FOTINÌ PELUSO: IL MIO LAVORO? VOLER ESSERE FELICE

Fotinì Peluso è il tipico esempio di persona che citi quando tra boomer si scatenano discussioni su temi tipo “i giovani d’oggi che sfaticati, che fancazzisti, che ignoranti rispetto a noi alla loro età, signora mia”. Vinci. E lo fai pure a mani basse: nata a Roma nel ’99, ha alle spalle una laurea in Economia, un trasloco a Parigi, una serie di ruoli importanti, tra cui quello di Irene, sorella complicata de Il Colibrì di Francesca Archibugi (tratto dal libro di Sandro Veronesi) e quello di Nina nella serie tv Netflix Tutto chiede salvezza di Francesco Bruni, tratto dal romanzo di Daniele Mencarelli, storia di vita e incontri dentro un reparto di psichiatria. Più film con mostri sacri come Cédric Klapisch (Greek Salad, 2022), Delphine Lehericey (Les Indociles, 2022). Parla correntemente e fluidamente quattro lingue e «beh, volendo, ci si potrebbero aggiungere dieci anni di pianoforte, e poi la ginnastica artistica, il pattinaggio, lo sci e l’equitazione», scherza lei. 

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Fotinì Peluso: un talento “luminoso”

È talmente oberata di lavoro da poterci telefonare, entrambi con voce sonnacchiosa, una domenica mattina mentre è ad Anzio a girare la seconda stagione di Tutto chiede salvezza. Eppure, sorniona, gioca a fare la timida a dire di essere «colpita dalla sindrome dell’impostore, perché non mi sento mai all’altezza delle parti che mi chiamano a interpretare, poi non ci penso e tutto va come deve andare, molto naturalmente, in maniera organica». Cioè, va tutto bene, Fotinì. «Ma sì, dài». E dài. Ha vinto il Premio Biraghi come attrice rivelazione ai Nastri D’Argento 2023 per Tutto chiede salvezza: «Aò, ce so’ cascati, eh». E ridiamo. Naturalmente non ci crede nessuno. 

Le chiedo per la millesima volta se sia stato, al contrario dei ruoli per cui viene scelta, un vero peso sopportare un nome che in italiano si presta a mesti triti e tristi giochi di parole: «Ma no. Papà è romano, mamma è di Tebe e si chiama Paraskevì, che vuol dire “venerdì”: in famiglia un certo humor non manca. Perlomeno il mio nome vuol dire “luminosa” ed è quello di una santa, per cui ci convivo bene da sempre».
Della Grecia – da cui viene sua madre e il famoso nome – ha i ricordi delle lunghissime estati sulle isole, Chios e Skyros. «Non c’era la corrente, né l’acqua calda, né le strade. Ci lavavamo nelle bacinelle, papà pescava, sempre e solo polpi alla brace, ogni cena. Siccome non c’era niente, io e mia sorella potevamo inventarci tutto: storie, avventure. Penso siano stati i momenti più felici che abbiamo vissuto tutti insieme». 

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Fotinì Peluso apre la sua carriera nella recitazione con un duro “no”

Il percorso adolescenziale di Fotinì è quello di una ragazza romana radical chic intelligente – si capisce dal tono con cui risponde che non è il caso di aprire l’argomento “bellezza”: lo è e sa di esserlo, ma no, adesso non è il momento. Il liceo classico al Virgilio, i buoni voti, le birre a Trastevere, il centro sociale del Cinema America. E poi l’incontro con la recitazione, che nasce da un “no”: quello che Ivan Cotroneo che è alla ricerca della protagonista di Un bacio, a cui preferirà Valentina Romani, «ma solo perché voleva una ragazza più matura» (bye bye sindrome dell’impostore!). Sarà poi lo stesso Cotroneo a cercarla per la serie tv La compagnia del cigno (2018 e 2020).

«Io non sono definita dal mio lavoro, né dai miei interessi, né dalla mia posizione professionale. Sono molto più della somma di ogni mia parte riconoscibile»

Ecco: aver raggiunto ad anni ventiquattro un hype e una visibilità così capillari e diffusi non dà un po’ alla testa, quando si è così giovani? E se domani, per caso, tutto questo riconoscimento dovesse sparire, facendo un’ipotesi chiaramente impossibile? «Mah, guardi: non so. È che io, come persona, non sono definita dal mio lavoro, né dai miei interessi, né dalla mia posizione professionale. Sono turbata quando vedo colleghe anche più grandi di me dipendere troppo da questa vita nello sguardo altrui, e mi chiedo quanto in realtà abbiano dovuto rinunciare a sé stesse, alle proprie radici, alla propria essenza. Non credo che mi succederebbe, perché sono molto più della somma di ogni mia singola parte riconoscibile. Per me l’importante è essere felici, e se si vuole, si trova quasi sempre un modo per esserlo. Mi sforzo di essere una persona estremamente positiva e penso di riuscire ad apprezzare sempre le cose che mi fanno contenta tutti i giorni. La recitazione fa parte di me, ma non il successo: se non dovessi farlo più in tv o al cinema, beh: lo farei davanti allo specchio. Non sarebbe un problema, davvero». 

