Andrea Arcangeli, in tutte le lingue del mondo

Le prove semplici non sembrano allettare Andrea Arcangeli. Sono passati già 10 anni dal debutto televisivo dell’attore abruzzese, classe 1993, che in questo decennio ha definito con cura e dedizione la sua carriera. Per due stagioni Arcangeli ha interpretato il ruolo di Yemos in Romulus, serie Sky che lo ha messo di fronte al proibitivo compito di recitare in protolatino. Successivamente si è trasformato in Roberto Baggio per Netflix, raccontando la storia della leggenda del calcio nel biopic Il divin codino. Ma le sfide raccolte e affrontate dall’attore non sono finite qui. Ogni copione scelto e ogni ruolo accettato sono volutamente gravosi e ardui. Un’esigenza costante di mettersi alla prova e di alzare l’asticella dei propri limiti che è diventata un bisogno necessario per Andrea.
Le sue scelte artistiche seguono perciò questa direzione e sono influenzate da questa regola non scritta. Dal 13 luglio tornerà al cinema con il Come pecore in mezzo ai lupi, per cui ha seguito un rigidissimo regime alimentare che lo ha trasformato fisicamente. Intanto ha da poco terminato le riprese di un’interessante produzione internazionale che lo ha impegnato in Messico per ben due mesi.

Total look Calvin Klein, Scarpe Scarosso
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“Per qualche motivo mi ritrovo sempre a fare qualcosa di molto complesso.
Allo stesso tempo, quando mi guardo indietro, sento che è fondamentale dedicarmi a qualcosa che mi tiri fuori cose che non conoscevo di me”

Dal 13 luglio torni al cinema con “Come pecore in mezzo ai lupi”. Questa pellicola ti ha messo di fronte a una dura sfida: quella di perdere 15 chili. Che preparazione hai seguito, sia fisica che psicologica?

All’inizio non era previsto questo cambio di peso. A un certo punto ci siamo resi conto, insieme alla regista Lyda Patitucci, che volevamo che il personaggio raccontasse il suo passato già attraverso il suo fisico. Ci serviva fare un cambio un po’ radicale. Ho passato quattro mesi seguendo una dieta della nutrizionista Giulia Mecozzi, che aveva già seguito Alessandro Borghi in Sulla mia pelle. Da un punto di vista fisico è stata una delle cose più dure che ho fatto perché sperimenti per la prima volta la fame, qualcosa a cui non siamo assolutamente abituati. Poi è diventato duro anche da un punto di vista psicologico. Non potevo uscire a cena a mangiare con gli amici, non potevo bere alcol. Sono stati mesi di full immersion ma il personaggio lo necessitava.

C’è chi, dimagrendo o aumentando di peso per esigenze di copione, ci ha anche vinto un Oscar. Penso a Christian Bale ma ultimamente anche Brendan Fraser…

Se non vinco un Oscar con questo film chiudo per sempre con le diete (scherza, ndr)

Total look Fay, scarpe Scarosso
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“C’è qualcosa nello stare dietro la macchina da presa che mi affascina incredibilmente. Tirare fuori qualcosa dal soggetto che ho davanti, che sia egli consapevole o inconsapevole, mi affascina molto”

Tu in passato con qualche premio Oscar ci hai lavorato. Parlo ovviamente di Trust, serie tv diretta da Danny Boyle che vedeva tra i protagonisti Hilary Swank e Donald Sutherland. Che esperienza è stata?

Fin da piccolo, forse anche prima di scoprire che avrei fatto cinema, ho sempre avuto un punto debole cinematografico per Danny Boyle. La sua figura continuava a entrare nella mia vita in occasioni diverse: al mio primo esame all’università, lingua e letteratura inglese, portai per l’orale un pezzo della sceneggiatura di The Millionaire. Ho avuto tante piccole connessioni con la sua storia per cui è stato incredibile quando è uscita fuori questa opportunità. Ed è stato ancora più incredibile scoprirlo umanissimo, innamorato follemente del suo lavoro. È stato un privilegio assoluto.

C’è qualcosa che noi italiani possiamo ancora insegnare ai grandi colossi americani? Cosa manca in un set oltreoceano che invece hai trovato qui da noi?

