FEDEZ X BERSHKA

Misunderstoood è il nome della nuova capsule collection disegnata da Fedez, icona della musicale italiana, per Bershka. La collezione si ispira al look rétro degli anni 90: colori, tatuaggi e sport sono gli immancabili protagonisti. Fedez ha voluto in qualche modo rappresentare il mondo attraverso i suoi occhi, per questo ha scelto capi comodi: magliette, giubbotti, felpe in cotone, basati su uno stile molto streetwear, ma non solo capi, anche accessori.
La parte grafica ha visto la collaborazione di El Monga, un famoso tatuatore argentino residente a Barcellona riconosciuto a livello internazionale nel mondo dei tatuaggi per i suoi famosi disegni. I suoi disegni rappresentano la parte colorata di questa collezione così urbana e innovativa trasformando i tatuaggi originali in grafici ricamati che fanno da stampa su vari capi come maglie e giubbotti.

®Riproduzione Riservata

VINYL, MON AMOUR

GALACTIC SUPERMARKET RECORDS

Non più solo per gli estimatori del suono pulito e fresco, non più solo per i nostalgici che non riescono a dimenticare il loro passato, ma nemmeno solo più per i modaioli che, pur di stare al passo con quanto impone il mercato, si comprerebbero qualsiasi cosa. Per la prima volta in UK, con la fine del 2016, le vendite di dischi in vinile hanno superato il download e l’acquisto di album digitali. È solo il cielo della Regina a dar voce a queste ispirazioni? Pare di no. Sembra proprio che il vinile, per alcune delle etichette discografiche più importanti e anche per le generazioni più giovani, sia la strada maestra per tornare alla musica genuina, quella dei suoni liquidi, quella da collezionare, con l’inconfondibile rumore di fondo e un profumo tutto suo. Vero è che per alcuni musicisti la tecnologia del digitale può, invece, essere la chiave giusta per raggiungere la perfezione sonora. Uno su tutti, ad esempio, Neil Young, che ha lanciato sul mercato la sua proposta anti-vinile con un’ottima campagna di Kickstarter (5 milioni di dollari raccolti): Pono, ossia un lettore digitale con una risoluzione fino a 30 volte migliore rispetto a un mp3.
Sono, però, tanti gli artisti che hanno cominciato ormai da qualche anno a riportare il disco nero alla ribalta: Daft Punk, Adele, Ed Sheeran ad esempio, o Jack White che ha venduto negli USA in solo una settimana 40mila copie di un 33 giri. Diversi nomi altisonanti del panorama musicale internazionale, sempre più spesso, decidono di pubblicare sia in digitale che in analogico, alcuni addirittura sono già pronti a scegliere solo il secondo: voci di corridoio infatti, hanno recentemente fatto trapelare la notizia dell’uscita di un nuovo singolo in formato 45 giri, firmato The Smiths, che dovrebbe contenere due tracce mai pubblicate, un demo di “The Boy With the Thorn in His Side” e una nuova versione di “Rubber Ring”, una vera chicca per i fan del gruppo.
Sebbene rimangano gli scettici, il successo del vinile sta diventando sempre più una realtà solida, tanto da aver dato vita a nuove classifiche, Italia inclusa, e da aver dato libero sfogo a nuovissimi progetti commerciali. Su tutti, Vinylify, una startup olandese che ha pensato bene di usare un supporto storico, come il disco nero, per qualsiasi tipo di musica e, soprattutto, trasformare questo processo in qualcosa di romanticamente democratico: chiunque, infatti, può inviare le proprie canzoni digitali preferite, per vedersele tornare su un nuovissimo e personalissimo vinile da collezione. D’altronde, se nel 2014 “The Endless River” dei Pink Floyd è stato il disco venduto più velocemente dal 1997 e se ancora oggi quelli dei Led Zeppelin, ça va sans dire, primeggiano nelle classifiche, si tratta di un ottimo piano di business e di un atteggiamento lungimirante, non di pura follia né di strascichi di amarcord.
Intorno a ritrovi come Vinilmania a Milano, che con i suoi 30 anni di storia e 84 edizioni alle spalle continua a essere un punto di riferimento per gli appassionati di prime stampe e rarità; o case di produzione come Phono Press, anch’essa italiana e sul mercato da oltre 30 anni, che recentemente ha spostato la propria sede per fronteggiare l’aumento delle richieste (da 1.000/2.000 dischi al giorno a una produzione attuale di 6.000), la community virtuale ha creato anche delle piattaforme digitali, come VinylHub, per la mappatura mondiale di negozi, concerti ed eventi legati al mondo del vinile. Insomma, una dichiarazione d’amore che risulta paragonabile a quella degli instancabili difensori del libro.

