After Life, la serie di Netflix acchiappalike


After Life, la serie di Netflix acchiappalike 

Dal cattivissimo Ricky Gervais che spara a zero su tutti senza limiti di età, sesso e circostanze, ci si aspettava una serie un po’ meno paracula. Se sul palco dei Golden Globes crea costanti imbarazzi a cui fa spallucce, sul set di “After Life” Ricky Gervais che è attore, sceneggiatore e regista, ha preso la via facile, troppo facile dello strappalacrime alternato al suo apprezzatissimo sarcasmo. 

Il protagonista di “After Life” è Tony, cronista di un quotidiano locale, un giornaletto dove vengono riportate notizie inutili e stupide: un bambino che suona il flauto con le narici, un uomo che riceve cinque biglietti d’auguri identici per il suo compleanno, un inquilino che ha sul muro una macchia somigliante a Kenneth Branagh…e che vengono impresse dal fotografo della redazione, un obeso ossessionato dal cibo che scatta con la sua macchinetta compatta. A completare il “team sfigati”, una zitella innamorata del capo, tutta occhiali ed oroscopo, una stagista convinta di poter imparare qualcosa, un direttore delle favole che vede il buono ovunque, che non accetta la cruda realtà e che si fa salvatore unico del cognato, il vedovo Tony. Perchè tema fondamento della serie è la vedovanza del protagonista, che ha perso ogni voglia di vivere dopo la morte della moglie, andatasene per un maledetto cancro. 

Della prima stagione amiamo lui, tutti, indiscutibilmente, è sarcastico, caustico, freddo, diretto, crudele, odia tutti, è misofono, si droga perchè non ha nulla da perdere, ma resta in vita perchè ama il suo cane, anche se lo definisce come “l’essere più inutile che ci sia”.

Se il tono rimanesse quello cinico che arriva, che diverte, quello che smorza la drammaticità della storia (la morte della moglie, il cancro, l’Alzheimer del padre, un lavoro poco stimolante), se ci fossero più personaggi in linea col protagonista come lo psicologo maschio alfa che solo nel branco si fa forza e ridicolizza i suoi pazienti, nonostante sia volutamente grottesco, ipocrita e dal linguaggio “dirty”, allora avrebbe avuto una certa coerenza. Invece si scade, nella seconda stagione, con la banalità dei dialoghi acchiappalike, con il conforto di una vecchina incontrata al cimitero davanti alla tomba accanto a quella di sua moglie, a reggersi il fazzoletto a vicenda; con l’amicizia dei reietti, la prostituta, il drogato, tanti clichè che smorzano la forza della comicità e banalizzano il dramma, che invece è vita vera. 


Con questi trucchetti è difficile piangere, piuttosto si storce il naso perchè da un genio della stand-up comedy ci si aspetta di più che un libretto alla Baricco, quello che piace a tutti perchè è facile che piaccia la poesia, il buonismo, il volemose bbene. 
Per cui chiediamo a Ricky Gervais di tornare ad essere se stesso, che magari si guadagna di meno, ma si ritorna ad essere coerenti e giudicanti anche nei confronti della propria fidanzata, proprio come piace a noi!


Le mie battute sono imbarazzanti per gli altri. A me imbarazza moltissimo guardare un reality tipo Grande fratello, soprattutto quando due scemi flirtano. Mi viene da scappare dalla stanza, anche se la mia fidanzata non me lo permette perché a lei invece piace. Insomma, ognuno ha i suoi gusti“.

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