È l’estate del 1967 quando nel decadente quartiere di Haight Ashbury, nella cittadina losangelina di Frisco, la micro-società degli hippie vive, in uno spirito di pacifismo rivoluzionario, l’ideale di un sogno comunitario che parla di fratellanza collettiva e di affrancamento dalle convenzioni. È la “Summer of Love” intrisa di pace, amore e libertà che si muove aggregante sulle note del rock. La musica, collante di socialità e cassa di risonanza, fa da colonna sonora anche alla successiva ondata, la ribattezzata seconda “Estate dell’Amore” o “Summer of Rave”. È la stagione calda del 1989 quando l’acid house risuona nei campi, nei magazzini, nelle feste illegali, nelle fabbriche in disuso e nei club in un clima di edonistica autodeterminazione.
Figlia ideologica delle precedenti, alba liberatoria, urgenza di unione e inno alla condivisione di gruppo, Cosmo, all’anagrafe Marco Jacopo Bianchi, a distanza di 32 anni da quest’ultima lancia il richiamo de “La terza estate dell’amore”. E lo fa a suo modo lasciando suonare le 12 tracce dell’album ad alcuni impianti lasciati, non a caso, in un bosco, in un palazzetto, in un centro sociale, in una casa di campagna, in un quartiere popolare, in uno spazio culturale occupato, in alcuni club e parchi pubblici. Tutti luoghi per loro natura diversi che la pandemia, da più di un anno, ha però lasciato orfani di musica e di tutti coloro che con essa e di essa vivono. Cosmo si fa messaggero di questo senso di abbandono e portavoce di un desiderio di ribellione alla rinascita e di riappropriazione sociale alla vita e mette a nudo e crudo il suo pensiero in una dichiarazione pubblica, un manifesto programmatico, artistico e politico che è alla base del quarto progetto discografico del cantante e producer di Ivrea.
“La terza estate dell’amore è un’invocazione, più che una realtà. È una possibilità, ma anche una necessità. Un qualcosa che deve accadere e che prima o poi succederà. Oggi la necessità di socialità e amore collettivo si fa sempre più forte. La pandemia e i provvedimenti per contrastarla hanno fatto a pezzi quelli che erano gli ultimi rimasugli di vita sociale. Stiamo camminando sulle rovine di un sistema di valori che ha fallito e che deve essere spazzato via: quello dell’individualismo, della competizione, della crescita illimitata e del conflitto. Ingiustizie, disuguaglianze, repressione e disastro ecologico sono i frutti di quel sistema.
La terza estate dell’amore è il manifesto di qualcosa che ancora non ha un nome. Un corpo pulsante e desiderante che spruzza il suo sudore sull’etica del lavoro. Un corpo erotico sbattuto in faccia al gelo di morte del capitalismo e della burocrazia, un ballo sulla carcassa di una società incapace di godere e di organizzarsi per essere felice. Una società che preferisce riempirsi di regole, leggi e divieti con lo scopo di individuare sempre un responsabile penale e parallelamente “mettersi in sicurezza”. Una società che mette il profitto davanti al coraggio e alla libertà e che ci vuole sempre più inoffensivi. Andrà tutto bene, purchè non arrechi disturbo alcuno. La nuova dittatura passa attraverso questa ragionevolezza, e sta erodendo ogni piccolo spazio di autonomia. La terza estate dell’amore è una pernacchia in faccia a chi nega l’essenzialità della festa e dello spirito di comunità. Non ce ne facciamo niente delle città cadavere, luoghi di morte dell’anima e del corpo. Le vogliamo cambiare. Vada a fottersi il pil, si fotta la Borsa. Questo messaggio è dedicato a chiunque si sia visto rubare tutto il tempo migliore della propria vita, a chi crede nell’aggregazione e nello spirito di comunità, a chiunque voglia prendere questa grande macchina e sedersi accanto al pilota per rallentare, sostare, ripartire quando è il momento. Verso destinazioni ed esperienze altre. Verso il futuro”.
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La copertina dell’album si presenta con una veste grafica dagli accesi toni psichedelici misti ad una irriverente atmosfera di leggerezza bucolica inno all’amore e all’aggregazione; l’interno è un melting pot sperimentale, sincronico e sincronizzato di stili che, come in un cubo di Rubik, alla fine si incastrano e combaciano tutti nell’irresistibile orecchiabilità dei suoi ritornelli, quando presenti, e nelle architetture dei testi. Forma canzone, cantautorato, synth modulari, ispirazioni elettroniche, sonorità clubbing, folk tribale, cori, accenni di world music, atmosfere tropicali e psichedeliche sono queste le “armi sonore” che Cosmo impugna per rendere “la terza estate dell’amore” azione e reazione all’oppressione dei nostri tempi a partire dalla tensione implosiva, cupa e conflittuale che si respira nell’intro “Dum Dum” fino all’empatica e finale “Noi”, trionfo di quel sentirsi parte di un tutto di cui l’album è spinta, stimolo e incoraggiamento.
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