Il nuovo film di Alain Ughetto: “Manodopera – Vietato ai cani e agli italiani”

Arriva in sala il 31 agosto il premiatissimo film in stop-motion di Alain Ughetto, con le emozionanti musiche di Nicola Piovani: Manodopera – Vietato ai cani e agli italiani.
L’arrivo al cinema con Lucky Red sarà accompagnato da un tour di proiezioni con il regista e una mostra al museo della Migrazione italiana di Genova, aperta dal 5 agosto.

Piemonte, inizi del ‘900. La speranza di una vita migliore spinge Luigi Ughetto e sua moglie Cesira a varcare le Alpi e a trasferirsi con tutta la famiglia in Francia. Il regista Alain Ughetto ripercorre la sua storia familiare in un dialogo immaginario con la nonna. L’animazione in stop-motion racconta la vita degli emigrati italiani mettendo in scena un racconto fresco e poetico.
Questo, in poche righe, la storia di Manodopera – Vietato ai cani e agli italiani. Un film d’animazione che racchiude un mondo fatto di minuzioso lavoro manuale, di sentimenti, di ricordi, di pezzi (tanti) di una storia dimenticata. Cancellata.
Sulla sommità del Palazzo della Civiltà italiana, nel quartiere Eur di Roma, si legge: “Un popolo di poeti di artisti di eroi di santi di pensatori di scienziati di navigatori di trasmigratori”.
Ed è di quel popolo che parla Manodopera – vietato ai cani e agli italiani. Non di quei “trasmigratori” che tanti film ci hanno restituito, provenienti dalle regioni meridionali, ma di quelli di quel nord che vogliamo raccontare solo ricco e industrializzato.
Quel popolo che, come Annibale, varca le Alpi a piedi, sotto la neve, perché “quest’inverno non c’è cibo per tutti”, dice un tenerissimo pupazzo animato.

Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani
Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani

La vita degli emigrati italiani raccontata dai pupazzi animati

Pupazzi innocui, quelli di Ughetto, che narrano di emigranti – perché questo eravamo prima dell’avvento del politically correct – così come raccontati sui giornali svizzeri, belgi o francesi: «quello che caratterizza il lavoratore italiano è la sua adattabilità…questi operai non hanno dignità personale…chinano la testa e obbediscono». Non eravamo senza dignità, solo affamati: da popoli occupanti prima e da dittatori dopo.
Ieri come oggi, solo che noi non dovevamo neanche attraversare il mare o il deserto. Bastava varcare il confine per andare a costruire la ricca Europa del nord, scavare tunnel, morire in miniera (“Chi era? Era un italiano” – dice un piccolo minatore di plastilina sopravvissuto a un’esplosione).
Mandando bambini, i nostri, di dieci anni, al mercato per essere acquistati da famiglie bisognose di lavandaie e garzoni.
Quello che Alain Ughetto fa rivivere è una storia di una dolcezza infinita, un dialogo transgenerazionale, il recupero delle origini. Le sue, le nostre, quelle di chi migra ancora oggi.
Un passato vecchio di appena cento anni, dimenticato, lasciato alle spalle, come il Cristo appeso a una parete voltato verso il muro: un Cristo che si è voltato dall’altra parte. Il prete del povero villaggio raccontato come lo sceriffo di Nottingham di disneyana memoria. Le suore sponsor del fascismo. «Ho scoperto che mio nonno non è che amasse molto i preti» – ci risponde Ughetto durante la nostra intervista.

Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani
Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani

«Ho usato la tecnica della stop-motion perché permette di far vedere l’importanza del lavoro manuale»

Manodopera – vietato ai cani e agli italiani è un’ora di poesia, per non dimenticare quando a vedersi rifiutare un affitto eravamo noi e non i neri; quando a non poter entrare in un locale erano gli italiani cristiani e non gli italiani ebrei; quando gli immigrati da trattare come bestie eravamo noi.

Il cartello – ci spiega Ughetto – veniva esposto in diversi bistrò in Francia, Belgio e Svizzera. Era il segno di un’epoca e ci tenevo a mostrarlo e a costruire una scena intorno a quel cartello. Mi sono immedesimato nei panni dei miei nonni, chiedendomi come avessero potuto sopportare di arrivare in un posto e veder scritto su un cartello “vietato ai cani e agli italiani”. È lo stesso razzismo che è ancora tra di noi oggi.

