Intervista a Eleonora De Luca, volto di Cortinametraggio, presentato al Festival del Cinema di Venezia 2023

All’interno del Festival del Cinema di Venezia 2023, uno spazio è dedicato alla presentazione di Cortinametraggio, il festival di riferimento per i corti, giunto alla sua la 19a edizione. Cortinametraggio si terrà a Cortina D’Ampezzo dal 12 al 17 marzo 2024. A dare il volto a Cortinametraggio 2023 è la giovane e talentuosa Eleonora De Luca (Padrenostro di Claudio Noce; Le sorelle Macaluso di Emma Dante; L’Ora Legale di Ficarra e Picone; La Mafia uccide solo d’estate di L. Ribuoli), madrina del festival presieduto e fondato da Maddalena Mayneri e dedicato al meglio della cinematografia breve italiana.
Eleonora era già stata alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2020 quando ricevette il premio “Nuovo Imaie” come migliore attrice esordiente per i film Le sorelle Macaluso di Emma Dante, dove ha interpretato il ruolo drammatico di Maria, aspirante ballerina classica, e Padrenostro di Claudio Noce, dove era la tata dei figli di Pierfrancesco Favino.
Nel frenetico viavai di artisti che, nonostante gli scioperi, anima la Laguna in questi giorni, abbiamo incontrato Eleonora De Luca.

Ritratto di Eleonora De Luca
Ritratto di Eleonora De Luca

Intervista all’attrice Eleonora De Luca

Com’è tornare a Venezia non solo da attrice ma anche da madrina di Cortinametraggio?

Ho avuto la fortuna e la stranezza di essere qui nel 2020, presentando Le Sorelle Macaluso di Emma Dante e Padrenostro di Claudio Noce, entrambi in concorso ufficiale. Il 2020! L’anno in cui ogni posto era svuotato e da riabitare emotivamente, mi sono trovata in una Venezia semi-vuota e magica. Sono tornata qui nel 2021 per la riconsegna del Talent Award di Nuovo Imaie come miglior attrice che avevo vinto l’anno precedente e ora rieccomi per la terza volta, per L’Invenzione della Neve di Vittorio Moroni e per questa nuova esperienza di Cortinametraggio. Sono molto felice di cominciare qui il mio approdo a quest’avventura. Un rito sull’acqua vero e proprio. Passeggiare per Venezia è come incedere in un sogno, e il cinema è sogno della vita, per cui è un’esperienza totalmente onirica.

Ha una notevole formazione teatrale e ha partecipato a film con grandi registi. Cosa pensa dei
cortometraggi?

Penso che il dono della sintesi che appartiene ai cortometraggi possa avvicinarsi al mondo della poesia. Perciò è una forma d’arte in cui bisognerebbe avere un’urgenza bruciante. Fare un cortometraggio è un po’ come far intuire la potenza di un incendio mostrando solo un fiammifero. Mi affascina, sono molto curiosa di ciò che vedrò.

«Un teatro che è quasi un tribunale della vita, in cui non si può mentire»

Nel suo passato, breve vista la sua età, c’è molto teatro greco. Cosa l’ha portata a studiare all’Inda questa tipologia di rappresentazione e cosa le ha lasciato nella cassetta degli attrezzi? È stato un
supporto o un ostacolo quando ha fatto il salto nel cinema e nella televisione?

Mi sono formata presso la scuola del Teatro Greco di Siracusa, L’Istiuto Nazionale del Dramma Antico. Quella è la mia culla, i miei primi passi d’attrice sono stati in un teatro antichissimo, da 8.000 spettatori. Un teatro che è quasi un tribunale della vita, in cui non si può mentire. Porto con me quella verità. Non credo nella scissione teatro/cinema, credo che un attore debba essere liquido, saper prendere la forma e riempire qualsiasi tipo di recipiente. Una cosa considerata assolutamente normale in America, per esempio. Sono un’attrice con una formazione completa, e mi diverto a trasformarmi. Ogni mutazione di linguaggio, per me, è una sfida.

È a Venezia anche con il film L’invenzione della neve, in sala dal 14 settembre, presentato in anteprima mondiale in apertura a “Le Giornate degli Autori”. Che esperienza è stata?

Un’esperienza unica. Questo film è stato un puro esperimento cinematografico. Sono felice che Vittorio Moroni mi abbia scelta, in un film di sole sei scene, in un cast di soli sei attori. È stata una grande responsabilità. Il pubblico poi ha risposto con grande stupore. Lo stupore è una delle mie emozioni preferite, una tra le più rare da tenere vive, passata l’infanzia.

Ritratto di Eleonora De Luca
Ritratto di Eleonora De Luca

«Mi innamoro delle storie, che devono essere urgenti per chi le scrive e dirige»

So che alcune scene sono state girate senza interruzione anche per mezz’ora di seguito. Recitare così è più da teatro che da cinema…

Tutte le scene! Giravamo per tre giorni di fila la stessa scena, in loop, in piano sequenza, senza possibilità di fermarci. Ogni errore doveva essere utilizzato, giustificato, reso parte del gioco. Ogni scena durava più o meno 25 minuti, e noi attori giravamo liberi come animali, con una scena scritta, sì, ma totale libertà di improvvisazione. Più che teatrale o cinematografica, direi proprio da attore. Da attore vero, purosangue. Per un operazione del genere bisognava essere atleti pronti. L’improvvisazione non si improvvisa.

