La Paris Fashion Week P/E 2021 alla prova del digitale, tra lookbook, video e short movie

La prima edizione digitale della fashion week maschile di Parigi, svoltasi fino allo scorso lunedì e dedicata alla primavera/estate 2021, ha visto la gran parte dei nomi in calendario cimentarsi col format video, che si trattasse di un’appendice dinamica alla staticità dei lookbook, di rappresentazione altra dei mood e riferimenti di turno o, ancora, di mise en scène con tutti i crismi del cinema. 

Phlegethon, per cominciare, è il titolo dell’ultima collezione firmata Rick Owens, svelata attraverso un filmato in cui le immagini scorrono sulla schermata divisa a metà, come fossero riprese da una telecamera di sicurezza, alternando B/N e colore. Lo stilista vi condensa la sua estetica abrasiva, interpretata non casualmente dal modello-feticcio Tyrone Dylan Susman, chiamato a indossare capi scultorei dall’alto grado di teatralità, ulteriormente accentuata dalle spalle spigolose. Le proporzioni rivelano uno stridore – apparente – tra giacche fittate e pantaloni aderenti dal cavallo basso, o tra le forme smilze del sopra e quelle fluide del sotto. I contrasti permeano del resto gran parte delle mise, una rassegna di top dai lievi drappeggi, canotte sbrindellate, maglie stretch e blazer dilungati, abbinati a bermuda con elastico, cargo pants o modelli più affusolati. Owens, inoltre, insiste nel sovvertire i cliché del menswear proponendo, ad esempio, stivali dal platform imponente (anche nella variante “estrema” del cuissard), sneakers in rosa bubblegum e scollature profonde.

Isabel Marant si attiene a quello stile boho chic con cui è diventata uno dei brand di maggior successo del ready-to-wear femminile, traslato con i dovuti accorgimenti nel guardaroba pour homme: ecco allora spolverini, windbreaker, tute morbide su pantaloni risvoltati a gamba dritta. A movimentare le superfici di magliette, camicie e pull provvedono righe, quadretti e colorazioni dégradé, oppure vivaci motivi ikat. La palette alterna i toni polverosi del celeste, ecru e kaki alle nuance vibranti di magenta, bluette e verde menta, sprazzi di colore per aggiungere un twist alla generale rilassatezza degli outfit, evidenziata da accessori quali bucket hat, cinture in corda e sandali con listini.

Suggerisce un’ideale fuga dalle restrizioni di questo periodo la proposta di Davi Paris, cui fanno da sfondo scogliere ventose e prati in fiore, dove ritirarsi magari negli ultimi, malinconici giorni d’estate. I fiori, d’altro canto, hanno grande importanza anche per i look in sé, perché irrompono sulle texture sotto forma di ricami, disegni acquerellati o motivi tapestry a tutta grandezza, arricchendo blouson, golf e camicie generosamente sbottonate, come pure pantaloni svasati high-waisted e shorts con la piega. Anche gli accessori – cappelli da pescatore o in paglia, foulard vezzosi, calzature aperte, trainers – favoriscono l’impressione della gita in un paesaggio idilliaco, di cui godere in abiti che accarezzano il corpo, senza trascurare eleganza e armonia dell’insieme. 

Louis Vuitton inaugura invece un itinerario, sia fisico sia digitale, diviso in più tappe, la prima delle quali – Message in a bottle – è stata rivelata nei giorni scorsi: un ibrido di film e cartoon, in cui tra scorci di Parigi e coloratissimi personaggi immaginari, spuntano ovunque gli emblemi della maison, dal Monogram al Damier black&white. Per gli oufit veri e propri, bisognerà aspettare i prossimi due step, previsti a Shanghai e Tokyo nei mesi a venire.

Yosuke Aizawa, direttore creativo di White Mountaineering, racchiude in un video le suggestioni tech per le quali il brand è conosciuto (e apprezzato). Gli abiti prendono letteralmente vita dai cartamodelli, sollevandosi dalle sagome disegnate sul foglio e andando a comporre gli ensemble degli indossatori; si susseguono capi multi-tasche con zip più o meno decorative, trapuntature ed elastici, a rimarcare l’indole utilitarian della linea, sottolineato anche dal ricorso al layering per cui overshirt, gilet, felpe e giubbotti in diverse lunghezze e consistenze possono essere sovrapposti. Membrane Gore-Tex, pannelli a contrasto e sneakers traforate aggiungono un’ulteriore nota di funzionalità.

Il designer Bruno Sialelli rende in poco più di un minuto lo spirito escapista, quasi onirico, sotteso alle sue creazioni per Lanvin, aiutato anche dalla spettacolarità dell’ambientazione, il Palais Idéal du facteur Cheval, “castello” naïf nel sud della Francia. Dagli scatti dei look, passati in rassegna solo parzialmente nel video, si coglie un flair anni ’70, tra ponchos, inserti animalier, bluse variopinte, polo in maglia, soprabiti doppiopetto e pantaloni fluidi a vita alta, in una tavolozza tenue ravvivata da flash di cobalto, ocra, rosso e blu navy.

Thom Browne, da ultimo, si ispira alle Olimpiadi nel filmare l’esecuzione, da parte del cantautore Moses Sumney, di una rivisitazione dell’inno originale dei Giochi, ponendo l’accento sulla fisicità, monumentale appunto, del protagonista, un adone contemporaneo issato, non solo idealmente, sul podio. Per quanto riguarda capi o accessori, nei frame compaiono unicamente delle cuffie, frutto di una collaborazione con Beats by Dr. Dre, e una lunga gonna di sequin attraversata dalla caratteristica banda tricolore di Browne, a certificare la propensione al gender fluid iscritta nel dna della griffe; una scelta che testimonia di come, a differenza delle sfilate più o meno virtuali, l’espressione dei valori fondanti di un marchio non conosca ostacoli né pause, specialmente in tempi come questi. 

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