Cinecult: L’uomo che vide l’infinito di Matthew Brown

Vivamente raccomandato ai gentlemen dalla testa solida e dal cuore tenero e a tutti coloro che si lasciano commuovere dai prodigi dell’intelligenza al di là delle barriere di lingua, razza e religione. La storia di Srinivasa Ramanujan, il Pitagora indiano della matematica del XX secolo rievocata con gusto e poesia da Matthew Brown nella pellicola di Eagle Pictures ‘L’uomo che vide l’infinito’ è davvero un esempio memorabile della possibilità autentica di superare tabù e differenze apparentemente insormontabili in nome della scienza e dei suoi benefici nel segno di un nuovo umanesimo. Il viaggio in Inghilterra nel 1913 di Ramanujan, interpretato da un radioso Dev Patel (già molto noto e osannato per la sua interpretazione di ‘The Millionaire’ di Danny Boyle del 2009) viene descritto con toni intimistici e avvincenti. L’incontro con il dandy matematico Godfrey Harold Hardy impersonato da un meraviglioso e elegantissimo Jeremy Irons suscita interrogativi e pone quesiti cruciali sulla possibilità di condividere affinità, oltre le credenze personali, filosofiche o religiose, in nome dell’amore per la ‘bellezza della matematica’ come la definì Bertrand Russell, (interpretato nel film da Jeremy Northam)  e del suo valore simbolico e quasi metafisico. Per Ramanujan l’equazione matematica e l’algoritmo derivavano da un’illuminazione divina. Morto di tubercolosi all’età di soli 32 anni Ramanujan restò sempre nel cuore del suo fedele amico Hardy che riuscì con il suo entusiasmo a farlo entrare nella comunità accademica degli eletti del Trinity College di Cambridge, un’onorificenza molto alta per l’epoca per chi non era inglese. Dev Patel, genio autodidatta riesce a evocare tutto il travaglio interiore e il disagio di sentirsi un genio incompreso che fu vissuto da Ramanujan in un mondo che considerava gli indiani una razza subalterna e nutriva scetticismo per le nuove teorie intuitive del matematico indiano. Il suo guardaroba frutto della ricerca della brillante costumista Ann Maskrey, riflette la transizione che lui vive dall’India coloniale del Sud in cui viene rappresentato come un bramino dalle fogge suggestive, verso un Occidente irrigidito nel formalismo di abiti élitari che Irons indossa con raro appeal grazie alla sua indole da gentleman ricercato e creativo. La costumista riesce a ricostruire magistralmente il look un po’ impacciato ma mai goffo o macchiettistico di Ramanujan che arrivato a Cambridge si trova a calarsi in costumi occidentali attraverso la grazia innata e la sensibilità recitativa di Patel che con i suoi grandi occhi e la sua gentilezza lascia il segno. Film da vedere e rivedere, toccante e vibrante.

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