di blazer e giacconi. Il denim si sovrappone per esempio al tessuto tecnico trapuntato. L’ispirazione è sportiva, o meglio street style. Il finale è ancora tutto per il nero, intervallato dal denim.

PHILIPP PLEIN

La collezione autunno inverno 2020 di Philipp Plein include capi ricoperti di cristalli luccicanti, borchie punk, stampe leopardate, simboli del dollaro, borse multitasche con tracolla che duante lo show contenevano la nuova fragranza “No Limits” in una boccetta a forma di carta di credito.

BOTTEGA VENETA

I colori che caratterizzano principalmente la collezione sono il nero e il verde lime che spicca sugli accessori. Sfilano inoltre cartelle da uomo in nappa intrecciata, maxi tote rettangolari indossate a tracolla, pochette esagonali e una nuova versione di Hobo bag.

BENETTON

La storica expertise tecnica del brand di Treviso gioca ovviamente in prima linea: dalla maglieria – con inserimenti di lurex e jacquard ricamati – ai tessuti – con neoprene double-face, impermeabili stampati, morbida ecopelle – agli accessori, realizzati con estrema cura. Perché la Fall Winter 2020 di Benetton è davvero Fashion for Everybody: uno stile nomadico, libero, pieno di ibridazioni, da vivere e condividere. Per i cittadini e le cittadine di un mondo senza muri.

BALLY

Purezza della forma è il mantra per Bally che gioca su linee pulite, materiali naturali e toni neutri che riflettono l’impegno del brand a favore dell’ambiente. Non manca la passione per le innovazioni tecniche, in un continuo intreccio fra tradizione svizzera e visione moderna. Le linee morbide e le silhouette scolpite esprimono l’integrità e l’eterogeneità delle forme.  L’uomo Bally è consapevole dei propri obiettivi e ama esplorare. Il suo stile contemporaneo lo rende a proprio agio sia in città che in natura.

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ROBERTO CAVALLI

L’heritage è ancora l’ispirazione per il brand che ha fatto del pattern animalier il suo cavallo di battaglia che veste in modo seducente e sempre intrigante anche nel daywear. La collezione uomo, estremamente focalizzata e concisa, dà seguito alla riflessione sul concetto di uniforme con una forte identità personale. Per la stagione Autunno/Inverno, il mondo del classico sartoriale viene rivisitato attraverso uno spirito anticonformista e ironico.

ALEF

Alef, il marchio di borse fondato da Tiziano Colasante e Alessia Auriemma  ha scelto la settimana della moda milanese per inaugurare il suo primo monomarca, uno spazio di 70 mq su due livelli nel Quadrilatero, in via Borgospesso angolo via della Spiga, che diventa anche showroom direzionale. La collezione maschile invece realizza modelli in nappa, pelle martellata e introduce per la prima volta il nylon per soddisfare differenti occasioni d’uso e personalità.

CASHMERE FLAKES

Cashmere Flakes ha presenziato a Milano e in seguito a Parigi con capi specialissimi: giacche, cappotti, gonne e pantaloni in nylon imbottiti di “fiocco di cashmere” sono i protagonisti di alcune delle uscite di collezione più importante mentre cappotti e maglie in puro cashmere di Mongolia rappresentano una parte significativa delle collezioni.

HOGAN

Denominatore comune della collezione autunno-inverno di Hogan e’ un look essenziale e sartoriale abbinato ad accessori di grande classe e personalità.  Per l’uomo scopriamo  Hogan “interaction”, tratti leggeri e volumi ultra-light, neoprene termoformato. La sua eleganza contemporanea e’ un mix di heritage ed innovazione, un perfetto connubio tra gli iconici codici estetici del brand e quell’eleganza informale del vivere urbano.

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Talent da Altaroma

Da tempo ormai il focus della fashion week romana si focalizza sulle nuove proposte e i talenti emergenti. Dall’ultima edizione abbiamo selezionato alcuni nomi da tenere d’occhio e che stanno riscuotendo interesse tra gli addetti ai lavori. Una serie di proposte:

FEDERICO CINA

Uno degli show più emozionanti di Altaroma. La collezione si ispira all’archivio fotografico di Vittorio Tonelli, maestro e scrittore, nonché appassionato studioso della storia e cultura Romagnola. Nato a Sarsina, in provincia di Forlì-Cesena, Tonelli esalta la straordinaria bellezza della sua terra attraverso il racconto di piccole storie e raccolte di fotografie. La cultura, la tradizione gastronomica e folcloristica della Romagna sono il tema principale del lavoro del “Maestro” sarsinate che dal 1974 ad oggi ha scritto una trentina di volumi, partendo sempre da una visione antropologica che mette al centro la persona, le sue emozioni e i suoi ricordi. E proprio una vena nostalgica percorre lo show di Cina che esplora tecniche diverse per un guardaroba ricco di ispirazioni, sottolineando l’aspetto artigianale che è alla base della visione del designer.

GALL

Atmosfere urban dai colori decisi e tessuti ricercati. Per Gall – marchio fondato a Roma nel 2014 da Justin Gall e Chiara Nardelli – il focus è sui tre colori primari rosso, verde e blu che coesistono in armonia, in equilibrio con l’un l’altro, come in natura, come nel “tutto” conosciuto. Da qui il nome “Omnia” per la collezione Fall Winter 20/21. La ricerca dei tessuti parla in una sinergia eccellente tra naturale e sintetico, incontrando grandi prestazioni nel rispetto completo dell’ambiente e del mondo animale. I pezzi voluminosi delle collezioni non sono confezionati con piume animali, ma con materiali lavorati dalla plastica riciclata. La funzionalità di ogni articolo è sempre un elemento chiave in ogni collezione Gall, come: tasche rimovibili, cappucci nascosti e segmenti modulari che danno spazio alla trasformabilità, comfort e facilità in ogni momento e protezione dalle condizioni estreme. 

SPENDTHRIFT

Nonostante il nome è italianissimo il brand, nato nel 2013 da un‘idea di Federico Cancelli e Marco Cuccagna. Una collezione all’insegna dell’arte e della sua condivisione. I due fondatori volevano usare la t-shirt bianca come una tela per esprimere la propria creatività.
Si sono divertiti a cambiare colori e forme giocando con grafiche accattivanti, immagini trasformate e scenari visionari che mostrano il DNA del marchio. Una collezione di pezzi forti come il cappetto con patchwork foto e i pezzi di maglieria con lettering ironici

ACCADEMIA COSTUME & MODA 

Sono 18 gli studenti (10 per l’abbigliamento e 8 per gli accessori) che hanno sfilato durante Altaroma per il Talents 2020 BA Fashion Show. I giovani hanno avuto l’opportunità di collaborare con 47 aziende del Made in Italy per la realizzazione di 18 capsule collection (6 outfit ciascuna) che sono state presentate in calendario. Tra i diversi talenti, due nomi da tenere d’occhio: Eva Bureau e Marco Passone. La prima ha vinto anche il premio Talents 2020 con la sua collezione “Hexapoda” (menswear e womenswear) incentrato sulla ricerca dell’identità e ricerca di materiali con un mix di texture e stampe davvero unico. I tessuti del progetto sono stati prodotti grazie al supporto con le aziende: Isa Seta, Italian Converter, Limonta, Ostinelli Seta, Thindown e Dyloan Bond Factory. Altro talent da tenere d’occhio è Marco Passone con la sua collezione “Gravity”, che distilla un calibrato equilibrio tra eleganza formale e tocco active. Il riferimento è alla all’attrazione gravitazionale, un’accelerazione contraria, che permette il rallentamento del paracadute durante la discesa verso il suolo. E in passerella si sono proprio visti dei spolverini in tessuto tecnico iper leggeri e abbinati a giacche e completi. Da un lato il paracadutismo militare, da cui viene ripresa la leggerezza e l’ampiezza del paracadute è riportata nei grandi volumi dei capispalla. Dall’altra è la subcultura dei Teddy Boy, in cui viene ripresa quell’eleganza Edoardiana data attraverso i tessuti lanieri maschili e da un taglio avvitato nei volumi. Di impatto le stampe grafiche di Ouzo Kim, artista Coreano, che sono state rielaborate attraverso la sovrapposizione di vedute aeree di Roma e a rilievi di mappe topografiche. La collezione –  proprio come nella migliore moda coreana – sintetizza l’eleganza contemporanea con un tocco più sporty.

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Alef: dna made in Italy

Il noto brand di borse Alef, ha scelto la settimana della moda milanese per inaugurare il suo primo monomarca in assoluto, uno spazio di 70 mq su due livelli nel Quadrilatero, in via Borgospesso angolo via della Spiga, che funge anche da showroom direzionale.

Il suo è un DNA esclusivamente Made in Italy: studio delle forme, delle tendenze, cura dei dettagli, ricerca degli accessori, scelta delle pelli, dei colori e della manifattura prettamente italiana. Ecco alcuni highlights della collezione per la prossima fw 2020/21.

Per la donna si rispettano gli ultimi trend di stagione con una particolare attenzione alla lavorazione delle pelli, che rendono ogni modello unico ed originale.

REFLECTIONS punta l’attenzione su geometrie asimmetriche e disconnesse che sublimano giochi di luce ed ombre per un risultato dai colori surreali.

URBAN GLITCH si dedica a modelli dove la pelle è protagonista; il classico black and white si trasforma creando grafismi e tridimensionalità grazie ad un approccio materico dato dalle spalmature in resina e dai patchwork di pelli dalla differente texture.

GLOSSY AND MATTE invece conferma la voglia di sperimentare con il lucido ed opaco che si declinano in versione night and day con modelli dalle forme e dalle misure particolari abbinate a chiusure resinate.

La collezione maschile invece realizza modelli in nappa, pelle martellata e introduce per la prima volta il nylon per soddisfare differenti occasioni d’uso e personalità.

DOLLARO è la linea adatta all’urban traveller.  JOY con il suo maxi zaino, rappresenta al meglio la tradizione manufatturiera toscana mentre NYLON è la vera novità. Infatti, il nylon abbinato alla pelle propone una variante più easy adatta per chi è attento alla moda e alla qualità, ma preferisce lo stile più sportivo. I colori  rimangono il verde, il nero, l’arancio ed il blu elettrico.  

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Inside fashion: Daniele Giovani

Abbiamo intervistato Daniele Giovani, fashion buyer della moda di Milano, ideatore e proprietario dell’omonima boutique milanese.

Hai sempre desiderato fare questo lavoro?

Ho sempre avuto un forte interesse verso il mondo della moda. Al suo interno operano numerose figure con differenti caratteristiche, ad esempio designer, esperti di comunicazioni e marketing, stylist, influencer e molte altre. Ho deciso di dare inizio alla mia attività come buyer. Da qui è nata l’idea nel 2014 di aprire una boutique multimarca dedicata al made in Italy in cui il mio stile e il mio gusto potessero evidenziarsi. Ma questo è solo l’inizio…

Come designer ho collaborato alla creazione della Fragranza Suprema “Perdizione” di Nobile 1942. È un eau de parfum unisex avvolgente e sensuale le cui note principali sono caratterizzate da neroli, ylang ylang, fiori d’arancio e vaniglia.

Inoltre, a partire dallo scorso settembre ho creato un mio Blog in cui posso esprimere e condividere i miei gusti e interessi. Tratta di accessori moda, tendenze, made in Italy, architettura, eventi e lifestyle. Si contraddistingue per il legame tra il mondo dell’accessorio e quello dell’architettura, un legame profondo che vuole evidenziare le analogie che caratterizzano le due realtà. Intende inoltre ricercare legami inediti che si associano all’accessorio.

Raccontaci il tuo percorso formativo

Dopo aver consultato i programmi di molte scuole di moda, ho deciso di iscrivermi al Politecnico di Milano perché proponeva, nell’ambito del design, un innovativo Corso di Laurea. Avevo scelto qualcosa che mi apparteneva veramente e così ho superato il test. Sono stati tre anni molto duri ma utili perché mi hanno dato la possibilità di conoscere il mondo progettuale del design e di tutte le fasi che lo compongono. Ho poi frequentato un corso di stilismo a Parigi, all’École Esmod, la scuola di moda più antica del mondo, dove ho affinato il mio gusto in una visione internazionale.

Dato che la creazione di moda si lega necessariamente all’ambito commerciale e il design della moda non va confuso con l’arte, ho deciso successivamente d’iscrivermi all’Università IULM dove mi sono specializzato in Marketing e Comunicazione per la moda, tematiche che ho approfondito anche in un corso di livello Master allo IED di Milano. 

Come nasce l’idea di una luxury boutique?

Il concetto di boutique multimarca mi ha sempre appassionato perché dà la possibilità di creare “significati” a partire da altri “significati”. Mi è sempre piaciuto creare un mio stile riconoscibile e ben identificato partendo da altri stili. La mia boutique mi piace perché è un ”luogo” a differenza di altri negozi che sono dei “non luoghi” cioè degli spazi asettici e stereotipati.

Come mai ti sei focalizzato solo sugli accessori?

Provenendo dalla cultura del Politecnico, dove la moda trova la sua massima espressione negli accessori, la scelta è stata quasi inevitabile. Penso che gli accessori costituiscano un prolungamento di sé, un modo per esprimersi ed evidenziare la propria figura e personalità.

Cos’è per te l’eleganza?

Per creare un outfit perfetto a mio avviso bisogna realizzare un’armonia tra i diversi elementi. Mai utilizzare scarpe troppo vistose con un vestito troppo basico. Il vero stile sta nelle proporzioni e nell’abbinamento coerente degli elementi. Mi piace molto mescolare codici stilistici diversi ma bisogna farlo in modo bilanciato senza che nessun elemento predomini troppo.

Tre oggetti essenziali per un viaggio?

Non potrei partire per un viaggio senza uno smoking, la Fragranza Suprema “Perdizione” di Nobile 1942 e uno smartphone che uso soprattutto per scattare fotografie, una delle mie più grandi passioni. 

Nuovi progetti legati alla tua attività?

Nel mese di maggio sfilerà nel Principato di Monaco, nell’ambito della Monte-Carlo Fashion Week, la mia prima collezione di scarpe. Sarà costituta da 12 modelli dallo stile elegante e seduttivo. Sfilerà con il brand “Daniele Giovani Design” e sarà sul mercato per la Spring/Summer 2021. A questo progetto tengo molto e lo trovo emozionante ma, per ora, non posso dirvi di più!

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Notte in bianco e nero: gli Oscar premiano la vera eleganza

Glamour e sobrietà: agli Oscar trionfano il normcore e il politically correct con abiti mai troppo eccessivi e teatrali. Il trash non abita qui e perfino la mise maschile di Bill Porter (in total look Giles Deacon e stivaletti vittoriani di Jimmy Choo) che ha seguito tutto il red carpet live, sembra avere un suo perché: una corazzetta di foglie d’oro stile vello di Giasone e una gonna dal print lisergico che pareva un fungo. Divertente, c’è molto di peggio.

Ma non sul red carpet degli Oscar 2020 dove hanno sfilato tutti i big dell’alta moda italiana: da Prada che ha firmato l’oufit in iconico nylon blu di Timothée Chalamet, il nuovo teen idol di Hollywood protagonista di ‘Piccole donne’ e impreziosito con spilla di Cartier vintage, Atelier Versace che alla cerimonia ha griffato la toilette color rosa pallido indossata dal premio Oscar Regina King e l’abito da ballo bianco e silver della candidata all’Oscar Cynthia Erivo mentre ai party glam ha vestito Jessica Alba, a Valentino che ha fulminato la platea con l’abito rosso fiamma di Kristen Wiig e con la mise in velluto cangiante dell’elegantissima Maya Rudolph e la flessuosa sirena Caitriona Balfe, fino a Ermenegildo Zegna XXX che ha firmato l’oufit sartoriale di Mareshala Ali, Pemio oscar per ‘Green Book’ e Alberta Ferretti, vestale dell’eleganza tricolore che ha abbigliato le bellissime America Ferrera in chiffon rosso e in dolce attesa e Krysty Wilson Cairns, splendida in mikado e tulle color miele.

