Summertime, cinema d’autore e non solo: il talento sfaccettato di Andrea Lattanzi


Volto della serie Summertime insieme ad altre promesse del panorama attoriale italiano, Andrea Lattanzi è un artista poliedrico: al di là della carriera ben avviata sullo schermo (che l’ha visto cimentarsi con opere prime, thriller e pellicole drammatiche, da Manuel Palazzo di Giustizia passando per Letto N. 6 e Sulla mia pelle), impegna il suo tempo scrivendo, componendo musica, dilettandosi con la fotografia. In attesa di vederlo nuovamente nei panni di Dario nella terza stagione del teen drama di Netflix (la seconda è disponibile ora sulla piattaforma di streaming) e nel film La svoltacon Manintown ha parlato di esordi, provini, set, città agli antipodi nel vero senso della parola (Roma e New York) e altro ancora.

Hai frequentato vari corsi di recitazione e, a un certo punto, ti sei trasferito negli Usa con il sogno dell’Actors Studio. Diventare un attore, dunque, è sempre stato un tuo obiettivo?

«La recitazione in realtà è arrivata un po’ per caso, un primo approccio risale all’ultimo anno di scuola media, quando sostenni un provino di cui avevo letto su un volantino. Intorno ai 17 anni la passione si è riaccesa, ho iniziato a studiare e un coach mi ha dato la spinta necessaria ad andare fuori, così mi sono trasferito a Londra e poi a New York, con il sogno dell’Actors Studio.
Ho vissuto un periodo intenso, ritrovandomi anche a dormire per strada. Ogni settimana andavo all’Actors Studio ma non avevo il coraggio di entrare, quando l’ho fatto ho realizzato che per frequentarlo sarebbero state necessarie troppe cose, a partire dalla Green Card. Perciò sono tornato in Italia, il giorno prima di partire ho letto di un casting alla Festa del Cinema di Roma che vedeva in giuria Carlo Verdone, Lina Wertmüller e Daniele Luchetti. Bisognava recitare un monologo, ho scelto Er fattaccio di Gigi Proietti, fatto sta che Il giorno del provino il ragazzo prima di me ha portato lo stesso pezzo e Verdone lo ha interrotto dopo qualche minuto; quando è stato il mio turno ho preso coraggio e, davanti alle sue rimostranze, l’ho pregato di non fermarmi. Alla fine ho vinto il concorso, è cominciato tutto da lì».

Hai dichiarato che «un attore dovrebbe essere un artista a 360 gradi», in effetti sembri avere una creatività sfaccettata: fotografi, scrivi, componi musica… Ti va di parlarci di queste tue inclinazioni, pensi che potrebbero trovare spazio nel tuo percorso artistico?

«Tutte queste attività, semplicemente, mi completano, mi fanno stare bene. Ho iniziato adesso un’altra sceneggiatura, canto, ho scritto dei testi musicali. Sono un attore e mi piace da morire, ma in quanto tale mi reputo un artista, e alla fine ogni artista è un insieme di tante cose differenti».

Hai recitato in film drammatici, thriller, serie, ci sono generi che prediligi o con cui vorresti metterti alla prova? E registi con i quali sogni di lavorare?
«Credo che un attore debba essere versatile, disposto a trasformarsi, a sperimentare il più possibile. Detto ciò, preferisco il cinema autoriale, come i due film che finora ho più amato, cioè Manuel e La svolta, gli unici dai cui set ho preso un ricordo, il giubbotto indossato in scena; sono pellicole sotto certi aspetti simili e, a livello di sceneggiatura, mi hanno dato maggiore visibilità, potrei dire di essere stato tra i protagonisti di entrambe, sebbene non mi piaccia affatto l’espressione e tutto ciò che ruota intorno al concetto di protagonismo.

Parlando di registi, anche italiani, non saprei scegliere, ci sono diversi autori emergenti con i quali mi piacerebbe lavorare, come i fratelli D’Innocenzo, il duo Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, lo stesso Dario Albertini (regista di Manuel, ndr), però ce ne sono davvero tanti».

Cosa puoi dirci di Summertime? Esperienze sul set, ricordi, tutto ciò che vuoi…
«Nella seconda stagione si assisterà a una crescita di tutti i personaggi, compreso il mio (Dario, ndr), vedremo nuove storie, rivalse e tanto altro. Di Dario posso dire che forse troverà una sua strada, rispetto all’anno precedente è maturato molto.
L’esperienza in sé è stata totalmente diversa dalle precedenti, ero abituato a lavorare con troupe abbastanza ristrette, sul set di Summertime le persone erano il triplo. Mi sono confrontato con un modo di fare parecchio diverso rispetto al cinema, dove le cose sono più impostate, nelle serie invece è tutto frenetico, inoltre mi sono trovato splendidamente sia con gli altri ragazzi del cast che con la produzione».

Sei un romano verace, che rapporto hai con la capitale? ci sono luoghi ai quali sei particolarmente legato, oppure tappe imperdibili per un weekend in città che consiglieresti a chi ci legge?

«Sono dell’idea che qualunque cosa faccia un romano, prima o poi tornerà alla base. Ho trascorso due anni a New York e, all’improvviso, ho sentito una mancanza incredibile della città. Ormai mi sono “rassegnato”, amo Roma pur con tutti i suoi pregi e difetti, qui in ogni angolo spuntano storia e bellezza. Il luogo che preferisco è forse il Gianicolo, nei momenti di solitudine spesso andavo lassù e sedevo sul muretto, ammirando il panorama meraviglioso.

Tra le tappe obbligate menziono San Pietro, bisogna visitarlo e salire in cima al Cupolone, ho avuto la fortuna di andarci recentemente e c’erano pochissimi turisti, una goduria! Ad ogni modo ci sono così tante cose da fare e vedere, chi viene in città dovrebbe trovarsi un amico romano che lo porti in giro».

Il protagonista di Summertime in uno degli scatti realizzati in esclusiva per l’intervista con Man in Town

Come vivi il legame tra abiti da indossare sul set e interpretazione del personaggio?

«Mi è capitato che alcuni abiti di primo acchito non mi convincessero ma poi, vedendoli sullo schermo, mi sono reso conto di quanto funzionassero, quindi ho imparato a non giudicarli frettolosamente. I costumi di scena, inconsciamente, mi aiutano tanto, mi danno una mano a entrare nella parte, in questo senso le persone esterne possono avere una visione differente e magari più precisa della tua; secondo me, comunque, non ci si deve focalizzare troppo sui vestiti né preoccuparsi di essere fighi, gli abiti devono essere giusti per il personaggio, uno stumento al suo servizio».

Che rapporto hai con la moda, ci sono capi o accessori cui non potresti rinunciare?

«Ultimamente ho un’autentica fissazione per anelli, bracciali e occhiali da sole, a livello di capi sto rivalutando il look anni ‘70».

Hai film o serie in uscita? Quali sono i tuoi progetti, se vogliamo anche i sogni, per il futuro?

«L’ultimo progetto è stato La svolta, al momento sono fermo ma a breve cominceranno le riprese della terza stagione di Summertime.

Tempo fa mi era arrivata una chiamata dall’estero, una grande opportunità che purtroppo ho dovuto declinare perché impegnato con un altro lavoro, spero in futuro capiti di nuovo un’occasione simile, sarebbe fantastico prendere parte a un progetto internazionale».

Ph: Davide Musto
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