IL NUOVO INIZIO DI FEDERICO BARONI

Versatilità. Questo il termine che meglio descrive Federico Baroni e la sua sfaccettata identità musicale. Avvicinatosi al busking, l’arte di strada, durante un viaggio in Inghilterra, fondamentale per il percorso creativo che ha poi intrapreso, il cantante si destreggia sapientemente tra stili e sound differenti. Così come Ed Sheeran costruisce in Lego House la propria casa, Baroni – tassello dopo tassello, mattone dopo mattone – plasma negli anni la propria dimensione; uno scenario multiforme e poliedrico basato su un forte bisogno di espressione in musica.

In occasione dell’uscita del suo nuovo album, Blackout, il cantautore romagnolo si racconta, svelandoci un grande desiderio celato dietro il progetto: la volontà di ripartire, mostrando la sua evoluzione artistica segnata da ispirazioni e sonorità inedite. Un nuovo inizio insomma, coronato da un serie di date live in cui Federico Baroni, affiancato dal gruppo jazz/funk Planet Butter, propone alcuni brani del nuovo disco in versione rivisitata. Cinque singoli reinterpretati in full band che insieme danno vita a un’edizione speciale dell’album, intitolata Blackout deluxe version.

Federico Baroni
Federico Baroni

Federico Baroni e l’arte di strada: «Ho visto molti ragazzi approcciarsi al busking considerandomi un po’ come riferimento. Al di là della musica e dei numeri, questa per me è la vittoria più importante»

Ti sei avvicinato alla musica nel 2013 grazie a un viaggio in Inghilterra. Lì, hai avuto modo di scoprire un allora ancora poco conosciuto Ed Sheeran, che in un certo senso ti ha ispirato. Cosa di questo grande artista ti ha tanto colpito tanto da influenzarti nella tua carriera come cantante?

Quel viaggio mi ha proprio cambiato… non soltanto dal punto di vista musicale ma anche a livello di vita.

Ho girato l’Inghilterra per due mesi, da solo, e così ho avuto modo di scoprire l’arte di strada, il busking (che lì è vista come una vera e propria professione). Ricordo di essermi ritrovato in una via piena di artisti che cantavano in mezzo alla gente. Sono rimasto molto colpito da quello scenario, così tanto da decidere che quando sarei tornato in Italia avrei voluto dedicarmici anch’io. Mi sembrava il modo migliore per arrivare alle persone, con spontaneità e naturalezza. Il perfetto mezzo di condivisione.

L’influenza di Ed Sheeran è stata veramente fortissima, ciò che più mi affascinava di lui era il fatto che suonasse con la loop station. Ho sempre amato la dimensione cantautorale e acustica, al tempo stesso mi piaceva anche quel groove di sottofondo che si riesce ad ottenere con l’accompagnamento di una band. Vedendo per la prima volta i video di Ed Sheeran – e come lui riuscisse a ricreare quelle sonorità che a me tanto piacevano grazie a una loop machine – sono rimasto totalmente rapito. Era una specie di one man band, un qualcosa di incredibile dal mio punto di vista. Da lì in poi ho maturato sempre più l’idea di voler approfondire l’utilizzo della loop station, portandola anche nel nostro Paese.

Questo strumento mi ha conferito una certa riconoscibilità. Una volta tornato in Italia, ero praticamente uno degli unici a suonare per strada con la loop machine. È stata per anni una mia vera e propria cifra stilistica; ho visto molti ragazzi approcciarsi al busking considerandomi un po’ come riferimento. Al di là della musica e dei numeri, questa per me è la vittoria più importante.

C’è un pezzo in particolare di Ed Sheeran che ha lasciato un segno importante nel tuo percorso di artista?

Sicuramente Lego House. Quel brano – in cui Ed Sheeran parla di una casa costruita pezzo dopo pezzo – mi ha accompagnato negli anni.

Ho vissuto per un periodo a Roma, dove ho conseguito la laurea in Economia e Management, all’università LUIS. All’epoca mi sentivo un po’ “ingabbiato”, percepivo il bisogno di esprimermi, di dare sfogo a un qualcosa che avevo dentro. Non riuscivo proprio a immaginare la mia vita dietro a una scrivania. Ogni sabato andavo a suonare per strada: vedere la gente catturata da quello che stavo cercando di portare e di comunicare mi regalava un’emozione unica. Cantando svariate cover e (ovviamente) tantissime canzoni di Ed Sheeran, mi rendevo conto di star costruendo, giorno dopo giorno, la mia casa, la stessa di cui si parla in Lego House.

Federico Baroni
Federico Baroni

Federico Baroni parla del suo nuovo disco: «Blackout, attraverso la metafora dello spegnimento delle luci, vuole significare il voler azzerare tutto per ripartire con una luce nuova»

Hai da poco pubblicato il tuo nuovo album, Blackout. Potresti parlarci di questo tuo recente progetto?

Con Blackout ho voluto buttare giù la casa di cui ti ho appena raccontato. Dopo dieci anni passati a suonare per strada, quella non era più la mia dimensione. Ora ho bisogno di esprimermi in modo diverso, mostrando la mia crescita artisticamente parlando, con nuove sonorità. Sentivo il bisogno di evolvermi e quando ho scritto Blackout ho pensato: “Cavolo, quale brano meglio di questo può rappresentare proprio l’idea di una ripartenza”. Lo stesso titolo, Blackout, attraverso la metafora dello spegnimento delle luci, vuole significare il lasciarsi indietro quanto fatto in precedenza, il voler azzerare tutto per ripartire con una luce nuova.

