“Il piccolo Barman”, la chiave di Flavio Angiolillo

Il piccolo Barman” è un altro di quei messaggi che la vita invia per insegnarti che è meglio spogliarsi dai pregiudizi e iniziare a ”sentire” le cose per come sono profondamente, non per come appaiono. Anche io, pronta in questa fase della mia vita a mettermi in discussione, pronta per nascita a crocifiggermi per gli errori commessi, devo ammettere pubblicamente che anche su questo libriccino mi sbagliavo. Perchè il mio primo pensiero è stato credere “ma cosa potrà mai insegnarmi un libretto sui cocktail e sulla vita di un barman?”, quando ho passato trentasei anni a leggere i grandi classici della letteratura? Come può uno sconosciuto scribacchino arrivare al mio cuore quanto i personaggi di Tolstoy o i flussi di coscienza di Proust? Ma più sfogliavo le pagine, più il mio sorriso si apriva, labbra in corrispondenza con il cuore, come avviene quando si crea la foto perfetta, ponendo sulla stessa linea di mira mente, occhi e cuore, come diceva Henry Cartier-Bresson.

Una piccola scoperta da leggere in una notte, magari sorseggiando un Lagavulin on the rocks e giocando a immedesimarsi nel cliente tipo, perchè questa bellissima fiaba, che ci porta con dolcezza alla storia di tutti noi illustra, testo e immagini, tutte le caratteristiche dell’essere umano che si presenta al bancone di un bar. 

La voce narrante è quella di un bambino che a 6 anni aveva già grandi sogni, disegnava una bottiglia rossa e dentro ci metteva le espressioni allegre di un adulto che si sollazza con l’elisir alcolico, quello che dona l’allegria. Un bambino curioso che crescendo non ha smesso di sognare, un piccolo adulto vispo e fantasioso che osserva un barman dal cuore grande e il flusso di anime che quest’ultimo incontra. Li studia senza giudizio e ascolta le loro conversazioni; passeranno da quel pezzo di teatro (il Backdoor43, il bar più piccolo del mondo) individui dai differenti caratteri: “il politico” borioso che pensa di comandare il mondo intero; “la donna d’affari” che rifugge la compagnia maschile per poi trovarsi a desiderarla; “il vanitoso” egocentrico tatuato e alla moda che non ha orecchie se non per le vuote lusinghe; “il saggio viaggiatore” che, taccuino alla mano, annota tutti i bar in cui è capitato… E il piccolo Barman, questo simpatico ometto dal ciuffo oro e bizzari baffetti, è così aperto alla vita da essere capace, con grande umanità e compassione, di accogliere i clienti e servirli donando loro una grande servizio: l’ascolto

Mi piace immaginare che lo spocchioso politico, una volta chiusa dietro di sé quella porticina e ingollato l’ultimo goccio di alcool, possa tornare in solitudine cambiato, riflettendo sulla conversazione con quell’omino tanto dolce dalle ingenue e sincere domande. Mi piace pensare che dentro quei bicchieri colmi di ghiaccio non si riassumano solo i nomi di altisonanti distillati e corposi liquori, ma piccole scintille di consapevolezza, come se l’appuntamento al Backdoor43 fosse più una seduta psicanalitica che il passo verso la dipendenza. 

Il piccolo Barman” è nato dall’idea di Flavio Angiolillo, dal sogno visionario di un imprenditore che ha le grandi doti comunicative del barman modello, scritto per mano del professionista Claudio Gallone, giornalista e consulente filosofico, e illustrato dalla mano caricaturista di Serena Conti, che ha colorato con brillantezza i personaggi che il protagonista incontrerà. 

Flavio Angiolillo, con delicata generosità, ci invita a guardare il piccolo mondo dietro il bancone di un bar, ci fa conoscere le persone che ha ascoltato, i problemi che ha scacciato con un colpo di Pina Colada, ci accompagna nel magico mondo in cui il suo mestiere è il più bello del mondo quando, conoscenza e consapevolezza sono dei fiori che vanno coltivati con passione e dedizione. Sono questi i due ingredienti base per essere un bravo barman, di quelli che ti sorridono quando vai a casa loro, che ti chiedono quali sono i tuoi desideri, quelli che si interessano sui tuoi gusti e che ti danno, anche il tempo di un drink, l’illusione che le brutture del mondo non esistano più, che sapere se preferisci whisky o gin sia più importante della tua posizione sociale, di quelli che ti fanno un cocktail come se mescolassero dentro un quarto di gentilezza, tre quarti di ascolto e una goccia di amore, di quelli che quando li saluti ne senti già la mancanza perchè sì, il cocktail era buono, ma lui di più. 



“Il piccolo Barman”, Giunti Editore

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