LE MAISON CHE HANNO ATTIRATO L’ATTENZIONE ALLA PARIS FASHION WEEK UOMO

La Paris Fashion Week Men’s ha mostrato chiaramente quanto un sistema solido, e che scommette sulle nuove generazioni, possa dar vita a un calendario ricco di proposte stimolanti. Con ben 76 show (42 défilé e 32 presentazioni), sulle passerelle si sono fatti notare numerosi brand emergenti, mentre alcuni grandi nomi sono tornati nella Ville Lumière: Valentino, Balmain Homme e Gmbh. Tra tutti, però, alcune maison sono riuscite (nel bene e nel male) a catturare la sacrosanta attenzione di fan, degli addetti ai lavori e degli utenti social, garantendosi così l’eternamente agognata visibilità.

SETTIMANA MODA UOMO PARIGI
Balmain Homme fashion show

Louis Vuitton: il più discusso alla Paris Fashion Week uomo

Con Pharrell da Louis Vuitton, la nuova direzione creativa del marchio è ormai evidente e non lascia spazio a malinconie di alcun tipo (fatta eccezione per un richiamo a una collezione del suo predecessore Virgil Abloh per Off-White). Tra cappelli da cowboy, turchesi originali dell’Amazzonia, stivali in pelle di struzzo e accenni all’abbigliamento da lavoro, l’Autunno Inverno 2024 2025 ha sfilato in passerella accendendo gli animi (e i dibattiti sui social). L’ultima fatica di Pharrell sembra celebrare la Western culture americana apparentemente più stereotipata e hollywoodiana, ma in realtà c’è di più. Con una performance dei Native Voices of Resistance di un tradizionale brano Lakota, co-composto da Pharrell e Lakota “Hokie” Clairmont, il creativo ha voluto ricordare al mondo come gran parte dei cowboy originali fossero in effetti nativi americani.

Un’intenzione narrativa la sua, dunque, di diffondere una storia spesso poco contemplata e di restituire all’immaginario comune una sua versione più vicina alla realtà, affinché possa essere nuovamente apprezzata. Ovviamente il focus è sulla pelletteria, con la Speedy e la Keepall in primo piano, proposte in colori pop e sgargianti, che affiancano il Damouflage – ormai motivo distintivo di Pharrell – e una collaborazione con Timberland. Intercettando il revival Wild Wild West che da qualche tempo si era insinuato nella cultura pop contemporanea (un saluto a Pedro Pascal ed Ethan Hawke in “Strange Way of Life” di Almodóvar), Pharrell ha mandato in passerella una collezione i cui echi non tarderanno a mostrarsi su tutti i vostri amici più trendy.

Givenchy senza Matthew Williams

La prima collezione dopo la dipartita del direttore creativo Matthew M. Williams è stata realizzata dal team di Givenchy. Il tema preso in considerazione è la definizione di “Gentleman” nei tempi odierni e la maison ha provato a crearne un modello sulla base del guardaroba di Hubert de Givenchy stesso. Da qui la prima uscita della line-up, dove il look è caratterizzato da una camicia ispirata alla nota uniforme da lavoro del couturier.

In generale, la celebre formalità delle impeccabili scelte vestimentarie di Givenchy è stata trasferita su abiti da giorno e da sera dalle linee nette, rivisitati da maniche a mo’ di cappa (che lui amava). Gli accenni al workwear e lo styling riportano i look ai nostri giorni, con layers e accostamenti moderni. La ricerca del team è evidente nelle stampe storiche apparse su giacche, un top, una camicia e pantaloni: quella con il motivo a candelabri risale al 1954, mentre la stampa all-over con il muso di un gatto è dell’Autunno Inverno 1952. Infine, l’iconico foulard con la stampa realistica di capelli lunghi (Primavera Estate 1953), è stato rivisitato e reinserito per la prima volta in una collezione maschile.