Un genere che vorrebbe affrontare?

La distopia. E la fantascienza. Magari anche tutti e due i generi fusi insieme. Sono un’amante dei romanzi e dei racconti di Philip K. Dick. Mi piacciono i personaggi che cercano di tenersi dritti nelle storie distorte. I personaggi a fuoco negli scenari offuscati.

Da chi vorrebbe essere diretta?

Steven Spielberg! Parla al mio cuore di bambina. In ogni caso per me non importa il nome, potrebbe essere anche un emergente. Mi innamoro delle storie, che devono essere urgenti per chi le scrive e dirige. È una delle prime domande che faccio ai registi con cui lavoro: «come mai lo fai?»

Ritratto di Eleonora De Luca
Ritratto di Eleonora De Luca

«Inoltre credo nell’immenso potere dissacrante della risata. La risata, anche solo come azione, ti costringe ad aprirti, ti rende vulnerabile, pronto a recepire»

Con chi vorrebbe tornare a lavorare?

Ficarra e Picone: hanno un posto speciale nel mio cuore. Sono stata battezzata da loro con il mio primissimo film, L’ora legale, appena diplomata come attrice, in un anno di provini in cui arrivavo costantemente in finale, ad un passo dal ruolo, e nessuno poi si fidava di me, sconosciuta. Ho avuto paura che il cinema fosse solo questo, un circolo vizioso in cui si continuavano a premiare le comodità, le conoscenze, e non gli atti coraggiosi. Salvo e Valentino non sono così. Rischiano.
Scrivono storie scomode. È grazie a loro se per me si è aperta questa meravigliosa porta. Sono due artisti che stimo tantissimo, che sanno essere persone ancora prima che talenti. Inoltre credo nell’immenso potere dissacrante della risata. La risata, anche solo come azione, ti costringe ad aprirti, ti rende vulnerabile, pronto a recepire. È molto più facile rendere un po’ tristi le persone che farle ridere di gusto, come fanno loro.

Venezia quest’anno è un po’ meno americana. Un bene o un male per la Mostra?

Non saprei. Venezia è un porto, e un porto è un po’ come un punto interrogativo proteso verso il mare. Non puoi prevedere chi sbarcherà e cosa porterà. Però è il porto della bellezza. Credo che si debbano valorizzare sempre le belle storie, indipendentemente dalla nazionalità di chi le scrive o produce. Spero che Venezia continui ad essere bellissima, quindi.

Progetti che stanno per uscire dal cassetto?

Ho appena finito di girare un film molto interessante, una co-produzione internazionale, Cuori di Sale, diretto da Rosa Russo. Sono una delle due protagoniste principali e recito in italiano, francese, inglese e siciliano. Mi sono divertita moltissimo perché è stato un ruolo da pura irresponsabile. Ho altri progetti in vista ma aspetto di poterne parlare.

 Eleonora De Luca
Eleonora De Luca

«Il cinema per me dev’essere luce pura che fluisce libera. Sogno un mondo dove essere donna o uomo sia come essere bruni o biondi»

Sarà su Sky con L’arte della gioia per la regia di Valeria Golino. Una storia di donne, diretta da una donna. Quanto è importante raccontare il mondo femminile in modo diverso? Quanto spetta a noi donne uscire dallo schema santa-puttana nel quale siamo sempre state rinchiuse? E quanto il cinema e la televisione hanno oggi questo compito?

Penso che spetti un po’ a tutti, donne e uomini, dare valore all’umano, in tutte le sue sfaccettature e a prescindere dal suo genere di identificazione. La parola “Diavolo” viene da “diaballo”, che significa separare, dividere. I mostri quindi stanno nella separazione, nel voler schedare. Nell’ostinarsi a non vedere l’essere umano, nella sua eterogeneità e nelle sue meravigliose singole differenze, come unico, coeso, esteso. Il cinema per me dev’essere luce pura che fluisce libera.
Sogno un mondo dove essere donna o uomo sia come essere bruni o biondi. Sogno un cinema in cui si raccontino personaggi con cui chiunque può empatizzare, anche uno spettatore maschile se la protagonista è una donna. Allora il cinema diventa politica, senza bisogno di parlare di politica. Il cuore vince su qualsiasi ragionamento, e il pubblico va preso da cuore a cuore. Goliarda Sapienza, nel suo romanzo L’arte della gioia ha regalato alla sua protagonista la possibilità di essere un personaggio che sfugge agli incasellamenti demoniaci. Sono felice che Valeria Golino abbia deciso di rievocare questo romanzo. È il momento giusto e la persona giusta per farlo. E sono fiera di avere preso parte a questo silenzioso e sensibile golpe.

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