Chiara Vinci: un frammento di vita dell’ex madrina di Cortinametraggio

A Cortinametraggio Chiara Vinci, madrina della scorsa edizione, ha passato il testimone a Eleonora De Luca. Attrice, nata a Marsala nel 1995, dopo il liceo classico si diploma al CSC. È stata diretta da Paolo Genovese, Pietro Castellitto (I predatori) ed è nel cast di Generazione Neet.

Devo dire – esordisce con una voce brillante nonostante il tour de force di festival che si sono sovrapposti – che se dovessi tornare indietro rifarei il percorso che ho fatto. Forse prenderei prima la laurea e poi farei il Centro Sperimentale con più consapevolezza. Mi ha dato una forma mentis, una disciplina che prima non avevo. Tutto quello che so l’ho imparato al Centro Sperimentale e poi sul campo. È un lavoro che nessuna scuola ti può insegnare: ti può dare le basi, ma poi impari sul set.

Chiara Vinci
Chiara Vinci a Cortinametraggio, ph. Anna D’agostino

«Le persone che mi vedono oggi non riconoscono la Chiara Vinci di dieci anni fa»

Sei andata spedita verso il Centro Sperimentale e non hai pensato a un’accademia teatrale?

Ho sempre fatto teatro al liceo, ma dopo ho avuto paura di iscrivermi a una scuola di recitazione. Quell’anno c’erano i provini al Piccolo Teatro di Milano. Mi sono iscritta e non mi sono presentata. Ero insicura. Ho dovuto lavorare tanto sulla sicurezza. Le persone che mi vedono oggi non riconoscono la Chiara di dieci anni fa. È un percorso che ho fatto anche grazie alla psicoterapia. Nel frattempo mi ero iscritta all’università a Milano, ma continuavo ad avere un senso di rimpianto. Mi sono detta: l’anno prossimo devo ritentare. E se non va, non deve essere perché non ho provato.

Il Piccolo era perso perché le selezioni sono ogni tre anni. Decisi il Centro Sperimentale. Era la scuola dove erano andati i miei miti, che non hanno niente a che fare con la recitazione, come Modugno e Raffaella Carrà. Ma anche tanti registi che amavo venivano da lì. Mia madre mi disse: “Scegli una scuola, una sola”. Fui presa, ma non ero sicura, tanto che avevo pagato il secondo anno di retta universitaria…che è andata in fumo perché mi sono trasferita a Roma.

«Lui non lo sa, ma l’ho ringraziato perché ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto»

Sei tornata sui tuoi passi? Sei coraggiosa…

Mi ero iscritta alla Iulm di Milano e studiavo comunicazione e cinema. Sapevo che quello era il mio ambito. Decisi che avrei fatto l’attrice dopo aver visto “Nuovo cinema paradiso”. Rimasi folgorata e dissi: questa sono io! Ogni volta che lo rivedo mi devasta sempre nello stesso modo.

Feci un corso di teatro all’università e il mio professore, Gianni Canova, che ammiro, mi spronò a provarci. Ma mi disse: comunque ti devi laureare. Infatti, dopo il Centro Sperimentale, mi sono iscritta alla Sapienza e laureata l’anno scorso. Lui non lo sa, ma l’ho ringraziato perché ho mantenuto la promessa che gli avevo fatto.

Chiara Vinci
Chiara Vinci a Cortinametraggio, ph. Anna D’agostino

«Forse a volte ti devi accontentare di quello che la vita ti offre, mentre io mi metto lì finché non ce la faccio»

Coraggiosa e determinata…

Miiii troppo… Non so se è un bene essere determinati. Forse a volte ti devi accontentare di quello che la vita ti offre, mentre io mi metto lì finché non ce la faccio. Che ne so se magari ci arriverò a cinquant’anni… Non so se essere ambiziosi in questa società oggi sia positivo…

Un conto è essere testardi, un conto è essere determinati. Pensa a quel povero Mosè che fa un viaggio lungo quarant’anni nel deserto. Se si fosse fermato un giorno prima non avrebbe visto la meta…

Mi piace questa immagine! Ora mi sto concentrando sulla carriera perché finalmente ho iniziato a crederci io. Per questo ringrazio il percorso di psicoterapia. Per me dovrebbe esserci lo psicologo di base. La tutela della salute mentale l’ho anche messa nel lavoro: grazie a due colleghe attrici Federica Pagliaroli (Che Dio ci aiuti, nda) e Liliana Fiorelli (I predatori, nda) abbiamo creato School of love.

«È difficile che gli uomini parlino in pubblico di violenza agita»

School of love è una bellissima iniziativa contro la violenza di genere. Come è nata?

Su Instagram quando ci fu la morte di Marisa Leo, di Marsala come me, uccisa dall’ex compagno. Scrissi un post e mi contattò Liliana. Mi disse: abbiamo tanti contatti, dobbiamo fare qualcosa di concreto. Decidemmo di partire dalla formazione dei più giovani. Abbiamo creato l’evento e chiamato professionisti e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo a tenere una giornata di incontri al cinema Troisi di Roma. Abbiamo coinvolto associazioni che fanno capo alla Casa Internazionale delle Donne e che si occupano e di violenza di genere. Sono venuti circa 300 studenti. Abbiamo parlato di sentimenti e di accettazione. Ci sono state testimonianze di donne che hanno subito quello che erroneamente viene chiamato revenge porn. È intervenuto anche un ex abusante che ha portato la sua testimonianza. È difficile che gli uomini parlino in pubblico di violenza agita.