E poi immancabile Gucci by Alessandro Michele che dopo il clamore mediatico di Achille Lauro che con i suoi look scenografici ha letteralmente diviso i social, ha ‘guccificato’ la mise paganeggiante di Salma Hayek Pinault in stiel Nausicaa con tanto di coroncina dorata, quella scultorea di Saoirse Ronan, il nero ricamato di Billie Eilish per la sua performance sul palcoscenico degli academy awards, il suit ametista di Elton John (vincitore dell’oscar come miglior canzone originale) completato da occhiali da sole scarlatti di ordinanza, sneaker shock e spilla a forma di missile e il look sgargiante di Spike Lee che con il suo tuxedo viola e giallo ha voluto rendere omaggio allo sventurato Kobe Bryant, scomparso pochi giorni fa in un incidente aereo.

E ça va sans dire, Giorgio Armani che a Hollywood è di casa da tempi non sospetti, si è accaparrato tutte le star di prima grandezza presenti all’evento kolossal della settima arte: dalla vincitrice premio Oscar come migliore attrice protagonista Renée Zellweger per ‘Judy’ che ha scelto un monospalla in paillettes bianche di Armani Privé, a Laura Dern vincitrice dell’Oscar come migliore attrice non protagonista per ‘Storia di un matrimonio’ e ammiratissima per il suo long dress rosa con ricami di jais neri sul corpino sempre di Armani Privé, passando per la mitica terna Robert De Niro, Al Pacino e Martin Scorsese fino a Leo DiCaprio e Tom Hanks.

Anche Dolce & Gabbana ha dato il suo contributo alla gara di eleganza dei divi della settima arte difendendosi a colpi di colore (il giallo abbacinante di Mindi Caling, una bella donna curvy) e alta sartorialità (a scegliere Dolce&Gabbana sono stati Keanu Reeves, Antony Ramos, Gerard Butler e Harvey Keitel) Brioni ha incoronato il suo brand ambassador come vincitore dell’oscar per miglior attore non protagonista Brad Pitt che ha confermato la tendenza dominante per il dresscode maschile degli Oscar: giacca in velluto nero con revers a scialle che abbiamo notato anche sul palco dell’Ariston a Sanremo 70.

Ma qui è stato molto più netto il trionfo della giacca da smoking con baveri sciallati, forse perché slancia, forse perché è una soluzione più creativa e meno monotona, insomma un plebiscito fra i divi si direbbe. E poi un’altra tendenza imperante: il bianco e il nero, il primo soprattutto per le donne (tranne Ryan Seacrest che ha scelto una giacca bianca da smoking) e il secondo per gli uomini (tranne la bella Zazie Beetz che ha scelto un outfit sexy in paillettes con corpetto guȇpière di Thom Browne, o Margot Robbie e Penelope Cruz entrambe in Chanel Haute Couture vintage).

Era candida e Chanel custom made la mise da red carpet di Billie Eilish la nuova star emo del pop che ha esibito lunghe unghie nere.Quella del bianco e nero che abbiamo registrato a Hollywood per la notte delle statuette, sembra una dicotomia legata a doppio filo all’estetica dell’età vittoriana quando la donna doveva essere semplicemente uno status symbol maschile.

Però qui il metoo che oggi a Hollywood fa il bello e il cattivo tempo, non ci sta: presenti al galà delle stelle più abbaglianti del firmamento cinematografico Charlize Theron in cady nero fatalissimo, Greta Gerwig (regista di ‘Piccole donne’ che si è aggiudicato un oscar per i costumi), Natalie Portman in pizzo nero e oro e Sigourney Weaver (in verde smeraldo favolosa interprete di ‘Alien’, di ‘Una donna in carriera’ e di ‘Gorilla nella nebbia’) hanno rivendicato le quote rosa vestite dalla nuova paladina del femminilismo haute couture, Maria Grazia Chiuri che è il direttore creativo della maison Dior(e Kim Jones è la sua controparte maschile per Dior men che ha vestito sul tappeto rosso Antonio Banderas candidato per ‘Dolor y Gloria’ di Almodovar quest’ultimo in nero assoluto Givenchy).

Notevole la cappa nera di Natalie Portman che ha esibito i nomi ricamati delle artiste presenti nel cinema e non candidate all’oscar, una elegantissima revanche. Inclusione è stato il refrain della serata andata in scena a Los Angeles al fastoso Kodak Theatre: dalla presenza sul palcoscenico dell’attore down fino alla rivincita delle donne curvy, Rebel Wilson avvolta in un abito shock arricciato e scollato effetto Ferrero Rocher (ma apprezziamo il suo coraggio), Beanie Feldstein in abito Miu Miu ricamato a fiori in bianco e nero e Krissy Metz in un audace modello rosso fiamma, davvero temeraria, e favolosa la sua performance canora.

Il nero dicevamo è uno statement di stile per gli uomini in look da bel tenebroso, molto Julio Iglesias, o in stile Eminem che si è esibito in una intensa performance canora durante la cerimonia degli Oscar: da segnalare il total black Saint Laurent disegnato da Anthony Vaccarello (che ha vestito anche Gal Gadot e Amber Valletta al party più sfarzoso della oscar night) sfoggiato con somma leggerezza da Rami Malek che nel 2019 si è aggiudicato l’Oscar per ‘Bohemian Rapsody’ e che ritroveremo nell’ultimo capitolo attesissimo di James Bond’, un film Universal Pictures, fino a Adam Driver in Burberry, John Hamm, Dylan Sprouse e KJ Apa in Atelier Versace e dulcis in fundo Joaquin Phoenix.

E qui apriamo una bella parentesi. Il divo che ha trionfato con l’Oscar come miglior attore protagonista con ‘Joker’ di Todd Philips distribuito da Warner Bros che ha vinto anche l’oscar per la colonna sonora, ha esibito con orgoglio lo stesso smoking nero di Stella McCartney che indossava ai Golden Globes e tornando all’inclusione ci sta, perché qui si parla di upcycling e di sostenibilità.

L’attore che per noi è il nuovo paradigma mascolino dell’era del 5g e promuove il glamour sostenibile, ha puntato il dito contro il razzismo invocando i diritti umani e ha così parlato davanti alla platea degli oscar:“siamo disconnessi dalla natura e siamo egocentrici, distruggiamo la natura, non dobbiamo avere paura di cambiare, gli uomini sono geniali, dobbiamo usare amore e compassione per sviluppare sistemi a beneficio di tutti, sono stato egoista e cattivo a volte nella vita e ho avuto una seconda opportunità, bisogna sostenersi gli uni con gli altri dobbiamo sostenerci nella redenzione”, e tutta la sala applaude con una standing ovation.

Gli altri Oscar sono andati a ‘1917’ di Sam Mendes che si è aggiudicato ben tre statuette per il sonoro, gli effetti speciali e la fotografia, a ‘Bombshell’ il film sullo scandalo delle molestie sessuali in tv è andato l’oscar per trucco e parrucco, a ‘C’era una volta…a Hollywood’ di Quentin Tarantino distribuito da Warner Bros premiato oltre che per l’interpretazione di Brad Pitt, anche per la scenografia, mentre Les Mans 1966’ si è portato a casa due oscar per montaggio e montaggio sonoro.

E infine colpo di scena: per la prima volta Hollywood non premia sé stessa ma il cinema asiatico e specialmente la Corea e ‘Parasite’ fa poker di oscar con 4 statuette d’oro: miglior regia, miglior film straniero, miglior film e migliore sceneggiatura originale. Non avevamo dubbi che Parasite, il fim di Bong Joon Ho che racconta la struggle class in Corea del Sud nell’era 4.0 fosse il film dell’anno. Eccellente. Stay tuned on manintown! 

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Windsor: dal 1889 l’eccellenza fra tailoring e smart luxury

Windsor è un brand di abbigliamento uomo e donna che da oltre 130 anni è sinonimo di sartorialità moderna e lusso più vero definito “Relaxed Tailoring”. Nasce nel 1889 e fa capo da pochi anni alla Svizzera Holy Fashion Group con sede a Kreuzlingen sul lago di Costanza. È già presente nelle più importanti capitali europee con flagship store, all’interno di prestigiose boutique multibrand e nel canale online. 

La collezione autunno inverno 2020/21 è caratterizzata principalmente da cappotti realizzati con tessuti e fibre ricercati e premium come alpaca, mohair, cashmere e lana pregiata. La maglieria, invece, presenta pezzi realizzati in puro cashmere, creando look raffinati, caldi e confortevoli. L’active appare con discrezione, per spiccare nel bomber dalle forme innovative. La fantasia macro-check è un tema chiave ed è espressione di tutto spirito del Canada, pensando ai “Boscaioli” si trasforma in camicie e abiti, che in questo momento sono i veri protagonisti del fashion. 

Le chiavi del suo successo si ritrovano nell’iconico blazer femminile, nella giacca maschile in tessuti inediti ultra comfort e totalmente decostruita e nelle proposte total look che danno la sensazione di autentiche espressioni del proprio modo di essere.  Il design pulito e moderno, la vestibilità perfetta, i materiali pregiati, quasi tutti italiani, fanno di windsor il simbolo di un nuovo heritage.

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Circled ss20, una collezione dedicata allo streetstyle

SPORT, STREET e FASHION sono i punti fermi della nuova collezione SS 2020 dell’ high brand CIRCLED, realizzata rigorosamente Made in Italy e distribuita in esclusiva internazionale dallo showroom milanese Studiozeta. Dall’artista e creative director del brand, Massimo Salvoni, in collaborazione con Margherita Minuti, nasce una collezione che proviene dalla natura ancestrale del marchio, dalla combinazione tra arte contemporanea e mondo della moda. 

Oggi, forse più di ieri, si notano miscelazioni tra design, arte e fashion e la collezione non si sottrae a questa tendenza. CIRCLED è un brand che nasce con un stile Pop e che va orientandosi verso l’Hip Hop. Il grande “bersaglio”, che aveva caratterizzato il marchio nelle collezioni antecedenti, viene ora declinato in maniera diversa sui capi, ma rimane un segno distintivo che lo vede protagonista in quasi tutte le tipologie presentate. Il nuovo “bersaglio” diventa così un logo, composto da quattro cromatismi, con il bianco a rappresentare l’unione di tutti i colori e i primari ovvero giallo, rosso e blu. Diversamente da quanto è stato proposto nelle stagioni precedenti, la nuova collezione esalta principalmente il nome del brand, impiegandolo come elemento grafico e decorativo sulle superfici. Il lettering viene usato a caratteri cubitali in alcuni capi, mentre in altri viene ripetuto in dimensioni ridotte ma all’infinito.

Utilizzato in modo continuo, su alcune tipologie, evidenzia la vocazione CIRCLED della circolarità, avvolgendo i capi a 360°. I tessuti utilizzati richiamano principalmente lo street style ma, come spiegato inizialmente, sono anche riconducibili al mondo sport. L’elemento fashion si esalta nella cura del dettaglio e dei particolari. La felperia, il jersey, la maglieria in cotone e in tessuto tecnico, le giacche antipioggia, compongono l’intera collezione, che si presenta nei seguenti colori: bianco, nero, rosso, giallo, blu e con la variante rosa per la donna e azzurra per l’uomo. Mantenendo lo stile minimalista, l’effetto finale è quello di una griglia composta da campiture di colore, che ricordano a tratti le combinazioni cromatiche dell’artista olandese Piet Mondrian. 

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San Valentino 2020: i regali fashion per lui

Una gallery essenziale di idee regalo per questo San Valentino che accontentano budget e gusti diversi.

Il regalo per eccellenza, quello più fatto e ricevuto per San Valentino: l’intimo. Calvin Klein propone la sua linea iconica underwear, sia per lui che per lei, tempestandola di rose, il fiore simbolo di questa festività.

Dalla collaborazione Nike + Metthew Williams arriva questa giacca modello NRG in nylon di colore rosso. Leggera, tecnica, perfetta per l’attività sportiva e buona idea regalo per gli appassionati dello sport.

Per festeggiare il 14 febbraio Malo propone un maglione di coppia. Il dettaglio degli intrecci riprendono le cordature delle barche a simboleggiare un viaggio da intraprendere insieme.

Un’idea regalo da calzare potrebbe essere il nuovo paio di sneakers in tessuto di Gucci ispirato ai modelli degli Anno 70 e impreziosito dal logo GG in rilievo sulla gommatura. Gucci si conferma uno dei marchi preferiti dai millennials.

Ricami e dettagli floreali per questa polo Prada dal mood romantico. In perfetta sintonia con l’atmosfera di San Valentino.

Si punta ancora sul rosso con Dries Van Noten. Una giacca rossa, in morbido cotone e dal fitting slim che si modella sul corpo. Perfetta da indossare anche in versione abito abbinandola al pantalone coordinato.

Calzini. Un piccolo pensiero sempre apprezzato per la sua utilità ma che può essere anche il giusto dettaglio di stile. Interessanti e vivaci i calzini lolita del marchio Jimmy Lion.

Semplice e romantico il maglione con ricamo firmato AMI. Una A con sopra un cuore che celebra l’amore del designer per la città di Parigi (la A ricorda la Tour Eiffel) ma può essere esteso all’amore in generale.

Tinta horror per Off-White che, sempre attento all’aspetto visual delle proprie proposte, ha ricamato dei mostri sui propri maglioni rosso sangue accanto alla scritta “off” in pieno stile locandina di un film dell’orrore.

San Valentino resta una festività nel bel mezzo dell’inverno quindi potrebbe essere utile inserire nella rosa del possibile regalo anche qualcosa di caldo e pesante. Come il piumino Moncler che nonostante l’imbottitura tipica del brand, presenta una vestibilità incredibilmente slim.

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New Menswear: saranno famosi?

Dopo le passerelle dei titani del lusso di Milano e Parigi la palla passa ai giovani. Ad Altaroma lo scouting premia i talenti creativi che potrebbero riscrivere il dress code maschile del futuro. Altaroma, sotto la presidenza di Silvia Venturini Fendi, che è anche direttore artistico della maison di LVMH fondata dalla nonna Adele Fendi nel 1920, si conferma nuovamente la piattaforma privilegiata dei giovani virgulti del made in Italy con le sue varie vetrine, da Showcase alle sfilate delle scuole più importanti del belpaese, dagli stand alle passerelle dei creativi paladini della tecnologia green alle promesse del menswear Gall e Federico Cina. Insomma ne vedrete delle belle. Saranno famosi? Chi vivrà vedrà.

Intanto il rinascimento ecologico nato sotto l’egida di Greta fa proseliti e diventa la legittimazione per una nuova attitudine alla sperimentazione stilistica. E finalmente possiamo osservare una bella svolta creativa: i giovani della generazione Z si configurano come i più ecologisti in assoluto da Roma a Milano, da Torino a Cefalù.

A guidare questa legione di creativi emergenti è Italo Marseglia, un fashion designer simpatico e rotondo che propone una moda romantica e avvolgente, fortemente inclusiva declinata in un bello show coed realizzato con la regia di Rossano Giuppa: “Ragazzi smorziamo i toni-dice lo stilista nel backstage-la virilità non va urlata ed esibita e semmai penso che è mascolino chi ha le palle per accettare sé stesso anche con qualche chilo in più, le mie silhouette sono confortevoli, le camicie over di pizzo verde prato o alga si portano sui bermuda, un tocco childish che addolcisce e rende poetica la mia visione della moda; tutti i miei tessuti sono upcycled e anche i materiali degli accessori(realizzati con la collaborazione di studenti IED Roma n.d.r.), sono frutto di un recupero di pellami esotici, vedi la schiena del coccodrillo, senza contare che c’è una giacca effetto damier che è il risultato dell’assemblaggio di tessuti rigenerati”.

