E poi, Bingo! Storia dell’incontro con Margherita Vicario

I brani di Margherita Vicario sin dal suo esordio e, con il passare delle stagioni e dei cambiamenti storici e sociali, arrivano dritti al cuore delle donne facendo luce sulle loro passioni e paure più recondite. Sembrano tratte dal diario di una Millenial alle prese con l’avvento dell’età in cui ci si può definire adulte.

Da qui le parole sono origliate dagli aperitivi con le amiche che risuoneranno in tutta la Penisola. Tra uno Spritz e un caffè amaro non c’è nulla di meglio che raccontarsi “Come va?” . Un’artista vera per le donne vere, lontane dalle sovrastrutture digitali ma alle prese con le più svariate emozioni e senso di inadeguatezza che le attanagliano.

Solidarietà, sorellanza e accettazione della vita (tra qualche smagliatura di troppo, il dover scegliere di diventare madri e l’ultimo episodio di ghosting)  che non può essere di certo quella che ci raccontavano da bambine. La sua sensibilità non si esprime solo in musica e nella cura estetica dei prodotti visivi, a essa correlati, ma anche nella drammaturgia. Margherita è, infatti, dotata di istrioniche capacità attoriali.

E fin qui forse abbiamo fatto Bingo! L’album omonimo è disponibile dal 14 maggio.


“No, ma dimmi come va? Come va? Come va?
Come vedi il futuro? Vuoi cambiare mestiere?
” come ci si sente nel sentirselo dire a pochi giorni dall’uscita di Bingo! Il progetto discografico che da ampio respiro ad un lavoro su cui sei concentrata da due anni?

Nella mia vita vi è una domanda che si ripete ad libitum: “vuoi fare l’attrice o la cantante?”. 

Questo anno di incertezza ci ha messo dinanzi a scommesse e a direzioni inaspettate e mi ha guidata a guardare verso nuovi orizzonti. Dopo una crisi vi è sempre un inizio e il mio è una scommessa.

“Questa è l’Italia che odia l’indiano che mette benzina
Buongiorno signorina ma quanto sei bela miscela? lascia mancia! cosa fai stasera?”

Mandela un brano sui diritti umani premiato anche come Premio Voci per la Libertà di Amnesty International. Da artista ti sei esposta in prima persona su un tema che nel 2021 divide ancora il nostro Paese. Che riscontri hai ottenuto?  E soprattutto pensi che la sensibilizzazione in merito al sociale possa diventare parte integrante del tuo Manifesto?

Vivo nella convinzione che un artista non debba essere un attivista. Non abbiamo la zavorra del dovere sociale. Mandela è una riflessione personale sul quotidiano di una cittadina italiana che ha avuto un eco inaspettato. Non è un brano sul cat calling ma parla dell’inclusività nei luoghi che nel corso degli anni hanno subito stratificazioni etniche. Mi piace sempre citare la frase di Jurij Gagarin , il primo uomo nello Spazio, “Da quassù la Terra è bellissima e senza confini”.



“Tu non sai quanto ti voglio bene Ci vedo da vecchie a bere Col tuo sguardo di sguincio Sul terrazzo del Pincio
Che mi offri un abbraccio mentre io do di matto”.

Un video racconto, quello di Pincio, che diventa memoria collettiva della pandemia. Orfani di abbracci offerti e di momenti condivisi, non più inni dai balconi ma una danza liberatoria, la tua, che tuttora risuona come uno dei brani del vissuto storico. “Come va?” può essere definito paradossalmente il suo sequel non trovi?

Assolutamente si perché “Pincio” era una mia dichiarazione d’affetto nei confronti di un rapporto intimo familiare (sua cugina n. d. r.) nel pieno dell’isolamento fisico.

“Come va” è nata dalla stanchezza del secondo lockdown e nel pieno della zona rossa torinese. Il regista Francesco Coppola ha volutamente affermato che “con Pincio io guardavo al di fuori della finestra mentre in Come va il Superzoom entra in casa ed esplora i gesti della nuova quotidianità”.

“Devi fare una foto dove sembri una figa.  E poi subito un’altra dove sei un po’ sbiadita  Non perder di vista il tuo vero obiettivo  Devi mettere in luce il tuo lato creativo” sono le considerazioni autoinflitte in una società che ci vede come stoiche, ci vuole brillanti, che proclama la body positivity ma che contestualmente vede la permanenza di ideali estetici irreali. Cos’altro ancora ti piacerebbe raccontare delle donne?

La vita di una donna è costellata da tantissimi cambiamenti fisici ed emotivi. Sono un’autrice con un pugno spontaneo e irrazionale che viene da una famiglia matriarcale. Quindi si, di sicuro non smetterò mai di raccontarle.


“Beh, che cosa vuoi, cosa c’è, te chi sei? Forse ero un po’ ubriaca, sì, mi sono aperta troppo
Un bacio quello no, rischio troppo C’è più amore dentro un bacio che durante tutto l’anno nel mio letto”

Così cantavi nel 2015 presa dal monologo di “Per un bacio” improntato su un flirt platonico consumatosi in poche ore. Cosa racconteresti in dell’approccio odierno virtualizzatosi a causa del distanziamento sociale? 

Le dinamiche del corteggiamento e dell’annusamento sono le stesse da secoli, ciò che è cambiato è soprattutto il contesto sociale. Dietro “Per un bacio” vi è il racconto delle relazioni platoniche che spesso vincolano dal mettersi in gioco per davvero.



Special content direction, production, interview e styling Alessia Caliendo

Photographer Riccardo Ambrosio using Polaroid

Video director Federico Floridi

Make up Eleonora Juglair

Hair Florianna Cappucci @Freelancer

Alessia Caliendo’s assistants Andrea Seghesio e Laura Ronga

Brano “Ghetto Blaster” di Claudio Luce – River Studio Recording

Beauty credits

FaceD

Special thanks to

NH Collection Porta Nuova, Milano

La Forchetta Verde, Milano

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