Festival del cinema di Venezia 2023: apre Pierfrancesco Favino con ‘Comandante’ di Edoardo de Angelis

Salvatore Todaro? « È per me un essere umano e quindi non è mai una cosa sola, non è mai un aggettivo», spiega Pierfrancesco Favino, super star al Festival del cinema di Venezia 2023, La Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, edizione numero 80, straordinario interprete di Comandante, il nuovo film (in apertura e in concorso ufficiale) di Edoardo de Angelis. «Nessuno di noi è cuna cosa sola e di questo ne sono convinto: siamo tutti in potenza mille cose. Todaro può essere un cattolico praticante e uno spiritista, un uomo capace di guardare al momento e anche di guardarsi da fuori, un grande appassionato di arti e di filosofia orientali, come un militare convinto».

«Non mi piacciono i personaggi che hanno un solo colore», aggiunge l’attore che è qui al Lido in concorso ufficiale anche per il film Adagio di Stefano Sollima. «Credo che Todaro sia l’esempio di quante gradazioni possibili ci siano all’interno di un essere umano, che è poi quello che mi attrae personalmente nel mio mestiere di attore».

Pierfrancesco Favino nel Comandante
Pierfrancesco Favino nel Comandante

Pierfrancesco Favino nei panni di Salvatore Todaro in Comandante al Festival del Cinema di Venezia 2023

La storia che si racconta nel film – ‘trasformata’ post (caso assai raro) da De Angelis e Sandro Veronesi, anche autori della sceneggiatura,  nell’omonimo libro appena uscito per Bompiani – è quella che Favino stesso definisce un’Epifania: «La storia di un uomo che parte con grandissime condizioni, ma non accetta la sua condizione fisica. Dall’aria va sotto il mare, un’esperienza che cambia la prospettiva del mondo. Lì sotto, sembra di essere nello spazio. Todaro è capace di disobbedire nel momento in cui non si può comunicare la propria disobbedienza, ma rispetta una legge più alta – la sua – che consiste nel dover e voler mettere l’uomo al primo posto all’interno di una priorità diversa dove nessuno avrebbe potuto dirgli nulla, visto che le vicende raccontate sono del 1940, in piena guerra, non dimentichiamolo».

«È solo un altro uomo ed e per questo che decide di salvarlo, visto che l’essere umano davvero forte è quello che è capace di tendere le mani al più debole».

«Questo dimostra che quel comandante è prima di tutto un gran bell’esempio di umanità. Non è un uomo che parte con l’idea di salvare quella stessa umanità, ma uno che scopre che all’interno della sua vita c’è spazio per quell’epifania, come dicevo. La cosa ancora più interessante, secondo me, è che dopo aver salvato tutti quegli uomini, che in guerra sono suoi nemici, torna a fare la guerra».

L’idea del film – prodotto da Indigo, O’Groove e Rai Cinema, in uscita a novembre per 01 distribution – viene a De Angelis dopo aver ascoltato nel 2018 il racconto dell’Ammiraglio Pettorino, riportato in occasione del 123esimo anniversario della Guardia Costiera. «In quel clima di porti italiani chiusi ai naufraghi, di donne, bambini, uomini inermi morti affogati in mare – spiega – ebbe l’esigenza di dire ai propri marinai come comportarsi. Scelse così la strada della parabola e raccontò la vicenda straordinaria di Salvatore Todaro, il sommergibilista italiano che in guerra affondava le navi nemiche, ma salvava gli uomini, perché questo prescrive la legge del mare».

Un uomo forte che affondava il ferro delle navi nemiche senza paura e senza pietà, ma quando il nemico era inerme, però non era più tale. «È solo un altro uomo ed e per questo che decide di salvarlo, visto che l’essere umano davvero forte è quello che è capace di tendere le mani al più debole».

Naufraghi in torretta, Comandante
Naufraghi in torretta, Comandante

“Perché noi siamo italiani.”

La storia è nota. Nell’ottobre del 1940, il sommergibile Cappellini naviga nelle acque dell’Oceano atlantico. Improvvisamente si palesa il Kabalo, un mercantile di nazionalità belga carico di materiale bellico destinato all’Inghilterra, che apre il fuoco contro l’equipaggio italiano. Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone, ma poi prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiese perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.

Tormentato da una lesione alla colonna vertebrale rimediata durante un’esercitazione su un idrovolante, Salvatore Todaro sa che il fascismo è dolore e che la vita è un lampo con tutto ciò che ne consegue. De Angelis ce lo fa seguire in ogni suo movimento: a casa con la moglie Rina (Silvia D’Amico), destinataria di lettere che non possono esse spedite, e poi in quel sottomarino, circondato dai suoi marinai, interpretati da attori giovanissimi che meritano di essere citati: Arturo Muselli, Giuseppe Brunetti, Gianluca Di Gennaro, Johanes Wirix, Pietro Angelini, Mario Russo, Cecilia Bertozzi e Paolo Bonacelli.

«La relazione tra uno spazio così chiuso e l’immensità dell’oceano era sicuramente molto allettante, ma non abbiamo mai utilizzato grandangoli», precisa. «Non abbiamo mai voluto mostrare l’ambiente più grande di quello che fosse, ma riempito il fotogramma di ogni singolo pezzettino per mostrare quanto fosse angusto». Ed è lì che Todaro dimostrerà la sua vera forza, perché chi salva l’uomo, anche uno solo, salva l’umanità.

Scena tratta dal film Comandante
Scena tratta dal film Comandante
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