La mini guida su Roma


Roma è la città delle quattro stagioni, piace sempre, e anche se mormora di voci, i riflessi delle ombre sulla maestosa Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona regala un religioso silenzio interiore, dove poterci vedere tutti gli occhi che l’hanno attraversata nel corso della storia romana. 


Roma è un uomo semplice dall’abito distinto ed elegante, i musei ed i palazzi che l’attraversano parlano da sé, a volte nostalgici, a volte acciaccati dal tempo, ma conservando sempre una qualche virile dignità. 
Per poter guardare dentro Roma si ha bisogno di mille occhi e molto cuore; la linea retta che collega il proprio sguardo allo spazio deve salire su fino al cielo, dove solenni colonne si ergono a formare quelle che un tempo furono dimore di imperatori romani. Più ci si apre, più Roma regala bellezza, ma anche per chi ha poco tempo, così da prenderla a pizzichi e bocconi, Roma regala delle piccole chicche dove fare tappa per una due giorni full immersion. 




Museo MAXXI – Museo Nazionale delle arti del XXI secolo

Della materia spirituale dell’arte” è la collettiva presente al MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XXI secolo, cui partecipano diciannove artisti di fama internazionale chiamati a raccontare il tema dello spirituale attraverso il loro sguardo contemporaneo. Yoko Ono, tra questi, risponde con un progetto in cui spiritualità è condivisione e ci chiede di creare con lei l’opera, una ricerca comune, con risposte e cammini diversi.

La ricerca della spiritualità è una riflessione a lungo percorsa nella storia dell’arte, che ha quasi sempre visto il tentativo di rappresentare il non rappresentabile attraverso l’astrazione dell’arte; Yoko Ono invece mette in gioco l’elemento materiale, chiede di trasformare un pensiero, un sogno, una parola, in qualcosa di visibile, e allora lo spazio bianco prende forma, si fa vivo, e per farlo abbiamo a disposizione colori e pennelli e tutta la nostra creatività.

La mostra è visitabile fino al 15 marzo 2020



Palazzo Barberini

Palazzo Barberini è sito in via Quattro Fontane e ospita l’importante Galleria Nazionale d’Arte Antica dove sono custoditi, insieme a Palazzo Corsini, i più grandi capolavori dell’arte pittorica. Fino al 1949 il palazzo fu dimora storica della famiglia Barberini per poi essere venduta allo Stato Italiano; la celebre scala elicoidale opera di Borromini collega i piani dell’attuale museo dove al piano nobile si estende il famoso affresco realizzato tra la fine del 1632 e il 1639 da Pietro da Cortona, il “Trionfo della Divina Provvidenza”. 400 metri quadri di soffitto con un vortice di figure , elementi naturali e architettonici che coinvolge lo spettatore in una straordinaria avventura visiva ed emozionale. Il tema fu elaborato dal poeta di corte Francesco Bracciolini da Pistoia sotto il pontificato di Urbano VIII, e tendeva ad esaltare il Papa, la sua famiglia e la Chiesa.

Nelle prime sale ci da’ il benvenuto un “Nudo femminile di schiena” di Pierre Subleyras (1740 cca); non ci è dato sapere il nome del soggetto, né possiamo riconoscerlo o intuirlo, come spesso accadeva dagli abiti, dagli orpelli, dai simboli o dalle iconografie; l’identità è un mistero ma la presenza di questa donna, nella completa nudità del corpo, si fa sentire ed anticipa di un secolo l’imbarazzo che un altro francese, il pittore Eduard Manet, provocherà con più scalpore con il ritratto di Olympia.

Nel salone dedicato al Caravaggio sono conservate tre opere fondamentali del grande artista: Giuditta taglia la testa a Oloferne, Narciso e San Francesco. La prima, 1600 cca, raffigura l’uccisione del generale assiro Oloferne per mano di Giuditta, così come narrata nell’Antico Testamento tra i testi Deuterocanonici (Giuditta, 13,9-10). Per chi non conoscesse la storia, Giuditta è una giovane vedova ebrea che vive a Betulia, città assaltata dalle truppe degli Assiri, guidati da Oloferne. Per salvare il proprio paese Giuditta decide con coraggio di sedurre l’uomo per poi ucciderlo in un momento di debolezza, mentre ubriaco si addormenta, decapitandolo. Nel dipinto Caravaggio descrive perfettamente i tratti che animano l’eroina, stessa enfasi che spinge il pennello a disegnare la paura negli occhi di Oloferne. Sullo sfondo della scena un drappo di un rosso fiammante accentua la teatralità del gesto, amplifica il sensazionalismo di un attacco a sorpresa, oggetto che Caravaggio userà spesso in altre sue opere.

Giuditta e Oloferne, Caravaggio 1600 cca

Identica scena vista dalla mano di Francesco Furini (Giuditta e Oloferne 1630-1635), con l’aggiunta di dettagli ambigui e sensuali, incorniciati sotto una tenda in piena notte, come la gamba nuda di Giuditta e il piede che indica in basso i sandali slacciati, come recita il testo biblico: “i suoi sandali rapirono gli occhi di Oloferne” e con queste armi il conquistatore fu conquistato.

Il secondo piano del palazzo ospita dal 2011 alcune opere del frivolo ‘700 , come “La piccola giardiniera” di Francois Boucher e “Fanciulla che esce dal letto” di Jean Frédéric Schall.



