La musica scende in campo con i Materazi Future Club

Tre coinquilini, due forti passioni e un progetto artistico unico nel suo genere. Riccardo, Edoardo e Marco, aka Materazi Future Club, hanno costituito un gruppo un po’ per caso, mossi dalla voglia di raccontare il calcio in un modo diverso: attraverso l’arte della musica. Con sonorità peculiarissime, che oscillano tra punk, post-punk, raggae e sound british, il trio propone una narrazione romantica, quasi poetica, ambientata sul campo da gioco. I riflettori sono tutti puntati sulle stelle che hanno popolato, o popolano ancora oggi, lo scintillante universo calcistico, fatto di sogni, preoccupazioni, speranze, vittorie e sconfitte.

Dopo il loro primo album, Formazione titolare, che mostra una formazione ideale costituita da 11 tracce + 1 (proprio come una formazione al completo), Materazi Future Club sfoggia un nuovo EP dal titolo Punkinari. Il singolo intende essere un naturale proseguimento dell’album di esordio, raccontando di quel luogo ai lati del campo, la panchina, che, anche se non si direbbe, cela un profondo significato. Con un immancabile ritmo post-punk, che strizza l’occhio al raggae, il brano porta in luce le tensioni e le gioie che ogni panchinaro vive, fremente di entrare in azione.

Materazi Future Club
Materazi Future Club, ph. Davide Dimitri – Slum Lab

«Materazzi è stato l’idolo dei Mondiali 2006. Era quello della testata, un gesto un po’ punk in un certo qual modo»

Da dove nasce l’idea di creare un gruppo musicale? E soprattutto, perché il binomio calcio-musica?

Riccardo: La cosa è nata in modo casuale. Noi eravamo tutti coinquilini e un giorno Marco ci sveglia dicendoci di voler mettere su un gruppo. L’intenzione iniziale era creare un progetto basato sulla musica punk, o comunque con quelle sonorità lì un po’ più spinte. Sempre Marco (e sempre abbastanza casualmente) propone l’idea di chiamarciMaterazzi”, con due Z, come il calciatore. A quel punto abbiamo iniziato a dedicarci alla nostra musica; poi, quando è arrivato il momento di scrivere i testi, ci siamo chiesti: “Ma cosa raccontiamo? Qualcosa di noi?”. Nessuno voleva esprimere proprie questioni personali, quindi, pensando al fatto che ci eravamo chiamati Materazzi, abbiamo pensato di parlare di calcio.

Guardando diversi video su YouTube e seguendo svariate interviste rivolte a calciatori, ci siamo resi conto di come quello che c’era da raccontare lo raccontavano direttamente loro stessi, ognuno con un certo tipo di voce e timbri molto riconoscibili. E proprio partendo da lì abbiamo iniziato a sperimentare con le basi e ci siamo accorti che la cosa divertiva.

Marco: Materazzi è stato l’idolo dei Mondiali 2006. Era quello della testata, un gesto un po’ punk in un certo qual modo.

Materazi Future Club
Materazi Future Club, ph. Salvatore Delle Femmine

«Il fatto che ognuno di noi riesca a mettere un po’ di se stesso nel progetto permette una narrazione non sbilanciata da una parte o dall’altra»

Sempre rimanendo in tema, perché proprio il nome Materazi Future Club?

Riccardo: Dall’idea iniziale di “Materazzi” abbiamo poi rimosso una Z, soprattutto per creare una sorta di rimando ai Fugazi, una band che amiamo molto.

Ci sarebbe piaciuto inserire nel nome l’espressione “Football Club”, però poi il tutto poteva essere frainteso con un club calcistico. Per questo motivo abbiamo optato per “Future Club”, che comunque mantiene le iniziali F e C.

Quanto di ognuno dei tre c’è in questo vostro progetto musicale?

Riccardo: Il nostro gruppo è diviso equamente in terzi; tutti facciamo un po’ di tutto però, di base, ognuno ha un proprio ruolo distinto. Io sono più sulla parte musicale e non sono neanche troppo esperto di calcio, Edoardo si occupa soprattutto del racconto calcistico, Marco è l’animale da palcoscenico. Tutto quello che succede sul palco è Marco. Siamo una vera e propria band perché l’uno non può fare a meno degli altri elementi.

Edoardo: Il fatto che ognuno di noi riesca a mettere un po’ di se stesso nel progetto permette anche una narrazione non sbilanciata da una parte o dall’altra. Per esempio, in merito alla scelta dei calciatori raccontati, essendo io romanista, all’inizio ero sempre portato a proporre diversi calciatori della mia squadra del cuore… e il tutto sembrava stesse prendendo una piega Roma-centrica. A quel punto ho sentito la necessità di riequilibrare le cose, confrontandomi con gli altri abbiamo trovato delle soluzioni per creare un progetto bilanciato in tutte le sue parti.