WORLD VYNIL SPOT
SUBWAX BCN, BARCELLONA
Negozio di dischi, ma anche etichetta discografica, società di distribuzione e agenzia musicale. Specializzata in musica elettronica, reggae e dub, questo piccolo paradiso musicale alla Barceloneta conta circa 10.000 vinili di seconda mano.

RM360, SEOUL
Aperto nel 2011, questo piccolo negozio è un punto di riferimento per la variegata collezione di vinili di seconda mano che spaziano dal jazz, al soul, funk fino all’hip-hop degli anni ’80. C’è anche una sezione dedicata alla musica coreana e una selezione di nuovi dischi, soprattutto hip-hop e funk moderno.

GALACTIC SUPERMARKET RECORDS, BERLIN
Con un inventario di circa 35.000 dischi, questo negozio berlinese è un viaggio attraverso qualsiasi tipo di musica. Per fortuna è organizzato per sezioni, nomi artisti e sotto generi. Da non perdere lo spazio sul soppalco.

CARBONO, LISBONA
Inaugurato nel 1983, è un classico. Con una chiara attitudine per la seconda mano, qui si può trovare un po’ di tutto, anche se indie e rock sono particolarmente ben rappresentati. Consigliata una visita alla cantina.

RECKLESS RECORDS, CHICAGO
Origini londinesi per questa Mecca del sound, con una forte presenza negli ultimi 2 decenni. Titoli rari, consigli e indicazioni per acquistare solo il meglio del meglio della storia della musica.

BOUNCE AUDIO, MELBOURNE
Nuovo sulla scena australiana, questo negozio è la meta per chi cerca dischi di seconda mano da collezioni di DJ, soprattutto per il funk e il soul.

®Riproduzione Riservata

Intervista a: Travis Scott

Jacques Webster, alias Travis Scott, non è un uomo di molte parole, ma quando parla arriva dritto al punto, così come le sue canzoni, che scalano la vetta delle classifiche di tutto il mondo. Il suo nuovo album, Birds in the Trap Sing Brian McKnight è costituito da forti melodie e importanti contributi vocali, con i Weeknd, Young Thug, Cassie, Kid Cudi, un grande mentore per Travis insieme a Kanye West, ai Swizz Beatz, Bryson Tiller e altri del calibro di Kendrick Lamar e Andre 3000. Ha prodotto un album con una missione ben precisa: soddisfare i fan con la sua trap music, un genere di rap accelerato, cui è stato egli stesso uno dei primi fautori insieme al gruppo di rapper di Atlanta Migos, Young Thug e Gucci Mane. La copertina dell’album, scattata niente meno che da Nick Knight, mostra Scott come un personaggio a metà strada tra un uccello e un angelo caduto, avvolto nel fumo bianco intento a fare qualcosa di maestoso. Non è più il pupillo promettente o un prodotto confezionato del settore, è finalmente pronto a volare libero e a diventare il prossimo storyteller nella musica rap. Spesso ha a che fare con la moda, (è amico di Riccardo Tisci) e ha recitato nel recente film di Yves Saint Laurent, per la collezione primavera/estate 2017, disegnata da Anthony Vaccarello nel quale indossa un abito che prende fuoco irradiando fiamme, elemento che fa riferimento al suo soprannome, “La Flame“. Ci siamo avvicinati a questo personaggio a tratti schivo, per svelare le sue passioni, che comprendono anche il design, l’architettura e, inaspettatamente, la medicina.

Qual è il tuo rapporto con la moda?
Credo che sia interessante, è qualcosa che fa parte di me, perché mia madre lavorava nella moda e penso che questo abbia contribuito a farmela scoprire sin da piccolo.

Come definiresti il tuo stile? La musica fa rima con lo stile?
Il mio stile non ha confini, rappresenta sempre quello che sento. Personalmente ritengo che la musica sia un’estensione di te e deve abbinarsi al tuo stile.

Come ti sei approcciato al fashion system?
Ho proposto qualcosa che non c’era, un genere nuovo: la musica trap, un rap più adatto ai party. Il primo successo lo devo al mixtape “Days before Rodeo”, poi hit come Skyfall sono diventati dei tormentoni. Ho iniziato ad esibirmi durante la New York Fashion Week e a Parigi, per suonare alle feste di Alexander Wang, Givenchy, Adidas e altri.

