Giacomo Giorgio, il sopravvissuto

A Giacomo Giorgio è andata bene perché non ha dovuto traumatizzare la famiglia, come avviene nella maggior parte dei casi dicendo di voler fare l’attore: la settima arte scorreva già nel suo Dna. Si definisce “finto” napoletano, in quanto si è trasferito a Milano all’età di otto anni.
Protagonista della serie Mare fuori con il cattivissimo Ciro, sta per tornare in tv con la nuova ed attesissima serie Sopravvissuti, produzione internazionale e grande scommessa di Rai1, in uscita in autunno, per la regia di Carmine Elia.

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Come nasce la tua passione per la recitazione?

Diciamo che per me è una tradizione famigliare, in quanto ho avuto la bisnonna e la trisnonna che erano attrici di teatro; quindi ho sempre avuto la passione per lo spettacolo, fin da piccolo.
In realtà quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande rispondevo di voler fare il supereroe, poi ho capito che esisteva un lavoro che racchiudeva tutto ciò che sognavo ed era l’attore.

Sei napoletano, secondo te voi siete più bravi perché avete nel sangue l’arte del racconto?

Allora in realtà sono un finto napoletano, in quanto ho vissuto a Napoli fino all’età di otto anni, poi per undici a Milano e, da quando le cose hanno iniziato ad andare bene nella recitazione, mi sono trasferito a Roma, però la verità è che a Napoli anche il pescivendolo potrebbe fare l’attore per quanta fantasia e passione ci mette per farlo.

Sei reduce dalla seconda stagione della serie Mare fuori, la più vista su RaiPlay, secondo te perché questo successo?

Credo che sia proprio per il fatto che non abbiamo preso in giro nessuno sia nella prima che nella seconda serie, abbiamo cercato di fare qualcosa di più, che andasse al di là del racconto di una storia malavitosa, anche perché era già stato fatto.
Ad esempio, la rappresentazione del male, cioè io con il mio personaggio Ciro: abbiamo cercato di raccontarlo non solamente come un boss malavitoso, ma in primis come un ragazzo che ha sbagliato, e che perciò reagisce e agisce come tale.
Quello che emerge è che non sono il più cattivo, forse sono semplicemente una vittima. Il nostro è il racconto della prigionia mentale e culturale.
La cosa che mi ha più colpito è stata quanto possa essere trasversale tutto ciò nelle generazioni, perché mi capita spesso di incontrare persone adulte, anche sui settant’anni, che mi fanno i complimenti ed hanno visto Mare fuori.

So che è stata confermata la terza stagione, come ti sei avvicinato al tuo personaggio?

C’è stato parecchio lavoro attoriale e registico dietro le quinte con tanti scambi di idee, poi personalmente utilizzo il metodo Stanislavskij, quindi immaginare e sapere tutto quello che era successo prima al personaggio è fondamentale, così da poterlo fare mio.
E poi ho lavorato su un animale (un esercizio classico del metodo, che mi è mi è servito moltissimo),la pantera nera, proprio per le sue movenze.

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Uscirà prossimamente l’attesissima Sopravvissuti, un po’ di ansia?

Sto letteralmente morendo, spero in una buona risposta del pubblico, anche perché questa volta stiamo parlando di Rai1, di un pubblico sicuramente più vasto, però Sopravvissuti non è esattamente una serie tranquilla.
È una grande scommessa, perché è una produzione italiana, francese e tedesca frutto di un’iniziativa della Rai, complessa nel titolo come nella realizzazione.

Dove avete girato?

La storia ha luogo a Genova, dove abbiamo girato sulla barca vera per appena un giorno, poi lo scafo è stato ricostruito in uno studio cinematografico e, per i restanti due mesi, abbiamo girato tutte le scene con green screen.
Insomma, è stata un’operazione complicatissima, l’imbarcazione aveva dei movimenti meccanici assolutamente realistici, e anche la pendenza era reale, come ovviamente la pioggia battente sopra di noi, per non parlare dei cannoni che sparavano acqua, è stata molto tosta, sia fisicamente che mentalmente.

Dimmi una curiosità sul tuo personaggio.

Devo ringraziare Carmine Elia che mi ha scelto in quanto anche regista di Mare fuori, ha avuto il coraggio di volermi per un personaggio che in realtà ha trentacinque anni, io invece ne ho ventitré.

A quanto pare lavori sempre, quando non sei sul set cosa ti piace fare?

Quando posso vado a teatro e guardo tanti film, ma fondamentalmente preparo i personaggi dei miei prossimi progetti.

Trench Gabriele Pasini, sweater and shorts Zegna
Jacket and trousers Gabriele Pasini, polo shirt L.B.M. 1911

Credits

Talent Giacomo Giorgio

Photographer Davide Musto

Ph. assistants Valentina Ciampaglia, Dario Tucci

Post-production Riccardo Albanese

Stylist Alfredo Fabrizio 

Stylist assistant Federica Mele 

Hair & make-up Eleonora Mantovani @simonebelliagency

Location The Hoxton Rome

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