Madeleine, Via Monte Santo, 64

Madeleine è un bistrot in stile belle époque sito nel quartiere Prati di Roma; a pronunciarlo viene subito in mente quel dolce francese assaporato da Proust che lo riportò a memorie involontarie. Ma non solo madeleine, il locale accoglie gli ospiti dalla prima colazione alla cena, si comincia con un pain au chocolat, crostate, Saint Honorè, macarons allo zafferano, cassis e pistacchio, tarte citron meringuée, millefoglie con chantilly e frutti di bosco, e si passa all’arte della mixology con un cinquieme arrondissement fatto di gin, sambuco, lime, simple syrup e vino rosso, per concludere con un rollè di coniglio farcito, funghi, parmigiano e puntarelle. 
Alle pareti non potevano mancare i ritratti del grande scrittore che li ha ispirati, Proust per l’appunto, e una collezione di teiere che farebbero impazzire Csaba dalla Zorza. Al piano inferiore carta da parati in stile chinoiserie, e le collezioni di farfalle, utili come scusa per invitare a cena una gentil dama. 

Madeleine, Roma



PACIFICO Ristorante

A Palazzo Dama, uno degli hotel 5 stelle della capitale, ha aperto il secondo “Pacifico”, ristorante con cucina peruviana-nikkei, dopo il successo del primo spazio milanese. 
Jaime Pesaque, Corporate Chef di PACIFICO, è considerato tra i migliori chef Peruviani al Mondo, ed è l’ideatore del ricco e prelibato menu definito “la massima espressione della cucina Nikkei in Italia”, dominato da ceviche, tiradito rivisitati, tacos e anticuchos, crudi italo-giapponesi e una ampia selezione di Dim Sum accompagnati da salse peruviane.

Dell’oceano, come elemento di unione tra i paesi, ha preso il colore blu intenso dei drappeggi e delle poltrone; i grandi chandelier illuminano le sale con una luce perfetta per una cena tête-à-tête, soffusa e calda, così dev’essere; i tavolini in vetro laccato, i dettagli in ottone, maestose palme e l’affaccio alla piscina circondata da un giardino fruttato, conferiscono al locale un’aria elegante ed esotica.
Fino a tarda sera, per gli animali notturni, il bar di Palazzo Dama diventa Pisco Bar, dove poter gustare l’omonimo cocktail a passi di danza.




Hotel Lord Byron, via Giuseppe De Notaris, 5


Antica dimora patrizia nell’elegante quartiere Parioli, l’Hotel 5 stelle Lord Byron è il luogo più esclusivo e riservato dove poter alloggiare durante il vostro soggiorno nella capitale. 

Vicino alla splendida Villa Borghese e a pochi minuti da Piazza del Popolo, questa storica villa in stile Art Deco’ offre il servizio impeccabile e discreto di una struttura alberghiera e l’accoglienza calda e premurosa di una casa privata. 

Qui un tempo alloggiavano gli illustri personaggi dell’aristocrazia, oggi, in gran segreto, si riuniscono nelle sale del ristorante politici, attori e il jet set del cinema italiano e internazionale. 


Suite, lounge, spazi comuni, sono legati da un comune denominatore: la donna. Deliziosi ritratti femminili accompagnano le sale del Lord Byron in una marcia che è un inno alla donna. Sono donne in abiti dalla fattezza elegante e ricercata, con leziosi cappellini ed abiti anni ’30; passano tutte le età della vita, non ci è dato sapere la loro identità, ma sappiamo che tra queste si cela il volto della proprietaria, che di tanto in tanto si aggira tra le mura della villa, in incognita. 


La Panoramic Suite offre una meravigliosa vista sul parco di Villa Borghese; è arredata in stile Art Deco’ inizi ‘900 con pregiati mobili in mogano e palissandro, bagni in marmo, un set di cortesia completo per corpo e capelli di Etro, tessuti pregiati per la biancheria da letto ed è illuminata a giorno. Un ricco portafrutta in vetro vi accoglie nella camera, strabordante come una scintillante natura morta caravaggesca. 

Jerry Thomas, speakeasy

Una porta in legno scura vi aspetta segretamente per essere aperta, per poterlo fare avrete bisogno di una password che troverete sul sito del locale (nascosta ovviamente), varcata la soglia, dopo averla pronunciata sottovoce, vi attendono gli anni ’30 in pieno Proibizionismo, quando l’alcool viene messo al bando. Qui esiste una sola regola: bere bene. Il Jerry Thomas è infatti il primo “speakeasy” italiano che rientra nella classifica dei “50 World Best Bar”; prende il nome dal più grande barista statunitense che, grazie al suo spirito creativo, è stato soprannominato “il padre dell’arte di miscelare i cocktail”.
Mixology è la laurea dei componenti di questo “secret bar”, un’oasi di pace ed estasi dove poter chiedere lo scenico “Blue Blazer”, un preparato dello storico Professore a base di whisky scozzese e acqua bollente, l’icona dei drink, il re assoluto, un arcobaleno infuocato che passa da un boccale all’altro cinque volte per essere ben mescolato, una perfetta dose di esercizio e spettacolarizzazione. 

Jerry Thomas non è un semplice locale, è un’esperienza da vivere, si viene accolti con un mini calice di champagne con due gocce di bitter al bergamotto e ci si sente subito coccolati; non è un caso trovare al bancone chef stellati che si rifocillano con un cocktail Martinez e fedeli compañeros che tornano per “il solito”. La clientela è internazionale, conversa a bassavoce; il personale è preparato e parla cinque lingue, consiglio vivamente una serata al bancone per chi è interessato al magico mondo della mixology; a degustare un piatto senza sapere cosa si sta mangiando si gode solo a metà.

La luce è soffusa e accompagnata da quella calda delle candele; alle pareti rosse, i ritratti dei più grandi gangster della storia; il famoso “Vermouth del Professore” si deve proprio ai fondatori del locale, il primo prodotto di una lunga serie, frutto di un laboratorio creativo tra il marchio e le distillerie Quaglia. Jerry Thomas è il posto ideale per ribaltare le sorti di una serata! 



Foto e testo @ Miriam De Nicolo’

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