Molti artisti collaborano con gli stilisti. Vorresti creare il tuo marchio di moda?
È un’idea interessante, ma mi sto concentrando sulla musica. Sto facendo delle collaborazioni con altri designer. Con Helmut Lang apriremo dei negozi alla fine di gennaio. Sto lavorando alla progettazione delle mie collezioni Travis Scott.

Puoi raccontarci qualcosa del tuo ultimo album?
Birds è il modo in cui mi sentivo nel momento in cui stavo componendo, mi sentivo male, stavo facendo un album contro tutto e tutti. Volevo far sapere alla gente  dove mi trovavo in quell’istante. Adesso mi sento come se mi fossi tolto un peso dallo stomaco, più leggero, pieno di energia per il 2017. Ora mi sento al posto giusto e nel momento giusto.

Qual è la tua canzone preferita di tutti i tempi, e perché?
Mi dispiace davvero per MANINTOWN, ma è impossibile rispondere. Ho troppe canzoni preferite!

Il palco richiede un sacco di energia, qual è il tuo segreto per essere sempre al meglio?
Ho solo un segreto: tantissima Sprite. Ha un sapore così buono, che mi fa andare avanti.

Come interagisci con il tuo pubblico?
Il mio atteggiamento è molto accogliente. Sono molto riservato e protettivo con i miei fan, mi relaziono con loro, ciò che mi interessa è farli divertire, soprattutto durante i concerti dal vivo, mi piace fare di tutto per essere il più vicino possibile a loro.

Quali sono le tue influenze musicali?
Un sacco di musica psichedelica, rap duro, beat che catturano la mia attenzione.

Chi consideri il tuo mentore?
Direi che tutti i miei amici più cari di oggi sono stati i miei mentori, ma ho un paio di figure ispiratrici, quali Kid Cudi e Kanye West.

Cosa rappresenta West per te?
Kanye è uno dei miei migliori amici, è una figura importante nella mia vita e continuo a imparare molto da lui, ogni volta che ci incontriamo.

Chi sono i tuoi artisti hip hop emergenti preferiti?
Made in Tokyo e 21 Savage – è stato bello averli nel mio album.

Vorresti essere un mentore per alcuni di loro?
Sono sempre disponibile ad aiutare gli altri artisti, cerco sempre di farlo.

Quando hai deciso di diventare musicista?
Quando ero un ragazzino, ho sempre voluto fare musica, ho preso da mio padre.

Cosa sognavi di diventare quando eri più giovane?
Volevo essere nefrologo, un medico specializzato nella cura dei reni e delle malattie renali.

Dove vuoi arrivare in futuro?
Voglio continuare a fare grandi tour, sperimentare nel mondo del design e dell’architettura. Crescere sempre di più. Senza limiti.

®Riproduzione Riservata

 

Photographer: Mike Piscitelli
Fashion Stylist: Nicolas Klam                        
Stylist Assistant: Ali Miller
Groomer: Phil Brown
Shot at the Mondrian, Los Angeles

LE COQ SPORTIF & PARTYFINE: Partnership D.o.c

Le coq sportif presenta una nuova collaborazione con l’etichetta musicale francese Partyfine.
La LCS R800 è stata declinata per l’occasione in un’elegante versione monocromatica.
Sia l’etichetta che il brand parigino hanno voluto creare una sneaker mixando lo stile minimalista, tipico di Partyfine, unendolo al fascino del modello LCS R800, dai dettagli raffinati.
Lo stile rimane minimal: suole interne ed esterne in gomma creano un contrasto con il monochrome, inoltre la suola interna è realizzata in pelle di alta qualità, con i loghi Partyfine e le coq sportif a rilievo. Ciascun paio di LCS R800 sarà accompagnato da un cartellino per il download di un mix esclusivo delle tre più recenti compilation di Partyfine.

www.lecoqsportif.com

@Riproduzione Riservata

British Rock

No, non è morto. Soprattutto quello inglese che, di nuovo, si conferma una certezza. E’ come se nelle vene british scorresse un sangue diverso, più ruvido, dai toni più psichedelici che si equilibrano con lunghi giri di chitarra. Dunque, il rock non è morto. Per fortuna.
Abbiamo tutti nelle orecchie i suoni dei The Rolling Stones, dei The Beatles e anche dei The Clash e dei mitici The Who, ma oggi sono da tenere d’occhio i Slydigs: giovane band di amici – veri – che arriva da Warrington, cittadina nel mezzo della Gran Bretagna, tra Manchester e Liverpool, dove l’accento è più stretto e lo slang più acceso.

