John Galliano: alla Festa del Cinema di Roma un biopic sull’ascesa e il declino dello stilista

Alla Festa del cinema di Roma arriva anche il biopic su John Galliano High & Low – John Galliano diretto dal regista premio Oscar Kevin MacDonald. Tanti sguardi diversi per un Galliano che diventa espediente per leggere in un mondo tanto scintillante quanto opaco: quello dell’alta moda. Il Galliano di Kevin MacDonald è gentile, creativo, anaffettivo, narcisista, bisognoso di affetto, amato, usato, geniale, infantile, sognatore, autolesionista, privo di empatia, manipolativo.

La storia di un Paradiso perduto e di un angelo che brucia le sue ali con il suo stesso fuoco; di uno dei più influenti fashion designer al mondo cancellato dall’industria della moda. Ma il biopic del regista britannico è anche una testimonianza del settore dopo Dior, dopo Coco, dopo i grandi creatori e le grandi creatrici che realizzavano sogni per pochi; della moda dell’alta finanza, di gente come Bernard Arnault, per i quali non ci sono artisti ma fattori di produzione.

Interessanti i primi piani che inquadrano un Galliano che parla guardando dritto nella telecamera, a volte confuso, apparentemente spaesato, che fissa ogni singolo spettatore per convincerlo che vuole essere perdonato, ma dove emerge il distacco tra uno sguardo privo di empatia e le parole di scuse appena accennate. Più giustificazioni che scuse.

La forza del lavoro di MacDonald è nell’aprire tante porte senza chiuderne alcuna, nel lasciar raccontare versioni contrastanti a personaggi famosi lasciando fluire gli interventi, mostrando un John vittima dei suoi genitori, che fagocita il suo assistente Steven che per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa, amato da modelle che sfileranno per lui gratis quando non aveva soldi, che distrugge hotel, che si lamenta del troppo lavoro. Il maggior pregio del lavoro del regista britannico è aver firmato una regia scevra da moralismo. Alla Festa del Cinema di Roma abbiamo incontrato il regista premio Oscar Kevin MacDonald.

 High and low – John Galliano sul red carpet della Festa del Cinema di Roma
High and low – John Galliano sul red carpet della Festa del Cinema di Roma

«Ho voluto fare un film che non avesse un finale, ma tante questioni lasciate aperte, sulle quali si può discutere e avere opinioni diverse»

Dopo il licenziamento da Dior, nessuno ha più parlato di Galliano. È come se fosse morto. Non ha pensato che fosse un’operazione rischiosa riesumare un ‘dio ucciso’ per le sue dichiarazioni razziste e antisemite?

Pericoloso per chi?

Per lei…

(Ride, ndr) Non credo che ci fosse un rischio per me. Credo che sia una storia affascinante e non ancora completamente raccontata. Una delle prime storie di cancel culture. Ora sono più frequenti, ma lui sicuramente è stato uno dei primi ad essere beccato in video in una situazione scomoda e a essere additato per quello che aveva fatto. Per me è solo una storia affascinante dove si possono avere tante opinioni diverse. Non mi sento di avere un’opinione definita. Ritengo siano tutte situazioni non ancora chiarite. Per questo ho voluto fare un film che non avesse un finale, ma tante questioni lasciate aperte, sulle quali si può discutere e avere opinioni diverse.

«Lo scopo fondamentale di John Galliano è quello di essere capito, di far capire la sua personalità e, soprattutto, dare speranza a chi ha problemi di dipendenza»

Galliano dice di aver bisogno di essere perdonato, ma per lui potrebbe essere solo un’operazione di marketing. Si è mai sentito manipolato da Galliano?

Quando un regista fa un film su una celebrità, deve sempre tener presente il fatto che le persone famose hanno uno scopo per far quel film. Ma ce l’hai anche tu. Io avevo ben chiaro il mio scopo. Posso garantirti che questo è un film assolutamente indipendente: non ci sono soldi messi dal mondo della moda e non è un film per riabilitare John in qualche modo. John voleva veramente potersi spiegare. Lui vuole essere perdonato. È una cosa che lo renderebbe immensamente felice. Non vorrebbe che nel momento della sua morte, il suo necrologio iniziasse con: John Galliano l’artista controverso per aver fatto questa cosa.