Siete state coraggiose perché, per quanto si apprezzino simili gesti, sotto resta il rancore nei loro confronti.

Infatti eravamo molto indecise. E poi avevamo un pubblico prevalentemente di minorenni. Durante il suo intervento c’era un silenzio assoluto. Farlo partecipare non è un modo per giustificare una persona che ha agito violenza, ma è stato un modo per ascoltare anche l’altro punto di vista e capire da dove viene il malessere che hanno queste persone e come si può trasformare.

«È strano, ma è più facile dare uno schiaffo che una carezza perché è quello che vedono in televisione»

È bello che partiate dai giovani perché si pensa sempre che deve cambiare chi governa, invece i grandi cambiamenti partono dal basso e soprattutto dalle nuove generazioni.

Per questo ci teniamo a cominciare dalle scuole. Sono i ragazzi i primi a chiedere l’educazione sentimentale. Notiamo come facciano fatica a relazionarsi. Spesso è più facile quando hanno un telefono che fa da tramite invece che con una persona davanti. È strano, ma è più facile dare uno schiaffo che una carezza perché è quello che vedono in televisione. È orribile ma, ad esempio, molti sono convinti che un porno sia la realtà mentre non è così. Ecco perché è fondamentale l’educazione sentimentale, più che sessuale, fatta da professionisti nelle scuole.

Sei stata a Cortinametraggio. Cosa pensi dei corti proiettati? Spesso vengono considerati film di serie B…

Eleonora De Luca, la nuova madrina, ha detto una frase bellissima sui corti: devi raccontare tutto nel tempo di un fiammifero, prima che bruci completamente. I corti sono fondamentali e vanno fatti. Non è vero che il corto è quella cosa che fai prima di diventare famoso. Tutti pensano che il corto sia la gavetta. A Cortina, sia quest’anno che l’anno scorso, è stato bello vedere attori conosciuti che facevano i cortometraggi. Questo vuol dire che si dà dignità al corto. Non va bene che, se sono un’attrice navigata, allora il cortometraggio non lo faccio. Vedere attori affermati che si mettono nelle mani di giovani registi, vuol dire dar loro una possibilità. A Cortinametraggio c’era Paolo Genovese con Piccole cose di valore non quantificabile. Nel 2018, in una delle mie prime esperienze di set appena diplomata, feci un corto con la regia di Paolo. Non sono prodotti di serie B. Raccontare tutto in così poco tempo è difficilissimo.

«Sono una che non riesce a stare ferma»

Alla fine di un set c’è l’ansia da “e ora che faccio?”. Tu cosa fai fuori dal set?

Di tutto. Tutti soffriamo l’horror vacui, è vero. Fino all’anno scorso, quando non lavoravo ero serena perché studiavo. Sono una che non riesce a stare ferma. Ho dedicato molto tempo a School of love. Quando non sono sui set faccio la modella o la fotomodella per campagne pubblicitarie. Sono attiva nel sociale, mi piace fare la presentatrice, mi chiamano per eventi. Viaggio molto. Mi sono anche appassionata al tango e vado nelle milonghe.

Un ballo bellissimo. Ma riesci a ballare così stretta a un estraneo?

Mi fa ridere questa cosa perché anch’io non lo tolleravo. Ho iniziato facendo un abbraccio largo, dove i busti non si toccano, proprio perché all’inizio balli con sconosciuti. Ma è stata una folgorazione. Mi fa anche ridere il fatto che nel mio corso di tango ci siano tantissimi psicologi e psicoterapeuti. Evidentemente è una sorta di terapia. Per me lo è e sono rinata. È anche un’attività utilissima per il mio mestiere: lavori molto con il corpo e devi stare in ascolto dell’altro, soprattutto per la donna che deve seguire l’uomo per capire i passi. È come se l’uomo facesse un disegno a terra e la donna dovesse colorarlo rimanendo all’interno degli spazi…

Chiara Vinci
Chiara Vinci a Cortinametraggio, ph. Anna D’agostino

«Non vado mai al cinema a vedere due volte lo stesso film, ma questa volta sono ritornata il giorno dopo»

Sono appena stati assegnati gli Oscar. Un film che ti ha colpito?

Past Lives, il film opera prima di Celine Song candidato come Miglior film in lingua non inglese. Non vado mai al cinema a vedere due volte lo stesso film, ma questa volta sono ritornata il giorno dopo. Me ne sono innamorata.

Vai spesso al cinema?

Sì certo. Ho il mio cinema di fiducia sotto casa, dove ormai mi conoscono. È bellissimo poter scendere ed essere già in sala, senza problemi di parcheggio o di traffico. Quando andai a vedere Le otto montagne, a sala era strapiena, pioveva e faceva freddo. Arrivo e dico: no vi prego ragazzi non posso tornarmene a casa. Sono stati carinissimi: mi hanno messo una sedia in fondo, dopo l’ultima fila, e mi hanno anche fatto pagare il biglietto ridotto. I grandi film vanno visti in sala.

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