Come l’amore? «Certo, anche. Ma ammetto di non consumarmi neanche solo in un rapporto di coppia, anche perché il mio fidanzato, che è francese, vive a Roma. Insomma, ci siamo scambiati la nazionalità, e quindi ci si vede appena possiamo». 

In quanto a luminosità, Fotinì Peluso sembra essere circonfusa più da quella dell’illuminismo di Voltaire e di Diderot che non da quella al neon dell’insegna ambulante di sé medesima. Non sarà un po’ troppo razionale? «Essere testardi e convinti di ciò che si fa non equivale a coltivare il cinismo o l’aridità sentimentale: anzi, è tutto il contrario. Li si protegge, li si mette sotto una serra per non esporli alle intemperie di un mondo che vive soprattutto nell’immagine bidimensionale dei social».

 Total look CHANEL
Fotinì Peluso
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«Penso che la mia generazione stia lottando per avere un po’ più di visibilità, ma penso anche che la strada da fare sia ancora molto lunga»

C’è abbastanza spazio per una nuova generazione di attori giovani? «Credo proprio di sì… O perlomeno ce n’è molto più di quanto ce ne fosse per la generazione precedente alla mia. Il problema, nel cinema italiano, è che purtroppo c’è una nicchia piuttosto ristretta di professionisti da cui vengono scelti i caratteri principali di un nuovo progetto, ma ora c’è anche tutta una new wave di registi molto giovani con cui stiamo facendo squadra. Ecco: il concetto di gruppo, di team, accompagna tutte le persone giovani che si occupano di cinema, senza troppa competitività».

Quindi sarà perfino inutile chiederle se, con una situazione così idilliaca, ci siano abbastanza ruoli, trame, sceneggiature per le donne… «No». Lapidaria. Come ha detto? «No. Ma questo succede ovunque, non solo in Italia. La presenza femminile nel cinema è estremamente ridotta per quello che riguarda chi ci lavora, dalle registe alle attrici, dalle operatrici alle sceneggiatrici. Ma lei ci ha mai fatto caso che, in ogni manifestazione in cui viene dato un premio, quelli alle donne sono sempre stati una minoranza? E non è vero che mancano ruoli e script solo per artiste più adulte. Mancano proprio per noi donne in generale. C’è un’ampiezza del ruolo maschile in ogni settore dell’industria cinematografica che è debordante, eccessiva, imparagonabile».

Vogliamo lasciarci con un po’ di speranza, per favore, Fotinì? «Penso che la mia generazione stia lottando per avere un po’ più di visibilità, ma penso anche che la strada da fare sia ancora molto lunga, in ogni campo dell’espressione creativa o artistica».

«Ogni rifiuto ti lascia delusa. Per fortuna, mi dura poco. Esco, mi faccio una passeggiata, guardo in alto e mi dico che non posso farmi condizionare da una parte che mi è stata negata. Ce ne saranno altre»

Ultima domanda: una volta c’era grande differenza tra gli attori “impegnati” e quelli “da tv” o “popolari”. Lei, che ha lavorato con registi molto intellettuali e serie di grande diffusione, risente ancora di questa suddivisione? «Onestamente, no. Ritengo che l’emissione di serie d’autore anche su piattaforme estremamente “democratiche” come Netflix o Amazon, abbiano contribuito a confondere certi steccati pseudo-intellettuali e a privilegiare la bravura dei singoli».
Sincera: quando a inizio carriera Cotroneo le ha detto “no”, ci è rimasta male? Come gestisce un rifiuto professionale? «Ehm… Non bene. Però, siccome sono sempre vittima della famosa sindrome dell’impostore, diciamo che ho qualche difficoltà non tanto nell’accettare un “no” ma a spiegarmi perché mi abbiano detto “sì”. Però è inutile: ogni rifiuto ti lascia delusa. Per fortuna, mi dura poco. Esco, mi faccio una passeggiata, guardo in alto e mi dico che non posso farmi condizionare da una parte che mi è stata negata. Ce ne saranno altre. Eccolo qui il lieto fine che cercava. Contento?». E ride. 

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Fotinì Peluso
Total look CHANEL: black and white cashmere sweater embellished with feathers; Rouge Coco Bloom in Ease CHANEL MAKE UP
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Fotinì Peluso
Total look CHANEL: black and pink patterned wool tweed short jacket embellished with jeweled buttons
Coco Crush necklace in 18 k BEIGE GOLD and diamonds CHANEL FINE JEWELRY; Les Beiges Crème Belle Mine Ensoleillée in 392 Soleil Tan Medium Bronzer CHANEL MAKE UP
Total look CHANEL: coat and cardigan in burgundy tweed, gray and black embellished with camellia and jeweled buttons, gold and ruthenium-effect metal necklace Black patent leather heeled boots; Les Beiges Poudre Belle Mine Naturelle in B30 CHANEL MAKE UP

Credits

Editor in Chief Federico Poletti

Photographer Luisa Carcavale

Stylist Andreas Mercante

Make-up Martina D’Andrea using Chanel Beauty 

Hair Lorenzo – Contestarockhair

Location Nero Studio

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