Aurora Ruffino, sognando Raffaella (Carrà)

In Noi, versione italiana del pluripremiato dramma americano This Is Us (in onda dal 6 marzo su Rai1) è Rebecca Peirò, ma quello dell’attrice Aurora Ruffino è un volto familiare: il pubblico ha avuto modo di conoscerla – e apprezzarne le interpretazioni, puntuali e intense – in serie di largo seguito quali Braccialetti rossi, Questo nostro amore, I Medici, Un passo dal cielo, senza contare l’esordio ne La solitudine dei numeri primi, trasposizione cinematografica del romanzo eponimo, vincitore del premio Strega, il triangolo amoroso al centro di Bianca come il latte, rossa come il sangue, le conseguenze e i pericoli del consumo di droga che scandiscono la storia (vera) di La mia seconda volta.
Ai ruoli appena menzionati vanno aggiunte varie altre apparizioni fra cinema, tv, videoclip e progetti restii alle classificazioni come Ningyo, corto di Gabriele Mainetti presentato alla 73esima edizione della Mostra di Venezia, che consentiva allo spettatore di interagire, cambiando l’ordine dei “moduli” narrativi.
In attesa di un fantasy – genere per cui ha da sempre un pallino – o un biopic su una delle (tante) donne che hanno contribuito a scrivere pagine fondamentali della nostra storia, ci ha raccontato dei momenti più coinvolgenti vissuti sul set di Noi, dell’orgoglio di aver preso parte a Braccialetti rossi, serial dall’impatto enorme, delle serate al karaoke dopo I Medici, per finire col rapporto non proprio felice con abiti, shopping, outfit e simili.

A proposito di Rebecca Peirò hai dichiarato, in conferenza stampa, che impersonarla significava realizzare un sogno, perché guardavi la serie ancora prima di sostenere il provino, ma di aver avvertito anche una sensazione di panico all’idea di confrontarti con un personaggio così conosciuto e amato. Ora, passati mesi dalle riprese e con i primi episodi trasmessi da Rai1, come pensi di essertela cavata?
Sono molto soddisfatta del risultato finale, credo che abbiamo raggiunto l’obiettivo di italianizzare la storia di una famiglia amata da tutti nell’originale. Per quanto mi riguarda, nonostante avessi già visto This Is Us, sono riuscita a farmi coinvolgere da ogni passaggio della trama, mi sento davvero fiera e orgogliosa del lavoro svolto da cast, troupe, regia, tutti insomma.

Noi è un’epopea famigliare, il racconto a tutto tondo di una famiglia che passa attraverso argomenti piuttosto delicati (la perdita di un figlio, l’adozione, l’integrazione razziale…), ribadendo però l’importanza dei legami tra consanguinei, e il cui filo conduttore, stando al regista Luca Ribuoli, è l’amore. Quali sono stati i momenti emotivamente più complessi da girare e, al contrario, i più gradevoli, felici – se vogliamo metterla in questi termini?

Di passaggi emotivamente forti ce ne sono stati a iosa, tra i più complessi ricordo senz’altro quello in cui Pietro dice a Rebecca che uno dei loro figli non ce l’ha fatta, una situazione decisamente forte da vivere. Tra i più belli, invece, il momento in cui Daniele si attacca per la prima volta al suo seno, dopo che lei per settimane non è riuscita a instaurare un legame col bambino; quell’istante lì, con Napule è di Pino Daniele in sottofondo, è stato stupendo.

Hai rivelato recentemente di esser riuscita a interpretare Rebecca quarantenne «soprattutto grazie al look», pensi che trucco e parrucco possano rappresentare la chiave di volta nell’approccio al ruolo?

Ti aiutano a trovare l’approccio fisico, quella postura che può darti solo il costume ed è estremamente importante, adesso per esempio sto girando un film in cui sarò un carabiniere, già indossare la divisa ti trasmette il “tono” del personaggio.
Quando in Noi impersonavo Rebecca a sessant’anni, make-up e acconciatura mi aiutavano a individuare la giusta dimensione fisica; sono fondamentali, infatti è nelle prove costume che riesco a capire come mi sento con determinate cose addosso, in che modo posso cambiare fisicamente ricorrendo anche solo a un trucco, una parrucca, un piercing, elementi che mi danno subito l’idea di chi interpreterò, permettendomi di trasformarmi.

La serie si dipana su piani temporali differenti, il tuo personaggio invecchia e, di conseguenza, ti sei dovuta sottoporre ad apposite sessioni di make-up, ricorrendo anche alla prostetica. Da attrice, che rapporto hai con lo scorrere del tempo, col modo in cui incide sull’aspetto fisico?

Sono tranquilla, anzi, soffro piuttosto il fatto di sembrare ancora parecchio giovane, una ragazzina quasi, nonostante abbia 32 anni; non dimostrare la mia età si è rivelato un’arma a doppio taglio perché per come appaio, magari, non vengo presa in considerazione per determinati ruoli.
Avverto il desiderio non di invecchiare, piuttosto di assumere la fisicità di una donna, sono contenta anche delle piccole rughe che comincio a notare nelle foto, fanno parte di me, raccontano la mia storia, il mio vissuto, non ho problemi sotto questo punto di vista, mi aiutano ad accettare e accogliere gli anni che passano.

