La sostenibilità secondo Matteo Ward

Parliamo di nuovi scenari sostenibili legati al settore del fashion con Matteo Ward, co-fondatore del brand responsabile Wråd e art director della sezione di White dedicata ai progetti green. Nell’intervista ci racconta il suo percorso e la visione per il futuro.“Siamo nel mezzo di una rivoluzione sistemica che va ben oltre aspetti come il cotone organico o il nylon riciclato. Oggi il prodotto deve avere uno scopo e offrire un servizio».  



Raccontaci come è iniziata la passione per la sostenibilità? 

Mentre lavoravo in Abercrombie, il ruolo che ricoprivo mi ha portato ad intraprendere un percorso di scoperta della verità circa il reale costo dell’industria di cui facevo parte. I dati sono spaventosi: per produrre una maglietta occorrono fino a 2.700 litri di acqua, per la tintura e finissaggio dei capi possono essere utilizzate tra le 1.600 e 2.000 sostanze chimiche dannose per la nostra salute e gli ecosistemi. E ancora, pensare che più della metà dei nostri capi contiene polyestere e che questi, acquistati e consumati ad un tasso sempre più elevato, possono impiegare fino a 200 anni per essere smaltiti o ragionare attentamente sull’impatto sociale della produzione tessile. La scoperta di tutti questi fattori e molti altri hanno contribuito a far crescere in me la voglia di mettere in discussione lo status quo. Decido quindi di licenziarmi e di investire la mia liquidazione per dar vita ad un progetto con un impatto sociale e ambientale, educativo in primis. Non potevo più accettare di contribuire involontariamente a rendere l’industria della moda una delle più inquinanti al mondo. Quindi assieme a Victor Santiago e poi Silvia Giovanardi diamo vita a WRÅD ispirare il mercato a manifestare valori sociali e ambientali attraverso prodotti tangibili al fine di catalizzare il cambiamento. 

C’era e c’è ancora, un’enorme asimmetria informativa rispetto al vero costo della moda. Questa è stata la vera motivazione ad abbandonare la mia zona di confort per dedicarmi a trovare soluzioni finalizzate a generare consapevolezza attraverso il design, l’educazione e la comunicazione. 



Quale è il tuo approccio a questo mondo? 

Bisogna lavorare con approccio e visione sistemica, ragionare a compartimenti stagni nel campo dello sviluppo sostenibile è rischioso e potenzialmente controproducente. Dobbiamo tenere a mente che tutto ciò che produciamo nel campo tessile (anche se fatto con materie prime naturali considerate responsabili) ruba comunque risorse naturali necessarie per rispondere alle reali esigenze di una popolazione in aumento. Non possiamo continuare a rubare acqua a persone e paesi in crisi di risorse per produrre milioni di tonnellate di vestiti di cui nessuno ha reale bisogno. 

Noi lavoriamo su tre fronti: educazione, innovazione e design. Ogni business unit è sinergica alle altre e lavoriamo per ispirare il pubblico a voler seguire modelli di consumo più responsabile e al tempo stesso per mettere sul mercato progetti e processi innovativi, smart e responsabili, in risposta alle rinnovate esigenze dell’umanità. Il prodotto deve essere ri-allineato con i veri bisogni delle persone, salute in primis – e il sistema deve passare da uno stato di individualismo lineare, che sta distruggendo l’ambiente e le persone, ad una nuova forma di collaborazione circolare. 

Quali le figure di riferimento che sono state di ispirazione? 

A livello lavorativo Susanna Martucci, founder & CEO di Alisea e Perpetua. È stato il nostro primo investitore, con lei abbiamo fatto una partnership che ci ha portato a inventare una nuova forma di tintura che recupera la polvere di grafite scartata dai processi di lavorazione industriale. 



I tuoi prodotti più significativi e innovativi? 

Nel 2016 ha preso appunto forma la partnership con Susanna Martucci di Alisea che ci ha messo a disposizione la sua esperienza nel campo dell’economia circolare per portare innovazione nelle filiere tessili. Frutto di questa sinergia è G_pwdr technology, un processo innovativo di tintura con grafite riciclata, oggi brevettato. Una tecnologia che ci ha consentito di giustificare la creazione di nuovo prodotto in un mondo che di certo non ha bisogno di altre t-shirt e jeans in quanto ci rendiamo subito contro che attraverso la tecnologia g_pwdr anche una semplice maglietta poteva diventare molto di più – un reale servizio. G_pwdr technology consente infatti di ridurre il consumo d’acqua in fase di tintura del 90% e di eliminare l’utilizzo di pigmenti chimici riciclando il sottoprodotto inevitabile della produzione di elettrodi in grafite. Un processo unico, ispirato da una tradizione di tintura minerale che affonda le sue radici nell’antica Roma, che WRÅD ha riscoperto e re- immaginato grazie agli abitanti di Monterosso Calabro che per secoli si sono tramandati oralmente questa pratica. Questa scoperta consente la creazione di GRAPHI-TEE endorsed by Perpetua. La prima t-shirt che recupera 20 grammi di grafite altrimenti destinata alla discarica. 

Come sta evolvendo il mondo della sostenibilità? 

C’è molta più attenzione da parte del mercato (Gen Z in primis) anche se il value-action gap, la distanza cioè tra chi manifesta la volontà di volere prodotti responsabili e di adottare uno stile di vita piu smart e chi poi effettivamente mette in atto questi principi, è ancora alto a causa di barriere di diverse tipo che dobbiamo abbattere. 

Ci sono vere rivoluzioni in corso nella filiera tessile, anche con diverse eccellenze italiane, che stanno mettendo a punto processi innovativi per ridurre sempre piu il consumo e deturpazione di risorse naturali fondamentali per l’umanità.
Persiste però il problema che se i brand e il sistema pensano che basti fare uno switch a modelli produttivi più responsabili per potersi definire “sostenibili” senza cambiare il loro modello di business allora non vedo evoluzioni sul fronte dello sviluppo sostenibile. Crescita incrementale e idea di profitto che non considera il capitale umano e quello naturale nell’equazione non sono compatibili con il concetto di sostenibilità. Fondamentali diventano i servizi e le tecnologie funzionali a rendere anche il prodotto tessile un servizio, riducendo cosi significativamente la sovra-produzione, in un sistema che deve riportare il rispetto per la salute dell’uomo e di tutte le specie viventi al centro. 

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