Il suo scopo fondamentale è quello di essere capito, di far capire la sua personalità e, soprattutto, dare speranza a chi ha problemi di dipendenza. Perché questo film parla anche delle dipendenze. Il suo desiderio è mostrare che si può cambiare e si può riuscire a trasformare le situazioni. Ti garantisco che non c’è un film, in questo Festival, che parli di persone famose, più indipendente di questo.
Le persone famose che appaiono nel mio film, Naomi Campbell, Kate Moss, Penelope Cruz, Charlize Theron, loro sì hanno corso un rischio ad apparire nel mio film, ma lo hanno fatto per amore, per affetto nei confronti di John.

«Quello che ho trovato interessantissimo sono state le reazioni estremamente diverse del pubblico. È quello che volevo creare con questo film»

Quali sono state le reazioni del pubblico?

Il mio è un film che nasce con l’idea di promuovere un dibattito. Questa è la quarta o quinta volta che lo porto in un Festival e quello che ho trovato interessantissimo sono state le reazioni estremamente diverse del pubblico. È quello che volevo creare con questo film. Non avevo nessuna intenzione di dare una soluzione chiusa: bianco o nero. È un film dal quale deve nascere un dibattito sul personaggio. Se questa persona deve essere perdonata, in che modo e, soprattutto, se e come possiamo o dobbiamo distinguere l’arte dall’artista.

Galliano ha esagerato, anche se era una persona con disturbi e vittima di dipendenze. Perché tanto moralismo, tanta ostilità? Il mondo della moda non è etico. Il problema sono state le idee di Galliano o il fatto che, rese pubbliche con un video, facevano perdere denaro alla maison Dior?

Il mondo della moda è un mondo molto particolare, che in realtà spesso, e soprattutto in passato, non si è fatto molte domande e ha lasciato correre molte cose che nel mondo, in generale, non verrebbero tollerate. Però bisogna dire che non si dovrebbe essere giudicati per i peggiori cinque minuti della nostra vita. Lui ha avuto la sfortuna di essere registrato in un video. Se la cosa fosse successa magari cinque anni prima, sarebbe finita da qualche parte in un trafiletto di giornale, e nessuno se la sarebbe poi ricordata.

Kevin MacDonald e John Galliano
Kevin MacDonald e John Galliano

«Per John Galliano fare questo film è stato un atto coraggioso. Non aveva bisogno di me per riabilitarsi. Perché tirare fuori di nuovo questi discorsi?»

Alla fine del film c’è una frase della giornalista del Washington Post Robin Givhan: «Non sarebbe stato perdonato se non avesse avuto buone relazioni nel mondo della moda e se non fosse stato un uomo bianco». Quella frase è la sua firma?

L’ho messa nel film perché sono parzialmente d’accordo e perché credo rappresenti l’opinione di molti. Ma non c’è una verità oggettiva. Personalmente, posso dire che a me John Galliano piace come persona e credo che nella vita non abbia altro che la moda. È bravo nel suo lavoro. Per cui mi chiedo: perché bisognerebbe impedirgli di fare lo stilista? Prima discutevamo sulle motivazioni che ha una persona per fare un film come questo. Per John fare questo film è stato un atto coraggioso. Non aveva bisogno di me per riabilitarsi. Perché tirare fuori di nuovo questi discorsi? Ha voluto fare questo film per esplorare la propria personalità e dare speranza alle persone con delle dipendenze. La speranza che ci può essere di nuovo un futuro.

Possiamo almeno considerarlo un narcisista?

Io l’ho incontrato e ho creato un legame con lui. È una persona molto complicata. Ma chi non ha mai fatto qualcosa di sbagliato? Quelli del video sono probabilmente cinque minuti importanti, ma non è tutto quello che è. Sicuramente è narcisista, sono d’accordo con te, anche sul fatto che non è una persona che piace facilmente. Ma non voglio che nessuno dica che sono stato manipolato. Questo è probabilmente il film più indipendente di questo Festival.

Il regista Kevin MacDonald
Il regista Kevin MacDonald
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