Fulminacci, sognando il cantautorato

Su un pezzo di carta, un articolo o un muro. Potrei scriverlo ovunque: menomale che sei arrivato, caro il nostro Fulminacci. Con le sembianze di un fumetto e per certi versi anche la missione: quella di rendere l’ordinario almeno un po’ straordinario. Menomale che sei arrivato quando gli altri rischiavano di venirci a noia, quando dal cantautorato indie-pop emergevano perlopiù tentativi pigri e forse un po’ demoralizzati di replicare uno stile preciso, ma già sentito.

Poi ecco qualcosa di nuovo, di fresco e assolutamente versatile. Una rivelazione con il primo album, La Vita Veramente, e una conferma ancora più sorprendente con il secondo, Tante care cose. Mentre scrive e canta semplicemente di quel che conosce (il traffico, l’amore, i dubbi di chi è nato negli anni Novanta), lui la fa sembrare una grande festa. Introspettivo un attimo prima, piano e voce, e poi irresistibilmente dance, tra batterie e ritmica serrata. Mai pigro, mai prevedibile, sempre attento a non ripetersi troppo (lui questa la chiama «paranoia», e ben venga).

Filippo Uttinacci è qui da poco (nato nel 1997 ed esordiente nel 2019), ma potrei scriverlo su un muro, un articolo o un pezzo di carta: Fulminacci resterà.

Fulminacci indie
Total look Maison Laponte

Voglio leggerti i numeri del mio Spotify Wrapped 2021: io ho ascoltato musica più del 95% degli ascoltatori in Italia, 105 generi musicali e 1407 artisti diversi. Insomma, c’è di tutto. Ma indovina chi è l’artista che ho ascoltato di più?

Oddio, se me lo chiedi così mi viene da pensare a me, ma questo sarebbe un onore. Soprattutto considerando la consistenza dei tuoi ascolti!

Questo era, sì, per confessarti che sono una tua fan, ma anche per dirti che credo tu stia rappresentando davvero qualcosa di diverso, di cui si sentiva il bisogno. Oggi dove ti vedi posizionato nella scena musicale italiana?

Io ho sempre avuto difficoltà a decifrarlo e comprenderlo, però penso di fare quello che mi passa per la testa. Fondamentalmente nelle canzoni ci metto quello che mi capita nella vita, niente di più.

Ma per te rappresenta un obiettivo, quello di distinguerti?

In realtà l’obiettivo di distinguermi non c’era all’inizio, io non avevo neanche capito che sarei riuscito a fare questo lavoro. La verità è questa: ho scritto il primo disco senza sapere che poi l’avrei pubblicato, senza nessun tipo di pressione, di logica di mercato o di paragone artistico. Solo dopo aver scritto un po’ di canzoni mi sono reso conto di qualcosa: «Lo faccio ascoltare alla mia fidanzata e ai miei genitori, così mi dicono cosa ne pensano». Ed è andata bene perché loro ne pensavano bene.

Fulminacci canzoni
Shirt and trousers Paul Smith

A un certo punto però la vita da cantautore te la sei immaginata?

L’ho sempre sognata. Per me è una di quelle cose reali che si avvicinano di più all’essere un supereroe. Anche il fatto di avere un nome d’arte è un po’ come il costume di Spider-Man, l’ho presa in questo modo. Non a caso il mio nome, Fulminacci, è abbastanza fumettoso. Non è certo un gioco la fatica che si fa per scrivere o per fare le prove di un tour, ma quello che deve arrivare al pubblico è che ci stiamo divertendo. Quindi ho capito che di mestiere faccio quello che fa divertire la gente, e che non deve far trapelare quanto si sta impegnando.

Funziona, io mi diverto di brutto. Ma Filippo che musica ascoltava prima di diventare Fulminacci?

Come molti di noi, sono cresciuto con i viaggi in macchina e i miei genitori che mi facevano ascoltare la musica che piaceva a loro. Sono partito dai Beatles, che per me rimangono tipo la farina della musica pop contemporanea. Poi i cantautori italiani degli anni Settanta, e questa è una risposta tanto banale quanto vera. Battisti, De Gregori, Dalla, Venditti, fino alla scuola più moderna con Silvestri, Fabi e Gazzè. Ho sempre ascoltato artisti diversi, sono anche un fan di Fibra. Sul decennio Settanta però devo dire che sono ferratissimo, Supertramp, Electric Light Orchestra, Elton John…

Fulminacci cantante
Shirt and trousers Paul Smith

Una volta ti ho definito così: «Fulminacci ti piace perché ti ricorda tutto quello che ti piaceva già, ma torni ad ascoltarlo perché in fondo non ti ricorda nessuno». Ti ci ritrovi?
Che bello, è bellissimo. E lo prendo come un enorme complimento. Per risponderti, in effetti ho avuto modo di notare come la mia fan base sia piuttosto varia, forse dipende da quello che dici tu? Ai concerti le prime file sono piene di sedicenni, le seconde di ventisettenni, e poi si arriva fino all’età dei miei genitori che sono nati negli anni Sessanta.

