ALBERT WATSON E BLUMARINE. IN MOSTRA A CARPI LE STORICHE CAMPAGNE DEL MARCHIO SCATTATE DAL FOTOGRAFO SCOZZESE

Dal 7 aprile al 17 giugno i Musei di Palazzo dei Pio ospitano Fashion, Portraits & Landscapes, circa cento stampe originali in bianco e nero, fotocolor e look book che raccontano l’idillio creativo tra Blumarine e Albert Watson.

«In tanti anni che ci conosciamo, Anna Molinari è sempre stata glamorous. Sono sicuro che se anche la svegliassi alle tre di notte, riuscirebbe a essere meravigliosa e a non rinunciare ai tacchi alti». Albert Watson, fotografo scozzese tra i più amati e significativi, e Anna Molinari, fondatrice di Blumarine, se la chiacchierano da vecchi amici poco prima della presentazione ufficiale di Fashion, Portraits & Landscapes, la mostra organizzata a Carpi per raccontare le dodici campagne realizzate tra il 1987 e il 1992 da Watson per la maison guidata dal figlio di Anna, Gianguido Tarabini.
Dal 7 aprile al 17 giugno i Musei di Palazzo dei Pio ospitano un centinaio di immagini, per lo più originali in bianco e nero, stampati da Watson in persona in camera oscura, accompagnati da fotocolor e look book d’epoca che riportano d’un balzo i visitatori a quell’epoca gloriosa in cui la moda amava scommettere sulla creatività a briglia sciolta.

L’allestimento, ricco e compatto, merita la visita per come Watson riesce a costruire un legame consistente tra gli abiti, le modelle e l’ambiente che le circonda. Un intreccio che esula dalla pura fotografia fashion, per trasformarsi in un universo a tutto tondo, affascinante anche per chi di moda non è esperto.
L’exhibition è il naturale proseguimento dell’appuntamento di due anni fa quando, sempre a Carpi, era stato rivissuto il sodalizio tra Blumarine ed Helmut Newton, nel periodo compreso tra il 1993 e il 1999. «Siamo stati felici di esplorare il dialogo avuto a suo tempo con Newton», ha spiegato Molinari, «ma tra tutti, Albert è stato quello che meglio ha interpretato l’essenza del nostro marchio, fatto di romanticismo, seduzione e femminilità. È stata mia figlia Rossella Tarabini, ai tempi referente di Watson per le nostre produzioni, a lanciare l’idea di aprire l’archivio aziendale. Riprendere in mano queste stampe e rivederle tutte insieme per noi è stato molto emozionante».
La stilista ha poi ricordato alcuni momenti particolari vissuti sui vari set. «Abbiamo scattato a Los Angeles, in Scozia, Las Vegas, Londra, New Mexico, San Francisco, Napoli, Miami, New Orleans e Watson sapeva sempre creare una relazione tra i luoghi e la nostra moda. Quanto alle modelle, abbiamo avuto alcune tra le donne più spettacolari di quell’epoca, da Cindy Crawford a Nadja Auermann, Helena Christensen, Michaela Bercu, Naomi Campbell e Carré Otis. Queste ultime due le scattammo insieme a Venezia ed erano caratteri totalmente diversi. Naomi, in ritardo cronico e con qualche capriccio. Carré dolcissima e sempre pronta a mettersi in gioco sul set. Al tempo era ancora legata a Mickey Rourke, che ogni giorno le faceva recapitare una corona di fiori accompagnata da un biglietto in cui minacciava di ucciderla, una volta rientrata a casa. Lei era molto turbata, ma Watson la rassicurava e la faceva sentire protetta: è sempre stato un vero gentiluomo».

Watson dal canto suo, ha sottolineato la libertà d’azione garantitagli dal brand. «Nessuna di queste foto è stata sottoposta a post-produzione. All’epoca non c’era il foto ritocco, bisognava ottenere l’effetto desiderato direttamente sul set e Anna si fidava completamente di me, senza mai pormi vincoli o limiti. Certo sono immagini forti, di grande carattere, una caratteristica sempre meno presente nella fotografia contemporanea, ma sono sempre state costruite rispettando sia le modelle e sia gli abiti. Penso, ad esempio a certi scatti con le gambe aperte: per me non erano atteggiamenti provocatori, ma semplici stratagemmi per tracciare linee grafiche nella  composizione dello scatto. Soprattutto, non ho mai imposto a una modella una posa, le ho sempre proposto l’idea, cercando di capire se si sentiva a suo agio».

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