EGONlab-els alla Paris Fashion Week Men’s

A primo sguardo la collezione Autunno Inverno 2024 2025 di Florentin Glémarec e Kevin Nompeix dimostra chiaramente come il loro marchio, EGONlab, sia maturato. Le proposte sono generalmente più commerciali e la partnership con UGG è un’ulteriore prova della nuova direzione che sembra aver intrapreso il brand. Le silhouette da power-suit anni Ottanta (che a quanto pare continueranno a definire il nostro guardaroba) diventano un mezzo per lavorare sulle proporzioni del corpo. Su quest’onda delle grandi spille rimboccano il tessuto dei cappotti e di un maglione, lunghe cinture segnano il punto vita, top asimmetrici s-coprono i torsi. Quest’approccio al corpo richiama il disturbo da dismorfismo corporeo, spesso legato al mondo dei social e alla percezione distorta che le nuove generazioni, ma in generale anche chiunque abbia un account, hanno del proprio aspetto.

Schermi e filtri hanno distorto gli standard di bellezza, spostato la linea che separa realtà e finzione e le conseguenze psicologiche sugli utenti sono state palesate da tempo. L’attenzione dei fashionisti (e non) però è ricaduta su EGONlab per alcuni look che mostravano modelli in passerella senza top, ma vestiti solo di etichette (labels). Un trick interessante per scatenare un ulteriore quesito: “Il re è nudo?”. Il lusso è rappresentato dalle etichette, dalle griffe? L’attenzione ricade più su quello che sui capi di abbigliamento effettivi? Agli occhi altrui, sono le etichette che di definiscono? Oppure la moda è un gioco dove ognuno può sfogare la propria fantasia e, in questo caso, immaginare che i modelli indossino qualsiasi cosa ci passi per la mente?

Le riflessioni personali di Rick Owens

Porterville è la città natale di Rick Owens in California, e il nome della sua ultima collezione maschile. La location d’elezione questa volta era casa sua, affacciata su Place du Palais Bourbon nel settimo arrondissement di Parigi. Tutto urla intimità. In un momento storico come questo, circondarsi delle poche certezze che si hanno, aprire la propria casa a “pochi” ospiti scelti (un centinaio circa) è sembrata la scelta migliore per il designer, che solitamente organizza degli show-festival. La lotta all’intolleranza (che racconta di aver subito proprio a Porterville) è la sua missione.

Proporzioni grottesche e disumane sono la risposta a tempi altrettanto oscuri, esemplificate negli stivali gonfiabili e nelle cappe-bozzolo in alpaca, dalle apparenze aliene (tipiche del brand) e disturbanti. Il cuore gentile di Owens si è palesato invece con l’invito ad alcuni artisti di partecipare alla collezione con idee proprie; nella stessa direzione va il casting, sempre singolare, che questa volta tra i nomi di spicco comprendeva Gena Marvin, l’artista trans russa esiliata dal proprio paese.

LOEWE e “l’algoritmo della mascolinità”

Ancora una volta Jonathan Anderson ci mette di fronte le contraddizioni che caratterizzano la contemporaneità. In particolare, il designer riflette sullo stato della moda oggi che siamo completamente immersi nel mondo digitale, dove internet detta le regole, ma perché internet, alla fine, siamo noi. Secondo le parole di Anderson è finita l’era del “questa stagione andrà questo o quello”: tutto è possibile e tutto è lecito.

Ormai tipici della poetica andersoniana, arte, moda, filosofia ed erotismo si fondono per porre l’attenzione su gesti, capi e abitudini vestimentarie che caratterizzano l’uomo contemporaneo. Tutto questo è stato trasmesso tramite un’eccellente manovra di styling, che conferisce alla collezione quel non-so-che di trasandatezza cool, di menefreghismo misto pigrizia misto bad boy. Pantaloni infilati nei calzini, cinture slacciate le cui cinghie si sovrappongono alle camicie, colletti sbottonati e tirati dal peso delle borse a spalla. Tutto ciò costellato dalle stampe realizzate in collaborazione con l’artista americano Richard Hawkins, i cui dipinti sovrapposti di giovani uomini prendono forma a partire dalla pop culture, la storia dell’arte e il porno.

Xoxo, BALMAIN Homme alla Settimana della Moda Uomo di Parigi

Olivier Rousting ha presentato la sua prima linea uomo, Balmain Homme, dopo 4 anni. In linea con la sua concezione “loud” di moda e lusso, generalmente lontana dalle tendenze e dichiaratamente contraria al tanto dibattuto “quiet luxury”, la collezione incarna un uomo “libero, che non ha paura del giudizio altrui” ha affermato Rousting.

