Intervista a Jetsun Pema, la sorella del Dalai Lama a Venezia 80

Jetsun Pema, sorella del Dalai Lama, è arrivata alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia in occasione delle Giornate degli Autori. A Venezia Jetsun Pema, una delle più importanti figure femminili del nostro tempo, ha presentato in anteprima italiana il documentario Amala – La vita e la lotta della sorella del Dalai Lama. Ha poi partecipato all’evento Jetsun Pema, la madre del Tibet. Una vita per l’istruzione e la libertà organizzato da WIFTMI – Women in Film, Television & Media Italia, Isola Edipo, Fandango e dall’Unione Buddisti Italiani. All’incontro era presente anche l’attrice Kasia Smutniak e il regista del docufilm Geleck Palsang.
Jetsun Pema è stata a lungo presidente del Tibetan Children’s Villages, organizzazione di beneficenza per la cura e l’educazione di orfani, indigenti e bambini rifugiati dal Tibet con sede a Dharamsala, nell’India settentrionale.
In occasione dell’evento, abbiamo avuto il piacere di rivolgere alcune domande a colei che i bambini del Tibet chiamano affettuosamente Ama-La: Jetsunma Pema, la madre del Tibet.

Jetsun Pema  a Venezia 80
Jetsun Pema a Venezia 80

«L’istruzione che ho ricevuto dalle suore in queste scuole era davvero completa. Le loro priorità erano quelle di aiutare coloro che ci circondano e imparare ad essere compassionevoli»

Nata a Lahsa, in Tibet, nel 1950 si rifugia in India, dove ha studiato al Convento di St. Joseph e poi al Convento di Loreto. Com’è stato mantenere le sue radici in un contesto cattolico?

Ho studiato in queste due scuole perché le suore cattoliche forniscono un’ottima educazione. Anche se l’istruzione che impartiscono è basata sulla religione cattolica, ho trovato ci fosse una forte connessione tra questa e la mia religione e cultura. Durante quegli anni offrivano anche lezioni di tibetano due volte a settimana, facendoci sentire ancora più legati alla nostra identità.
L’istruzione che ho ricevuto dalle suore in queste scuole era davvero completa. Le loro priorità erano quelle di aiutare coloro che ci circondano e imparare ad essere compassionevoli, entrambi pensieri fortemente condivisi anche dalla religione buddhista.

«La lingua è alla base di qualsiasi cultura, in quanto gioca un ruolo fondamentale nella conservazione della propria formazione e identità»

È possibile conservare le proprie tradizioni se si è obbligati a usare una lingua diversa dalla propria?

La lingua è alla base di qualsiasi cultura, in quanto gioca un ruolo fondamentale nella conservazione della propria formazione e identità. Per questo motivo, nelle nostre scuole, troviamo sia molto importante istruire i bambini rifugiati del Tibet nella loro lingua. Se si insegna ai bambini usando la loro lingua madre, capiscono meglio e, di conseguenza, riescono a sfruttare pienamente tutto ciò che apprendono. Dopo la scuola elementare, infatti, tutte le materie, dalla matematica alle scienze sociali, vengono insegnate in lingua tibetana.

Alla morte di Mao, lei ha fatto parte della delegazione mandata da suo fratello in Tibet, dove è stata accolta come se lei fosse il Dalai Lama in persona. Nella sua cultura una donna ha diritto a così tanto rispetto?

Nella cultura tibetana, se una persona è imparentata con il Dalai Lama, guadagna automaticamente un certo livello di rispetto agli occhi di tutta la popolazione. Quando sono arrivata io, sua Santità era in esilio e gran parte della popolazione non lo vedeva da diverso tempo.
Nel 1981 andai anche in Cina, dove i contatti tra la popolazione tibetana in esilio e quella rimasta nella propria terra erano interrotti da lungo tempo. Vedermi, dopo tutti quegli anni, li ha resi molto felici perché ha dato loro la speranza che le cose, un giorno, potessero migliorare. Al nostro arrivo, tutti noi membri della delegazione fummo accolti con grande rispetto dal popolo cinese, perché eravamo inviati di Sua Santità. Per questo motivo non ho mai pensato che mi ritenessero inferiore in quanto donna; qualsiasi persona in contatto con il Dalai Lama era automaticamente rispettata da tutti.

