Cinecult: Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos

Il genio visionario del regista di ‘The Lobster’ affronta un tema tragico e dai risvolti ironici e surreali ispirandosi alla ‘Ifigenia in Aulide’ di Euripide e alla scelta di Abramo. Risultato: un film memorabile per drammaturgia e impatto scenico.

Grottesco, vibrante, sensuale e surreale con esiti talora strazianti. E’ potente e lascia il segno in tutti i sensi ‘Il sacrificio del cervo sacro’, l’ultimo film dell’acclamato e talentuoso regista Yorgos Lanthimos già ammirato per ‘The Lobster’ in cui aveva ancora una volta scelto come protagonista Colin Farrell. La pellicola distribuita da Lucky Red trasuda un cinismo sublimato in complessa tragedia ricca di stimoli e spunti di approfondimento. La trama è all’apparenza estremamente semplice: il cardiochirurgo Steven Murphy (Colin Farrell) conduce una tranquilla vita borghese con la bellissima moglie Anna (il premio Oscar Nicole Kidman) e i figli la teen ager Kim (Raffey Cassidy) e il piccolo Bob (Sunny Suljic). Senza farlo sapere alla famiglia Steven frequenta Martin (un formidabile ed enigmatico Barry Keoghan già visto in ‘Dunkirk’ di Christopher Nolan), un adolescente sedicenne che ha da poco perso il padre, ha una madre molto turbata e sensuale (Alicia Silverstone) e sembra avere delle strane facoltà. L’intreccio si complica quando Martin viene presentato alla famiglia del chirurgo: una serie di strani eventi cominciano a flagellare la felice vita del nucleo familiare che da alveo di normalità si evolve sempre più in un nido di vipere. La storia, avvincente e sanguigna, prende forma in un crescendo di tensione e mistero fino allo zenith finale del tutto imprevedibile. Ispirato al dramma di Euripide ‘Ifigenia in Aulide’ il film denso di allegorie e di spunti di humour nero, mette in scena con il linguaggio ricco e possente mutuato dall’omaggio al maestro Stanley Kubrick le passioni e gli impulsi ancestrali di un padre devoto che vede pian piano crollare le sue certezze fino a trovarsi nella situazione biblica di Abramo, con un rovello psicologico restituito allo spettatore in modo estremamente felice. Il gusto dell’inquadratura studiata e solenne e la visione drammatica della figura del giovane Martin davvero sorprendente rendono il film stimolante e meritevole di essere visto, con interesse e spirito riflessivo. Notevole l’incipit del film con la vivificante musica di Schubert.

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