L’attenzione, però, sembra essere ricaduta interamente sull’ultima uscita, dove una maestosa Naomi Campbell ha sfilato con un maxi cappotto cammello appoggiato sulle spalle, e una cintura scultorea a cingerle la vita. Si tratta di un bouquet floreale sorretto da due braccia che sembrano fuoriuscire dal cappotto. Un twist teatrale ed eccentrico, sicuramente esplicativo della poetica del brand. Come è stato fatto notare a profusione sui social però, si tratta di un accessorio che rimanda altrettanto fortemente a un’altra nota maison francese… Per il resto, Rousting si è divertito a ironizzare sulle critiche circa le dimensioni delle sue labbra, stampando e ricamando impronte di baci e bocche suadenti sui capi, rimanendo coerente rispetto alle sue affermazioni.

Lo speech di Gmbh

Serhat Işik e Benjamin Alexander Huseby hanno chiuso la Settimana della Moda di Parigi con un messaggio forte e chiaro: cessate il fuoco. I designer di Gmbh, il primo di origini turco-germaniche e il secondo di origini pakistane, nato in Norvegia, non sono nuovi a claim di questo tipo. Già nel 2021 infatti avevano realizzato una capsule collection battezzata Free Palestine. La moda (teoricamente) chiave di lettura di una società in un determinato contesto storico e geografico, può rivelarsi uno strumento molto efficace per trasmettere una presa di posizione politica.

In un discorso di apertura allo show, i designer hanno schiettamente espresso la loro preoccupazione riguardo l’attuale panorama politico mondiale. «Si tratta di mostrare la nostra umanità», ha spiegato Huseby: «Gran parte del nostro lavoro riguarda la bellezza del nostro patrimonio e mostrare al mondo che le nostre apparenze non ci rendono terroristi.» Ha aggiunto: «La moda fa parte di un processo di guarigione, di decolonizzare le nostre menti e inviare un messaggio di apertura, umanità e tolleranza».

Sfilano lungo la passerella le silhouette tipiche del brand, provenienti dal mondo techno berlinese. Il colletto delle giacche, però, era ispirato alla kefiah: alle volte nel design, altre nel motivo a scacchi. Alcune stampe raffiguravano il logo della Nazioni Unite e lo slogan “Untitled Nations”, mentre in altri casi si trattava di una fetta di anguria i cui colori rimandano alla bandiera della Palestina. Ad aumentare l’emotività della collezione, il casting di modelli includeva amici e parenti di Işik e Husbey, alcuni “protetti” da balaclava e altri che indossavano i tradizionali copricapi da preghiera.

I Flash “Haute Couture” di DIOR Men dalla Paris Fashion Week Men’s

Kim Jones lancia l’haute couture maschile nella storica maison di Avenue Montaigne. Partendo dalla vita di uno zio ballerino e fotografo, tale Colin Jones, il designer si è ispirato a un suo reportage stile “un giorno nella vita di” relativo al grande Rudolf Nureyev. Lo zio Colin Jones faceva parte del British Royal Ballet negli anni Cinquanta e nel 1966 realizzò il servizio su Nureyev per il Time Life.

Lo show si basa interamente su questa vicenda: un libro fotografico sulle immagini di Nureyev scattate dallo zio è stato distribuito fuori dallo show e la collezione è stata dedicata a lui e al fratello David, il padre di Kim Jones stesso. Il legame della maison con il mondo della danza è segnato anche dall’amicizia di Monsieur Dior con la ballerina Margot Fonteyn, cliente della casa di moda e partner di Nureyev nel debutto di Romeo e Giulietta del 1965.

I look da giorno sono quindi ispirati a tutto questo background, dove a rubare la scena sono forse le “ballerine” da uomo, calzatura di tendenza per la stagione. I veri protagonisti però sono senza dubbio i look da sera che sfociano nell’Haute Couture: un kimono argentato realizzato a mano a Kyoto, a cui sono susseguite tuniche imperlate e t-shirt e top in pelle stampata cocco. Il toile-de-jouy Dior e l’abito Debussy hanno ispirato alcuni look, mentre perline e diamanti dell’alta gioielleria Dior impreziosivano cappotti, giacche e top all’altezza del collo o della vita. Un approccio tutto sommato pragmatico, ma dal risultato sofisticato: la manovra tipica di Kim Jones nelle sue collezioni uomo.

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