Jetsun Pema e Kasia Smutniak  a Venezia 80
Jetsun Pema e Kasia Smutniak a Venezia 80

«Nella cultura tibetana le donne vengono considerate allo stesso livello degli uomini e vengono trattate con lo stesso rispetto»

Nel docufilm si vedono donne ricoprire posti di responsabilità. Qual è il ruolo della donna nella cultura tibetana?

Nella cultura tibetana le donne vengono considerate allo stesso livello degli uomini e vengono trattate con lo stesso rispetto. Crediamo che la figura materna in una casa sia la più importante, in quanto è lei che, nella maggior parte delle famiglie, ne gestisce l’organizzazione. Nelle famiglie nomadi, per esempio, mentre gli uomini si prendono cura dei pascoli, sono le donne a rimanere a casa per cucinare e accudire i figli. Anche nel caso dei commercianti che viaggiavano fino in Cina e in India, erano le donne ad avere il compito di restare a casa per gestire tutti gli affari di famiglia.
Oggi, in Tibet, si trovano donne che amministrano monasteri e che sono molto rispettate per la forte influenza religiosa che hanno sul nostro popolo.

Papa Francesco sta aprendo un importante dialogo con la Cina, mentre i Tibetani vengono strettamente controllati nella pratica della loro religione. Senza un supporto politico esterno così forte, come quello che lo Stato Vaticano dà ai cittadini cinesi di religione cattolica, crede davvero che tibetani potranno da soli fare qualcosa?

Qualsiasi cosa stia facendo Papa Francesco è gestita dal Vaticano e io non ne sono a conoscenza.
Nel nostro caso, Sua Santità il Dalai Lama ed io ci siamo impegnati per mantenerci in contatto il più possibile con il popolo tibetano. Il contesto, al momento, è molto complesso poiché il governo cinese sta mandando migliaia di bambini in scuole cinesi per imparare la loro lingua e cultura.
Nonostante ciò, noi siamo fiduciosi che la situazione possa migliorare e non ci arrenderemo mai.
Credo che, finché il mondo continuerà a parlare del Tibet, il Tibet continuerà a vivere. Facendo da portavoce a quelli che sono stati silenziati, continueremo a fare proprio questo: terremo viva la cultura e l’identità tibetane.

Jetsun Pema
Jetsun Pema

«La nostra speranza è che il governo cinese, vedendo l’approccio di Sua Santità, si sentirà spinto ad aprire un dialogo con lui»

La Cina ha problemi con Taiwan, Hong-Kong, la popolazione Uiguri. Il Tibet non sarà indipendente. Quale prospettiva vede realmente per il Tibet?

Il mondo in cui viviamo oggi non ha confini e, in una situazione del genere, Sua Santità ha avuto sempre un approccio molto pragmatico. Lui ha introdotto un metodo basato sulle vie di mezzo, così da poter trovare una soluzione che porti benefici sia al popolo tibetano sia a quello cinese.
Sono diversi anni che continuiamo a usare il dialogo come metodo e abbiamo fiducia nel fatto che, prima o poi, porterà a dei risultati. La nostra speranza è che il governo cinese, vedendo l’approccio di Sua Santità, si sentirà spinto ad aprire un dialogo con lui.

«Parlare del Tibet è già un qualcosa che aiuta enormemente il nostro Paese. È necessario che più persone si rendano conto della situazione in cui il mio popolo si trova»

Cosa può fare l’Occidente per il Tibet e cosa non sta facendo?