Gli outfit maschili sono corredati da cappelli di plastica surreali che inteneriscono. Standing ovation per il fashion designer che sicuramente farà strada. Più minimal il mood che pervade la collezione di Federico Cina che a luglio 2019 si è aggiudicato l’ambito premio Who is on next? E che definisce un’identità agender ricalcando le orme di Alessandro Michele. Niente di nuovo sotto il sole. Un’atmosfera nostalgica e sentimentale resa più stucchevole, se possibile, dalla colonna sonora struggente e piuttosto rétro di Sergio Endrigo, avvolge i look essenziali e romantici, abbastanza banali, fra bande orizzontali, pantaloni cargo, borse a bisaccia, goffi cappelli e sprazzi di rosa abbastanza fuori luogo.

L’ispirazione è, secondo lo stilista, una Romagna idilliaca vagheggiata nelle foto di Vittorio Tonelli sfruttato per fornire una patina intellettualoide alla collezione, ma l’impressione globale è di una mediocrità disarmante e lo stilista, che abbiamo ascoltato nel backstage, non pare avere una singola idea. Molto rumore per nulla. Appare sicuramente più interessante e convincente invece il mantra del menswear di Davide Gallo che con il suo progetto ‘Programma’ dopo la sfilata dello scorso luglio si prepara a calcare la passerella di Who is on next? Di luglio 2020.

Il giovane creativo che studia architettura a Roma ha una passione per il minimalismo anni’90 di Helmut Lang, Raf Simons e Martin Margiela. “Sono molto riservato e vorrei che parlassero i miei vestiti” spiega il giovane stilista, bello e gentile che adora Le Corbusier, la Bauhaus, Andy Warhol e i Massive Attack, e che tratteggia una silhouette rettilinea e netta azzerando gli orpelli e i coloracci poco appropriati per un uomo mascolino ma tenero, sensibile e determinato che predilige il grigio e il nero e li declina in giacche e spolverini molto misurati ma non privi di dettagli curiosi come il pattern grigio e nero, i volumi generosi dei pullover vagamente giap e il candido ricamo crochet che come un ludico talismano orna le tasche delle giacche.

La sua estetica, profondamente influenzata dal design industriale, rielabora l’unione distopica tra design classico e look da lavoro con spunti provenienti da culture diverse. Le proporzioni sono nuove e calibrate e il ragazzo sa quello che vuole. E lo dimostra anche a Showcase. Niente male neanche la collezione di Spenthrift (letteralmente spendaccione) un brand total look agender nato nel 2013 a Foligno dall’inventiva di Federico Cancelli e Marco Cuccagna che avevamo già notato all’edizione di Showcase di luglio scorso e che ora appare ancora più maturo e creativo. I capi sinonimo di urban luxury sono ironici e desiderabili, talora provocatori.

“La nostra cifra è il clash fra tessuti tradizionali e grafiche dirompenti”, spiega Cancelli, nipote del famoso pittore Maurizio Cancelli. Il classico camel coat ringiovanisce in una versione completamente reversibile con una fodera stampata che riproduce un collage di fotografie in bianco e nero legate alla dissacrante iconografia punk degli anni’70, un print che ritorna anche sulle camicie. I capi sono trasformabili, la maglieria è accattivante in tinte smaglianti con il lettering tipico delle t-shirt e il casual street raffinato del marchio forgia un nuovo linguaggio che può funzionare- data la sua vena artistica influenzata dalla Pop Art- soprattutto per un pubblico di trentenni e quarantenni. Un brand originale da tenere d’occhio come anche l’anima belligerante di Gall.

Nei modelli del marchio emergente creato dal designer americano Justin Gall che è vegano dal 2015 e ammette di curare ogni singolo aspetto delle sue collezioni, il look militare acquista un risalto quasi concettuale declinato in tre colori primari rosso, verde e blu che coesistono in armonia come in natura. I dettagli delle fogge militari di Gall ne esaltano la funzionalità: tasche rimovibili, cappucci nascosti e segmenti modulari danno spazio alla trasformabilità, comfort e facilità in ogni momento e protezione dalle condizioni estreme. Tutto ciò è incorporato nella tipica armatura Gall, ormai iconica. Uno stile riconoscibile dove i capi più sperimentali sono performanti e tecnologici per garantire la massima protezione a chi li indossa.

Una priorità di Gall è il rispetto del mondo animale: non a caso i capi più voluminosi sono imbottiti con piume di plastica riciclata. Interessanti anche i progetti creativi al maschile individuati sulle passerelle delle scuole romane di Maiani Accademia Moda, dove in omaggio al mito di Fellini cinque studentesse del primo anno di fashion design tentano di ridefinire l’iconografia del cinema surreale in rapporto all’identità maschile e femminile contemporanea

I capi maschili disegnati da Altea Placidi declinati in denim e broccato di seta, sono consacrati al tema dell’inclusione, quelli di Eleni Di Marcantonio-ispirata da Rick Owens e dal workwear più sperimentale- parlano di un viaggio nell’anima e si arricchiscono di texture craquelè e di dettagli couture come di accessori in ecopelle, fino ad Angela Ferrotti che riproduce il profilo di Fellini stilizzato sulla tunica bianca per lui e Noemi Mattei che contamina il classico con un tocco futuribile e colori shock.

Segnaliamo anche i look maschili disegnati per il final work del corso triennale in costume e fashion de l’Accademia di Costume e Moda che si prepara ad aprire una nuova sede a Milano in via Fogazzaro. Abbiamo apprezzato in passerella gli outfit presentati da Marco Passone che si ispira al look dei paracadutisti mixato con il mood dei Teddy Boys con stampe astratte tradotto in tinte smaglianti, Alice Piscedda con i blazer a tutto volume ispirati all’arte di Peter Clark, alla working class di Liverpool e ai murales di Belfast, Beatrice Scanni che punta sull’animalier zebra anche per gli accessori, rivangando Baudelaire attualizzato dalle canzoni di Nick Cave, Irene Valandro che modula un look maschile in denim scolorito ispirato alla scena hip-hop anni’90 per giubbini trucker dalle spalle ingigantite, Eva Bureau che intreccia il post punk con la fantascienza. Notevoli anche le soluzioni ideate dai partecipanti al fashion contest sulle wearable technologies lanciato dalla Fondazione Mondo Digitale per la Fashion Digital Night, laboratorio delle tendenze del domani.

Da segnale i progetti menswear di Zercollection, brand spagnolo che si avvale della stampa 3D e del ricamo industriale per giacconi dal minimo impatto ambientale. per non parlare di Perspective, progetto di un duo creativo peruviano che lavora con il tulle tagliato al laser in un puzzle sci-fi, mentre Primlab in tandem con Noumena sviluppano l’abito realizzato con stampa 3D che assorbe i gas serra. Suggestivo lo spettacolo ‘Lettere a Yves’ che nella aulica cornice del Teatro Torlonia ha portato in scena attraverso la voce del grande attore italiano Pino Ammendola e il romantico sound del pianoforte di Giovanni Monti e la performance canora di Maria Letizia Gorga, le lettere d’amore che Pierre Bergé dedicò prima di morire al suo compagno di una vita, il geniale Yves Saint Laurent, che ha liberato gli uomini dai lacci della schiavitù all’uniforme borghese. Davvero intenso e toccante. Appuntamento alla prossima edizione di Altaroma, stay tuned!

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Allo IED la moda diventa un film con ‘Amphibia’

La cultura dell’audiovisivo sta diventando il veicolo principale di divulgazione della moda soprattutto per l’efficacia descrittiva e semiotica del suo linguaggio.

Lo dimostra soprattutto la diffusione dei fashion film sui social media e anche nelle campagne pubblicitarie delle grandi maison che sempre di più si avvalgono di talentuosi videomaker internazionali per lanciare i propri messaggi nell’arena globale. In linea con questo trend che sta diventando un mainstream, lo IED promuove la creatività dei suoi giovani videomaker applicata al mondo fashion.

Durante l’ultima edizione di Altaroma l’Istituto Europeo di Design ha presentato davanti a un pubblico di addetti ai lavori e di profani il progetto ‘Amphibia’ dedicato all’acqua, e alla sua centralità nel quadro della salvaguardia dell’ecosistema, un tema verso il quale soprattutto le giovani generazioni manifestano una crescente sensibilità.

Per il filosofo Eraclito l’acqua era l’immagine più calzante per rappresentare l’idea del perenne divenire, nel suo flusso incessante. Nella sala cinema del comprensorio dell’ex caserma di via Guido Reni 7, sono stati esplorati, attraverso i sei fashion film degli studenti delle scuole IED di Milano, Roma e Firenze, della durata compresa fra i 90 e i 120 secondi, i temi della nascita, la trasformazione, l’evoluzione e l’adattamento all’ambiente dell’acqua. Una panoramica originale e suggestiva dedicata all’esaltazione della bellezza dell’acqua, che nel suo continuo fluire non è mai uguale a se stessa.

E fra i sei cortometraggi incentrati su questa risorsa indispensabile dell’ambiente il premio speciale della giuria tecnica composta fra gli altri da Costanza Cavalli Etro, Sara Sozzani Maino, Simonetta Gianfelici, il regista Luca Finotti e la giornalista di I-D Gloria Maria Cappelletti, e è andato al fashion film ‘Gola’. Realizzato da Simone Folli questo surreale cortometraggio che pare citare le atmosfere del visionario David Lynch rievoca nella sofisticata atmosfera di un ristorante, esseri umani e umanoidi – dalla testa di pesce – che convivono e cenano come se nulla fosse. L’umanità raccontata è quella post-umana, mutante, già stravolta dall’impatto delle attività dell’uomo e dell’inquinamento dei mari e degli oceani.

Uno short film, che ci mostra attraverso il linguaggio dell’assurdo, come le buone maniere di una cena elegante convivano con le pessime abitudini alimentari che hanno trasformato l’idrosfera in un oceano di plastica. Pregevoli anche gli altri film presentati, da ‘Crawled Ashore’ di Cristiano Naldi che è un’esortazione  a prendere coscienza del cambiamento climatico ma anche ad imparare nuovamente l’alfabeto perduto della natura, a ‘Venus’ di Pietro Cavallari che invece parla di rinascita, di adattamento e di speranza, nel segno della vita che si ridefinisce in corpi nuovi, inaspettati e meravigliosi.

Completano il quadro Out.Create che invita ad adottare un atteggiamento di speranza e ottimismo come fonte di un cambiamento reale, ‘Petricore’ in cui si rivive la sensazione della terra bagnata dalla pioggia che emana il suo inconfondibile odore, e ‘The Abstract Problem’ che affronta la realtà della costante decrescita o improvviso innalzamento del livello delle acque del pianeta. Appuntamento a luglio per il prossimo final show di IED Roma. Stay tuned!

Photographer: Stefano Casati

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World of Fashion giunge alla sua 23° edizione

Oltre 600 ospiti alla 23° edizione dell’Evento Internazionale WORLD OF FASHION che si è svolto a Palazzo Brancaccio, durante la settimana dedicata alla Moda Romana.

Il World of Fashion resta sempre uno degli eventi più attesi della Capitale. Personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, ambasciatori, giornalisti, buyer, imprenditori ed esponenti della nobiltà per una passerella d’eccezione che fa della moda un catalizzatore di costumi, usanze, tradizioni e ideali.

Con estremo orgoglio ci dicono gli organizzatori di questo appuntamento imperdibile, che con quest’ultima edizioni sono riusciti a coinvolgere ben 30 paesi da tutto il mondo.

A volte moda e cultura possono unire i popoli, come ad esempio vedere Palestinesi ed Israeliani cucire insieme nella stessa stanza.

La vera novità è l’iraniana Neda Mokhtari ha realizzato una collezione con tessuti che giungono direttamente dall’Iran, scelta dovuta per l’alta qualità dei tessuti e alla particolarità delle fantasie. Questa collezione trae ispirazione dall’arte e della cultura medio orientale, a cui sono sommati elementi minimal chip tipici della moda occidentale, con dettagli puliti, semplici e luminosi ma con grande attenzione alle rifiniture, curate nei minimi dettagli Testimonial della sua collezione è stata Sara Manfuso Presidente di #IOCOSÌ che si spende per il sociale quotidianamente.

Invece dal Mali il Progetto Sociale Pinda for Griot ha portato la collezione “Joker” dedicato alle donne libere che lottano per liberare sé stesse e tutti coloro che sono vittime di prevaricazioni o di malattie che possono cambiarti la vita. Pinda, la fashion designer che ha firmato questa collezione è, infatti, affetta da Sclerosi multipla ed ha realizzato una collezione giocosa, quasi clownesca, di chi si batte per un altro mondo possibile. Gli abiti presentati sono tutti realizzati in cotone naturale, il basin, che rispondono all’idea che il nuovo decennio appena apertosi sarà all’insegna della sostenibilità e del protagonismo femminile.

Tra gli ospiti presenti: : l’ex Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, 

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Da Milano a Parigi è tempo di Formal Leisure

Forme striminzite addio, pantaloni skinny da varicocele? Anche no, via libera al colore saturo e vitaminico purchè sia azzeccato e portato bene, per le maglie sottili avete sbagliato indirizzo. Ora si volta pagina e si abbraccia il vero lusso, quello opulento, ottimo e abbondante, fatto di dettagli preziosi, di belle lavorazioni artigianali, di tessuti pregiati anche se talora riciclati nel nome di Greta. La password di stagione per l’autunno-inverno 2020-21 è formal leisure, ovvero una sintesi di opposti che diventa subito cool, dal boudoir alla giungla d’asfalto, facendo cambiare attitudine a un uomo che è sempre più ibridato, praticamente un maschio profiterolles, tenero ma con le palle.

E’ quanto abbiamo registrato sulle passerelle maschili di Milano e Parigi dove i marchi più branché del menswear hanno impartito le loro lezioni di stile ai nuovi, aspiranti gentlemen. Dai catwalk delle due capitali della moda globale ecco per i nostri men in town alcune pillole di stile. In pole position il cappotto, da quello shabby chic di Marlon Brando in ‘Ultimo tango a Parigi’ (costumi della meravigliosa Gitt Magrini), fino a quello a vestaglia di ‘Borsalino’ o quello doppiopetto con revers a lancia da gangster di Robert De Niro in ‘The intouchables’. Che sia check (Prada) o stampato graffiti (Iceberg), che sia leggero (Dior Homme by Kim Johnes) o riccioluto, che sia rosso (Marni) o verde (Vetements, Berluti), che sia ecologico o di cocco vero (100.000 euro da Billionaire), che sia in velluto a coste (Brunello Cucinelli) o liscio (Dolce & Gabbana) poco importa: quel che conta è che sia morbido, maestoso, ampio e confortevole come un caldo abbraccio. La giacca poi si allaccia a vestaglia o a kimono come sarebbe piaciuto a Mishima (Ermenegildo Zegna by Alessandro sartori docet) oppure perde il collo (Giorgio Armani che non perde un colpo), oppure ha dei revers frastagliati (Off-White), oppure ha la vita segnata da cinture con metal clutch incorporata (Alexander McQueen) ed è stampata a motivi paisley (Etro), oppure è ricamata di baguettes (Marcelo Burlon per County of Milan, Givenchy, Valentino) o ancora è in broccato a motivi esotici jacquard (Brioni), oppure è in satin liquido e simula una felpa da jogging (Balmain by Olivier Rousteing).