Materazi Future Club
Materazi Future Club, ph. Davide Dimitri – Slum Lab

Materazi Future Club a proposito del loro stile musicale: «Abbiamo trovato una sorta di formula che unisce tutti, un mix tra basso dritto, chitarre ecc.»

Il vostro modo di fare musica consiste in un originale mix di stili diversi, tra punk, post-punk, disco e attitude british. A quale tra queste anime vi sentite più appartenenti?

Edoardo: Secondo me, ognuno di noi tre ha un legame forte con un’attitude piuttosto che con un’altra. Per esempio, io musicalmente mi sento più vicino al post-punk, quello che si ballava a metà anni 2000. I Klaxons e i Late of the Pier sono band che ancora oggi ascolto e sono il mio punto di riferimento. Proprio dalla mescolanza tra la mia visione musicale e quella di Marco e Riccardo, che prediligono un altro tipo di reference, si crea il nostro sound.

Marco: Da ragazzino ero molto legato al mondo inglese brit, più brit pop. Ho sempre seguito quello che veniva dall’Inghilterra, dall’indie all’alternative al punk. Occupandomi io soprattutto della parte live e delle ritmiche, mi piace anche mischiare sound diversi, per esempio il punk con uno stile prettamente sudamericano. In questo senso, ci ispiriamo a vari gruppi che hanno già messo in pratica una mescolanza del genere.

Riccardo: Quello a cui si sta riferendo Marco è quanto è stato fatto più che altro in America tra il 2000 e il 2010. In quel periodo c’è stata l’ondata della casa discografica DFA Records con gli LCD Soundsystem, che sostanzialmente proponevano musica fatta di bassi dritti, attitude un po’ punk e chitarre brit, a cui si accosta una parte percussiva proveniente dal mondo etnico. Tra le diverse sfumature incluse nel nostro progetto artistico, quella un po’ newyorkese mi diverte più di tutte, con i suoi ritmi densi fatti di bassi e percussioni.

Ora come ora siamo tutti in fissa con il reggae – o meglio, non tutti tutti, Edoardo non è così appassionato (ride, ndr). Abbiamo cercato di inserire questo sound nell’ultimo EP, anche con l’utilizzo dei fiati (che, soprattutto al momento, sto adorando). Io e Marco stiamo attuando una specie di opera di convincimento per portare anche Edoardo sul versante reggae; nelle ultime date del nostro tour, mentre lui dormiva, mettevamo in ripetizione canzoni reggae… magari un giorno si sveglierà con la voglia di fare un pezzo con questo stile (ride, ndr).

Edoardo: Confermo, non sono fan del genere. Tuttavia devo dire che con Riccardo e Marco abbiamo trovato una sorta di formula che mi convince, un mix tra basso dritto, chitarre ecc. È una via di mezzo soddisfacente, che abbraccia le visioni di tutti e tre.

Riccardo: Tra l’altro tutto il mondo (soprattutto britannico) di quel genere lì, dagli anni 80 ad oggi è sempre stato molto legato al calcio. In Italia si percepiva più distanza tra musicisti e calcio, considerati i primi artisti, il secondo una forma di intrattenimento popolare. All’estero, invece, funzionava diversamente; Bob Marley per esempio era super appassionato di calcio, passava le giornate dedicandosi a questo sport. Gli Oasis poi sono sempre stati schieratissimi e, in generale, tutto il mondo del punk inglese è vicinissimo al calcio. Forse, al giorno d’oggi, queste due sfere si stanno avvicinando anche in Italia. Tutti i cori da stadio, in realtà, sono canzoni popolari che richiamano i generi pop, raggae o anche rock, basti pensare ai Mondiali con The White Stripes.

Punkinari
Materazi Future Club, ph. Salvatore Delle Femmine

«La panchina ha un grandissimo significato, custodisce sogni e speranze»

Il 12 aprile è uscito il vostro nuovo EP, Punkinari, un gioco di parole tra il termine “punk” e il concetto di “panchina”. Cosa rappresenta la panchina per voi?

Marco: Con il nuovo EP, volevamo completare quanto proposto nel nostro primo album, Formazione titolare. Lì abbiamo presentato i titolari di una nostra formazione ideale, l’unico elemento mancante era proprio la panchina. Ci siamo focalizzati sul concetto del “panchinaro”, un potenziale prodigio che però non riesce a tirare fuori appieno il proprio talento. Abbiamo voluto porre l’accento sul senso di frustrazione del panchinaro, anche considerando esempi di calciatori che, entrati in campo all’ultimo minuto, hanno poi fatto gol. Tra i nomi presi in esame c’è Totti, raccontato nel suo ultimo periodo travagliato in cui entrava in campo solo all’ultimo. Si restituisce l’immagine sofferente di un calciatore prodigio che, giunto alla fine della sua carriera, pur intervenendo solo negli ultimi istanti del match, riesce comunque ad andare in rete.