Come ho spiegato prima, parlare del Tibet è già un qualcosa che aiuta enormemente il nostro Paese. È necessario che più persone si rendano conto della situazione in cui il mio popolo si trova e di quello che sta provando a fare per migliorare le sue circostanze attuali. È fondamentale impegnarsi di più per diffondere questi dati al maggior numero di persone possibili. Il film sull’esilio dei tibetani, che i giovani nel nostro villaggio stanno realizzando, per esempio, dovrebbe essere sponsorizzato maggiormente in Occidente. È necessario sfruttare di più le tecnologie moderne che ci permettono di essere collegati a persone in ogni angolo del mondo, per poter aumentare la consapevolezza riguardo a questa situazione anche nel mondo occidentale.

In Ucraina i russi hanno rapito e deportato circa 13.400 bambini per trasformarli in russi. Il suo popolo conosce la pulizia etnica. Cosa la gente non comprende di questo dramma?

Sono diversi anni che il governo cinese sta forzando migliaia di bambini tibetani a spostarsi in scuole cinesi per insegnare loro la loro cultura e religione. Ritengo che questa sia una forma di “genocidio culturale,” proprio come quello che sta accadendo in Russia. Qualsiasi persona che apprezza l’avere diritto alla propria libertà, alla propria lingua e alla propria cultura, dovrebbe capire la gravità di questa situazione. Il popolo ucraino sarà un portavoce di grandissima importanza riguardo a questo argomento, sia in Europa che nel mondo Occidentale in generale. La nostra speranza è che presto il mondo capirà che questi eventi, al giorno d’oggi, non dovrebbero più accadere.

Locandina del docufilm Amala - La vita e la lotta della sorella del Dalai Lama
Locandina del docufilm Amala – La vita e la lotta della sorella del Dalai Lama

«La compassione va oltre la religione e questa è una delle lezioni più importanti che ci insegna il Buddha»

Il buddhismo è arrivato da noi attraverso libri e film. Anche chi non sa nulla della religione buddhista sa che esiste un uomo chiamato Dalai Lama. Qual è il messaggio che l’Occidente dovrebbe imparare dalla religione buddhista?

Sua Santità ha sempre diffuso messaggi di pace e compassione e ancora oggi parla spesso dell’unità tra le persone. Questa unità non cambia tra persone di religione o etnia diverse. La compassione va oltre la religione e questa è una delle lezioni più importanti che ci insegna il Buddha. In Europa, per esempio, ci sono centri buddhisti tibetani, così come ce ne sono altri indiani e di diversi altri Paesi. Penso che questo abbia ampliato la visione che abbiamo delle religioni e del mondo in generale. Un tempo, il Buddhismo non era accettato come religione di Stato, ma negli ultimi 20/30 anni è stato riconosciuto come tale.

Da questo punto di vista quali cambiamenti ha visto in Europa da quando arrivò la prima volta?

Rispetto a quando sono venuta in Europa le prime volte, ho notato che oggi ci sono molte più persone che intraprendono corsi sul buddhismo, il che dimostra che c’è un maggior interesse e una maggiore comprensione a riguardo.

«Ho sempre creduto che nascere essere umani sia una delle fortune più grandi che si possa avere. Ogni vita umana dovrebbe essere vissuta con uno scopo specifico»

Ognuno di noi ha una missione. In questa vita lei ha diretto il Tibetan Children’s Villages. Ma qual è la sua vera missione?

Ho sempre creduto che nascere essere umani sia una delle fortune più grandi che si possa avere.
Ogni vita umana dovrebbe essere vissuta con uno scopo specifico. Credo che uno dei più importanti sia quello di occuparsi dei bambini e della loro istruzione e di assistere i malati. Ci sono un’infinità di cose che si possono fare per aiutare coloro che ci stanno attorno e, ogni volta che ne facciamo una, mettiamo in atto uno dei pilastri fondamentali del buddhismo.

Per la religione buddhista le persone creano il loro Karma. Lei si è mai chiesta quale retribuzione
karmica subisce il popolo tibetano?

Nella religione buddhista crediamo che ognuno è padrone di sé stesso. Allo stesso tempo, però, crediamo nel Karma collettivo ed è per questo che la sofferenza è inevitabile. Nonostante ciò, il Karma collettivo è anche la legge che ci permetterà di accumulare Karma positivo tutti assieme, per poter un giorno migliorare le nostre condizioni di vita.

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