Che bello, passare osservati

Jon Bronxl
Jon Bronxl

Le tante sfaccettature della vita di Jon Bronxl

Arrivato in Italia a tre anni da una famiglia ghanese molto rigorosa in termini di educazione religiosa (mamma pastore, papà reverendo, i suoi genitori sono cristiani protestanti), John Adu Bohane, 33 anni, uno tra i nomi più interessanti della creatività della black community italiana, si è trasformato in Jon Bronxl: toglie la “acca” dal nome e trasforma il suo cognome, prendendo ispirazione dal quartiere dove viveva, che si chiamava Baroncello. Ha avuto tante vite: modello, musicista, content creator, influencer, talent-scout, designer di moda, ora fashion photographer e attivista nella causa della visibilità della comunità black in Italia. 

«È stato il lockdown a farmi prendere una decisione sulla mia attuale professione. Durante il confinamento ho avuto modo di concentrarmi sui miei progetti, di entrare in contatto con amici e mentori». In questo momento, sta realizzando con la sua fidanzata libanese un progetto dedicato alla Natura «ma in modo nuovo, perché finora è stata trattata in maniera boring, mentre merita una narrazione più fantasiosa, fiabesca, anche da fumetto».

Nei prossimi mesi, sarà impegnato nel progetto Off with Nature, serie di video dedicati a persone immersi nel paesaggio di foreste o mari.

Lui vive da vari anni a Milano, sui Navigli, «ma nella parte meno folkloristica» e parla alternando forte accento veneto, anglicismi, vezzi linguistici da meneghino doc con la “e” aperta. «Sono cresciuto con valori molto forti, che poi aiutano nella vita, qualunque cosa tu voglia fare. Nel mio caso, mi hanno garantito una certa indipendenza dalla superficialità e dalla chiusura mentale di certi ambienti: quello della moda, così pieno di finti snobismi, come quando facevo il modello, o quello dell’arte contemporanea, così chiuso ai nomi nuovi».

Studiando le connessioni tra natura e ritratti in posa
Studiando le connessioni tra natura e ritratti in posa, Jon Bronxl

The Good Neighbordhood Collective

Spulciando il suo Instagram c’è grande evidenza al suo progetto The Good Neighborhood Collective, una piattaforma che cerca di raccogliere storie, persone e attività della comunità black in Italia. «È nato come una pagina-collage dove pubblicavo musica, arte e pezzi black, più o meno tutta la roba che trovavo, poi ho deciso di organizzare quel materiale per far conoscere a tutti quanti giovani talenti black italiani siano riusciti a fare qualcosa di bello e d’importante: non solo creativi, ma studiosi, scienziati, cuochi, tutto. 

Resiste nell’immaginario dei nostri amici bianchi è uno stereotipo calato sul bianco. Ci vedono rider, rapper, calciatori, e questo nel migliore dei casi. E se un nero è diplomato al conservatorio per la musica classica o detesta la trap, come me, che succede? Quale posto abbiamo, nell’immaginario collettivo? Il mio tentativo è di far abituare tutti a considerare gli afrodiscendenti come persone che possano svolgere anche lavori considerati più nobili».

Ark Joseph Ndulu
Ritratto di Ark Joseph Ndulu, Jon Bronxl

Per questo Bronxl va anche nelle scuole, specialmente gli istituiti tecnici, «dove la società ha già deciso quello che farai: meccanico, operaio, trasportatore… E non ti dà la possibilità di sognare di realizzarti in un modo diverso. Io credo che per tutti – bianchi e neri – ci voglia un fuoco sacro che ti motivi a fare determinate cose, ma se lo affievolisci perché qualcun altro ha già deciso per te, quei pochi che ce l’hanno finiscono per spegnerlo». Un’attitudine che coltiva anche nelle sue foto… «Certo: all’inizio devo ammettere che, interessato ai fashion shooting, anch’io ero influenzato da un’idea estremamente stereotipata, standardizzata e convenzionale di bellezza. Poi, invece, ho capito che preferivo molto di più le persone vere ai modelli o alle modelle professioniste, perché soltanto così sarei riuscito a cogliere la loro unicità, la loro vera essenza, per restituirla allo spettatore».

Ambush x i-D
Ambush x i-D, Jon Bronxl

Ex modello, oggi affermato fotografo, ambassador di Timberland, influencer… Senta Jon, diciamoci la verità: ma a lei sarebbe capitato lo stesso destino se non fosse nato così attraente? «Ma sta scherzando? Sono magro, alto: quand’ero più giovane, in Italia il ragazzo black figo era considerato il tipo alla Balotelli, muscoloso, ripieno di testosterone. Io ero strano, mi sentivo strano. Poi succedeva che piacessi molto alle ragazze “strane” della città – ogni città, ogni villaggio ha una comunità di “strani” – e con cui però ci si intendeva, ci si riconosceva. A proposito di convenzioni sociali sul concetto di bellezza: ora posso sembrare piacevole, ma dieci, quindici anni fa, non era così». E ride. 

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