Manodopera è una sorta di racconto attorno al fuoco. Testimonianze che passano letteralmente dalle piccole mani di plastilina dei nonni a quelle vere di Ughetto grazie all’animazione in stop- motion.

Ho usato la tecnica della stop-motion perché permette di far vedere l’importanza del lavoro manuale. Mio nonno era un bricoler, faceva tante cose con le mani, era bravissimo ed è un talento che ha trasmesso a mio padre e mio padre a me. A questo film hanno partecipato tantissime mani dalla Spagna, dal Portogallo, dalla Svizzera, dall’Italia, dalla Francia. Tante mani insieme che hanno realizzato il film che avete visto. 

«È importante sapere da dove si viene. È importante conoscere le proprie origini. Ora che lo so, sono contento non solo per me, ma anche per i miei figli e per tutti quelli che verranno dopo»

Il film ha una dedica: «Alla mia famiglia, alle famiglie costrette all’esilio per sopravvivere».

Sono il nipote di Cesira e Luigi e per questo ho deciso di essere una parte integrante del lungometraggio, anche se appare solo la mia mano. È una forma di rispetto e il mio modo per dire loro grazie. Se oggi sono qui e faccio quello che faccio è anche grazie a loro e a quello che hanno vissuto. 
È stato difficile trovare testimonianze dirette – continua il regista – Mio padre, come molti sopravvissuti all’Olocausto, non aveva voglia di ricordare quello che aveva vissuto durante la guerra. Una sola volta raccontò qualcosa, ma senza approfondire, e quella notte ebbe difficoltà a dormire. Tornare a ricordare quei momenti non gli aveva fatto bene. 
Quello che ho scoperto durante le mie ricerche è da dove vengo, quali sono le mie origini. È un lavoro che ho voluto fare non solo per me, ma per i miei figli e per i miei nipoti. È importante sapere da dove si viene. È importante conoscere le proprie origini. Ora che lo so, sono contento non solo per me, ma anche per i miei figli e per tutti quelli che verranno dopo.

Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani
Le riprese del film animazione Manodopera – vietato ai cani e agli italiani

«Il mezzo della stop-motion e l’uso di questi pupazzi, permette di andare verso la poesia. E aiuta anche a mantenere la distanza necessaria per raccontare questa storia»

Manodopera è un film d’animazione delicato e potente che emoziona, indigna e commuove senza impietosire, accompagnato dalle musiche evocative di Nicola Piovani.

Io ho un nonno italiano, ma la mia italianità familiare si ferma lì – racconta il regista – perché i miei genitori si sentivano completamente francesi. Sono stati la mia curiosità intellettuale e i miei studi a portarmi verso l’Italia, la sua cultura e il suo cinema. Quando ho deciso di fare questo film ho detto: sì, raccontiamo una storia triste e tragica, ma non in maniera pesante. Devo fare questo film un po’ alla Ettore Scola, che raccontava delle cose terribili con un umorismo elegante. Questo per me è il tratto distintivo dei film italiani: l’eleganza e l’umorismo nel raccontare anche storie difficili. Penso a Scopone scientifico, Brutti sporchi e cattivi, La strada. Questi sono stati i film con i quali sono cresciuto e che hanno nutrito la mia immaginazione.
Lavorare con Piovani, poi, è stato un sogno. Ascoltavo la sua musica e ho capito che volevo lui per accompagnare la mia storia. Gli ho scritto chiedendogli proprio questo: vorrei che tu mi accompagnassi musicalmente in questa avventura. Lui è rimasto un po’ sorpreso, dicendomi che non aveva mai fatto le musiche per un film di animazione. Ma ha accettato la sfida.  Nicola è un vero signore e lavorare insieme a lui è stato un sogno.

«Quando ho deciso di fare questo film ho detto: sì, raccontiamo una storia triste e tragica, ma non in maniera pesante»

E il pupazzo animato può essere un media che supera censura e pregiudizio?

Il mezzo della stop-motion e l’uso di questi pupazzi, permette di andare verso la poesia. E aiuta anche a mantenere la distanza necessaria per raccontare questa storia. Io volevo raccontare la storia di tre generazioni non di una e sicuramente, quando si parla di migranti, oggi lo si fa collegandosi all’attualità. Poi è ovvio che, attraverso la storia di uno, di una famiglia, si può arrivare a parlare di una collettività.

Locandina di Manodopera - vietato ai cani e agli italiani
Locandina di Manodopera – vietato ai cani e agli italiani

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