Attore in carriera, attore sulla difensiva. In dialogo con Francesco Cavallo

Nel provino finale per il ruolo di Gianni Guido, uno degli assassini del massacro del Circeo nel film La scuola cattolica, Francesco Cavallo ha dovuto fare una cosa abbastanza sconvolgente anche per attori più navigati. Il regista Stefano Mordini gli ha chiesto di leggere ad alta voce la dichiarazione in tribunale di Guido, in pratica la confessione delle peggiori sevizie. “Era un test, per vedere se ce l’avrei fatta, per capire se riuscivo ad arrivare al bordo del burrone” racconta.

Francesco ce l’ha fatta alla grande. Casertano, 24 anni ha girato due film quasi in contemporanea, saltando da un set all’altro negli stessi giorni, un po’ come Isabelle Huppert in un famoso episodio della serie Chiami il mio agente. I due film sono appunto La scuola cattolica, che ha partecipato all’ultimo festival di Venezia ed è poi uscito in sala e Mio fratello, mia sorella che è su Netflix. E questo già sarebbe un record, perché nel primo è uno dei protagonisti, nel secondo un ragazzo autistico con tante scene molto impegnative. C’è gente che ci mette anni a conquistarsi ruoli così. Francesco lo sa.



Solo in apparenza svagato e leggero, il ciuffo che gli balla sugli occhi, non ha paura del successo ma sa di essere in uno di quei momenti della vita dove ogni scelta è un dilemma e bisogna stare attenti a dove si cammina.

Quando lo intervisto, ha appena finito di girare la prima serie della sua vita. Si intitola Vincenzo Malinconico avvocato e lui interpreta il figlio del protagonista (Massimiliano Gallo). Andrà probabilmente in onda sulla Rai nel 2022 ed è tratta dai romanzi di Diego De Silva.  

E poi?

“Ancora non lo so”.

Come? Non sei stato inondato dalle offerte?

“Qual è il parametro di un’inondazione di copioni? (ride, ndr) Vabbè, qualcosa è arrivato. Due cose, in particolare, davvero belle, di quelle che se me le avessero predette un anno fa sarei impazzito e, in effetti, sono impazzito. Ma ancora non ne posso parlare”

Attore in carriera, attore sulla difensiva.

“Più che sulla difensiva, mi sembra di avere bruciato delle tappe canoniche e in certi momenti mi sento un po’ impreparato. Non vorrei spostarmi troppo dal centro della questione”.

Che sarebbe?

“Fare il mestiere che ho scelto”.

Quando lo hai scelto?

“In realtà, lo ha scelto mia madre per me. Mi ha iscritto a un corso di teatro, quando avevo sette anni. Ero molto irrequieto, cambiavo sport di continuo. Tre mesi di scherma, poi mi stufavo. Poi tre di nuoto, poi tre di basket. A un certo punto lei ha avuto questa intuizione: il corso di teatro. E lì è iniziato tutto. Ho fatto molti spettacoli amatoriali ma anche una tournée con la compagnia di Giulio Bosetti: Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello”.



Però.

“A 17 anni sono andato a Roma e mi hanno preso al Centro Sperimentale, la strada era segnata. Mi sento completamente cambiato da quando faccio questo mestiere, perché non è solo una professione ma proprio un modo di vivere, un’idea dell’esistenza.  Fare l’attore porta a farti milioni di domande, al momento non riesco ancora a dividere la mia persona dall’attore che vorrei essere”.

E che attore vorresti essere?

“Proprio una di quelle domande da un milione di dollari. Se avessi la risposta, avrei risolto tutti i miei quesiti. Un giorno mi piace quel film, il giorno dopo mi piace l’opposto. Di sicuro so che sono stato fortunato a debuttare in un progetto come La scuola cattolica, con un regista che ha curato tantissimo il lavoro di noi attori. Non vorrei calare l’asticella”.

Modelli di attori?

“Sean Penn. Ralph Fiennes. Luca Marinelli. Isabelle Huppert. Tutti grandi trasformisti. So che sto dicendo una banalità, ma a me piacciono quelli che sanno cambiare così, radicalmente, mettendosi al servizio di storie crude, di un cinema autoriale. Nel cinema italiano non è così frequente. In quello francese già di più. Infatti, sto studiando il francese e vorrei tentare di fare qualcosa lì”.

Vaste programme, come dicono loro, appunto. Che ne pensa tua madre, adesso?  Lei che ha avuto l’idea a Caserta.

“Esatto, dice questo, che lei ha avuto l’idea e lo rivendica sempre! (ride, ndr).  Mia madre è un personaggio, una caratterista nata. Fa la professoressa di matematica e ha sposato un ingegnere, cioè mio padre, ma è l’opposto dello stereotipo: va a scuola con calze verdi, gonne lunghe fatte con le cravatte, è istrionica, fantasiosa, difficile da inquadrare. Mio padre, invece, è esattamente come ti immagini sia un ingegnere”.

Che ne pensano loro della tua carriera?

“Sono contenti perché hanno capito che faccio sul serio e si stanno godendo il sogno con me. Ma io li tengo all’oscuro dei momenti difficili, della parte tormentata, dello sforzo che si fa nell’accettare i provini non andati in porto. Ho imparato che bisogna avere la consapevolezza che non si potrà mai andare bene per tutti i film e per tutti i ruoli. Noi attori siamo destinati a ricevere più no che sì. Ma è giusto, è parte del gioco. Solo che se non lo capisci scivoli, ti butti giù, è molto pericoloso”.



Luca Marinelli, invisibile sui social media versus Alessandro Borghi, 847mila follower. Tu?

“Mah. Sono consapevole della potenza dei social ma mi sembrano una delle tante cose che ti fanno perdere il centro, quel centro di cui parlavo all’inizio: il mestiere che ho scelto. In sintesi: i social media mi stressano, anche se so che è utile starci. Anzi, mi stressano proprio perché so che è utile starci”.

Quanto utile? Se vai a un provino competi anche con chi ha più follower di te?

“Sì. Oggi è così. Giusto o sbagliato non importa, ormai indietro non si torna. Un profilo social è un elemento di potere contrattuale”.

E il rapporto con i brand come lo vedi? È un altro aspetto di cui oggi un attore fatica a fare a meno.

“Al contrario dei social con cui ho un rapporto un po’ conflittuale, la collaborazione con i brand io la trovo un’esperienza molto positiva. Al festival di Venezia ci sono andato con Valentino, abbiamo fatto diversi fitting, mi sono divertito e poi, soprattutto, una volta sul tappeto rosso, ero a mio agio. Il fatto di indossare qualcosa di pensato e adattato per me, ha anche aiutato a togliere la pressione del momento, sono stato benissimo”.

Total look: Valentino

Photography Davide Musto

Stylist Francesco Mautone

Make Up Marialivia Igliozzi

Hair Cristian Vigliotta

Location Teatro Brancaccio Roma

Stylist’s Assistant Federica Pennetti

Photography Assistant Valentina Ciampaglia

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