Johnny Do, Il viaggio che rifarei

Definire Johnny Do solo un appassionato di viaggi sarebbe quasi riduttivo, la sua è una vera cultura del saper viaggiare. Il suo libro “Il viaggio che rifarei” si è subito posizionato tra i primi dieci posti nella sezione travel di Amazon, proprio a confermare quanto tutti noi abbiamo bisogno di prendere una valigia e partire. Ecco se leggete il libro è proprio quello che penserete.

Come ti è venuta l’idea di scrivere un libro?

Le emozioni dei primi viaggi le scrivevo già adolescente, poi ho iniziato a vivere e lavorare viaggiando, è diventata un’abitudine vivere in hotel, traslocare da una nazione all’altra, cambiavo isole e continenti come fossero quartieri della stessa città arrivando al punto di non aver più avuto il tempo di scrivere.

Ho cercato il posto più bello dove vivere e ho cercato di immagazzinare nella memoria più emozioni possibili. Internet ha permesso l’espandersi del fai da te anche nei viaggi, nell’ultimo decennio, anno dopo anno, il lavoro è sceso sempre più: nella gestione delle stagioni come per i grandi accompagnamenti. Qualche anno fa, durante una cena in un famoso ristorante di Ibiza, una cara amica con il suo compagno, sentendomi raccontare alcuni aneddoti di viaggi e di turisti mi hanno proposto l’idea, con Salvatore ho iniziato un percorso quasi psicologico per scardinare ricordi ed avvenimenti che, in realtà erano semplicemente catalogati in una parte del cranio, poi è arrivata la pandemia e ho avuto il tempo di cercare tutto ciò che mia sorella aveva ordinatamente conservato in cantina e cosi in ordine cronologico ho iniziato a riordinare tutto. Saltando qualcosa, unificando qualcos’altro è arrivato il libro.  

Il viaggio più bello?

La bellezza di un viaggio è direttamente proporzionale all’ entusiasmo e alle emozioni che ognuno ha in quel determinato momento, il viaggio più bello nel mio caso è lungo una vita, potrebbe essere solo un sorvolo della Polinesia, la prima volta a New York, Rio a Carnevale o le indimenticate grandi amicizie di Tenerife o di Mykonos, gli altipiani della Tanzania e del Kenya, il salto nel tempo di Cuba o chissà dove. Per avere una risposta più chiara bisognerebbe cercarla nel libro.

C’è un viaggio che non rifaresti?

Alcuni viaggi li ho fatti con l’incoscienza della giovinezza, adesso non li rifarei per pericolosità dei luoghi o delle situazioni. Non ho amato il secondo periodo da manager in Egitto, penso per l’incarico; avrei lasciato la nave rompighiaccio il secondo giorno di navigazione, per la noia; col senno di poi mi preparerei meglio ad affrontare i primi lunghi periodi in estremo oriente, mi sentivo un extraterrestre.

Vivi ad Ibiza da vent’anni (credo) che futuro avrà secondo te.

Ibiza ha un’anima unica, si rigenera e genera e rigenera mode e usi. Sicuramente gran parte dello spirito che l’ha resa esclusiva ormai da sessant’anni si è dissolto già da qualche anno, si è globalizzata cercando di offrirsi sempre più ad un pubblico simile a quello di Dubai, che ha tolto personalità anche a luoghi come Mykonos e Miami rendendoli tutti simili per un pubblico internazionale. La bellezza dell’isola unita all’unicità delle feste continuerà ad essere la carta vincente per un futuro glorioso ma con una personalità sicuramente meno eclettica e più simile ad altri luoghi nel mondo. 

Il party più lussuoso dove lo hai visto.

Diversi, non solo uno, nei primi anni Novanta a Ibiza ricordo il party sullo Yacht di Gaultier, a Mykonos nella villa di un amico, a Miami nella Villa Casuarina (casa Versace), a Bermuda nella villa invitato per un week end da un amico, a Mauritius nella casa della fondatrice di un importante marchio di gioielli, poi il primo periodo a New York praticamente ogni settimana.

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