Noi si svolge parzialmente nell’Italia di circa quaranta anni fa, eri già tornata all’atmosfera dei decenni passati in Questo nostro amore, le cui stagioni erano ambientate negli anni ‘60, ‘70 e ‘80. Cosa ruberesti, potendo, a ciascuna delle tre decadi? E, limitandoti alla moda, cosa apprezzi maggiormente dello stile Sixties, Seventies ed Eighties?

Credo che ad accomunare quei decenni fosse l’energia generale, il senso di far parte di una società determinata a costruire un futuro migliore, con la ripresa economica del dopoguerra, l’idea diffusa di uno stato ricco, pieno di sogni e opportunità; ricordo mio nonno parlarne come di un periodo in cui era possibile fare qualunque cosa, a patto di avere la voglia e determinazione necessarie, e poi i colori, l’arte, la musica, tutto concorreva a un fermento, una spinta al progresso che ha attraversato quell’arco temporale.
Riguardo lo stile specifico delle decadi, apprezzo la caratterizzazione estetica di allora, dalle minigonne ed eyeliner definiti dei ‘60s ai pantaloni a zampa dei ‘70s, al boom del jeans negli ‘80s.

Tre anni fa, intervistata da Vanity Fair, confessavi di vivere lo shopping come una tortura, di avere l’orticaria – testuale – a stare nei negozi. Negli ultimi tempi il tuo rapporto con la moda, considerati anche i red carpet richiesti dalla professione, è cambiato?

Purtroppo no, è ancora una tortura! Adesso ho una stylist bravissima, Marvi De Angelis, che insieme al mio ufficio stampa mi aiuta a curare l’immagine. Di mio sono però decisamente semplice, per come la vedo io i vestiti, finché non si rovinano, vanno bene, idem scarpe o accessori.
Non ho l’ossessione del vestiario, dell’apparire in un certo modo, a dire la verità non l’ho mai avuta, sarà che sono cresciuta in una famiglia umile, dove ci si vestiva con ciò che c’era, certamente non si andava a fare shopping ogni settimana, un atteggiamento che mi è rimasto, non avverto mai l’urgenza della novità; compro abiti per necessità, ecco.

Hai raggiunto la notorietà grazie a Cris di Braccialetti rossi, una ragazza in lotta con l’anoressia, per interpretarla tra l’altro hai dovuto perdere peso, incontrare persone che soffrivano di disturbi alimentari… Una parte sicuramente impegnativa all’interno di un autentico fenomeno mediatico. Cosa ti è rimasto più impresso di quell’esperienza?

L’impatto che ha avuto sulle persone, a distanza di anni ancora mi fermano per parlare di Braccialetti rossi, di cosa quella fiction abbia rappresentato e portato nelle case italiane, era diventata un evento che metteva davanti al televisore tutti, i figli come i genitori o i nonni. Ha unito il pubblico e fatto un gran bene, ho incontrato moltissimi ragazzi, bambini anche, che in quegli episodi hanno trovato un motivo in più per lottare e farsi forza.

Hai vestito i panni di Bianca de’ Medici nel period drama sull’omonima famiglia toscana, venduto in oltre cento nazioni, incoronato nel 2019 serial italiano più popolare all’estero, forte del resto di un cast stellare, da Dustin Hoffman a Richard Madden. Com’è stato lavorare in una produzione del genere?

L’ho vissuta come un sogno, all’inizio mi sembrava impossibile persino recitare in inglese, visto che prima di trasferirmi a Londra e studiarlo per bene, non parlavo una parola. Soprattutto è stato divertente, ci ritrovavamo ogni settimana al karaoke, un gruppo di giovani attori di nazionalità diverse che, di giorno, mettevano in scene le vicende di una famiglia conosciuta ovunque nel mondo, e di sera uscivano insieme, divertendosi come pazzi.

Un genere o ruolo per te inedito con cui ti piacerebbe metterti alla prova?

Amo i fantasy, sogno fin da bambina di fare un’eroina alla Marvel, una Black Widow per intenderci. Mi piace, da spettatrice innanzitutto, l’intrattenimento nel senso più ampio e nobile del termine, devo dire che finalmente anche da noi, grazie al fantastico Gabriele Mainetti, si stanno aprendo nuove opportunità.

Cosa ci sarà dopo Noi? Hai sogni nel cassetto da condividere con i lettori o preferisci tenerli per te?

Attualmente sto girando Black Out, mistery con protagonista Alessandro Preziosi.
Un sogno che ho già rivelato, da amante delle pellicole Rai in cui venivano raccontate le grandi donne d’Italia, figure eccezionali, iconiche (penso al biopic su Carla Fracci o a quello su Rita Levi-Montalcini), sarebbe quello di portare sullo schermo, omaggiandola in qualche modo, la storia di Raffaella Carrà; sono cresciuta con quest’artista immensa, per me è sempre stata un punto di riferimento assoluto.

In tutto il servizio, Aurora Ruffini indossa total look Philosophy di Lorenzo Serafini e gioielli Crivelli

Credits

Fotografo Maddalena Petrosino

Coordinamento styling Marver

Assistant Giacomo Gianfelici 

Make-up Charlotte Hardy

Hair Alessandro Rocchi @Simone Belli Agency

Press office Lorella Di Carlo

Location Hotel Valadier Roma

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