La Vita Veramente, 2019: un album d’esordio da cui emergevano le influenze felici di Fabi o Silvestri (vedi Borghese in Borghese), ma allo stesso tempo il tuo tocco si sentiva subito forte in brani come Davanti a te Resistenza. Come trovi l’equilibrio tra gli elementi che ti ispirano e quelli che ti rendono unico?

Io credo che bisogna stare in un equilibrio dinamico, cercando di esplorare senza definirsi mai, per evitare di cadere da una parte o dall’altra. Penso che ognuno voglia essere riconosciuto per la propria identità, ma questa non è altro che il frutto di una serie di influenze che continuano ad arrivarti addosso. Vivere in questo settore significa cercare di stare in equilibrio, rischiare, ogni tanto fare anche qualcosa di comodo.

Fulminacci Santa Marinella
Shirt Paul Smith, shoes Marsèll

Dietro alla complessità dei tuoi brani individuo due punti forti: non sei mai pigro, ma fai sembrare semplice questa ricerca costante. In realtà quanto ci rifletti? Quanto stai lì a chiederti: «Qui rischio di sembrare un po’ troppo Silvestri, qui potrei sperimentare ancora di più»?

Tantissimo. Questo tipo di paranoia è all’ordine del giorno per me, su ogni fronte. Banalmente anche sui testi, ho paura sempre di farmi inserire all’interno di una categoria. Cosa che non riesco ad accettare. Le persone completamente decise mi affascinano molto, ho sempre voluto essere come loro da bambino. Ma poi mi sono chiesto: ma perché? Quelli che ti dicono: «No tranquillo, adesso non piove», che fanno poi quando in realtà piove? Allora io sono il re delle paranoie.

E per fortuna, aggiungo io. Con il secondo disco, Tante care cose, per me è successo qualcosa di grosso: dieci tracce una più forte dell’altra, una sorpresa continua che non si esaurisce dopo la novità del lancio del disco. Come hai fatto a infilarne una giusta dietro l’altra?

È stupendo sentirlo da te, perché io ti risponderei che ho semplicemente messo quello che piaceva a me tra tutte le canzoni che ho scritto. Per spiegarti, io ragiono così: se sono il primo a voler ascoltare un mio pezzo, allora va bene, perché esisterà per forza qualcun altro come me che vorrà ascoltarlo.

Ogni brano dell’album potrebbe essere anche un singolo, ma allo stesso tempo l’insieme è un viaggio perfetto. Il tuo management che ruolo gioca qui?

Su questo tema sono completamente grato e affidato alla mia etichetta. Il primo ascolto professionale esterno è sempre il loro. Io non lo so capire se un pezzo potrebbe essere un singolo, non sono un giudice lucido di quello che faccio.

Fulminacci stavo pensando a te
Shirt Alexander McQueen

Vediamo se la pensiamo allo stesso modo: ci sono dei pezzi tuoi che per me resteranno negli anni…

Io credo che a rimanere nel tempo sia quello che non segue le tendenze. Quindi ti direi, forse, i brani meno elettronici. Potrebbero rimanere Giovane da un po’ Le Biciclette, perché è una canzone nuda.

Le Biciclette credo sia una delle cose più belle che tu abbia scritto. Uno di quei brani che non fanno rimpiangere i vecchi repertori, per me su un podio insieme a Maledetto tempo di Franco 126.

Caspita se sono d’accordo su Maledetto tempo! Lo considero anche io un pezzo senza tempo, mi piace tanto che tu lo abbia accostato a Le Biciclette, che è il brano a cui forse sono più legato emotivamente insieme a Sembra quasi. Sono due canzoni che parlano della stessa persona ma in due momenti completamente diversi. Sono quelle in cui metto a nudo i miei sentimenti, e mi viene pure da piangere al concerto. Non so come fare mentre le faccio. È talmente una cosa mia che forse può diventare universale proprio per questo.

Che storia c’è dietro? Perché sono sicura che una bella storia c’è.

È il racconto di più fasi della stessa relazione, fin dal primo giorno in cui è iniziata. Con i suoi momenti di assenza, i periodi in cui sentivo la mancanza, e poi quelli di ricongiungimento con pizzichi di speranza. C’è dentro un po’ tutto quello che riguarda una storia d’amore. Pensa che ho iniziato a scriverla anni fa e l’ho finita poco prima di pubblicare il disco, è stata anche la prima canzone che ho scritto al pianoforte, che non è il mio strumento perché io suono la chitarra.

Fulminacci canzoni famose
T-shirt and sweatshirt Roberto Cavalli

Vedi che una bella storia c’era? Veniamo a pezzi come Tattica Canguro: il tuo gusto del ritmo crea dipendenza, te lo dico, dentro c’è un sound che ricorda la disco anni Novanta e poi diventa solo tuo. Non è che segretamente sei pure un ballerino?!

