Filippo Timi, in equilibrio tra arte, teatro e cinema

Filippo Timi, perugino, classe 1974. Attore, regista, drammaturgo, scrittore (per Feltrinelli ha da poco pubblicato il libro Marilyn). In teatro ha lavorato con registi del calibro di Giorgio Barberio Corsetti ed Elio De Capitani. Al cinema è stato diretto da Ozpetek (in Saturno contro), Salvatores (in Come Dio comanda), Bellocchio (in Vincere), Cristina Comencini (in Quando la notte). Per molti è Massimo Viviani de I delitti del BarLume. In televisione sarà uno dei protagonisti di Dostoevskij, la prima serie di Fabio e Damiano D’Innocenzo presentata in anteprima alla Berlinale, che approderà in autunno su Sky e NOW.

Intelligente, lucido, fragile. A tratti apparentemente cinico. «Vorrei andare a trovare un’amica ma sono cieco e non posso guidare». Allora ti rendi conto che Filippo ha imparato a vivere nell’attimo. «Davanti a un evento che sconvolge la tua vita hai due possibilità: incazzarti con la vita o lottare e viverla ogni secondo».

Filippo Timi
Total look Herno

Lavora spesso con i giovani, come al festival teatrale romano InDivenire, dove dice: «Scelgo di dividere il palco con i giovani perché è un privilegio lavorare con chi è il presente e anche il futuro. I giovani sono linfa vitale: amo la loro energia e le infinite possibilità che si aprono quando crei legami con loro, dando tutta la tua anima».

Incontro Filippo Timi al St. Regis di Roma, dove si è appena concluso lo shooting per NextGen, il cartaceo di MANINTOWN. Entro nella sala e mi trovo in un quadro boccaccesco da Decameron, tra corpi nudi statuari, gente laboriosamente concitata, abiti. La voce di Filippo che sovrasta tutti. Una sorta di Caronte con la sua battuta d’apertura: «Guai a voi anime prave. Non isperate mai veder lo cielo».

«Mai come ora sono in equilibrio con me stesso». Inizia così la nostra chiacchierata. Filippo parla con la voce baritonale, profonda, suadente, quella che ami quando recita in teatro. Poi risale intonando note di ilarità. 

Ascoltandolo senti che ha quella consapevolezza che viene dalla malattia, quando capisci che tanti aspetti della vita sono inutili zavorre che ti ostini pervicacemente a portare sulle spalle; forme vuote che ci ostiniamo a spacciare per sostanza. Filippo è un uomo che ha smascherato i falsi miti degli obblighi che la società ci spinge ad auto imporci.

Total look Prada
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È elettrizzato per lo shooting. «Il servizio fotografico per MANINTOWN l’ho diretto io. È un cortometraggio fotografico. Ho ideato una storia poetica. L’albergo simboleggia una condizione umana, un luogo di passaggio: è un prendere in prestito una camera della vita. Che è quello che noi facciamo nella nostra esistenza. Noi siamo infinito che diventa uomo, entra in questo albergo e vive una parentesi: una primavera, un’estate, un autunno e un inverno. Ecco perché abbiamo ricreato le quattro stagioni. Per la primavera ho chiesto quattro danzatori che la rappresentassero. È una specie di racconto universale per immagini al quale si mischia anche la moda».

Hai dipinto il set come una tela? 

Amo l’arte. A 15 anni mi innamoro di Cézanne e della sua raffinatezza. Impazzisco per le teorie di Bergson sul tempo interno ed esterno. E poi Picasso e il suo astrattismo e i fauvisti. Mi innamoro di Matisse che, nonostante nell’ultimo periodo della sua vita non riesca a tenere il pennello in mano, incomincia a ritagliare i cartoncini creando forme e figure: un signore anziano con delle forbici e delle mani che non si muovono, che torna a un primitivismo infantile sublime. 

È come quando in scena creo mondi inesistenti: realtà immaginarie che sono proiezioni mentali. Il cinema è più immersivo: i luoghi in cui reciti sono realistici. Un bosco è un bosco. In teatro il pubblico risponde al nulla: deve sentire che tu sei dentro un bosco, anche se il bosco lì non c’è.

 Total look Dolce & Gabbana
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E se fosse stato un set cinematografico, a chi ti saresti ispirato?

A Kubrick: lo considero come Leonardo da Vinci. Per ogni genere ha fatto un capolavoro. In 2001: Odissea nello spazio ha creato l’immaginario dello spazio; Shining, con le sue immagini oniriche, è il film horror per eccellenza; Il Dottor Stranamore, commedia provocatoria e grottesca; Barry Lyndon, il polpettone più incredibile della storia del cinema: lo vedo tre o quattro volte l’anno. Kubrick è un poeta: non ha scritto poesie prima di diventare un cineasta, ma ha fatto fotografie e io associo, non so perché, la fotografia alla poesia. È uno scatto, un’immagine: una foto è immediata come la poesia. 

Lo schema del servizio fotografico mi ricorda il tuo spettacolo su Pasolini, Scopate sentimentali: primavera, estate, autunno, inferno… 

Se io penso all’inferno, una tra le prime immagini che mi sovvengono è sicuramente quella di Dante. Nel caso di Pasolini, l’inferno è nella sua fine tragica. Quindi mi sono immaginato queste quattro stagioni di Pasolini che non terminano in un inverno dove sei al caldo ad aspettare il tramonto. Finisce in una notte tragica, in un inferno, in qualcosa di “inconsolabile e scandaloso”, come direbbe lui. Un poeta che muore è sempre scandaloso, perché è come il sacro che va sulla croce.