Questo progetto si concretizza poi in una dimensione live, organizzata dal 5 luglio al 2 agosto, nella quale mi sto affacciando insieme ai Planet Butter, un gruppo jazz-funk strumentale. Ad un mese dall’uscita del disco Blackout, stiamo facendo uscire, settimana dopo settimana, delle versioni live di cinque brani, in una versione riarrangiata che ho registrato in studio. Insieme, questi singoli comporranno una deluxe edition di Blackout.

Il nuovo album include dieci tracce caratterizzate da diverse sonorità. Si spazia dal funky al R&B al reggaeton, toccando di brano in brano tematiche differenti a te care. Tra questi pezzi, ce n’è uno che senti ti rappresenti maggiormente al momento attuale?

In realtà sono molto combattuto a proposito (ride, ndr). Non so se sia un pregio o un difetto, ma mi ritengo una persona molto versatile, sia artisticamente sia nella vita. Cambio spesso idea, quindi magari in un primo momento penso sia un certo brano a rappresentarmi al meglio; in un secondo, invece, tendo a orientarmi su un altro pezzo. Blackout è un disco che ho scritto ormai quattro anni fa, ogni singolo contenuto al suo interno per me è già vecchio. Se dovessi scegliere un qualcosa in cui adesso mi sento rappresentato, ti direi i brani che sto scrivendo ora, che rispecchiano il Federico attuale.

Se, invece, dovessi nominare un pezzo del nuovo disco a cui sono particolarmente legato, senza dubbio la mia risposta ricadrebbe su Chilometri. Al di là di tutto, e di tutti i cambiamenti a cui sono andato incontro durante gli anni, quel brano sarà per sempre importante. L’ho dedicato a un amico che non c’è più, Michele Merlo; descrive il mio percorso come artista intrecciarsi con il suo. È un pezzo che parla di vita, in modo sincero. Anche se l’ho scritto qualche anno fa, rimane un po’ una costante, un evergreen.

Con chi hai lavorato nella realizzazione di Blackout? E, in generale, dare forma a questo nuovo progetto che esperienza è stata?

Ho collaborato con un unico producer, Riccardo Scirè, e ho deciso di allargare un attimo il mio pensiero, il mio modo di scrivere, anche facendomi accompagnare da alcuni autori nella scrittura dei brani. Il mio primo disco, Non pensarci, l’avevo costruito interamente da solo; per Blackout, invece, volevo utilizzare delle immagini diverse da quelle a cui ero abituato. Definirei il mio nuovo disco come istintivo. Ciascun singolo è nato in un unico giorno, registrando in studio. È un progetto molto di pancia, ecco.

Non ho voluto precludermi la possibilità di spaziare tra generi diversi e di includere brani anche molto distanti l’uno dall’altro. Fino a tardi, per esempio, ha una vibe fortemente estiva; Non Vale è una ballad molto intima. Il tutto sintetizza il mio percorso di scrittura fin qui.

Federico Baroni
Federico Baroni

«L’arte per me è questo: un mix ben studiato di tante componenti diverse; la musica è fondamentale ma il tutto diventa ancor più esplosivo con la giusta combinazione di ingredienti»

Ad oggi come ti definiresti in quanto artista?

Non lo so bene nemmeno io (ride, ndr). Negli scorsi mesi ho provato a portare anche nel nostro Paese l’idea del live show sullo stile delle grandi pop star americane. Ho spinto molto su sonorità un po’ più R&B, con vere e proprie performance includendo dei ballerini. Ho lavorato con alcuni coreografi, ho preso lezioni di ballo. In tutto ciò mi sono interfacciato con un problema di fondo, ovvero la diversità tra panorama italiano e americano (e tra le loro mentalità in particolar modo). Non tutto quello che funziona in America, funziona poi anche in Italia.

In generale, guardando al mio intero percorso come artista, mi sento sempre coerente rispetto alla mia idea di musica. Tuttavia, come già accennavo, sono una persona versatile, cambio di continuo, dunque non saprei individuare una definizione precisa che ora mi descriva al meglio. Al momento attuale posso dirti di aspirare ai traguardi raggiunti da artisti come Chris Brown e Bruno Mars. Talenti del loro calibro riescono a plasmare uno show a 360 gradi, unendo musica, ballo e parte visiva. Una performance a tutto tondo insomma.

E l’arte per me è questo: un mix ben studiato di tante componenti diverse; la musica è fondamentale ma il tutto diventa ancor più esplosivo con la giusta combinazione di ingredienti. Quando devo far uscire un pezzo, ad esempio, per me è essenziale proporre un videoclip che trasmetta a chi guarda il mio immaginario. Poi, ovviamente, la dimensione acustica e il messaggio che si intende comunicare con i propri testi restano sempre la base.

Chiudiamo questa intervista guardando al futuro. Puoi spoilerarci qualcosa riguardo tuoi prossimi progetti?

Al momento sono impegnato nelle live session di Blackout, che andranno avanti fino al 2 agosto. Sono molto contento di questo progetto perché mi sta permettendo di trasmettere la mia nuova idea di sound e di live. Poi sto lavorando in vista di un evento che si terrà ad ottobre, ma di questo non ti posso spoilerare troppo (ride, ndr). In ultimo mi sono prefissato un grande obiettivo: un live tour con la band nei principali club italiani, da Milano a Roma a Bologna, per mostrare il mio nuovo progetto musicale.

E, chicca finale, due settimane fa ho iniziato a scrivere un nuovo disco. Ti darei qualche anticipazione a riguardo ma è ancora tutto troppo acerbo, mi trovo ancora in fase di ricerca.

Blackout
Federico Baroni
FacebookLinkedInTwitterPinterest

© Riproduzione riservata