Nato sulle radici della disperazione industriale inglese, quella in cui solo l’amore per la musica può salvare quattro compagni di scuola, questo gruppo si è formato sulle note dei big del rock, del blues e del folk. Li abbiamo incontrati prima che aprissero il concerto dei The Who a Milano e prima che dimostrassero di sapere tenere benissimo un grande e palcoscenico e un pubblico esigente come quello per i The Who. Ecco come è andata.

Seduti su tre grandi divani di pelle un po’ sgualciti, l’intervista assomiglia di più a una chiacchierata in un pub della periferia inglese. Sono spontanei, allegri e hanno le idee molto chiare sia parlando di musica che di stile. Si sovrappongono, ridono e ognuno ha qualcosa da dire. Esattamente come degli amici davanti a una pinta di birra.

“La nostra ispirazione viene prima di tutto dai grandi nomi, dal rock degli anni ’60 e ’70 ed è da lì che partiamo” ci dice Dean (chitarrista e voce) dietro ai suoi RayBan scuri, “Sì, ma abbiamo anche dei punti di riferimento oltreoceano, come i Kings of Leon, soprattutto per i primi lavori, o Jack White, oppure per tornare in Europa seguiamo molto gli Artic Monkeys conclude Ben (bassista e seconda voce). Come nella storia del rock, anche i testi degli Slydigs raccontano storie, descrivono vite: sono Louis (chitarrista e voce) e Dean a scrivere le canzoni, ad avere le idee e a portarle nel gruppo finché, insieme, non viene trovata la versione migliore di ogni brano. Qualche accento di psichedelia, molto ritmo, toni blues e una leggera intonazione folk: questa la ricetta della band. “Se ascolti con attenzione, puoi sentire un po’ di folk, appena nascosto, è proprio il nostro carattere” conferma Louis infatti. Estremamente attenti al rapporto con il loro pubblico, sanno benissimo che oggi un artista deve essere presente online ed essere vero, per questo la loro pagina Facebook è sempre aggiornata e ci tengono personalmente a curarla: “Quando i nostri fan arrivano ai nostri concerti pensano di conoscerci già, vogliono vedere l’artista, quello con cui hanno parlato online. E’ importante esserci online, ci piace molto, non ci sentiamo obbligati anzi!”
Lo stile, nell’abbigliamento come negli accessori, per questi quattro ragazzi è molto british, ma c’è qualcosa anche di country, ad esempio in Peter (batterista). “L’immagine che dai all’esterno è molto importante. Non è solo musica, come artista devi dare alla gente qualcosa in cui credere. Ognuno di noi ha il suo stile, l’importante è che ognuno si senta comodo e a suo agio.” afferma Dean, ma poi è di nuovo Ben a sdrammatizzare l’affermazione del suo amico: “Non possiamo fare musica figa che va in radio, e poi la gente ci vede, viene ai concerti, e scopre che non abbiamo stile…faremmo ridere, no?!”
Per questo, e non solo, si sentono ancora più onorati e estasiati per essere stati scelti la seconda volta dai The Who come gruppo d’apertura: “E’ una delle band alle quali ci ispiriamo, sono stati, e sono, un simbolo e non solo per la musica che hanno scritto, ma proprio per il messaggio e l’immagine che hanno trasmesso alla folla” insiste allora Louis. Ma basta la frase di Ben che fa scoppiare tutti a ridere, noi compresi, a mostrare la spontaneità e la genuinità di questa band “Suonare prima di loro è semplicemente fucking monumental!”

www.slydigs.co.uk

@Riproduzione Riservata

the alpines

Gli Alpines, il duo formato da Catherine Pockson e Bob Matthew, sono una band che fa capo a nuova wave di pop britannico. Tra i loro fan ci sono artisti del calibro di The xxThe Maccabees e Florence Welch, e per molte buone ragioni. ‘Completely’, l’ultimo singolo è sicuramente una delle canzoni più sofisticate mai realizzate ad oggi, capace di mostrare, ora più che mai, una creatività senza limiti. Nella nuova lirica targata Alpines, la strada intrapresa è quella di un sound più sperimentale e raffinato che trascende definizioni di genere, in un equilibrio bilanciato tra appeal commerciale e sensibilità melodica, fatta di vocalizzi decisi e immersivi che si incontrano con una musicalità incalzante. La band è anche tuttavia spesso a contatto con il mondo della moda, avendo collaborato con brand All Saints, Paul Smith, Urban Outfitters, e magazine com Madame Figaro.