Filippo Timi
Total look Brioni, shoes Fratelli Rossetti

Se Pasolini non fosse uscito di scena come in una tragedia, avrebbe avuto questo grande fascino?

Assolutamente sì. Parlando della sua morte, ancora oggi le persone abbassano lo sguardo. Non solo perché è morto in maniera ambigua, ucciso non si sa da chi, se è un complotto oppure una serata andata male. È comunque la morte violenta di un omosessuale. Con il mio spettacolo ho scelto di allontanarmi da questa immagine di Pasolini come un “gay massacrato”. Inconsciamente sono un po’ arrabbiato con lui perché è come un padre interiore, un padre intellettuale, che mi ha abbandonato troppo presto. Pasolini aveva uno sguardo così lucido sul presente, che sembrava prevedesse il futuro. Invece, semplicemente, leggeva il presente come i poeti che collassano nel loro tempo, si slegano sia da un passato impossibile da sfuggire che da un futuro a cui tendere. 

È quello che accade agli attori bravi: stai lì e poi le cose accadono, le battute arrivano senza che te ne preoccupi. Fai la differenza, in scena, quando non vai avanti con la mente per capire dove mettere i piedi o cosa accadrà: sei nel qui e ora in ogni singolo istante. Questa è arte. Sei nel momento e non c’è bisogno di immedesimazione. Il grande pittore, quando dipinge, non si immedesima nel quadro, che magari è un dipinto su commissione, ma in quel momento; non insegue un gesto e non scappa da un gesto: è nel gesto, quindi c’è autenticità.

Un artista è tale per un terzo del suo tempo, perché fa quel lavoro. Ma il resto della giornata vive la quotidianità come tutti. Spesso si pensa che l’artista si identifichi con il suo ruolo. Immaginiamo  uno che ozia tutto il giorno, vestito da scrittore, in riva al lago a scrivere. Cechov faceva 8 ore il dottore, con russi malati che non si curavano.

Total look Herno
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Ti veste Marras. Come coniughi la moda con l’arte?

Parlando di moda, ricordo un lavoro su don Giovanni. Un critico nell’Ottocento scrisse che l’anima del don Giovanni è il suo costume. Associo questo concetto a una frase del filosofo francese Deleuze che dice che la pelle è la parte più profonda dell’essere umano. La pelle è il limite tra l’infinito microscopico dall’atomo, quello che è contenuto all’interno della sua superficie, e l’universo che dalla pelle inizia e tende all’infinito. Il cielo comincia dai piedi. A parte la pianta dei piedi che appoggia sulla terra, noi siamo creature del cielo; ma noi non ci pensiamo. Noi siamo circondati dal cielo. 

Con Dostoevskij passi da teatro e cinema alle grandi piattaforme. Che esperienza è stata?

Un mezzo è un mezzo, che sia cinema, televisione, teatro. E Sky ha dato carta bianca ai registi. Abbiamo potuto girare in pellicola, girare ogni scena in piano sequenza senza fare mai tagli, con un impianto teatrale. Questo ha agevolato il dialogo tra noi attori. Le location erano incredibili. Ho come la sensazione di aver fatto parte della Cappella Sistina, di un’opera fatta da due giovani Michelangelo che scrivono straordinariamente bene. Il copione conteneva descrizioni tipo: “in cielo un temporale feroce come un litigio tra fratelli”. Il livello di scrittura è incredibile.

Filippo Timi
Total look Brioni, shoes Fratelli Rossetti

E l’esperienza di Sanremo? Molti lo criticano e poi fanno la fila per andare… 

Sanremo… è facile giudicare da fuori dicendo “Ah ma quell’artista fa la canzoncina stupida”. Se senti cantare in camerino i pezzi jazz per scaldarei la voce, capisci che dietro c’è fatica e preparazione. Poi c’è anche l’incapace di turno, ma quello c’è in tutti i campi. È stata una bellissima esperienza.

Siamo circondati da guerre e tu sei uno dei testimonial della campagna Senzatomica

C’è un antico detto indiano che dice “Finché una madre difenderà solo suo figlio, vorrà più bene a suo figlio invece che a un bambino x, ci sarà la guerra”. Per fortuna non mi sono mai trovato in guerra. Dai racconti dei miei nonni ho imparato che saltano i parametri: morivano i figli e andavano avanti lo stesso. Mia nonna, una donna stupenda, mi raccontava che se ti muore un figlio tu piangi con tutto il tuo cuore; ma l’altro figlio che resta, lo ami con tutto il tuo cuore e combatterai per lui. Non è vero che si spacca il cuore: sono due cuori, sono due 100 %. E quando arrivi a capire questa cosa con tutto te stesso, fai un grande passo avanti, perché non cerchi più di capire in che percentuale ami. Una madre può amare al 100% ogni figlio che ha. Io, forse perché non ho figli, non c’ero arrivato da solo e, quando l’ho scoperto, è stato bellissimo amare con tutto il mio cuore.

Sostengo Senzatomica perché le armi nucleari possono distruggere gli esseri umani, ma la potenza che ogni essere umano ha è infinita. Ecco perché voglio contribuire a far esplodere in ogni singolo essere umano una bomba atomica di valore.

Filippo Timi
 Total look Dolce & Gabbana

Credits

Photographer: Gianluigi Di Napoli

Stylist Stefania Sciortino

Make up Revlon

Hair American Crew

Choreographer Irma Di Paola

Dancers Leonardo Bonfitto, Jesus Guia, Alessandro Covarelli, Pedro Logeric7

Photographer assistant Valentina Ciampaglia

Stylist assistant Chiara Carrubba

Location The St. Regis Rome

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