Gilet: torna protagonista soprattutto da solista, come negli anni’90 quando Gianni Versace lo esibiva in pelle nera ricamata d’oro sul torace nudo. Prada lo propone in vernice foderata di pelo color biscotto o in maglia con i profili bicolori, DSquared2 lo declina in pelle cognac da abbinare ai jeans sovrapposti, Marco De Vincenzo lo ha pensato con degli alamari, Alexander McQueen by Sarah Burton lo risolve in una ragnatela gioiello intessuta di fili d’argento, paillettes, cristalli su base in seta, per Brunello Cucinelli il gilet è in duvet bianco e beige da portare sulla felpa di cachemire grigia, per Etro è in velluto a coste fantasia paisley sempre imbottito, per Jacquemus è finestrato over e si porta sul pull di lambswool da tenerone, per Lanvin è attillato e a pois blu su giallo canarino, per Fendi è dark e si porta infilato nei pantaloni di nappa lucidi in stile ‘Cruising’ come nel film omonimo e controverso di Friedkin.

Dicevamo ibridazione? Bene allora lo sportswear si contamina con il fashion anche negli accessori, come il marsupio crossbody, che in passerella ha il dono dell’ubiquità. Portato in vita completa la belt bag mannish oppure si indossa in tono scanzonato a bandoliera persino sulla giacca doppiopetto gessata. Torna anche il borsello che si porta come una borsetta a tracolla un po’ femminile, dolce, sensuale, come da Valentino e Hermès, mentre Prada lo vuole nero, bello e funzionale. La maglieria più rustica acquista un timbro couture un po’ ovunque sia in versione pullover che in chiave sciarpone a grana grossa quasi 3D, lunghe e bellissime da portare sino ai piedi (Fendi e Dolce&Gabbana, Missoni, Loewe by JW Anderson, Hermès). Altro tormentone di stagione sarà il velluto. Molto amato da Alessandro Michele per Gucci che ne fa la divisa del suo ‘piccolo principe’, e da Kean Etro come da Ralph Lauren che lo traspone in chiave check, ma anche da Missoni che lo declina in print botanici stilizzati che sarebbero piaciuti al re del Jazz Miles Davis, mentre per Giorgio Armani è grigio di giorno effetto lapin o orylag oppure verde oliva per il parka effetto foresta, e nero e drammatico di sera per il tuxedo da red carpet degli Oscar ai quali re Giorgio si starà già preparando.

E i pantaloni? Come sopra, ampi e comodi, baggy e con un fit nipponico, da indossare sulle sneaker col carrarmato o negli stivali (Salvatore Ferragamo) oppure esotici in versione sarouel, drappeggiati ad arte (Balmain). Per un look molto ‘revenant’ l’ideale sarà vestirsi a strati dato che con questi chiari di luna chi lo sa che farà questo meteo pazzerello. Quindi sì a montoni vintage lunghi (Lanvin) o corti (Zegna, Prada, Valentino), e sì anche ai poncho e ai plaid effetto cocooning da portare sul completo formale come sul golf voluminoso da alta montagna, fra Aspen e Cortina (Etro, Hermès, Balmain, Off-White). Una camicia bianca non si nega a nessuno specialmente se è tecno-couture (Bagutta) o croccante e ricamata in pizzo (Dolce&Gabbana) o intarsiata con un lettering molto funny-cool (Valentino) o surreale (Louis Vuitton by Virgil Ablooh). Dedicato a maschi più gentili che finalmente rispettano le donne in barba ai rigurgiti di un cielodurismo sul quale sinceramente preferiamo glissare.

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Manintown talents: Francesco Ferdinandi

Photo: Davide Musto

Stylist: Stefano Guerrini

Grooming: Domenico Mastrodicasa

Photographer assistant’s: Federico Taddonio e Dario Tucci

Stylist’s assistants: Elisa Maria Montanaro e Greta Tedeschi

Talent: Francesco Ferdinandi @Alex Pacifico

Special thanks to Palazzo Brancaccio – Spazio Field

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Milano Moda Uomo, tutte le novità

Anche per quest’anno, la Milano Moda Uomo si conferma uno degli appuntamenti di Gennaio da non perdere.

La prima grande novità sarà la partnership con il British Fashion Council, binomio che porterà a Milano una parte della London Fashion Week. Tra le varie iniziative c’è LONDON show ROOMS, che occuperà lo Spazio Savona 56. All’interno di questo contenitore di talenti verranno presentate le collezioni di 10 designer emergenti inglesi e 5 italiani, mentre i protagonisti del progetto saranno anche gli studenti italiani che studiano nelle prestigiose scuole di moda inglesi, in modo da mettere in luce la grande sinergia tra il sistema formativo italiano e quello inglese.

Tra gli altri highlights da segnalare, la sfilata di A-Cold-Wall, brand vincitore del BFC/GQ Designer Menswear Fund&Newgen e il ritorno di Alexander McQueen. Un altro ospite d’eccezione invece sarà Stella McCartney che riconferma Milano come passerella per la sua collezione menswear. 

Come commenta Carlo Capasa “Siamo molto soddisfatti della collaborazione, in questa edizione, con il British Fashion Council e Confartigianato Imprese. Come CNMI siamo convinti che la collaborazione con BFC sia, per entrambi una preziosa opportunità per realizzare un importante lavoro di congiunzione e unione tra i nostri mondi…”. Sempre lui, durante la conferenza stampa ha anche annunciato un grande party nella serata di sabato che unirà un importante brand italiano e una firma inglese e non esclude di portare un brand italiano a sfilare a Londra durante l’edizione di Giugno della London Fashion Week. 


Questo mese vedrà anche un compleanno molto importante: i 25 anni di Dsquared2, che con una sfilata e un party celebrativo darà il via ufficiale alla fashion week. Ma sarà anche una settimana di grandi ritorni come Gucci, che chiuderà le sfilate martedì 14 alle ore 12.30, Iceberg, Mia Oran, MSGM, N.21, Prada e Salvatore Ferragamo.

Debuttano invece per la prima volta : Fabio Quaranta che sfilerà supportato da CNMI, il danese Han Kjøbenhavn e il cinese Reshake. Sempre durante Milano Moda Uomo alcuni brand presenteranno le proprie collezioni co-ed: Dsquared2, Neil Barrett, Marcelo Burlon County of Milan, Han Kjøbenhavn, Spyder e Sunnei.

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Le sneakers da avere questo autunno

Non ne abbiamo mai abbastanza e da quando sono state sdoganate anche in ufficio, da indossare con il completo al posto delle classiche stringate, le sneakers le indosseremmo ovunque, forse anche per andare a letto! Sì, perché siamo ormai tutti degli sneakers-freak, pronti ad innamorarci di un nuovo modello, di un colore inaspettato, di un mix and match di tessuti all’avanguardia. Per questo ci fa piacere condividere con voi una piccola ricerca di quelli che sono i modelli che più ci sono piaciuti in questo inizio di autunno. Una sneaker tira l’altra!

SAUCONY 

Lanciato nel 1988 e diventato subito leggenda, il modello Throwback con Azura è oggi l’essenza della leggerezza e della tecnologia. La lineup di Saucony Originals si arricchisce di due nuove colorway per il modello Azura, il must have del momento in tutto il mondo Originals.

PREMIATA

Drake, il nuovo modello della linea Sizey è un modello esclusivo che traccia un nuovo orizzonte nel mondo delle chunky sneaker. Una scarpa sofisticata e, grazie ad una produzione di alta gamma, estremamente leggera, presentata in quattro modelli per genere, in otto differenti make-up, dal total white al glitter e al laminato.

SANTONI

Sneaker bassa total white realizzata in morbida pelle bianca con suola in gomma dal profilo a cassetta. Il design destrutturato e flessibile rifinito con cuciture a vista sulla tomaia e lacci in tessuto tono su tono, rendono questo modello moderno e versatile. Un’eleganza classica dal carattere casual chic.

GUCCI 

Caratterizzata da un mix di pelli e materiali diversi, modello Ultrapace si ispira alla classica scarpa da corsa. Inoltre, elementi distintivi della Maison, come il ricamo Gucci, l’etichetta con logo vintage e il dettaglio GG in gomma, completano il modello. 

MARNI

Un’originale silhouette la cui forma accentuata evoca una banana ispirata alla Pop Art. Ancora una volta, Marni reinterpreta gli archetipi, combinando una struttura in maglia tecnica stretch dal design minimalista con una distintiva suola amplificata che offre comfort.

PRADA

Le Cloudbust Thunder, iconica silhouette delle sneakers Cloudbust, evolvono verso volumi più complessi, grazie a una tecnica esclusiva e a un design esplosivo. Si caratterizzano dal contrasto tra il finish opaco e lucido dei vari elementi che le compongono.

PUMA 

Progettate per resistere alle condizioni più impegnative, le Trailfox Overlandoffrono al contempo comfort e stabilità per il trail running,  rinnovando il loro aspetto con una nuova tomaia in tessuto con occhielli rinforzati in nabuk, dettagli blu in rete per ottimizzare la traspirabilità, la suola antiscivolo in gomma, l’intersuola ammortizzata in EVA a compressione e il sistema di allacciatura cord lock lacing system, ispirata dal trail running per una calzata ottimale. 

CONVERSE X PIGALLE

La Converse Chuck 70 è disponibile in due colorazioni: una gioca sulla classica gamma di tonalità e l’altra ha i colori in gradiente. Entrambe sono realizzate con la tecnica della pellicola TPU applicata alla tela, un elemento di design che conferisce alle scarpe un mix di futurismo tecnologico e stile classico. 

FILA

Il modello V94M d’ispirazione chunky sneakers è realizzato in camoscio con inserti in mesh e pelle a contrasto di colore. Sono leggere e flessibili con suola in gomma, l’ideale per un look sporty-chic.

SANDRO

Le sneakers ATOMIC ton sur ton in pelle sono realizzate in camoscio e rete, con suola spessa e logo stampato sulla linguetta.

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SEMIR x Dumpty: intervista a Yang Zhu

Durante la Milano Fashion Week siamo stati invitati alla sfilata di SEMIR x Dumpty, che hanno portato sul palcoscenico mondiale pensiero e attitudine della giovane Generazione Z cinese.

SEMIR ha inoltre intrapreso una collaborazione con il principale salone europeo di moda, WHITE MILANO, che da anni promuove internazionalmente i migliori designer e brand del segmento fashion. Abbiamo intervistato il loro E-Commerce Marketing Director, Yang Zhu.

Siete a Milano per la prima volta, come mai avete scelto questa fashion week per mostrare i vostri progetti?

La fashion week è un evento molto importante per SEMIR perché vogliamo essere un brand internazionale, infatti nelle scorse settimane abbiamo sfilato anche a New York e Londra. Lo facciamo per essere presenti con le nostre collezioni e come brand, e anche perché sfilare a Milano è sempre stato un nostro sogno oltre che un obiettivo, nonostante non sia facile arrivarci.

Abbiamo lavorato molto duramente affinché questo sogno si realizzasse, anche perché ci sono molti altri brand di lusso che presentano le proprie collezioni durante la Milano Fashion Week. Per questo motivo, per noi è un onore e un motivo di orgoglio avere uno spazio durante questa settimana.

Come avete conosciuto White?

Anche nel mercato cinese White è abbastanza conosciuto, quindi molti brand e designer lavorano per trovare delle opportunità attraverso di loro. Inoltre, White ha da tempo diversi agganci in Cina, quindi sappiamo che sono una piattaforma molto forte con cui collaborare e siamo lieti di essere aiutati da loro e di poterci lavorare.

Quali sono le principali caratteristiche di un e-commerce cinese?

Penso che la cosa più importante sia la convenienza, infatti è molto conveniente per i consumatori cinesi acquistare online e soprattutto è diventato parte della routine di tutti, specialmente di quella della generazione più giovane. Un altro fattore importante è il fatto che si debba avere un uso smart degli e-commerce, anche perché acquistare tramite i social media è normale per i giovani cinesi.

Non è una questione che riguarda solo il negozio, ma anche lo stile di vita che ci gira intorno. La nostra compagnia presta molta attenzione alle nuove generazioni per offrire loro il servizio migliore in maniera conveniente.

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Sfilate co-ed: il new mainstream fashion

Sarà perché viviamo nell’era del genderless, sarà perché una sfilata di capi maschili e femminili assemblati insieme propone una visione efficace e sintetica del mood di un brand, sarà anche che un’unica sfilata ottimizza i budget (diciamolo), ma tant’é. Le sfilate di menswear e moda femminile presentate insieme e viste all’ultima fashion week di Milano Moda Donna per la primavera-estate 2020, erano non poche.

Una delle più belle è stata N°21 disegnata dal formidabile Alessandro Dell’Acqua che ha proposto una nuova sensualità introspettiva molto interessante, ricca di stampe floreali minute e raffinate, di tagli romantici e languidamente erotici, un erotismo di lusso soffuso di una nuova consapevolezza che supera e rompe gli schemi borghesi e un po’ azzimati del neopuritanesimo imperante. Non c’è nessuno meglio del direttore artistico della maison Rochas e pioniere dell’estetica anni’90 che possa descrivere e commentare una collezione vincente.

“La prima ispirazione è un senso di erotismo che si emancipa dalle espressioni esclusivamente sessuali e diventa un mezzo per parlare con il corpo. Ed ecco anche perché ho disegnato degli abiti uguali per la donna e per l’uomo, senza cadere nella trappola del no-gender ma facendo incontrare i due generi –femminile e maschile -nell’intreccio continuo delle referenze delle linee, dei volumi e dei tessuti. Questo mi permette anche di esprimere un punto di vista disruptive che è quindi contrario al perbenismo e al moralismo che in questi anni stanno imponendo troppe regole alla vita delle persone e di conseguenza alla moda».

Onore al merito a Dell’Acqua, più che un creativo un libero pensatore. Il risultato? Capi raffinati con scolli imprevedibili e per uomo bermuda e scarpe solide, camicie che scivolano sul corpo atletico o efebico (fate voi) mentre le maniche delle giacche si aprono, i top agiscono come tele morfing sul busto attraverso un sistema di abbottonature, l’abito in chiffon perde le maniche e diventa una sottoveste. E poi i fiocchi svuotati si fissano per costruire abiti trasparenti mentre altri si appiattiscono su baby abiti in tela come fettucce di passamaneria, le gonne plissé sono metà in pelle e metà in chiffon (viene in mente una moderna Emmanuelle o una Anais Nin con un giovane amante).

Una bella prova grazie soprattutto a una crestomazia di capi componibili e scomponibili. Belli anche gli accessori, scarpe con il tacco alto ma sagomato e quindi non scomodo, e borse con logo dorato. E a proposito di accessori, interessanti e sfiziosi sono quelli di Bottega Veneta che ha sgominato la hit-parade delle vendite di scarpe e soprattutto borse, must-have del brand di Kering che è entrato a gamba tesa in Rinascente durante la fashion week con una serie di maxi vetrine dedicate.

Daniel Lee che ha affermato: “La collezione Spring 2020 sviluppa i codici che stiamo definendo per Bottega Veneta. Siamo concentrati sul processo e la chiarezza; un approccio immediato e diretto”, ha assunto da qualche stagione la carica di direttore creativo della maison di pelletteria e di ready-to-wear e che ha debuttato con il lancio della chocolate bag (a nostro avviso una versione tridimensionale della knotbag di Tomas Maier predecessore di Daniel Lee) inaugurando chez Bottega un filone che strizza l’occhio a forme funny e paffute, con volumi interessanti e forme accattivanti, spesso geometriche e in colori di punta come il verde lime.

