Cinecult: Cinquanta Sfumature di Rosso di James Foley

cover credit: Universal Pictures

Lusso, adrenalina, suspense, erotismo soft e patinato e una buona dose di romanticismo sono gli ingredienti di ‘Cinquanta Sfumature di Rosso’. Il film diretto dal talentuoso James Foley, già regista di ‘Cinquanta Sfumature di Nero’, e distribuito da Universal Pictures, chiude il cerchio della trilogia dei film campioni di incassi al botteghino, tratti dai romanzi bestseller di E. L. James con non pochi colpi di scena e rivelazioni di un passato velato da torbidi e inquietanti misteri. La love story fra Anastasia Steele (Dakota Johnson) e Christian Grey (Jamie Dornan) sembrerebbe destinata a risolversi in una bella favola fra ville miliardarie, abiti da sogno e frisson degni del più malizioso talamo coniugale animato da brividi e piaceri proibiti. Ma sulla felicità dei due amanti, stregati dal fascino di Parigi e attratti dal miraggio di una serena vita insieme dopo il matrimonio, sembra allungarsi l’ombra di un pazzo, Jack Hyde (Eric Johnson) l’inquietante ex capo di Anastasia al Seattle Independent Publishing (nel film SIP) che ha tentato di sedurla e aggredirla e continua a turbare la pace della coppia. Nel cast ritroviamo Rita Ora nel ruolo di Mia sorella di Grey, il premio Oscar Marcia Gay Harden che nel film è Grace Trevelyan, la madre adottiva di Christian, Luke Grimes nei panni di Elliot fratello di Mister Grey. Il film segna una evoluzione inevitabile nel rapporto di coppia fra Ana e Grey che appaiono sicuramente più maturi: sì ai giochi erotici disciplinati da regole ma no a un’assoluta posizione dominatrice di Christian che si sente provocato e sfidato dalla sua compagna. D’altra parte Ana si mostra più decisa, tenace, consapevole delle sue scelte e più coraggiosa che nei 2 precedenti film del 2015 e del 2017. Anche Grey interpretato da Jamie Dornan, l’attore sex symbol definito ‘la versione maschile di Kate Moss’ e che sarà di nuovo sul grande schermo nel ruolo di Will Scarlet nel nuovo adattamento per il cinema di ‘Robin Hood’, appare tormentato e protettivo, spesso in preda a dubbi e gelosie ma sicuramente sempre un gentleman anti-macho, combattuto fra la sua passione egoistica per una vita galante da libertino e la voglia di mettere su famiglia. Il glamour e la vibrante carica erotica di alcune scene piccanti convivono con una nuova concezione della femminilità e di una carnalità romantica nella rappresentazione dell’evoluzione di un’Anastasia che aldilà di qualche possibile dubbio, generato dalle ultime polemiche contro il sessismo e lo sfruttamento del corpo femminile, afferma un orgoglio e una libertà di autodeterminazione della propria bellezza che non offre nel complesso fianco a critiche. Finché si tratta di un gioco in cui i ruoli sono condivisi e in cui le regole propendono per una parità nelle rispettive condizioni, che senso ha fare del moralismo? E’ un romanzo e come tale non dovrebbe offendere la coscienza di nessuno, tanto più del pubblico femminile, perché il film è a tutti gli effetti una storia d’amore fra simili. E allora buona visione.

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