(Ride, ndr) In effetti quella di Tattica è una batteria disco, intesa alla vecchia maniera. È semi-vera, ma suona un groove che potrebbe essere completamente elettronico. L’aspetto ritmico per me è fondamentale, spesso penso prima al groove o alla metrica della canzone, e poi al testo. Credo fermamente nel fatto che le consonanti della nostra lingua siano utili come fossero delle percussioni, perché ci permettono di enfatizzare e accentare nel modo che vogliamo… Lettere come le T, le Z…

«Del fat-to che ti-amo / di brut-to”»…
(Gliela canto e giustamente ride, ndr) Esatto! E credo che questo sia il risvolto positivo di essere uno che pensa prima alle copertine e poi al libro che scrive. A scuola era vista come superficialità, ora per me significa decidere prima di tutto l’effetto che una canzone deve fare. Nel caso di Tattica avevo l’esigenza di scrivere un testo che esprimesse ritmicamente quello che mi serviva per il pezzo, quindi mi sono soffermato sul suono e ho iniziato a canticchiarci qualcosa, a partire dall’argomento del traffico. Da romano che vive in periferia per me è il quotidiano, io passo la vita in macchina e lì mi sfogo. La vita veramente è nata tutta in macchina durante uno sfogo nel traffico. È forse l’unico caso della mia vita in cui mi è venuta fuori tutta insieme una canzone, testo e musica in una volta sola. Ho iniziato a cantarla come fosse la canzone di qualcuno che conoscevo, è una magia che capita raramente.

Fulminacci brani
Shirt, gilet and trousers Maison Laponte, shoes Marsèll

Tu sai scrivere, ma sul serio. Che rapporto hai con la scrittura e quando hai capito di saper mettere in parole dei pensieri e delle emozioni?

È molto difficile rispondere perché nella vita, quando succedono le cose, non ti accorgi che stavano per succedere. Vieni travolto e ti scordi perché sei arrivato dove sei. Io fondamentalmente ho iniziato da bambino, hai presente quelle cose che scopri solo con l’ipnosi regressiva? (ride). Ricordo che effettivamente a dieci, dodici anni, scrivevo cose su dei fogli ma non sapevo cosa farci, però sentivo l’istinto di cantare quello che scrivevo. Una mattina avevo dedicato persino una canzone improvvisata al mio cane, che stava in giardino e mi fissava. È stata una delle mie prime esibizioni.

Finché non è arrivata anche la chitarra.

Sì, e mi sono concentrato su quello. Ma cantare era una cosa che mi bloccava ancora, mi vergognavo tantissimo. Ho acquistato fiducia canticchiando nella mia cameretta, sempre quando casa era vuota. Una delle prime canzoni che ho fatto e registrato è stata Una sera, mi aveva convinto e ho avuto l’esigenza di farla ascoltare. Poi è successo lo stesso con Resistenza.

«Tu che sei una e mi circondi»«C’è una specie di senso di vuoto, l’ho riempito coi film e le foto»«Anche se sembra di cadere, la parola di Dio e l’infinito ci basterà»: che effetto ti fanno le frasi che emozionano il tuo pubblico?

Domanda bellissima. Io non lo so, perché non riesco davvero a percepirmi. C’è un nesso tra le frasi che emozionano il pubblico e quelle che soddisfano me? Forse sono quelle facilissime da dire, poche parole ma che racchiudono più concetti. «Tu che sei una e mi circondi» è una frase di cui sono molto contento, perché è innanzi tutto vera, io lo penso. E poi esprime un senso di avvolgimento però usando il verbo «circondare», che potrebbe quasi far pensare ad un accerchiamento, se ci pensi lo leghiamo alla polizia. Quindi c’è una doppia situazione: sei in ostaggio di un sentimento bello. E che bello essere vittima di un sentimento.

Fulminacci canzoni famose
Shirt, gilet and trousers Maison Laponte, shoes Marsèll

Riesci a riascoltarle, le tue canzoni?

Ogni tanto sì. Mi emoziono quando sto su Spotify, ascolto le nuove uscite e poi di botto penso: «Vabbè, però pure io so’ uno di questi».

In Giovane da un po’ canti: «E grazie se avete lottato / Mi spiace se non ero nato». Sei nato negli anni Novanta, ma il disincanto non ti ha annichilito. Ci hanno sempre detto che non c’era più niente di nuovo da dire o fare, soprattutto nella musica. Invece?

È vero, la nostra generazione è stata martellata da questo concetto, ce lo hanno sempre detto. In realtà, tirando le somme, si vedrà che alla fine è capitato qualcosa di forte anche a noi. Il Covid, la crisi, assistere alla guerra in Europa. Noi siamo solo una delle tante generazioni, niente di più e niente di meno. Ma di certo nessuno può più dirci che siamo fortunati. Poi vabbè, se dovessi esprimere una preferenza, io avrei voluto vivere altri anni. Essere come De Gregori e Venditti, andare a sentire i Beatles in concerto da adolescente, fare gli anni Settanta a bomba…

Anche io, ma per fortuna te ne vai in giro in questi anni qua. Ci servivi.

Credits

Talent Fulminacci

Editor in Chief Federico Poletti

Text Chiara Del Zanno

Photographer Milli Madeleine

Stylist Simone Folli

Photographer assistant Giacomo Gianfelici

Stylist assistant Nadia Mistri

Grooming Alessandro Joubert @simonebelliagency

Nell’immagine in apertura, Fulminacci indossa total look Maison Laponte

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