Li abbiamo incontrati per parlare di una canzone intensa dalle atmosfere ipnotiche e del loro stile ricercato e anti-convenzionale.

Perché il nome “Alpines”?
Farà sorridere ma entrambi amiamo la montagna. Uno dei nostri primi viaggi on the road è stato sulle Alpi ed è dopo essere tornati che abbiamo battezzato il nostro nome. Gli “Alpines” sono piccoli fiori che vivono in alte quota sui monti e sono incredibilmente resistenti, capaci di sopravvivere anche in condizioni estreme. Ci siamo fatti trasportare da questo simbolismo e dalle emozioni scaturite da un luogo magico. E proprio in quei momenti e per il significato che questo nome ci sembrava calzare a pennello.

La vostra musica viene influenzata da…?
Da ogni musicista e canzone che ci piace. Dalle persone che ci circondano e che amiamo e dai paesaggi. La Natura, con i suoi suoni e colori, è una fonte inesauribile d’ispirazione.

Le vostre icone musicali?
Bob: Brian Eno e D’Angelo.
Catherine: Prince ed Erykah Badu.

La vostra canzone preferita di tutti i tempi?
Bob: “Something” dei Beatles.
Catherine: “Blowing In The Wind” di Bob Dylan e “When Doves Cry” di Prince. 

Le cose positive e negative di fare parte di un duo?
Ci sono molti aspetti positivi,  hai sempre una cassa di risonanza e questo significa che puoi mantenere lo slancio e portare avanti le attività in maniera congiunta. Siamo così fortunati che tra di noi possiamo ricreare l’intero mondo del suono e del visual che vogliamo associargli. Significa che lavoriamo veramente tanto e non siamo per niente bravi a ritagliarci tempo libero o vacanze. L’unico aspetto negativo è che alcune volte può diventare veramente dura essere solo in due nella band, anche per questo è tuttavia fantastico suonare dal vivo, perché abbiamo le nostre parole chiavi per comunicare tra noi, quando per esempio deve partire una batteria ed espandere la dinamica musicale. 

Ci potete parlare del vostro stile? Quanto impegno mettete nella vostra immagine?
Supponiamo che il nostro stile possa essere definito in termini semplici come minimal, leggero e strutturato. Al momento non stiamo incorporando molti colori, riguarda più la silhouette, linee forti e fantasie stampate. Pensiamo molto alla parte visual della band. Vogliamo dare l’idea di un look che va a tempo con la velocità del nostro sound, così che si complementi l’uno con l’altro. Quando scrivevamo l’album avevamo una lavagna per i mood che includeva molte immagini di paesaggi desertici, architettura Bauhaus, edifici di Mies Van Der Rohe, collezioni di Alexander Mc Queen, lavori d’arte di Pierre Soulages e foto di Ansel Adams e molto altro! Siamo ispirati dall’arte e dalla ricerca iconografica che sono una parte importante per lo sviluppo del nostro sound e dello stile. 

Tra le vostre tracce quale scegliereste per diverse occasioni, a cosa vi fanno pensare?
Completely – Questo è il nostro ultimo singolo e lo suonerei mentre si guida verso un’uscita serale, riguarda l’abbracciare la verità di una situazione lasciandoti andare, rendendoti completamente vulnerabile con qualcuno.
No Other Lover – questa è una di quelle che suonerei per fare ballare la gente
Oasis – questa la suonerei d’estate quando il sole tramonta con gli amici intorno a bordo piscina, bevendo un cocktail e godendosi il momento.
Chances – questa è una di quelle che suonerei alla fine di una serata. Avete presente quel momento in cui tutti se ne sono appena andati a casa? Ha un umore che si addice a quella situazione. Parla che di quegli attimi in cui bisogna prendersi il rischio di stare con qualcuno pur sapendo che il sentimento potrebbe non essere corrisposto. Amiamo anche il remix che ne ha fatto Cyril Hahn.
Saviour – questa canzone parla di speranza e della capacità di accettare qualcuno che ti aiuta in periodi difficili.

www.alpinesmusic.com
@Riproduzione Riservata