Al Lamezia International Film Festival trionfa Jean-Jacques Annaud

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Jean-Jacques Annaud è forse uno dei registi più celebri e più simpatici al mondo, il vero francese cha ama la vita e tutto ciò che di bello può offrirle. La sua carriera inizia con un Oscar al suo primo film “Bianco e nero a colori”, come asserisce lui, difficile andare avanti con il supporto della critica, ma Annaud è riuscito egregiamente, lo abbiamo incontrato al Lamezia International Film Festival dove ha ritirato il premio Carl Theodore Dryer.

Hai vinto tutti gli awards al mondo, quale statuetta ti manca a casa?

Non posso assolutamente lamentarmi, ho avuto una carriera fantastica, non credo di aver bisogno di altri premi. Posso dirti una curiosità però a riguardo, ovvero sono sempre stato invitato al festival di Cannes, ma ho sempre rifiutato di andarci. Son sempre stato amico di tutti quelli che si occupavano della selezione e del management della manifestazione, il mio problema è che avendo avuto troppi successi precedentemente, sarei solo stato l’uomo da distruggere a Cannes. La questione è che c’è troppa stampa in quel Festival, e in ogni modo devono trovare qualcosa da dire. La mia problematica personale è che ho vinto un Oscar per il mio primo film, ed è difficile da superare come situazione, infatti sapevo che qualsiasi film avessi fatto avrei avuto la stampa contro.

Hai avuto colleghi con la stessa esperienza?

Sì, assolutamente, uno dei miei più cari amici è Luc Besson, ed ogni volta che è andato invece che ricevere applausi ha solo ricevuto pallottole da una macchina spara palle. Essere messi alla gogna non fa mai bene alla creatività di un artista.

Uno dei film più celebri rimane “Il nome della Rosa”, volevo sapere se avessi realmente girato realmente a Torino alla Sacra di San Michele il film.

La storia è che il film è ovviamente tratto dal romanzo di Umberto Eco, il quale, è poi diventato un carissimo amico, ed all’inizio ha voluto che visitassi il luogo che lo aveva ispirato. Ma poi non ho girato li, ho ricostruito tutto il set in studio a Roma con il grandissimo Dante Ferretti, il quale ne ha vinti più di me di Oscar. È costato una fortuna, infatti la produzione non era felicissima, ma poi i risultati son arrivati, quindi tutti contenti. Fu il più grande set mai costruito a Cinecittà dai tempi di Cleopatra. È stato impegnativo ma non riuscivo a trovare un posto che si avvicinasse a quello che mi ero immaginato quando ho letto il libro.

Hai fatto lo spot di Jadore di Dior con Charlize Theron, ed è subito diventato cult per i fashionisti, tutto quello che fai diventa magico.

Allora non ho fatto tutto da solo, è stata una sinergia di elementi messi insieme, in quanto Charlize era già testimonial per il brand. Io ho avuto l’idea di girare a Versailles, ma è molto difficile avere il permesso di fare una cosa del genere. Quando l’ho detto ad un meeting con Bernard Arnault, il proprietario del marchio LVMH, tutti i presenti mi hanno guardato come se fossi pazzo, nel frattempo Bernard si era alzato, ed io credevo fosse per andare in bagno, ma no è tornato è ha detto ok si gira alla “Galleria degli specchi”. Bisogna pensare ed osare nella vita.

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