LA LIBERTÀ DI ESSERE SE STESS*: I CORPI E LE STORIE DELLA MOSTRA RI-SCATTI

Il corpo. Primo vero strumento per orientarsi nel mondo, superficie su cui vengono impressi segni e ferite che determinano lo status del soggetto. E proprio il corpo è protagonista indiscusso di una mostra, giunta alla nona edizione, in programma a Milano dal 7 ottobre al 5 novembre 2023. Stiamo parlando dell’esposizione Ri-scatti, progetto di fotografia sociale pensato per dare visibilità a categorie di persone fragili, emarginate o stigmatizzate. Per questa edizione il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea, ospita la mostra dal titolo Ri-scatti. Chiamami col mio nome, a ingresso gratuito. L’iniziativa, patrocinata dal Comune di Milano con il supporto di Tod’s, racconta diverse esperienze di persone transgender, dal rapporto con il loro corpo al percorso di ciascun* nell’affermazione di genere.

La mostra Ri-scatti. Chiamami col mio nome racconta vissuti, gioie e sofferenze

Un vero e proprio riscatto: ecco l’obiettivo perseguito dagli organizzatori della mostra, impegnati, per questa edizione, nel dare voce a persone transgender e non binarie. Trecentoventiquattro scatti fotografici rappresentano in modo sfaccettato il vissuto, le gioie, le sofferenze, la quotidianità di soggetti spesso vittime di discriminazione e violenza. L’aspetto forse più significativo dell’intera iniziativa è il fatto che le opere esposte siano state realizzate proprio da persone transgender e non binarie. Raccolti i principali strumenti tecnici e narrativi grazie a un laboratorio fotografico durato tre mesi, ciascun* ha potuto esprimersi liberamente, raccontandosi attraverso gli scatti.

 La mostra Riscatti. Chiamami col mio nome racconta diverse esperienze di persone transgender e non binarie.
Ri-scatti. Chiamami col mio nome racconta diverse esperienze di persone transgender e non binarie

«È la prima volta nella storia del nostro Paese che un museo civico decide di ospitare una mostra all’interno della quale le persone trans sono protagoniste e non oggetto della lente di una storia scritta da qualcun altro». Così afferma Guglielmo Giannotta, presidente dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET). «Ogni partecipante ha sviluppato il suo personale progetto ma, sarà evidente appena varcherete l’ingresso della mostra, il fil rouge è il corpo; un corpo politico, che non chiede di essere accettato o convertito, bensì ascoltato e riconosciuto nella sua libertà di autodeterminarsi in quanto tale».

A ogni storia la propria narrazione

Molteplici sono le tipologie di narrazione adottate, dalle più letterali alle più allegoriche. Alcune fotografie rappresentano in modo esplicito il tema della transizione, mostrando i cambiamenti a cui il corpo va incontro durante il percorso o ponendo l’accento sull’aspetto della terapia ormonale. In altri scatti, invece, l’affermazione di genere si dipinge in modo più simbolico, quasi poetico. Atmosfere calme e serene si scontrano bruscamente con toni cupi, oscuri, a rappresentare luci e ombre che contraddistinguono un percorso come quello di transizione. Non mancano poi fotografie dal sapore ironico, quasi a voler sdrammatizzare, affrontando con leggerezza e consapevole ironia tematiche complesse.

Foto e cataloghi della mostra saranno messi in vendita presso il PAC. L’intera somma ricavata verrà devoluta in favore dell’ACET e dello Sportello Trans di ALA Milano Onlus.

Il corpo è mio e decido io!

Osservando gli scatti sembra quasi di camminare al fianco di ogni persona nel suo personale percorso verso l’affermazione di genere. La mostra si propone come una sorta di viaggio alla scoperta di esperienze e vissuti diversi ma accomunati da un unico grande punto fermo: il desiderio di autodeterminarsi liberamente, gridando al mondo: «Il corpo è mio e decido io!».

Andare oltre quel bramoso tentativo di classificazione che la società ancora oggi rincorre, liberarsi di inutili etichette assegnate “dall’alto” senza il proprio volere, sentirsi a tutti gli effetti sé stess*. Questi sono i tre grandi obiettivi perseguiti da Ri-scatti. Chiamami col mio nome, puntando allo sviluppo di una nuova consapevolezza, soprattutto nelle generazioni più giovani. Solo attraverso conoscenza ed educazione sarà possibile costruire una società di domani più attenta e sensibile ai bisogni altrui, senza distinzioni. Abbattere quei preconcetti e pregiudizi ancora oggi fortemente radicati costituirà un passo essenziale verso uno scenario di totale rispetto, uguaglianza e libertà.

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