Da Cortinametraggio, intervista impossibile con Antonio Bannò

Antonio Bannò è in varie serie tv di successo: Rocco Schiavone 2, Suburra, Romulus. In Vita da Carlo interpreta Chicco. È nel cast della serie Christian nel ruolo di Davide, tra gli interpreti de Il Principe di Roma di Edoardo Falcone e in Gigolò per caso di Eros Puglielli.

A Cortinametraggio Antonio Bannò è in giuria. Arrivo con i soliti appunti per le domande. Fatica sprecata. Mi trovo davanti un casinista che mi fa fare un salto indietro di trent’anni, ai tempi del liceo. Cerco di fare domande che abbiano un senso… niente… ma non mi arrendo. Poi ci parli e scopri il classico tesoro, quello davanti al quale sei passato tante volte, ma hai sempre visto la superficie senza scendere in profondità. Comunque, dopo i primi due minuti ho chiara la situazione: finirà in caciara (termine romano per indicare… ‘na caciara)

Antonio Bannò, tra i giudici di Cortinametraggio
Antonio Bannò, tra i giudici di Cortinametraggio

Antonio Bannò: «Sono il terzo figlio, quello lasciato un po’ a se stesso, al quale è stata data libertà»

Capiamoci: chi fa le domande qua? Io o te?

No vabbè, si chiacchiera… sennò è una rottura di palle.

Iniziamo con la domanda a piacere…

Il primo film che mia mamma mi ha portato a vedere al cinema è stato La gabbianella e il gatto. E poi tutti gli Harry Potter. Anche gli ultimi, nonostante fossi già grande. Ogni volta era “A mà, dobbiamo andare insieme”. La mia generazione è cresciuta con loro: quando loro sperimentavano i primi amori, noi sperimentavamo i nostri primi amori; loro il primo bacio e noi il primo bacio (mi chiedo se me sta a… sì, insomma… se è serio, ndr). Sono il terzo figlio, quello lasciato un po’ a se stesso, al quale è stata data libertà. Il terzo è quello che, se cade, è: “si è fatto male? Vabbè rialzati”. Il bello dei terzi è che amano tantissimo i primi. Io poi li amo tutti e due. Mio fratello è la persona più intelligente che conosco.

Sulle piste c’è neve. Hai sciato?

Sono un grande amante del mare. Guardo queste bellissime montagne innevate e dico: tutto bellissimo, dov’è il mare? Mi piacciono gli scogli, amo Salina: si mangia pesce freschissimo. Ma se gli chiedi il limone, ti guardano come se venissi dai Parioli… (ancora una volta mi chiedo se me sta a… sì, insomma…se è serio, ndr).

Antonio Bannò al Cortinametraggio
Antonio Bannò al Cortinametraggio

«Con Binasco ho fatto La cucina di Arnold Wesker al teatro Eliseo, quando ancora esisteva l’Eliseo. Binasco è un grande e ho lavorato con lui perché ho studiato alla scuola dello Stabile di Genova»

Invece da quale Roma vieni?

Dal Portuense.

Come attore vieni dal teatro. Hai lavorato con Valerio Binasco, Ennio Fantastichini…

Con Binasco ho fatto La cucina di Arnold Wesker al teatro Eliseo, quando ancora esisteva l’Eliseo. Binasco è un grande e ho lavorato con lui perché ho studiato alla scuola dello Stabile di Genova. Con Ennio Fantastichini eravamo al teatro Argentina di Roma, nel suo penultimo spettacolo. Fantastichini era una persona meravigliosa. Aveva un cuore grandissimo. Era un grande appassionato di antiquariato. Eravamo in tournée con il Re Lear, regia di Barberio Corsetti, e lui andava in giro per antiquari. Abbiamo fatto tanti teatri di provincia e lui, in qualunque posto, aveva un’amica con un negozio di antiquariato che magari gli diceva “Ennio, devi venire che ho una sedia…”.

Aveva un furgoncino sul quale caricava tutta questa roba e, per la prima, mi regalò un astuccio delle elementari degli anni ’20, in legno, che custodisco gelosamente. Dentro c’è il bigliettino che aveva scritto per me: “Per le tue primine”. Le mie prime a teatro… le mie primine… aveva un grande cuore. Poi offriva sempre da mangiare, quindi gli volevamo tutti bene. Eravamo tutti scapestrati.

A Roma non mancano le scuole di teatro, perché sei andato a Genova?

Ho fatto provini e selezioni anche per altre scuole, ma avevo visto La tempesta diretta da Binasco, dello Stabile di Genova, e ho detto: io attori che recitano così non li ho mai visti.

Da bambino eri quello che a Natale, in piedi sulla sedia, leggeva la poesia a tutti?

Ovvio, perché ero il terzo figlio. Uno era quello bello, uno quello intelligente, io dovevo per forza fare qualcosa. Siccome con lo sport è andata male… Avevo provato con il nuoto, ma ero scarsissimo.

Antonio Bannò
Antonio Bannò

Antonio Bannò: «Ho fatto il liceo classico, ma non si vede per niente»

Prima dell’Accademia?

Ho fatto il liceo classico, ma non si vede per niente. Le cose bisogna nasconderle… sono andato al Montale, lo stesso di Damiano dei Maneskin… vuoi mettere…

Greco o latino?

Greco! Amavo il greco. Un giorno andiamo a San Pietro in visita scolastica. Arriva un prete tedesco e chiede indicazioni in inglese alla mia insegnante di latino e greco. Lei vede che è un prete e parla in latino. Si sono dati le indicazioni stradali parlando in latino! Ho visto conversare in una lingua morta! Però amavo il greco e soprattutto… il vocabolario deve essere il Rocci.