All’inizio, da profano, ero convinto che i set italiani e quelli americani fossero molto diversi. A livello di mezzi gli americani sono più ingenti ma è bello trovare la stessa passione per il lavoro e scoprire che, in maniera diversa, cercano entrambi di attingere dalle proprie radici. Loro hanno una venerazione per il nostro cinema di una volta che è impressionante. Il nostro cinema ha fatto scuola nel loro cinema in maniera incredibile. Percepisci che chi viene da un’industria come quella di Hollywood, viene in Italia in punta di piedi. Questa sensazione inorgoglisce ma ti responsabilizza anche. Senti il dovere di portare avanti questa tradizione.

Total look Calvin Klein
Total look Calvin Klein

“Vivo di cinema e lo voglio esplorare sempre di più”

E a proposito di colossi, hai interpretato Roberto Baggio nel film Netflix Il divin codino. Non è una fortuna concessa a tutti quella di poter conoscere il personaggio che si andrà a interpretare. Che consigli ti ha dato?

Ero convinto che mi sarebbe stato molto più addosso, visto che si parlava della sua vita. Invece la cosa che mi ha stupito e, col senno di poi, salvato è il fatto che lui si sia totalmente fidato. Io gli ho chiesto una valanga di cose, lui era lì a mia disposizione ma non si è messo mai tra me e il personaggio. Sentire da parte sua questa fiducia cieca e totale per me è stato tutto. Mi sono sentito libero, lui è stato paradossalmente quello che mi ha deresponsabilizzato. Con Roberto parlavamo di viaggi, di vita, di buddismo e molto poco delle scene. È stato davvero fondamentale.

Do per scontato, correggimi se sbaglio, che recitare in latino in Romulus sia stata la prova più difficile che hai dovuto affrontare nella tua carriera. Ti chiedo perciò quale è stata la seconda prova più impegnativa con cui ti sei confrontato?

Diciamo che se la batte con la dieta per dimagrire di 15 chili. In Romulus c’è stato un lavoro di preparazione sul testo molto più lungo. Su un testo in italiano hai la possibilità di prepararti anche mesi prima. Su “Romulus”, con il protolatino, questo era impensabile, per cui andava preparato giorno dopo giorno. Ho girato nel finale della prima stagione un monologo di due pagine e ci ho messo un mese e mezzo a impararlo. 

Total look Sandro Paris
Total look Sandro Paris

“Con Roberto Baggio parlavamo di viaggi, di vita, di buddismo e molto poco delle scene. È stato davvero fondamentale”

La sfida della lingua non sembra preoccuparti visto che sei da poco tornato dal Messico dove hai terminato le riprese di una produzione internazionale. Cosa puoi anticiparci a riguardo?

Molto poco. Abbiamo girato due mesi in Messico, il film è recitato in tre lingue. Ho dovuto imparare lo spagnolo da zero. Per qualche motivo mi ritrovo sempre a fare qualcosa di molto complesso. Allo stesso tempo, quando mi guardo indietro, sento che è fondamentale dedicarmi a qualcosa che mi tiri fuori cose che non conoscevo di me. Penso che un set normale, in cui non ho da lavorare su un aspetto nuovo, finirebbe per annoiarmi. Anche la scelta dei progetti degli ultimi anni e di quelli futuri è dettata da questa regola.

Su Instagram ti definisci “actor” e “viewer”. Il mezzo con cui “guardi”, suppongo, sia la tua macchina fotografica. Cosa ti piace immortalare?

Fino a poco tempo fa ero molto più paesaggista, poi i protagonisti delle mie foto sono diventate le persone. C’è qualcosa nello stare dietro la macchina da presa che mi affascina incredibilmente.
Tirare fuori qualcosa dal soggetto che ho davanti, che sia egli consapevole o inconsapevole, mi affascina molto.

Ti vedresti dietro la macchina da presa?

Probabilmente sì. È una cosa che sto esplorando in questo momento e con il tempo necessario.
Non ho fretta, voglio fare le cose fatte per bene. Vivo di cinema e lo voglio esplorare sempre di più.

Total look Sandro Paris
Total look Sandro Paris
Total look Paul Smith
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Credits

Talent: Andrea Arcangeli

Photographer: Davide Musto

Stylist: Sara Castelli gattinara  Vanessa Bozzacchi  @othersrl

Ph. Assistant: Cristina Propan

Style Assistant: Bianca Giampieri 

Hair & Make-up: Silvia Evangelisti @simonebelliagency

Press Office:  @othersrl 

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