Nella palette di cui si accendono i bei capi in pelle dai tagli magistrali sia per lui che per lui e le borse che rileggono la knot segnaliamo l’arancio brillante e il giallo sole che si alternano al color moka e al nero carbone. Molto basic ma sexy gli abiti sensuali neri o in metal mesh che con i loro scolli provocanti e i cut-out inaspettati occhieggiano agli early nineties e ai late eighties. Bellissimi gli spolverini in nappa morbidissima con il punto vita sottolineato da eleganti impunture da portare con i bermuda confortevoli assortiti a lunghi calzini sulle gambe nude, le forme delle giacche maschili hanno spalle leggermente spioventi, molto anni ’80 e acquistano carattere grazie al colore.

Le scarpe avvolgono il piede come un morbido abbraccio, i sandali per lei sono ricamate di sfavillanti specchietti, oppure sono delicate mules con un tacco moderato. Il classicismo si contrappone al modernismo con tecniche raffinate: nodo, intreccio e maglia. I materiali sono declinati nella loro forma più pura: legno, oro, lacca, pietra, pelle, cotone e il corpo. Un neo minimalismo prezioso e di gran lusso che è la nuova frontiera dell’aspirazionalità sia per lui che per lei. Un’altra fautrice della formula co-ed è sicuramente Angela Missoni che tratteggia un’estate fra glamour hippy e playboy rutilanti con giacche tuxedo ricamatissime come tempestate da un diluvio di diamanti, pensate forse per party faraonici al Billionnaire o su qualche spiaggia esclusiva e super élitaria.

Non mancano le belle camicie stampate molto desiderabili per un maschio un po’ peacock che sa osare con buonsenso, e poi outfit maschili dégradé che evocano le tinte del bel mare cristallino della Sardegna, completi gessati da assortire a camicie squillanti e foulard alla Gigirizzi. I colori dell’uomo Missoni? Tutte le sfumature del blu. E se vi pare poco guardate le immagini.

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Green Carpet Fashion Awards 2019: la terza edizione

Camera Nazionale della Moda ed Eco-Age portano la sostenibilità al centro del sistema moda.

Gli Oscar della moda sostenibile chiudono la Milano Fashion Week di settembre con un evento ideato e patrocinato da Camera Nazionale della Moda Italiana che per il terzo anno celebra l’impegno verso la sostenibilità delle case di moda che lavorano per abbracciare un rapido cambiamento, preservando il patrimonio e l’autenticità dei produttori su piccola scala. Insieme a Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana e Livia Firth, direttore creativo e co-fondatore di Eco-Age accelerator di progetti green, molti altri partner come il Comune di Milano, l’Ice, Instagram, Woolmark e Vestiaire Collective. 

Per la seconda volta è stato chiamato come Direttore Creativo Hamish Bowles, International Editor At Large di Vogue America, che quest’anno, ha ideato un concept ispirato alla visione di Leonardo da Vinci (nel cinquecentesimo anniversario della sua morte), genio poliedrico i cui talenti spaziano dall’arte alla scienza, con una fascinazione speciale per la natura. Piazza Della Scala che ospita proprio la statua di Da Vinci,  si è trasformata in un giardino appositamente ricreato seguendo i disegni botanici dello stesso Leonardo e dalle sue vigne.

Anche il red carpet che ha caratterizzato la piazza era green, di colore e di fatto perché realizzato in plastica riciclata da Aquafil, cosí come il premio vero e proprio, forgiato in oro etico certificato da Chopard.

Durante l’evento non sono mancate le nuove icone della moda come il modello Adut Akech e Jon Kortajarena, oltre ad essere i presentatori della serata.

Un premio speciale intolato Legacy Award è stato consegnato a Valentino Garavani dalla magnifica Sofia Loren, per l’alto valore dei suoi capi che non finiscono mai di vivere, abiti senza tempo ed emblema di artigianalità. Stella McCartney invece, ha portato a casa The Groundbreaker Award condividendolo con i suoi collaboratori. 

Ad aggiudicarsi il Cnmi Award in Recognition of Sustainability sono state due iconiche aziende italiane, Max Mara e Zegna, con il numero uno Gildo Zegna accompagnato dal direttore creativo Alessandro Sartori.

Premiata anche l’Associazione dei Gondolieri Venezia con i suoi 433 gondolieri con l’Eco Stewardship Award.

Nella serata infine è stata proclamata Flavia La Rocca come vincitrice della Talent Competition tra una rosa di dieci finalisti emergenti da tutto il mondo.

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AM318 lancia la sua prima collaborazione con Efisio Rocco Marras

La prima collaborazione tra AM318 ed Efisio Rocco Marras nasce come una collezione genderless, pensata per la prossima stagione primaverile. L’ispirazione è quella del mondo street degli anni 90 in cui il gusto tipico delle metropoli, crocevia di riferimenti punk e trash, incontra il mood pulito del mondo marine.

I capi prendono spunto dall’heritage senza però rinunciare ad un gusto più contemporaneo con uno studio di volumi che si ampliano su proposte pop dai colori brillanti. Dalle felpe con bande a contrasto alle t-shirt con patchwork tridimensionali, dai pantaloni cargo voluminosi ai denim declinati in tutti i colori della palette e i joggers per completare la proposta. I colori sono ben definiti per ogni total look: il rosso corallo si mischia al rosa confetto, il navy al grigio melange con contrasti definiti da bande color blocking bianche e blu.

Completano l’offerta due nuovi modelli di sneaker fashion che si aggiungono alle Arrow e alle Dart, proposte nelle collezioni precedenti. Le Rookie in perfetto stile skater e la Wave più chunky e grintosa. Patch in gomma e applicazioni bicolore sono i dettagli principali che definiscono la collezione evidenziando il fregio del logo in rilievo. La distribuzione internazionale della capsule è affidata a Spazio38 Showroom nella sede milanese e nel loro showroom di Parigi durante la Fashion Week.

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Ritratto di un designer: Mauro Grifoni

Tutto è iniziato nel 1992, da un taglia e cuci “improvvisato” nell’armadio del nonno e del padre sulle loro camicie. Da quel momento in poi il designer Mauro Grifoni non si è più fermato. Dall’intuizione che sarebbe stata quella la strada da intraprendere, ha costellato di successi il suo percorso creativo improntato sull’heritage sartoriale italiano, ma declinato in formule e soluzioni stilistiche sempre atipiche e assai raffinate nell’esecuzione. Noi di Man in Town abbiamo avuto l’onore di conoscere un po’ meglio questo protagonista della moda italiana e il suo entusiasmo per il nuovo progetto chiamato Covert.

Essendo uno dei top player della industry italiana c’è qualche altro sogno nel cassetto che vorresti raggiungere?

Quando ho iniziato era tutto un sogno e posso dire che con il mio precedente brand MAURO GRIFONI molti di quei sogni sono riuscito a realizzarli.
Oggi resto un sognatore perché è una delle miei caratteristiche , ma penso di essere più razionale.

Covert è un progetto che segui con passione, cosa rende diversa una direzione artistica dall’altra?

Nel nome stesso che ho voluto per questo mio progetto COVERT siamo già verso una direzione artistica mai scontata.
COVERT = nascosto come aggettivo.
COVERT = rifugio come sostantivo.
Considero Covert non per tutti ma allo stesso tempo può esserlo.
Non seguo delle logiche commerciali scontate e nemmeno la direzione artistica lavora su immaginari preconfezionati che poco si addicono alla filosofia del brand, amiamo guardarci intorno per poi cercare di offrire una nostra interpretazione.

Hai qualche talento segreto? Un hobby insolito o comunque particolare?

Amo cucinare, mi rilassa. Lo faccio quasi sempre per le persone che amo, per gli amici e per me stesso, è la mia terapia segreta. Non ho un vero hobby attualmente se non il mio lavoro.

Sempre per conoscerti un po’ meglio, come è nata la tua passione per la moda?

Fa ridere però è la verità… Ai tempi usavo molto la camicia e quelle che vedevo sul mercato non mi piacevano quindi prendevo quelle di mio nonno e mio padre e cominciavo a tagliare, cucire etc etc, ad un certo punto sia mio nonno che mio padre mi hanno proibito di entrare nei loro armadi ed è lì che ho pensato di produrmi e vendere le prime camicie… morale della favola, sono nato con la camicia!

Chi è Mauro oggi? Verso dove sta volgendo lo sguardo e cosa punta a raggiungere?

Il solito sognatore più concreto, amante di quello che faccio, curioso del sapere e del fare con una famiglia stupenda e 3 fantastici rhodesian ridgeback. Mi piacerebbe vedere Covert come un figlio cercando di insegnargli rispetto, educazione e buone maniere, poi se sarò stato bravo un giorno qualcuno potrà raccontarlo.

Se potessi descrivere la tua vita con un libro, quale sarebbe e perché?

 Il paragone con un libro mi sembra di non essere all’altezza però ultimamente ho letto IL SILENZIO DELLE PIETRE di Vittorino Andreoli, in cui il protagonista è un uomo esasperato dalla follia del proprio tempo. Mi è piaciuto sopratutto perché è un’analisi sui limiti della nostra epoca, ma anche sui nostri.

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Gli essenziali per il back to office

Ritorno in ufficio? Occasione perfetta per sfoggiare un nuovo guardaroba in sintonia con le tendenze della moda. Ecco qualche idea per iniziare questa stagione lavorativa con stile.

Bolon Eyewear

Seddle è linea unisex che rivisita il classico e intramontabile modello Aviator con una montatura dalle linee squadrate. garantisce leggerezza, flessibilità e resistenza all’usura. Il particolare nasello in acetato riduce la capacità di pressione sul naso coniugando comodità della calzata con un design innovativoBack to office

Boggi Milano

Il nuovo completo, concepito come abito spezzato da ufficio e da viaggio, è realizzato in jersey di nylon bi-stretch; rigorosamente in blu navy, garantisce libertà di movimento, senza rinunciare allo stile e all’eleganza che contraddistingue il Cosmopolitan Businessman.

Nava Design

Aspetto essenziale, superficie piatta, stile informale con dettagli colorati a contrasto. FLAT è la nuova collezione di zaini Nava, nata per soddisfare un pubblico giovane e dinamico. 

Prada

Zaino in nylon con doppia tascha a zip

Puma Sport 

Un perfetto mix tra sport e tecnologia, progettato per diventare l’alleato ideale di chiunque ama allenarsi e desidera monitorare i propri obiettivi, rimanendo sempre connesso. Dotato di cassa sagomata in nylon e alluminio, garantisce a chi lo indossa una vestibilità ultra leggera, mentre il cinturino in silicone ruvido offre una perfetta aderenza e traspirabilità.

Woolrich

L’iconico motivo Buffalo Check, in tre varianti colore su panno mistolana, assume un carattere metropolitano, dando vita alla categoria delle Overshirt in cui i modelli Alaskan, HuntingClassic and Traditional tengono le redini con il loro design pulito e attuale.

Ha collaborato Massimiliano Benetazzo

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Tre fashion colab per l’autunno

Sempre di più i marchi del fashion si aprono a nuove collaborazioni, non solo con altri brand, ma anche con personaggi noti del mondo dello spettacolo come cantanti, sportivi o designers. Di seguito, 3 inedite capsule collection per iniziare al meglio la nuova stagione.

Roy Woods x Moose Knuckles

Il brand canadese di outerwear street-meets-luxury, Moose Knuckles, collabora con il celebre rapper e cantautore canadese Roy Woods, presentando un’esclusiva capsule collection che da oggi sarà disponibile online e presso il flagship di Toronto.
La collaborazione debutterà con un mini-cortometraggio in stile documentaristico che offre una panoramica degli elementi che hanno influenzato la mente creativa di Woods, attraverso il racconto di Woods stesso e dei suoi più cari amici sia a Toronto sia a Brampton, la città natale del rapper.
La capsule si compone di pezzi esclusivi che comprendono una tracksuit, in acetato nero con tape rosso nastrato e logato, una t-shirt con joint-logo, e un cappellino da baseball autografato.

Liam Gallagher x Adidas

Il famoso marchio sportivo Adidas ha lanciato da poco la sua ennesima collaborazione, questa volta con il cantante ex Oasis Liam Gallagher.
Sembra che il cantante, la cui faccia è stata messa sulla paletta delle sneakers, abbia seguito lo sviluppo del modello a partire dal design, non limitandosi quindi ad una semplice firma.
A partire da Adidas kick, le prime scarpe della label indossate dall’artista, Gallagher è sempre stato fedele all’azienda delle tre strisce dichiarando che le sue sneakers preferite di tutti i tempi sono le Barrington smash e che la collaborazione con Spezial è nata in maniera molto naturale.
Il modello ricalca quello classico delle Spezial, mentre il colore bianco è stato scelto probabilmente per il rimando alle scarpe sportive che portavano i kids nei primi anni novanta: un modello sobrio, adatto ad essere portato tutti i giorni.

Converse x Ibn Jasper

Barber, pattinatore, designer e stilista Ibn Jasper ha collaborato con Converse per una nuova interpretazione della sua classica silhouette Pro-Leather. Cresciuto a Chicago negli anni ’80, Ibn ha fortemente rivisitato la silhouette e il modello di punta di Converse sui campi da basket, il che ha ulteriormente intensificato il suo amore per la cultura delle sneaker. L’intenzione di Jasper è quella di concentrare lo stile sofisticato di Erving all’interno di una collaborazione che renda omaggio all’eredità dell’ambizioso giocatore e al suo grande impatto sul gioco. La scarpa è realizzata da una tomaia in premium leather bianca con sovrapposizioni in suede grigio e una linguetta con stampa pitonata. I numeri romani in rilievo aggiungono un peso più storico ad un design contemporaneo accentuato dalla linguetta con zip.
La collaborazione sarà disponibile dal 26 settembre.

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A Venezia il red carpet dell’alpha male

Tailoring moderno e un feel di discreta stravaganza. A Venezia non solo cinema. Mentre l’edizione 76 della mostra del cinema di Venezia 2019 volge al termine, sul red carpet affacciato sulla laguna si alternano i look di gala degli uomini più eleganti dello star system. La palma d’oro per l’originalità se la aggiudicano Ghali, il rapper da pochi mesi legato alla super top romana Maria Carla Boscono, che ha optato per un tuxedo con drappeggio che scivola dal rever firmato da Dior Homme by Kim Jones oltre a Timothée Chalamet, enfant gaté della scena cinematografica ( è il protagonista del prossimo film di Woody Allen in uscita sui nostri schermi a ottobre). L’enfant prodige del cinema sfoggia look eccentrici e tuttavia convincenti, disegnati per lui dallo stilista francese Haider Hackermann. Gli amanti del classico sartoriale, che è poi la soluzione vincente per un dress code maschile impeccabile, si lasceranno sedurre da Nicholas Hoult infilato in uno smoking rilassato di Emporio Armani, da Claudio Santamaria che ha esibito una giacca iridescente doppiopetto sempre disegnata da Re Giorgio, da Brad Pitt e da Adriano Giannini con i loro smoking sartoriali pennellati addosso targati Brioni, o ancora da Joel Edgerton al quale il direttore creativo del menswear griffato Louis Vuitton ha dedicato un outfit custom made con abbottonatura invisibile. Dulcis in fundo per Gucci Alessandro Michele pensa a David Bowie e a Oscar Wilde per i look indossati da Achille Auro e da Milovan Farronato. In questa gallery Manintown vi invita a scoprire i best looks dei veri gentlemen firmati dalle maison di moda internazionali.

In copertina: Brad Pitt in total look Brioni

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Donatella Versace annuncia l’autunno con un festival di luci e stampe

La Medusa colpisce ancora. Direttamente da New York arriva nelle esclusive boutique di tutto il mondo la nuova prefall collection autunno-inverno 2019-20. Mentre la fashion week della Grande Mela con le passerelle primavera-estate 2020 entra nel vivo, Donatella Versace, un tempo musa del geniale demiurgo della moda italiana Gianni Versace e oggi direttore creativo della maison della medusa, gioca d’anticipo. E propone una co-ed collection ricca di capi da avere subito e da mettere nel guardaroba per la stagione fredda.