Edoardo: Secondo me la panchina ha un grande fascino perché è un luogo in cui succede tantissimo durante la partita. Quando viene inquadrata, si percepisce sempre un estremo coinvolgimento, a partire dalle idee tattiche arrivando al lato più emotivo. Tornando a quello a cui accennava Marco, Totti, nel suo ultimo periodo, non veniva fatto entrare in campo da Spalletti e proprio per questo si era creato un contrasto tra i tifosi, che volevano vederlo sapendo sarebbe stato il suo ultimo anno di gioco, e chi invece preferiva tenerlo in panchina.

Un altro personaggio che abbiamo ricordato è Cruz, interista celebre per il suo incredibile talento: entrava in campo e segnava sempre.

Insomma, la panchina ha un grandissimo significato, custodisce sogni e speranze, di giocatori e allenatori. Poi chiaramente, durante una partita, gli occhi sono sempre puntati sul campo.

Tra i tanti nomi che popolano il panorama calcistico, di ieri e oggi, c’è un protagonista nello specifico che vi ispira, anche nel vostro progetto musicale?

Edoardo: Personalmente ti direi Daniele De Rossi. Come raccontavo prima, io sono romanista, per essere precisi un romanista nato e cresciuto a Milano. Lo definirei come il mio calciatore preferito, quando ci esibiamo in live con la canzone dedicata a lui è sempre molto bello. Ogni tanto penso sarebbe interessante scrivere una De Rossi 2, raccontando la vita ad oggi del personaggio, attuale allenatore della Roma.

Marco: A me viene in mente Pippo Inzaghi, il mio uomo, il mio idolo quando ero adolescente. Era noto per le sue esultanze, molto determinato e per certi versi atipico. Contro ogni previsione era l’incubo di ogni squadra.

Punkinari
Materazi Future Club, ph. Davide Dimitri – Slum Lab

Materazi Future Club: «Vorremmo implementare il nostro genere con diverse influenze provenienti dal reggae e dallo ska»

Nei vostri progetti, i riferimenti calcistici sono molteplici; per esempio il vostro primissimo album Formazione titolare vede 12 tracce (11+1), rimandando a una formazione completa inclusa di allenatore. Il calcio viene toccato sotto svariate sfaccettature: c’è un aspetto che non avete mai incluso in nessun vostro pezzo uscito finora di cui vi piacere trattare?

Riccardo: Mi piacerebbe soffermarmi su tutto il lato delle love stories calcistiche, un mondo di gossip essenzialmente. Lì la difficoltà forse sarebbe riuscire a trattare il tema in modo romantico, come secondo me siamo riusciti a fare con i calciatori. Sarebbe bello realizzare una narrazione elegantenon so se sia possibile, bisognerebbe trovare una formula che probabilmente non è ancora stata inventata (ride, ndr).

Marco: Secondo me, per parlare di gossip in modo interessante, sarebbe ideale un taglio simile a quello da noi utilizzato per i racconti di alcuni personaggi apparentemente “cafoni”, diciamo così. Per esempio il pezzo su Gattuso racconta un personaggio di un certo tipo, ma con un tono un po’ più romantico.

Altro aspetto di cui poi mi piacerebbe trattare è il versante politico legato al calcio. In Italia c’è sempre stata poca politica nel calcio, però alcuni personaggi hanno espresso le loro idee politiche in un universo molto populista. Come di fatto è il calcio, alla fine della fiera. Sarebbe molto affascinante presentare un soggetto sotto questa luce. Oppure (aggiunge Riccardo, ndr) ci si potrebbe anche focalizzare sulle nuove faccende legate al calcio arabo.

Edoardo: Personalmente vorrei esplorare tutta la questione delle indagini sportive, legata ai tribunali. Mi piacerebbe raccontare vari eventuali scandali, perché, guardando alla storia, di fatto nel calcio l’illegalità esiste.

Guardando al futuro, avete qualcosa in serbo che vorreste anticiparci?

Riccardo: Vorremmo implementare il nostro genere con diverse influenze provenienti dal reggae e dallo ska, per realizzare un qualcosa con uno stile un po’ più spinto, sul drum and bass.

Il nostro progetto a brevissimo termine è più che altro musicale, sui contenuti non abbiamo ancora ragionato tantissimo.

Edoardo: Per i contenuti, quello che ci aiuta maggiormente è andare in tour e suonare. Lì ci troviamo bombardati da persone che ci vengono a sentire e ci danno consigli su cosa fare, cosa raccontare. E sicuramente questo rappresenta una grande fonte di ispirazione.

E adesso voi siete in tour, quindi avrete un sacco di fonti di ispirazione…

Edoardo: Esatto, già questo weekend, di ritorno da una tripla data a Palermo, Messina e Roma, solo a Messina abbiamo ricevuto una quarantina di consigli dai fan. Un po’ in modalità tutti allenatori, tutti espertissimi.

Materazi Future Club
Materazi Future Club, ph. Salvatore Delle Femmine
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