Ti ricordi quando dovevi tradurre quelle parole tipo logos e ti trovavi sette pagine di traduzione? La mia classe al liceo era veramente tosta: seccavano tutti. Siamo partiti in 25 e arrivati in 14. Dovevi studiare. Una volta la mia professoressa di filosofia, donna intelligentissima ma che rompeva le palle, mi becca che camminavo per strada su via dei Colli Portuensi. Era tipo il secondo liceo, quindi il quarto anno. Lei col cane gigante. Mi guarda scandalizzata e mi fa: “al secondo liceo, alle quattro del pomeriggio, sui Colli Portuensi…” . Con sguardo truce e voce che si abbassava sempre più, dice: “Domani t’interrogo”. Probabilmente avrò preso sei meno a quell’interrogazione.

Che alunno eri?

Due anni di fila rappresentante d’Istituto. Ho manifestato senza saperne un cazzo, abbiamo occupato, ma è giusto perché al liceo devi sapere chi sei.

Antonio Bannò, ph Anna D’agostino
Antonio Bannò, ph. Anna D’agostino

«Ho visto corti che potrebbero essere film. Cortinametraggio è un festival dove ho incontrato delle perle»

Quando hai detto ai tuoi: faccio l’attore?

Sono nato in una famiglia di liberi fino alla fine. Per loro basta che io sia felice. I miei genitori sono spettacolari. Mi piacciono. Li amo e quando li guardo li vedo belli. Quando ho compiuto trent’anni, mi hanno scritto una lettera. Ero appena uscito da una relazione dopo tre anni e mezzo di convivenza. Mi son detto: e ora dove vado? Prima un divano, poi un altro, poi avevo finito gli amici e sono tornato da mamma. Dopo un po’ le ho detto: “Ho trovato una stanza a Centocelle”. Lei mi fa: “Centocelle è lontano”. Le ho risposto: “A ma’, sono andato a Genova quattro anni e non ci siamo mai visti”. E poi le ho chiesto: “Ma tu vuoi un figlio felice o un figlio ubbidiente?” Allora lei ha detto: “No vabbè vai”. E mi hanno scritto una lettera d’amore bellissima.

Quando decisi di fare l’attore, io scrissi loro facendogli proprio quella domanda e me ne ero anche dimenticato. Avevo diciotto anni. Avevo scritto: voi mi avete insegnato la libertà: volete un figlio felice o un figlio ubbidiente? Sono stati due grandi. Mia madre poi mi ha confessato che papà non era tanto convinto. È siciliano, di una famiglia di mezzadri di San Giorgio, frazione di Assoro, comune di Agira, provincia di Enna.

Che ne pensi dei corti che hai visto?

Penso che, se glielo permettono, ci sono dei futuri autori. Ho visto corti che potrebbero essere film. Uno è un incrocio tra Alice Rohrwacher e Ken Loach. Fategli fare un lungo. Cortinametraggio è un festival dove ho incontrato delle perle. C’è un signore, si chiama Pasquale Cozzupoli, che fa la color correction: è l’ultimo step del film e lavora a stretto contatto con i direttori della fotografia. Sta lavorando con Vittorio Storaro, direttore della fotografia di mezzo cinema americano, tra cui Woody Allen. Stanno restaurando tutta la filmografia di Bertolucci. Ha fatto Il cacciatore di Cimino, Gangs of New York di Scorsese. Bellissimo quando ti racconta di Scorsese che “non se capisce niente quando parla”.

Antonio Bannò: «Io sono uno easy, mi piace l’ironia, mi piace che niente sia preso sul serio»

Sei in Vita da Carlo. Il tuo rapporto con Verdone?

Reverenziale. Lui è quello che ti fa “Come stai oggi? Hai dormito bene? OK. Motore, azione”. Lo vedi, io sono uno easy, mi piace l’ironia, mi piace che niente sia preso sul serio, nascondere la profondità in superficie. Ogni tanto mi avvicino e gli chiedo di raccontarmi un aneddoto. Come ad esempio quella volta che girava in esterno. Il film era in pellicola e la pellicola costa. C’era uno col motorino che faceva casino: erano tipi che lo facevano per farsi pagare per non fare rumore.

Nel favoloso mondo del cinema di una volta esistevano anche questi. Un direttore, mi pare di produzione, non gli voleva dare i soldi. A un certo punto Carlo dice: “Qua non si riesce a girare”. Va dal suo capo elettricista che fa: “Vabbè, mo’ te lo risolvo io”. “Senti te, viè un attimo co sto motorino. Viè dietro l’angolo”. Verdone racconta che si sentono tre colpi di pistola. Il capo elettricista ritorna e fa: “A Carlo! Tutto a posto, è scappato come un coniglio. Dai motore!” Hai capito che mondo che era il cinema? Erano pirati.

Sei in serie tv per Sky, Netflix, Amazon, Paramount+. Vorresti fare cinema?

Sì, ma ho imparato ad aspettare. Prima ero molto più impaziente. Sono molto affascinato da Galimberti, tanto che sono andato fino a Brescia per sentirlo parlare. Ero in un momento di crisi. Mi avvicino e gli dico: “Professore, io faccio l’attore nella vita, quindi mi vendo”. Lui guarda i suoi libri e mi fa: “Perché io no?” Gli dico: “Come sopravvivo? Sono venuto qua, mi sono fatto sei ore di macchina, mi dica qualcosa”. E lui mi fa: “Sii competente e poi le cose arrivano”.

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