Direttamente dalla catwalk di New York al The American Stock Exchange’ la bionda stilista calabrese ha dichiarato: “E’ la prima volta che presento la mia collezione a New York. Sono molto emozionata, ho voluto creare una collezione che unisse la tradizione sartoriale di Milano con l’energia di New York in un omaggio a questa città unica”.

L’America è stata un po’ un trampolino di lancio e un mondo ispirazionale per Versace: già ai tempi di Gianni Versace che negli anni’70 frequentava lo Studio 54 e nello stesso periodo presentò una collezione di Complice a Dallas, la griffe era legata a doppio filo alla patria di Obama, tanto che spesso la collezione Versus affidata al talento di Donatella Versace, sfilava a New York, senza contare la colonizzazione di Miami che prima di Gianni Versace non era così ambita e glamourous. Anche la moda maschile di Versace è da sempre ispirata ai codici della mascolinità e sensibilità virile made in America, un po’ latina, un po’ poliglotta ed eurocentrica.

E così in passerella fra le proposte dedicate a lui si sono visti: il contrasto tra le tonalità autunnali, le luci brillanti della città e i colori fluo, che danno vita a nuove combinazioni di stampe animalier, un grunge flair nei coat zebrati e nelle giacche che ‘mettono nero su bianco’ mentre rievocano Kurt Cobain e i Pearl Jam.

E poi stars, stripes e neo barocco nelle fantasie più esuberanti very Versace, le spille da balia, simbolo della maison, applicate sui revers dei fluidi ed eleganti completi all black indossati da modelli afro. La zampata di stile della griffe si fa sentire nei pants di pelle shiny molto rock. Il fit è abbastanza skinny ma non troppo, perché gli eroi di Versace sanno anche mostrare i muscoli (vedi Luke Evans, ormai aficionado dello stile della Medusa), e ancora i cuori di Jim Dine, creati un tempo per Gianni Versace, ora tornano a campeggiare sulle tute e le camicie aeree, mentre brillano sotto i riflettori le giacche di pelle cognac spalmate. New York, città legata al passato della illustre maison ma con lo sguardo sempre rivolto al futuro, incarna lo spirito degli uomini e delle donne Versace che si alternano tra il proprio mondo mitologico e la realtà moderna e cosmopolita. Una Versace state of mind.

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Traveling with style

Viaggiare? A volte è sinonimo di valigie pesanti, destinazioni inarrivabili e scomodità. Preferiamo allora pensare a location più confortevoli e lussuose, non sempre alla portata di tutti. Quello che invece può essere comune obiettivo di noi che spesso prendiamo aereo e treni, per lavoro o per svago, è cercare di viaggiare sentendoci eleganti e cool. Viaggiare con stile è possibile,  noi abbiamo scelto accessori e capi pronti a rendere le vostre trasferte super-glamourous! 

Coach 1941

Un cappotto in shearling con dettagli in pelle, troppo da outdoor? Ricordate che i check sono sempre un trend attualissimo.

Prada

Le Cloudbust Thunder si distinguono per l’inedito effetto tridimensionale della tomaia, ottenuto con iniezioni di gomma nel tessuto tecnico. Questa procedura unica, che trae ispirazione dal mondo dello sport, assicura alla calzatura massima flessibilità e morbidezza. E si può essere stilosi e confortevoli allo stesso tempo!

Salvatore Ferragamo

Borsone in pelle con profili. Se dobbiamo scegliere una weekender bag, che sia essenziale, ma elegantissima.

Bally

E se invece volessimo puntare a qualcosa di più vicino all’escursione? Perfetto lo zaino stile hiking in pelle con dettagli fluo e targhetta.

Filson 

Non può mancare un orologio che ci accompagni nelle nostre avventure. Questa ha Il quadrante verde militare in vetro zaffiro anti-riflesso e anti-graffio. Lancette Super-LumiNova®, cinturino in silicone verde militare con chiusure in acciaio. 

Hermès

Da fan dei foulard non potevo non sceglierne uno a tema, come il  Carré 140 High Flyer in cachemire e seta.

Giorgio Armani Eyewear

Immancabili gli occhiali da sole per un viaggio. Questi per chi ama un tocco di eleganza moderna e un gusto retrò. Il frontale è caratterizzato da due profili in metallo con colori a contrasto, che producono un gioco di spazi e vuoti. 

Burberry Eyewear

Proposta avvolgente dal carattere sportivo con profili in fibra di nylon. Montatura tartaruga chiaro in fibra di nylon con lenti arancio.

In copertina: Total look Fendi. Stiloso, ma con molti dettagli all’insegna della praticità. Giacca in pelle, maglia a collo alto e pantaloni a scacchi. Ci ha conquistati la borsa baguette cross body in nylon rosso.

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Home alone

Fotografo – Riccardo Meroni

Stylist – Riccardo Terzo

Grooming – Simona Parrella

Casting Director – Anna Jozwiak

Talent – Thiam @ Independent Management

Styling Assistants – Mirko De Pro, Emma Canaletto

Location – Residenza Location

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Formal but damned

Testo raccolto da Giorgia Cantarini per Antonio Mancinelli, caporedattore di Marie Claire Italia

Essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro . Quand’è successo che, quasi contemporaneamente e quasi all’improvviso, nei guardaroba dei Milllennials sono apparse (non riapparse) le giacche sartoriali, i pantaloni con le pinces e – massimo stupore – gli abiti, che i nostri papà definivano “completi”? Come mai, a Sanremo, uno dei trapper più amati dai giovani, Achille Lauro, si è presentato con un look sartorialissimo di Carlo Pignatelli, corredato da camicia bianca e cravatta, cantando una canzone che è un inno all’autodistruzione, Rolls Royce, che lui definisce – stupore raddoppiato – un «motivo elegante»?    La moda, si sa, è un linguaggio, ed è proprio con le parole che ha una parentela stretta e tormentata: quell’aggettivo lì, elegante, che fa quasi paura ripeterlo, noi critici di moda non lo sentivamo da anni, perché obsoleto, stantio. In una parola, démodé. Il problema è che Lauro ci stava dannatamente bene, vestito da adulto perbene ma con la faccia segnata da brufoli e tatuaggi da postadolescente: anzi proprio perché nato nel 1990, il contrasto, il contenitore e il contenuto era piacevole, fresco, quasi balsamico. E così, per tutti i protagonisti maschili della cultura popolare internazionale, da Harry Styles a Pharrell Williams, fino all’androgino Ezra Miller, che si è presentato al Met Ball con uno smoking superformale di Burberry, ma con più occhi dipinti sul volto: abbigliarsi in maniera convenzionale ha tutta la novità di ciò che fino a ieri consideravamo anticonvenzionale. Nei corsi e ricorsi storici dello stile, si va avanti per azione e reazione, provocazione e conservatorismo di ritorno: ma in questo caso la situazione è un po’ diversa e, antropologicamente parlando, assai appetitosa.    Per esempio, è stato molto interessante osservare come una storica maison come Ermenegildo Zegna, considerata il custode della compostezza vestimentaria, abbia proposto per questa estate un guardaroba ginnico fatto di tute, sneakers e hoodie col cappuccio, realizzati in fibre nobilissime e preziose.

Dall’altra parte, un nuovo nome della moda Made in Italy, Dorian Tarantini, ha disegnato una collezione per il suo marchio M1992, che rielabora con nuove proporzioni il binomio giacca + pantaloni, seguito, ad esempio, da Efisio Marras per LBM 1911, che si è cimentato in una capsule collection di abiti dalle silhouette classiche ma superskinny,  rinvigoriti da stampe floreali. Fino ad arrivare al Gotha della creatività rivoluzionaria del lusso di Alessandro Michele per Gucci, ma anche a quella di Hedi Slimane per Celine (dal cui logo lo stilista ha anche tolto l’accento), che porta in scena abiti a due bottoni sempre accessoriati di cravattina lunga e stretta in pieno mood anni Sessanta o rievocazione de Le iene di Quentin Tarantino, se volete.    Senza dimenticare Virgil Abloh, che ora firma la linea maschile di Louis Vuitton e il raffinatissimo ex punk Kim Jones, ora alla guida creativa di Dior Homme: tutti concentratissimi sull’abito, magari abbinato ad accessori imprevisti. C’è un punto da sottolineare: la moda è una ladra, ruba costantemente alle sottoculture per poi eliminarne ogni elemento di disturbo, sistemare sulle passerelle quella scelta dell’apparire che nasce come protesta antisistema la quale, grazie all’apparato dei grandi produttori di abbigliamento, diventa novità.

È successo così con Demna Gvasalia e Gosha Rubchinskiy, che per primi, dieci anni fa, hanno letteralmente teletrasportato nel tempo e nello spazio i look dell’Europa dell’Est anni Novanta, facendo risorgere marchi che pensavamo non esistessero più, come Fila, Robe di Kappa, Ellesse, Champion, per trasformarli in icone della desiderabilità. Quando però a quel tipo di immagine si è aggiunto anche un aumento dei prezzi….come nelle sneakers, dopo l’entusiasmo iniziale (il comfort! La libertà! Il vestire antiborghese! La ribellione quotidiana!), qualcosa si deve essere ingarbugliato, spiegazzato, sgualcito: se sembrare usciti da Decathlon richiedeva il conto in banca di Donald Trump per sembrare a tutti i costi rivoluzionari o poteva essere un piacevole gioco per il figlio del miliardario cinese o del plutocrate arabo, rappresentava anche un piccolo tradimento nei confronti di chi si mette la tuta Adidas solo per fare esercizi o in totale relax sul divano di casa.  I ragazzi della Generazione Z, quelli nati dal 1995, hanno anche un rapporto diverso con il denaro rispetto ai Millennials: sono sempre alla ricerca delle migliori offerte, analizzano la qualità dei prodotti e valutano più opzioni prima di prendere una decisione. Inoltre, gli Zeta iniziano a risparmiare molto prima rispetto alle generazioni precedenti: un effetto dell’essere cresciuti durante la Grande Recessione. Hanno visto i loro genitori affrontare la disoccupazione, e vogliono evitarlo.

Così se i Millennials hanno imparato ad apprezzare la trasparenza, quelli della Generazione Z, gli GenZer, la pretendono. Secondo uno studio di Girl Up, organizzazione dell’Onu che esplora l’universo dei teenager in tutto il pianeta, gli GenZer esigono l’autenticità: «Hanno accesso a tutte le informazioni online per formarsi opinioni forti», dichiara Anna Blue, co-executive director di Girl Up.   «Fin da giovanissimi sanno come elaborare e decifrare la comunicazione dei brand a loro interessati. La verità per loro è davvero un requisito fondamentale».   Quando tute, felpe, jeans sformati da Dad style e tutte le proposte compiute in nome del terrificante normcore, la banalità indossabile, hanno cominciato a diventare la norma, era impensabile che non diventasse necessario, uno scarto da quella regola. Anche perché, ammettiamolo chiaramente: la Grande Truffa emotiva dello streetwear consiste nell’aver fatto passare un messaggio di falsa libertà. Nel senso che sfido chiunque a fare bella figura ingolfato in un tutone di finto trilobato (ma in vero cashmere).    Altro che comodità: se c’è stata una tendenza veramente discriminatoria che esponeva tutti al body shaming – l’essere dileggiati perché fisicamente non perfetti, non snelli, non asciutti, non giovanissimi – è stata proprio quella sportiva, contrabbandata come democratica solo perché i pantaloni hanno l’elastico in vita e permettono ai più ricchi e ai più golosi di sfondarsi di cibo vestendosi all’ultimo grido. Il nuovo formale riscatta, ristruttura, fa da Photoshop tessile permettendo ai più, grazie al potere del buon taglio e delle spalline imbottite quel tanto che basta, di non ritrovarsi su Instagram pieni di dislike e con commenti all’acido prussico.  Certo, il sartoriale del Secondo Ventennio del Duemila non può e non deve andare a scimmiottare i blazer fatti con riga, squadra e cazzuola che indossano i politici di tutto il mondo quando vogliono sembrare fighi. Se c’è una rivolta da compiere adesso, è quella contro l’infantilizzazione della società, sempre più dilagante con filtri su selfie e autoscatti che spargono di stelline e unicorni. Vanessa Friedman nel 2016 scrisse sul New York Times un piccolo editoriale gioiello intitolato “How to dress like an adult: «Vestirsi da adulti serve in qualche modo a distinguere il te stesso cresciuto dal te stesso adolescente; è un modo per dire a te e a quelli che ti guardano “io sono questo in questa fase della mia vita”».     Restituire al concetto di sentirsi a posto una valenza positiva, quello sì, può essere un passo in avanti nell’evoluzione culturale del mondo. Oltretutto, essere ordinati fuori può lasciarci la meravigliosa opportunità di essere disordinati dentro. Non è forse questo, il vero comfort esistenziale? Sarà il formale a salvarci. Non i formalismi.

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Cardi B protagonista della nuova campagna Reebok con l’audace “Nails”

Un cortometraggio di 60 secondi che immortala Cardi in un salone di bellezza, in compagnia di un gruppo di clienti abituali, con le sue Reebok Club C Vintage, quando le sue preziose unghie prendono vita per riallacciare una delle due sneakers attirando l’attenzione e il desiderio di tutti i presenti.

Per celebrare la campagna ‘Nails’ e l’incredibile manicure dell’artista, Reebok ha inoltre lanciato ‘Nailed It’, un integratore in grado di trasformare le unghie ‘regular-degular-schmegular’ (come le definisce Cardi) in artigli mozzafiato. Una speciale formula con cui il brand conferma il proprio impegno a rompere gli schemi tradizionali. Esattamente come la manicure hot di Cardi, la spina dorsale dello strepitoso video che dà fiato alla campagna ‘Sport The Unexpected’. 

Artista, madre e vincitrice di un Grammy Award, Cardi B è la prova vivente che solo chi ha il coraggio di intraprendere un percorso ‘unexpected’ ed originale definisce veramente cosa significa essere un’icona classica.

Le Reebok Classic Club C Vintage, lanciate originariamente negli anni ’80, presentano un design senza tempo dal look minimalista che ha resistito al susseguirsi di epoche e mode, confermandosi un must dello streetwear.

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Roma incubatrice dei giovani talenti del menswear

Nella città eterna, mecca degli antichi saperi e di nuovi miti, sono Italo Marseglia e Federico Cina i trionfatori nella categoria menswear di ricerca dell’ultima edizione di Altaroma chiusasi pochi giorni fa, di scena al Pratibus District di Viale Angelico 52.

Il primo, emerso già da alcune stagioni, assertore di un nuovo corso della moda italiana dominato da sostenibilità e virtuosismi sartoriali sviluppati anche in chiave industriale da esportazione, ha creato per la nuova passerella sperimentale di talenti ‘Rome is my runaway’ nata in seno ad Altaroma a luglio 2019 per promuovere i creativi più interessanti di Roma e del Lazio, una minicollezione da uomo demi-couture. Capi freschi, candidi e gentili, immacolati e in tessuti ricercati e aggraziati, che tratteggiano il Dolce Stil Novo della moda.

Concorda con questo giudizio anche la bellissima talent scout e fashion consultant Simonetta Gianfelici, membro della illustre giuria del premio ‘Who is on Next?’ che appunto afferma: “Il menswear è una new entry per Altaroma. Anche alcune scuole di fashion design di Roma come l’Accademia di Costume e Moda propongono degli stili maschili sempre suggestivi e interessanti da cui trarre spunto”. E aggiunge:”Direi che la grande rivelazione di quest’anno, che io ho portato a Showcase un anno fa, è Federico Cina, vincitore del premio Franca Sozzani Who is on next? E del Pitti Tutoring & Consulting Prize.

