Xavier Rudd, il musicista arrivato dal mare

È sempre a piedi nudi, sa suonare talmente tanti strumenti, tra cui il didgeridoo, la chitarra, l’armonica e il tamburo azteco, che non bastano le dita di due mani per contarli. È un surfista nato, un vegetariano convinto e un attivista per i diritti umani e per la salvaguardia del pianeta. Promotore dell’idea “things meant to be, will be”, Xavier Rudd ha lo sguardo profondo, le braccia tatuate e i capelli biondi, è nato a Torquay, in Australia, da padre aborigeno e madre metà irlandese e metà olandese. La sua musica e la sua visione ottimistica del mondo s’intrecciano in modo permanente e il suo suono è profondamente influenzato dal questo punto di vista umanistico. Nel corso degli otto album registrati in studio, questo giovane polistrumentista ha entusiasmato il pubblico con un suono organico, che gli è valso diversi premi e menzioni. A metà aprile 2017 è tornato in Europa con lo straordinario live, registrato nel maggio 2016 in Olanda, allo storico TivoliVredenburg, spettacolo emblematico di quel tour europeo sold out, e a metà giugno ha solcato di nuovo i palcoscenici italiani con tre date d’eccezione. Qui, ci ha raccontato delle sue ispirazioni, di suo nonno e delle risate in riva all’oceano.

La musica della tua terra e le origini sono molto importanti per te. La tua musica parte da lì?
Sì, sicuramente. Da bambino non sapevo neanche di scrivere canzoni, inventavo semplicemente delle melodie sulle quali cantavo le cose che mi succedevano. Era un processo totalmente inconsapevole. Ed è, in un certo senso, quello che faccio ancora adesso: metto in musica le cose che vivo, né più né meno. Scrivere canzoni è parte di me, è essenziale. Come respirare.

Quando hai deciso che saresti stato un musicista?
Direi quando avevo dieci anni, ma sono sempre stato attratto dalla musica, anzi è la musica che mi ha trovato.

Da dove o da chi trai più ispirazione?
Direi davvero da tutto. Ogni mio album, ogni pezzo che scrivo proviene da dentro, da quello che vivo. È come un diario di viaggio fisico, emotivo e spirituale. Tutte le mie esperienze formano il viaggio della mia musica.

Come vivi quando sei a casa, nel tuo villaggio?
Vivo vicino al mare, lì è tutto molto tranquillo. Quando non sono in tour mi piace vivere come una qualsiasi persona normale che abita sulla spiaggia: faccio surf e mi rilasso. Non amo particolarmente circondarmi di persone. Mi piace stare fuori, andare a sedermi vicino al fuoco, navigare, correre, nuotare. Sono attivo, amo ascoltare la Terra. Non guardo la TV o cose del genere.

Viaggi tanto, c’è un luogo con il quale hai legato di più?
Difficile. Trovo bellezza e sintonia in tanti posti diversi. Penso di riuscire sempre a trovare luoghi che mi piaceranno. Mi sono sentito benissimo anche in Sud Africa, ad esempio.

Cosa ti fa ridere?
Interessante. Se intendi ridere e stare bene, direi stare con i miei amici, intorno a un fuoco sulla spiaggia. È quando siamo più in pace e in armonia che ridiamo davvero.

L’uscita di questo live è stata molto importante, è un disco diverso dagli altri.
Sì, è come una retrospettiva del mio lavoro. Il tour in Europa era stato venduto tutto ed eravamo molto elettrizzati. C’era una carica speciale, l’energia era enorme e si sentiva una forte intenzione positiva nella gente. Abbiamo avuto l’opportunità di registrare le ultime due notti a Utrecht e ho pensato che sarebbe stata una buona idea soprattutto per noi come riferimento, documentare dove eravamo.

E poi tu sei legato con l’Olanda da tuo nonno.
Non ci ho mai pensato, però sì potrebbe. C’era un’energia molto forte in quelle sere. Quando abbiamo ascoltato di nuovo la registrazione, era come se avessimo catturato un po’ di magia, in particolare l’ultima notte e quindi sono felice di condividere, ora, quello che sento come il miglior prodotto live a questo punto della mia carriera.

Photos by Arterium
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