Lo stilista romagnolo che ha esordito ad Altaroma in passerella a gennaio, nello show collettivo dei finalisti della competizione internazionale di Fashion Design, sulla base di un progetto no-gender ha reinterpretato magistralmente le sue radici in chiave sartoriale proponendo sulle note struggenti di Luigi Tenco, con la sua visione fresca e originale, il patrimonio estetico local esemplificato dalle fantasie delle tovaglie romagnole”. Tutti d’accordo, stampa e buyer, nel decretare il vincitore di quest’anno.

Ma non sono mancati altri spunti interessanti provenienti da altre idee alternative destinate all’uomo e provenienti sempre da ‘Rome is my runaway’ nuovo incubatore delle tendenze moda. Molto interessante per esempio è il mantra cyber-etnico di Gall che ha mandato in passerella un guerriero metropolitano un po’ survivor arabeggiante dall’immagine futuribile e ricercata con i copricapi reinventati della legione straniera, “quasi un Lawrence d’Arabia calato nella metropoli direi” commenta Gianfelici.

La sostenibilità è un focus importante delle collezioni dei giovani talenti della kermesse della settimana di moda romana, Vanta docet. “E’ un marchio da tenere d’occhio, in passerella hanno sfilato capi nati dal recupero delle prove colore delle industrie tessili che riportavano i codici numerici della campionatura”, l’uomo di Vanta ha il pollice verde e abbina ai suoi pants con coulisse e alle sue bluse boxy bicolori delle borsette green che sono in realtà piantine su vasi da portare a mano.

Originale anche la proposta di Programma che spazia fra militare e coloniale per un gusto minimal-chic “un uomo négligé ma raffinato nei dettagli” come chiosa Gianfelici. Colpo d’occhio anche su una elegante giacca sahariana con martingala, stampata a motivi batik e vista in pedana nello show finale di Accademia Koefia che ha siglato una partnership con l’ambasciata indonesiana. “Il mainstream del menswear attualmente non è molto influenzato dalle idee alternative degli stilisti. L’unico ambito in cui vedo una vera sperimentazione è lo streetwear e lo sportswear dove l’innovazione è di casa. C’è anche un ritorno al dandismo attraverso il paradigma dei sapeurs africani per un menswear eclettico, ravvivato da tinte bold e da echi afro”.

Foto: Dragone courtesy of Altaroma

In copertina: Accademia Factory 19

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Celebrando Lagerfeld Fendi goes global sempre di più

‘Asian graffiti on fur’, ovvero un ponte fra Oriente e Occidente in nome dell’arte e dello stile. Potrebbe essere questo il titolo del nuovo progetto creativo, ultima chicca di Fendi che quest’anno ha arruolato alcuni giovani talentuosi artisti asiatici, graffitisti street.

Missione: la realizzazione di psichedelici arazzi in pelliccia che saranno presto esposti in mostra a Roma al Colosseo Quadrato (ribattezzato da Fendi Palazzo della Civiltà Italiana), sede centrale del marchio. Sono veri e propri quadri che riproducono soprattutto languidi disegni esotici, motivi patchwork, il logo Fendi stilizzato, lanciato da Karl Lagerfeld negli anni’60 e reinventato dai giovani creativi con gli occhi a mandorla nella versione inscritto in una stella in technicolor, e infine una variopinta mappa del globo tutta fatta di velli preziosi.

A conferma che Fendi, il brand oggi fiore all’occhiello della multinazionale del lusso LVMH, è un marchio Made in Italy top player nell’agguerrito mercato internazionale, sinonimo di eccellenza artigianale e ad alto tasso di glamour, proiettato nel futuro e soprattutto in uno scenario dominato dal gigante asiatico, dal dragone e dal Sol levante. Siamo come nani sulle spalle dei giganti. E sulle spalle dei fondatori del marchio nato a Roma nel 1925 come epitome di pelletteria e pellicceria, e sulle spalle del gigante Karl Lagerfeld che in 54 anni di attività come direttore creativo della maison ha rinnovato l’universo asfittico e opulento dell’alta pellicceria con le sue eclatanti trovate, prospera oggi un marchio che pensa in grande e corteggia assiduamente Francia e Cina con risultati più che positivi.

In principio nel 1969 fu il debutto nella Sala Bianca di Palazzo Pitti a Firenze, culla dell’allora nascente alta moda tricolore e svolta epocale per il marchio capitolino, già affidato alla matita di Lagerfeld e guidato da un ‘battaglione al femminile’, le cinque sorelle Fendi, Alda, Carla, Franca, Anna, Paola che alla fine degli anni’60 spiccarono il grande salto affacciandosi in una vetrina assolutamente internazionale e lanciando il prêt-à-porter in pelliccia.

Dunque la Mitteleuropa di un uomo, geniale e poliedrico, (Lagerfeld) e la romanità magniloquente di cinque donne (le Fendi) votate alla famiglia e all’azienda, ansiose di sbarcare a Hollywood e negli Stati Uniti. Già alla fine degli anni’70 le vetrine di Bergdorf Goodman a New York esponevano le meraviglie del marchio, famoso per le sue iperboliche lavorazioni manuali che sfidavano i limiti naturali dei velli, dai più preziosi ai più umili e accessibili. Per ricordare il genio di Lagerfeld scomparso quest’anno e deus ex machina dell’ascesa mondiale della griffe, l’erede talentuosa di Karl Silvia Venturini Fendi, figlia di Anna Fendi e dell’ingegnere Giulio Venturini, una gentildonna pacata ma sagace che dal maestro di Amburgo ha appreso tutti i segreti del mestieri della haute fourrure, ha concepito, in tandem con il presidente e CEO della maison Serge Brunschwig, un kolossal d’arte, moda e alto artigianato in una magica serata romana d’estate.

Una volta tanto la collezione couture di Fendi, che solitamente sfila a Parigi, ha incantato Roma con un evento faraonico sul Palatino al quale hanno assistito 600 ospiti internazionali, fra i quali star del calibro di Susan Sarandon, Catherine Zeta-Jones, Jason Momoa, Zendaya oltre a molte celebrità del cinema italiano come Isabella Ferrari, Alessandro Roja e Magherita Buy.

In questa occasione lo stato maggiore di Fendi ha presentato il progetto di restauro del tempio di Venere al Palatino, il primo nucleo storico dove è stata fondata Roma e sul quale il gruppo LVMH ha deciso di investire 2,5 milioni di euro, perseguendo la sua linea di riportare agli antichi fasti i più bei monumenti di Roma, dalla Fontana di Trevi fino al complesso delle quattro fontane e delle fontane del Gianicolo, del Mosè, del Ninfeo, del Pincio e del Peschiera. In una sfilata di 54 uscite andate in scena al crepuscolo, in una cornice solenne davanti al Colosseo, e indossate da mannequin top come Maria Carla Boscono e Freja avvolte in un’atmosfera siderale, il direttore creativo della maison ha distillato il meglio della bellezza e della raffinatezza dell’archivio delle lavorazioni degli atelier Fendi.

Una galleria di virtuosismi da cardiopalma, ispirati stavolta a temi floreali, alle geometrie della Secessione Viennese e ai motivi mutuati dalle decorazioni marmoree dell’antica Roma come i pavimenti cosmateschi, il tutto virato in toni naturali e chiari dal miele al sabbia e oro, dal verde salvia al grigio fumé, fino al rosa carne, e al binomio bianco e nero. In un video suggestivo la stilista cosmopolita ma legata a Roma a doppio filo, mostra la bellezza della città eterna e la sapienza manuale degli artigiani del brand che traduce in silhouette stilizzate. Come quelle della iconica cappa geometrica ad astuccio nata nel 1971 e indossata da Marisa Berenson nel film di Luca Guadagnino ‘Io sono l’amore’, le pellicce di cashmere o di mohair abbinate al cotone e al PVC, i trench reversibili doppiati di zibellino oppure le giacche avvitate dai riflessi dorati dalle spalle a T e dai revers di visone e zibellino abbinate a stivali alti, macrobaguette di morbida pelliccia e pantaloni a zampa. E per la sera scenografiche toilette da ballo policrome con la gonna a crinolina e le maniche ballon, rigorose robemanteau interamente ricamate a mano o lavorate a canestro in visone rasato, seducenti abiti boudoir ricamati con spighe di grano e tasselli di pelliccia completati da preziose miniclutch e sensuali boa di volpe bicolore.

Photo by Daniele Venturelli/Daniele Venturelli/ Getty Images for Fendi

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Brand to watch: Circled

Un viaggio all’interno del colore, concettuale e personale, unito all’eccellenza dei materiali e della produzione italiana. Circled si propone come nuovo brand street fashion che cela dietro le scelte stilistiche, semplici ed immediate, una profondità di pensiero inedita e non omologata. 

A partire dalla prossima SS ’20, si presenterà al mercato con un total look ispirato alle tendenze design europee, unite da un comune denominatore grafico, un grande cerchio colorato e da maxi loghi che ne delineano la forte identità.  Massimo Salvoni, fondatore del brand e  artista concettuale, declina i capi icona nelle infinite varietà del cerchio, la forma perfetta, ispirandosi all’artista statunitense Kenneth Noland, affiliato alle correnti dell’espressionismo astratto e del minimalismo. 

Raccontaci del tuo background professionale

Ho iniziato nel 2002 a Livorno, dentro allo Spazio Blu Cammello nel progetto “INSIDE OUT” a fare le mie prime idee artistiche. Nello stesso anno all’interno di un edificio storico, Palazzo Lanfranchi a Pisa, trasportai un metro cubo di sabbia bianca raccolta a Vada, piantandoci sopra un campo di 2000 spighe di grano.Iniziai così questo viaggio “artistico” che mi ha sempre liberato da ogni oppressione della quotidianità.

Una serie di altre esperienze e poi, come un fulmine a ciel sereno, arriva CIRCLED. Non pensavo che avrei trasformato alcuni cerchi di pietra che già avevo fatto in vari angoli del territorio, in pezze di tessuto e invece…

Inoltre mi sono divertito con “l’arte contemporanea”, ho liberato le mie idee partecipando a diverse mostre e ho corteggiato l’arte in tutto e per tutto. 

Come è nata l’idea del brand? e il nome?

Questa linea inizia dalla volontà di trovare un’identità immaginaria incastonata all’interno di una serie di colori nei quali riconoscere se stessi, creando così un grande cerchio, un grande occhio. Un luogo dove dare forma ai pensieri e alle sensazioni. Il cerchio ha una storia filosofica e scientifica che affonda le sue origini nell’antichità. Oggi l’idea si sviluppa e si declina nelle infinite varietà di questa forma perfetta. Alla fine degli anni ’50 Kenneth Noland, artista statunitense affiliato alle correnti dell’espressionismo astratto e del minimalismo, iniziava ad elaborare forme circolari dipinte su tela. Ispirandosi a questa esperienza, con l’ausilio di nuove tecniche e grazie alla rielaborazione di nuovi cromatismi viene trasferita questa forma interessante sulle maglie.

Come nasce e si sviluppa la collezione?

Oggi, forse più di ieri, si notano miscelazioni tra design, arte e fashion e la collezione non si sottrae a questa tendenza. CIRCLED è un brand che nasce con uno stile Pop e che va orientandosi verso l’Hip Hop. Diversamente da quanto è stato proposto nelle stagioni precedenti, la nuova collezione esalta principalmente il nome del brand, CIRCLED, impiegandolo come elemento grafico e decorativo sulle superfici. Il lettering viene usato a caratteri cubitali in alcuni capi, mentre in altri viene ripetuto in dimensioni ridotte ma all’infinito. I tessuti utilizzati richiamano principalmente lo street ma sono anche riconducibili al mondo sport.

L’importanza del colore e del messaggio legato a esso

I colori possono avere declinazioni infinite, così come infinite sono le loro interpretazioni. Il colore lo si usa anche quando non viene utilizzato. CIRCLED è colore.

Quali gli artisti per te più importanti del panorama attuale?

Anish Kapoor, Vanessa Beecroft, Wolfgang Laib, Christo, Ugo Rondinone, Loris Cecchini.

Il capo che ritieni iconico?

Decisamente la felpa con lettering della collezione SS 2020. Racchiude in se tutte le caratteristiche del marchio. Il lettering impresso in modo circolare (fronte/retro), la fascia bianca ad intarsio che avvolge il capo e l’icona simbolo del brand sul braccio.

I personaggi che vorresti vestire nel prossimo futuro

Mi piacciono le sorprese

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Sneakers: i modelli perfetti per questa primavera

La bella stagione è finalmente arrivata ed è tempo di fare ordine nel proprio guardaroba (e nella scarpiera). Siamo nel periodo perfetto per scoprire le novità della stagione e acquistare un nuovo paio di sneakers che ci accompagneranno, passo dopo passo, nei mesi a venire.

Prima proposta per la stagione è la rivisitazione di un classico. Converse mostra fieramente la propria origine con un look molto americano per uno dei suoi modelli di scarpe più iconico: le Chuck Taylor ‘70. In questa versione spring/summer 2019, la tomaia alta alla caviglia è interamente in denim blu mentre i lacci e la gommatura sono bianche. Nel complesso dallo stile semplice ma con carattere.

Un altro paio di sneakers alte ideali per queste prime giornate di sole sono le adidas realizzate dal brand newyorkese Alife. Il modello adidas ricreato con il logo Alife e altri dettagli è il Nizza Hi. Una versione in total white interrotto solo dalle scritte presenti su delle fascette colorate che riportano lo slogan “A Way of Life™”. Le sneakers in questione sono disponibili in esclusiva sullo shop online di Alife e presso il loro negozio a New York.


Un must have sono le nuove Oversized sneakers di Alexander McQueen in versione spray. Base bianca ma la parte frontale delle scarpa viene ricoperta da uno strato di vernice nera, come se fosse appena passato un writer a dipingere un graffito con la sua bomboletta.

Nike si è preparato all’arrivo della primavera con un set di nuove colorazioni del suo modello Air Force 1 ‘07 LV 8. Le colorazione proposte sono “Atmosphere Grey/Vast Grey-Thunder Grey”, “Desert Ore/Light Cream/Pale Ivory/Sail,” e “Light Armory Blue/Obsidian Mist-Off White”. Quest’ultima variante è perfetta anche per cavalcare il trend dei toni pastello di questa stagione.

Animo cupo invece per le tanto amate, quanto disprezzate sneakers Triple S di Balenciaga. Le controverse scarpe, che spopolano sui social network ai piedi di innumerevoli influencer, tornano in versione nera con un effetto di finta usura sulla parte bassa.

A fare loro compagnia sui social, Instagram in primis, ci sono le B23 sneakers firmate Dior. Prima hanno attirato l’attenzione sulla passerella del brand parigino, poi hanno conquistato numerosi appassionati di luxury sneakers.

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SPRING BREAK: VIAGGIARE CON STILE

Aprile è il mese ideale per partire soprattutto per chi ha bisogno di staccare un po’ dalla routine quotidiana e godere di un sano relax. L’arrivo della primavera, del resto, è il momento più bello dell’anno, per indossare la prima t-shirt tanto desiderata e postare un ciliegio fiorito su Instagram. Se il vostro proposito è quello di pianificare un po’ di giorni fuori porta tra amici, innamorati e famiglie ecco selezionate per voi 5 mete europee, da nord a sud passando per mari e monti.

Palma di Maiorca – Spagna

Principale città dell’isola di Maiorca e capoluogo delle Baleari. Splendide spiagge, relax e vita notturna. Da sempre comparata con l’eterna rivale Ibiza, Palma offre una perfetta fusione tra divertimento, buon cibo, storia, cultura e anche arte, basti pensare che la Cattedrale di Santa Maria ha oggi la navata gotica più alta del mondo e vede, inoltre, lo zampino di Gaudì. Non dimenticatevi di gustare i suoi prodotti tipici dalle zuppe ai trempò, le sue fresche insalate. Pronti per le cene spagnole con L’arròs brut, succulento piatto di riso, carne e verdure. Forse non troverete un clima estivo, ma non dimenticate di portare con voi qualche costume.

 

Costa Azzurra – Francia

Amata da Picasso, Matisse e Renoir la Costa Azzurra è uno splendido angolo del mediterraneo dove passare un buon weekend tra sole, colori e sana leggerezza. Dalle case color pastello alle barche dei pescatori di Cannes a Valbonne, il villaggio da cartolina provenzale con i balconi fioriti e le tipiche case in pietra. Come non fare, poi, un salto a Nizza? Il suo bellissimo lungomare costeggia per oltre un paio di Kilometri la Baia degli Angeli. Buon cibo e buon clima, non solo tradizione turistica ma città d’arte che vanta una storia profonda. Le temperature miti vi permetteranno di scegliere outfit leggeri, comodi e alla moda. Ottime le camicie e pantaloni in lino, mocassini scamosciati e ovviamente gli occhiali da sole.

Lago d’Iseo – Italia

Il Lago d’Iseo si trova in Lombardia, vicino ai principali capoluoghi della regione. Quasi 66 kilometri mozzafiato da percorrere in bici, auto, moto e battello. Sarete Immersi nella natura che ha ancora un ruolo fondamentale nel territorio e lo si respira dalla sua splendida predominanza tra riserve naturali, numerose specie di uccelli e imponenti aree rocciose. Presente tra i più romantici e belli borghi d’Italia vi è la cittadina di Lovere sul versante nord occidentale del lago d’Iseo. Comodi, leggeri ma non troppo scoperti. Buona idea un parka di media pesantezza o un leggero piumino per la sera. Sneakers pratiche, zainetto in spalla e borraccia alla mano.

Berna – Svizzera

Proponiamo l’elegante capitale dai tetti rossi caratteristici e il suo caratteristico centro storico con i suoi sei kilometri di porticati. Ecco Berna, capitale della Svizzera e parte del patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Storia e cultura tra una passeggiata per vedere la Zytglogge(Torre dell’orologio) e i tipici bar. La sua atmosfera medioevale vi coinvolgerà. Il look ideale è quello più semplice e che vi fa sentire a vostro agio. Jeans o pantalone con un bel maglioncino, magari colorito per fronteggiare le (abbastanza frequenti) giornate uggiose.

Cambridge – Inghilterra

La città inglese, oltre la prestigiosa e tra le più antiche Università del mondo ha molto da offrire. Artisti di strada e piacevoli passeggiate nei mercatini, non respirerete l’affollato caos di Londra e avrete modo di visitare bellissimi parchi dove fare pic-nic e cenare nei pub che popolano, da tradizione, la città. Vacanza adatta a tutta la famiglia in termini di storia, tempo di qualità speso tra visite e piacevoli posti da visitare. Consigli per il look difficili da dare, il Regno unito ha un meteo estremamente variabile. Portate una selezione di t-shirt per il giorno da indossare con dei cardigan o delle felpe stile college e una sciarpa, perfetta da abbinare a comodi boots di pelle in perfetto stile inglese.

 

 

 

In copertina: Total Look Safe Milano SS19

 

 

 

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ARTE PER LA MODA: LE NUOVE COLABS

Nuova stagione, nuova collaborazione. La prima che vogliamo evidenziare è proprio quella di LACOSTE,  che recentemente ha fatto squadra con l’icona pop e artista Keith Haring. È stata fatta un’accurata rassegna delle opere di Keith, dalle più famose a quelle meno conosciute, per poi selezionarne alcune da riprodurre sui capi di questa collezione speciale composta da capi sia per adulti che per bambini. In linea con il trend che vede un ritorno agli Anni 80 nella moda, il brand ha puntato su molte opere street art dell’artista americano realizzate proprio in quegli anni con lo stile che continua a contraddistinguere i suoi lavori.

A comporre la linea Keith Haring x LACOSTE ci sono le iconiche polo, t-shirt, felpe, costumi da bagno ma anche orologi (per i più giovani) e altri capi. Le stampe sono state messe sia in bella vista e con colorazioni vivaci, come sulle t-shirt, sia in alcuni dettagli che rendono unici i pezzi della collezione senza eccedere nelle stampe, riprodotte ad esempio solo sul retro delle sneakers piuttosto che sul colletto delle polo. Una collezione che LACOSTE ha fortemente voluto per rendere omaggio a Keith, al suo spirito libero e alla sua arte fuori dagli schemi.

 

Un altro marchio di tendenza che non è nuovo in fatto di collaborazioni è Supreme. Per il connubio moda-arte ha collaborato con il duo Gilbert & George presentando una capsule collection già disponibile negli store. Gilbert & George, artisti tra i più influenti nel settore dell’arte contemporanea, hanno messo a disposizione il proprio talento per realizzare una serie di hoodie, t-shirt e skateboard in edizione limitata per il brand americano. Un totale di 27 pezzi intitolati “1984 Pictures”.

Restando sempre nel campo dell’arte, un nome che sta risuonando nel fashion system è quello di Sterling Ruby. In questo caso non si tratta di una collaborazione perché il poliedrico artista americano dopo essersi occupato di pittura, di scultura e di fotografia ha deciso di lanciare una vera e propria linea di moda. Il brand da lui fondato e che lo vedrà in veste di direttore creativo si chiama S.R. STUDIO. LA. CA. e sarà presentato durante la prossima edizione del Pitti Uomo in programma a giugno 2019. L’evento, ormai appuntamento fisso per i protagonisti del settore moda maschile, ha scelto Sterling Ruby come Special Guest offrendogli così una vetrina importante per il suo debutto come fashion designer e per la presentazione al pubblico della sua linea ready-to-wear.

 

 

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KINGS OF THE NIGHT

 

Di casa a Milano, ma famosi anche oltre i confini. Abbiamo scelto di farli diventare modelli per un giorno, parliamo di due dei più seguiti e amati dj del momento: Marvely Goma The Perseverance e Thomas Costantin.

Hoodie and trackpants by Iceberg

MARVELY GOMA in arte “THE PERSEVERANCE”

Marvely è un ballerino e attore, dj e producer, mente visionaria del duo creativo THE PERSEVERANCE, boss del progetto AKEEM – uno dei migliori party del sabato sera a Milano-. La sua musica è un mix di sonorità urban con contaminazioni elettroniche UK: Marvely è uno dei dj ed ospiti più attivi delle fashion week milanesi, collaborando con molti brand, fra i quali come PHILIPP PLEIN, ICEBERG, TRUSSARDI, VERSACE. In costante evoluzione e ricerca, attualmente sta lavorando ad un nuovo progetto musicale.

I classici della tua playlist?

Kate Bush, un’artista da sempre in anticipo sui tempi, i suoi brani sono sempre proiettati al futuro

-Tutto ciò che fanno Pharrell Williams & Chad Hugo, produzioni, featuring e il progetto N.E.R.D.

Kanye West, qualunque album o canzone: è semplicemente un genio!

George Michael con ‘Amazing’ o ‘Flawless’ e altre cento

-Qualunque brano dell’universo GOLFWANG con Tyler, the Creator, The Internet: consiglio a tutti Steve Lacy e Rex Orange County.

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Shirt, pants and boots all by Versace

THOMAS COSTANTIN

Brand del calibro di Gucci, Moschino, Valentino e Dior lo hanno già intercettato: è uno dei nomi più in voga tra i dj milanesi. Comincia a suonare a soli 17 anni e oggi è diventato resident al Plastic, il più famoso club milanese, dove con il suo sound sofisticato ed elettronico a tinte vintage anima tutti i sabati sera. Ha deciso di diventare dj per ascoltare la musica prediletta e spesso anche composta. Sotto il suo pseudonimo THO.MAS ha lanciato un remix di Giant Steps del duo Mangaboo (Francesco Pistoi\Giulietta Passera), nel 2018 il suo primo EP: Fire a cui hanno collaborato artisti del calibro di Jerry Bouthier e i B-Croma. A marzo 2019 uscirà il suo primo album “Variations” , con 14 pezzi inediti , dove si troveranno collaborazioni con artisti come Leo Hellden (Tristesse contemporaine / camp claude) ed Air! Capitaine . Sono previsti due video e qualche data live , la prima come presentazione del disco.

Printed silk shirt by Valentino

I classici della tua playlist?

Atoi – The Fight
B-52’s – Song for a Future Generation
Bicep – Just
Cheers Elephant – People
The Knife – Pass This on

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Photos by Simon

In copertina: Sahariana jacket and sneakers Adidas Y-3, denim jacket and jeans by Trussardi

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Da Istanbul a Londra, la capsule di DB BERDAN x ASOS

Il brand DB BERDAN ha appena lanciato una capsule collection per la primavera/estate 2019 in esclusiva con il colosso dello shopping online ASOS. La collaborazione prende ispirazione dalle origini culturali del brand, mixate con elementi che richiamano gli anni 90.

Tra le grafiche usate per la realizzazione dei capi della collezione c’è il logo DB BERDAN ripetuto numerose volte, la riproduzione dell’opera contemporanea “Gods, Monster and Men” dell’artista turca Murat Palta e la raffigurazione della divinità Umay Ana, entità dal doppio genere sessuale, sia maschile che femminile. Umay Ana è anche la rappresentazione del dio della guerra durante le ore diurne mentre la sera è una figura materna nonché dea dell’amore. Una dualità su più fronti che richiama gli ideali del brand.

Forme e tessuti sono ispirati ai look comodi dei college. Tanto denim, cotone e nylon mischiati tra loro per creare qualcosa di diverso, in contrasto ma mantenendo una certa armonia. La silhouette è oversize su molti dei capi presentati per rispecchiare anche l’animo streetwear del brand.

La collezione del marchio è già disponibile sul sito di ASOS con prezzi che vanno dai 55€ per le gonne ai 220€ circa degli abiti.

DB BERDAN è inoltre un brand streetwear contemporaneo molto attento ai temi di attualità. La sua filosofia non si lega alle due classificazioni di genere e ha l’aspirazione di poter gestire una comunità di persone dalla mente aperta che non crea distinzioni per via del sesso, etnia o orientamento delle altre persone. L’influenza di Londra e della sue subculture si rivede nell’azioni del brand che è molto attivo per supportare le cause in cui crede. È un forte sostenitore della comunità LGBTQ e proprio quando ad Instabul fu vietato il Pride, il designer usò la propria sfilata come canale di protesta.

 

 

 

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THOM BROWNE: LO STILISTA DELLO SPORT

E’ un legame forte e autentico quello che lega Thom Browne al mondo dello sport. Dopo aver vestito il cestista statunitense LeBron James e la squadra dei Cleveland Cavaliers, ora il designer è impegnato nella realizzazione delle divise formali della squadra di calcio del Barcellona.Inoltre di recente ha anche lanciato una capsule collection dedicata al golf, che sviluppa la serie a tema sportivo introdotta per la prima volta dalla Collezione Tennis.
Come racconta lo stesso Thom Browne: “Vengo da una grande famiglia in cui tutti sono stati coinvolti nello sport. E’ stato da sempre parte della mia vita. Quando eravamo piccoli, i miei fratelli e sorelle giocavano a basket e a baseball. Io e mia sorella praticavamo il nuoto. Io stesso corro ogni giorno. Lo sport è parte della mia vita. Gli atleti professionisti sono per me una grande fonte di ispirazione. Aspirano tutti a essere la versione migliore di loro stessi, come ad esempio LeBron James o Rafael Nadal. Il percorso di coloro che riescono a diventare veri campioni è davvero stimolante “.

Thom Browne

Il marchio è cresciuto molto negli ultimi anni grazie a una direzione molto precisa che ha ridefinito il codice dell’eleganza maschile con nuove proporzioni: maniche della giacca e rever più corti del solito, slim fit, shorts al posto dei pantaloni sartoriali per confezionare un completo elegante, orli e pieghe dei pantaloni stranamente alti. E poi le collaborazioni dedicate allo sport unite a un linguaggio spesso di rottura, come si vede nei suoi show spettacolari. Dal 2016 Rodrigo Bazan è diventato CEO di Thom Browne, sviluppando una strategia che ha portato il brand a crescere sui mercati internazionali tanto da diventare appetibile per un gruppo come quello di Ermenegildo Zegna, che ha di recente acquistato la quota di maggioranza della società all’85%, con Browne come unico shareholder. Bazan, nato in Argentina da padre spagnolo e madre italiana, vanta un percorso davvero importante in aziende del Gruppo Gucci, poi come direttore finanziario di McQueen, a Londra (a soli 27 anni) fino ad arrivare a dirigere gli affari europei di Marc Jacobs e alla direzione nel 2010 di Alexander Wang. Per Thom Browne ha creato una strategia di espansione che vede al centro il collegamento diretto con il consumatore. Oggi grazie alla sua esperienza il marchio è disponibile in 300 punti vendita nel mondo per l’uomo, e 200 per la donna. In termini di negozi, tra flagship store e concessioni in Giappone o in Corea, l’azienda conta ora ben 29 monomarca.

Rodrigo Bazan

“Il successo di Thom Browne raggiunto nei primi dieci anni ha lasciato tutti senza parole, non si faceva altro che parlare di lui. La creatività, l’artigianato, l’alta qualità del prodotto, la consistenza. Tutti messaggi molto chiari. Ho trovato una situazione unica da cui partire. Per crescere ho pensato a un sistema direct consumer tramite negozi monomarca e online store. Una strategia omnichannel capace di preservare le caratteristiche del prodotto. Abbiamo imparato molto dal retail. Creatività, espressione del marchio e prodotto sia nell’ uomo che nella donna. Ora l’obiettivo è portare i fatturati uomo e donna allo stesso livello. E poi ho implementato la comunicazione con forte attenzione al digital, un altro pilastro molto importante“ ha dichiarato Rodrigo Bazan.

E sulle diverse collaborazioni con il mondo dello sport spiega lo stesso Bazan: “Thom nutre una grande ammirazione per gli atleti, che per lui sono quasi più importanti delle celebrities. Quando facciamo loro indossare il completo sartoriale Thom Browne nasce un contemporary look dal risultato perfetto. Lo stesso quando abbiamo vestito i giocatori del Barcelona. Per noi vestire gli atleti è stata la dimostrazione che i capi andavano oltre ciò che si vede in sfilata. Le collaborazioni sportive di non sono guidate da un marketing plan. Nel caso di LeBron James tutto è nato da un incontro con l’NBA. Nel caso del Barcellona ci hanno contattati loro perchè erano alla ricerca di un partner. E la loro cultura di vincere come team è molto simile a quella di Thom. Ci interessava dare priorità ai giocatori e alla squadra.Oggi i giocatori li vestiamo anche nella vita privata. E gli atleti sono perfetti ambassador. Per quanto riguarda il golf e il tennis, sono due sport molto cari a Thom. Per il Salone del Mobile aveva creato una collezione capsule da tennis che ha avuto un enorme successo. Poi da un viaggio in Corea è nata l’idea del golf”.

Oggi il brand, grazie all’acquisizione del Gruppo Zegna, che sostiene a pieno la strategia sviluppata da Bazan, ha tutte le carte in regola per conquistare il mercato menswwear, anche grazie al distillato equilibrio tra sportswear e tailoring di nuova generazione.

 

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